Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Road_sama    14/05/2014    4 recensioni
DAL 9' CAPITOLO:
-Domani faremo il culo agli sbirri.- disse Eren con una strana luce negli occhi.
-Già.- Stettero in silenzio per lunghi secondi a guardare la città pronta alla vita notturna.
-Eren non provare a morire domani.-
-Non lo farò. Mi riempiresti di botte.- disse sorridendo appena il castano.
-Già.-
-Non provarci nemmeno tu.- aggiunse rivolto all’altro.
-Non lo farò. Devo pestarti prima.- Quello era lo scambio di battute che facevano prima di ogni furto. Nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso, ma l’uno era quello che rimaneva di più caro all’altro e dopo aver perso tante persone importanti avevano bisogno di un appiglio. Avevano bisogno di sapere che non sarebbero rimasti soli.
//Riren-Ereri/Criminal!Levi e Eren//
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Eccomi tornata signori e signore con un altro capitolo! Sono stata veloce questa volta (si vede che sta finendo la scuola vero x'D ) 
In ogni caso, per vostro piacere, in questo capitolo saranno rivelati molti (?) interrogativi e ne verranno aperti altri come "ma che diamine di rapporto hanno Levi ed Eren? e.e" ebbene scopritelo! xD Ricordo che è un capitolo ritorno al passato^^
Ringrazio tutti quelli che recensiscono come sempre e vi auguro una buona lettura! :3

Capitolo 6




 

-Quindi ragazzini- disse Levi prendendo posto accanto ad Eren sul divanetto. Il castano sussultò spaventato per l’improvviso arrivo dell’altro. –Per quale cazzata conoscete Hanji?- disse aprendo una lattina di birra appena presa dal tavolino davanti al divano.
-E-E’ la nostra prof di recupero…- prese la parola il castano voltandosi verso Levi giusto in tempo per studiare la sua reazione.
-Aah?- fece il moro facendo finta di essere veramente interessato alla conversazione. Non guardava nemmeno in faccia i due ragazzi, solo si gustava la birra leccandosi le labbra ad ogni sorso come se fosse da molto tempo che non ne beveva una. Quando deglutiva un po’ di liquido si vedeva nitidamente il suo pomo d’Adamo ondeggiare avanti e indietro. A rendere tutti quei piccoli movimenti ancora più sexy era il modo che aveva di tenere il bicchiere: lo teneva con il dito medio e il pollice per l’estremità più alta, rivolgendo il palmo della mano verso l’alto. Eren non poté fare a meno di ammettere che era molto incuriosito da quello strano individuo. Si stupiva di se stesso. Come poteva essere interessato a qualcuno che aveva tentato di derubarlo?
-Fa delle lezioni di chimica oltre l’orario scolastico per gli studenti che hanno difficoltà nella materia.- precisò Armin con il suo solito linguaggio impeccabile.
-Tu non mi sembri stupido come Eren, perché fai il corso?- entrambi i due ragazzi divennero rossi in viso, il biondino per il “complimento” mentre il castano per l’insulto troppo esplicito. Levi questa volta si girò ad osservare i due ragazzi lasciando stare la birra che teneva appoggiata al ginocchio. Armin rivolse all’amico un’occhiata interrogativa. Molto probabilmente si domandava come Eren facesse a conoscere quel tipo che nemmeno lui aveva mai visto in città. Ma il castano era troppo arrabbiato per curarsi di dare spiegazioni.
-Hey! Mi hai dato dello stupido?!-
-Ci sei arrivato, moccioso.- Eren sentiva montare la rabbia con una velocità incredibile. Nemmeno quella volta che aveva picchiato Jean ai corsi di recupero di chimica dopo che l’aveva preso in giro perché dopo quattro anni di liceo non sapeva ancora per quale elemento stava l’O nella tavola periodica. Come si permetteva quel nano di provocarlo in quel modo? Se nessuno l’avesse bloccato avrebbe spaccato quel bel faccino che si ritrovava.
-Io almeno ci arrivo, ma tu tappetto, che mi dici?- non sapeva nemmeno Eren perché avesse detto una cosa così tanto stupida e allo stesso tempo offensiva verso uno che aveva appena conosciuto, semplicemente le parole gli erano scivolate fuori dalle labbra senza che il suo cervello, come molte volte, ne fosse al corrente. Il castano non aveva smesso nemmeno per un secondo di fissare gli occhi infinitamente grigi del suo interlocutore  e solo dopo la sua affermazione arrogante notò una guizzo di luce nei suoi occhi. Non sapeva se esserne confortato o meno visto che quello non aveva nemmeno accennato ad un cambio di espressione, sembrava che nemmeno l’avesse sentito.
-Mi scusi signore, Eren non voleva dire quello che ha detto!- prese una boccata d’aria –è-è solo una testa calda.- Per fortuna c’era Armin.
Levi distolse per un attimo l’attenzione da Eren per concentrare il suo sguardo su Armin. I suoi occhi si assottigliarono così tanto da prendere la forma di due lame, o almeno questo era quello che vide il castano. Puntò il suo sguardo sul biondino e lo guardò con insistenza come se volesse perforarlo. Eren non era convinto, ma sembrava quasi che il ladro fosse arrabbiato con Armin per aver interrotto il loro simpatico scambio di insulti. Il castano sentì l’altro tremare dalla paura. Evidentemente la tattica del moro stava funzionando.
-Armin! Eren! Vedo che avete avuto il privilegio di conoscere Levi!- dalle scale apparve una Hanji vestita quasi normalmente: aveva una camicetta rosso scuro arrotolata fino ai gomiti e un paio di pantaloncini in jeans corti fino a metà coscia. Ovviamente, i lunghi capelli castani erano raccolti nella solita coda alta.
-Levi, eh?- borbottò soddisfatto Eren visto che il misterioso ladro non gli aveva ancora detto il nome. Levi si alzò dal divanetto facendo schioccare rumorosamente la lingua e prese posto in una sedia vicino al tavolo dei superalcolici dall’altro lato della stanza.
 

Casa di Hanji si riempì presto e ne arrivavano sempre di nuovi fino a che non dovettero tenere la porta aperta e mettere tavolini anche in giardino con divieto da parte di Hanji di toccare qualsiasi tipo di pianta. Gli invitati erano formati perlopiù di trentenni che si divertivano a fare i liceali, non c’era nessuno che non ballasse come se non ci fosse un domani o che non ridesse alle battute inquietante della padrona di casa. O meglio, tutti a parte Levi. Lui se ne stava in quell’angolo della stanza a sorseggiare qualcosa da un bicchiere di plastica rosso acceso. Quando deglutiva un po’ di liquido si vedeva nitidamente il suo pomo d’adamo ondeggiare avanti e indietro. Con quei suoi occhi da predatore osservava le persone che erano all’interno della stanza senza particolare interesse. Eren ascoltava distrattamente i discorsi che il suo gruppo di amici faceva non perdendo mai di vista quel tipo strano. Doveva ammettere che aveva un certo fascino per essere un tappo e un criminale.
-Eren ci sei?- lo richiamò Jean con un sorrisetto divertito. Il castano non lo degnò nemmeno di uno sguardo e borbottò un “si”.
Il suo gruppo di amici consisteva in Armin, suo migliore amico e suo ripetitore di matematica personale, Jean con il quale aveva avuto una mezza storia durata poco più di una settimana e poi aveva cominciato a detestare profondamente, Ymir una ragazza con cui aveva condiviso solo la stessa classe nei corsi di recupero di chimica e Christa che girava voce si fosse fatta rimandare in chimica solo per stare con Ymir. Tutti quanti si erano conosciuti ai corsi di recupero che si erano tenuti a Febbraio ed era proprio in quell’occasione che avevano conosciuto Hanji Zoe la loro insegnante di recupero (Armin aveva deciso di unirsi al corso solo per un veloce ripasso degli argomenti del primo quadrimestre. Inutile dire che fosse un secchione nato). Hanji non era una professoressa normale, quindi oltre ad aver fatto appassionare i suoi “alunni” aveva anche instaurato con loro un legame molto forte che l’aveva spinta ad invitarli alla festa per l’appunto.
-Mi sembra che tu sia molto più interessato a quel tappo!- disse ridendo il biondino.
-Brutta faccia di cavallo non rompermi l’anima con i tuoi commenti idioti!- disse rivolgendo la sua attenzione al suo “amico”.
-Hey, inetto non mi chiamare faccia di cavallo lo odio!- gli urlò addosso l’altro. Eren si alzò di scatto prendendolo per il colletto.
-Vuoi botte faccia di cavallo?!- sbraitò senza curarsi di essere sentito.
-Ragazzi! Calmatevi!- cercò di placarli Armin allontanandoli l’uno dall’altro per quanto gli era possibile. Ancora una volta Eren dovette ringraziare il biondo che come sempre gli impediva di fare cazzate. Il castano si girò dalla parte di Levi che, come si era immaginato, lo stava osservando con la solita espressione indecifrabile. Non appena i loro occhi si incrociarono, però, lui si voltò di nuovo dalla parte opposta, ma non rimase a lungo voltato dall’altra parte perché qualcuno lo chiamò.
 

-Rivaille!- Levi si voltò talmente veloce che la sedia fu scossa da un violento sussulto. Quella voce la conosceva fin troppo bene. I suoi occhi su puntarono sulla donna dai capelli biondi che si stagliava sulla soglia. Era un figura minuta e bassa più o meno quanto lui, portava dei pantaloni leggeri color crema, una maglietta verde a maniche corte con una non eccessiva scollatura a V. Tra i suoi capelli lisci c’era un cerchiello color smeraldo. Era cambiata molto da quando l’aveva vista l’ultima volta, soprattutto nel modo di vestirsi, ma forse anche nel carattere. In fondo quell’esperienza l’aveva segnata molto e lo stesso si poteva dire di tutti gli altri. Levi continuava ostinatamente a negare il fatto che Petra gli fosse mancato. Solo vederla gli riappiccicava un pezzettino che aveva perso molto tempo prima.
La ragazza rimase per qualche istante ferma sulla soglia, nel silenzio generale che era calato nella stanza. Tutti molto probabilmente erano venuti a sapere quello che era successo nove anni fa. Tutti esclusi quei mocciosi troppo giovani per immaginarlo anche lontanamente.
-I-Io pensavo che fossi…- non riuscì nemmeno a terminare la frase che la sua voce si abbassò di colpo. Levi sapeva che era dura rivederlo dopo tutto quel tempo. Immaginava che per tutto questo tempo avesse pensato che lui fosse morto. In fondo non si era più fatto sentire, in fondo aveva completamente tagliato tutti i ponti con il suo passato. Niente gli avrebbe fatto cambiare idea, qualunque cosa fosse successa, qualunque persona si fosse messa in mezzo.
Petra mosse qualche passo incerta verso il moro, ma non pianse, no. Piangere per quel motivo non era decisamente da lei. Levi appoggiò la bevanda, senza staccare per un secondo gli occhi da lei si alzò lentamente dalla sedia e mosse qualche passo fino alla bionda. Si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro. Nel viso di Petra si poteva leggere tutte i sentimenti che le stavano affollando la mente: Gioia: pensavo fossi morto, dolore: perché non sei tornato prima?, nostalgia: mi sei mancato così tanto, allegria: hai sempre quell’espressione di sufficienza, tristezza: sei qui per restare?
Tutte queste sensazioni si tradussero in un sorriso sincero sul viso della ragazza.
-Io ti aspettat-
-Lo so-
-E…?-
-Non starò qui a lungo.- i due si scambiarono ancora qualche sguardo. Lei sembrava delusa, ma nei suoi occhi c’era anche rassegnazione. Sperava che quell’uomo potesse fermarsi e diventare per lei quello che aveva sempre voluto che diventasse. Sapeva, anche, che Levi era così e manteneva sempre la parola data. Si scrutarono ancora per qualche istante prima che tre uomini fecero il loro ingresso nella stanza.
-Capo!- proruppe Auruo a gran voce, lo seguì a ruota un sorriso di Gunther e un mezzo sorriso da parte di Erd. Levi ricorse a tutto il suo autocontrollo. Lo sollevava molto vedere la sua vecchia squadra dopo aver passato nove anni completamente da solo.
-Come mai..?- cominciò Gunther, ma Levi stesso lo interruppe.
-Qua c’è troppa gente. Andiamo fuori.- I quattro l’aveva seguito all’esterno senza dire una parola. Da quando era entrata Petra il tempo sembrava quasi essersi fermato perché tutti all’interno della stanza li osservavano incuriositi e nessuno di loro amava che certi discorsi venissero ascoltati da così tanta gente quasi estranea.
-Sono qui perché me l’ha chiesto Hanji, non sono qui per restare e nemmeno per rimangiarmi la promessa che vi ho fatto nove anni fa.- spiegò velocemente il moro osservando uno ad uno negli occhi.
-Capo, pensavamo che non fosse sopravvissuto…pensavamo che Erwin ti avesse ucciso.-
-Non muoio così facilmente Auruo, dovreste saperlo. Ho passato momenti di merda, lo ammetto, quel posto sapeva di sporco e da chiuso, ma dopo un po’ sono uscito e ho ricominciato.- disse accendendosi una sigaretta.
-Sono cambiate parecchie cose, sai capo?- cominciò sorridente Petra.
La vecchia squadra venne riunita dopo un tempo che sembrava infinito eppure mentre parlavano e discutevano di quei nove anni sembrava come se non fosse cambiato nulla. Anche se nessuno amava parlare lo fecero lo stesso chi più chi meno come se fossero riuniti al tavolo di una caffetteria e stessero per scappare senza pagare il conto per l’ennesima volta. Forse lo fecero di proposito: si lasciarono il passato e tutti gli interrogativi alle spalle per viversi pienamente il presente che presto, con il tramonto si sarebbe sbriciolato e loro avrebbero ricominciato quelle vite noiose e monotone che erano diventate tali dopo che Levi ne era uscito.
Eren era nervoso. Molto nervoso. Troppo nervoso. Odiava non sapere cosa stava succedendo ed era proprio quello che stava succedendo in quel momento. Quando era entrata quella ragazza e si era avvicinata a Levi aveva pensato male, molto male. Aveva pensato molte cose tra cui chi fosse, che tipo di legami avesse con il ladro e perché si guardavano entrambi così intensamente. Poi quando erano entrati anche gli altri tre, si erano scambiati qualche parola che non era riuscito a capire visto che parlavano troppo a bassa voce e dopo che erano usciti dalla casa e la festa era ripartita, non ci aveva visto più. Sapeva che sarebbe saltato nell’occhio se fosse sgattaiolato fuori per seguirli perché anche se c’erano molte persone a quella festa, i suoi amici l’avrebbero sicuramente notato e non aveva molta voglia di dare spiegazioni per le sue azioni. In realtà, nemmeno lui sapeva perché quel tipo gli interessasse così tanto, forse perché non era una persona banale e ordinaria come tutti ormai, forse perché era solo curioso di sapere il collegamento tra Hanji, quei tipi e il ladro o forse perché quando camminava, quel tipo, si trascinava dietro il profumo dell’avventura e dell’indipendenza.
In ogni caso stava pensando troppo e quando pensava troppo c’era solo una cosa da fare.
-Ragazzi, a chi svuota più bottiglie di vodka lemon?-
 

Eren non ci capiva più molto. Numero uno: perché Jean russava sopra il suo stomaco? Perché la testa gli faceva così male? E poi perché era sdraiato in un divano che non era suo? Era arrivata troppo presto la notte!
-Jean che shchifo- gli scappò un singulto che gli reintrodusse in gola il gusto di limone. –Shtai shbavando shulla mia canotta!- affermò con quel tipico accento da ubriaco. Jean non si mosse nemmeno e nemmeno smise di russare quindi Eren se lo scrollò malamente di dosso. Si sentì un tonfo sordo che infastidì non poco l’udito molto sensibile del castano. Il ragazzo si massaggiò le tempie e si alzò muovendo qualche passo barcollando per la stanza. Inciampò su qualcuno che si girò dall’altra parte con un grugnito. Quel posto doveva essere proprio lercio.
Con un po’ di fatica trovò la porta, che lo introdusse all’aria fresca, ma comunque calda delle serate estive. Respirò a pieni polmoni quell’aria pulita e scese gli scalini tenendosi ben saldo al corrimano in ferro scuro. Non appena si ritrovò all’ultimo scalino un forte senso di vertigine lo colpì e fu costretto a portarsi una mano alla bocca e fare qualche respiro per non vomitare.
-Moccioso, ti sei ubriacato?- lo richiamò una voce fin troppo conosciuta. Levi se ne stava seduto su una sedia in plastica bianca che era stata messa in giardino da Hanji qualche ora prima. Aveva la caviglia della gamba destra abbandonata contro il ginocchio sinistro, era completamente appoggiato allo schienale e teneva un braccio sul bracciolo della sedia mentre con la mano opposta si portava a intervalli regolari una sigaretta sottile alla bocca. Ad Eren sembrò quasi triste.
Non appena la nausea gli fu passata si decise a rispondergli muovendo qualche passo verso di lui.
-S-Si- cercò di rispondergli contenendo il suo accento da ubriaco perso. Si fermò a qualche metro da lui giusto prima della fine del vialetto e l’inizio del prato in cui c’erano i tavolini e alcune sedie.
-Tse, la tua faccia fa schifo.- ribatté Levi inspirando un po’ di fumo dalla sigaretta quasi finita.
-Ah! Grazie m…merda- un altro conato di vomito salì in gola al castano che fu costretto a portarsi entrambe le mani alla bocca. Che cosa patetica! Non poteva nemmeno rispondere per le rime a quel tipo. Sentì Levi ghignare e non appena alzò lo sguardo notò che le sue labbra erano piegate in un mazzo sorriso. Aveva forse “ridacchiato” per il suo attacco di nausea?
In ogni caso doveva ammettere che un sorrisetto come quello stava molto bene in quel viso perennemente indifferente.
Non appena la nausea passò decise di lasciar perdere quel discorso, arrabbiarsi con lui non avrebbe contribuito alla sua semi-sbronza.
-V-Volevo chiederti scusa…per oggi p-pomeriggio- Levi aspettò che continuasse impassibile, senza nemmeno andargli incontro e dire un semplice “si, ho capito” e magari evitare che quel discorso diventasse ancora più imbarazzante.
Eren imprecò a bassa voce per quella situazione. Si trattava pur sempre di chiedere scusa al tizio che aveva tentato di derubarti. Forse era solo colpa dell’alcool ma non ne era del tutto sicuro.
-Sai…quando ti ho dato del tappetto…- concluse il castano cominciando a torturarsi le mani per tutta quell’assurda situazione. Levi fece un ultimo lungo tiro, spense la sigaretta sul tavolino immacolato e si incamminò nella direzione del ragazzino.
-Tu rimani uno stupido mocciosetto arrogante.- disse freddamente prendendo il suo braccio e avvolgendolo intorno al suo collo in modo da creare a Eren un appoggio.
-C-Che fai?- chiese il castano sorpreso per quel contatto così improvviso.
-Ti accompagno a casa idiota.-
Eren non era sicuro che quella fosse la realtà, forse era colpa dell’alcool. Doveva pensare seriamente di diventare astemio perché se qualche bottiglia di vodka lemon gli creava delle allucinazioni in cui lui chiedeva scusa ad un ladro e quest’ultimo dopo averlo insultato si proponeva come suo sostegno e lo accompagnava a casa…beh era messo male.
Poi però, rivalutando il calore che emanava il corpo dell’altro e quella presenza che lo sosteneva senza un apparente motivo, dovette ricredersi.
Tutto sommato non gli dispiaceva quella strana allucinazione terribilmente realistica.

  
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