Cap
3
Quando
aprì gli occhi, svegliata dai raggi del Sole
che filtravano attraverso le tende e le illuminavano fastidiosamente il
viso,
si ritrovò sola nel grande letto a baldacchino.
Allungò una mano verso la metà
in cui aveva dormito Euron. Le lenzuola fredde lasciavano intendere che
l’uomo
doveva essersi alzato da parecchio. Bè, meglio
così, se non altro si sarebbe
risparmiata una schermaglia verbale di prima mattina.
Scivolò fuori dalle
coperte e cercò e barcollò verso il baule in cui
erano ancora rinchiusi tutti i
suoi effetti personali. Che genere di abbigliamento sarebbe stato
più adatto a
una moglie di sale? Si chiese cosa le avrebbe suggerito Euron;
probabilmente
qualcosa di aderente che le mettesse in mostra le forme gentili. Decise
che
avrebbe scartato a priori quel tipo di abito, era un atteggiamento
infantile ma
l’andare contro i suoi desideri le suscitava una sensazione
di piacevole
soddisfazione, e ripiegò per una casacca dello stesso grigio
azzurro dei suoi
occhi e un paio di pantaloni in pelle nera. Stivali da cavallerizza al
ginocchio e le morbide onde corvine lasciate cadere sulle spalle
completavano
il tutto.
Uscita
dalla stanza, fissò corrucciata il corridoio
per un paio di secondi. Qual’era la strada che portava alla
sala dei banchetti?
Stava giusto per rassegnarsi a vagare senza meta per la roccaforte
quando
incontrò Asha. La ragazza indossava una casacca e dei
pantaloni scuri e, mentre
la scrutava con quella sua aria vagamente rapace, Erin
ringraziò il fatto di
essersi vestita in modo identico al suo; qualunque capo indossato da
Asha
Greyjoy doveva essere per forza adatto a una donna di ferro.
-
Lady Asha. –
Chinò
leggermente il capo in segno di deferenza.
-
Non c’è bisogno di formalità, non qui a
Pyke, e
certo non con la mia nuova zia acquisita. –
Annuì.
– Asha, allora. –
-
Asha ed Erin, niente più di questo. Ora, suppongo
mio zio non sia rimasto a farti compagnia per la colazione. –
Non
sembrava contrariata, quanto piuttosto certa che
Euron Greyjoy sarebbe rimasto sempre lo stesso tipo di uomo, non
importava se
avesse o meno al suo fianco una donna.
-
Ovviamente, non che mi aspettassi il contrario.
Piuttosto, mi rinfrescheresti la memoria su dove si trova la sala
banchetti? Il
mio senso dell’orientamento non è mai stato il
massimo e temo che non sia
destinato a migliorare affatto con il tempo. –
Asha
rise lievemente. Non era un suono sgradevole,
ma non possedeva la risata che di solito ci si aspettava da una donna;
era
aspra e pungente, più adatta a un uomo che a una lady. Del
resto sembrava che
l’unica figlia di Balon fosse ben intenzionata a dimostrare
di essere un uomo
tanto quanto i suoi tre fratelli.
-
Posso farti scortare, se vuoi. –
Poi,
senza aspettare la sua risposta, si rivolse a
una sagoma che stava scendendo le scale.
-
Zio Victarion, mostreresti a Erin dove si trova la
sala dei banchetti? Io, Euron e Aeron ti aspetteremo nel solarium di
mio padre.
– aggiunse, proprio mentre Erin mormorava che non
c’era nessun bisogno di una
vera e propria scorta.
Il
sorriso che le rivolse Victarion, però, spazzò
via ogni sua protesta. Il terzo dei Greyjoy non possedeva la bellezza o
l’aria
dannata del secondogenito, ma le mostrava una gentilezza che non
sembrava
essere prerogativa del fratello. Non che fosse brutto, quello no, ma i
lineamenti del viso erano più rozzi rispetto a quelli
cesellati e scolpiti di
Euron e il fisico tozzo e muscoloso lo privava della grazia nei
movimenti del
maggiore. Aveva decisamente più l’aria di un
marinaio o un soldato che quella
di un re.
-
Certo, vi raggiungerò tra poco. –
Le
porse il braccio, fasciato da una giubba di pelle
nera con l’emblema della casata ricamato
all’altezza del cuore. Stretta a lui,
non potè fare a meno di notare come persino sotto gli strati
di pelle e cuoio
si avvertisse con chiarezza la solidità dei suoi muscoli.
-
Hai passato una prima notte piacevole qui a Pyke?
– le chiese, quando Asha era ormai lontana.
Quella
domanda all’apparenza innocente le fece
pensare che posta da Euron avrebbe sicuramente nascosto uno o
più possibili
doppi sensi. Esitò prima di rispondere, domandandosi se
almeno quella fosse una
prerogativa di entrambi.
-
Mi stai davvero chiedendo come ho trascorso la
notte? – domandò, sforzandosi di non arrossire
mentre condiva la domanda con un
pizzico di malizia.
Un
lampo di comprensione illuminò lo sguardo
dell’uomo, poi si esibì in un paio di colpi di
tosse chiaramente artificiali
che lasciavano intuire un lieve imbarazzo.
-
Scusa, pessima domanda, ti assicuro che non
m’interessa sapere cosa combinate tu ed Euron. –
I
suoi occhi però dicevano che stava mentendo: gli
interessava eccome.
A
rigor di logica non avrebbe dovuto rendere conto a
nessuno di ciò che faceva o meno, ma qualcosa in lei la
spinse a dirgli la
verità.
-
Anche perché ti assicuro che non c’è
nulla
d’interessante nel guardarmi dormire per otto ore filate.
– concluse, con un
sorrisetto ironico.
Questa
volta il colpo di tosse fu un maldestro
tentativo di nascondere un attacco di risate.
-
Stai dicendo che dopo che ti ho riaccompagnata ti
sei messa subito a dormire? –
-
Ero stanca, è stato un viaggio molto lungo. –
“E non ho alcuna intenzione di
diventare il
nuovo giocattolino di tuo fratello, visto che so che prima o poi si
stuferà e
cercherà qualcosa di nuovo.” avrebbe
voluto aggiungere, ma si morse la
lingua per non lasciarsi scappare una sillaba in più.
Victarion
non commentò, ma il suo umore sembrava
decisamente migliorato dopo quella rivelazione e impiegò gli
ultimi metri che
li separavano dalla sala per divertirla e catturare la sua attenzione
con
alcune vecchie storie di marinai. Erano arrivati a metà di
una particolarmente
avvincente quando giunsero a destinazione.
-
Ti ringrazio per avermi accompagnata, ma non
voglio sottrarti ai tuoi doveri. Tuttavia mi farebbe piacere conoscere
il
seguito di questa storia, magari dopo pranzo? – concluse,
speranzosa.
-
Certamente, dopo pranzo sarebbe perfetto. –
Gli
sorrise, osservandolo lanciarle un’ultima
occhiata e poi incamminarsi velocemente verso le stanze del defunto
Balon.
*
Euron
sedeva a capotavola, osservando con aria
annoiata tutti i presenti. Aeron si rigirava le mani con aria nervosa,
Asha
fissava corrucciata il rotolo di pergamena che aveva tra le mani e
Victarion
sembrava stranamente rilassato. Per qualche ragione
quest’ultimo dettaglio lo
disturbava.
-
Allora, continuiamo con il gioco del silenzio o ti
decidi a dirci perché siamo qui, nipote? –
esclamò d’un tratto, spazientito.
Non
gli piaceva l’idea di Erin che esplorava la
roccaforte da sola, erano ancora troppo poche le persone che erano a
conoscenza
del fatto che lei fosse off limits.
-
Eppure credevo che il silenzio ti piacesse, non è
per questo che hai tagliato la lingua a tutti i membri della tua
ciurma? –
-
Già, anche se a volte mi dico che avrei fatto
meglio a tagliarla anche ai miei fratelli. –
ribattè, fulminando Victarion con un’occhiataccia.
-
Non ricominciate, non adesso, non è proprio il
momento. – sbottò Asha, porgendo il rotolo ad
Aeron.
Il
più giovane dei tre fratelli lo lesse
rapidamente, sbiancando, per poi passarlo a Victarion. Quando
arrivò il turno
di Euron, si limitò a inarcare un sopracciglio.
-
Devo ammetterlo: questi Bolton hanno un certo
talento nella tortura, ma come negoziatori sono pessimi. Lasciare il
Nord per
riavere Theon? –
-
È mio fratello, tuo nipote, ed è un papabile
erede
al Trono del Mare. – ringhiò Asha.
-
Non mi hai ancora dato un solo motivo per cui
dovrei accettare le richieste dei Bolton. –
-
Euron … - cominciò Aeron, ma lo sguardo del
fratello maggiore fu sufficiente a fargli perdere ogni desiderio di
ribattere.
-
Cosa,
Aeron? –
-
Nulla. – borbottò in risposta.
-
Se volete liberarlo, prendete un po’ di uomini e
fate guerra a questi Bolton, ma in nessun caso accetterò di
cedere anche solo
un millimetro della terra conquistata. Ovviamente, questo significa che
non
parteciperete all’Acclamazione di Re, la qual cosa a me sta
benissimo. –
Si
alzò in piedi, stiracchiandosi pigramente, -
Fatemi sapere che decidete, ora ho di meglio da fare. –
Lasciò
il solarium accompagnato dal silenzio
raggelato delle sue parole. Tutto sommato gli dispiaceva per Theon, era
sangue
del suo sangue in fondo, ma non al punto di mettere a rischio la sua
possibilità di ascendere al trono. Una volta al potere,
chissà, magari avrebbe
anche potuto irrorare le piane del Nord con ogni goccia di sangue
Bolton ancora
in vita.
Trovò
quello che stava cercando nel cortile
antistante la roccaforte. Dagmer Mascella Spaccata stava gridando
contro un
paio di ragazzi alle prese con gli allenamenti nelle lizze ed Erin li
osservava
duellare con attenzione, scuotendo la testa di tanto in tanto e alzando
gli
occhi al cielo.
-
Scommetto che tu sapresti fare di meglio, non è
così? – la provocò, chinandosi quanto
bastava per sussurrarglielo all’orecchio.
-
Ed ecco che Euron Greyjoy fa finalmente la sua
comparsa, che incredibile onore. – ribattè,
sarcastica.
-
Che c’è, sentivi la mia mancanza? –
-
Che c’è, sei già ubriaco a
metà mattina? – lo
rimbeccò, strappandogli un sorriso.
-
Ti ha mai detto nessuno che sei tanto bella quanto
impertinente? –
-
E a te hanno mai detto che sei tanto impertinente
quanto insopportabile? –
Non
c’era niente da fare, aveva sempre la risposta
pronta.
-
Qualche volta. – ammise.
-
Non ne avevo dubbi. –
Le
cinse i fianchi, facendo leva con le braccia per
voltarla verso di lui. La vide sgranare gli occhi e sbuffare indignata.
-
Facciamo una tregua, va bene? – propose,
accarezzandole il profilo della mandibola con delicatezza.
-
Perché? – indagò, sospettosa, mentre si
sforzava
di reprimere i brividi. Era sempre così, bastava che Euron
la sfiorasse e il
suo corpo veniva travolto da sensazioni che non aveva mai provato
prima.
-
Voglio portarti in un posto, ma il tragitto è
troppo lungo per passarlo tutto a litigare. –
La
vide aggrottare la fronte, assumendo
un’espressione buffa che la fece sembrare più
giovane di quanto non fosse.
-
D’accordo, ma se il posto non mi piace sappi che
litigheremo per tutta la strada del ritorno. – lo
minacciò, puntandogli contro
un dito.
-
Correrò il rischio. – replicò,
avvicinandosi alla
falange quanto bastava per accarezzarla con le labbra mentre parlava.