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Autore: Bluesun    16/05/2014    3 recensioni
Una luce avvolge l'intera gilda. Dopo sette anni ghiacciati su un isola i nostri eroi dovranno affrontare una nuova avventura. Anzi no, non proprio tutti i nostri eroi. Questa volta non sarà Natsu a salvare la propria gilda con il suo coraggio e i suoi sentimenti, sarà la gilda a proteggere Natsu e insieme a lui anche Wendy e Gajeel. In questa storia sono i Dragon Slayer, solo coloro però che sono stati addestrati dai draghi, a essere in pericolo, perseguitati da una "luce in armatura". Verranno riscucchiati dal tempo ritrovandosi così più deboli e fragili e per il nemico prede più semplici da catturare. Riusciranno i loro amici a proteggerli finchè l'orologio non riprende a funzionare come prima?
Salve a tutti! Nuova FanFiction questa volta una long u.u La storia si manifesta al posto di Hoshizora, ovvero dopo l'isola di Tenrou e prima dei Giochi Magici. I personaggi saranno più o meno tutti ma i principali, poichè i diretti interessati della maledizione, saranno Natsu, Wendy e Gajeel ma ripeto che praticamente ci sono quasi tutti. Spero di avervi incuriosito e spero di soddisfarvi con questa piccola idea ^^
Buona Lettura!
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gajil Redfox, Natsu, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Wendy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Negli episodi precedenti:
Dopo essere stati trasformati in bambini di tre anni, i Dragon Slayer Natsu, Wendy e Gajeel sono stati consegnati a tre gruppi di sostenimento scelti dal Master per tenerli sotto d’occhio.
Il terzo gruppo dedicato a Gajeel si trovò in estrema difficoltà davanti a un piccolo selvaggio impaurito e disperso che come "Buongiorno" li legò al letto e li minacciò con le proprie lame per sapere notizie sul suo drago. Spodestato il pericolo, i ragazzi arrivano alla gilda con nuove e importanti notizie: Tatuaggi che potevano riportar normali i tre compagni.
Si mettono tutti all'opera e intanto i piccoli giocano fra di loro come veri draghi, regalando momenti di curiosità e gioia alla gilda più casinista di Fiore.
Ma dietro ogni spiraglio di luce si nasconde un'intera distesa di oscurità. La Ligth Armor, gilda costituita da pochi cavalieri e da un Team di classe S che tutt’ora trama alle spalle di Fairy Tail. Governato da Drgogor, il figlio di Jose e mago specializzato nel Riequip, e composto da Pilatr, scienziato e meccanico mago che usa l’Archive, Never, giovane ragazza che usa la Seidhr Magic, Kahel, mirror magic, Deanerys e Cercey, La dragon Slayer del sangue e la sua Exceed.
Il loro scopo è distruggere Fairy Tail e rapire i Dragon Slayer per usarli come cavie da laboratorio.
Ce la faranno i nostri eroi a cavarsela anche questa volta?



“Questo è il piano”
La donna incappucciata si fermò davanti ai due ghignando e incrociando le braccia. Una strana luce si rispecchiava nei suoi grandi e profondi occhi cremisi, i lunghi capelli neri ondeggiavano al vento insieme al mantello nero e tutto ciò incorniciava quel ghigno di un’aria cupa e tenebrosa. I due annuirono convinti, anche se a vederla le loro gambe tremavano come foglie. Qualche volta quella donna poteva essere anche peggio di un qualsiasi mostro.
“Entreremo a far parte della gilda Ligth Armor, il loro master è un cretino e riuscirò benissimo a incantarlo. In seguito lo convincerò ad uccidere e distruggere la gilda di Fairy Tail e catturare i loro Dragon Slayer per degli esperimenti” inizia così la donna affermando il tutto con uno strano tono sadico nella voce.
“Mia signora, posso chiederle il perché di Fairy Tail?” avanza di un passo l’uomo anziano con tono preoccupato e tremolante. La mora lo osserva per qualche secondo facendolo rabbrividire. Mai chiederle qualcosa, potrebbe causare la propria morte. Sbuffa prima di puntare lo sguardo altrove e sibilare un:
“Perchè lui si trova lì”
Non aggiunge altro, segno che avrebbe spiegato tutto solo dopo aver esposto la strategia. Il vecchio e la gatta annuiscono nuovamente ritirandosi più indietro di un passetto e rimettendosi concentrati su ciò che avrebbe detto la donna.
“Tu, Pilatr, costruirai la macchina in grado di arretrare nel tempo. In quell’asso di tempo ci faremo amici tutti quegli scocchi, quindi mostra bene le tue carte Cersei. Appena l’hai finita l’attiverai. Calcola che un anno corrisponde a 4 ore quindi se i draghetti partono da tre anni ci vorrà più  o meno 36 ore dall’attivo del processo per arrivare all’età di dodici anni. In quel preciso momento stopperai la macchina così che il tempo si fermi ai loro dodici anni per poi riprendere normalmente. Da lì dirai al master che la macchina si è rotta e che ti ci vorrà un po’ prima di poterla riaggiustare. Poi entreremo in gioco noi, Cersei. Tutto chiaro?”
“Sì!” rispondono in coro i due compagni prima di guardarsi e annuire convinti.
“Bene andiamo” afferma poi la donna iniziando a intraprendere la strada che li avrebbe portati al rifugio della gilda Ligth Armor.
“Ma dopo che catturerai il ragazzo… che te ne farai?” chiese curioso Pilatr suscitando uno sguardo terrorizzato da parte dell’Exceed. La donna si fermò di scatto scatenando un brivido freddo da parte dei due. Un ghigno prese spazio sulle sue labbra e poi quel sussurro agghiacciante:

 
“Ovvio… me lo mangerò”

-E questa volta non fallirò-
 
 



 
“Kyaaaaaaaaa!” un urlo squarciò la quiete creatasi nella gilda, quella quiete che un tempo era stoppata solo dalle risse e dalle bevute di quando tutto era normale. Erano più o meno le dieci di sera, le dieci di sera di mercoledì. I bambini avevano già nove anni e come Levy e Fried avevano spiegato, avevano già perso la memoria un paio di volte tornando al punto di partenza. Per ora Natsu e Gajeel stavano ancora con i loro draghi quindi la situazione era piuttosto calma mentre Wendy lo aveva già perso da qualche anno. Scoprirono che Natsu si allenava spesso con il padre e da poco aveva iniziato una nuova lezione, ovvero quella del ruggito del drago di fuoco. Lo scoprirono proprio perché il piccolo era un chiacchierone e non la smetteva più di vantarsi delle sue abilità. Scoprirono anche che Wendy era già entrata in Cait Sheilter e lì aveva già incontrato Charle e la situazione con lei era del tutto migliorata avendo una persona conosciuta accanto. Mentre su Gajeel scoprirono solo che il padre, Metallicana, era un tipo tosto e irremovibile, uno che ti fa saltare la cena se inciampi in una corsa però al contrario di come si presenta negli allenamenti era un tipo divertente e soprattutto pazzo, amante della birra e delle risate. Era tutto così meraviglioso per i membri di Fairy Tail, finalmente scoprivano qualcosa in più sui passati dei loro amici notando che nessuno dei tre infondo era parecchio traumatizzato. Ma torniamo a noi e al nostro urlo.
“Tutto a posto Gajeel?” chiese una Levy molto  preoccupata mentre si catapultava sul piccolo bambino dai lunghi capelli e dai numerosi piercing che gridava affaticato tirandosi sul con il busto. I suoi occhi rossi erano spalancati e il suo corpicino respirava velocemente per via dello spavento.
“Rossi” sussurrò il piccolo per poi puntare gli occhi su Levy. Era impaurito, forse per via di un brutto sogno. Levy gli sorrise e subito gli accarezzò la testa con una mano scompigliandogli i folti capelli.
“E’ tutto a posto” pronunciò infine prima di portarselo al petto per coccolarlo e calmarlo. Era una delle poche che subito gli rimase simpatica da quando si era ritrovato magicamente in quell’edificio di una fantomatica gilda di nome “Fairy Tail”. Forse per la continua ossessione su di lui, non se la staccava mai di dosso, o forse per l’enorme gentilezza che non aveva mai trovato in Metallicana. Fatto sta che il piccolo si calmò quasi subito dopo quell’abbraccio.
Era da molti giorni che sognava sempre lo stesso sogno. Il nero e il rosso, unici colori a circondarlo. Non capiva il senso ma nonostante ciò lo impauriva, soprattutto se a quei colori si aggiungeva il dolore fisico che si sognava. Si sentiva soffocare dal nero e mordere dal rosso. Poi una voce e infine il nulla. Era terribile. Metallicana gli diceva di non preoccuparsi. << Tanto sono solo sogni >> diceva. Scosse il capo velocemente, tentando di non pensarci più, e con uno spintone si staccò di dosso la ragazza. Si lascia andare ad uno sbuffo prima di alzarsi e allontanarsi dall’esile figura caduta per terra.
“Ma dico!” esclamò adirata Levy vedendolo andare via. Ogni volta doveva essere sempre più brutale e scocciato, più cresceva e più era scorbutico.
“Tutto a posto Levy?” chiese Jet allungandole una mano e guardandola negli occhi. Faceva tanto per quel ragazzo, non capiva perché doveva per forza ripagarla così.
“Sì, è solo un po’ nervoso” rispose ironica la ragazza tirandosi su e spolverandosi il vestito.
“E ora a lavoro, lavoro e lavoro!” rispose l’azzurra portando un pugno davanti al viso e incamminandosi verso il tavolo pieno zeppo di libri su cui già lavoravano Lucy e Fried. Tutti e tre si erano messi a cercare il modo di disegnare quel fatidico tatuaggio che li avrebbe riportati normali. Purtroppo, quando sembrava che ce l’avessero fatta, avevano riscontrato un problema e non erano riusciti a effettuare il piano. Ci voleva per forza il dna della persona che ha usato l’incantesimo per completare la pittura per il tatuaggio, e loro purtroppo non sapevano nè chi né dove era colui che l’ha usata contro i loro amici.
Erano ore che cercavano e il nulla producevano, si stavano dando da fare ma non riuscivano proprio a trovare una soluzione.
“Ci toccherà aspettare” affermò Lucy ormai arresa all’idea che non sarebbero tornati normali prima del tempo.
“Già” affermò uno stanco Fried che ormai non ci capiva più niente di quel che leggeva.
L’azzurra di risposta sospirò poi puntò il suo sguardo sull’orologio che già segnava un’ora tarda. Puntò lo sguardo su Natsu, forse il più assonnato di tutti, che già barcollava difronte a Happy che giocava con lui, lo portò di conseguenza su Wendy colei che già dormiva beatamente fra le braccia di Mirajane e infine sul piccolo Gajeel che era andato ad accucciarsi in angolino solo soletto. Non lo capiva, più cercavano di tendergli una mano e più lui si chiudeva a riccio.
“Okey, pausa. Ci penseremo domani” afferma Levy sorridendo ai due che con un cenno del capo approvarono l’affermazione.
“Ragazzi” vennero richiamati all’attenzione dalla timida voce di Jluvia che a capo chino si avvicinò a loro.
“Jluvia è preoccupata” affermò poi risollevandolo. Tutti, o almeno i presenti ancora svegli, si voltarono per ascoltarla. Quando mai Jluvia era preoccupata? O almeno, quando mai Jluvia era preoccupata se Grey stava bene ed era lì accanto a lei?
“Cioè?” chiese curiosa Lucy avvicinandosi alla donna d’acqua che piano piano voltò la testa verso Gajeel.
“Vedete… alle undici Gajeel compirà dieci anni..” iniziò l’azzurra iniziando a giocare con le mani che sempre più si stringevano fra di loro
“Sì, e allora?” chiese sbrigativo Fried che non vedeva l’ora di andarsene a dormire.
“Gajeel… entrò a Phantom a undici anni” finì lei stringendo gli occhi e puntandoli in terra.
Momenti di silenzio seguirono prima di una tirata di capelli da parte di tutta la gilda.
“Oh mio dio!! Me ne ero dimenticata!” gridò Levy per poi osservare Gajeel rabbuiarsi.
Anche il master era sbiancato e per poco cadeva in terra svenuto. Tutti erano entrati nel panico ricordandosi subito del brutto passato del ragazzo. Jluvia d’altro canto alzò la testa e sospirò.
“Non era poi così male nei primi tempi… era un po’ distruttivo e scherzoso… però…”
“PERO’?????” chiesero in coro tutti puntando lo sguardo terrorizzato sull’azzurra
“Però Jose ci aveva già insegnato a schifare le fate…” finì Jluvia sorridendo imbarazzata. Tutti in quel preciso momento caddero in terra a gambe all’aria.
“E’ la fine…” sussurrò Levy piangendo lacrime amare.
“E ora dobbiamo anche fare i turni notturni” si aggiunse Lucy con i fiumi agli occhi.
“Compirà undici anni nel bel mezzo della notte” finì Fried molto più calmo e tranquillo.
Ora che ci pensavano, anche Natsu entrò a dieci anni a Fairy Tail, quindi fra poco Gajeel e Natsu avrebbero perso i loro genitori.
“Aspetta Jluvia” si fermò un attimo Levy alzandosi e puntando gli occhi questa volta molto più seri e preoccupati verso la donna d’acqua “Hai detto undici? Ma Natsu è entrato a dieci anni a Fairy Tail se non mi sbaglio” spiegò l’azzurra portando questa volta gli occhi sul moro nell’angolo.
“Sì, credo che Gajeel ha un anno in più di Natsu. E poi lui ha passato mezzo anno da solo nella foresta” affermò tristemente la maga mentre i suoi occhi azzurri si puntavano sui suoi piedi con fare malinconico.
Tutti a quel punto si fermarono. Non solo hanno scoperto la differenza di età che seppur immaginata era pur sempre una sorpresa ma ora si aggiungeva il fatto del tempo trascorso da solo da parte del ragazzo. Lucy alzò lo sguardo su Jluvia e molti altri fecero lo stesso, e nel più completo silenzio espose la sua domanda:
“Cosa?”
“Vedete, noi abbiamo incontrato Gajeel in una missione. Ci era stato comunicato che una bestia distruggeva i pali di ferro di una città accanto alla foresta del Monte e ci offrivano una bella ricompensa se l’avessimo catturata o addirittura uccisa” iniziò l’azzurra portando gli occhietti sul bambino in fondo alla sala che intanto se ne stava appoggiato al muro con la testa china e le braccia conserte. Tutta l’attenzione cadde sulla maga e tutti appoggiarono il suo racconto suscitando il più completo silenzio, interrotto solo dal leggero russare di Natsu che si era addormentato sul povero Happy sul tavolo. Nessuno badò all’azzurro gatto che implorando con i suoi occhietti chiedeva aiuto, troppo impegnati ad ascoltare la storia del loro compagno e ex-nemico.
“Credo che solo il master sapeva di chi si trattava realmente la bestia, ma non ci disse niente e portò gli Element Four insieme a sé per addestrarci a dovere...” ultimo sguardo a Gajeel, ormai era sicura che li stava ascoltando ma comunque prese fiato e iniziò a raccontare cosa realmente successe.
“Era un giorno di pioggia, ormai dove andavo io e dove la pioggia mi seguiva. Mi ricordo che stavo accanto a Sol e Totomaru, proteggendoli con il mio ombrello. Aria affiancava il master e, essendo più grande di noi, ci parlava in segreto. Mi ricordo che quel giorno entrammo nella città e ci spaventammo della confusione che c’era. Un palo era mezzo sradicato ed era adornato di spaventosi e numerosi morsi. Ci chiedemmo che cavolo di bestia era per fare una cosa del genere, ed eravamo terrorizzati all’idea di combatterci contro. La nostra calma era dovuta alla compagnia del Master e di Aria, sicuramente molto più potenti di me, Totomaru e Sol messi insieme. Ricordo che ci addentrammo nella foresta e passo dopo passo sentivamo degli strani rumori metallici. Gli animali avevano paura, ci venivano addosso da quanto erano terrorizzati. Poi l’urlo del Master che ci diceva << Attenti! >> e infine un enorme pezzo di ferro appuntito. Un palo diventato lancia ci ruppe l’ombrello mancandoci per un soffio. Non ricordo molto, ricordo solo che stavo correndo sotto la pioggia chiamando Sol o il Master e infine mi ritrovai sempre più persa tra gli alberi”
Jluvia fissava costantemente le sue scarpe fino a restringere gli occhi e ripuntare lo sguardo sui presenti:
“E lì lo incontrai per la prima volta”
 
 
 
La paura e il buio mi circondavano. Sentivo solo il gracchiare delle cornacchie e il gufare delle civette. I rumori delle foglie e dei rami che sbattevano per via della pioggia, il ticchettio costante delle gocce che cadevano sull’erba fresca. Infine un rumore di catene. Mi accucciai su di me, prendendomi le gambe al petto e appoggiando la fronte sulle ginocchia, ripetendo costantemente:
“Shin Shin To” per imitare quella tanto odiata acqua che mi perseguitava ma che almeno mi faceva compagnia in quel luogo buio. Era la mia prima missione, forse la seconda di quelle di classe S, e nonostante avessi avuto nove anni ero a bastanza in grado di cavarmela da sola… sì, ma solo se insieme a me c’era qualcuno.
“Shin.. shin to?”
Una voce mi arrivò alle spalle, una voce chiara e cristallina, la voce di un bambino. Mi girai spaventata vedendolo lì. Era appeso con una catena che gli partiva dal braccio, anzi, era il suo braccio. La lunga catena era arricciolata su uno dei rami più alti e finiva nel suo braccio, metà trasformato dalla spalla in giù. Era a testa in giù, calmo e tranquillo come se fosse una cosa normale. I suoi lunghi capelli toccavano la terra bagnata, le sue gambe erano attorcigliate alla corda d’acciaio che lo teneva sospeso in aria e l’altro braccio scivolava giù sul suo fianco e sfiorava con le nocche il terreno come privo di vita. I suoi lunghi canini mentre sorrideva mi facevano tremare di paura e gli occhietti rossi che mi guardavano mi scavavano nell’anima. Gridai, ma non uscì granché. Solo un piccolo: “A-ah”.
Lui chiuse la bocca, spengendo quel sorriso bianco che nell’oscurità si mostrava. A quel punto lo preferivo sorridente visto che nel buio vedevo solo i contorni della sua figura e quegli abbaglianti occhi rossi da rettile.
“Che fai tutta sola?”
Non riuscivo a rispondere. Avevo troppa paura.
“Ti sei persa?”
Il tono con cui lo diceva pareva quasi come se fosse quello del lupo di cappuccetto rosso, un tono per invogliarla a farsi mangiare.
“Oi, rispondi”
Un tono autoritario e scocciato. Era lui, senza nessun dubbio, il padrone del territorio.
“S-sì”
Gli occhietti che brillavano al buio si chiusero per un attimo prima di riaprirsi e vedere il ragazzo scendere dalla sua posizione. Le gambe scivolarono con maestria sul terreno, compiendo una piccola e veloce capovolta, e non appena i piedi toccarono il terreno, lasciando solo il braccio-catena in aria, la catena si riavvolge tornando dentro la sua carte e riformando il braccio pezzo dopo pezzo.
“E’ pericoloso quando piove, gli anigoti sono molto più agitati” mi disse il ragazzo avvicinandosi a me e mostrandomi un ghigno spaventoso. Sapevo che cosa fossero gli anigoti. Una specie di rinoceronti grassi ma con tre corni sulla testa e due code dietro, dipinti del colore dell’avorio e dagli occhi così piccoli che quasi non si vedevano. Non erano pericolosi ma se si sentivano attaccati lo erano eccome.
“Oi, mi stai ascoltando”
“S-sì”
Non riuscivo a guardarlo negli occhi, mi faceva troppa paura ma non appena vidi quella mano sotto di me e quel braccio steso, quella sensazione si sciolse come neve al sole.
“Andiamo, ti porto fuori da qui”
Non so cosa mi spinse a farlo ma mi fidai. Gli porsi la mano timidamente ma non appena si sentì un rumore fra i cespugli lui me l’afferrò con forza. Improvvisamente ero stretta in una morsa d’acciao, schiacciata sul suo petto e con il suo braccio poco sopra il sedere. Un freddo pungente mi colse e mi accorsi di quanto il bambino era gelido. Fu tutto molto improvviso, però. Il piccolo rialzò velocemente l’altro braccio che si ritrasformò in una catena che, avvolgendosi ad un ramo, si agganciò e in un attimo ci portò su ritirandosi. Pochi secondi dopo, un anigoto caricò il cespuglio davanti a cui sostammo. In un frazione di secondo ci salvò la vita e in quel momento credetti di volare.
“Tsk, bestie idiote” sussurrò lui ghignando divertito per poi stringermi più forte e sibilarmi un “Si parte!”
Trasformava il suo braccio e le sue gambe in catene di finissimo acciaio, e usandole come liane si muoveva tra gli alberi come una scimmia. Abile in ogni lancio e abile nel muoversi. E intanto stringeva me con la mano e mai mi dette la sensazione di scivolare. Era semplicemente fantastico. Fu un attimo e mi ritrovai nuovamente a terra e fuori da quel bruttissimo posto.
“Grazie” sussurrai voltandomi ma lui non c’era più. Lo cercavo con gli occhi, voltandomi preoccupata della sua sparizione. Non era possibile di averlo sognato, era fin troppo reale. La sensazione di freddo, il volo, la stretta e la paura e le varie emozioni… No, non poteva essere un sogno.
“Figurati”
La voce proveniva da sopra un albero. E fu allora che lo vidi. Il moro era comodamente seduto sul tronco dell’albero e si stava mangiucchiando un ciondolo d’argento. Il mio ciondolo. Il ciondolo che mi regalò il master non appena entrai in gilda, lo tenevo sempre con me per ricordarmi chi e dove era la mia casa.
“Tu…” sibilai osservandolo mentre tra le sue fauci il rumore metallico della mia collana si disperdeva.
“Tu sei la bestia!” grida puntandolo con l’indice e spalancando bocca e occhi.
“No, a dir la verità mi chiamo Gajeel” affermò ironico lui ridendo sotto i baffi.
Non riuscivo a crederci. Un bambino che avrà avuto la mia età, piccolo, magro e solo, era temuto dalle città vicine come “La bestia”. Non potevo credere che il mio obbiettivo fosse lui, lui che mi aveva salvato da una morte certa.
“I-io ti devo catturare!” avanzai titubante mugolando tristemente.
“Fallo” sbottò lui con estrema calma mentre con un ramettino vicino si puliva i denti.
Alzai in alto un braccio per inviargli il mio Water Lock quando vidi i suoi occhi. Divertiti ma soprattutto contenti. Sembrava come se la compagnia di un altro umano per lui fosse così divertente.
“Ma tu vivi qui?” sussurrai curiosa riabbassando il braccio, e stringendo gli occhi per osservarlo. Alla luce delle stelle lo vedevo meglio. Era magro, quasi ossuto, dalla pelle bianca come il latte. I lunghi capelli ribelli e del colore della notte gli ricadevano sulle spalle e sulla schiena ben dritta. Vari piercing ricoprivano il suo innocente volto, rendendo ancora più terrificanti gli occhi rosso brillanti dalla pupilla allungata. I braccini erano coperti di enormi cicatrici che li avvolgevano, riempiti di graffi ancora nuovi e sanguinosi e da qualche tre bulloni ciascuno impiantati nel mezzo. In più degli enormi e stretti polsini di completo metallo gli avvolgevano i polsi. Era a petto scoperto. Un busto scolpito di addominali ma dalle visibilissime costole. All’apparenza sembrava mangiare veramente poco. Le gambe ricoperte fino al ginocchio di graffi e cicatrici, erano coperte da un sottile strato di stoffa lacerata e la sua cintura non era altro che una catena di ferro. I piedi scalzi mostravano una colonia di calli e di graffi aperti. Rabbrividii nel constatare che era completamente nudo in quella notte di inverno.
Un moto di tristezza e compassione mi prese, tanto che il braccio puntato verso di lui mi scivolò lungo il fianco. Adesso non mi importava più del mio ciondolo e della mia missione, c’è chi stava peggio e ancora sapeva sorridere.
“Che c’è? Ora mi fai il terzo grado prima di uccidermi? E’ una cosa comune fra voi umani?” sentenziò lui lasciando scivolare le gambe sopra il ramo, distendendosi comodo e appoggiando la schiena al tronco. Le braccia dietro la testa rendevano la sua figura ancora più spensierata.
Rimasi sbalordita da quelle parole dette con così tanta sincerità. Umani? Che centravano ora gli umani? Anche lui lo era! Poi un lampo.
“Come umani? Aspetta… vuoi dirmi che è la prima volta che incontri un tuo simile?” chiesi io sporgendo il collo ancora più in alto, rimanendo a bocca aperta sconvolta dalla notizia.
“Sì perché? Finora c’ero solo io e il mio drago” finì lui chiudendo gli occhi. Non mi dette il tempo di formulare l’ultima parole che già era balzato a sedere e in allerta, volgendo verso di me gli occhi e puntandomi con un dito: “ Ah! Per caso lo hai visto?”
“D-drago?” balbettai io ancora persa a quella parola.
“Sì, d-r-a-g-o” si alzò dal tronco e con un balzo mi era già a un palmo dal naso “Grande, colore dell’acciaio, occhi azzurri e luminosi, denti affilati, voce da stronzo… insomma … Metallicana!” e accompagnò il tutto con gesti ampi.
“No…” sussurrai in visibile agitazione.
“Dannazione, è da più di quattro mesi che lo cerco” ribatté lui, abbassando lo sguardo al terreno e voltandosi con una veloce piroetta porgendomi così le spalle. “ Fa niente” afferma alzando una mano in segno di saluto e rincamminandosi all’interno della foresta.
In quel momento mi prese l’impulso di fermarlo. Lo fermai prendendolo per un braccio e lo tirai a me. Lo volevo portare con me. Quei suoi occhi così spaventosi ma allo stesso tempo ridenti, erano zuppi di solitudine e di tristezza che nel momento in cui saltò fuori il nome di Metallicana si incupirono ancora di più. Prima, quando parlava come me, erano luminosi e divertiti poi all’improvviso salta un nome e tutto si spenge. Non lo accettavo. Lo sentivo vicino, forse perché anche io avevo sofferto come lui.
“Ti va di entrare nella mia gilda?” chiesi riprendendo tutto il mio coraggio e lasciandolo basito sia dal gesto che dalle parole.
Boccheggiò per un attimo ma alla fine riprese un’aria più seria: “E perché mai?”
“Così…” presi una pausa, iniziando ad arrossire leggermente. “Così non sarai solo e attraverso le missioni potresti rintracciare il tuo drago”
Lo sguardo curioso ma fermo che mi regalò fu come una freccia che mi colpì la testa. Lo vedevo indifferente e più lo credevo così e più mi intestardì a farlo entrare.
“Ti va… di essere mio amico?” così lo rassicurai con quella frase, frase d’effetto che accompagnata a un sorriso ampio e occhi dolci aveva già funzionato su alcuni miei compagni di gilda.
Ma non con lui.
“Non ho bisogno di amici. Ho solo bisogno del mio drago” e detto ciò si liberò dalla mia stretta ritraendo il braccio e con uno “Tsk” si allontanò con i bracci sui fianchi e con passo veloce e deciso.
Il mio cuore si ruppe in mille pezzi.
“Ma non sarai solo!” gridai sentendo pizzicarmi gli occhi.
Lo vidi fermarsi. Si girò lentamente e con lo sguardo più triste e malinconico che superava i limiti della sopportazione, mi fissò.
“Io… non sono solo” sussurrò flebilmente “ Metallicana tornerà di sicuro” aggiunge infine abbassando il capo e corrucciando gli occhi.
Non era convinto neanche lui.
“Ma se non fosse così… cosa farai?” riprovai io avvicinandomi lentamente di qualche passo.
Lui non rispose.
“Se non torna… lo aspetteresti all’infinito? Rovinandoti la vita e perdendoti le bellezze che ci sono a questo mondo?” continuai e sta volta era il mio cuore a parlare. Lo sentivo troppo legato a me, da quel filo bianco che la solitudine riesce a instaurare. Io che solo un anno prima ero stata messa da parte da tutto e da tutti e che adesso ero persino una delle più temute maghe della gilda che mi salvò.
Lui non mi degnò nuovamente di nessuna risposta.
“Entra nella mia gilda. Lo cercheremo insieme! Scoprirai tante cose meravigliose degli umani e allo stesso tempo lo cercheremo. Non sarai solo e non abbandonerai la tua missione” finì io ormai a pochi passi da lui. Questa volta il suo sguardo si incrociò col mio. Ci stava pensando, mi stava analizzando, mi stava prendendo sul serio e prese un profondo respiro.
“Io…” ma non finì la frase che la voce di Totomaru si alzò dalle fronde vicine.
“Jluviaaaa!!! Jluvia dove sei??? Jluviaaaa!”
Mi voltai sorridente e gridai: “Sono qui!” contenta di essere stata ritrovata. Adesso saremmo stati in tanti a convincerlo e non poteva più perdere l’offerta.
Il viso del mio amico, insieme a quello di Sol, si affacciò da un albero e con un sorriso si avvicinò a me: “Finalmente eccoti! Ma dove sei stata?”
“Mi ero persa e Gajeel mi ha aiutata a ritrovare la strada!” affermai io inclinando il capo e mostrando il più ampio dei sorrisi.
“Gajeel?” chiese titubante il ragazzo dalla capigliatura alla Crudelia Demons.
“Sì! Ecco Totomaru lui è…” stavo per presentarli quando mi girai e non trovai nessuno.
“Gajeel….” Sussurrai lasciando scivolare gli occhi sulla radura.
Era sparito e non mi rispose.

 
 



“ Ci rimasi molto male ma non potei fare niente. Il master aveva deciso che per quel giorno poteva bastare e che ci avrebbe pensato lui al resto. Dopo altri tre mesi, a Marzo, tornò alla gilda insieme ad Aria e a Gajeel. Non so come lo convinse ma so che dette del filo da torcere ai due. Ci misero tantissimo per catturarlo ma alla fine erano riusciti a trovarlo” sentenziò tristemente la ragazza che sospirò profondamente. Si voltò verso i suoi compagni, chi come Erza e Mirajane la osservavano curiose e allibite, chi come Elfman piangeva pure e chi come Levy e Lucy che con gli occhi lucidi cercavano di non mettersi a piangere. Jluvia li guardò uno per uno e infine alzo lo sguardò verso il bambino interessato, adesso rannicchiato su se stesso con la testa sopra le ginocchia.
“ Lo trovarono sopra un crepaccio sopra il mare, che osservava l’orizzonte lanciando rannicchiato su se stesso. Quel giorno, disse Aria, si abbandonò all’idea che Metallicana fosse morto e pianse per l’ultima volta nella sua vita” e detto ciò abbassò la testa, lasciando scorrere qualche minuto di estremo silenzio. “Da come ci raccontò, Metallicana scomparve a luglio. Quindi ci furono otto mesi in cui lui stette da solo prima di entrare a Phantom” finì l’azzurra surclassata dal pianto irrefrenabile di Elfman e Bixlow che abbracciati si davano man forte.
“E chi se lo aspettava” sussurrò il master abbassando lo sguardo sulle proprie gambe incrociate sul bancone, ove dormiva beatamente la piccola Dragon Slayer del cielo “Ora non mi stupisco di come Gajeel sia freddo non appena si parla del suo drago e di come si approccia a noi. Non ha avuto molto tempo per imparare a stringere rapporti, sottolineando il fatto che Josè lo trattava come la sua gemma preziosa del suo gioco sporco” aggiunse alzando il capo in aria e ripensando tristemente al volto di Josè, ancora non perdonato dal cuore del Master delle fate.
Jluvia scosse il capo in un cenno affermativo.
“Jluvia non riuscì mai a parlare molto con Gajeel-kun. Jluvia lo vedeva sempre partire o dormire” aggiunse dando man forte alle sue parole.
Intanto in fondo alla sala, Luxus osservava il piccolo in questione che silenzioso se ne stava rannicchiato in disparte con la testa fra le gambe. Storse un labbro non appena capì di cosa stava facendo. Sciolse la sua posizione e ignorando il casino ripreso dai suoi nakama, si portò accanto al piccolo e si sedette di fianco a lui. Un sospiro e niente altro per vari minuti.
Il piccolo piangeva silenziosamente, scosso dalle notizie sul suo futuro, scosso dalla perdita del padre e scosso dalla sua sparizione. Non avrebbe mai creduto che prima o poi il suo drago lo avrebbe abbandonato, colui che lo aveva cresciuto e colui che era l’unica cosa che lui possedeva.
“Anche mio padre era uno stronzo” affermò all’improvviso il biondo incrociando le braccia al petto e lasciando cadere gli occhi verdi sulla gilda che a poco a poco riprendeva la sua vitalità di sempre.
Il piccolo si fermò, rabbrividendo per la vicinanza con l’uomo e impaurito nel mostrare i propri sentimenti così tanto da farlo capire. Infondo non sapeva che il biondo era un altro Dragon Slayer e l’udito acuto, si sa, ce lo ha anche lui.
Lascia un minuto scorrere prima di rialzare il busto e passarsi la manica della camicia sopra gli occhi.
“Era così ossessionato di me che mi impiantò una lacrima nel corpo solo per rendermi la macchina da guerra più forte al mondo. Mi fece un gran male” sussurrò flebilmente lasciando che la destra si strinse al petto nella zona del cuore. Gajeel osservava in silenzio con la coda dell’occhio i suoi movimenti, e con falso disinteresse guardava le sue mani sopra il grembo.
“Poi fu cacciato dalla gilda per il suo cuore impuro. Mi abbandonò e non mi salutò nemmeno. Lo difesi per chissà quanto tempo, rischiando pure il mio posto in gilda e solo dopo tutto questo mi sono accorto di quanto fu stronzo. Non lo fece per il mio bene ma solo per il suo. Un giocattolo, ecco cos’ero. Un suo giocattolo” tutto strinto fra i denti, con rabbia e con tristezza lo pronunciava e cercava di farlo sentire solo al bambino che ascoltò tutto quanto in assoluto silenzio.
“Ma tu no”
A quella frase Gajeel spalancò gli occhi e lasciò scivolare la testa verso l’adulto.
“Tuo padre ti ha insegnato con i sacrifici come difenderti, ti ha insegnato a vivere e poi, per il tuo bene, ti ha lasciato andare per la tua strada. Il tuo posto è fra gli umani e questo lo sapeva. Salutandoti ti avrebbe solo reso le cose più difficili” pronunciò il biondo incrociando lo sguardo con quello cremisi del moro.
“Come puoi saperlo?” domandò con voce roca e strozzata il piccolo che dal tono sembrava solo curioso e triste, forse un po’ deluso.
“Me lo disse Natsu molto tempo fa. E aggiunse anche il fatto che il suo drago si era nascosto chissà dove e lo stava aspettando” affermò divertito lasciando scorrere lo sguardo sul draghetto placidamente addormentato sul tavolo.
“E poi, non è una coincidenza che i draghi sono spariti tutti in un giorno come se messi d’accordo. Non ti pare?” finì poi lasciando scorrere lo sguardo sul piccoletto aggiungendo anche l’accenno di un sorriso.
Il viso spaventato e triste nel piccolo si tramutò in un’espressione contenta e sollevata e finalmente l’ombra di un bellissimo e sincero sorriso gli attraversò il volto.
“Forse hai ragione” sussurrò incrociando le braccia al petto e riprendendo la solita posizione fiera di chi ha tutto sotto controllo.
E ancora una volta il piccolo demone piagnucolone si trasformò in un uomo orgoglioso e dignitoso, scacciando via le lacrime e lasciando spazio all’indifferenza e all’assoluto controllo, cosa che piacque e non poco al biondo che istintivamente gli passò una mano fra i capelli e li spettinò aggiungendo persino un “Ghihi” ironico che divertì persino il piccolo.
Intanto il resto della gilda era molto più occupato a creare turni per le varie ore notturne. Dai racconti di Jluvia gli undici anni di Gajeel non davano problemi ma erano quelli di Natsu che si preannunciavano difficili. Chissà com’è ritrovarsi nella propria gilda con i propri amici invecchiati di dieci anni.
“Io proporrei di fare dei turni ma comunque di addormentarli, così stiamo più tranquilli anche noi e evitiamo di spiegare l’accaduto per l’ennesima volta anche per questo altro anno” afferma la giovane Levy che scrivendo con la penna magica sul tavolo crea dei gruppi.
“Visto che i più riposati siete voi Strauss iniziate voi e fra un po’ darete il cambio a Lucy, Grey e Erza. Poi ci saremo noi che con Gajeel avremo dormito si o no due ore” afferma un assonnato Fried rivolgendosi poi a propri compagni da cui riceve segni di affermazione. Ma manca una persona all’appello.
“Sei d’accordo Laxus?” aggiunge poi voltandosi verso il fondo della sala.
La scena che si presenta fa addolcire tutti i presenti. Un imbronciato Luxus a braccia incrociate dorme inconscio appoggiato alla parete, con la testa clina leggermente a destra ove poco più sotto dorme più dolcemente il piccolo Gajeel, appoggiato al braccio possente dell’uomo con la bocchina aperta e nella stessa posizione dell’adulto, braccia incrociate e gambe distese e schiena appoggiata alla parete.
“Credo sia d’accordo” pronuncia Mirajane scattando l’ennesima foto della serata, sotto gli sguardi divertiti e amorevoli dei compagni che trattengono le risate.
E all’improvviso l’orologio rintocca le tre. I piccoli iniziano a brillare sotto i colpi forti e ammaliatori del tempo. Wendy acquista un aspetto sempre più simile a quello della sua età, diventando più alta e più formata. Natsu, anch’esso, acquista altezza e corporatura, mantenendo pur sempre lo stesso aspetto bambinesco e persino Gajeel aumenta notevolmente di altezza, tanto che il capo appoggiato sul braccio del biondo, scivola fino all’incavo della spalla, sorprendendo una bassa e piccola Levy.
“Crescessi io così velocemente” mugola tristemente creando l’ilarità dei compagni che si interrompe non appena notano che anche i vestiti si trasformano.
Sotto gli sguardi allibiti dei presenti, Wendy viene vestita con un piccolo vestitino lungo giallo e azzurro a strisce, con ballerine blu e ali bianche alle caviglie.
“Lo stesso vestito che aveva all’alleanza!” grida Lucy puntandola.
“Guardate Natsu!” interrompe invece Lisanna puntando il dito sul rosato che acquista l’aspetto di quando lei e lui erano molto piccoli. Vestito con una giacca rosa, la solita sciarpa e i pantalocini marroni.
“Gajeel-kun…” sussurra tristemente invece Jluvia. I presenti voltano la testa e con sommo rammarico notano le parole veritiere della maga dell’acqua. Il ragazzo, vestito con solo dei leggerissimi pantaloncini marroni e a brandelli, appare mezzo nudo e ferito. In quel momento Luxus si sveglia di colpo.
“Ma che cazz…” grida scivolando da sotto il giovane, che cade in terra profondamente addormentato.
Tutti si voltano verso il biondo che si appoggia una mano sopra la spalla e guarda sconcertato il moro.
“E’...” inizia in un sussurro per poi voltarsi verso la gilda un po’ preoccupato “ Freddissimo”.
“Coperte!!!”
“Si ammalerà!”
“Bisogna disinfettargli le ferite!”
“Povero ragazzo!”
E le grida dei compagni sovrastano il silenzio, scivolando nel panico. Lucy e Lisanna corrono a prendere delle coperte e dei cuscini, Mirajane delle bende e dei cerotti e Erza scivola velocemente per controllare la salute del ragazzo. Aiutata da Grey lo trasportano sopra una panca e lì improvvisano un letto.
In tutto quello, Luxus e Jluvia osservano la scena sconvolti e velati di un senso di tristezza.
“Cos’altro ha ricevuto dalla vita se non freddo…” inizia Luxus
“… e solitudine?”  e finisce Jluvia
Uno sguardo di intesa prima di abbassare il volto un po’ preoccupati. Loro avevano sentito quella sensazione di freddo che il suo tocco donava ed entrambi non avevano sentito solo freddo. Il solo toccarlo creava una confusione dentro il cuore, come se la sua pelle fosse il suo diario di vita. Un diario abbandonato a se stessa e scritto con il sangue di sforzi e sofferenze.
“Per questo esiste Fairy Tail” afferma convinto e a testa alta il Master, che non nasconde i fiumi di lacrime il moccico del naso.
Jluvia sorride e annuisce mentre lo sguardo si posa su i suoi compagni che, dimenticandosi della stanchezza, donano tutte le loro attenzioni al ragazzo svenuto e incosciente di tutto ciò.
 
 
 
 
“Odio, bambini” sussurra nel buio la voce di una donna mentre due occhi rossi come il sangue si affacciano dalla finestra della gilda mostrando il loro scintillio “Solitudine, freddo e odio”





Angolino Autrice:
*Offre bishcotti* Non mi ammazzate please! *^*
Non ho avuto molta ispirazione, anzi, avevo le idee così confuse da farmi passare la voglia di scrivere T_T
Poi ieri rileggo i capitoli precedenti e PUFF!
Nuovo capitolo!
Non so quanti di voi hanno seguito e hanno voglia di seguire ancora la storia, ma con tristezza affermo che sono un tipo un po' imprevedibile. Può passare anni o minuti dall'uscita dei capitoli.
Gomen!
Comunque, come avete visto in questo capitolo Gajeel è completamente il protagonista ma nel prossimo ci divertiremo.
Tra una fata e un fantasma appena entrati nelle rispettive gilde non scorrerà buon sangue.... oh sì? :D
Boooooh!
Di certo è che entreranno in scena i cattivi ;) 
Buona Lettura!!
   
 
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