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Autore: KikiShadow93    16/05/2014    10 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccola avvertenza: per chi non lo sapesse, tra il precedente capitolo e questo c'è di mezzo un piccolo spin-off intitolato Dirrty, dove viene spiegato chi è entrato nella cabina di Satch e cosa è successo. Detto questo, vi auguro una buona lettura :D
 
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Se c'è una cosa che tutti quanti sull'imponente Moby Dick non sopportano minimamente, sono le giornate di pioggia. Non di tempesta, dove devi sgobbare come un dannato per evitare che la nave subisca danni o peggio, no. Proprio pioggia fitta e mare insopportabilmente calmo. Non una bava di vento, nulla. Solo fitta e fastidiosissima pioggia.
Perché non lo sopportano? Semplice: perché non c'è assolutamente niente da fare, se non chiudersi sottocoperta a giocare a carte, parlare di sciocchezze e mangiare per ammazzare il tempo. Finché queste azioni vengono compiute nei momenti di riposo va più che bene, è proprio piacevole, ma adesso... è solo straziante.
Molti pirati si sono riuniti nella grande sala mensa, ammazzando il tempo in tutti i modi che riescono a trovare. Altri, invece, hanno preferito sudare un po' in palestra, lanciando spesso e volentieri varie imprecazioni contro il tempo ostile che li sta torturando con quelle goccioline fredde ed incredibilmente fastidiose.
Barbabianca si è chiuso nella sua cabina a leggere, appisolandosi di tanto in tanto, completamente rilassato. Certo, quella brutta giornata lo infastidisce parecchio, ma la consapevolezza che i suoi adorati figli siano tutti quanti al sicuro da quasi una settimana e che Akemi si sia data inspiegabilmente una calmata, lo rincuora notevolmente e gli permette di sorvolare su quel fastidioso inconveniente.
Quando però l'ha vista uscire dall'infermeria, ricevendo non so quante raccomandazioni da parte delle infermiere, si è sentito un po' infastidito. Ha provato a chiedere a Ran cosa sia successo, se si tratta di una cosa grave, se deve preoccuparsi sul serio, e in tutta risposta la donna gli ha sorriso con aria beffarda, parandosi il culo con la scusa del segreto professionale, cioè un modo molto carino e poco offensivo per dire “tua figlia non vuole che tu sappia qualcosa, quindi fatti i cazzi tuoi”.
Si è dunque arreso, chiudendosi nella sua grande camera a leggere e sonnecchiare. Quando però era cosciente e si è ritrovato per le mani un incantevole romanzo d'amore drammatico, suggeritogli ovviamente da Akemi, si è ritrovato a fantasticare come un ragazzino su una possibile storia d'amore tra la sua amabile trovatella e il suo adorato secondo comandante. In fondo li vede sempre giocare assieme, abbracciarsi, parlare di Dio solo sa cosa, e i filmini mentali alla fine gli sono partiti da soli. In fondo, non gli dispiacerebbe per niente diventare nonno e gli farebbe oltre modo piacere sapere che il suo adorato figlio dall'animo tormentato ha trovato quello che sicuramente è il tesoro più grande del creato: l'amore.
Proprio mentre l'imponente capitano dall'animo sognatore pensa e ripensa, cadendo poi in un tranquillo riposo, qualcuno ha trovato dei modi ben più piacevoli di passare quelle interminabili ore di tortura. Usando la scusa che dovevano controllare che le provviste fossero sufficienti fino alla prossima isola, si sono chiusi nella stiva, lontani da occhi indiscreti. Che poi i vestiti siano volati via nell'arco di cinque minuti scarsi è semplicemente una coincidenza.
Un'altra coincidenza è avvenuta quando, dopo circa quindici minuti da quando erano riemersi dalla stiva, hanno dovuto controllare pure che la cambusa fosse ben rifornita per quando dovranno preparare la cena. Che poi la porta sia stata chiusa a chiave a più mandate non è importato a nessuno. In fondo che tra quei due determinati pirati non circoli proprio buon sangue è risaputo, e l'idea che l'abbiano fatto per provare ad eliminarsi senza interruzioni non li sorprende per niente.
Come è una coincidenza che adesso, dopo tutto questo duro lavoro, i due pirati siano andati a farsi una doccia, non dopo aver battibeccato sotto lo sguardo indifferente di tutti i presenti. Guarda un po', poi, una delle due docce pare essersi guastata all'insaputa di tutti, e i due pirati si sono trovati casualmente a fare la doccia insieme.
Ci sono altri due pirati poi che hanno trovato qualcosa di più interessante da fare. Certo, uno dei due adesso dorme nudo come un verme, avvolto tra le lenzuola candide della compagna, ma questo è poco importante.
Cioè, in realtà è importante, almeno per Halta, che adesso non ha assolutamente niente da fare tranne fissare il compagno mentre russa beato, scendendo lentamente con gli occhi sulla schiena liscia e piena di segni rossi. L'idea che qualcuno li possa scoprire, che vedano il sedicesimo comandante che dorme con i capelli sparsi sul suo cuscino e le lenzuola che lo avvolgono come un involtino dalla vita in giù, non le importa proprio niente. Le dispiace solo che Akemi non sia lì per vedere Izo in quelle condizioni, ma è più che consapevole che anche l'amica non stia perdendo tempo a girarsi i pollici.
Solo una persona sta fuori sotto la pioggia battente, a fissare il vuoto con una bottiglia quasi vuota di rum stretta in mano: Satch.
Da una settimana a questa parte, infatti, pare essere cambiato. Certo, i cambiamenti sono così sottili che quasi nessuno se ne è reso conto, ma ci sono. È meno allegro, meno reattivo, a tratti pure scorbutico.
Nessuno sa il perché e nemmeno hanno provato a chiedere. Sono convinti che sia solamente un periodo così, che gli passerà velocemente, inconsapevoli di quanto in realtà il temuto comandante stia soffrendo per la mancanza dell'eccentrica ragazza che una settimana prima si era presentata nella sua stanza e con cui aveva fatto l'amore per buona parte della nottata.
Era felice in quel momento, Satch, ma quando poi la mattina dopo si è svegliato da solo, si è sentito come ferito. È stata un po' come una pugnalata in mezzo alla schiena, dolorosa e lacerante. Aveva infatti sperato di potersi svegliare con Mimì al suo fianco, di poterle dare un ultimo bacio prima di vederla sparire così come era arrivata, ma ciò non è successo. Di lei non c'era nessuna traccia, neanche uno straccio di biglietto in cui gli diceva che sarebbe tornata o che era finita lì.
Beve un altro sorso, deciso ad affogare quel dispiacere che ancora lo sta lacerando nel dolce e forte alcolico, continuando ad imprecare nella sua mente, a lanciarle maledizioni su maledizioni per averlo infettato in quel modo, per averlo piegato inspiegabilmente a quel sentimento che ha tanto evitato, per averlo reso schiavo di quella dipendenza.
«Satch!»
Il quarto comandante si volta lentamente al richiamo di Ace. Lo guarda con sguardo assente, cercando di riprendersi dai propri pensieri, cercando con tutto sé stesso di non vedere il sorriso smagliante di quella maledetta e misteriosa ragazza che gli ha fatto perdere completamente la testa.
«Vieni dentro, sennò ti ammali.» Ace gli sorride gentilmente, facendogli cenno con la testa di seguirlo «Akemi dice che vuole fare un gioco!» aggiunge subito dopo, voltando il capo giusto per assicurarsi che il compagno lo stia effettivamente seguendo.
«Che si è inventata, stavolta?» domanda svogliatamente il maggiore, provando con tutto sé stesso a comportarsi come al solito, a mostrarsi allegro e spensierato, anche se il risultato è incredibilmente scarso.
Si è svegliato male quel giorno, dopo aver sognato di vederla tornare, di vedere di nuovo quel sorriso furbetto che tanto lo manda su di giri, di sentire di nuovo il suo profumo di fiori freschi, e il maltempo non fa altro che peggiorare il suo umore.
«Ah, non ne ho proprio idea.» risponde Pugno di Fuoco, dirigendosi tranquillamente verso la camera di Rakuyo, dove hanno deciso di riunirsi alcuni di loro.
Quando entrano, trovano anche Fossa, Marco e Namiur, intenti a chiacchierare del più e del meno.
Al moro non sfugge l'aria particolarmente stanca della Fenice, e non riesce proprio a trattenere un sorrisetto malizioso.
«Dormito poco, Marco?» gli domanda con finta innocenza, buttandosi a peso morto sul letto del settimo comandante, intento a fumarsi una sigaretta vicino all'oblò.
Marco si limita semplicemente a voltarsi verso di lui e guardarlo senza capire realmente il senso di quella domanda, soprattutto di fronte a quella strana espressione tanto insolita su di lui.
Alla fine fa solo spallucce, tornando a chiacchierare in santa pace degli ultimi avvenimenti e dei nuovi omicidi, che comprendono un nuovo assassinio di un Drago Celeste. La tipologia questa volta sembra essere diversa dalle altre: la vittima è stata annegata in una vasca da bagno e dopo il decesso gli sono stati tagliati polsi. Nessuna scritta, nessun avvertimento o indizio. Solo una rosa nera poggiata sul petto freddo e pallido della vittima.
Dopo qualche minuto fanno il loro ingresso pure Halta ed Izo, entrambi con qualcosa da mangiare in mano. Per loro fortuna, nessuno dei due porta addosso i segni della stanchezza dovuti all'amplesso avvenuto neanche venti minuti prima, al contrario invece del primo comandante.
Certo, c'è anche da dire che i due comandanti non hanno a che fare con un'immortale piena di energie e con un appetito sessuale da far paura. Di questo, però, Marco non si lamenta per niente, anzi.
I minuti trascorrono tranquilli. I vari comandanti parlano con leggerezza, completamente ignari di ciò che accadrà da lì a pochi minuti. E come potrebbero? Come potrebbero sapere cosa si è comprata la loro bizzarra sorella su quella devastante isola? Come potrebbero sapere che vuole scoprire se le dicerie che girano su quell'oggetto sono vere o meno?
«Vi ero mancata?»
Akemi entra nella cabina come un uragano, reggendo tra le mani una curiosa scatola intagliata nel legno e una sacca che straripa di oggetti vari.
«Da morire.» commenta sarcasticamente Fossa, beccandosi in risposta una linguaccia.
È strano il rapporto che li lega: si vogliono bene, moltissimo, ma proprio non riescono a non punzecchiarsi, a lanciarsi frecciatine affilate, a provare a prevalere l'uno sull'altra. Certo, per Fossa questo non è mai stato un problema, ma ultimamente la ragazzetta pare aver sviluppato una forza sin troppo considerevole e, a suo dire, incontrollabile.
Akemi si butta a sedere in mezzo alla stanza, attenta a non inciampare nei vari oggetti abbandonati sul pavimento, lanciando poi con malagrazia una bottiglia vuota contro la parete, mandandola in frantumi.
«Ehi! E se poi la pesto e mi taglio un piede?» le domanda scherzosamente Rakyuo, senza riuscire a trattenere un sorriso. Le vuole davvero bene, si è affezionato alle sue stranezze e anche ai suoi nuovi modi di fare. È diventata così schiva, forte, con quello sguardo glaciale in grado di scioglierti. Al contrario del fratello, poi, lui si diverte proprio a giocare con lei, aiutandola più volte ad escogitare scherzi di ogni genere.
«Così impari a tenere in ordine la tua stanza.» borbotta in risposta Akemi, aprendo finalmente la scatola e posizionando una superficie piatta e chiara al centro della stanza, sulla quale sono disegnate tutte le lettere dell'alfabeto, i numeri dallo 0 al 9, le parole “YES” e “NO” alle estremità, e tanti altri simboli, tra cui un grosso pentacolo ribaltato in mezzo alla superficie chiara. Accanto alla scritta “YES” è stato inciso un teschio sorridente, mentre accanto al “NO” una testa a cui sono stati cuciti occhi e labbra.
«Cos'è quell'affare?» domanda Fossa, guardandola con aria torva. Perché lui sa bene quanto la ragazza sia imprevedibile, quanto sia diventata strana in quella settimana, quanto dentro di lei qualcosa sia cambiato. Non ne ha parlato con nessuno, neanche col capitano, giusto per non allarmarli, per non lanciare un possibile falso allarme.
Tutto sommato però ha il presentimento che anche gli altri si siano accorti di quegli strani cambiamenti. Per esempio, è sicuro che si siano accorti del fatto che si diverta a cacciare i pochi roditori che si nascondono sulla nave, di come attenda come un perfetto predatore che abbassino la guardia per poi attaccarli e sbranarli, di come si diverta ad ucciderli. O sennò, per fare un altro esempio, di come si diverta ad uccidere in generale, come quando hanno assaltato una nave nemica e abbia fatto una vera e propria strage, attaccandosi pure alla gola di un uomo fino a soffocarlo, usando la sola forza della mandibola.
Se ne accorge anche adesso, Fossa, mentre la osserva mentre sfiora con la punta delle dita quella strana tavola, ammirandola quasi come se fosse una preziosa reliquia.
«È una tavola Ouija. Carina, eh? L'ho presa a Namba. Secondo Kakashi è un gioco divertente.» risponde distrattamente Akemi, sistemando la bizzarra tavola al centro della stanza «Dovete mettervi in cerchio adesso.» aggiunge subito dopo, afferrando la borsa che aveva precedentemente adagiato al proprio fianco e cominciando a rovistarci dentro.
«Cosa stiamo facendo per l'esattezza?» le domanda Rakuyo incuriosito, mettendosi a sedere con le gambe incrociate al fianco della ragazza. Osserva ciò che ha davanti con interesse, incuriosendosi ancora di più quando la sorellina posiziona in cerchio dei piccoli cerini.
«Un gioco.» risponde secca la corvina, accendendo velocemente tutte le piccole candele, ammirandone come ipnotizzata le piccole fiammelle danzanti.
«A me sembra più una seduta spiritica.» osserva Izo con tono incerto, facendo saettare gli occhi dalla tavola alla ragazza, che gli sorride con una più che evidente finta aria colpevole.
«Più o meno...»
«Stai scherzando? Non c'è da giocare con queste cose!» sbotta Ace, scattando a sedere sul bordo del letto e guardandola come se fosse impazzita tutto in un colpo.
«Credevo che tu le reputassi tutte sciocchezze.» afferma con tono canzonatorio Akemi, sorridendogli con aria derisoria.
«Si, però... non so, su quel libro sembra tutto così vero.» ammette a malincuore Pugno di Fuoco, passandosi una mano dietro al collo per l'imbarazzo. Perché, in fondo, ammettere di aver seriamente letto quel libro ed essere arrivati a pensare che ci sia del vero tra quelle pagine piene di strani simboli, è imbarazzante.
«Ti sei lasciato condizionare, Ace.» gli sorride in modo cordiale Akemi, come a volerlo tranquillizzare. In realtà è solo intenzionata a provare quel bizzarro gioco, a comunicare con i morti, e di tranquillizzarlo non le importa proprio un bel niente.
«Non ha mai fatto male a nessuno giocare un po'.» aggiunge subito dopo, sistemando la piccola lancetta sulla superficie liscia, la plachette.
«A cosa serve?» le domanda con un vago interesse Izo, sedendosi di fronte a lei. In fondo non ha nient'altro da fare, non può neanche starsene da solo con Halta senza dare nell'occhio, quindi tanto vale provare quell'assurdo giochetto da bambini e farsi due risate.
«A regola per porre domande alle anime dei morti o demoni.» risponde con un ampio sorriso Akemi, contenta che almeno uno tra loro sia dalla sua parte. Sapeva già di partenza che sarebbero stati restii a farlo, quindi vedere che almeno il suo ormai ex consulente notturno le dà corda la rallegra parecchio.
«Che cosa divertente!» afferma con un marcato sarcasmo la Fenice, facendola accigliare.
Non lo ammetterà mai, Marco, ma vederla con quell'espressione corrucciata da bambina a cui sono state appena negate delle caramelle gli piace da impazzire. Gli piace di più quando per dispetto si rifiuta di baciarla o di darle attenzioni, ma anche il quel frangente gli va bene.
«Abbiamo altro da fare?» soffia la corvina, assottigliando lo sguardo.
«Ok...» si arrende dopo qualche istante Namiur, mettendosi a sedere di fianco alla compagna con aria sconsolata.
Si passa le mani sul volto e sbuffa sonoramente, praticamente copiato da tutti i compagni che velocemente seguono il suo esempio, consapevoli che o lo fanno o dovranno sorbirsi lunghi giorni di broncio e dispetti improponibili.
Akemi, tutta ringalluzzita, si sistema meglio sul cuscino su cui è seduta e passa poi ad esporre agli altri partecipanti come funziona il gioco «Dobbiamo mettere la mano sulla planchette e fare una domanda, se c'è lo spirito questa si muoverà sulle varie lettere per comporre la risposta.»
«Non ci credo che sto per fare una stronzata del genere.» sbotta Fossa, passandosi una mano dietro al collo con aria infastidita. Non è certo tipo da quelle cose lui, non lo è mai stato. Vorrebbe davvero evitare di partecipare, però non vuole neanche rovinare la festa a tutti, che improvvisamente sembrano essere tanto interessati alla cosa.
Quello che Fossa non sa, però, è che tutti sono interessati perché vogliono semplicemente prendere in giro la ragazza.
«Metti la mano, miscredente!» lo rimbecca Akemi, facendogli storcere la bocca. Anche questa volta non le risponde e non prova a spiaccicarla contro la parete con un pugno solo per non essere il guastafeste di turno.
«Cosa chiediamo?» domanda il sedicesimo comandante, seduto tra Ace e Marco.
I due comandanti gli lanciano un'occhiata scettica, domandandogli silenziosamente se ha perso il senno tutto in un colpo o se vuole prenderla in giro come tutti gli altri. Si guardano poi tra di loro, scuotendo la testa sconsolati quando si rendono conto dell'espressione seria dell'amico, alleandosi allo stesso tempo per distruggere pure lui.
«Intanto se c'è qualcuno ad ascoltarci, direi.» propone Halta, lanciando una fugace occhiata alla sorella, che sorride entusiasta.
'Possibile che tu non ti renda conto che ti stanno prendendo in giro?'
Nella stanza cala un profondo silenzio e, dopo un cenno col capo della corvina, tutti poggiano la punta delle dita sulla plachette, trattenendo con loro grande sorpresa le risate.
«Spirito, se sei con noi, io ti invoco.» afferma con convinzione Akemi, tenendo gli occhi chiusi e ricorrendo a tutta la sua concentrazione.
Si sorprende di non sentire la voce di Týr che la prende in giro, essendo sicura che la reputerebbe una sciocchezza, inconsapevole di quanto l'uomo ci abbia giocato in vita e quante volte abbia rischiato la pelle nel prendersi gioco degli antichi spiriti che avevano pazientemente risposto alla sua chiamata.
«C'è qualcuno con noi?» domanda dopo qualche istante di silenzio Akemi, aprendo gli occhi e guardandosi attorno per la stanza con una punta di delusione.
«Se sei donna fatti avanti, se sei maschio alla larga!» scherza prontamente Satch, facendo ridere tutti i presenti.
«Non burlarti così degli spiriti, perché li stiamo già disturbando e non ti ringrazierebbero.» gli ringhia contro la giovane immortale, incenerendolo con lo sguardo. Perché lei è profondamente convinta che ci sia qualcosa dopo la morte, che ci siano altre creature strane come lei, che gli spiriti possano realmente mettersi in contatto con i vivi se lo vogliono, e non riesce proprio a digerire il fatto che il suo adorato fratellone se ne prenda gioco così apertamente.
«Ok, ok, ma stai calma!» si scusa prontamente il maggiore, alzando le mani in segno di resa e mettendosi subito in disparte. In fondo se ha reagito così per una stupida battuta, non vuole immaginarsi quanto se la prenderà non appena gli altri metteranno in atto il loro innocente scherzo.
La ragazza sospira forte per calmarsi, tornando poi a fissare intensamente la tavola al centro del cerchio e riprovando subito a mettersi in contatto con qualcuno.
«Non abbiamo cattive intenzioni. C'è qualcuno?»
Sorprendentemente la plachette si muove verso il cerchietto dentro cui è scritto “YES” e Akemi si illumina, emozionata come poche altre volte.
La sua emozione però muore quando i compagni scoppiano in una fragorosa risata e tolgono le mani, sfottendola e dandogli della credulona.
«Siete degli stronzi!» strilla in preda alla collera, scattando in piedi come una molla e snudando d'istinto le zanne, sentendosi profondamente offesa.
Gli altri però non ci badano più di tanto, troppo presi dalle risate che quasi li piegano in due.
Solo Izo non ride, troppo concentrato a fissare con sguardo stralunato la piccola plachette che lentamente prende a muoversi da sola.
«Ragazzi...» li richiama con voce incerta, indicando l'oggetto che continua a muoversi sulle varie lettere fino a comporre la parola “VANTRO”.
Cala un gelido silenzio tra di loro, profondamente turbati da ciò che hanno appena visto. In fondo nessuno stava giocando, quindi è impossibile che uno di loro lo abbia fatto per spaventarli.
«Porca puttana...» mormora Ace, rimettendosi seduto in modo composto e fissando intensamente la tavola che ha di fronte. Prova un vago senso di inquietudine aleggiargli nel cuore, mentre la voglia di alzarsi in piedi ed urlare a tutti quanti che aveva ragione e che aveva provato ad avvertirli diventa quasi insostenibile.
Akemi si rimette a sedere lentamente, senza staccare gli occhi dalla plachette ancora ferma sulla O.
«C- chi sei?» domanda incerta, sussultando quando la lancetta si muove di nuovo senza essere sfiorata da nessuno, andandosi a posizionare lentamente sulle lettere, fino a formare la parola “GUD”.
Tutti rimangono in silenzio, non badando neanche alle piccole fiammelle dei cerini che si muovono appena, come mosse dal vento.
«Hai cattive intenzioni?» domanda Akemi, animata da una malsana curiosità.
La lancetta scatta veloce e si blocca su “YES”, scatenando lo stupore generale.
Non riescono a crederci, proprio no. Sarebbe ammissibile se qualcuno di loro avesse un potere tale che gli permetta di muovere gli oggetti con il pensiero, ma visto che tutti ne sono sprovvisti è semplicemente assurdo.
«Cosa vuoi fare?» domanda con un filo di voce Akemi, mentre la curiosità sparisce lentamente, lasciando spazio ad una più che giustificata inquietudine.
La plachette si muove velocemente, troppo perché loro riescano ad appuntarsi ciò che viene scritto, ma non abbastanza per sfuggire alla vista acuta della corvina.
Jeg er ikke døg” ripete nella sua mente, cercando di capirne il significato, provando a memorizzare immediatamente la frase successiva “Jeg finner deg”.
Non ha nemmeno il tempo di metabolizzarla, di provare a tradurla, che subito la plachette comincia a muoversi ancora più velocemente, scrivendo a ripetizione la parola “MIN”.
La scrive e la riscrive, fino all'esaurimento, facendo trattenere loro il respiro, finché la tavola schizza in aria di scatto, come se fosse stata scaraventata da qualcuno.
«Ace, bruciala...» mormora Akemi dopo lunghi minuti di assoluto silenzio, alzandosi in piedi e dirigendosi a grandi falcate verso il piccolo oblò per prendere una boccata d'aria e schiarirsi le idee.
«Dite che abbiamo davvero chiamato uno spirito?» domanda Halta con tono incerto, osservando distrattamente Ace mentre dà fuoco a quel bizzarro oggetto e poi estingue le fiamme quando ormai non ne è rimasto altro che cenere.
«Qualche chiaroveggente deve avervi intercettati e ha giocato con voi. Non avete niente da temere.» afferma con sicurezza Týr, facendo tirare un sospiro di sollievo alla ragazza.
Sorride appena, nascondendo il volto dietro ai capelli, trattenendosi con tutta sé stessa dall'insultarlo pesantemente per non essersi palesato prima e per non averla messa in guardia. Perché non lo fa? Semplice: se la prenderebbe troppo e non le parlerebbe più, idea ormai diventata insopportabile per Akemi.
«No, è stato un caso.» afferma con una falsa sicurezza l'immortale, voltandosi verso i compagni e sorridendo nel modo più rassicurante che riesce a trovare.
I presenti annuiscono distrattamente, lanciandosi delle fugaci occhiate. Non credono del tutto alle sue parole, non quando riescono a vedere chiaramente il turbamento nel suoi occhi.
Marco la guarda con attenzione mentre torna a fissare fuori dall'oblò con sguardo attento, arrivando velocemente alla conclusione che sta parlando con quella strana entità che vive nel suo subconscio. Perché ne hanno parlato, qualche notte prima, mentre riprendevano fiato. Ne hanno parlato e a Marco è sembrata una cosa assurda, ma allo stesso tempo decisamente probabile. In fondo è così strana che tutto con lei diventa possibile, anche la presenza di un essere tangibile e reale in una specie di realtà parallela.
Guardandola adesso, si rende anche conto che c'è qualcosa che non va, qualcosa che però non è collegato a quel gioco idiota di cui adesso gli altri stanno animatamente discutendo.
Si alza da terra e la raggiunge, venendo fortunatamente ignorato da tutti quanti, troppo presi dal fatto che Satch, l'uomo forse più giocherellone e amichevole dell'intera ciurma, abbia appena annunciato di voler uscire per stare un po' da solo.
«Tutto bene?» le domanda con un filo di voce, sfiorandole con la punta delle dita il dorso della mano abbandonata lungo il fianco.
«Si.» risponde secca, tenendo gli occhi fissi sul cielo plumbeo e la pioggia battente «Tutto bene.»
Non le crede, Marco, per niente. Sa bene che c'è qualcosa che la sta turbando nel profondo, qualcosa che ancora non è riuscito a capire.
Da quando è risorta si comporta in quella maniera bizzarra: si chiude in un profondo mutismo anche per qualche ora, mangia poco, dorme poco. Alcuni dicono che si trasforma in una specie di zombie, ed in fondo non hanno neanche tutti i torti.
«Ne vuoi parlare?» le domanda con tono gentile, realmente preoccupato per quello che le sta succedendo. Ha fatto tante cose strane da quando la conosce, è vero, ma mai una volta ha avuto degli atteggiamenti simili.
«Vado a riposare.» risponde freddamente la corvina, uscendo dalla cabina velocemente così come ci era entrata. Non saluta nessuno, non guarda nessuno. Si muove e basta, silenziosa come un fantasma, con gli occhi di ghiaccio fissi nel vuoto.
«Dico sul serio, ragazzina: non pensarci.» insiste Týr, più che deciso a rassicurarla.
'Come posso non pensarci? Un qualche chiaroveggente è riuscito ad intercettarci... potrebbe scoprire la nostra rotta!'
Entra nella propria stanza e si butta sul letto, rannicchiandosi nell'angolo con le spalle contro il muro.
«Ti dico che puoi stare tranquilla, fidati.» insiste, sbuffando sonoramente. Se ne stava tanto bene in solitudine, a pensare ai fatti propri, e ora invece si ritrova a dover discutere con una poppante per una cosa che non lo riguarda «Ci ho giocato una marea di volte, non è mai successo niente di eccezionale... certo, una volta abbiamo invocato un demone e la situazione ci sfuggì un po' di mano, ma vabè.»
Demone?” il suo interesse si accende di colpo e di scatto alza la testa, sorridendo serenamente. Adora parlare con Týr, le piace sentire la sua voce, ascoltare i suoi racconti. Non riesce a farne a meno, non osa neanche pensare di allontanarlo da sé. Lo vuole al suo fianco, lo sente suo e sa che la cosa è reciproca.
Certo, questo a Marco non l'ha detto. E come potrebbe? Si frequentano da poco più di una settimana! Con che faccia può andare da lui e dirgli “Ehy, sai che amo parlare con quel pazzo e che non riesco a sopportare l'idea di separarmene e che non vedo l'ora di addormentarmi pur di rivederlo?” ? Sarebbe di cattivo gusto.
«Vuoi che te ne parli un po'?» si arrende di fronte all'evidenza il maggiore, sbuffando sonoramente. Non ne ha voglia in realtà, anche perché nutre un certo astio verso quelle creature, ma se questo può aiutare a distrarla dalla realtà può anche starci.
'Decisamente si!'
«Allora, i Demoni, come spero tu giù sappia, sono immortali: una “stagione” non è altro che qualche migliaio di anni per loro. Sono creature che devono essere sempre approcciate con estrema onestà e rispetto, sennò vanno fuori di testa e distruggono ogni cosa.» inizia così, con tono calmo, rassicurante ed ammaliante, tanto da ipnotizzarla e farla pendere completamente dalle sue labbra «Ci sono dei modi ben specifici per evocarli: innanzitutto, devi conoscere il Demone che vuoi evocare, è importante avere uno scopo specifico ed è appropriato offrire qualcosa in cambio. Ricordati di non concordare MAI qualcosa che sai non poter fare. Il Demone non la prenderebbe per niente bene. Poi... mhhh... che altro devi sapere? Ah, si. I Demoni parlano attraverso i nostri pensieri. All'inizio non capisci un cazzo di niente, ma con l'esperienza diventa facile.»
Akemi non si perde una sola parola, troppo ammaliata dal suono della sua voce, troppo concentrata su ciò che ha da dirle. Non si accorge neanche del grande via vai davanti alla sua porta, del fatto che abbia smesso di piovere.
«Poi... ah, si! Devi stare in un posto tranquillo e devi usare dell'incenso di buona qualità. Poi servono candele nere o blu, o, ancor meglio, del colore dello specifico Demone. Poi ti serve il foglio con il Sigillo del Demone.» finisce parlando tutto in un fiato, facendola ridacchiare.
'Con l'invocazione ho chiuso, giuro!' afferma sicura, come se fosse una bambina piccola che è stata appena beccata dalla mamma con le mani nel vaso della marmellata.
Tra i due cala un breve silenzio, finché ad Akemi viene assalita da un atroce dubbio.
'Se dovessi vederne uno... mi aiuteresti, vero?' gli domanda titubante, preoccupata di essersi spinta troppo oltre considerata la mancata risposta da parte dell'altro.
Quando poi questa arriva, la spiazza completamente.
«Certo, scricciolo.»

Nel frattempo, nella cabina di Rakuyou, tutti continuano a bighellonare, prendendosi in giro e raccontando barzellette.
Dopo un po', stufo di quei discorsi senza logica, pure Marco se ne va e, senza neanche pensarci, si dirige velocemente verso la cabina della compagna. È più forte di lui, malgrado sappia perfettamente che potrebbero vederlo e farsi dei sospetti. Marco però è troppo furbo per farsi mettere nel sacco così, e si è già preparato una scusa più che credibile: le voleva semplicemente tenere compagnia perché sa che ha paura della pioggia. Certo, ormai ha smesso, ma dirà che si trovava lì già da prima e che alla fine si sono messi semplicemente a parlare.
Bussa piano alla porta ed entra non appena gli viene dato l'accesso, trovandola rannicchiata sul letto a fissarsi con insistenza il braccio tatuato. Sorride involontariamente mentre la guarda, imprimendosi nella mente ogni dettaglio: i muscoli sviluppati delle gambe, la carnagione nivea, i capelli neri e lucenti come il piumaggio del suo corvo che le scendono sulle spalle forti, i lineamenti delicati del viso e poi i suoi occhi, quei magnifici occhi di ghiaccio che lo fanno ardere.
«Ti sei già stufata di averli?» le domanda con tono divertito mentre l'avvicina, mettendosi a sedere sul bordo del letto.
Non la tocca neanche con un dito, poiché consapevole del suo turbamento emotivo. Non ha bisogno che lei glielo dica, gli basta guardarla. Gli è bastato vedere i suoi occhi dopo quella seduta spiritica quando la tavola è saltata in aria.
Ora non le farà pressioni di alcun tipo. Sa bene che non gradisce quando si invadono troppo i suoi spazi, cosa che condivide in pieno. Se gliene vorrà parlare, lo farà di sua spontanea iniziativa.
«No.» risponde secca la giovane, alzando finalmente gli occhi sul comandante «Ne voglio ancora.» aggiunge subito dopo, sorridendo appena.
«Ancora?! Guarda che se insisti a riempirti in questo modo cambieranno il tuo soprannome da ricercata in “Scarabocchio”. È questo che vuoi?» la sfotte prontamente Marco, sedendosi comodamente sul suo morbido materasso, lasciandosi andare ad un sorriso.
Si sente strano in quei momenti. Lui non sorride mai, non mostra mai così apertamente le proprie emozioni, non lo ha mai fatto. Con lei, invece, non riesce a trattenersi, non come vorrebbe. Si lascia andare sempre alla passione bruciante che lo divora non appena la sfiora, gli batte il cuore all'impazzata di fronte ai suoi sorrisi, si sente in paradiso quando raggiunge l'apice del piacere e si accascia sul suo corpo, quando sente il suo cuore battere forte come il suo.
«Tu non puoi capire...» sussurra in risposta Akemi, abbassando lo sguardo e compiendo un gesto che spiazza completamente il compagno: all'inizio semplicemente si sfiora un polso con la punta delle dita, per poi affondare gli artigli nella tenera carne, lasciando sgorgare copiosamente il sangue troppo scuro e denso.
«Cazzo!» sbotta Marco, afferrando una maglia della ragazza poggiata sul letto e scattando in avanti per bloccarle l'emorragia.
«Ma che ti salta in mente, razza di idiota?!» le ringhia contro imbestialito, stringendole con forza il polso, la cui carne è ormai rimarginata.
Akemi alza semplicemente gli occhi su di lui, seria come poche altre volte in vita sua, provando un profondo senso di angoscia nel vedere il turbinio di emozioni negli occhi del compagno. Non vuole farlo soffrire, causargli preoccupazioni, ma proprio non riesce a fare a meno di quello strano vizio.
«Tu non puoi capire, Marco...» mormora con tono dispiaciuto, sollevata però nel vedere i muscoli delle spalle dell'uomo distendersi, così come il suo sguardo «Il dolore fisico, il sangue che lento cola sulla mia pelle... mi fa sentire... viva.» spiega con tono serio, sfiorando con la punta delle dita la pelle calda di Marco, disegnando dei ghirigori immaginari, beandosi del suo profumo.
Trae un respiro profondo, decidendo di vuotare il sacco. Sa bene che lui si è accorto di qualcosa, è troppo sveglio per non essersene reso conto, quindi pensa bene di mettere in chiaro le cose per il suo bene.
«Sono morta più volte nella mia breve vita, Marco, ma l'ultima volta sembrava quella definitiva. Non sai cosa si prova a sentire il proprio organismo che lentamente muore, la forza vitale che esce dal tuo corpo lentamente, lasciandoti immobile e agonizzante. Non sai cosa si prova a dover rimanere chiuso in un limbo, a vedere cose che appartengono ad un passato che non riesci a ricordare, ad una vita precedente che non puoi più avere.» afferma con tono lento e pacato, sostenendo il suo sguardo «È per questo che lo faccio ogni giorno. È per questo che mi taglio sempre più in profondità, che lascio che il sangue sgorghi, che cerco ogni modo per sentire dolore: è solo grazie a quella momentanea sofferenza che sento di appartenere ancora al mondo dei vivi, che la mia forza vitale ancora risiede dentro al mio corpo.»
Marco abbassa lo sguardo, sentendosi incredibilmente impotente. Era convinto di essere capace di renderla felice, di riuscire a non farle pensare a tutte le cose orrende che le sono successe, ma a questo punto è convinto di essersi sbagliato.
«Non pretendo che tu lo accetti, neanche che tu lo capisca, solo... non provare più a fermarmi. Voltati dall'altra parte se ti dà così noia, se ti risulta impossibile sopportarlo. Io non posso rinunciarci.» mormora dopo qualche straziante minuto di silenzio Akemi, ritraendo la mano a malincuore e voltando la testa dall'altra parte.
Marco la fissa intensamente, prendendole poi il mento tra le dita e baciandola a fior di labbra, come a volerla tranquillizzare con quel semplice e casto gesto.
«Promettimi solo che non farai delle idiozie.» il suo è più un ordine che una richiesta, ma in ogni caso riesce a strappare un sorriso alla corvina.
Non si dicono mai cose dolci, non sono una coppia smielata, non ci riuscirebbero. Però, tra un momento di bruciante passione e l'altro, accade che si scambino questi gesti affettuosi, di cui Akemi non riuscirebbe più a fare a meno.
Perché anche se non lo ha mai detto a parole, anche se non vuole realmente ammetterlo con sé stessa, lei è innamorata di Marco. Darebbe la sua vita per lui, camminerebbe nel fuoco più torrido se lo rendesse felice.
«Cos'è, non riusciresti più a stare senza di me?» lo sfotte sorridendo a pochi centimetri dalle sue labbra, giusto per non lasciarsi andare a troppi sentimentalismi. Ha pur sempre una certa reputazione da mantenere. Inoltre Týr non le darebbe pace se si mostrasse troppo dolce.
«Ti piacerebbe.» risponde a tono il biondo, facendole l'occhiolino e alzandosi subito dopo dal letto, dirigendosi verso la porta per andare a controllare come stanno le cose sul ponte «Pulisci questo schifo, forza.» ordina distrattamente, riferendosi alle macchie di sangue che imbrattano il pavimento nell'angolo.
«Non sei tu il mio comandante.» controbatte prontamente la corvina, incrociando le braccia al petto con fare indispettito.
«A proposito di questo...» Marco si blocca di colpo, passandosi una mano dietro al collo e voltandosi verso di lei «Ti dispiace andare a parlarci? Lo vedo giù di tono ultimamente.»
«Non c'è problema.» risponde con un sorriso allegro la minore, alzandosi a sua volta e superandolo senza degnarlo di uno sguardo, ricevendo come punizione per questa mancanza di attenzione una sonora pacca sul sedere.

Il crepuscolo sta calando sulle immense vele ammainate, e ormai l'equipaggio si affretta per terminare velocemente i lavoretti che avrebbero dovuto fare nel pomeriggio.
Le infermiere continuano imperterrite ad esaminare i campioni che hanno prelevato ad Akemi, cercando di trovare una qualsiasi cosa positiva. Una sola, ne sarebbero più che entusiaste. Il problema nasce dal momento che di positivo non c'è assolutamente niente in quelle analisi, se non il fatto che la sua anemia sembri sparita.
Barbabianca, dal suo seggio, osserva sorridente i figli mentre si godono l'aria fresca, correndo da una parte all'altra come dei bambini.
Marco gli si ferma di fianco, e il capitano non riesce a non sorridere di fronte alla sua espressione serena. Non sa per quale ragione sia così raggiante negli ultimi tempi, e di certo non andrà a ficcare il naso in affari che non lo riguardano, ma ne è decisamente felice.
Era da tanto tempo che non lo vedeva così, che non vedeva quella luce nei suoi occhi, che non lo vedeva così felice. È curioso da impazzire di sapere cosa gli passi per la testa, cosa lo renda tanto attivo, e anche perché si ritrova con delle profonde occhiaie, ma decide di tenere la bocca chiusa. Quando gliene vorrà parlare, lo farà lui.
Dall'altra parte della nave, proprio nel giardinetto, Satch osserva distrattamente il cielo che si schiarisce con sguardo malinconico.
Una leggera brezza di vento gli scompiglia i capelli e per un istante, un breve, brevissimo istante, gli è sembrato di percepire l'alito tiepido della sua Mimì contro la tempia, uno di quei respiri prolungati, di quelli che precedono un bacio. Non un bacio forte, passionale. Un bacio dolce, delicato come un petalo di rosa, e straziante per il cuore come se venisse avvolto dalle spine del magnifico fiore.
Ci pensa e ci ripensa, non riuscendo a capire cosa gli sia successo, come possa essersi ridotto in quello stato, quale incantesimo gli ha fatto per ridurlo così.
«Ehi, vecchia volpe...» dice tra sé, massaggiandosi una spalla con un sorriso sghembo in faccia «Mi sa davvero che ti stai innamorando...»
«Innamorando di chi, fratellone?»
Il comandante della quarta flotta quasi vola in alto per tre metri nel sentire una voce proprio alle sue spalle, tenendosi una mano sul cuore nel tentativo di calmarlo.
Dietro di lui Akemi lo guarda tranquilla, come se non lo avesse appena spaventato con il suo simpatico scherzetto.
«Angioletto...» le passa una mano tra i capelli corvini, afferrandola poi per la vita e trascinandosela in grembo «Non dovresti spuntare così all'improvviso, te l'ho detto mille volte.» la rimprovera subito dopo, sorridendo di fronte alla sua espressione contrariata.
«Di chi stavi parlando?» cambia repentinamente argomento la corvina, lasciandolo perplesso e con una domanda scomoda alla quale rispondere.
Perché lei sa che il suo caro Satch sta nascondendo qualcosa. Come lo sa? Semplice: una settimana fa nella sua stanza c'era un odore particolare, nuovo e allo stesso tempo familiare, di fiori freschi, di primavera e, allo stesso tempo, di morte. Quell'odore era poi addosso al suo adorato fratello, e ciò non ha fatto altro che animare la sua curiosità.
«Non ti deve interessare, mostriciattola!» la spinge a terra con un sorriso divertito, felice di poter alleviare quel dolore che tanto lo sta facendo impazzire con la compagnia dell'eccentrica sorella.
Akemi non si scomoda neanche a rispondergli o a saltargli addosso per vendetta, troppo incuriosita da un lieve vociare che sente provenire dall'altra parte dell'enorme nave.
«Sembra che sia successo qualcosa di buffo.» afferma sovrappensiero, alzandosi in piedi e porgendo una mano al fratello «Andiamo a sfottere?»
L'uomo accetta di buon grado l'invito, afferrando saldamente la mano fresca e vellutata della ragazza, pronto a tirar fuori tutto il suo repertorio.
Ma quando si trova di fronte la scena, è seriamente indeciso se stramazzare al suolo, piegandosi in due dalle risate, o scappare urlando per tutta la nave per far accorrere tutti quanti.
In un misero secondo di lucidità, poi, si domanda perché non si sia rimediato uno di quegli aggeggi del governo chiamato macchina fotografica. Adesso darebbe qualsiasi cosa per averne una sotto mano. A parte Mimì, eh.
«Come...?» cerca con tutto sé stesso di non scoppiare a ridere, di mantenersi serio ed autoritario come ci si aspetta da un comandante «Come ha fatto a...?»
«È caduto dalla vedetta.» risponde tranquillamente uno dei suoi sottoposti, anche lui provando con tutte le proprie energie a non ridere per la figuretta che sta facendo Ace.
Satch lo guarda allibito, non capendo bene come il fratello sia riuscito a finire in quell'assurda posizione cadendo solamente dalla vedetta.
«E...?»
«Ho cercato di afferrarlo al volo...» bofonchia l'uomo, abbassando la testa man mano che parla «Ma l'ho mancato, spingendolo per sbaglio verso quelle corde.» aggiunge subito dopo, allungando un dito tremante verso una delle corde tese che collegano la vela di supporto all'albero maestro.
'Non ci posso credere.' pensano all'unisono Satch e Akemi, osservando allibiti l'assurda posizione assunta dal compagno.
«È rimbalzato...»
E come possono crederci? Una cosa del genere accade una volta su un miliardo!
«... e si è attorcigliato con quelle corde.» termina il pirata, con la voce ormai ridotta ad un filo di voce.
Sopra le loro teste, Ace ancora ronfa alla grande, con il cappello arancione che, appeso alla giugulare grazie alla cordicella attaccata, subisce il suo stesso dondolamento provocato dalla posizione tutt'altro che naturale.
È praticamente in bilico su due corde che, attorcigliandosi un po' attorno alle gambe e un po' ai gomiti, lo avevano bloccato a testa in giù, lasciando in lui ben poco di quella dignità che si porta dietro ogni giorno.
Quando poi Satch e Akemi lo sentono pure russare come un cinghiale, non riescono proprio più a trattenersi e scoppiano a ridere come due scimmie ubriache, piegandosi in due e rotolandosi sul pavimento fortunatamente pulito della nave.
«Non c'è niente da ridere! Non possiamo tirarlo giù da soli!» protesta il pirata, provando inutilmente ad attirare l'attenzione dei due temibili pirati che ancora se la ridono, confabulando tra di loro su un probabile scherzo da mettere in atto da lì a pochi minuti.
«Satch, tiralo giù senza svegliarlo, io torno subito!» ordina convinta la ragazza, scattando sottocoperta come un razzo.
Durante il breve tragitto molti compagni provano a chiederle cosa sia successo, perché stia sorridendo in modo così inquietante e perché stia mettendo sotto sopra il bagno di Marco, ma Akemi ogni volta si limita a risponde: “Non ci sono, provate più tardi!”
Quando poi trova l'oggetto tanto desiderato, il suo sorriso si allarga ancora di più. Sembra una specie di tossicodipendente a cui è appena stata regalata una generosa dose di eroina, in effetti.
«Akemi?» la richiama Marco, attirato da tutto il trambusto fatto dai fratelli «Ho notato che Ace è appeso all'albero maestro... e che sta dormendo profondamente. Non è che vuoi tirargli qualche brutto tiro?» le domanda subito dopo, osservandola attentamente mentre gli si avvicina piano.
Akemi gli poggia una mano sul petto nudo, senza mai abbandonare quel sorriso inquietante che però non suscita nell'uomo alcun tipo di disagio.
«Qualcosa in contrario?» gli domanda con tono basso, avvicinando pericolosamente il viso al suo.
La porta alle loro spalle è aperta, chiunque potrebbe vederli e lo sanno benissimo, ma Marco non può negarsi un ultimo bacio prima di quelle interminabili ore che li vedranno costretti a litigare come bimbetti o ignorarsi, ed è per questo che l'afferra saldamente per i fianchi e se la tira addosso, baciandola con quanta più passione può.
Si separa pochi istanti dopo, soddisfatto dall'espressione quasi persa della compagna e, sorridendole, risponde alla domanda che gli è stata posta pochi istanti prima.
«Divertiti.»

Sull'imponente ponte principale della Moby Dick, l'equipaggio si gode in tutta tranquillità gli ultimi raggi di Sole, ammirando le mille sfumature che ha assunto il cielo.
Barbabianca guarda i suoi figli uno per uno, provando un profondo orgoglio. Sono tutti forti, dei veri lupi di mare, ma soprattutto sono protettivi nei confronti l'uno dell'altra, fedeli, e si vogliono bene come se fossero davvero fratelli di sangue.
Sono la famiglia che ha sempre desiderato, quella piccola ma grande gioia che ogni giorno lo spinge ad alzarsi, che gli dà la forza di continuare il suo viaggio, di non mollare mai.
Sofferma per un breve istante lo sguardo su Satch e Akemi, intenti a sghignazzare tra di loro e a confabulare un probabile scherzo ai danni di uno dei compagni o semplicemente a raccontarsi dei loro segretucci, e un dolce sorriso gli increspa le labbra sotto ai grandi baffi bianchi. Ogni volta che li vede così affiatati, che nota gli sguardi amorevoli che si lanciano e i sorrisi sinceri e pieni di sentimento, si sente il cuore scoppiare dalla gioia. Perché è grazie alle sue scelte se ora quei due sono così felici, se hanno trovato quel piccolo appiglio a cui aggrapparsi nei momenti più duri, e lui ne è pienamente consapevole.
È tutto perfetto in quel momento per Edward Newgate. Anche troppo.
C'è calma, nessuno urla alla coppia scalmanata per eccellenza di smetterla di fare casino, e questo lo mette in allarme.
«Dov'è Ace?» tuona di punto in bianco, attirando l'attenzione di tutti i presenti, non accorgendosi subito del sorrisetto complice che il quarto comandante e la sua sottoposta si scambiano. Quando però se ne rende conto, è ormai troppo tardi: un urlo pieno di rabbia squarcia l'aria, facendolo trasalire.
Fa giusto in tempo a voltarsi che Ace giunge sul ponte come una furia, viola per la rabbia e il cappello ben calcato sulla testa.
«Chi cazzo è stato?!» sbraita Pugno di Fuoco, facendo calare un silenzio di tomba.
Pure il grande capitano lo fissa senza capire, ma gli basta aguzzare un poco la vista per arrivare all'ovvia conclusione, e di conseguenza non riesce a soffocare una risata divertita.
Un'improvvisa folata di vento fa calare di colpo il cappello arancione sulle spalle muscolose del secondo comandante, mettendo così in mostra la testa rasata.
Inevitabilmente tutti scoppiano a ridere di gusto, prendendolo in giro a gran voce, facendo aumentare così la sua rabbia a livelli mai toccati prima. Pure il corvo, appollaiato su uno dei braccioli del seggio del capitano, pare prenderlo in giro, sbattendo con forza le ali e gracchiando con tutta la voce che ha.
Quando Ace, incazzato come una biscia, nota con la coda dell'occhio i due compagni darsi il cinque e provare a soffocare le risate, delle fiamme cominciano a ricoprirgli involontariamente le braccia.
«Siete morti.»



Angolo dell'autrice:
Ok, non uccidetemi! *schiva vari oggetti*
È uno scherzo troppo bello da fare ad un amico in stato semi comatoso! XD Provare per credere! Noi gli si fece mezza testa proprio a pelo e il giorno dopo aveva delle interrogazioni. :P
Cooomunque... che ve ne pare? Sedute spiritiche, coppie che scopano come conigli ogni volta che ne hanno la possibilità, Akemi sempre più disturbata...
Si, direi che ci stiamo avvicinando sempre di più alla parte che tutti attendete! Mi spiace soltanto che quando arriverà, la nostra dolce coppietta sarà costretta a separarsi. Penso anche che mi odierete per un'altra ragione ben peggiore di questa, ma poi mi rifarò! MUAHAHAH!
Non ho altro da dire questa volta... strano, eh? >.<
Un grazie di tutto cuore a Chie_Haryka, Lucyvanplet93, Porgas D SaRa, rosy03, Monkey_D_Alyce, ankoku, Okami D Anima, Yellow Canadair, Keyra Hanako D Hono, Aliaaara, nemesis_inframe92 e Law_Death per le magnifiche recensioni che mi avete lasciato!
Subito dopo pubblicherò uno special nella raccolta “Ti dedico una canzone”, dove vedremo i pensieri di Marco! :D Vi anticipo già che seguiranno Mimì, Satch e Izo (Questi due potrebbero essere invertiti).
Beh, detto questo, un bacione a tutte quante! Siete dei tesori!
A presto, un bacione
Kiki

 
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Peter Bàthory non è mai stato un ragazzo come gli altri. Non ha avuto un'infanzia felice e spensierata, non ha conosciuto l'amore materno o paterno, non ha avuto fratelli o sorelle con cui sfogare il suo dolore. Non ha neanche mai avuto qualche amico con cui piangere. Gli altri ragazzi -quelli normali- lo odiavano, disprezzavano la sua presenza e gli tiravano le pietre. Perché lui era un bastardo nato da una puttana, non meritava neanche di vivere.
Peter Bàthory non è mai stato un ragazzo come gli altri. A lui non piacevano i giocattoli. Non gli piaceva giocare in generale. Preferiva torturare piccoli mammiferi, sventrarli, farli morire per dissanguamento o affogarli nel fiume che scorreva vicino casa sua. Gli piaceva anche costruirsi piccoli mobili con le loro ossa.
Peter Bàthory non è mai stato un ragazzo come gli altri. Ha sempre avuto una salute cagionevole, aggravata dalla mal nutrizione e dall'ambiente che lo circondava. Era gracile e pallido, tossiva sempre e spesso aveva la febbre. Vestiva con stracci sottili che non lo potevano riparare dal freddo pungente della sua terra.
Peter Bàthory poi è diventato un ragazzo superiore agli altri. È stato graziato, ha ricevuto l'immortalità. Ha avuto un padre protettivo che lo ha amato e lo protetto, un fratello su cui poter contare, a cui poteva raccontare ogni cosa. La sua salute diventò di ferro, la sua forza aumentò tanto da farlo diventare il prescelto. Sarebbe sicuramente diventato il capo, sarebbe stato lui il nuovo Imperatore, ogni immortale avrebbe risposto a lui e sarebbe dovuto sottostare alla sua volontà.
Peter Bàthory si divertiva ancora ad uccidere. Lo considerava rilassante, piacevole. Gli piaceva così tanto che presto imparò ogni trucco per potersi sbarazzare di altri immortali, anche di quelli che gli erano vicini. Nessuno sospettava di lui. Perché avrebbero mai dovuto farlo? Lui era il forte e fedele Peter Bàthory, quello che difendeva e serviva fedelmente il suo Signore, quello che sorrideva sempre e aiutava la Regina quando preparava qualche pozione. Ma lui uccideva. Ne uccise così tanti che perse pure il conto, banchettando con i loro cadaveri e brindando con il loro sangue.
Peter Bàthory si fidava ciecamente del suo migliore amico. Era come il fratello che non aveva mai avuto e lo amava alla follia. Fece tante stragi per lui, lo allenò tanto da farlo diventare uno dei più forti mai esistiti. Nessuno poteva contrastarli, solo l'Imperatore. Si fidava così tanto che un giorno gli mostrò cosa faceva quando diceva che andava a divertirsi. Gli mostrò il cadavere ormai in avanzato stato di putrefazione di una ragazza che da poco aveva abbracciato l'immortalità, una compagna d'armi simpatica e solare. Glielo mostrò e gli offrì il suo cuore per cena, dicendogli che sarebbe dovuto stare zitto, che doveva mantenere il segreto. Era suo fratello, perché mai dubitare di lui?
Peter Bàthory è stato ripudiato e condannato all'esilio. Riuscì a scappare, nascondendosi nelle fetide fogne per nascondere il suo odore e la sua esistenza a tutti coloro che lo volevano uccidere.
Peter Bàthory è dovuto vivere nell'ombra per anni. Non aveva più niente. Tutti i suoi beni e i suoi privilegi erano andati perduti, per colpa del suo migliore amico, di suo fratello. Lui aveva fatto la spia, non aveva saputo tenere la bocca chiusa. Ricorda ancora i suoi occhi pieni di paura l'ultima volta che l'ha visto. Perché quello sporco traditore sapeva già allora che si sarebbe vendicato, che avrebbe trovato il modo per tornare a splendere. Sapeva che avrebbe colpito duramente. Non solo lui, ma tutti coloro a cui teneva.
Peter Bàthory ha saputo dello scandalo che ha scosso nel profondo ogni immortale. Ha saputo della creatura venuta al mondo e si è mobilitato per trovarla. Ha ucciso ancora, ma non aveva calcolato un dettaglio che per poco non gli è risultato fatale.
Peter Bàthory ha inscenato la sua morte ed è rinato a Foosha. Era un posto tranquillo e sconosciuto in cui potersi rifocillare, in cui non avrebbe dato nell'occhio. Perché aveva bisogno di quello per poter escogitare la vendetta perfetta, per poter trovare il modo più violento e doloroso con cui spodestare l'Imperatore.
Peter Bàthory adesso ha degli alleati ed è l'unico ad essere mai riuscito a stipulare questo genere di coalizione. In fondo quelli dell'Ordine del Drago li hanno sempre odiati e cacciati, uccisi in massa. Lui invece li ha persuasi, li ha portati dalla sua parte e ora viene considerato il loro più prezioso alleato. Non gli negano niente, come invece faceva l'Imperatore.
Peter Bàthory adesso ha il potere. Un potere che aspetta solo di essere scatenato, una vendetta che non aspetta altro che essere messa in atto. Perché sa bene che il padre che lo ha rinnegato ed esiliato vuole mettere le sue mani sporche di sangue sulla creatura, che la vuole per sé per qualche motivo che ancora non riesce a comprendere. Ma non glielo permetterà, proprio no. La prenderà lui, userà ogni trucco che conosce per portarla dalla propria parte.
Peter Bàthory vuole il sangue di coloro che l'hanno tradito e cacciato. Vuole le loro vite e se le prenderà.


*Anche se penso che non apparirà praticamente più se non verso la fine, vi spiego comunque da dove viene il suo nome -perché si, è una cosa su cui ho riflettuto abbastanza-:
-Peter è preso da Peter Nirsch, un serial killer che uccise più di 520 persone dal 1575 al 1581, che fu giustiziato con la pena di morte tramite squartamento.
-Bàthory -non penso neanche che serva dirlo- dalla famosissima Erzébet Bàthory, conosciuta anche come la “Contessa Dracula” o “Contessa Sanguinaria”. Se non ne avete mai sentito parlare vi consiglio vivamente di andare a leggere la sua biografia. Penso che sia stata una delle poche cose ad avermi lasciata così: o.o
  
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