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Autore: Simona_Lupin    15/05/2014    53 recensioni
1977. L'ultima occasione.
L'ultima occasione per respirare la magia di Hogwarts, la casa più bella, nell'ultimo anno di dolce spensieratezza.
L'ultima occasione per James di sgraffignare il cuore di Lily invece di uno stupido Boccino d'Oro.
L'ultima occasione per Lily di dare un due di picche alla Piovra Gigante e concedersi agli sfiancanti corteggiamenti di James.
L'ultima occasione per Sirius di chiudere le porte al suo orribile passato e aprirle a un amore che non ha mai conosciuto.
L'ultima occasione per Remus di far splendere ai raggi di luna la sua anima al posto del sangue delle sue ferite eterne.
L'ultima occasione per Peter di ricevere la luce di un sorriso amico prima di precipitare nell'oscurità del male senza speranza di riemergere.
L'ultima possibilità. Di amare, di lottare, di essere coraggiosi. Di vivere.
L'ultima possibilità di stringere tra le mani la vita di qualche sogno prima di gettarli via, tra le polveri di una guerra senza fine in cui tutti rimarranno prigionieri.
Dal capitolo 12 [Miley/Remus]:
« Tu riesci a mangiare mezza tavoletta di cioccolata in un colpo solo? » si incuriosì Miley, disorientata.
« Mezza tavoletta è una routine ormai assodata » fu la risposta. « Riesco a fare molto meglio. Tu, invece... riusciresti mai a farlo? »
Miley ingoiò il cioccolato e riflettè con calma, poi incrociò le braccia al petto e lo studiò. « Mi stai sfidando, per caso? »
Remus trattenne una mezza risata e scrollò le spalle, senza riuscire a mascherare il divertimento. « Se dicessi di sì? »
« Oh, John, vedrai » rise di rimando lei, guardando prima lui, poi il cioccolato con aria di sfida.
« John? » chiese lui, stranito, inclinando il capo.
« John » ripetè lei, annuendo. « E' il tuo secondo nome, no? Ti sta bene ».
John. Nessuno lo aveva mai chiamato così. Sorrise. Gli piaceva.
Dal capitolo 14 [Lily/James]:
« Come stai? » mormorò Lily a bassa voce, sorridendo ancora.
James annuì, per poi accorgersi che non era una domanda a cui rispondere con un sì o un no e riprendersi.
« Molto... molto bene, grazie » rispose, passandosi una mano tra i capelli. « Sono contento di vederti ».
« E io sono contenta che tu sia vivo » rise lei. « Così potrò realizzare uno dei sogni della mia vita ».
« Cosa? » fece lui, fingendosi ammiccante. « Uscire con me? »
« No » rispose lei, allegra. « Ucciderti personalmente ».
Dal capitolo 20 [Scarlett/Sirius]:
Era la prima volta che la teneva tra le braccia. La strinse a sé, protettivo come non si era mai sentito verso qualcuno, e si chiese perché, perché mai quel momento dovesse finire. Perché fosse destinato a rimanere solo un piccolo sprazzo di gioia isolata in una vita costellata di dolori e flebili attimi di felicità inespressa. Perché per lei non potesse significare quello che significava per lui. Perché non potesse durare solo... solo per sempre.
Genere: Comico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo 41

Solo discorsi onesti





 
 
Mentre intorno a lei tutto taceva, Scarlett giunse correndo di fronte al proprio Dormitorio e varcò in fretta la soglia della stanza, senza preoccuparsi di rispettare il silenzio che la circondava. Si richiuse la porta alle spalle, noncurante del rumore provocato dal suo brusco gesto, e si sdraiò sul proprio letto, lo sguardo rivolto al soffitto e il respiro irregolare, appesantito, ma debole. Non ricordava di essersi mai sentita tanto frastornata in vita sua.
Si premette i palmi delle mani sugli occhi, sulla fronte, poi si raddrizzò di scatto, irrequieta e insofferente, mentre già prendevano d’assalto la sua mente sparute immagini di ciò che aveva appena vissuto, momenti concitati che da una parte avrebbe voluto cancellare, ma dall’altra desiderava custodire con cura.
Tornare a baciare Sirius, avvertire con disarmante chiarezza tutte le risposte che aveva agognato e i suoi sentimenti per nulla edulcorati scaraventarsi su di lei, sentire le sue mani che non la respingevano, ma la attiravano a sé… era stato come rinascere. Aveva dimenticato senza compiere alcuna fatica tutto ciò che fino a quel momento l’aveva assillata, e con altrettanta facilità si era abbandonata all’euforica confusione che l’aveva travolta quando le proprie labbra avevano incontrato quelle di Sirius a metà strada. Non c’era stato posto per nient’altro, per tutto il tempo in cui erano rimasti così, agganciati l’uno all’altra, sorpresi per quel coraggio che li aveva spinti a farsi avanti. Non c’era stato posto per nient’altro, almeno finché nuove ma familiari forze esterne non avevano tentato di penetrare nella loro fortezza. E quelle stesse forze erano riuscite nell’impresa con tanta celerità da farla sembrare un gracile, inoffensivo castello di carte, capace di abbattersi al suolo al minimo soffio. Eppure era stata pura potenza, ciò che avevano provato stando così vicini, un’energia che forse era stata tanto esplosiva e dirompente da aver consumato in qualche istante tutta la propria forza. Ma a loro non era rimasto nulla di tutto questo, se non un ricordo che, di lì a breve, avrebbero faticato persino a ricostruire in tutti i suoi dettagli, e che tornando a galla, avrebbe solo potuto danneggiarli, un po’ come aveva già cominciato a fare.
Scarlett, però, continuò a ripercorrerlo ancora e ancora, senza stancarsi, senza poterne fare a meno. Si cullò nel cuore di quella memoria, e fu quasi doloroso venirne fuori all’improvviso. Ma accadde proprio così, in un istante, quando i suoi occhi si posarono sulla ragazza che sonnecchiava placidamente sul letto accanto al suo: Mary dormiva, sognava, magari, e non aveva idea di ciò che Scarlett aveva appena fatto. Non aveva idea dei conflitti interiori che stava affrontando a causa sua, a causa della sua intromissione. Osservandola, provò un misto di rabbia e senso di colpa che non seppe quantificare, tanto che si sentì costretta a distogliere lo sguardo, malgrado questo, di sicuro, non potesse aiutarla a smettere di pensare. E difatti si chiese se in quel momento trovasse più intollerabile e odiosa lei o se stessa, ma non ebbe il privilegio di ottenere una risposta.
Era tutta colpa di Mary se si era sentita costretta a correre via da Sirius. Ma era tutta colpa sua se, di nuovo, l’aveva tradita.
E allora se c’erano così tante colpe, in ballo, dove stava la ragione? Che strada avrebbe dovuto seguire per sentirsi davvero a posto con se stessa? Lei non lo sapeva, e non lo sapeva Mary, e non lo sapeva Sirius, che si sentivano smarriti tanto quanto lei. Tuttavia, la scelta dell’una o dell’altra parte era completamente sua. Quella scelta che consisteva esattamente nel decidere fra loro, fra Sirius e Mary, se davvero non esisteva una via di mezzo. E, a quanto pareva, non ve n’era nessuna.
Era un’insolita, spiacevole situazione quella che si ritrovava costretta a sostenere. Per tutto quel tempo, l’assenza di Mary aveva pesato su di lei come un’ingombrante presenza, e non aveva ancora trovato un modo per venire fuori da quel vicolo cieco. Non erano completamente in guerra, ma neppure completamente in pace; era un periodo, quello che stavano vivendo, di assoluto stallo, che le sfiancava pian piano. Sarebbe stato tutto molto più semplice, ogni decisione incredibilmente più facile da prendere, se avessero trovato una soluzione drastica. Scarlett sarebbe potuta tornare da Sirius, se solo fossero riuscite a fare pace, a dimenticare tutto quanto, e avrebbe potuto farlo anche se avessero definitivamente tagliato i ponti, perché in quel caso non ci sarebbe stato più nulla che la legasse a Mary.
Ma era un’altra l’opzione che, in modo alquanto autolesionista, avevano scelto per loro stesse: erano distanti, avevano ferocemente litigato, e non parevano disposte a compiere l’una il passo decisivo verso l’altra, ma nessuna delle due si sentiva pronta o voleva davvero troncare di netto il rapporto di amicizia che in passato le aveva tenute vicine, anche se né Mary né Scarlett erano conscie di questo desiderio taciuto da parte di entrambe. Mantenevano vivo il proprio orgoglio, sperando segretamente che la situazione si smuovesse, come se qualcosa di rotto possa magicamente ripararsi da solo, eppure non compivano il minimo sforzo per tendersi una mano e lasciarsi tutto alle spalle. La rabbia, e tutti i loro dubbi, i loro desideri e i loro timori ristagnavano in quel limbo da cui non si riusciva a fuoriuscire, ribollendo in alcuni momenti più che in altri, ma sopravvivendo in tutte e due loro.
Scarlett, con il capo chino sulle ginocchia e gli occhi serrati, tentò di capire quale fra tutti questi sentimenti meritasse davvero di essere perseguito. Tornò a distendersi fra le coperte, rannicchiandosi su stessa e voltando le spalle al letto sul quale riposava Mary, cercando pace, finché non giunse alle sue orecchie il cigolio della porta che si apriva lentamente.
Lily, sulla soglia, si voltò per salutare con la mano qualcuno dietro di lei, sorridendo. Poi, il più silenziosamente possibile, si richiuse la porta alle spalle. Ben presto, quando si fece vicina al proprio letto, si accorse che Scarlett era ancora sveglia, e non appena la notò rivolse anche a lei un bel sorriso, che Scarlett non riuscì a ricambiare con la medesima allegria. L’amica, allora, colse immediatamente in lei qualcosa che non andava, e le sedette accanto, scrutandola.
« Ti sei divertita? » chiese Scarlett ancor prima che potesse aprir bocca, tentando di deviare prematuramente la conversazione verso un terreno più sicuro.
Lily inclinò il capo con espressione severa, lasciandole intendere che aveva capito al volo le sue intenzioni.
« Certo che mi sono divertita » rispose prontamente. « James ha trovato molto d’ispirazione il mio regalo… vi aspettano tempi duri per i prossimi allenamenti, ha in testa mille nuovi schemi da proporvi ».
Rise sottovoce insieme a Scarlett, gli occhi vispi palesemente colmi di felicità, e da quel dettaglio l’amica potè con facilità capire che, per quanto Lily volesse lasciar intendere il contrario, James aveva senza dubbio dedicato molto più tempo a lei che al suo amore per il Quidditch.
Tuttavia, non riuscì a mantenere quel sorriso per più di qualche istante, così Lily tornò a concentrarsi su di lei, attenta.
« Tu, invece, non mi sembri per niente una che ha concluso in bellezza la serata » le disse infatti, un po’ preoccupata. « O sbaglio? »
Si guardarono per un po’, mentre Scarlett rifletteva su cosa dire, ma alla fine le fece un rapido ed eloquente cenno verso la porta.
« Usciamo » mormorò, e Lily annuì in fretta, dirigendosi insieme a lei verso l’uscita e stando ben attenta a non svegliare le compagne di stanza.
Sedettero sui gradini della scalinata a chiocciola proprio lì di fronte, l’una di fianco all’altra, e Lily osservò l’amica in silenzio, aspettando che fosse lei a parlare. Non le avrebbe fatto alcuna pressione, e avrebbe lasciato che le raccontasse solo ciò che desiderava sinceramente rivelarle, ma qualcosa le diceva che, stranamente, quella volta Scarlett si sarebbe dimostrata molto più aperta e propensa a confidarsi di quanto non fosse mai stata. Pareva davvero bisognosa di un sano confronto, o di un consiglio, magari, di quelli che Lily era sempre stata in grado di dispensare agli amici più cari. Perciò incrociò le mani, stringendole fra le ginocchia, e attese.
« Ho baciato Sirius » fu l’esordio di Scarlett, che non se la sentiva di tergiversare. « Voglio dire, ci siamo baciati. E’ successo, e per come sono andate le cose… beh, non poteva non succedere, ecco ».
Si voltò a fissare Lily, l’espressione tesa, e lei la studiò con attenzione, pensando che fosse sul punto di dire qualcos’altro. Quando capì che così non era, però, si apprestò a dire la propria, mentre un sorriso apparentemente fuori luogo affiorava sulle sue labbra.
« Vi siete baciati… e anche se ti ostini a nasconderlo, non potresti esserne più felice » disse alla fine, sinceramente partecipe. « So perfettamente che era quello che desideravi » aggiunse poi con calore, e il suo sorriso accennato si fece subito più pronunciato.
Scarlett la osservò, sorpresa da quell’esordio che non si sarebbe mai aspettata, ma alla fine, suo malgrado, si ritrovò anche lei a sorridere appena, abbassando nuovamente lo sguardo.
In effetti, Lily era, insieme a sua sorella Miley, la persona che più di tutte aveva vissuto passo dopo passo tutto il percorso che aveva affrontato da quando, ormai un mese e mezzo prima, aveva perso Sirius e Mary in un solo, folle pomeriggio. Aveva assistito - silenziosamente, con sguardi complici e comprensivi o mediante semplici parole di supporto - al processo di distruzione, piatta rassegnazione e graduale, vigorosa rinascita di cui era stata inizialmente vittima e in seguito artefice, e si era sentita profondamente fiera di lei quando, alla fine, aveva visto risorgere quella nuova forza che adesso la contraddistingueva. Da vera, fedele amica, le era rimasta vicina, e aveva tentato in tutti i modi di esserle davvero d’aiuto in ogni situazione. Il che non significa necessariamente darsi da fare per rimettere a posto le cose a qualsiasi costo; esistono ben altri modi per sostenere un amico quando soffre. E Lily li conosceva tutti quanti.
Proprio per queste ragioni, proprio perché era rimasta sempre al fianco di Scarlett, riusciva a comprendere appieno ciò che doveva provare in quel preciso momento. Aveva atteso una simile rassicurazione per lungo tempo, nell’ansia di non meritarla, nell’insicurezza di aver probabilmente perso del tutto quel legame unico che aveva intrecciato con Sirius, e in origine anche nel dolore dato dalla piena consapevolezza di aver sbagliato ogni cosa. Ottenerla l’aveva resa, sì segretamente, ma irrimediabilmente felice, e Lily non aveva bisogno che glielo dicesse a chiare lettere per capirlo: il suo sguardo, timoroso di esprimere appieno quella gioia mozzata, parlava da sé.
« Era esattamente quello che desideravo » si arrese infatti Scarlett dopo un po’, affondando il capo tra le ginocchia e intrecciando le mani sulla nuca. « Ma non era di certo quello che mi aspettavo. Non ci avrei scommesso un solo zellino, neanche dopo quest’ultimo periodo di… pace, riavvicinamento o quello che è ». Si raddrizzò, tornando a guardare Lily con quel mezzo sorriso che non riusciva proprio ad abbandonarla. « Mi ha colto di sorpresa, come sempre. E forse è proprio per questo motivo che mi sono trovata del tutto impreparata. Voglio dire, rimanere in quella sorta di situazione di stallo, per me, rendeva tutto più doloroso, certo… ma anche più facile » e scrollò le spalle, annuendo appena.
Fu dopo aver udito quelle parole che Lily vide il sorriso di Scarlett scivolare lentamente via dal suo volto, trasformandosi in una sottile linea retta carica di amarezza. Si fece un po’ più vicina, scrutando con attenzione lo sguardo vuoto e cupo dell’amica.
« Non riesco ancora ad abituarmi alla facilità con cui sei capace di maciullarti il cervello anche nei momenti più impensati, sai? » fece dopo qualche attimo di silenzio, accompagnando quelle parole alla sua consueta espressione dolce e bonaria.
Negli anni, le aveva sempre rimproverato quella sua caparbia, assillante ed eccessiva tendenza alla razionalità, quel suo ossessivo desiderio di tenere tutto quanto sotto controllo, di essere sempre e comunque un passo avanti rispetto ad ogni più remota eventualità capace di presentarsi di fronte a lei, e non mancava mai di spingerla a lavorarci su, perché vedeva quanta spontaneità le veniva meno proprio a causa di quel suo punto debole che non faceva altro che danneggiarla. Da quando Sirius aveva messo piede nella sua vita, però, l’aveva vista mettere in discussione questi granitici meccanismi mentali grazie all’imprevedibilità di lui, che impediva qualsiasi tentativo di programmazione preventiva di qualsivoglia evento e che, secondo Lily, era la migliore cura possibile per lasciare un po’ di respiro all’animo della sua amica. Paradossalmente, però, la situazione che si era venuta a creare con Mary aveva brutalmente interrotto quel percorso ristoratore che la ragazza aveva finalmente iniziato ad affrontare, e nuove ansie erano tornate a farsi sentire con prepotenza, al punto da contaminare con la loro velenosità persino un momento di pura gioia quale era stato quello che aveva appena vissuto con Sirius.
« Perché? Non dovrei? » rispose lei, la frustrazione palpabile nella voce. « Insomma, ho fatto adesso quello di cui Mary mi aveva accusato un mese e mezzo fa… tutto quello che allora mi era sembrato ingiusto, di cui sentivo di non avere alcuna colpa, beh, ora è vero, sono riuscita a farlo sul serio! » Sospirò pesantemente, scuotendo il capo in un misto di sconcertato stupore e nervosa esasperazione. « Io non so come sia potuto succedere, ma… ho dimenticato tutto, in quel momento, e non sono stata capace di evitarlo, perché… perché ne avevo bisogno. Ma così facendo non ho riflettuto minimamente su tutta quanta la faccenda, e mi sono resa conto di quello che avevo fatto solo… solo quand’era già troppo tardi » e così dicendo guardò Lily, in attesa di un giudizio.
Lei strinse le labbra e inclinò il capo, cercando di trovare le parole giuste per esprimere con chiarezza la propria posizione.
« Io penso che l’ultima cosa che tu debba fare è sentirti in colpa » esordì lei senza tanti fronzoli, e subito si affrettò a spiegarsi meglio. « Voglio dire, guardiamo la cosa con lucidità. Non hai… non so, baciato un uomo sposato o roba del genere! Non si tratta di nulla di veramente scorretto, ed è fondamentale che tu lo capisca ». La fissò, come a volerle trasmettere anche con la forza dello sguardo quella consapevolezza. « Insomma, cosa c’è di sbagliato in questa storia? Che tu ti sei innamorata di Sirius e lui di te mentre entrambi ignoravate quello che provava Mary, visto che lei non ne ha fatto parola con nessuno? » riprese poi, alzando impercettibilmente il tono della voce. « Io capisco perfettamente che tu ti sia sentita in colpa per non aver colto in tempo quei segnali che lei è sicura di aver mandato, è comprensibile… ma credo anche che tu abbia pagato abbastanza per questo, non trovi? »
Scarlett diede in un altro lieve sospiro, chinando il capo.
La verità era che sì, anche lei lo credeva, anche lei era assolutamente certa di aver pagato uno scotto ben maggiore rispetto al danno che, anche inconsapevolmente, aveva causato a Mary… ma allora perché questa sicurezza non le bastava per sentirsi totalmente a posto con la propria coscienza?
« Non hai tradito nessuno, se è quello che pensi » proseguì Lily, decisa. « Insomma, come… come si può rimanere lontani dalla persona che si ama solo per non dispiacere qualcun altro? Pensaci… quando vogliamo davvero qualcosa, e la vogliamo con tutti noi stessi, non riusciamo a tenerci in disparte e a fare i bravi solo perché magari è più giusto così. Quel qualcosa ci attira, no? E allora, beh… come si fa a resistere? E’… è contronatura, soprattutto in un momento come questo, quando un rapporto che sembrava compromesso riesce a rinascere spontaneamente ».
Scarlett si morse un labbro, pensando che avesse espresso alle perfezione ciò che davvero aveva provato sulla propria pelle.
Con estrema semplicità, aveva dato voce e spiegazione alla sua umanità, che l’aveva indotta a non respingere Sirius, ma a tenerlo vicino a sé. E sì, forse non aveva assunto il più giusto dei comportamenti possibili, ma l’istinto aveva dettato i suoi movimenti, e in quell’istinto non risiedeva nulla di malvagio, nulla di errato, nessun peccato e nessun tradimento, e anche di questo, in cuor suo, era assolutamente consapevole.
« E con questo non intendo dire che non m’importa nulla di Mary, affatto » continuò a dire Lily, rendendo maggiormente limpido il proprio pensiero. « Ma quello che voglio che ti sia chiaro è che non è stato questo bacio a determinare il problema o ad aggravarlo. Il bacio è stato… la semplice conseguenza fisiologica di ciò che provi per Sirius. Piuttosto, è proprio ciò che provi per Sirius, il punto ». Ricercò lo sguardo dell’amica, e solo quando lo trovò, si decise a proseguire. « Voglio dire, se davvero dovessi andare incontro a Mary totalmente ed eliminare il problema alla radice… beh, dovresti cancellare tutto quanto. Tutto quello che senti per lui. E sai qual è la beffa? Che nemmeno in questo caso riporteresti la situazione al punto di partenza. Perché ci sarebbe comunque Sirius, che rimarebbe innamorato di te e non di lei, e questo nessuna di voi due può cambiarlo. Quindi ciò deve farti capire che non hai alcuna colpa per i tuoi sentimenti, e soprattutto che questi non sono un’offesa a Mary. E questo lei dovrebbe saperlo bene, nonostante tutto quello che sta succedendo ».
Scarlett si sfregò le mani, lo sguardo ora puntato verso gli scalini ai loro piedi, e cercò di capire se quelle parole le fossero di conforto o meno. In fondo, anche lei la pensava come Lily, ma non sapeva se fosse realmente giusto guardare tutto sotto quella prospettiva. Ad ogni modo, non aveva senso star lì a rimuginare troppo su cosa era meglio credere. Sapeva bene che, se anche Lily le avesse dato contro, avrebbe continuato a pensarla esattamente come prima. Allo stesso tempo, però, questo non alleviava granché quel senso di colpa che, testardo quanto lei, continuava a ribollirle nelle vene. Non sapeva come sentirsi, e detestava quella sensazione. Era come tentare di sfuggire a se stessa… e riuscirci.
« E allora come ti sentiresti al posto di Mary, se venissi a sapere quello che è successo stasera? » domandò, ancora una volta ansiosa di avere una risposta.
Lily le poggiò una mano sul braccio e la guardò con affetto, rassicurante. Riusciva a vedere tutta la preoccupazione che premeva sul suo volto.
« Non è facile capire Mary, ora come ora » rispose lentamente, riflettendo. « Non ci ha mai realmente parlato di quello che prova, non sappiamo neppure se si tratta di qualcosa di importante o se parliamo della stessa cotta di qualche anno fa. Quindi… beh, è difficile mettersi nei suoi panni. Ma credo che… » Fissò il vuoto anche lei per qualche istante, pensierosa, « … credo che ne soffrirei, all’inizio. Poi, però, mi renderei conto di non entrarci niente, in tutta questa storia, e me ne tirerei fuori. Perché non c’è nessuno che abbia davvero delle colpe, fra voi, perciò… a che servirebbe stare male e far star male gli altri per una situazione che non ha una soluzione capace di accontentare tutti quanti? E’ meglio… beh, voltare pagina, no? Farsene una ragione ».
Si strinse nelle spalle, come a voler dire che quello era solo il suo modesto parere, mentre Scarlett annuiva, assorbendo con la dovuta calma le sue parole.
Era confortante ascoltare il parere di Lily, così lucido e veritiero sotto tutti i punti di vista. Sentiva che molti dei suoi dubbi e delle sue preoccupazioni avevano appena trovato una positiva risoluzione, ma sapeva altrettanto bene che ritrovarsi nel vivo di tutta quanta la faccenda comportava ben altre complicazioni. Esserci dentro era diverso, profondamente diverso, perché tutto ciò che, attraverso una puntuale analisi della questione, appariva oggettivamente giusto e inattaccabile finiva per diventare, nella pratica, doloroso, difficile e, a volte, quasi impraticabile.
« E che mi dici di Sirius? » domandò ancora, accingendosi a dare voce ad uno dei suoi più grandi timori. « Sono praticamente fuggita via dopo averlo baciato, e io… Lily, io ho paura che questa volta non possa più perdonarmi. Mi sono tirata indietro di nuovo, e non gli ho nemmeno dato spiegazioni, è stato… è stata la cosa peggiore che potessi fare, stare al gioco e lasciarmi andare per poi scappare per l’ennesima volta… insomma, perché sono sempre io a rovinare tutto quanto? Vorrei… vorrei che capisse che non dipende sempre tutto da me ».
Intrecciò le dita, premendole contro le labbra, e si fissò le scarpe senza aggiungere altro. I muscoli del suo viso erano contratti, come se stesse stringendo forte i denti. Pareva quasi che volesse trattenersi dall’esprimere altre paure, timorosa di vederle realizzarsi dopo averne tramutato l’essenza in suono, in parole. Ma Lily, accanto a lei, era pronta ad accoglierle e a farle svanire in un lampo, con il mite potere della semplicità dei suoi buoni consigli.
« Non era necessario dargli spiegazioni, Scar » le disse, conciliante. « Sa bene quello che stai passando, sa tutto quello che tu pensi e temi che non sappia. Ha vissuto questa situazione insieme a te, anche lui c’è dentro fino al collo ».
« Ma questo non significa che la accetti » replicò prontamente l’altra. « Lui ha reagito in modo totalmente diverso dal mio nei confronti di Mary. Non… non glien’è mai importato nulla, di lei, non da quando la considera la causa di tutto questo casino. Penso che abbia completamente perso tutta la stima che nutriva nei suoi confronti. Dopotutto, anche loro erano amici… e anzi, soprattutto per questo motivo non riesce a vedere il suo atteggiamento se non come uno stupido capriccio, e… mi ha detto che avrei dovuto ignorarla sin dall’inizio, immagina adesso ».
Lily serrò le labbra, rammaricata, ma non esitò a dire nuovamente la sua.
« Credo che Sirius non abbia capito fino in fondo quanto le sue parole ti abbiano toccata, quanto… quanto le sue accuse ti abbiano ferita » disse, cauta ma sicura del proprio pensiero. « In tutta onestà, Mary non è stata l’argomento centrale dei vostri discorsi, lo sai bene ». L’amica non disse nulla, ma non potè che darle ragione: il loro distacco aveva soltanto preso avvio da quella vicenda in modo quasi casuale, ma in realtà il fulcro del loro scontro aveva ben altra natura, ed era riconducibile solo ed esclusivamente ai diretti protagonisti. « Ecco, io penso che… se gli parlerai con chiarezza di quanto tieni alla sua amicizia tuttora, nonostante tutto, allora anche lui cambierà atteggiamento. Non è uno stupido… anche se fa sempre di tutto per sembrarlo ».
Scarlett si voltò a guardarla, e dopo qualche attimo cominciò a ridere sommessamente. Lily si unì subito a lei, malgrado avesse pronunciato quelle parole con la massima serietà.
Abbandonò il capo contro la sua spalla, stringendosi al braccio dell’amica, e la guardò sorridere con la coda dell’occhio, rasserenata tanto quanto lei. Si sentì sollevata vedendola più rilassata, e sinceramente felice di essere riuscita ad incoraggiarla almeno un po’. Sapeva quanto Scarlett ne avesse bisogno.
« Gli stai simpatica, in fondo… ne sono sicura » rise ancora quest’ultima, poggiando a sua volta il capo sul suo, e Lily diede in uno sbuffo strafottente.
« Credi che m’importi se gli sto simpatica o meno? » rispose con aria di superiorità, ma poi scoppiò a ridere anche lei. « E’ James, semmai, ad essere davvero fissato con questa storia… vuole a tutti i costi che andiamo d’amore e d’accordo! Ma per favore, non succederà mai… »
Scarlett non riusciva a smettere di ridere, immaginando James seriamente preoccupato e affranto per quella difficile situazione fra i due.
« Guarda che così lo fai soffrire davvero » le fece. « E a proposito, sai cosa mi ha chiesto, l’altro giorno? Voleva sapere se fosse conveniente organizzarti una bella sorpresa per il vostro mesiversario. Gli ho detto che l’avresti lasciato senza pensarci due volte e mi ha pregato di non farne mai parola con te ».
Lily la fissò per parecchi istanti, poi si premette entrambe le mani sul viso, incredula e palesemente disperata.
« Sta trascorrendo fin troppo tempo con Alice, ultimamente » fu il suo commento, il tono di voce che suggeriva vacua rassegnazione. « Devo assolutamente sottrarlo a questa pessima influenza, prima di doverlo mollare sul serio ».
Risero entrambe, slacciandosi dal loro strano abbraccio, e subito dopo Lily si colpì la fronte con il palmo della mano.
« Stavo quasi per dimenticarlo! » esclamò, e Scarlett la fissò, incuriosita. « Parlando di ragazzi pietosi… sai cosa tiene con sé il tuo caro Black? Me lo ha detto James e lui ha confermato candidamente… ha dei poster delle pin up » le rivelò con enfasi. « Tu sai cosa sono le pin up, non è vero? »
Lo sguardo vuoto dell’amica suggeriva tutto il contrario, tanto che alla fine scosse lentamente il capo, certa di non aver mai sentito nulla del genere.
« No, non so cosa siano le pin up, ma la cosa non mi piace » rispose, mordicchiandosi una guancia. « No, non mi piace per niente ».
« E così dev’essere » disse subito l’altra, dandole man forte. « Le pin up sono delle gran belle scostumate, Scar. Si truccano e si vestono magnificamente, certo - lo stile del mio vestito è un po’ ispirato a loro -, e hanno sempre un fisico perfetto… ma tengono in mostra tutta la mercanzia. Sono scorrette, sarebbero capaci di corrompere qualsiasi buon marito e danno una visione totalmente irreale della donna. Mai fidarsi di una pin up ».
Assunse un’espressione perfettamente seria e anche un po’ imbronciata, finché non notò lo sguardo di Scarlett ed entrambe tornarono a ridere, divertite.
« Magnifico » fece quest’ultima quando si fu ripresa, scuotendo il capo. « Venire a conoscenza del sogno erotico del tuo pseudo-ragazzo è sempre una bella soddisfazione ».
« Bisogna conoscere il nemico per poterlo combattere » ribattè Lily, alzando l’indice come per avvertirla del valore di quella informazione.
« O per rassegnarti al fatto che vincerà sempre e comunque lui » obiettò puntualmente l’altra, ed entrambe tornarono a ridere silenziosamente.
Sarebbe sembrato quasi impossibile ad entrambe, fino a qualche minuto prima, eppure era successo: le preoccupazioni avevano dato loro una tregua. Si erano allontanate, lasciandole respirare per un po’, e fu meraviglioso riuscire a trovare scampo l’una nell’altra, rifugio sicuro ed accogliente, sempre. Era un sollievo a cui Scarlett aveva anelato, e di cui aveva avuto disperatamente bisogno. Adesso, malgrado i timori superstiti, non necessitava di altro. Tutto ciò che le restava da fare era aspettare. Aspettare di scoprire ciò che sarebbe venuto dopo, e cercare di cavarsela in qualsiasi caso. Sperava solo di non ritrovarsi a fronteggiare altre sorprese; malgrado l’estrema piacevolezza dell’ultima, non credeva di poter essere pronta a restare a galla, se un’altra ondata di sconosciute novità fosse tornata a travolgerla. Ma ad onor del vero, temeva in egual misura anche il prevedibile. Perché tutto quel che pensava sarebbe successo, o sarebbe potuto succedere, era quanto di peggiore avrebbe potuto immaginare. E solo il pensiero delle calorose parole di Lily riusciva a distoglierla da quegli incubi: la loro piacevole ma solida stretta li rendeva agonizzanti, e pian piano, tutto ciò che restava di loro era un lontano, fastidioso lamento. Poi nulla.
 
 
 

 
*  *  *
 

 
 
Voci.
La prima cosa che Remus sentì non appena sveglio fu un mucchio di voci accatastate. Suonavano come rumori privi di contenuto alle sue orecchie pigre, e ci mise un po’ a districarle dal ronzio che occupava per intero la sua mente: lo avvertiva da appena qualche istante, eppure aveva la sensazione che fosse rimasto piantato lì a disturbarlo per tutta quanta la notte, rendendo agitato il suo sonno e ancor più vividi i suoi brevi, insensati incubi.
Per qualche minuto, non osò aprire gli occhi. Aveva paura di dare il via a quella giornata che, lo sapeva, sarebbe stata fin troppo lunga e carica di tensione, e abbracciare la luce del sole avrebbe significato proprio quello. Lui, però, non si sentiva affatto pronto a farlo, e si sforzò di non immaginare neppure cosa avrebbe potuto aspettarlo, per non essere tentato dall’idea di crollare nuovamente sul cuscino e rimandare all’indomani tutto ciò che non si sentiva ancora in grado di affrontare.
« … no, davvero, quella scopa è strabiliante! Come se i Serpeverde avessero bisogno di un motivo in più per temermi… »
« Ramoso, non so se te l’hanno detto, ma puoi tessere le lodi della tua stramaledetta scopa anche più tardi, sai? E lasciami dormire, dài! »
« E’ mezzogiorno, amico, esci un po’ dal letargo… e poi che vuoi farci, è Peter che vuole conoscere i dettagli… »
« Peter si è riaddormentato mezz’ora fa. Hai presente, quando parlavi della… maneggevolezza del manico o quel che diavolo era? Ecco. Era già morto ».
Rimase immobile ad ascoltare la risposta stizzita di James e la voce assonnata di Sirius, poi si rigirò sul materasso, gli occhi ancora decisamente serrati.
Era domenica, e solitamente svegliarsi non era mai difficile, in quel particolare giorno della settimana. Si concedeva delle ore di riposo in più, e quando alla fine abbandonava il letto riusciva ad assaporare appieno il sapore di una sana, buona dormita. Ma quella volta era tutto diverso.
Dopo aver riaccompagnato Miley alla sua Sala Comune, la sera prima, aveva vagato per il castello fino a tarda notte, e anche dopo essersi deciso a rientrare, era rimasto vigile e inquieto fra le lenzuola, senza riuscire a chiudere occhio, finché non aveva visto sorgere la luce del sole dietro i vetri delle finestre. Non aveva idea di quando si fosse lasciato vincere dalla stanchezza, ma sapeva per certo di essere appena venuto fuori da una delle notti più turbolente della sua vita. Non che di quel tipo ne avesse collezionate poche.
Quando riuscì ad aprire gli occhi si sentì estremamente frastornato, e all’improvviso desiderò di aver riflettuto un po’ di più su come avrebbe dovuto comportarsi con i suoi amici. Ma non lo aveva fatto, quello era stato l’ultimo dei suoi pensieri, e se ne pentiva. Non aveva voglia di mentire di nuovo, non sarebbe mai stato capace di farlo… ma non voleva neppure raccontare loro la verità, rivivere quel che era successo ancora una volta, o ascoltare le ragionevoli e facili soluzioni che gli avrebbero sicuramente suggerito. Avrebbe faticato troppo a spiegare per l’ennesima volta le ragioni per cui non poteva in alcun modo metterle in atto, o comunque non senza preoccuparsi delle conseguenze a cui sarebbe andato incontro. E non aveva tanta pena per sé, in verità, quanto per la persona che aveva sempre tentato, senza mai riuscirci, di proteggere da se stesso.
« Lunastorta, alzati, è ora di pranzo! » esclamò a gran voce James all’improvviso, strattonando le tende che racchiudevano il suo letto.
« Neanche mia nonna Bernice mangia a mezzogiorno… » obiettò Peter, rannicchiandosi fra le coperte nel tentativo di proteggersi dalla luce del sole.
« Non m’importa di tua nonna Bernice, ho fame » risolse l’altro, e l’amico lo fissò con aria un po’ perplessa prima di voltarsi dall’altra parte. « Cavoli, amico, hai battuto ogni record! » disse poi James, rivolto nuovamente a Remus. « La mia festa ha devastato anche te, eh? Cerca di riprenderti, su… »
Si allontanò dal suo letto, dirigendosi minacciosamente verso quello di Sirius, sdraiato a pancia in giù con i capelli sparpagliati dappertutto.
« Amico » si annunciò, fissandolo torvo. « Se non ti alzi immediatamente, ti brucio quelle dannate mutande. Lo sai quanto le odio ».
Sirius strinse tra le dita l’elastico dei suoi boxer dei Tornados e rivolse un gestaccio al ragazzo, senza muoversi di un centimetro.
« Ci sarà pure un motivo per cui non l’hai fatto finora » rispose pacificamente, ricordandogli delle terribili vendette con cui lo aveva sempre minacciato.
« E chi ti ha detto che non ho provveduto a difendermi? » replicò James con un ghigno che gli andava da un orecchio all’altro.
Lo sentì sbuffare, e attese una reazione, di quelle violente tipiche del suo repertorio che mettevano fine a ogni discussione.
« A pensarci bene ho fame anch’io » disse invece Sirius, e si alzò in un lampo, dirigendosi verso il bagno per una rapida doccia e lasciando l’amico di stucco.
« E mi lasci così, senza neanche una scazzottata veloce? » esclamò, rivolgendosi alla porta socchiusa dietro la quale Sirius era sparito.
Si abbandonò sul suo letto, le braccia abbandonate sulle ginocchia, il capo chino. Aveva un’aria delusa e imbronciata.
« Avevo voglia di litigare… » borbottò fra sé e sé, poi rialzò il capo e si guardò intorno, speranzoso. « Non è che qualcuno ha voglia di litigare? »
Ma come avrebbe facilmente potuto prevedere, nessuno si fece avanti. E lui si sentì ancora più irritato, perché odiava, odiava essere ignorato.
Preso da un crescente malumore, allora, tornò infuriato a svegliare i compagni di stanza, a cominciare da Peter. Lo tormentò per minuti interi, impietoso nelle sue irritanti sollecitazioni, e tanto gli risultò insopportabile che, alla fine, il buon vecchio Codaliscia dovette mettersi seduto, le gambe incrociate, ma gli occhi ancora semichiusi, solo per dimostrargli di essere sveglio e pronto a prepararsi per scendere in Sala Grande a pranzare. Sorte ancor peggiore era capitata al malcapitato Frank, vittima prediletta dei compari, soprattutto al mattino. James lo aveva inizialmente pungolato così come aveva fatto con Peter, ma notando la sua strenua resistenza, aveva optato per l’infallibile messa in atto delle maniere forti. Così, impugnata la bacchetta, lo aveva fatto rotolare sul materasso avanti e indietro, incessantemente, con un semplice incantesimo che era solito usare Remus quando a situazioni di quel genere doveva provvedere da solo, ovvero tutti i santi giorni. Tutto sommato, Frank si era dimostrato duro a cedere, e per un po’ era rimasto immobile a tentare di sonnecchiare per ancora qualche minuto, ma alla fine, quando la testa aveva cominciato a girargli forte, si era alzato di scatto e aveva picchiato James, che in tal modo aveva realizzato non uno solo, ma ben due dei suoi obiettivi mattutini: svegliare tutti e fare a botte.
Ultimo, ma non meno importante: Remus. Anche lui avrebbe subito i terribili dispetti del Malandrino Capo (era così che talvolta James definiva se stesso, solitamente quando si armava per mettere a punto un nuovo piano per un’indimenticabile malefatta). Cominciò aprendo di scatto le tende che circondavano il letto dell’amico e che prima si era limitato a smuovere violentemente al fine di disturbare il suo sonno, e lo richiamò all’ordine.
« Lunastorta, stai esagerando » disse con feroce determinazione, assestandogli qualche insistente colpetto sulla spalla.
Dopo qualche secondo, fortemente irritato, lui lo scansò bruscamente, senza neppure degnarlo di uno sguardo.
« Lasciami in pace! » sbottò, tornando a dargli le spalle, e James non ebbe neppure il tempo di rispondere, perché in quel preciso istante Sirius venne fuori dal bagno, sfregandosi forte un asciugamano contro i capelli bagnati che, così appiattiti, parevano naturalmente ancor più lunghi del solito.
« Buongiorno anche a te, raggio di sole » disse in tono ironico e affabile, soffermandosi a studiare l’espressione torva dell’amico e lasciandosi cadere sul materasso per asciugarsi meglio. « E tu, ti prego, non dire che si è svegliato con la luna storta » aggiunse, tetro, rivolgendosi a James.
« Cosa ti fa pensare che stessi per dirlo? » scattò lui, subito sulla difensiva, ma non aggiunse altro, consapevole di essere stato smascherato.
Sirius gli rivolse un mezzo sorriso divertito prima di tornare a fissare Remus, che al contrario si ostinava a non ricambiare lo sguardo di nessuno.
« Sei più allegro del solito, stamattina » commentò ancora, mettendosi a caccia di un nuovo paio di mutande adatte a quella giornata. « A dirla tutta, mi aspettavo davvero che fossi più pimpante, oggi, visto il gran macigno che dovevi toglierti di dosso. Non hai nessuna novità? »
James e Peter si scambiarono uno sguardo smarrito, mentre Frank, approfittando della distrazione generale, fuggiva furtivo in bagno.
« Ci… siamo persi qualcosa? » domandò un po’ titubante Peter, lo sguardo che andava da Sirius a Remus e viceversa, e James annuì di rimando.
« Oh, già, voi non lo sapevate » rispose Sirius, allacciandosi alla buona i capelli gocciolanti e cominciando a vestirsi. « Il saggio Lunastorta aveva deciso di dichiararsi alla piccola Banks ».
I due parvero a dir poco sbalorditi nell’accogliere quella sconcertante notizia, e si voltarono a guardare Remus come se lo vedessero sotto tutt’altra luce.
« Cosa? » fece James con voce strozzata. « E l’hai deciso così, di punto in bianco? Per la miseria… era ora! »
Lui si rigirò di nuovo sul materasso, rivolgendo la propria attenzione al soffitto così da poter continuare beatamente a evitare gli occhi di tutti.
Sentì James e Peter cominciare a chiedere a Sirius di raccontare loro qualcosa di più riguardo a quella faccenda, evidentemente festanti ed entusiasti. A quanto pareva, avevano capito che l’amico era molto più propenso a parlare di quella questione rispetto a lui, forse attribuendo erroneamente la colpa dei suoi silenzi alla sua leggendaria riservatezza. Ma non fece caso alle loro parole, alle loro espressioni sconvolte. Tentò di eclissarsi da loro, da quella stanza, dai rumori. Senza riuscirci.
Era una sensazione che non provava mai in presenza dei suoi amici, ma in quell’esatto momento, solo per quel momento, desiderò che non ci fossero. Che evaporassero, che andassero via di lì. La loro presenza e le loro domande lo facevano sentire ancora più oppresso di quanto già non fosse.
« … e questo spiega perché il vecchio marpione ha passato l’intera serata a ridere e scherzare con Miley ed è ritornato in Dormitorio persino dopo di me » concluse la discussione James, battendo allegramente le mani come se si fosse appena realizzato un suo grande progetto. « Le mie congratulazioni, amico! A questo punto, vista la tua intraprendenza, non mi stupirei se fossi andato ben oltre le nostre più rosee aspettative… » e così dicendo, assestò una gomitata complice al braccio di Sirius e lanciò uno sguardo eloquente a Peter, trovando la loro immediata approvazione.
A quelle parole, per la prima volta, Remus li guardò, e dopo un attimo si rizzò a sedere, passandosi una mano fra i capelli in disordine. E annuì.
« Sì… in effetti ho di gran lunga superato le vostre aspettative » confermò, con un tono di voce che pareva voler sopprimere una rabbia sottile, ma cocente. E, senza neppure pensarci, si ritrovò a proseguire. A rivelare cos’era successo. « L’ho baciata » spiegò semplicemente, questa volta senza nessuna particolare intonazione, completamente noncurante della reazione che le sue parole avrebbero scatenato negli amici.
Ma naturalmente, loro si mostrarono a dir poco sbalorditi, lì per lì a causa della notizia sconvolgente, subito dopo per l’espressione cupa e piatta che aveva avuto stampata in viso quando l’aveva comunicata. Un’espressione consona al malumore con cui si era svegliato, che non lasciava presagire nulla di buono. E gli amici non tardarono a rendersene conto, tanto che lo fissarono, un po’ increduli, un po’ già rassegnati.
« Cos’è che hai fatto? » domandò Peter, sinceramente sconcertato, mentre Sirius e James si abbandonarono contemporaneamente sul letto del primo.
« Beh, io direi che la vera domanda è: perché abbiamo l’impressione che tutto questo ti sembri sbagliato? » fece James, inarcando le sopracciglia.
Remus sorrise amaramente, ricostruendo per l’ennesima volta il gran pasticcio che aveva combinato appena alcune ore prima.
« Perché? » ripetè, lanciandogli un’occhiata. « Vuoi sapere cos’ho fatto ieri? Anzi, meglio, che cosa non ho fatto? Non le ho raccontato la verità, James. Non le ho detto niente. Ma in compenso ho messo su questo bel fuori programma ».
Lui ricambiò il suo sguardo, un po’ smarrito, come se stesse aspettando di sentirgli dire qualcos’altro, un qualcosa che, però, non venne fuori dalla sua bocca.
« Ed è tutto qui? » fece a quel punto Sirius, rubandogli le parole di bocca. « Sarebbe questo il problema? Ti ha perdonato per aver fatto di continuo un passo avanti e cento indietro, è cotta di te e sappiamo benissimo come la prenderebbe, se ti decidessi a raccontarle tutto… che differenza fa se vai da lei e le dici la verità adesso, anche dopo averla baciata? Insomma, siamo onesti, sapevamo tutti che sarebbero successe entrambe le cose, una volta che ti saresti deciso, quindi hai solo… invertito l’ordine degli eventi, ecco ». Tacque un momento, poi aggiunse: « Cavoli, pensavo che avessi combinato un vero casino! »
Lo disse come a voler evidenziare la sua esagerazione, quasi sollevato dalle sue parole, che aveva evidentemente accolto come una rassicurazione. Questo lo infastidì smisuratamente, e confermò ciò che aveva sempre pensato: i suoi amici non comprendevano l’importanza che quella faccenda rivestiva per lui in relazione ai suoi rapporti con gli altri e con lei in particolar modo. Non fino in fondo, comunque.
« Un vero casino… » borbottò impercettibilmente, irritato. « Ascoltate, non ho voglia di parlarne. Ve l’ho già spiegata un mucchio di volte, questa faccenda, e a quanto pare non la capirete mai. Quindi grazie per l’incoraggiamento, ma me ne tiro fuori da solo ».
Fece per dirigersi verso il bagno, dimentico del fatto che era già occupato, ma non fece in tempo a raggiungerlo, perché James ricominciò a parlare.
« Non ne hai detta una giusta, amico » gli disse senza guardarlo, in attesa che si voltasse nuovamente. « Sei sempre e solo tu che non capirai mai questa faccenda, e il punto è che non devi venirne fuori, questa volta. Questo è quello che hai fatto finora, cercare a tutti i costi una scappatoia, ma adesso è ora di piantarla, non credi? » Lo fissò per qualche attimo, come se stesse aspettando di sentire quelle esatte parole venir fuori dalla sua bocca. « Dannazione, ormai dovresti essere stanco anche tu di tutta questa storia! E non parlo di Miley nello specifico, ma della tua… ossessione idiota a vivere a metà la tua vita e la tua età. Non so quanto possa valere, ma noi lo siamo, e credo che lo sia anche un’altra persona, in questo caso ».
Sirius si sdraiò sul materasso, puntellandosi sui gomiti e osservando Remus di sottecchi mentre annuiva fra sé e sé.
« Già… perché sai, anche se hai sempre pensato di fare il bene di Miley con il tuo atteggiamento schivo, non è che tu l’abbia trattata esattamente con i guanti, per tutto questo tempo ». Parlò con assoluta chiarezza, com’era suo solito, e non si pentì minimamente dei propri modi. « Aspetta ancora un po’ e vedrai che ti manderà al diavolo sul serio, e non di certo per la ragione che credi tu ».
« E che lo faccia! » sbottò a quel punto Remus, tornando a fronteggiarli. « Si farebbe un gran bel favore, se mi voltasse definitivamente le spalle! »
Sirius sbuffò e scosse il capo, lasciandosi andare contro il cuscino senza più voler replicare. Tentare di discutere con Remus riguardo a quella spinosa questione significava fallire miseramente in partenza, e tutti loro erano stanchi di combattere quell’inutile guerra priva di qualsivoglia conclusione. Forse l’unica soluzione era stare lì a guardare come se la cavava senza ricevere neppure una dritta, accettare le sue decisioni senza batter ciglio e vedere come le conseguenze delle sue azioni si concretizzavano pian piano. In questo modo, alla fine avrebbe capito. Sarebbero stati degli amici davvero rognosi, però, se avessero gettato la spugna in quel modo. E un Malandrino può essere accusato di tutto, ma mai di essere un amico rognoso.
« Ma è ovvio che non ha intenzione di farlo » intervenne pazientemente Peter, cercando di farlo ragionare con i suoi modi più pacati. « Tiene molto a te, e quel bacio… »
« Pensi che lo rifarebbe? » replicò immediatamente Remus, troncando di netto il tentativo dell’amico. « Pensi davvero che, se avesse saputo la verità, avrebbe mai fatto un gesto del genere? » Diede in una risata amara e sbalordita allo stesso tempo, sempre più sconcertato dalla comoda ingenuità dei tre. « Fuori di qui la gente come me viene evitata per strada come se fosse affetta da chissà quale malattia, e voi credete sul serio che una ragazza di sedici anni con cui chiunque vorrebbe stare avrebbe baciato uno come me senza provare disgusto? Insomma, davvero non riuscite a capirlo? Davvero non capite che non avergli detto che sono uno stramaledetto Lupo Mannaro non è un dettaglio trascurabile, soprattutto dopo quello che è successo ieri sera? Voglio dire, voi vedete con i vostri occhi quello che divento ogni mese… come potete pensare che quest’immagine di me non offuschi tutto il resto, nella mente di una ragazza che è giustamente lontana anni luce da tutto questo? » Fece scorrere lo sguardo lungo i volti dei suoi amici, come a ricercarvi silenziosamente le risposte alle sue domande, certo che, nonostante i loro facili entusiasmi, non fossero in grado di dargliene neanche una. « Ripensadoci, avrei potuto almeno guadagnarmi il suo rispetto, se le avessi parlato di me senza altre complicazioni » proseguì, il tono di voce più basso, tendente alla rassegnazione. « Ma adesso… adesso l’ho davvero presa in giro, perché prima di fare un passo del genere avrebbe dovuto sapere chi si trovava di fronte, mentre io mi sono spacciato per quello che non sono…  e ora lei crede di aver baciato un ragazzo normale. Mi sento come… come se l’avessi costretta. Non smetto di pensare a cosa proverà ripensando a quello che è successo quando le dirò la verità. Perché è chiaro che non potrà più guardarmi come ha fatto finora ».
Deglutì, mandando giù a forza tutte quelle preoccupazioni che non aveva voglia di tirare fuori, consapevole di quanto poco gli sarebbe stato utile esprimerle. E tornò a sedersi, premendo appena due dita sulle tempie che sentiva pulsare un po’ più forte del normale.
Parlare di quella storia lo faceva sempre sentire inutile, con la strada sbarrata. Non raggiungeva mai un punto saldo a cui agganciarsi, e ogni volta tutto finiva per precipitare nel ripetitivo, fino a sfiancarlo. Non ci si muoveva, confrontandosi su quell’odiosa faccenda, e lo sapevano bene i suoi amici tanto quanto lui. Alla fine, ognuno credeva di saperne più dell’altro e lo incolpava di non aver capito un tubo. Ma quella volta, Remus non voleva più spiegare le proprie ragioni. E se anche ne avesse avuto bisogno, non avrebbe saputo come. Già, come.
Come far capire loro il ribrezzo che provava nei propri confronti quando ripensava alle sue mani che stringevano forte le braccia di Miley, alle sue labbra su quelle di lei? Una volta al mese, quelle erano i suoi artigli, le sue fauci… ma Miley non ne aveva idea. E probabilmente si era sentita felice, baciando il ragazzo che le piaceva, ignara di tutto ciò che nascondeva, di quanto fosse grande e pericoloso il suo segreto. Già immaginava i suoi occhi, il modo in cui l’avrebbero guardato, tutto il buono che li aveva sempre illuminati svanire per lasciare il posto al disprezzo. Perché non gliel’aveva detto prima? Era possibile, al contrario di quanto credeva Sirius, che invertire il corso degli eventi avrebbe potuto cambiare ogni cosa. Ma dopo quello che aveva fatto… tutti gli sbagli che aveva già commesso impallidivano, se messi a confronto. E ancora non si capacitava di come fosse riuscito ad essere tanto avventato ed egoista. Perché se dopo averla baciata per la prima volta si era dato del pazzo e non aveva minimamente capito come fosse potuto accadere, e se in seguito aveva messo a tacere i propri sensi di colpa credendosi di nuovo perfettamente lucido, adesso non riusciva a riconoscere quel Remus che, la notte prima, si era detto per questa sera lascia correre e non pensare a niente. Non si capacitava di come avesse potuto convincere se stesso che continuare a sbagliare potesse non portare a delle conseguenze, o in ogni caso ad effetti del tutto trascurabili. Lasciarsi andare per una sola notte, o per una sola manciata di minuti non significava poter dimenticare tutto molto più facilmente. Ma questo, lui non lo aveva capito. Non aveva voluto capirlo.
« Sentite » riprese dopo un po’, tornando ad immergere le dita fra i capelli. « Pensate quello che volete, d’accordo? Io non cambierò idea. E in qualche modo capirò che cosa fare. Lo avete detto anche voi, siamo tutti stufi marci di questa storia, quindi… lasciamo perdere. Non parliamone più. Io non pretendo che mi capiate… ma dovete fare lo stesso anche voi ».
Li vide scambiarsi qualche occhiata vagamente incupita, e non aggiunse altro. Di conseguenza, loro lo imitarono, pensando che in effetti continuare a discutere non avrebbe sortito il benché minimo risultato, né avrebbe portato a Remus alcun giovamento. Ma erano preoccupati per lui, per la sua incredibile confusione, e non avevano idea di cosa avrebbe fatto, delle decisioni che avrebbe preso. Potevano solo aspettare e stare a guardare quel che sarebbe successo. Niente più consigli, niente più battaglie inutili… Se la sarebbe cavata da solo, e aveva scelto di farlo. Loro lo avrebbero rispettato.
Non appena il bagno si riaprì rivelando un Frank già mezzo vestito, Remus raccattò alcuni indumenti dal suo baule e ci si fiondò senza pensarci due volte, nuovamente attento a evitare con cura gli sguardi degli amici. Non aveva voglia di scoprire cosa vi fosse scritto.
Fece tutto di fretta e assai distrattamente, ansioso di andare altrove per rimanere in pace con i propri pensieri, pur sapendo che dovunque ci fossero stati loro a scontrarsi, non avrebbe mai trovato la tranquillità che tanto agognava. Il vero problema non erano i Malandrini, né la gente tutto intorno, né Miley che poteva sbucare in qualsiasi momento da qualsiasi parte per dargli un ultimatum. Il problema era dentro di lui, e non sapeva come liberarsene.
Quando fu pronto per abbandonare il Dormitorio, non rivolse neppure un cenno o una parola ai compagni di stanza, e andò via avvertendo i loro sguardi puntati addosso, certo che avrebbero ricominciato a parlare di lui non appena avesse interposto una distanza sufficiente fra sé e la piccola stanza. Ad ogni modo, non ci badò e cominciò a scendere a due a due gli scalini, giungendo ben presto in Sala Grande con la testa che vorticava senza sosta.
Con il capo ostinatamente chino, si diresse attraverso la sala semivuota verso la zona più appartata della tavola di Grifondoro, accanto a quella intorno a cui sedevano gli insegnanti. Solo quando prese posto, una mano premuta sulla tempia, si rese conto di non avere minimamente fame. L’agitazione annoda quasi sempre lo stomaco, d’altronde, ma si trovava lì e non aveva voglia di tornare su ed incrociare i suoi amici: si sentiva in colpa anche per il modo in cui si era rivolto nei loro confronti, perché in fondo sapeva benissimo che il loro unico intento era stato, come sempre, quello di dargli una mano. Probabilmente, malgrado si fosse convinto del contrario a causa della rabbia che lo aveva agitato, comprendevano perfettamente quel che comportava la sua condizione, i suoi limiti e le sue ragionevoli preoccupazioni, ma a cosa sarebbe servito dargli ragione su tutto ciò che aveva detto per condannare se stesso? La commiserazione non era mai stata d’aiuto a nessuno. Anche in quel caso, si sarebbero comunque ritrovati a un punto morto della questione, senza trovare una risoluzione opportuna, per cui chissà, forse il loro continuo spronarlo gli sarebbe tornato utile, al momento giusto. In quel momento, però, tutto ciò che sentiva dentro di sé era un feroce e ininterrotto sbatacchiare di pensieri che si sbranavano l’un l’altro, senza lasciarne sopravvivere alcuno, tanto che non appena credeva di sapere cosa fare, si pentiva di tutto l’istante successivo. Era un instancabile, stancante tormento.
Rimase lì per chissà quanto tempo, senza rendersi conto della sala che, intorno a lui, si riempiva progressivamente di gente. Giocherellò per tutto il tempo con il cibo sul suo piatto, costringendosi di tanto in tanto a mettere qualcosa sotto i denti, ma masticò svogliatamente, senza mai sollevare gli occhi per timore di ciò che avrebbero potuto vedere e di chi avrebbe potuto vederli. Studiò ogni venatura del legno del tavolo, accarezzandolo ripetutamente con le dita, finché non si decise ad andar via.
Si alzò, affondando le mani nelle tasche, e mentre percorreva nuovamente la sala, la tentanzione si dimostrò più forte di lui. Il suo sguardo deviò per un secondo verso la tavola di Tassorosso, ed immediatamente individuò la persona che, quasi inconsciamente, aveva cercato. Non si rese neppure conto di averlo fatto, finché non vide Miley incrociare il suo sguardo, sorridergli appena e alzarsi dalla panca: i suoi occhi erano senza ombra di dubbio inchiodati a lui. E fu solo allora che si rese conto di aver sbagliato. Perché l’aveva vista, l’aveva guardata negli occhi, seppur per un istante, e questa era una verità inequivocabile. Miley non poteva non averlo notato.
A quel punto, si ritrovò a dover decidere nello scarto di qualche secondo cosa fare: dopo tutti i discorsi della sera prima, restare e incontrarla sembrava l’unica opzione possibile. Ma non per lui. Perché ad attrarlo con il suo comprensivo, suadente richiamo c’era sempre l’altra via, quella che aveva spesso deciso di intraprendere, quella che, nell’immediato, era perennemente in grado di proteggerlo: scappare.
Così, senza perdere altro tempo, tornò a fissare il pavimento e accelerò il passo, deciso ad allontanarsi il più in fretta possibile, mentre il sorriso di Miley andava pian piano spegnendosi, lasciando spazio ad una cupa perplessità. Ma lui non poteva vederlo.
Il danno era fatto, eppure lui non si sentiva ancora minimamente pronto ad affrontare quella situazione. Come sempre, necessitava di più tempo. Qualcosa, però, gli diceva che quello stupido errore avesse spento qualsiasi speranza di poterne ottenere dell’altro. E anche se il solo pensiero di Miley che non gli rivolgeva più la parola gli bloccò per un attimo il respiro, continuò a camminare, continuò a sbagliare, senza rendersi realmente conto di ciò che stava facendo.
Lo sguardo di Miley, comunque, non fu l’unico che seguì i suoi passi finché non fu sparito dietro il grande portone della Sala Grande. Scarlett, infatti, lo vide passarle accanto con quell’espressione corrucciata dipinta sul volto, per poi intercettare appena qualche secondo dopo sua sorella che, con le labbra socchiuse e gli occhi vacui, osservava qualcosa che non c’era, abbandonandosi nuovamente sulla panca con un movimento lento e meccanico. Non le ci volle molto per far quadrare tutto. Il volto di Miley parlava chiaramente: era Remus, in qualche modo, la ragione del suo evidente malessere degli ultimi tempi, e se prima aveva soltanto potuto ipotizzarlo, adesso ne aveva l’assoluta certezza.
Così, incapace di aspettare oltre, si alzò da tavola e lanciò uno sguardo distratto alle amiche che avevano interrotto la loro conversazione per guardarla.
« Ci vediamo più tardi. Devo… fare una cosa » disse loro, senza intrattenersi a dare spiegazioni, e andò via prima che potessero fiatare.
Con la mente che lavorava frenetica, giunse dalla sorella in men che non si dica. E quando fu da lei, Miley non aveva ancora mutato espressione.
« Possiamo parlare? » le chiese senza neppure annunciarsi, poggiandole una mano sulla spalla per stringergliela appena.
Inaspettatamente, lei deglutì e annuì subito con forza, scuotendo appena il capo per riprendersi. Poi la seguì fuori dalla sala. Aveva gli occhi lucidi.
Camminarono fino a quando non furono giunte ad un cantuccio del Salone d’Ingresso, e lì Scarlett tornò a guardare sua sorella, scoprendola fortemente provata. La scrutò con apprensione, aspettando qualche momento prima di cominciare a parlare.
« Ti va di spiegarmi? » le chiese, mentre lei teneva lo sguardo basso e si mordicchiava forsennatamente una guancia.
Rimase in silenzio, rendendosi conto di quanto fosse misera la forza e la voglia che aveva di parlare. Quando Scarlett era arrivata, aveva avvertito con straripante chiarezza il bisogno di sfogarsi, di cercare conforto, di riversare fuori tutto ciò che in quel periodo era stata costretta a tenere dentro, ma adesso sentiva di avere la bocca secca, la mente vuota e la necessità di piangere. Aveva subito un colpo durissimo e assolutamente inaspettato.
« Ascolta » le disse Scarlett dopo qualche momento di silenzio, comprendendo il suo stato d’animo. « Fino a questo momento ho dovuto per forza rispettare la tua richiesta. Mi hai detto di avere delle faccende da risolvere, cose con cui dovevi cavartela da sola, e io non ti ho costretta a confidarti. Ma dopo quello che ho visto non posso più fare finta di niente. Ho capito dove sta il problema, ma tu devi dirmi tutto, okay? Hai avuto a che fare da sola con questa storia per fin troppo tempo. Ora, però, hai bisogno di una mano, ne sono sicura. Quindi prova a spiegarmi cos’è successo. Pensi di farcela? »
Parlò con determinazione, cercando di infonderne un po’ anche in lei, e la fissò tutto il tempo. Vederla in quello stato la faceva incredibilmente infuriare.
Alla fine, però, la vide risollevare il capo e ricambiare il suo sguardo. Non riusciva a tenere ferme le mani, ma cercò di mantenere ferma almeno la voce.
« Stavo per finire di pranzare, poi sarei venuta subito da te » le disse, scoprendosi un po’ più roca del normale. « Volevo raccontarti quello che è successo ieri sera e chiederti qualche consiglio ». Si bloccò per scuotere convulsamente il capo, bagnandosi le labbra. « E’… è assurdo. Ti sei mai sentita felice e speranzosa fino a un preciso istante e poi, subito dopo… » Lasciò la frase in sospeso, cercando le parole giuste per esprimere le emozioni che provava in quel momento. Ma non ci riuscì.
Ancora una volta, però, il suo viso parlò al posto suo, perché si premette sugli occhi il dorso della mano per asciugare qualche lacrima ancor prima che venisse fuori, solcando la sua guancia. Scarlett le accarezzò il braccio, e la guardò per un po’, appoggiandosi alla parete con le braccia incrociate.
« E’ di questo che hai bisogno: un buon consiglio » le disse, incoraggiandola con un cenno del capo. « Quindi forza. Ti ascolto ».
Lei tirò su col naso e annuì debolmente, cercando di mettere in ordine i pensieri, cosa che, in un momento come quello, le costò parecchio sforzo. E così cominciò a raccontare. Della festa, dell’aula deserta, di qualche minuto prima. E Scarlett la ascoltò senza mai interromperla, contenendo al meglio le reazioni, perché temeva che, se fosse intervenuta, per qualche ragione Miley non sarebbe riuscita a continuare.
Parlò con voce a tratti tremula, a tratti più decisa, e spesso una rabbia che pareva fare a pugni con la sua disarmante e accasciata tristezza faceva capolino fra le sue parole. Un paio di volte dovette lasciar cadere le lacrime che stavano in bilico, a un passo dalle sue ciglia, aspettando la spinta che le avrebbe fatte capitombolare o ricacciate indietro, cosa che Miley non riusciva mai a fare. Parlava, e nel frattempo la sua mente aveva ricominciato a rimuginare incessantemente. Non voleva realizzare. Non voleva credere a ciò che era appena successo. Ma il suo cervello, con soffocante insistenza, la spingeva a vedere con lucidità quanto di definitivo c’era in quello sguardo di alcuni minuti prima. In lui… lui che andava via.
« Sei… davvero sicura che ti abbia vista? » domandò Scarlett titubante quando la sorella terminò il suo racconto.
Lei non ebbe bisogno di risponderle. Si limitò a guardarla, gli occhi ormai piuttosto arrossati, e tanto bastò a convincerla che fosse vero.
« C’è una ragione per cui le chiamano seconde possibilità » mormorò Miley, massaggiandosi piano la gola. « Io gliene ho concesse un milione, e non ho mai pensato che farlo fosse inutile. Non ho mai pensato che mi avrebbe deluso così tanto. Ho sempre cercato di capirlo, sempre, e credimi, ci sto provando anche adesso, perché lui è così buono… Ho sempre visto del buono, in lui. E adesso non… non so cosa pensare. Come sempre, è stato di nuovo lui l’artefice di tutto quanto. Chi lo ha costretto a parlarmi, ieri sera? Chi lo ha costretto a garantirmi che mi avrebbe detto la verità, una volta per tutte? Di certo non io. Io ho preso atto di quel che ha fatto, e me ne sono stata zitta senza mai rimproverargli nulla, anche quando forse avrei avuto qualcosa da ridire. Sono stanca di seguirlo come un’ombra. Anche se lui è… » Si bloccò per un attimo, per poi riprendere. « Beh, anche se lui ha dei motivi validi per comportarsi così, io credo… io credo che oggi abbia superato il limite. E lo ha fatto consapevolmente, infatti sono certa che sarà lui stesso a non rivolgermi mai più la parola ».
Pronunciando queste parole, gli occhi tornarono a bruciarle. Era una prospettiva agghiacciante, ma spaventosamente vera e vicina. Doveva cominciare ad abituarsi all’idea di non poter più ridere in sua compagnia, di non poterlo più abbracciare. Riflettendo per la prima volta su tutto questo, si stupì di come un pensiero negativo potesse suscitare dolori fisici. Era una suggestione? Si stava immaginando tutto? No, affatto. Sentiva il proprio stomaco profondamente agitato e i muscoli del petto che dolevano senza un apparente motivo. Non si sentiva per niente a posto.
« Hai… hai pensato che forse è andato via solo perché magari si sentiva imbarazzato per averti baciata e tutto il resto? » tentò di nuovo Scarlett, grattandosi una guancia. « Forse non si sentiva pronto a parlarti, in quel momento, ma non significa necessariamente che non voglia più farlo ».
La guardò, sperando di convincerla di quella possibilità, ma lei scosse il capo con sicurezza.
« Mi piacerebbe crederlo… ma non è così » rispose, sollevando le spalle. « Lo conosco, e conosco altrettanto bene questi suoi atteggiamenti. Stava scappando, Scar. Si sarà pentito di aver ricominciato a parlarmi, ma non sapeva come venirne fuori. Sai, dopo avermi praticamente promesso di spiegarmi ogni cosa… non è che sia semplice, rimangiarsi tutto. Ma c’è una cosa che proprio non capisco. Insomma, non capisco proprio perché non sia riuscita ad ottenere la sua fiducia. Lui… credo che sappia che genere di persona sono. Ma non si fida al punto tale da compiere quel passo avanti ». Parlò con amarezza, sinceramente dispiaciuta. « Se non fosse successo niente di quello che è successo ieri, adesso starei molto meglio, nonostante tutto ».
Lo disse con sincerità. Perché adesso che sapeva per certo di aver perduto tutto, rimpiangeva persino l’elettrizzante felicità che l’aveva accompagnata dalla notte precedente fino a poco prima. In effetti, era il pensiero che la turbava più di tutti.
Scarlett parve temporaneamente ammutolita, e serrò le labbra, sospirando appena. A dirla tutta, non sapeva proprio cosa dire. Non capiva il comportamento di Remus, malgrado conoscesse il suo segreto, e proprio per questo motivo trovare dei consigli per la sorella era sicuramente complicato, escludendo ovviamente le classiche frasi di circostanza che entrambe trovavano insopportabili e i banali suggerimenti quali non soffrirci troppo o toglitelo subito dalla testa da cui sarebbe accuratamente stata alla larga. In verità, quello che le ronzava per la mente in quel momento erano solo tante, confuse domande per trovare soluzione ad altrettanti fumosi dubbi. Perché Remus non aveva aspettato di sentirsi pienamente sicuro di volerle confidare tutto prima di prometterle di farlo? Consapevole della sua difficile posizione, in precedenza lo aveva sempre giustificato per i suoi tira e molla, e capiva persino come doveva essersi sentito la sera prima, quando l’aveva baciata e, probabilmente, non si era sentito pronto a rovinare quel momento con una rivelazione di quella portata. In quegli anni, poi, aveva imparato a conoscerlo, e tra quelli che poteva annoverare come suoi difetti di certo non avrebbe inserito la superficialità, la strafottenza o l’insensibilità; questo probabilmente l’aveva portata a comprenderlo con più facilità, cosa che non avrebbe di certo fatto con altre persone a parità di comportamento. Aveva cercato di immedesimarsi il più possibile in lui, nonostante potesse al contempo assistere al crescente dispiacere di Miley, ma che le voltasse le spalle dopo quanto aveva fatto… questo non poteva accettarlo. E guardare sua sorella che si sforzava di smettere di piangere di fronte a lei la fece sentire ancor meno incline all’indulgenza.
« Beh, tu hai già fatto abbastanza per lui » disse in tono spiccio, decisamente corrucciata. « Gli hai dimostrato in tutti i modi chi sei, e se ancora non si fida di te, di certo non devi fartene una colpa. E’ un problema soltanto suo, e lui stesso ti ha assicurato che tu non c’entri niente… Ha solo troppa paura di parlare chiaro, a quanto pare. Quindi lascia che le cose si risolvano da sole. E’ possibile che riesca a fare pace con se stesso e ti dica la verità, e a quel punto sarai tu a decidere se hai voglia di ascoltarlo o meno. Se non ha perso completamente la ragione, ti capirà in tutti i casi, perché sa benissimo di averti fatto aspettare fin troppo ». Fece una pausa, rimuginando sulla questione, la mascella serrata. « Però è meglio che tu ti metta in testa che è altrettanto possibile che non lo faccia » riprese poi, sincera al punto da pensare di essere stata troppo diretta, soprattutto in quel momento. Al tempo stesso, tuttavia, voleva che il suo messaggio arrivasse diretto e immediato alle orecchie di Miley, perché, sebbene fosse più doloroso, le sarebbe stato senz’altro più utile. « Creare ulteriori aspettative intorno a questa vicenda è l’ultima cosa di cui hai bisogno, e visto che l’esperienza ti ha insegnato che anche questa era una fuga… beh, inutile sperare in bene, per poi eventualmente rimanerne ancora più delusa. Come adesso ».
Le accarezzò i capelli per cercare di tranquillizzarla, ma lei aveva già assunto da un po’ un’espressione più dura e risoluta.
« Sì, lo so benissimo » rispose, incrociando le braccia al petto. « E se proprio vuoi saperlo, io sono sicura che non lo farà. Perché lui sa che questa volta non avrebbe dovuto scappare. Quindi, se ha deciso di farlo comunque… bene. Forse è meglio così. Io, perlomeno, posso ancora guardarlo in faccia senza dovermi vergognare di niente. Non so se valga lo stesso anche per lui » concluse, distogliendo lo sguardo dalla sorella.
Lei la scrutò a lungo, sorpresa dal tono tagliente con cui aveva pronunciato le ultime parole e che normalmente non le apparteneva per natura. La rabbia doveva essere ancora parecchio cocente.
« Beh… io torno al mio Dormitorio » mormorò Miley dopo un po’, scuotendo i capelli fra le dita con un rapido gesto, e Scarlett si affrettò ad annuire. « Grazie per avermi ascoltata, avevo… davvero bisogno di sfogarmi » aggiunse con un impercettibile sorriso.
Scarlett lo ricambiò con maggiore calore, un segno di incoraggiamento, e scosse vigorosamente il capo. Sua sorella ringraziava sempre troppo. Ma nessuno era mai riuscito a convincerla che farlo, a volte, non era affatto necessario. Lei, infatti, cocciuta com’era, l’aveva sempre pensata diversamente.
« Già, prego, non c’è di che » rispose Scarlett, simulando un tono formale per prenderla in giro, e il suo sorriso si fece più ampio e divertito.
La strinse in un rapido abbraccio, poi si allontanò con passo lesto, manifestando in quel modo l’esigenza di trovare un angolo per se stessa, da sola, in modo da poter dare libero sfogo alle contrastanti emozioni che si dibattevano dentro di lei.
Scarlett la osservò finché non fu sparita dalla sua visuale, il sorriso che pian piano si allontanava dal suo viso insieme a lei. Poi diede in un pesante sospiro, appoggiandosi alla parete e massaggiandosi distrattamente il braccio, pensierosa.
Provava sempre una strana sensazione, quando a volte le capitava di vedere sua sorella star male per qualcosa o qualcuno, indipendentemente da quanto fosse intensa e significativa quella sofferenza. Banalmente, si ritrovava a patire quel dolore insieme a lei, assorbendolo attraverso la naturale empatia che è tipica di questo particolare legame, ed immediatamente la sua mente si adoperava per scovare tutte le soluzioni possibili ed immaginabili al problema del momento. E che fossero praticabili o meno, poco importava. Ma questa, eccezioni a parte, è la normalità.
A tutto ciò, però, si aggiungeva qualcos’altro. A tutto ciò si aggiungeva un fortissimo, apparentemente inspiegabile, ma assolutamente cristallino senso di ingiustizia. Quando a Miley succedeva qualcosa di spiacevole e inevitabilmente si ritrovava costretta a pagarne le conseguenze, Scarlett avvertiva forte e chiara la rabbia che si prova quando si riceve qualcosa di immeritato, di immotivato, di profondamente scorretto, e le risultava inevitabile dimenticare che tutti, prima o poi, incassiamo qualche colpo basso che non ci siamo in alcun modo guadagnati. Non era rilevante la circostanza da cui scaturiva quel dispiacere, se ci fosse qualcuno che effettivamente avesse commesso un torto nei suoi riguardi o che si trattasse semplicemente di fatti che si verificano senza un vero perché e soprattutto senza un vero colpevole… le bastava sapere che sua sorella stava soffrendo per avere l’assoluta certezza che non lo meritava, per il semplice fatto che una persona come lei non meritava di soffrire. Mai. Per questo cercava di proteggerla da qualsiasi urto potesse subire, omettendo di dirle qualcosa che avrebbe potuto dispiacerla e di cui era casualmente venuta a conoscenza prima di lei, evitando che potesse venire a saperlo successivamente, mettendola tempestivamente in guardia dai possibili inciampi, sfruttando al massimo l’influenza positiva che sapeva di avere su di lei, e non perché credeva che fosse troppo fragile per affrontare determinati ostacoli (anzi, era fermamente convinta del fatto che sua sorella fosse molto più forte di lei, sotto parecchi aspetti), ma perché sentiva che non toccava a lei riceverli… che era giusto escluderla da quell’ingiusta prassi della vita.
Anche in quel momento avvertì con chiarezza quella sensazione, il che la spinse a domandarsi se, in questa specifica occasione, non avesse fatto abbastanza per evitarle questo dolore. In effetti, aveva acconsentito a farle affrontare quella situazione da sola, come da lei richiesto, facendo affidamento sulle buone intenzioni di entrambi e sull’esito positivo che di certo avrebbe avuto quella faccenda, e probabilmente si era cullata in questa bolla di ottimismo al punto da sottovalutare tutti gli elementi negativi latenti. Evidentemente, aveva dimenticato che lei e l’ottimismo avevano fatto a botte molto tempo prima, e che da allora non avrebbe dovuto in alcun modo fidarsi di questo fallace distributore di promesse mai mantenute.
Ma quello non era il momento adatto per i rimpianti, ma solo e soltanto per i rimedi. Sapeva bene di non poter aiutare più di tanto sua sorella ad affrontare le sue emozioni, perché, volente o nolente, doveva farci i conti da sola e sulla sua pelle. Ma quello che poteva fare era incidere sulla situazione che stava alla base di quel malessere.
Pensò a Remus; a quando, mesi prima, le aveva fatto promettere di non parlare a Miley del suo segreto perché non sentiva ancora di conoscerla così bene da potersi fidare di lei; ai mesi che passavano, a Miley che diventava di giorno in giorno più raggiante per la crescita di quel rapporto, e a lui che ne seguiva le orme, fino alla loro uscita a Hogsmeade, inaspettata quanto spontanea e desiderata da entrambi; all’assurdo e brusco modo con cui aveva interrotto i rapporti con lei dopo quell’uscita, e agli innumerevoli cambi di fronte che si erano susseguiti da allora dinnanzi al silenzio attonito di Miley; ai loro volti felici durante la festa della sera prima, rasserenati dalla sicurezza di aver finalmente intrapreso una strada precisa per quel complicato legame; ai baci che si erano scambiati, e all’emozione con cui sua sorella li aveva raccontati poco prima…
Improvvisamente, Scarlett seppe cosa fare.
Si allontanò dalla parete e, con un rapido sguardo alla Sala Grande, vide che i tre Malandrini erano ancora seduti a pranzare alla tavola di Grifondoro, scoprendo così che non sapevano dove si trovasse Remus, esattamente come lei. Decise allora di iniziare a cercarlo nel Dormitorio dei ragazzi, in cui, a meno di altri intrusi e con un po’ di fortuna, avrebbe potuto facilmente trovarlo da solo. Si incamminò verso le scale, percorrendo i sette piani con discreta velocità, e si ritrovò di fronte alla Signora Grassa per mormorarle distrattamente la parola d’ordine prima di inoltrarsi nella Sala Comune e completare il percorso con gli ultimi gradini della scala a chiocciola, il fiato un po’ corto. Una volta giunta alla porta del Dormitorio, picchiettò le nocche contro il legno scuro un paio di volte, poi entrò nella stanza senza attendere una risposta.
Com’era prevedibile, la sua ricerca era stata più breve di quanto avesse osato sperare: Remus era proprio lì, steso sul letto, e mentre si rimetteva frettolosamente diritto, la guardò con aria sorpresa, le sopracciglia aggrottate.
« Ciao » disse, un po’ titubante, e stranamente notò che il suo volto inequivocabilmente teso non mutò aspetto al suo saluto.
« Ciao » rispose lei, e nel farlo si guardò rapidamente intorno, scoprendo con soddisfazione che erano soli.
Lui la fissò, studiandola con cura, poi decise che accelerare il corso della conversazione gli avrebbe permesso di rimanere nuovamente da solo più in fretta.
« Se… stai cercando James o Sirius, dovrebbero essere in Sala Grande » la informò in tono neutro, grattandosi distrattamente il capo.
Lei, inaspettatamente, scosse la testa e si voltò un momento per richiudersi la porta alle spalle, cosa che rese Remus piuttosto sospettoso.
« No, non stavo cercando loro » rispose, tornando a fissarlo. « E’ con te che voglio parlare ».
Si scrutarono per qualche secondo, cercando di intuire l’uno le intenzioni dell’altra, finché Remus non distolse lo sguardo, sospirando pesantemente. Aveva capito tutto. Non che scovare la ragione di quella visita fosse difficile… il collegamento a Miley era più che elementare, ma ciò non bastò ad evitargli lo stupore che si era fatto largo dentro di lui. Aveva sempre saputo (e lo trovava anche del tutto naturale) che Scarlett sarebbe stata spettatrice di questo ultimo atto della vicenda tra lui e Miley, solo non si sarebbe mai aspettato che decidesse di entrare in scena lei stessa, e men che mai che lo facesse in maniera tanto celere. Fortunatamente, riservò a quel senso di istantaneo smarrimento uno spazio limitato, spinto dall’insofferenza che lo agitava e che, in quel momento, era in assoluto la sensazione preponderante fra quelle che era in grado di avvertire.
« Ascolta… » esordì lui con voce aspra, esprimendo così il fastidio con cui stava affrontando quella discussione. « So già cosa sei venuta a dirmi, okay? Ho avuto modo di sentire discorsi uguali al tuo già da altre persone, e non… »
« Ti assicuro che non ascolterai niente che tu abbia già sentito » lo interruppe lei, e Remus potè chiaramente avvertire che anche il suo tono era parecchio risentito. « Non so cosa ti abbiano detto o consigliato i tuoi amici, ma posso immaginarlo, e non ho la minima intenzione di riciclare le loro parole ».
Una nuova ondata di sorpresa si fece strada nel suo sguardo, ma si affrettò a celarla dietro un’apparente ed educata curiosità.
Dal piglio che aveva mostrato sin da subito, era palese che Scarlett non avrebbe desistito dall’intento di avere un confronto con lui. La conosceva, e sapeva che anche solo tentare di eludere il suo tentativo sarebbe stato completamente inutile, oltre che sciocco. Rassegnatosi a quella che - ne era certo - sarebbe stata l’ennesima ramanzina della sua giornata accompagnata dall’immancabile sprone a fare la cosa giusta e a comportarsi da bravo ragazzo qual era, si limitò a sedersi più diritto e ad osservarla, comunicandole silenziosamente di essere disposto ad ascoltarla.
Di rimando, lei si avvicinò di qualche passo, ma rimase in piedi, incrociando le braccia al petto.
« Devo chiederti un favore » fece a quel punto, spingendolo a mostrarsi sempre più interessato. « Devo chiederti di lasciar perdere Miley ».
Se dopo i suoi due precedenti interventi Remus era stato in grado di contenere lo stupore che inevitabilmente lo aveva colpito, continuare a farlo dopo aver ascoltato le ultime parole di Scarlett gli riuscì impossibile. Non aveva dato minimamente credito alla sua promessa di partorire un discorso originale da fargli ascoltare senza annoiarlo, per cui la sua richiesta suonò alle sue orecchie doppiamente inattesa.
E così Scarlett aveva ottenuto quello che voleva. Remus era capace di mostrarsi sapientemente elusivo, quando non aveva intenzione di affrontare determinati argomenti, e sua sorella ne aveva fatto le spese diverse volte, perciò mostrare immediatamente il pugno di ferro era indispensabile per guadagnarsi la sua completa attenzione, e non aveva in alcun modo trovato difficoltà nell’adottarlo, viste le ragioni che l’avevano spinta ad agire. Inoltre, non esistevano modi particolarmente morbidi per esprimere ciò che aveva da dire. Ricapitolando in maniera lucida tutti i passaggi di quella vicenda, infatti, era giunta ad una semplice ma indiscutibile conclusione: se Remus non era riuscito ad essere sincero con Miley dopo tutto quel tempo, dopo tutte le dimostrazioni di fiducia che lei gli aveva concesso, persino dopo un bacio, che avrebbe dovuto suggellare il rapporto che erano stati capaci di creare… beh, molto probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Lui la fissò, aggrottando senza nemmeno accorgersene le sopracciglia, e non trovò nessuna affermazione con cui controbattere. Quel perentorio e inequivocabile invito lo aveva disarmato. Così Scarlett decise di proseguire, approfittando del vantaggio ottenuto.
« E’ inutile che ti dica che so già tutto quello che è successo fra te e lei » disse, senza smettere di osservare ogni suo movimento. « Io e Miley abbiamo appena parlato e… mi ha anche raccontato gli ultimi risvolti della vicenda, ecco » proseguì, notando che il suo tono di rimprovero stava facendo il suo effetto. Remus si sentiva incastrato, e non poteva nemmeno liquidarla con la scusa che fossero soltanto fatti suoi, perché, nonostante fosse figlio unico, immaginava che si sarebbe comportato esattamente come lei, a parti invertite. « Normalmente, non mi sarei intromessa in questa storia… voglio dire, è una cosa che riguarda soltanto voi due » riprese a dire, come se gli avesse letto nel pensiero, « ma capisci bene che non faccio i salti di gioia quando vedo mia sorella nello stato in cui l’ho vista prima. Lei non sa che sono venuta a parlarti, non me l’avrebbe mai permesso, ma dovevo farlo comunque ».
Remus cercò di ridarsi un contegno, ricomponendosi in un’espressione più dura e seccata, come se volesse farle capire di aver toccato un nervo scoperto che non era suo compito sfiorare. Per quanto di fatto sottoscrivesse in pieno tutto ciò che Scarlett aveva detto, non poteva subire totalmente quella conversazione, perché c’era la sua parte di verità che aveva comunque un peso, e doveva farlo valere.
« Beh, se lei non te lo avrebbe permesso, forse allora non avresti dovuto disobbedirle » rispose, più severo di quanto avrebbe voluto realmente essere. « Insomma, siamo tutti abbastanza grandi da essere in grado di affrontare i nostri problemi da soli, credo ».
Scarlett diede in un mezzo sorriso, sinceramente sorpresa dalla spavalderia di Remus, anche se continuava a pensare che fosse soltanto apparenza. Era chiaro che si era messo sulla difensiva di fronte alle sue accuse e che stava cercando di mostrarsi più sfrontato di quanto in realtà non si sentisse. Ma Scarlett non desiderava una sua esplicita ammissione di colpa, per cui glielo concesse.
« Sì, in teoria lo siamo » ribattè prontamente, sollevando appena le spalle. « Ma il tuo comportamento dimostra il contrario. E non provare a dirmi che mi sto sbagliando, perché ho troppa stima di te per credere che lo pensi sinceramente ».
Remus fece per replicare, ma ancora una volta non trovò le parole giuste per farlo, così si costrinse a serrare nuovamente le labbra.
Era stata una strana affermazione, l’ultima che aveva pronunciato. Un’affermazione poco consona ad una persona che si presume essere arrabbiata, infastidita e delusa da colui che si ritrova di fronte, forse perché nemmeno lui, in quel momento, riusciva a provare stima per se stesso. Pensare che Scarlett, nonostante tutto, fosse ancora capace di nutrire quel sentimento nei suoi riguardi lo ammorbidì tanto quanto bastava per permettergli di ascoltarla con maggiore partecipazione.
« Sai, da quando hai tagliato i ponti con Miley, dopo Hogsmeade, lei… non ci ha letteralmente capito più nulla » proseguì Scarlett, e anche il suo tono sembrava più pacato, meno accusatorio. « Ha iniziato a farsi tante domande, e a farle anche a me, ovviamente. Ma io non sapevo mai cosa dirle, perché immaginavo quale fosse il problema che ti frenava, e sapevo bene di non avere a che fare con una sciocchezza da niente che avrei potuto facilmente rivelarle. Ho sempre rispettato il tuo volere, lo sai, sin da quando mi hai chiesto espressamente di non dirle niente, perché era più che giusto che fossi tu a decidere se e quando parlargliene… non era mio compito farlo, anche se mi è costato molto rimanere in silenzio, non lo nego ».
Remus diede in un flebile sospiro, abbassando lo sguardo. In effetti, non aveva mai dubitato del riserbo della ragazza in merito al suo segreto, poiché aveva deciso di rivelarlo a lei e agli altri proprio in virtù della massima fiducia che riponeva in loro.
Con Miley, però, era stato tutto diverso. Era accaduto tutto così straordinariamente in fretta, fra di loro… Non avrebbe saputo spiegare come aveva fatto a diventare, da semplice conoscente, la persona per cui provava sentimenti fino ad allora inesplorati ma innegabilmente travolgenti. Le uniche costanti che li avevano traghettati da una sponda all’altra erano stati il brulicare costante di colorati fumi di intrugli e un continuo intrecciarsi di risate vibranti e sincere. Ma in entrambi i momenti, per ragioni diametralmente opposte, aveva creduto che raccontare a Miley della sua condizione fosse pericoloso. Troppo pericoloso. Inizialmente non era riuscito a considerarla una confidente in cui riporre la propria completa, preziosa fiducia; successivamente, invece, aveva semplicemente temuto di perdere l’inestimabile affetto di quella ragazza che lo aveva sempre visto come tutto ciò che avrebbe tanto voluto essere e non come, pur disprezzandosi, si sentiva ed era davvero. Adesso, però, proprio a causa di quella sua paura, la stava guardando sfilare silenziosamente di fronte ai suoi occhi, allontanarsi. E non smetteva un attimo di chiedersi quale fosse stato il momento più opportuno per fare la cosa giusta, fra tutti quelli che avevano vissuto. Fra tutti quelli che, se solo si fosse dimostrato un po’ più forte, avrebbe anche potuto inventarsi, pur di trattenere lei, ma che si era limitato a sfogliare con remissiva svogliatezza, come le pagine di un libro di cui si conosce già il finale. Perché, dopotutto, era successo esattamente questo: si era lasciato guidare senza opporre resistenza dal lento scorrere di eventi ed occasioni, giungendo infine all’inevitabile conclusione. Un epilogo che lui stesso aveva scritto, e che adesso tentava affannosamente di reinventare, senza mai trovare un’alternativa che lo convincesse appieno. Ma, ad ogni modo, era già troppo tardi. Miley aveva trafitto la loro ultima pagina con un punto fermo, e lui, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che guidare inconsciamente la sua mano.
« Poi, quando vi siete in qualche modo riavvicinati… beh, anche in quel momento ti ho capito, e credo di aver capito persino il modo contorto in cui hai compiuto quel passo » proseguì Scarlett, continuando a sorprendere Remus con il suo discorso. Molte cose gli erano state dette, al riguardo, ma mai che le sue azioni fossero state pienamente comprensibili. « Insomma, era palese che l’istinto ti spingesse verso di lei, mentre la testa ti costringeva a fare marcia indietro… Succede a tutti, in effetti ». Per la prima volta, fu Scarlett ad abbassare lo sguardo, scostandosi un ciuffo di capelli con un gesto nervoso. In quel preciso momento si sentì la persona meno adatta per affrontare quella discussione, visti i precedenti poco limpidi che la riguardavano. Ma si disse che le situazioni erano completamente diverse e che, ad ogni modo, quello non era il momento per pensarci, così si riprese rapidamente e puntò ancora una volta gli occhi su Remus, ritrovando la propria disinvoltura. « In realtà, ero convintissima che non avresti… opposto resistenza ancora a lungo » continuò a dire, e a quelle parole accennò il suo primo, breve sorriso sincero di fronte a lui. « Credevo fermamente che avresti superato le tue riserve, perché, anche se forse non te ne sei nemmeno reso conto, hai messo più volte alla prova la lealtà e l’affetto di Miley nei tuoi confronti, quindi non avevi davvero più motivo di nasconderti, e lo avevi capito anche tu. O almeno, così sembrava ».
La punta di amarezza che trapelava dall’ultima frase di quell’impietoso riassunto lo spogliò di qualsiasi vana, flebile intenzione di difendersi, o quanto meno di giustificarsi come meglio poteva. Così seppe con disarmante certezza che avrebbe accettato quanto ancora aveva da dirgli senza battere ciglio, poiché, paradossalmente, sentiva quasi di aver trovato un’alleata in quella battaglia che si ostinava a combattere contro se stesso, e ascoltare quelle parole rendeva di fatto ufficiale la legittimità del suo intento.
« Pensi che non tenga a lei, non è vero? » domandò, la voce roca per il mancato esercizio.
« Penso che tu non ci tenga abbastanza » rispose lei senza tante cerimonie, inclinando il capo per scrutarlo con più attenzione. « Penso che hai sempre potuto fare le tue scelte liberamente, che nessuno ti ha costretto a fare promesse che non saresti stato in grado di mantenere, e penso anche che tu abbia dato per scontato il fatto che Miley ti avrebbe aspettato sempre e comunque ». Fece una pausa, il volto privo di qualsiasi espressione. « Sai, non ti avrei biasimato se avessi categoricamente deciso di non dirle niente, malgrado non ci fosse neanche un motivo che fosse uno per farlo » continuò a dire, stringendosi nelle spalle. « Purtroppo ti ritrovi risucchiato in una situazione crudele, che ti porta a fare scelte altrettanto crudeli, e non posso nemmeno dire di capirti perché… non sono in grado di immaginare come devi sentirti. Ma non posso permetterti di pensare che questa sia una giustificazione sufficiente per tutti i tuoi comportamenti. Anche se probabilmente ti risulta difficile da credere, le altre persone stanno male esattamente come te. Per ragioni diverse, certo, ma questo non rende i loro problemi meno rilevanti o i loro dispiaceri meno intensi, e se tu puoi fare qualcosa per evitare tutto questo, allora devi farlo. E quello che devi fare adesso è mettere un punto che sia definitivo a questa storia, visto che hai capito di non avere la forza di affrontarla, senza dare false speranze e senza più ripensamenti. Lei non ne sopporterebbe più nemmeno uno, adesso ».
Si scrutarono, lei in attesa di una rassicurazione, di una sorta di garanzia su quella decisione che, nonostante non gli appartenesse, avrebbe comunque dovuto abbracciare, lui in silenzio, incapace di fornirgliela ma consapevole, tutto sommato, dell’esiguità della sua richiesta.
Lasciarla andare era davvero il minimo che potesse fare, e probabilmente era la soluzione migliore per entrambi. Di sicuro, Miley non ne avrebbe tratto vantaggio nell’immediato, come è naturale dopo qualsiasi dolore subito, ma un distacco così drastico avrebbe forse potuto farle superare più in fretta quel periodo di abbattimento, e più in là sarebbe riuscita a godere dei benefici della sua difficile scelta. Se fosse riuscito a provocare la sua rabbia, facendo sì che sovrastasse tutto ciò che di bello le restava ancora di lui, le avrebbe consentito di bruciare senza incertezze tutti i ricordi legati a lui, così che la delusione dilagante si sarebbe tramutata ben presto in totale indifferenza.
Ma lui? Cosa avrebbe comportato per lui quella decisione? Scarlett non aveva neanche lontanamente sfiorato quell’interrogativo. E quando Remus si soffermò a riflettere su questo, rilevò un dettaglio che fino ad allora gli era sfuggito: Scarlett era l’unica persona con cui aveva affrontato quell’argomento che non sentiva dalla sua parte.
Lily e i Malandrini, i soli con cui si era confidato fino ad allora, infatti, avevano sempre posto la questione mettendo lui come caposaldo, incentrando i propri pareri e i propri consigli sempre e solo su quello che era più utile per lui e cercando di spingerlo verso la soluzione che più avrebbe giovato a lui. Nonostante fosse l’opinione di Scarlett quella con cui si era trovato in assoluto più d’accordo a scapito di quelle di tutti gli altri, aveva sempre avvertito la vicinanza dei suoi amici, la voglia che avevano di fare solo ed esclusivamente il suo bene e il supporto che gli avrebbero comunque garantito, anche se avesse preso una strada totalmente distante da quella che avrebbero desiderato per lui. Scarlett, invece, non aveva minimamente contemplato né lui né il suo stato d’animo nella fredda richiesta che gli aveva rivolto. In quel momento, non era suo interesse difendere la sua posizione o prospettargli una soluzione comoda e favorevole con cui porre fine ai suoi problemi; il suo unico intento era quello di proteggere la sola persona che in quella situazione meritava di essere tutelata, oltre che quella che le stava sicuramente più a cuore. Tutto il suo discorso era stato lucido, onesto e paradossalmente imparziale, e Remus si rese conto di averlo apprezzato totalmente proprio perché non gli concedeva alibi, non gli offriva giustificazioni e non gli faceva sconti, soprattutto quando gli imponeva di togliere il disturbo senza preoccuparsi in alcun modo di quanto gli sarebbe costato farlo.
Per la prima volta, sentì che qualcuno giudicava gli errori che aveva commesso prendendo in esame ogni singolo elemento del caso e, al contrario di tutti, lo condannava… e fu sicuro di non poter assistere ad un processo più giusto di quello.
Mentre ancora si guardavano, aspettando l’uno le mosse dell’altra, la porta del Dormitorio venne aperta, ed entrambi seppero che, qualsiasi domanda o risposta fossero ancora in attesa di darsi, sarebbe rimasta sulla punta della loro lingua, e che la discussione era definitivamente chiusa.
« Oh… sei qui » esordì Sirius quando ancora si trovava sulla soglia, rivolto a Remus.
Scoccò una rapida occhiata a Scarlett, che si era voltata per scoprire chi era appena entrato, ricambiandola per un breve istante, poi tornò a fissare l’amico, cercando di capire cosa stava succedendo e se avesse interrotto qualcosa o meno.
« Ti cercava la Vance » disse poi, avanzando di qualche passo. « Dice che ha urgentemente bisogno del libro di Aritmanzia che ti ha prestato. O era quello di Antiche Rune? Mmm… uno dei due, fai tu ».
Remus, ascoltandolo, non perse tempo e ne approfittò per alzarsi di scatto dal proprio letto. Afferrò il libro che si trovava sul suo comodino e, senza rivolgere uno sguardo né tantomeno una parola ai due, si diresse dritto verso la porta del Dormitorio, chiudendosela rumorosamente alle spalle.
Scarlett e Sirius, che avevano seguito con lo sguardo il susseguirsi dei suoi fulminei movimenti, tornarono a fissarsi, vagamente perplessi.
« Gli hai rifilato una bella lavata di capo anche tu, eh? » le domandò lui, facendo un cenno verso la porta dietro cui Remus era sparito un attimo prima.
Lei gli rivolse un’occhiata eloquente prima di abbassare lo sguardo e incrociare le braccia al petto.
« Qualcosa del genere, sì » rispose poi, evasiva.
In verità, ciò che Sirius pensava si fossero detti durante quel confronto era molto distante da quello che effettivamente era accaduto fra loro, ma non si prese la briga di precisarlo. Lui, quindi, si limitò ad annuire col capo, scrutandola per qualche istante, poi si diresse verso il suo letto e si fermò a rovistare all’interno del proprio baule, in cerca di qualcosa che probabilmente costituiva anche il vero motivo per cui era salito in Dormitorio.
Scarlett, che era rimasta immobile nel punto esatto in cui si trovava ormai da parecchi minuti, azzardò un’occhiata nella sua direzione, ma subito dopo si affrettò a riabbassare lo sguardo, fortemente combattuta e non poco imbarazzata.
Nel preciso istante in cui erano rimasti da soli, aveva capito che quello era il momento giusto per parlargli. Forse, però, era arrivato un po’ troppo presto, e lei non sapeva bene da dove cominciare. Ironia della sorte, in una manciata di secondi era passata dal vestire i panni della strenua e inflessibile paladina della giustizia a indossare quelli dell’indifesa e vulnerabile vittima dei suoi stessi errori, il che non rendeva di certo più semplice il suo compito. La sua mente, durante quella giornata, si era focalizzata su determinati obiettivi, dimentica delle altre faccende lasciate in sospeso che avrebbe dovuto comunque affrontare a breve, per cui quel repentino cambio di prospettive l’aveva decisamente colta impreparata.
Ma pensandoci bene, quando si sarebbe realmente all’altezza di fronteggiare quella situazione? Rispondendo a quella domanda con assoluta sincerità, si disse che probabilmente non si sarebbe mai sentita abbastanza pronta per affrontare quel confronto, quel nuovo distacco, neanche se le avessero concesso tutto il tempo del mondo, e cercò di scovare una parola, qualche banalissima cosa da dire per sciogliere la tensione tanto quanto bastava a permetterle di andare avanti e di arrivare al punto il più in fretta possibile. Prima avrebbe chiarito quella faccenda con Sirius, e meglio si sarebbe sentita. O perlomeno, questo fu ciò che raccontò a se stessa per incoraggiarsi, perché in verità provava ancora una paura matta al pensiero che a lui potessero non andare affatto giù le sue decisioni e le motivazioni che l’avevano spinta a compierle. Sperava solo di non scatenare una nuova lite furiosa, perché se fosse ricapitato, sapeva per certo che non sarebbero più riusciti a salvare nulla del loro rapporto. E lei, in fondo, credeva ancora che un giorno i loro sentimenti sarebbero potuti venir fuori alla luce del sole senza più temere alcun attacco. Ma chissà se ci credeva anche lui.
Rimase per un minuto buono piantata lì a fissare un punto imprecisato della stanza, in attesa di chissà quale segnale che potesse spingerla a parlare, e quando Sirius si tirò su, dopo aver finalmente trovato quel che cercava, si accorse che era ancora ferma laddove l’aveva lasciata, le braccia strette intorno alla vita e lo sguardo perso ma evidentemente contrariato. Guardandola, un angolo della sua bocca si sollevò in un mezzo sorriso che, in verità, poco aveva di gioioso in sé e per sé, ma che non fu in grado di trattenere. Dopodiché si avvicinò, mentre Scarlett si ostinava a tenere gli occhi puntati sul pavimento, e non appena le fu ad un passo, le premette due dita sotto il mento per costringerla a ricambiare il suo sguardo.
« Mmm, vediamo un po’ » esordì, studiandola con aria pensierosa. « Bocca stretta, sguardo sfuggente, silenzio di tomba… sai, la Amalthea non fa che ripetermi che darmi anche solo una T nella sua materia sarebbe un insulto alla sacra arte della Divinazione, ma… prevedo che non ci sia nulla di buono in arrivo. O sbaglio? »
A Scarlett venne quasi da sorridere, ma non lo fece. L’aveva incuriosita il fatto che Sirius avesse intuito qualcosa di ciò che si apprestava a dirgli, e ancor di più l’aveva colta di sorpresa il suo fare così rilassato, che stonava con quello di cui doveva parlargli. Considerando tutti questi elementi, però, ebbe la certezza che no, la lite furiosa che aveva temuto potesse ripetersi non si sarebbe verificata, quella volta.
« Almeno oggi cercherò di contenermi con le reazioni isteriche, se è questo che stai pensando » rispose, continuando a guardarlo.
Lui puntò per un attimo lo sguardo al soffitto e annuì appena, accennando un breve sorriso molto simile al precedente.
« E’ già un bel passo avanti » commentò, sinceramente soddisfatto, e lei assunse un’espressione un po’ colpevole, un po’ divertita. « E questo mi spinge a farne uno verso di te. Non so, potrei… evitarti il disturbo di dire qualcosa di spiacevole, ad esempio. Magari venirti incontro prima che tu te ne esca con frasi del tipo ieri sera è stato un errore o… »
« Sai bene che non lo direi mai » lo interruppe lei, rivolgendogli uno sguardo serio, e lui inclinò il capo, scrutandola intensamente.
« Pensavo fossimo d’accordo sul fatto che non rendi granché sotto pressione » replicò in tono eloquente, e la vide aprire bocca per poi richiuderla un attimo dopo e cominciare a mordicchiarsi il labbro inferiore, insofferente.
In effetti, aveva detto cose ben peggiori di quella, pur non pensandole davvero, quando avevano litigato tempo addietro. L’agitazione, la rabbia o la paura erano spesso in grado di renderla incoerente, impulsiva, con una facilità che la spaventava, ma che aveva imparato almeno un po’ a controllare. Avrebbe considerato insegnanti i suoi errori, d’allora in poi, com’è sempre saggio fare quando non si ha intenzione di commetterli di nuovo.
« Sai, Scarlett, ti ascolto molto più di quanto tu possa immaginare » proseguì Sirius dopo qualche momento di silenzio, bagnandosi rapidamente le labbra. « E ti ho ascoltata ancor più attentamente quando sei tornata a parlarmi dopo quel mese di… nulla assoluto. Sapevo che molte delle mie decisioni sarebbero dipese da ciò che mi avresti detto, da come ti avrei trovata a distanza di tempo. Infatti è successo proprio questo, perché, nonostante mi abbia fatto tremendamente incazzare che in tutto quel periodo tu abbia rimuginato tanto su quanto in fondo era comprensibile il comportamento stupido di Mary… beh, soprattutto grazie a questo ho capito che sei stata completamente sincera con me, e che era vera ogni singola parola che mi hai detto quella sera ». A quelle parole, Scarlett tornò ad incrociare il suo sguardo, e Sirius la ricambiò in silenzio per qualche istante prima di proseguire. « Insomma, mi hai parlato di lei ancor prima che discutessimo di noi, anche se sapevi che era l’ultima cosa che avrei voluto sentirmi dire. Non era esattamente la mossa più sicura da compiere, lo riconosco, ma era quella che ci serviva per mettere finalmente in chiaro le cose ». Per la prima volta, distolse lo sguardo da lei, sollevandolo e scuotendo appena il capo, come se si stesse impegnando a ricordare qualcosa. « Non avresti mai fatto nulla alle sue spalle, e non lo faresti neanche adesso… Era più o meno così, no? » disse poi, dopo aver riportato alla memoria le parole che lei gli aveva rivolto durante il loro confronto. « Mi sbaglierò, ma credo che dare seguito a quel bacio significherebbe esattamente questo, per te » concluse, tornando a serrare le labbra.
Scarlett lo osservò, lo sguardo colmo di amarezza e velato di una vaga sorpresa.
Sirius le aveva appena rivelato retroscena di quel periodo di distacco che lei, fino ad allora, aveva soltanto potuto ipotizzare. Difatti, aveva immaginato che il suo nuovo modo di approcciarsi a lui, la sicurezza che era riuscita a recuperare dopo aver finalmente debellato molte delle sue debolezze e la sincerità con cui aveva affrontato quella contorta situazione erano stati tutti elementi che avevano contribuito a far rinascere il loro rapporto, ma non era stata capace di comprendere fino in fondo quanto davvero fossero stati importanti per lui, quanto pesantemente avessero inciso sul suo desiderio di riappropriarsi di quel legame a scapito della tentazione di sbatterle definitivamente la porta in faccia. In quel momento le fu tutto molto più chiaro, perché lui in primis lo era stato, nel modo più genuino che potesse esistere, e questo le permise di trovare la forza per fare la stessa cosa senza aver paura delle conseguenze.
Era giunto il momento di essere onesti, ed entrambi si sentivano finalmente pronti a compiere quel passo.
« Sì… è così » rispose infatti Scarlett con un sospiro, e lo vide scrutarla per qualche attimo prima di abbassare lo sguardo, fare un passo indietro e allontanarsi verso il letto più distante, appoggiandosi al comodino. « Mi sento sporca, Sirius » proseguì poi con maggiore enfasi, compiendo a sua volta un passo avanti, e lui tornò a guardarla, le mani in tasca. « Sporca e colpevole. E anche se razionalmente continuo a ripetermi che sbaglio a sentirmi così, non posso comunque farci niente… è più forte di me, e non riesco ad evitarlo. E sai che c’è? C’è che sono stanca di pensare a questa storia come a qualcosa di sbagliato quando adesso ho la piena consapevolezza che è la cosa migliore per me. Non è giusto che la viva male, per nessuno dei due, e non ho intenzione di farlo… non più ».
« Non devi » fu la pronta replica di lui. « Non dobbiamo ».
Si scambiarono un lungo sguardo, intenso e risoluto, ed entrambi poterono specchiarsi l’uno nel volto dell’altra, ritrovandovi le medesime, contrastanti emozioni: l’amarezza per quell’ennesima, forzata battuta d’arresto, il compresso desiderio di imboccare la strada opposta, il risentimento verso quegli ostacoli che non si erano in alcun modo andati a cercare, la rabbia per non averli potuti evitare. Si sentivano quasi due fuggiaschi, costretti a nascondersi, a occultare ciò che provavano, e questi sforzi, questo continuo privarsi l’uno dell’altra… tutto ciò per compiacere qualcuno che chissà se lo meritava. Tutto ciò per rimediare a un danno che non erano stati loro a provocare. E adesso sì, adesso che erano finalmente riusciti a venir fuori da tutte quelle difficili dinamiche di cui erano stati i soli responsabili, in effetti si sentivano un po’ vittime di tutto quell’affollarsi di situazioni avverse. Erano vittime, malgrado avessero ancora la forza di prendere e rispettare decisioni. Erano un po’ come quelli che si ritrovano costretti a raccogliere la robaccia che altri hanno lasciato in giro. Quelli che piangono sudore per rimettere in sesto ciò che non hanno rotto, ma al contrario, sempre custodito.
Quel compito ingrato non faceva altro che esasperarli, ma se Sirius, da parte sua, avrebbe placidamente deciso di ignorarlo senza alcun rimpianto, Scarlett non era in grado di fare la stessa cosa, senza lasciare scelta a nessuno dei due. Senza lasciare scelta a lui, che in assoluto non tollerava l’idea di delegare ad altri l’imprescindibile libertà di essere pieni padroni delle proprie decisioni.
« E a te sta bene? » si convinse a domandargli dopo un po’, sapendo perfettamente che il vero punto della questione stava in quel preciso interrogativo.
Lui la fissò per un attimo, il volto imprescrutabile, poi si lasciò andare ad una risata amara ed incredula prima di risponderle.
« Tu che ne dici? » fece in tono vibrante, allargando le braccia per poi farle ricadere pesantemente lungo i fianchi, così da sottolineare ai suoi occhi l’assurdità della domanda che gli aveva appena posto. « Secondo te mi sta bene che sia tu quella che si sente in colpa in questa situazione, quando chi dovrebbe realmente farlo con tutta probabilità vive felice e contento continuando beatamente a farsi i fatti propri? Secondo te mi sta bene che, dopo esserci massacrati, aver rotto ed esserci ignorati per un mese e mezzo, finalmente capiamo di aver sbagliato tutto, ci baciamo e la prima cosa che ti vedo stampata in faccia è porco Salazar, che diavolo ho fatto? piuttosto che dannazione, quanto mi era mancato? » Si allontanò dal comodino, facendosi nuovamente più vicino a lei. « E’ chiaro che non mi sta bene, e potrei stare ore ad elencarti tutti i motivi per cui non dovrebbe stare bene neanche a te, ti assicuro che avrei degli argomenti molto convincenti » proseguì, mentre Scarlett non gli toglieva gli occhi di dosso. « Ma guardiamo in faccia la realtà. Io non potrò mai costringerti a smettere di pensare ai tuoi dannatissimi sensi di colpa, e a dirla tutta non ho la minima intenzione di spingerti a farlo solo perché viviamo la cosa in maniera diversa o perché quello che hai deciso di fare non è quello che avrei fatto io al posto tuo ». Sollevò le spalle in un rapido gesto, ricacciando le mani dentro le tasche e puntando lo sguardo verso la finestra. « A pensarci bene, ho sempre odiato le persone troppo simili a me, o peggio quelle che si lasciano manipolare dagli altri, quindi fai bene a rimanere ben lontana da entrambe le cose, come sei sempre stata… Diciamo che in qualche modo me la sono cercata » concluse, la sua solita, sottile ironia a colorire quell’ultima frase.
Scarlett inclinò il capo per scrutarlo con maggiore intensità, sempre più piacevolmente colmata dalle parole che lui le stava rivolgendo.
Se c’era una cosa che aveva sinceramente potuto rimproverare a Sirius quando avevano litigato era stata la facilità con cui aveva ignorato il suo stato d’animo, guidato solo e soltanto dal proprio personalissimo modo di vedere la faccenda che l’aveva travolta. Lo aveva fatto con tutte le buone intenzioni, quello era innegabile, con l’unico scopo di rincuorarla e minimizzare un qualcosa che lei aveva già prontamente ingigantito, ma aveva comunque soffocato la seppur minima ragione per la quale lei avrebbe dovuto provare quel dispiacere, sminuendola con la forza che - a suo dire - possedevano le sue inoppugnabili motivazioni. A quanto pareva, però, Sirius aveva superato anche questo limite, che prescindeva da quella specifica situazione ed era radicato nella sua indole tanto restia ad estraniarsi da se stessa. Si era sforzato di migliorare se stesso, o perlomeno, era un percorso che aveva cominciato ad intraprendere, sicuramente con successo.
« Pensavi che ti avrei imposto di scegliere, non è vero? » riprese lui all’improvviso, interrompendo bruscamente il flusso di pensieri nella mente di Scarlett. « Una sorta di… ultimatum senza appello tra me e la tua amichetta ».
Lei si soffermò a lungo a fissare il suo sorriso storto, dettaglio che palesava la sicurezza con cui era arrivato a quella conclusione, come chi conosce a memoria le mosse che metterà in atto un avversario con cui è solito confrontarsi al punto da anticiparle con ampio scarto di tempo, oltre che con certezza matematica. Ad ogni modo, Scarlett non fu in grado di capire se fosse diventata eccessivamente prevedibile o se quel presentimento fosse quanto di più naturale Sirius avrebbe potuto pensare in quel momento, ma non ebbe dubbi sulla risposta che stava per pronunciare, e si ritrovò ad annuire.
« Lo temevo » rispose con sincerità, serrando le labbra. « E non ti avrei biasimato se me l’avessi chiesto ».
Lui annuì più volte, lentamente, assimilando la sua risposta, poi cadde nuovamente il silenzio, fino a che Scarlett non si decise a proseguire. Se Sirius aveva trovato la forza di darle tante sicurezze nonostante i torti che lei gli aveva inflitto senza che li meritasse, allora avrebbe dovuto concedergli altrettanti inderogabili punti fermi. Voleva farlo, e non li avrebbe più dati per scontati. D’altra parte, farlo avrebbe aiutato entrambi a barcamenarsi in quella difficile situazione, e mettere le cose in chiaro avrebbe fatto sentire molto più leggeri entrambi. Non sapevano se avrebbero avuto altre occasioni per compiere altri passi avanti, per migliorarsi insieme, per ricongiugersi e proseguire lungo quella strada. Di fronte a loro, vi era solo una fitta nebbia di incertezze, e il potere di diradarla, di vedere aldilà di essa e sbirciare il futuro non era in loro possesso. Tutto ciò che potevano fare era rendere il più limpido possibile il loro rapporto, quel che c’era ancora in ballo fra loro. Perlomeno, non avrebbero avuto colpe, né tantomeno rimpianti.
« Beh, comunque siamo in due a non voler avere niente a che fare con le costrizioni » riprese Scarlett in tono deciso, scuotendo impercettibilmente il capo, e lui tornò a fissarla, attento. « Voglio che ti sia ben chiaro che io non pretendo nulla da te. Le tue decisioni rimangono completamente tue, e io non voglio influire in nessuna di queste con le mie, soprattutto quando sono la prima ad odiarle. Abbiamo giocato al gatto col topo per fin troppo tempo, ed è evidente che non ha funzionato, quindi… aspettare il momento più propizio per stare insieme potrebbe essere l’ennesima stupidaggine che facciamo, e ti capisco se non ti ritieni tanto idiota da provarci ». Adesso era il turno di Sirius di rimanere con lo sguardo irrimediabilmente calamitato da quello di lei, e ne fu distratto solo quando, in quel momento, un sorriso accennato increspò le sue labbra. « In più, se proprio dobbiamo dirci tutto… beh, la freddezza nelle situazioni avverse è una mia qualità tanto quanto la pazienza lo è per te, quindi… forse dovremmo rassegnarci al fatto che siamo di fronte ad una causa persa ».
Inevitabilmente, anche Sirius, di fronte al suo volto e alle sue parole, si ritrovò a sorridere di rimando.
A quel punto, entrambi poterono avvertire sulla pelle la tensione che li aveva avvinti fino a quel momento allentare lentamente la presa, lasciandogli respirare aria nuova a pieni polmoni.
« Che vuoi che ti dica? » rispose lui, ancora una volta ad un passo da lei, mentre allungava una mano per afferrare un ciglio sulla sua guancia e poi gettarlo via. « Le cause perse sono la mia specialità. Modestamente parlando, so trasformarle in conquiste mitologiche abbastanza spesso ».
A quelle parole, Scarlett rise sommessamente, leggera e rincuorata come da tempo non si sentiva, e Sirius si unì subito a lei con la sua risata decisamente più rumorosa e scomposta, ricreando quel suono intrecciato sì sensibilmente cacofonico ma anche straordinariamente piacevole alle loro orecchie.
Nonostante tutto facesse credere il contrario, in quel momento si sentirono più vicini, complici e in sintonia di quanto non si fossero mai sentiti, anche in momenti sicuramente più favorevoli, tanto che Sirius non resistette alla tentazione di attirarla silenziosamente a sé, facendo scontrare la fronte contro la sua mentre ancora ridevano, perché davvero non riuscì a trovare nessun motivo per evitarlo.
Pian piano, le vibrazioni di quella risata si affievolirono e i sorrisi scivolarono via dai loro volti, lasciandoli nuovamente soli.
« Tu per me sei un’eccezione » disse Sirius rompendo il silenzio, lo sguardo serio e concentrato. « E io farò un’eccezione per te ».
Ogni traccia di velato divertimento o di flebile allegria era improvvisamente sparita dal volto di Scarlett, e non rimaneva altro che una calda, accogliente meraviglia, di cui quelle parole inattese erano state la fonte.
Lo fissò, quasi volesse leggere nei suoi occhi una qualche giustificazione che motivasse quella rassicurazione non richiesta, quel sigillo spontaneo che aveva posto ad una realtà che rimaneva ancora pericolosamente aperta, ma non riuscì a scovarlo. Tuttavia, fu in grado di cogliere qualcos’altro.
Sirius era diverso. Molto diverso da come lo aveva lasciato, quasi irriconoscibile rispetto a quando aveva iniziato a conoscerlo veramente. Ma, in verità, lo era anche lei. Un tempo, affrontare una discussione di quel genere mettendo sul piatto i propri sentimenti in maniera così trasparente sarebbe stato impensabile, fra loro. Si erano dilettati a lungo a sfidarsi con reciproci silenzi e strategiche omissioni su cui entrambi avevano costruito di volta in volta il vantaggio da detenere l’uno nei confronti dell’altra, ma la novità stava proprio in questo: il tempo dei giochetti era finito ormai da un pezzo, e la posta era diventata troppo alta per permettere loro altri passi falsi dettati da quell’impulsività che li rendeva tanto affini o da altre ombre latenti che si ostinavano a tenere segregate dentro di sé. Solo in quel momento poterono effettivamente rendersi conto di come quel distacco, che era inizialmente apparso loro come un gigantesco passo indietro, fosse stato al contrario l’artefice principale della loro crescita. Aveva reso lei più forte, più sicura, e trasfigurato con lenta cura la sua vecchia corazza, che da schermo a nuovi rischi e ai sentimenti che sapevano troppo di passato, errori e buio, era divenuta una barriera innalzata con fatica al solo fine di combattere ciò che davvero andava ricacciato indietro per il bene della sua felicità: l’eccessiva rigidità di fronte al rovente flusso delle più genuine emozioni, la propensione inarrestabile alla diffidenza forzata, la convinzione che la freddezza fosse la soluzione, e persino l’unico strumento di prevenzione, alla sofferenza, che, per chi l’aveva già patita e sapeva in questo modo riconoscerla, poteva essere rifuggita come un ostacolo ben ravvisabile sul proprio cammino.
E aveva cambiato radicalmente anche lui, quel periodo di totale svuotamento. Lo aveva aiutato a maturare un diverso aspetto della sua spiccata intelligenza, rendendolo maggiormente incline alla comprensione e alla pazienza, doti che ancora in quel momento non gli appartenevano completamente, e che probabilmente mai avrebbe fatto interamente proprie, ma a cui si era pian piano avvicinato per dare una mano a se stesso e a quella relazione che gli stava tanto a cuore. Aveva capito, e chissà se era successo in un istante o poco alla volta, che in certi casi valeva la pena aspettare. Valeva la pena cercare le sfumature in ogni comportamento, piuttosto che radicalizzare ogni difetto, ogni problema, rendendo tutto impossibile da superare. Insomma, valeva la pena cambiare, per Scarlett. E lui non aveva mai deciso di farlo, non aveva mai stabilito, un giorno, di andarle incontro e migliorare se stesso con la convinzione di fare del bene a tutti e due. Era successo. Era successo e basta, con tutta la naturalezza di questo mondo. Ma lui, così come lei, se ne rendeva pienamente conto solo adesso. E quel confronto li stava sollecitando a capire molto più di quanto avrebbero mai potuto comprendere da soli riguardo a se stessi e al loro prezioso legame.
Naturalmente, sapevano bene entrambi che il modo violento e brutale con il quale avevano l’abitudine di scontrarsi sarebbe rimasto sempre e comunque una costante fra loro, e che probabilmente costituiva il metodo più utile a lasciare un solco profondo in tutti e due; sapevano entrambi di non possedere un’indole predisposta ad esternare con facilità pensieri e sensazioni, eccessivamente frenati dalla convinzione che non fossero necessarie dichiarazioni esplicite per capirsi realmente e, in verità, troppo amanti di quell’enigmatico modo di comunicare e relazionarsi per poterlo abbandonare completamente; sapevano entrambi di aver a che fare con personalità problematiche e spesso difficilmente compatibili… ma erano altrettanto consci del fatto che quell’occasione di totale apertura, di costruttiva comprensione e di pura onestà non sarebbe rimasta un caso isolato, ma si sarebbe ripresentata ogniqualvolta non avesse funzionato la loro connessione innata, silenziosa e a volte conflittuale, anche se quasi sempre infallibile.
Si guardarono, lei trattenendo un sospiro, lui sostenendola, aiutandola a farlo. Scarlett non disse nulla, consapevole di non essere particolarmente brava con le parole, specie in momenti come quello, e certa di quanto poco fossero necessarie, in quel frangente, ma gli lasciò una leggera carezza, accontentandosi di quel lieve contatto e servendosene per trasmettergli ciò a cui non sapeva dar voce.
Sirius poggiò la mano sulla sua e, accarezzandola a sua volta, avvertì un breve tratto gelido nel suo tocco, il freddo del metallo di quel suo anello che, tempo addietro, durante il loro ultimo giorno di piena serenità, lei gli aveva scherzosamente rubato. Così, spontaneamente, sorrise appena.
« Non posso credere che lo indossi con tanta disinvoltura » disse, allontanando dal viso la sua mano per osservarla meglio e mostrare anche a lei ciò di cui stava parlando. Dopo un attimo di smarrimento, lei capì e sorrise di rimando. « Non soltanto sei una ladra, ma metti persino in mostra la refurtiva ».
La vide ridere sommessamente, stringendosi nelle spalle, poi riflettere per qualche momento, lo sguardo fisso sull’anello.
« E’ strano, sai? » disse alla fine, tornando a guardare lui. « Io odio gli anelli, non li porto mai perché mi danno tremendamente fastidio ».
« Beh, allora me lo riprendo » replicò immediatamente lui, con quella sua tipica aria scaltra sul volto, e glielo sfilò con un solo, rapido gesto. « Non meriti affatto di tenerlo, e poi… non vogliamo di certo alimentare i cattivi pensieri delle malelingue con questo dettaglio romantico, no? »
Scarlett schioccò la lingua e assunse un’espressione scettica, rivolgendogli un’occhiata eloquente. Gli stava già chiedendo molto, invitandolo silenziosamente ad attendere tempi migliori per loro, per cui impedirgli di prenderla almeno un po’ in giro per quella situazione sarebbe stato sinceramente troppo, soprattutto per uno come lui. E poi, prenderla quanto più possibile alla leggera era probabilmente il modo migliore per affrontare quel distacco fittizio, e anche lei avrebbe cercato di seguire quella strada.
Così, alla fine, fingendosi serissima e risoluta, si allontanò.
« Allora è meglio che vada » fece, sbrigativa. « Neanche uscire dal tuo Dormitorio insieme a te sarebbe un gran bel messaggio, non trovi? »
Non riuscì a mantenere quell’aria altera un attimo di più, e di nuovo accennò un sorriso, che lui ricambiò, divertito.
« Solo per i maliziosi come te » rispose senza indugi, infilandosi l’anello al pollice.
Si scrutarono, e lei fece ancora un passo indietro, diretta verso la porta del Dormitorio. Quel gesto fece improvvisamente scattare qualcosa dentro di lui, come se si fosse trattato di una mossa eclatante, e non di un semplice, banale movimento. Scarlett era alla porta e, proprio come gli aveva appena detto, stava andando via. Ma Sirius sapeva che, così facendo, non stava solamente abbandonando quella stanza. Stava piuttosto lasciando qualcosa di molto, molto più importante.
Così si avvicinò, bloccandola prima che potesse voltarsi per varcare la soglia, e senza che lei si fosse resa conto di ciò che stava succedendo, si ritrovò con la schiena premuta contro la porta chiusa, e con le labbra di Sirius che si gettarono con impazienza contro le sue, acciuffandole mentre lei sollevava il viso per guardarlo solo un’altra volta ancora.
Fu un saluto di difficile interpretazione, un segreto sfuggito per sbaglio in un momento di concitazione, la ben poco ragionata conclusione posta al termine di quel fiume di parole. Frettolosa, impetuosa, quasi priva di senso perché in assoluta antitesi con tutto ciò che si erano detti fino ad allora… eppure, per qualche ragione, perfetta. Desiderata. Indispensabile. Attesa, di un’attesa ben ripagata.
E videro tutto questo immerso nei loro occhi, non appena li riaprirono, mentre già avvertivano tutto il gelo di un nuovo distacco diffondersi fra loro. Ma la carezza di Sirius sul volto di Scarlett, sulla fronte appena corrugata, e le guance fredde, e il collo contratto, restituì ad entrambi quel calore che avrebbero tenuto stretto finché non fosse tornato da loro nella sua purezza. Avrebbero atteso il suo ritorno con quella stessa fiducia con cui si aspetta spasmodicamente qualcosa che si sente proprio, e che nonostante la protezione data, è andato perduto.
« Non sentirti in colpa per questo » mormorò Sirius quando si furono allontanati appena un po’, e per la prima volta, nonostante ci avesse messo il massimo impegno, non riuscì ad ottenere la benché minima traccia di un vago sorriso sufficientemente convincente, così si accontentò di quello che era riuscito ad abbozzare. « Non ti avevo ancora augurato buon compleanno ».
Le sue parole le ricordarono improvvisamente quello che era diventato nient’altro che un piccolo, insignificante dettaglio in quella dura e affollata giornata. E ripercorrendole prima di annuire per poi lasciarlo andare, fu lieta di seguire il suo consiglio.
 
 

 
*  *  *
 
 

 
Il prato era quasi deserto, a quell’ora del pomeriggio. A eccezione delle giornate più fredde dell’inverno, non succedeva mai di vedere così poca gente passeggiare lungo la riva del lago o sull’erba sempre rigogliosa e giovane, in quel particolare momento della giornata. Ma già da un paio d’ore un vento impietoso si era scagliato sul castello, così maledettamente infuriato da aver spento gli entusiasmi dei numerosi studenti che, incoraggiati dal generoso calore del sole di quella mattina, avevano progettato di studiare all’ombra degli alberi in compagnia dell’educato rumore lieve dell’acqua sospinta dalla brezza primaverile.
Miley era una dei pochi coraggiosi che si erano avventurati verso il parco nonostante gli ostacoli interposti dal tempo, e già da quasi un’ora stava accovacciata ai margini del prato con uno dei suoi fedeli libri stretto in mano. Aveva leggiucchiato qualcuno dei suoi passi preferiti, poi lo aveva tenuto aperto sulle gambe e aveva chiuso gli occhi, poggiando la testa sulla corteccia del possedente albero contro cui si era abbandonata. E per tutto il tempo, il vento era stato suo amico. Era per questo che aveva deciso di rifugiarsi proprio nel luogo che, in quel momento, tutti rifuggivano. Perché sapeva che, quando si hanno troppi pensieri per la testa, il fracasso li immobilizza, rendendoli incomprensibili. Invece, quando si ha voglia di maciullarsi il cervello come si deve li si vuole sentire per bene, quei pensieri, si pretende di dialogare in pace con se stessi, e questo un vento del genere proprio non lo permette. Eppure, aveva continuato a sentirsi inquieta in ogni istante. A tale malessere, neppure un simile frastuono sapeva porre rimedio. Quello serviva a distendere la mente, mentre l’anima… l’anima, al contrario, la infiammava ancor di più.
Ad ogni modo, Miley non esigeva di star bene. Sapeva che ci sarebbe voluto del tempo per metabolizzare l’accaduto e comprendere quanto era successo. Anche se forse, per capire ci avrebbe messo un po’ di più. Anzi, a dire il vero, credeva fermamente che non ci sarebbe mai riuscita. Di sicuro, avrebbe impiegato meno tempo a passare oltre, e nel momento in cui ce l’avrebbe finalmente fatta, sperava che non avrebbe più sentito il bisogno di conoscere la verità, le ragioni - se ne esistevano di razionali e spiegabili - che avevano indotto Remus a comportarsi come aveva fatto.
Ripensava di continuo ai suoi occhi ambrati che, per un paio di istanti, si erano focalizzati su di lei, per poi dileguarsi, impauriti, colpevoli, consapevoli del significato del loro guardare. Non avrebbe mai potuto immaginare che tutto ciò che c’era stato fra loro potesse concludersi con un gesto così apparentemente banale. Nessuna lite, nessun chiarimento, neppure una parola scritta, nessuno che le spiegasse quell’intricata faccenda. Solo il nulla. Un nulla che non era nemmeno un nulla assoluto, perché quello sguardo c’era stato, e quello sguardo aveva rappresentato quel briciolo di qualcosa in quel nulla innegabile e sconcertante che aveva chiuso definitivamente tutto. E il tutto a cui lei stava ripensando, quel tutto che avevano vissuto, non era stato un niente di nessun valore. Non era stato un niente che meritava di venir risolto in quel modo. Ma a quel punto, passato, convinzioni, conclusioni e ricordi non significavano più nulla. Perché quando si condivide un po’ di vita con qualcuno, e all’improvviso quel qualcuno non ha più voglia di condividere alcunché, non ha più senso tenerci, tenere a quel legame che non ha più un perché.
Basta un solo taglio netto a spezzare un filo, non di più. E il consenso non è richiesto.
Miley aveva appena testato quella legge sulla propria pelle. Aveva capito proprio quello, che non serve decidere di mandare tutto all’aria da ambedue le parti per far sì che un rapporto non abbia più ragione di esistere. Quasi sempre accade che uno decida per entrambi, mentre l’altro subisce e non possiede nessun’arma per contrattaccare, per difendersi dal danno subito. Non si può combattere la naturalezza con cui si smette, chissà come, di amare qualcuno. Non si può attribuire una colpa per una ragione del genere. Ed è questo il rischio che si corre quando si intreccia un legame.
E’ così che funziona un filo. Non è necessario spezzarlo da entrambe le estremità perché si strappi. E a chi non lo spezza non resta che guardarlo scivolare a terra, riavvolgerlo con devota cura e sperare che qualcuno, un giorno, ne raccolga l’estremità abbandonata, lesa, lasciata incustodita, così da stringerla con maggior vigore per non lasciarla più andare.
Ma per lei era ancora troppo presto per cominciare a riflettere su qualcosa di così distante. Era ancora troppo presto persino per riprendere in mano ciò che rimaneva di quel rapporto distrutto, per qualunque cosa non fosse rimanere lì a guardare quel che succedeva, senza muovere un dito per un po’, perché un velo di apatia, giusto per quel periodo, avrebbe solo potuto esserle d’aiuto. Quel particolare stato d’animo, però, era uno di quelli - sicuramente numerosi - che non aveva mai sperimentato, nel corso della sua giovanissima vita. Non aveva idea di come se la sarebbe cavata. E inevitabilmente, non potè che pensare a come, al contrario, se la sarebbe cavata bene Remus, l’unico artefice di tutto quel teatrino. La rabbia cominciò a montare, non appena quel pensiero la sfiorò, ed ecco che seppe già di aver fallito: decisamente, l’apatia non faceva al caso suo.
Viceversa, la forzata serenità mentale a cui quell’irato vento la stava costringendo a sottostare stava avendo i suoi frutti. E fu proprio quando cominciò a sperare che quella dolce sensazione di pace non la abbandonasse neppure quando il vento fosse cessato che, puntualmente, venne all’improvviso turbata. Ad indurla a riaprire gli occhi fu il suono soffocato di passi sull’erba, che nonostante il gran fracasso intorno a lei, riuscì comunque a percepire. Nei brevi istanti in cui scostò i capelli che le svolazzavano contro il viso per permettere a se stessa di vedere, riuscì a pensare solamente a quanto dovesse essere vicina la persona che la stava raggiungendo. Di chiunque si trattasse, Miley pensò che avrebbe preferito rimanere sola.
Quando vide Remus ritto di fronte a lei, pallido, corrucciato e in procinto di parlare, ne ebbe l’assoluta certezza.
Lo fissò per qualche secondo, uccidendo sul nascere qualsiasi parola fosse stata sul punto di sgorgare dalle sue labbra, e non c’era nulla di buono nei suoi occhi mentre lo scrutava. Solo una dilagante tristezza. Decise, però, di non indugiare ulteriormente sul suo volto, e riabbassò lo sguardo, premendo un palmo della mano sull’erba gelida per darsi la spinta necessaria a rialzarsi. Quando fu in piedi, guardò esclusivamente dritto di fronte a sé e fece per andare via, senza pronunciare nemmeno una parola, e senza permettere a lui di fare altrettanto.
« Miley, per favore… aspetta solo un secondo » disse a quel punto Remus, consapevole di non poter più rimandare quel momento.
Lei si voltò immediatamente. Non intendeva tirarla tanto per le lunghe, ma piuttosto mettere subito in chiaro la propria posizione e chiuderla lì il più in fretta possibile, così da poter pensare ad altro. Così da poter cominciare a provarci sul serio, con tutte le sue forze.
« Aspettare che cosa? » replicò, incredula dinnanzi alla sua sfacciataggine. « Remus… fai sul serio? Non ho fatto altro per tutto questo tempo, aspettare. E adesso cos’è, vuoi inventarti ancora qualcos’altro per continuare la tua sceneggiata? » Lo guardò fisso negli occhi prima di proseguire, infervorata. « No, beh, ti semplifico le cose: se pensi di dovermi la verità, dormi pure sonni tranquilli, non m’importa più. Se invece volevi solo finirla qui senza darmi spiegazioni, va altrettanto bene, non te ne chiederò mai più. Adesso non hai più pesi sulle spalle, saremo tutti molto più felici ».
Lui deglutì, e non osò abbassare lo sguardo. Sentiva di meritare tutta la sua rabbia, e voleva assorbirla senza tirarsi indietro.
Doveva ammettere, però, che quel tono tagliente e i suoi modi così bruschi lo avevano sorpreso. Non perché avesse pensato di trovarla calma e pacifica com’era suo solito essere, ma piuttosto perché non era mai riuscito a immaginarla infuriata, quasi come se non potesse essere capace di mostrarsi tale. Ma forse era proprio vero quello che si diceva spesso riguardo alle persone più buone e pacate: una volta deluse, una volta ferite, semplicemente esplodono.
« No, ascolta… so che hai ragione » tentò di ribattere, agitato. « Hai ragione a parlarmi così. Ma… insomma, io credo davvero di doverti la verità. Sono qui solo per questo, solo per aiutarti a capire, non ho intenzione di chiederti niente, né di darmi altre occasioni, né di ascoltare una sola parola in più di quello che ho da dirti. Sarei un pazzo se lo facessi. Però se solo potessi stare qui seduta qualche minuto… devo assolutamente dirti tutto ».
Miley lo ascoltò molto attentamente, notando l’urgenza che premeva nella sua voce, e assunse un’aria scettica.
« Non mi sembravi così ansioso di raccontarmi tutto, oggi a pranzo » rispose piuttosto freddamente. « Tutto il contrario, mi sembravi ansioso di svignartela. Che poi è quello che hai fatto con tutta la nonchalance possibile » aggiunse infine, puntualizzando ulteriormente il concetto.
Lui, disarmato, non potè che incassare anche quel colpo, e questa volta chinò il capo, annuendo impercettibilmente.
« Lo so » mormorò, trovando d’un tratto incredibilmente interessante un particolare ciuffo d’erba vicino alla sua scarpa. « Lo so, Miley ».
Non aggiunse altro, semplicemente perché qualsiasi altra parola sarebbe stata completamente sbagliata, in quel momento. E lui era davvero stanco di sbagliare. Ma vide qualcosa mutare nell’espressione di Miley, non appena tornò a guardarla. Sembrava che il suo tono sconfitto avesse trasfigurato la sua pungente collera in un’abbattuta frustrazione.
« Sai qual è il punto? » gli fece dopo un po’ con un tono di voce profondamente diverso, trattenendo a fatica un pesante sospiro. « Il punto è che non riesco a credere che tu abbia commesso lo stesso, identico errore per cui mi avevi chiesto scusa appena alcune ore prima. Sul serio, non riesco a credere che dopo tutto quello che ci siamo detti ieri sera, dopo tutto quello che c’è stato, tu abbia mandato di nuovo tutto al diavolo. E se pensi che mi stia riferendo al… risvolto romantico della vicenda, ti sbagli di grosso. Io non mai ho pensato a quello che è successo ieri come a chissà quale atto d’amore o roba simile, e tu non mi hai delusa facendomi credere che saremmo potuti stare insieme, te l’assicuro. Mi hai delusa perché ho visto quel gesto come una prova di fiducia che poi, però… non ha avuto un seguito. Che non si è concretizzata. Io… avevo sinceramente creduto che in quel momento fosse finalmente finito tutto, che tu saresti stato onesto con me e che non avremmo più affrontato problemi come questo. Ma non è stato così, e a questo punto non riesco proprio a capirti. Voglio dire, perché hai deciso di rivolgermi di nuovo la parola e dirmi tutte quelle cose importanti se non ti sentivi ancora pronto a raccontarmi la verità? Avresti dovuto sapere che a quel punto non saresti potuto tornare indietro un’altra volta. Ma hai comunque continuato a prendermi in giro con tutta questa storia ».
Aspettò che dicesse qualcosa per difendersi dall’accusa che lei gli aveva rivolto, ma questo non accadde. A quanto pareva, anche lui riconosceva che il suo ambiguo atteggiamento aveva assunto le precise fattezze di una presa in giro bella e buona, e che fossero state queste le sue vere e originarie intenzioni o meno, poco importava. Aveva approfittato della sua pazienza e del suo affetto troppe volte, e non poteva che vergognarsene sinceramente.
Si massaggiò la nuca con il palmo della mano, sfregandolo forte sulla pelle in un gesto nervoso, e continuò ad annuire ripetutamente.
« Io… non sono qui per giustificarmi » rispose, sincero. « Non ho niente che mi aiuti a giustificarmi. Credi che sia venuto qui per contraddirti, per cercare di farti credere che non sono stato un vigliacco? Lo sono stato eccome, e credo di saperlo persino meglio di te. Ma posso assicurarti che potremo capirci un po’ meglio solo se mi lasci spiegare tutto. Continuare a parlare di come mi sono comportato non ci porterà a niente, anche se so che… insomma, non intendevo dire… beh, anch’io sarei arrabbiato, ecco. E puoi continuare a dirmi tutto quello che ti pare… Hai ragione su tutto quanto, davvero ».
Lei incrociò le braccia al petto, scrutandolo a lungo e con intensità, riflettendo, perché quella, per lei, era una faccenda fin troppo importante, e non voleva rovinare tutto ancor prima di capire se potesse valerne la pena o meno. L’idea di avere rimpianti, di avere lei stessa delle colpe, la spaventava. E malgrado fosse estremamente dura, doveva contenere gli eccessi del proprio risentimento per evitare sbagli infantili di cui poi si sarebbe pentita. In quel momento, non riusciva a comprendere se quella decisione fosse anch’essa un errore o un modo per fare del bene a se stessa; chissà, forse si stava comportando da stupida, dandogli ancora un’altra occasione per spiegarsi. Ma qualcosa le diceva che, se non l’avesse fatto, non sarebbe riuscita a lasciarsi alle spalle quella storia. E le parole che avrebbe così soppresso avrebbero continuato a vorticarle per la testa più rumorosamente di quelle dette. E lei non voleva che succedesse. D’altra parte, Remus aveva assolutamente ragione: continuare ad evidenziare tutti i suoi errori e rinfacciarglieli non li avrebbe resi meno gravosi, né li avrebbe condotti a una soluzione capace di risolvere tutta quella difficile faccenda. Sarebbe stato completamente inutile continuare a cercare di guerreggiare con lui, dato lo stato delle cose. Non è affatto così che si fa guerra. La guerra implica attacchi e contrattacchi, vittime e carnefici, lotta, resistenza, e infine, un vincitore e un vinto. Ma quando gli attacchi si subiscono senza alcuna replica, quando la vittima è d’accordo col carnefice e poco ci manca che lo inciti all’azione, quando non sussistono nessuna lotta e nessuna resistenza, ma arriva subito la resa, vincitori e vinti non esistono, perché sul nascere è morta la guerra.
« No, è vero. Non ha senso continuare così » disse allora Miley continuando ad osservarlo, seria in volto. « E se davvero hai intenzione di fidarti di me, finalmente… beh, ti ascolterò ».
Rimase per un attimo a osservare il cupo sollievo che si era fatto largo negli occhi di Remus a quelle parole, poi si morse il labbro inferiore, tornando a sedersi sull’erba e incrociando le gambe.
« Voglio chiederti solo una cosa, prima » aggiunse, sollevando nuovamente lo sguardo e tormentandosi le mani senza quasi rendersene conto. « Cos’è cambiato rispetto a ieri sera? Cos’è cambiato rispetto a oggi, in Sala Grande? Perché adesso ti sei deciso a ritentare? »
Lui ricambiò il suo sguardo, stringendosi nelle spalle con un sospiro soffocato e cercando di trovare le parole giuste per dare risposta alle sue domande. Erano legittime, sensate e assolutamente naturali, e senza dubbio, Miley meritava delle risposte. Solo ed esclusivamente risposte oneste.
Rivolse quelle stesse domande a se stesso, prendendosi qualche secondo per analizzare più a fondo il proprio comportamento, e mosse qualche passo avanti e indietro, le mani nelle tasche, la mente che ripercorreva rapidamente tutte le tappe di quella faticosa giornata.
Quando si era svegliato e aveva ripensato alla notte precedente, aveva subito avvertito un peso stanziarsi sul suo petto, mozzandogli il respiro e rendendolo irascibile e incoerente. Nel corso di quei momenti, era riuscito a pensare a quel bacio solo e soltanto come a un madornale errore che, a differenza dei precedenti, non conosceva soluzione. E nonostante tutti i tentativi di trovarne una valida, non aveva avuto la minima idea di cosa fare e di come comportarsi con Miley finché non l’aveva vista in Sala Grande. Lì, non c’era stato tempo per riflettere. Aveva agito d’istinto, commettendo davvero quell’errore madornale per cui si era condannato fino a quel momento. Aveva deciso tutto da sé, con quell’unico sguardo, con quell’andare via frettoloso, ponendo fine al pericolo imminente, ovvero quel confronto per cui non si era ancora sentito pronto, e accantonando quello più distante, ma anche più problematico, ossia la risposta che Miley gli avrebbe riservato in seguito a quell’ennesima ritirata.
Ma erano state le dure parole di Scarlett a fargli battere realmente la testa contro il più grande dei suoi problemi: prendere una decisione definitiva che chiudesse quella faccenda, in un modo o nell’altro. E su quel punto, Scarlett era stata più che chiara, oltre che estremamente decisa. Difatti, solo dopo aver ascoltato con la massima attenzione le sue raccomandazioni si era ritrovato a pensare a ciò che davvero voleva fare per mettere un punto a quella storia. E nonostante all’inizio avesse abbracciato senza opporre resistenza l’imposizione a cui lei lo aveva obbligato, una volta rimasto solo con i propri pensieri si era reso conto che non avrebbe potuto pagare uno scotto più grande di quello che avrebbe subito se avesse desistito senza nemmeno aver provato realmente a recuperare quel rapporto. L’idea di perdere Miley aveva assunto fattezze tanto reali e nitide da spaventarlo, come mai prima d’allora, mentre il timore di fidarsi di lei completamente era all’improvviso divenuto più pallido e incolore. Così, senza aver bisogno di ulteriori impegnative riflessioni, aveva infine compreso di non voler affatto voltare pagina senza aver neppure tentato di tamponare il flusso di cattive conseguenze a cui, inevitabilmente, le sue azioni lo avevano portato.
Per cui eccolo lì, adesso, sicuro di voler dire la verità, sicuro di potercela fare, questa volta, sicuro di poter affrontare altri svantaggiosi risultati. Non aveva nessuna voglia di sperare o elaborare pronostici, di temere i minuti successivi o cercare un modo per renderli meno pesanti… In quel momento, voleva semplicemente fare ciò che riteneva giusto e doveroso, mettere a frutto la propria scelta. Voleva affidare il proprio segreto a Miley, consegnarlo a quelle mani che ancora tremavano di rabbia, e voleva farlo senza veder fremere troppo anche le proprie. Con la stessa fermezza con cui si apprestava a donarglielo, lei avrebbe potuto respingerlo o custodirlo. O chissà, magari gli avrebbe chiesto del tempo, la peggior punizione per ripagarlo delle torture che, per tutto quel tempo, lui le aveva inflitto: l’attesa, l’insicurezza, le decisioni confuse e lasciate a metà, la fame di risposte, l’odio per tutti quei puntini di sospesione lasciati lì a galleggiare al termine di ogni piccola promessa. Avrebbe sopportato quello che aveva costretto lei ad accettare fino a quel momento. Esattamente così. Senza fiatare.
« E’ cambiato il risultato, credo » sospirò, arrestandosi di botto e guardandola negli occhi, per poi sederle di fianco, sul prato. « Fino ad ora ho riflettuto a volte troppo, a volte troppo poco, ma sono solo riuscito a combinare danni su danni, e mai a costruire qualcosa di vagamente positivo per… beh, per tutti e due noi. Però… » proseguì, molto lentamente, « … oggi… oggi ho finalmente preso una decisione, perché in realtà credo di non averlo mai fatto davvero. E anche se non so quanto possa essere buona o cattiva, so per certo che è la cosa migliore che abbia mai fatto nei tuoi confronti ».
Miley, che aveva guardato a intermittezza lui e le proprie mani, si concentrò infine sui suoi occhi. E quegli occhi le concessero pace, le suggerirono fiducia, le ricordarono che sbagliare è spaventosamente semplice per tutti, e che il tempo che si spende per ascoltare qualcuno non è quasi mai tempo sprecato.
Così annuì appena, sperando che capisse quanto la rendesse felice sapere che, dopo tanto tempo, era riuscito a capire da solo tutto ciò che le aveva appena detto. E lui prese tutto il buono da quel gesto, da quel brevissimo momento, dal suo sguardo ancora così splendidamente inconsapevole, perché sentiva che quella piccola, grande riserva di coraggio gli sarebbe tornata utile quando, inevitabilmente, sarebbe prima o poi venuta a mancare.
« Non cercherò un modo carino per dirlo » disse, bagnandosi le labbra secche. « Non c’è… non c’è davvero niente del genere in tutta questa storia ».
Sfregò le mani l’una contro l’altra, gettando una rapida occhiata al lago a pochi passi da loro. Pensò alla trasparenza, alla leggerezza, alla naturalezza dell’acqua. Avrebbe tanto voluto che le sue parole scivolassero attraverso di lei senza segnarla, proprio come solo l’acqua è capace di fare dinnanzi alle barriere. Ma stava per parlare di mostruosità, di un qualcosa che andava contro la natura stessa. Invidiarla per la sua limpida purezza, per la sua semplicità, avrebbe solo reso tutto molto più difficile.
« Sono un Lupo Mannaro, Miley ».
Lo disse e basta, cercando di non prestare attenzione alla sua stessa voce che pronunciava quelle terribili parole. Ma non ci riuscì, e si chiese immediatamente cosa avesse provato Miley nell’ascoltarle, ma soprattutto, nell’assorbirle e realizzarle fino in fondo. Si ritrovò a temere che compisse un gesto impulsivo, dettato dallo sconvolgimento, dalla collera, dal disprezzo. Mille insensate paure cominciarono ad affollargli la mente ed accelerare il battito del suo cuore, che faceva quasi male contro il petto, ma tutte evaporarono non appena guardò il suo viso.
Miley non si era neppure mossa, e i suoi occhi erano rimasti piantati su di lui, immobili, ma colmi di un’evidente quanto indefinibile emozione. I capelli le sbatacchiavano senza sosta intorno al viso, malgrado il vento non fosse più adirato com’era stato fino a poco prima, ma lei non se ne curava. La sua attenzione era catalizzata su di lui, che si decise a proseguire, seppur con la tensione che quella strana reazione gli aveva inevitabilmente messo addosso.
« E’ questo che ha… condizionato ogni mio comportamento, fino ad oggi » disse, volgendo nuovamente lo sguardo al lago. « Posso cavarmela da solo con Pozioni significava questo. Non è semplice dirti la verità significava questo. E scusa, non so che mi sia preso significava esattamente questo ».
Annuì fra sé e sé, fissando il vuoto, e si chiese quando avrebbe ritrovato il coraggio per tornare a guardare Miley negli occhi.
« Sono stato morso da bambino, non avevo… nemmeno cinque anni » cominciò a raccontare. « Stavo dormendo, e non mi ero accorto che qualcuno aveva forzato la finestra di camera mia per entrare. Quando mi sono svegliato, non ho avuto tempo, non ho avuto modo di chiedere aiuto. Si è trattato di qualche secondo, e io ero… ero paralizzato. Di tutto il resto non ricordo nulla, naturalmente. So che mio padre è arrivato appena in tempo per salvarmi la vita e ha cacciato via quel Lupo Mannaro… Mi ha raccontato di non aver mai compiuto magie così potenti, di non essersi… mai sentito così forte. E così non sono morto, ma da allora sono un Lupo Mannaro completamente sviluppato. Proprio come quell’uomo che mi ci ha fatto diventare ».
Strinse le labbra, già stanco, e si rese conto di quanto potesse essere faticoso semplicemente parlare, delle volte. Spesso, più di uno sforzo fisico.
Era da tempo che non parlava a qualcuno di quella faccenda. Era da tempo che non raccontava la sua storia. Farlo non era mai semplice, ma se si estraniava appena un po’ da se stesso riusciva, per quanto possibile, a limare il dolore, e questo gli permetteva di andare avanti.
« Non so di chi si tratti » proseguì, osservando le proprie mani. « Io e mio padre ne abbiamo parlato, ma non ha saputo dirmi nulla. Ad ogni modo, non posso non capirlo. Si perde la ragione, quando ci si trasforma. Non c’è davvero più niente che ci leghi alla nostra vita, nelle notti di luna piena. Ed è la cosa peggiore, credo, ancora più terrificante delle trasformazioni stesse, che sono… »
Guardò in alto per un istante, cercando un aggettivo adeguato, o perlomeno capace di rendere anche solo vagamente l’idea di ciò che quella sofferenza significava. Ma non ne trovò nessuno, così lasciò la frase in sospeso e si decise a continuare a parlare, la voce un po’ arrochita.
« Beh, a quel punto è cominciato l’inferno » disse, passandosi una mano fra i capelli scompigliati dal vento. « Io e la mia famiglia siamo stati costretti a trasferirci di città in città un mucchio di volte, perché la gente del posto non facesse in tempo ad insospettirsi. Grazie al cielo avevo loro, mia madre e mio padre, perché naturalmente… ecco, non potevo fare amicizia con altri bambini. Avrei potuto dire qualcosa di troppo sulla mia condizione, e se fosse successo sarebbe stata la fine, per noi. Così leggevo tanto, e mia madre mi teneva sempre compagnia, cercava di aiutarmi a trovare degli svaghi, si inventava milioni di storie buffe per farmi ridere e io… beh, il più delle volte cercavo solo di farla contenta ».
Si strinse nelle spalle, e malgrado la tentazione di voltarsi verso Miley adesso si fosse fatta più forte, si costrinse a tenere lo sguardo basso.
Lei fu lieta di non essere guardata. Si era appesa ad ogni singola parola pronunciata da lui e, alla fine, non era riuscita a trattenere le lacrime. Qualcuna era sfuggita alla sua presa, non aveva potuto evitarlo in alcun modo, ma di certo non se ne vergognava. Il racconto di Remus l’aveva raggelata dentro, una terrificante sensazione che non aveva mai provato prima. La sua mente era completamente vuota. Solo le sue parole tornavano a galla continuamente. Per il resto, non c’era nient’altro che non fosse quel dannato freddo.
« Mio padre, invece, aveva deciso di educarmi in casa » continuò Remus, intrecciando le mani in grembo. « Era chiaro che non potessi frequentare la scuola insieme a tutti i miei coetanei, per cui non c’era altra soluzione. Ma poi è arrivata la mia benedizione ». Si ritrovò addirittura ad accennare un sorriso, e Miley lo scrutò più attentamente, curiosa. « Silente si è presentato in casa nostra all’improvviso, vestito di un giallo ocra che dava un po’ la nausea, me lo ricordo ancora… I miei erano sconvolti, come avrebbero potuto immaginare il motivo di quella visita così inaspettata? Hanno addirittura cercato di impedirgli di entrare, erano preoccupati per quel che sarebbe potuto succedere… ma sai com’è fatto Silente, con tutta la nonchalance possibile è comunque entrato e ha cominciato ad elogiare mia madre per l’aspetto squisito delle frittelle che aveva appena preparato per me e mio padre finché lei non gliene ha offerte un po’. Si è seduto sulla poltrona accanto al camino, ha persino fatto il bis e nel frattempo chiacchierava anche con me, che giocavo a terra a Gobbiglie. Io l’ho adorato sin dal primo istante. Si complimentò con me per i miei calzini, mi mostrò i suoi e mi disse un mucchio di cose che con il passare del tempo ho dimenticato… alla fine io gli chiesi se gli sarebbe piaciuto giocare a Gobbiglie con me e lui ne fu assolutamente entusiasta. Lasciò persino che io lo battessi, e solo allora cominciò a parlare ai miei, a spiegargli il vero motivo per cui era venuto fin lì ». Il suo sorriso si affievolì pian piano, ma i suoi occhi rimasero vispi e fissi in un punto imprecisato dinnanzi a lui, come se stessero assistendo alla scena che stava descrivendo. « Lui sapeva cosa mi era successo. E aveva voglia di aiutarmi, credeva di aver architettato un piano perfetto per farmi frequentare Hogwarts senza mettere a rischio né me, né gli altri studenti. Avrebbe fatto costruire una sorta di casa, ad Hogsmeade, protetta da incantesimi speciali e potenti e raggiungibile solo attraverso un lungo tunnel sotterraneo che parte da qui, dal castello. In questo modo, nessuno avrebbe mai potuto incrociarmi durante le mie trasformazioni, e se non avessi fiatato con nessuno riguardo alla mia condizione, avrei potuto completare i miei studi in tutta tranquillità ». Fece una pausa, lanciando uno sguardo di sbieco al Platano Picchiatore che distava parecchi metri da lì. « E mantenne la promessa. Fece costruire per me quella che oggi tutti chiamano Stamberga Strillante. E piantò il Platano Picchiatore, a guardia del tunnel, per evitare che qualcuno potesse seguirmi ».
Miley fu profondamente sorpresa da quella notizia. Sapere che quella spaventosa e diroccata abitazione che tante volte si era soffermata a osservare e quell’albero violento con cui tanti spericolati avevano giocato nel corso di quegli anni fossero stati concepiti per la sua protezione, sapere che fossero entrambi così profondamente legati alla storia di Remus, la indusse a pensarli e a vederli sotto una luce del tutto diversa.
« Ma ben presto la gente cominciò a domandarsi a che cosa fossero dovute tutte quelle urla che provenivano dalla Stamberga » fece ancora Remus. « Qualcuno cominciò a credere che si trattasse di fantasmi, e Silente non fece altro che fomentare queste voci, finché tutti non ne furono convinti. Io, comunque, fui felicissimo di poter venire a scuola. L’idea di poter conoscere altri bambini mi faceva impazzire di gioia. E in effetti, arrivato ad Hogwarts, realizzai davvero un sogno. Conobbi James, Sirius e Peter, diventammo amici, come fratelli… e con loro era dura mantenere il mio segreto. All’inizio, raccontai che mia madre era malata e avevo bisogno di farle visita spesso, dissi che era per questo motivo che sparivo di frequente. Le mie scuse, però, cominciarono a farsi sempre più complicate, e quindi sempre più difficili da tenere in piedi. Evidentemente, mentire alla gente non è mai stato il mio forte » si ritrovò a commentare, massaggiandosi distrattamente le ginocchia. « Beh, comunque… James e Sirius, alla fine, scoprirono la verità al nostro secondo anno. Pensavo che mi avrebbero abbandonato, disprezzato, e invece… fecero tutto il contrario. Mi furono ancora più vicini, in tutti i modi possibili, e io… non sono mai riuscito a ringraziarli abbastanza per tutto quello che hanno fatto per me. Per come… per come hanno reso molto meno terribile la mia malattia, per tutto questo tempo ».
Si morse una guancia e sfregò il pugno contro il palmo della mano, pensieroso.
Non avrebbe raccontato a Miley di ciò che i suoi amici avevano realmente fatto per lui, della loro trasformazione illegale in Animagi. Non spettava a lui prendere quella decisione, e non poteva in alcun modo farsi carico di una simile responsabilità. Proprio com’era accaduto mesi prima, quando aveva deciso di raccontare della sua licantropia anche al resto dei suoi amici, avrebbero dovuto discutere sul da farsi, e agire di conseguenza. Per cui si apprestò a terminare il proprio racconto, omettendo quell’importante passaggio che, in verità, credeva avrebbe presto scoperto.
« L’anno successivo lo raccontai anche a Lily, e lei fece lo stesso » disse. « Mi accettò. Da allora non è cambiato nulla, tra di noi. Mentre quest’anno… mi sono sentito pronto a dire la verità anche agli altri. A Frank, Alice, Emmeline, Mary… e anche a tua sorella. Però le ho chiesto di non dirti una parola. Gliel’ho fatto promettere, perché non ci conoscevamo ancora bene, e io… non potevo fidarmi di te ».
Senza riflettere, voltò finalmente il capo per rivolgersi a Miley, e trovò il suo sguardo, la sua intera espressione, profondamente cambiati.
L’aveva lasciata diffidente, infuriata, e anche un po’ scettica; adesso era assorta, impallidita, ed incredibilmente provata. Aveva gli occhi lucidi, e lo scrutava con aria quasi impaurita, come se temesse l’arrivo di altre terrificanti parole da dover digerire. Avrebbe fatto fatica a sopportare altro, ma non osò interromperlo, e smise di chiedersi cos’altro avrebbe potuto avere in serbo per lei, limitandosi ad ascoltare quanto ancora aveva da dire.
« Ma pian piano, lo sai, le cose sono cambiate » proseguì lui, cercando disperatamente indizi sui suoi pensieri attraverso il suo viso. « E più passava il tempo, più ci conoscevamo, più continuavo a pensare che tu non fossi né come James, o Sirius, o Peter… né come Lily… né come tutti gli altri. Era tutto diverso con te, e io non capivo come comportarmi. Non ero abituato a provare… ad avere… » Scosse il capo, incapace di completare la frase. « Ho seguito l’istinto, ecco. Non mi sono messo dei freni per fin troppo tempo, e alla fine mi sono ritrovato tra le mani una situazione irrisolvibile. Ho provato a tirarmene fuori, sperando di non avere scrupoli, ma sono stato solo un vigliacco, e il mio… brillante piano non ha funzionato granché, alla fine. E da lì sono cominciati i tira e molla, e mi sono odiato tante volte per le mie assurdità, e mi avrai odiato anche tu, credo… ma che importanza aveva? Quando stavo con te riuscivo a non pensare a niente, a sentirmi felice. Con la tua risata, sai… come facevo a pensare a qualcosa di così terribile, quando ridevamo insieme? Una soluzione l’avrei trovata di sicuro, avevo tutto il tempo del mondo ».
Parlò con amarezza, con ironia, scagliandosi contro se stesso, contro la propria leggerezza, anche se farlo, oramai, non aveva più alcun senso.
« Il punto è che volevo a tutti i costi che fra noi andasse avanti sempre così » proseguì, sincero. « Non c’è mai stato un momento in cui io mi sia sentito malato o infetto, quand’eravamo insieme. Mi sentivo a posto, e proprio come tu facevi sempre quello che ti passava per la testa, così io pensavo soltanto a godermi il momento, a essere… beh, a essere il ragazzo che probabilmente sarei stato se non avessi avuto la mia malattia. Mi convincevo che in questo modo fossimo entrambi… naturali. Ma eri tu a non nascondermi niente, eri tu ad essere sempre spontanea, tu a non trovare difficile né raccontarmi dei tuoi più grandi dispiaceri né farmi sapere che l’elastico delle tue mutande era troppo stretto ».
Lei rise, una breve risata tremula ma autentica, e persino lui si lasciò scappare un sorriso divertito.
Quella faccenda l’aveva sempre fatto star male enormemente. Il non poter dare a Miley quella sincerità di cui invece lei si nutriva, la consapevolezza di non poterla mai ripagare con la stessa moneta per tutto ciò che lei era capace di donargli… si era sempre sentito in colpa, per tutto questo, anche se lei, per tanto tempo, non gli aveva mai chiesto nulla, probabilmente pensando che non avesse niente da nascondere. E anche quando alla fine lei aveva capito, quando si era resa conto dell’esistenza di un segreto che si ostinava ad allontanarli, lui non aveva mosso un dito per cambiare le cose. E se davvero le menzogne non erano mai state il suo forte, di certo neppure la sincerità lo era mai stata.
« Io, invece, facevo tutto il contrario » confermò infatti, senza più sorridere. « E’ come se ti avessi rifilato un’enorme bugia tutti i santi giorni, non parlandoti di questa storia. E perdipiù, tu non hai mai fatto nulla che potesse farmi pensare… insomma, che avresti potuto reagire in maniera diversa da come hanno fatto tutti gli altri a cui ho già detto la verità. Sapevo benissimo che non provavi disprezzo per le persone come me, ma anzi le difendevi, ti conoscevo… ma penso che non sia la stessa cosa, sai, non condannare i Lupi Mannari e avere un rapporto con uno di loro. C’è tutta la differenza del mondo, ed è sempre stato questo a frenarmi. Non potevo… non potevo chiederti tanto, ecco ».
E non le stava chiedendo nulla neppure in quel momento. Non le stava chiedendo di guardarlo con gli stessi occhi di prima, di accettarlo con serenità, di mantenere intaccata la loro relazione, nemmeno di non provare ribrezzo nei suoi confronti. Stava semplicemente saldando un debito. E a quel punto, a conti fatti, lei sarebbe stata finalmente libera di scegliere che cosa fare. Di decidere per se stessa e, di conseguenza, per entrambi, mentre fino ad allora era sempre stato lui a scegliere per tutti e due.
« Allora immagino che sarebbe stato tutto molto più semplice, se ti avessi detto che sapevo già tutto » disse Miley con disarmante naturalezza.
Remus la fissò, senza capire, tanto che non apparve nemmeno sconvolto, ma solo parecchio perplesso.
E inevitabilmente, quell’espressione fece sorridere Miley, che annuì appena con aria tranquilla, come a voler confermare quanto aveva appena detto. Finalmente, dopo giorni di forzato silenzio, era lieta di potersi liberare anche lei del peso di quel segreto che aveva dovuto mantenere. Non era stato semplice tenersi tutto dentro, e adesso poteva finalmente vuotare il sacco.
« L’ho scoperto appena qualche giorno fa » spiegò, ancora con quel lieve sorriso. « Mi sono armata di pazienza, ho indagato un po’, e alla fine… ci sono arrivata. In realtà, non so come abbia fatto a non capirlo prima ».
La gigantesca differenza delle loro espressioni mentre si guardavano aveva quasi un che di comico: lui era sbigottito, e i suoi occhi passavano in rassegna il suo viso come in cerca di un suggerimento che gli rivelasse la natura puramente scherzosa delle sue parole; lei, al contrario, era l’immagine della serenità, e appariva chiaro, attraverso il suo sorrisetto, che stesse trovando sinceramente divertente studiare lo sconvolgimento sul volto di Remus mentre, pian piano, guadagnava terreno nel suo sguardo.
« Ho iniziato a pensare che qualcosa non andava quando abbiamo cominciato le nostre lezioni » raccontò, ora più seria. « Durante gli anni passati, avevo notato che spesso non c’eri, e che diverse volte finivi in Infermeria, ma ho sempre creduto che fossi… beh, un po’ deboluccio. Di salute cagionevole, ecco. Solo da quando abbiamo preso a frequentarci più assiduamente per la faccenda delle Pozioni la cosa mi è saltata all’occhio in modo un po’… sospetto. Una volta, non so se ricordi, mi ero accorta di alcuni tagli che avevi sul viso. Mi erano sembrate ferite magiche, ma tu mi hai detto che si trattava soltanto di qualche graffio, così non ho più insistito e ho accantonato la cosa ».
Remus non fece alcuna fatica a ricordare quell’episodio risalente ormai a diversi mesi prima, poiché aveva rappresentato il primo scoglio che aveva dovuto superare in quel tortuoso percorso intrapreso con Miley, il primo momento in cui aveva potuto saggiare quanto fosse scomoda la verità che le stava così gelosamente nascondendo.
« Per tanti mesi non mi sono più fatta domande » riprese lei, lo sguardo vacuo. « Fino a due settimane fa, quando sono venuta a trovarti in Infermeria. Eri… molto nervoso, teso, e avevi ancora quelle brutte cicatrici ben in evidenza, nonostante fossi appena stato dimesso. Poi, quando te ne sei andato, ho incrociato James, Sirius e Peter che ti stavano cercando, e ho chiesto loro cosa ti era successo, visto che non avevo avuto modo di chiederlo a te. Ma, in realtà… beh, non erano i primi a cui avevo fatto quella domanda ». Tornò a guardare Remus, che non pareva ancora essersi ripreso dallo stupore, e proseguì. « Eri appena stato ricoverato quando ho chiesto a Scarlett se sapeva qualcosa, e lei mi aveva parlato di una brutta influenza. Evidentemente non vi eravate ancora messi d’accordo per bene, visto che poi i ragazzi hanno fatto riferimento a un morso che avevi ricevuto a Erbologia da una pianta carnivora ». Sorrise appena di fronte all’espressione sgomenta di Remus, che di sicuro stava rimuginando amaramente su quel disguido, poi continuò a parlare. « A quel punto, potrai capirmi, la mia confusione è davvero arrivata alle stelle. Non sapevo cosa pensare. Avevo appena avuto la conferma del fatto che mi stavi nascondendo qualcosa, e che quel qualcosa, come avevo sospettato, aveva a che fare con la tua salute. Ma non avevo idea, non… non capivo di cosa mai potesse trattarsi. E allora ho cominciato a riflettere. Mi sono messa a letto, mi sono circondata di incantesimi che impedissero a chiunque di disturbarmi, e ho analizzato con tutta l’attenzione possibile ogni mio ricordo riguardo alle tue… avventure in Infermeria » disse con un sorriso. « E, sai, in realtà ci sono arrivata piuttosto in fretta. Ho notato che ti ammalavi tutti i mesi, sempre nello stesso periodo, e ho pensato che fosse fin troppo insolito per trattarsi solo di una coincidenza. Ero già arrivata alla soluzione, ma… non volevo crederci. Così mi sono concentrata sulle tue ferite. Ho fatto qualche ricerca, perché nonostante quello che mi avevi detto ero sempre stata certa che non fossero ferite normali. E avevo ragione. Ma pensare che potesse esserti successo qualcosa di così terribile… è stato difficile accettarlo. Però, beh… alla fine mi sono arresa ».
Si strinse nelle spalle, come a voler dire che non aveva nient’altro da aggiungere, e per l’imbarazzo tentò persino un sorriso che - se ne rese conto un attimo dopo - non aveva davvero nessun senso. Così abbassò lo sguardo, e aspettò che fosse lui a parlare.
Ma Remus stava ancora cercando di realizzare il tutto. Naturalmente, a quel punto fu tutto molto più chiaro. Assurdo, certo, e anche piuttosto sconvolgente, a dirla tutta. Ma indubbiamente chiaro.
Fino ad allora, non aveva minimamente preso in considerazione l’idea che Miley avesse potuto capire tutto quanto da sola. O meglio, quel pensiero lo aveva sfiorato, ma non aveva speso più di un secondo prima di decidere di accantonarlo, perché in effetti la cosa gli era sempre parsa piuttosto improbabile. Ragionando a mente fredda, però, capì che non aveva avuto alcun senso giudicare quell’ipotesi tanto inverosimile. Forse aveva deciso di non rimuginarci troppo su semplicemente perché evitare la questione gli avrebbe fatto maggiormente comodo, e non per la ragione di cui invece era convinto. Ad ogni modo, notare con quanta serenità Miley gli aveva spiegato tutte le fasi del suo ragionamento aveva reso tutto ancora più inaspettato. Non sapeva davvero come accogliere le sue spiegazioni, tanto che rimase a fissarla per un pezzo, con tante cose per la testa e la bocca asciutta e vuota, in attesa di ricevere una scarica di quei pensieri da convertire in parole.
« Ma allora… » fu tutto ciò che riuscì a dire per esordire. « Allora perché non me ne hai parlato ieri sera? Perché non mi hai detto che l’avevi scoperto? »
Lei gli rivolse un’occhiata penetrante, come se stesse cercando di capire se fosse serio o, al contrario, la stesse prendendo in giro.
« Non è ovvio? » replicò infatti, sollevando le sopracciglia, ma lui si limitò a continuare a fissarla. « Volevo che fossi tu a dirmelo, è naturale. Volevo che fosse una tua scelta. Così, quando ti saresti deciso a parlarmene, avrei saputo che ti fidavi davvero di me, e se invece non l’avessi fatto… beh, ai tuoi occhi avrei continuato a non saperlo, perché tu… tu avresti voluto questo, e io avrei rispettato la tua decisione ».
Lo guardò, e mentre Remus rifletteva in silenzio, lottò con i capelli che le schiaffeggiavano il viso, finché non decise di raccoglierli, irritata.
Lui, invece, era così concentrato e pensieroso che non lo avvertì neppure, quel vento che continuava a colpirli senza sosta. Stava pensando a quanto erano state importanti le parole di Miley, e all’immenso valore che lei attribuiva alla fiducia reciproca. Attraverso ciò che lei gli aveva detto, molti dei suoi comportamenti gli apparivano di gran lunga più comprensibili. Il fatto che non gli avesse serbato rancore per il suo ultimo voltafaccia, che avesse mostrato pazienza nei suoi confronti quando le aveva chiesto scusa la sera precedente… tutto questo dimostrava che la sua indulgenza non era semplicemente dovuta alla sua innata bontà, ma piuttosto a una consapevolezza profonda di quelle motivazioni che lo avevano spinto a comportarsi così come aveva fatto tale da impedirle di condannarlo fino in fondo.
Sentirla parlare in quel modo lo spingeva a vergognarsi ancor di più per ciò che aveva fatto, per quel che le aveva nascosto. Eppure, il suo tono era così sereno, così pacato… Non pareva affatto che volesse rimproverarlo per i suoi errori. La sua comprensione lo rassicurava. E gli donava pace.
« Allora… » ripetè in un disperato tentativo di capire ciò che ancora non gli era del tutto chiaro, rivolto più a se stesso che a Miley. A lei venne quasi da ridere. « Allora ieri… tu sapevi… insomma, anche quando… » continuò a farneticare.
E a quel punto, lei non riuscì davvero più a trattenersi, e rise, poggiando il dorso della mano sulle labbra e annuendo ripetutamente.
« Sì, lo sapevo anche in quel momento » rispose, cogliendo al volo il riferimento al loro bacio malgrado Remus non lo avesse citato esplicitamente.
Ricominciò a ridere, incapace di contenersi, e solo il suono vibrante di quella risata fu in grado di riportarlo alla lucidità.
Tutto quello per cui si era tanto angustiato per tutto il giorno era assolutamente ridicolo. O perlomeno, era stata la reazione di Miley a rendere assurde le sue preoccupazioni. Adesso si sentiva molto più leggero, anche se estremamente frastornato, e avrebbe riso di gioia anche lui, così, senza un motivo, se solo non ci fossero state ancora tante questioni da chiarire, fra loro. Questioni che, però, in quel momento parevano infinitamente più abbordabili.
Con questa nuova consapevolezza la scrutò, mentre lei, pian piano, ritornava seria e ricambiava il suo sguardo, chiedendosi come mai non si fosse unito alle sue risate. Così esplorò il suo volto, e cercando e ricercando, vi trovò ancora incollata una sottile ma fastidiosa patina di insofferenza, che non seppe spiegarsi, e che desiderava in tutti i modi strappargli via di dosso, donando così respiro a quella spensieratezza che per troppo tempo rimaneva nascosta, ingabbiata, a soffocare, perché lui non la lasciava mai andare. Perché lui non si lasciava mai andare.
« Cosa c’è che non va? » gli chiese allora in tono sinceramente appassionato, perché da sola proprio non riusciva a capirlo.
Lui tentò di rispondere istintivamente, ma ebbe bisogno di zittirsi e di pensare prima di spiegarsi, o perlomeno di provare a farlo.
« Io non… non immaginavo che avresti reagito così, ecco » rispose infine, esprimendo per la prima volta tutto il suo stupore.
« E ti dispiace? » gli chiese lei, incredula, per poi agitare confusamente le mani e proseguire. « Anzi, prima di tutto… come diavolo pensavi che avrei reagito, sentiamo? Insomma, tu stesso hai detto di sapere come la pensavo su questo genere di faccende… Ho persino fatto un’arringa in favore dei Lupi Mannari, ad Hogsmeade, e ti assicuro che è successo per puro caso, perché allora non avevo il minimo sospetto che tu potessi essere uno di loro… poco ci manca che fondi un’associazione a difesa dei loro sacrosanti diritti, e credevi davvero che non ti avrei capito? La questione mi è sempre stata particolarmente a cuore, lo sai, e non solo per i Lupi Mannari… se non mi credi puoi chiedere ai miei amici, Dylan non mi sopporta più perché gliene parlo in continuazione, ma lo faccio solo perché quel maledetto bastardo non vuole collaborare… comunque, non è questo il punto » risolse infine. « Il punto è che… non capisco proprio che cosa ti aspettassi, Remus. Credevo che mi conoscessi ».
Lo osservò, ma capì di non averlo convinto appieno, tanto che un paio di istanti dopo tornò a ribattere.
« Non si tratta di questo, te l’ho detto » disse. « E’ molto diverso, non… Se difendi i diritti dei Lupi Mannari non significa necessariamente che tu sia disposta a baciarne uno ».
Ma lei sbuffò, scuotendo il capo, e replicò assecondando il proprio impeto, senza pensare.
« Oh, beh, se è andata davvero come dici, devo confessarti che me li aspettavo un po’ più pelosi e irruenti, a dirla tutta! » fece infatti, palesemente sarcastica, e gli rivolse un’occhiata eloquente.
Dopodiché prese un respiro profondo, mettendosi più comoda sull’erba fredda e raccogliendo le idee, perché desiderava con tutto il cuore che Remus capisse fino in fondo ciò che intendeva dirgli, e cioè che lo accettava, che era dalla sua parte, e che nulla di ciò che provava per lui era cambiato.
A quanto pareva, infatti, era lui a non essere capace di vedere se stesso come un ragazzo normale, un ragazzo che aveva subito danni atroci dalla vita, ma che non aveva fatto nulla per procurarseli. E lei intendeva rassicurarlo, in tutti i modi possibili, perché nulla era più importante della sua serenità, in quel momento, e lei avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per donargliela.
« John » gli disse con rinnovata calma, facendoglisi più vicina. « Adesso voglio che mi ascolti. E soprattutto che mi credi. Devi credermi, perché finalmente ora conosco la verità, e posso pensarla come voglio, e decidere quello che voglio, e sarò sincera, te lo giuro ». Tacque per un momento, guardandolo negli occhi e notando l’irrequieta attesa che vi fremeva dentro, poi si decise a proseguire. « Io non ti vedo diverso. Te lo ripeterò all’infinito, finché non ne sarai convinto, perché è assolutamente vero. Quello che ho scoperto mi ha stravolta, e sentirti raccontare tutta quella faccenda è stato ancor più devastante, ma… ha avuto l’effetto opposto rispetto a quello che credevi. Mi ha solo fatto riflettere su quanto tu sia stato coraggioso a reggere una situazione come questa, perché io non ci sarei mai riuscita, nemmeno da adulta, nemmeno… con tutti gli sforzi di questo mondo. E invece tu ce l’hai fatta. Ce l’hai fatta e sei persino stato capace di rimanere puro di cuore come lo eri da bambino, il che è straordinario, perché stai pur certo che una condanna del genere avrebbe incattivito chiunque. Ma non te. E, sai… » Accennò un sorriso, fissandosi le mani, « … quando conosco qualcuno, non c’è niente che mi colpisca di più della gentilezza. Credo che sia… preziosa. E non ne avevo mai trovata tanta in nessun altro. Quindi… non è neanche lontanamente pensabile che io possa dimenticarmi di tutto quanto e vederti sotto una luce diversa solo per quello che ti è capitato. Ti sto guardando e… dimmi, mi vedi diversa? Mi vedi infastidita, o frenata, o… qualsiasi altra cosa ti venga in mente? »
Non ebbe bisogno di una risposta, perché fu il suo sguardo a dargliela al posto suo: c’era tanto sollievo immerso in quel bagliore dorato che Miley lo vide dilatarsi a tutto il volto, un fiotto imperante che non sarebbe riuscito ad arginare neppure se lo avesse voluto. E quest’unica emozione la aiutò a capire di aver fatto davvero qualcosa di buono, parlandogli in modo così sincero. Quelle parole erano state una mano calda sul cuore, ma non soltanto per Remus. Lo erano state per entrambi.
« No » confermò Miley a se stessa, sorridendo appena. « E’ tutto come prima. Io non sono cambiata, il modo in cui penso a te non è cambiato… l’unica cosa diversa è che adesso non abbiamo più segreti. Che non dobbiamo più stare male per le cose che ci teniamo nascoste, e questa è l’unica cosa che ho sperato con tutto il cuore che cambiasse, in quest’ultimo periodo. Nient’altro ». Giocherellò con qualche ciuffo d’erba accanto a sé, per poi concentrarsi nuovamente su di lui, che aveva già da un po’ smesso di sfuggirle e adesso ricercava il suo sguardo. « Nemmeno tu sei diverso » riflettè. « E non devi diventarlo per niente al mondo. Perché sei meraviglioso, Remus. Sei meraviglioso ».
Parlò con trasporto, con energia, con affetto, e sentì che ogni parola che le riempiva la bocca per poi gettarsi immediatamente fuori attraversava la sua mente così rapidamente da non concederle il tempo necessario per capacitarsi di averla davvero prodotta razionalmente. I pensieri fluivano in piena libertà, scivolando attraverso le labbra come sangue pompato dal cuore, e proprio come non poteva controllare quei battiti, non controllava loro, le sue piccole verità per nulla introverse, incapaci di isolarsi, di nascondersi, di zittirsi, ma impazienti di saltare aldilà di ogni barriera per acquistare finalmente forma.
E lui, lui che si era ritrovato improvvisamente serrato nell’abbraccio ristoratore di quelle parole così incredibilmente speciali, per una volta non volle sfuggirgli o osteggiarle, ma le accolse come una dolce medicina, assaporandole una ad una con crescente stupore e scoprendosi improvvisamente bisognoso di ascoltarle. Erano l’unica cura esistente, non soltanto per la sua malattia, ma anche per tutti quegli effetti collaterali che germogliavano da essa, primo fra tutti la sua immortale insicurezza che lui, con la sua sola forza, non era mai riuscito a polverizzare.
Eppure, in quel frangente, fu certo di poter contare non solo sulla sua energia, ma anche su quella che gli aveva infuso la schiera di rassicurazioni che gli si era stretta intorno. Proprio come un esercito fedele, sarebbe stata in grado di attaccare le sue debolezze e proteggere quanto di più positivo aveva inglobato dentro di sé grazie al leale, incrollabile supporto di Miley. E in quel momento sentì di averla più vicina che mai.
Così accolse il suo viso tra le mani e, d’impeto, la baciò, realizzando che non era più inarrivabile come aveva creduto fino a poco prima, perché era lì, proprio lì con lui, e si lasciava stringere, e accarezzava il suo affetto, e non accennava ad andarsene.
Si sentì catapultato all’indietro, alla notte passata, al tremito del loro primo bacio, anche se solo l’amore con cui le labbra di Miley vivificavano le sue non era mutato. E se quella sera aveva tentato di soffocare paura e sensi di colpa attraverso il silenzio di quel magico gesto, adesso stava riversando in lei tutto il desiderio con cui l’aveva attesa. Con cui aveva atteso lei, lei in possesso della verità, lei che non lasciava che la spaventasse, lei che la accettava.
Ed era proprio quella la Miley che adesso gli faceva sentire tutto il proprio amore. Stringendogli le mani, capì di potersi fidare della fiducia stessa che nutriva nei suoi confronti, senza più dover temere che venisse tradita. Perché era proprio quello il limpido significato di quel bacio, e nessuno dei due avrebbe potuto travisarlo. Non ora che entrambi volevano la stessa cosa, non ora che entrambi avevano fatto un passo avanti. Non ora che si erano finalmente ritrovati dopo giorni di totale smarrimento, e che erano l’uno dalla parte dell’altra, senza indugi.
« Grazie » mormorò piano Remus quando si separarono, senza riuscire in alcun modo a trattenersi.
Lei lo guardò dritto negli occhi, ancora vicina a lui, e sorrise con calore, finché quello stesso sorriso non si trasformò in una risata, una risata felice.
« John… » disse, scuotendo appena il capo come in segno di rimprovero, e lo abbracciò forte, finché non lo sentì ridere insieme a lei.








Note della Malandrinautrice: Salve! Come andiamo, gente?
Io sono stremata da questo ultimo periodo scolastico, mi sta distruggendo e sono perennemente impantanata fra i libri. Come sempre, è questo uno dei motivi del ritardo nell'aggiornamento. Ma veniamo al capitolo!
Mmm, direi che ormai ben due coppie sono finalmente sistemate! Per una volta possiamo festeggiare! Definitivamente, aggiungerei. E... nulla, abbiamo solo una piccola cosuccia da chiarire. Remus dice che non conosce l'identità del Lupo Mannaro che lo ha aggredito da piccolo. Beh, abbiamo scritto questo perché ne 'Il Principe Mezzosangue', come anche nella biografia di Remus su Pottermore, si dice che a lungo ha ignorato chi fosse il suo aggressore, per cui approfondiremo in seguito tutta questa faccenda, cioè - ora possiamo confermarlo - nella prossima storia, perché abbiamo deciso di dividerla in due parti. E, come abbiamo già detto nel nostro gruppo Facebook, questa prima parte sarà composta da 50 capitoli. Siamo al rush finale, gente!
Detto ciò, non ci resta che ringraziare di tutto cuore i ventotto splendidi lettori che ci hanno recensito allo scorso capitolo. Leggere le vostre parole di incoraggiamento ci dà sempre una spinta in più per motivarci, migliorarci e andare avanti con passione. Quindi davvero, grazie infinite, siete una gioia, per noi!
E grazie ai 436 delle preferite, ai 106 delle ricordate e ai 421 delle seguite! Ormai siete davvero tantissimi, è fantastico!
Vi lasciamo infine un'immagine di un piccolo frammento della scena Blanks del capitolo: 
http://oi62.tinypic.com/2jfc69.jpg.
E con questi due bellocci vi abbracciamo e vi ringraziamo ancora! Un bacio, ciao!


Simona_Lupin
   
 
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