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Autore: RobiSmolderhalder    15/05/2014    7 recensioni
Just A Little Woman nasce in una notte insonne.
La protagonista è Bella Swan. Bella ha una vita comune, un giorno scopre di essere incinta. Jacob, il fidanzato non accetta che lei vuole tenere questo piccolo esserino. il senso materno, che, immediatamente si impossessa di lei, le impone a non uccidere quel piccolo. Ce la farà Bella a passare la gravidanza da sola? Senza il padre del bambino? O arriverà qualcuno in suo soccorso?
Scoprite con me l'evolversi della storia.
Roby
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Just a little woman.

 

 

 

 

 

And if You die, I wanna die with you.

 

 

 

 

 

 

 

Non sentivo né vedevo mia madre da una settimana.
Troppo orgogliosa per farsi sentire ed io troppo ferita per farlo. Dicono che, in qualsiasi tipo di rapporto, l’orgoglio dev’essere buttato via, lei non lo aveva fatto. Ero arrabbiata con lei, perché per quando potesse essere spaventata quella era la mia vita ed io avevo   scelto di viverla in quel modo. Amavo Edward e avrei fatto qualsiasi cosa per lui. Ero seduta sul piccolo tavolo della cucina, e, solo dopo le mie piccole riflessioni mi resi conto che il mio caffè era diventato uno schifo. Lo gettai sul lavandino e mi passai una mano sul viso. Edward era andato a fare la spesa mentre dormivo, era il suo modo per “scappare” a certi tipi di pensieri.
Un passo alla volta e ce l’avremmo fatta, quella volta ero fiduciosa. Cominciai a pulire casa e cercai di pensare a tutto meno che a quello. Quando aprii l’armadio di Edward, per sistemare i panni stirati, intravidi un sacchettino familiare. La curiosità è donna; perciò lo afferrai e lo aprii.
Certo che era familiare.
Era quel sacchettino, quello che avevo visto qualche mese fa quando andammo a fare compere prenatali. Una cosa che non mi era familiare però, era una busta azzurra, l’aprii e vidi che c’erano parecchi fogli piegati, li aprii e cominciai a leggere:

 

Ciao Ted,

Quando ero piccolino, osservavo spesso mio padre perdendomi a pensare a lui molto spesso nell’arco delle giornate. All’età di undici anni mi dissi: “Anch’io voglio diventare padre” tu…stavi per rendere quel sogno realtà. Forse, in qualche altra vita precedente ho fatto qualcosa di sbagliato per meritare la tua perdita.

Le piccole lettere, in tutto, erano tre.

 

Caro piccolino,
Forse, scriverti è un’assurdità ma, se ti dicessi che farlo mi fa stare bene mi crederesti? Non vedo la mamma da un mese ormai e mi sento morire giorno dopo giorno. A quest’ora avresti dovuto essere tra le nostre braccia, piccolo e indifeso. Oggi ero andato a fare una passeggiata, c’era un papà con una bimba sulla bicicletta…nella mia mente ci avevo visti insieme in quel modo tante…infinite volte.

Sul terzo foglio c’era una sola riga.

 

Soffro la tua assenza più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Scoppiai a piangere, nonostante fossi del tutto consapevole dell’amore che Edward provava nei confronti del nostro piccolo Ted. La sua mano - non c’era bisogno di pensarci su per riconoscere il suo tocco anche con un solo sfioramento – si adagiò delicatamente sulla mia spalla e sentii il sapore amaro delle sue lacrime fondersi con le mie. Distruzione; quella era la parola giusta. Passammo il resto del pomeriggio abbracciati sul divano a guardare la tv, era triste e, per più di una volta pensai di chiedergli se gli andasse di andare a fare un giro, ma non appena lo guardavo in faccia, mentre lui distratto cercava invano di pensare al programma televisivo che stavano dando in quel momento, mi tiravo indietro. Era troppo chiederglielo…chiedercelo. Suonò il campanello e, con le gambe addormentate andai ad aprire.
«Ciao!» Urlò Alice entrando come un ciclone. Edward mi guardava esattamente come io guardavo Alice; interrogativa. Dietro di lei, timido e impacciato, c’era un ragazzo biondino, alto e magro.
«Lui è Jasper» ci disse lei, dando la spinta ad entrare a quel povero ragazzo. Facemmo le presentazioni e, solo dopo che Edward e Jasper cominciarono a parlare, Alice mi disse che stavano insieme da circa due mesi.
«Come ti sembra?» Mi chiese imbarazzata, cosa che mi stupì molto…lei e l’imbarazzo non andavano completamente di pari passo.
«Spaventato?» Azzardai per sdrammatizzare, scoppiò a ridere e mi abbracciò forte.
«Ti voglio bene, Bella». Una lacrima lasciò il mio occhio e, non seppi mai dire se fu per la rivelazione di Alice oppure per la tensione che aleggiava costantemente sulla mia testa.
«Te ne voglio anch’io» non ero stata io a parlare, era stato il mio cuore che d’istinto provò un affetto inspiegabile per quel folletto che inizialmente era una perfetta nana malefica. Sentendo il calore dell’abbraccio di Alice e quell’odore indefinibile da “amica”, pensai ad Hayley e Melanie, mi mancavano tantissimo, nonostante ci sentissimo telefonicamente più volte al dì…feci un respiro profondo e mi promisi di dare ad entrambe appuntamento per un caffè l’indomani.

«Edward non vuole venire» affermò avvilita Alice.
«Cosa? Dove?» Chiesi totalmente in confusione.
«Gli avevo chiesto di andare fuori a mangiare, ha detto di no». Ero consapevole che, per sua sorella, non fosse facile vedere il proprio fratello in quelle condizioni, non biasimavo Alice per quella richiesta, anzi sentii dentro di me che incoraggiarla sarebbe stata la cosa migliore.
«Vado a chiederglielo io».

«Bella, senti mi dispiace…sono stata una stupida a chiedere…è solo che-»
«Alice. Non sei una stupida, anzi, sono sicura che tu l’abbia fatto per farci stare meglio. Andrò a parlarci…se dirà di no pensi che Jasper potrebbe offendersi?» Chiesi pensando al ragazzo di Alice.
«No, lui sa tutto». Annuii e, non trovando Edward dove l’avevo lasciato – sul divano - andai in camera da letto. Era seduto sul letto con le gambe incrociate e con le dita che si torturavano tra loro.

«Amore».
«Ehi» sussurrò sorridendomi teneramente.
«Alice…mi ha detto che lei hai detto di no».
«Tu vuoi andarci?»
Volevo andarci? Non lo sapevo. Volevo solo vederlo felice e, volevo fare contenta Alice, per farle vedere quanto in realtà il fratello era migliorato.
«Perché le hai detto di no?»

«Non me la sento. Non ce la faccio, è come se uscire…» non finì la frase, abbassò solo la testa per non farmi vedere una piccola lacrima che lentamente solcava il suo viso.
«È come se uscendo facessimo un torto a lui…non devi pensare questo, devi solo cercare di pensare a lui in modo felice. Non c'è più Edward, non può sgridarti perché anziché pensare a lui tutto il tempo sei andato a mangiare una pizza con tua sorella, non può essere deluso da te! Era solo un bambino…» ormai le lacrime scendevano a dirotto sulle mie labbra, volevo fare un discorso rincuorante, il problema era che io non ero tranquilla e, di rimando non potevo tranquillizzare lui.
«Non puoi dire queste cose, non ci credi nemmeno tu» mormorò abbracciandomi.

«Ci credo, non per adesso…per il nostro futuro».
«Ogni giorno mi sento morire».
«Non puoi morire. Non puoi abbandonarmi».

«Cosa farei senza di te?» Mi chiese increspando le labbra.
«Io non potrei mai farcela senza di te. Non esiste il mondo senza di te. E se tu muori io morirò con te» affermai rendendomi immediatamente conto che quella era una grande verità. Erano mesi che mi sentivo il fantasma di me stessa, eppure, ero ancora lì a combattere per noi, ma senza di lui non avrei mai potuto sopportare tutto quello. Senza i suoi occhi ero persa, con avrei superato ogni tipo di limite possibile.

Alla fine, restammo a casa e ordinammo quattro pizze, era già un grandissimo passo avanti. Quella sera ritrovai un pezzetto del mio Edward…lui aveva riso ed io avevo ricordato come far battere il mio cuore.

 

«Mamma…» sussurrai entrando in cucina. Avevo bisogno di vederla e, soprattutto di vedere se avesse cambiato idea.
«Bella!» esclamò, scoppiando a piangere. Mi corse incontro e mi abbracciò come se non ci vedessimo da mesi. Annaspai e sorrisi sentendo quel dolce e familiare profumo di mamma. Non c’era modo per descriverlo, era quell’odore che ti rassicurava in silenzio, quello che non appena lo sentivi nell’aria eri consapevole di essere al sicuro. Ci sedemmo sul tavolo della cucina e mi passò il cartone del succo di frutta, al mirtillo, il mio preferito.
«Mamma…» non feci in tempo a formulare una qualsiasi frase che mi interruppe.
«Fai parlare me, ti prego. Devo chiederti scusa…ho sbagliato e…sono stata una stupida. In questi giorni non ti ho chiamata perché avevo paura che fossi talmente arrabbiata da non rispondermi…perdonami tesoro, ti prego» disse prendendomi le mani tra le sue.
«Se non ti avessi perdonata adesso non sarei qui. È solo che…io lo amo, non posso fare a meno di lui…»
«E lui non può fare a meno di te. Lo so adesso e lo sapevo anche prima. Sono stata davvero troppo stupida». Mi guardò negli occhi e vidi tutto quello che desideravo vedere dallo sguardo di mia madre. Lei e la sua totale sincerità mi appoggiavano, non mi sentivo di rimproverarle qualcosa, era una mamma e, soprattutto, anche lei era umana.
«E ti trovo migliorata…dico davvero» sussurrò sorridendomi dolce. Annuii e l’abbracciai così forte che il respiro mancò ad entrambe.
Verso metà pomeriggio, mentre io e mia mamma eravamo uscite a fare compere sentii il suono del mio cellulare.
«Pronto?»

 

«Io e Sarah avremo bisogno di parlarti…non pensare male di noi…»
non capivo niente, Billy Black parlava in continuazione ma io guardavo solo il viso di mia madre, stavo avvertendo i sensi che stavano vendendo a mancare, chiusi gli occhi e mi imposi di calmarmi. Mia madre mi guardava terrorizzata e le feci cenno di star tranquilla.
«Domani alle sei di pomeriggio può andarti bene?»
«Sì» riuscii a rispondere, «a casa mia, ci vediamo al parco centrale di Pankow» chiusi la chiamata senza proferire altre parole e feci un respiro profondo.
«Era Billy» sussurrò mia madre. Io la guardai per dar conferma alla sua affermazione e mi soffermai a pensare a quello che sarebbe potuto accadere il giorno dopo. Volevo incontrarli dopotutto, avevo una gran voglia di sfogare la mia rabbia repressa con loro…quelli che avevano messo al mondo una bestia senza anima, una persona inutile, l’artefice della mia distruzione. Forse, altri, avrebbero detto di no, io invece volevo affrontarli, ero curiosa di vedere cosa avevano da dirmi. Diventai rossa di rabbia e se solo avessi potuto averli davanti in quel momento li avrei menati fino a fargli perdere i sensi…invece ero in centro, con mia madre e dovevo darmi assolutamente un contegno.
«Hai fatto bene e non negargli l’incontro. Adesso andiamo tesoro» sussurrò prendendomi per mano.

 

Non appena stavo per infilare la chiave nella toppa la porta di casa si aprii. C’era Edward che mi sorrideva, ricambiai e rimasi sorpresa – tant’è che gettai un urlo – quando mi prese in braccio e mi buttò sul divano. Non mi dette nemmeno il tempo di parlare che si avventò sulle mie labbra, voglioso e famelico…come non lo era da tempo. Sbottonò la mia camicetta in un colpo solo, facendo saltare tutti i bottoni, scoppiai a ridere e lui si soffermò a guardarmi negli occhi.
«Sei bellissima…ed io ti amo tantissimo».
«Anch’io ti amo» mormorai baciandogli la punta del naso.
«Fa’ l’amore con me». Sentivo il suo membro eccitato sulla coscia, i suoi occhi mi scrutavano con immensa passione, avvicinai le nostre labbra e lo baciai sperando che durasse per sempre.
Lo amavo e lo desideravo con tutta me stessa. Saremmo tornati ad essere felici…era una promessa.

 

 

 

 

 

 

Sì lo so cwc sono una merda fatta e finita.
HO UNA NOVITA’ PERO’!
Il mio tempo è stato rubato da un’iniziativa che ho preso; sto aprendo un negozietto tutto mio e, credetemi, ci sono un sacco di cose da fare, soprattutto farlo di sana pianta…Sabato ci sarà l’inaugurazione e, immaginate quanto sia io in alto mare xD

Stamattina la bolla di ispirazione che mi aleggiava in testa da settimane è scoppiata…quindi ho spento gli impegni e ho scritto a manetta. Anzi, perdonate gli errori ma davvero, sto scappando.

Spero davvero di non avervi deluse.

Un bacione,

 

Roby <3

 

 

 

 

   
 
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