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Autore: Nanek    16/05/2014    19 recensioni
Tratto dalla storia:
«Dovrei farti arrabbiare più spesso se il risultato finale è fare l’amore con te» le sussurra, facendola arrossire come non mai, mentre le bacia ancora le labbra, avvicinandosi a lei, avvolgendola in un abbraccio.
«Pensi davvero quello che hai detto?» le chiede ancora, alludendo a quella confessione: lei farebbe davvero l’impossibile per lui? Lei… vorrebbe davvero una famiglia? Con lui?
«Non mi piace dare aria alla bocca Cal, quello che dico lo penso davvero» dice decisa, baciandogli il petto.
«Pensi anche che io sia un cretino?» ridacchia lui, accarezzandole la schiena.
«Sì, a volte sì» confessa lei, stringendolo a sé «Soprattutto quando flirti con quelle tutte “tette e culo” e zero cervello» lui alza gli occhi al cielo.
~
*Questo è il sequel di “So Out Of Reach”, suggerisco la lettura di questa storia per poter capire i vari intrecci ;) La trovate nel mio profilo ;) Buona lettura ;) *
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=CZSa3Vz4yGg :)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

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I did all I could, I gave everything
But you had to go your way
And that road was not for me

 
«Allora?! Sto aspettando!» strilla la giovane Lune, dato che Calum non osa neanche rivolgerle lo sguardo.
Eppure la cosa sembra non sorprenderla, quasi se lo aspettava, quasi lo aveva già capito che lui sarebbe scappato, sarebbe andato via, dimostrandosi un codardo, dimostrandosi un super uomo che non ha il coraggio di lottare quand’è il momento più opportuno: lei lo sapeva già, lo immaginava, avrebbe potuto scrivere su un foglio che sarebbe successo ed avrebbe indovinato in pieno.
«Ti rendi conto di quello che hai detto? Ti rendi conto che mio padre crede che tu mi abbia usata? Cosa cazzo hai dentro quella testa?!» lo rimprovera come se fosse un bambino piccolo, alza la voce così forte che è quasi stridula, le lacrime non scendono più, la rabbia ha il sopravvento adesso, la rabbia e la delusione, perché è questa a fare più male: l’essere delusa, delusa da lui, non aver ricevuto quello che si aspettava, distruggere l’immagine di loro due, esser stati rappresentati come due semplici amici di letto quando, invece, loro sono molto di più, lei lo sa, ne è sempre stata convinta.
«Lasciagli credere quello che vuole, è meglio così» lo sente sussurrare appena, mentre lei gli si avvicina, come in tono di sfida.
«Meglio così? Mi prendi per il culo Calum?! Ho fatto la figura della sciacquetta davanti ai miei genitori e tu, ai loro occhi, sei solo un approfittatore che si scopa la figlia del migliore amico e va bene così?!» non ci può credere, non può essere vero, non può davvero volere questo.
«Sì, mi va bene così» ha il coraggio di ribattere: lo schiaffo che Lune fa finire sulla sua guancia se lo merita davvero.
Uno schiaffo che fa male, uno schiaffo pieno di tutta quella rabbia che Lune vuole buttare fuori, rabbia che le parole non riescono neanche ad esprimere, parole che sembrano non ferirlo, parole che sembrano scivolargli addosso, senza effetti: questo schiaffo, almeno, se lo ricorderà per un bel po’, si ricorderà il dolore provato, si ricorderà che quel lieve dolore che sente non è neanche un quarto di quello che sta provando lei.
«Mi complimento: il tuo coraggio meriterebbe una medaglia, mi piace notare come lotti per le persone che ami davvero, perché se questo è amore, non voglio immaginare il tuo odio» fa dell’ironia, fissandolo, consumandolo con il suo sguardo, mentre lui si porta la mano sulla guancia.
«Non poteva funzionare» dice lui, facendola innervosire ancora di più.
«E dovevi farmelo capire in questo modo? Sei un gran bastardo!» lo insulta, grida come non mai, cresce l’odio nei suoi confronti, cresce la voglia di colpirlo ancora ma, questa volta, la sua mano viene fermata, perché lui le prende il polso, la fa appoggiare con la schiena sulla macchina, la blocca, non le permette il movimento.
«Perché non lo vuoi capire?» dice a denti stretti lui. «Perché non capisci che lo faccio per te, cazzo?!» e lei giura di vedere i suoi occhi lucidi. «Perché non capisci che devi vivere la tua vita? Perché non capisci che abbiamo piani diversi? Perché non capisci che a vent’anni nessuno vuole dei figli?» la riempie di domande, è sull’orlo della disperazione, ma, quando quella lacrima gli riga la guancia, lei non riesce proprio a provare tenerezza nei suoi confronti, non riesce proprio a capirlo, a pensare che abbia ragione, perché lei vuole lui, vuole lui e nessun altro, e lui non sembra proprio capirlo.
«Della mia vita, faccio quel che mi pare» ribatte fredda.
«Ti voglio troppo bene per costringerti a rinunciare a quelle cose che, ora, sono importanti per te» e lei ride, letteralmente.
«Tu mi vuoi bene e mi lasci così? Mi vuoi bene, io ti amo invece, credo ci sia una differenza, un’enorme differenza» lui si morde il labbro dal nervoso, mentre lei sghignazza ancora. «Grazie Hood, per avermi fatto ben capire quanto poco importante io sia, grazie, non serviva davvero questa messa in scena» lui spalanca gli occhi.
«Ci tengo a te a tal punto che preferisco lasciarti, che condannarti a una vita non tua!» è senza parole, non ci crede, come può lui pensare una cosa simile?
«Io, invece, ti amo a tal punto che per te farei qualsiasi cosa» lei si libera dalla sua presa. «Ma forse, in questa storia, l’unica a lottare sono stata sempre e solo io, per davvero» si allontana, lui le prende nuovamente il polso, lei lo guarda con uno sguardo quasi sconsolato. «Quando ti dicevo che ti amavo lo pensavo davvero, lo dicevo con tutta me stessa» si divincola ancora, non vuole essere toccata da lui. «Tu, invece, non me l’hai mai detto: pensavo non avessi bisogno di parole per farmelo capire, pensavo che nei tuoi gesti, nei tuoi baci, tu mi confessassi di amarmi» un sorrisetto nervoso si fa avanti. «Mi sbagliavo, non mi hai mai amata davvero, sciocca ventenne sognatrice che sono» alza gli occhi al cielo.
«Non puoi pensare davvero…» cerca di intervenire lui, mentre lei si allontana, ritornando verso casa, dandogli le spalle, salutandolo solo con un cenno della mano: ha esaurito le parole, ha esaurito la voce per lui, ha esaurito ogni cosa, lui non merita nulla, neanche un addio, ma solo il suo silenzio, il silenzio che mai più si romperà, il silenzio che lei lascia cadere tra loro due come se fosse l’unico modo per chiudere ogni cosa, come se non sapesse neanche lei cosa usare contro di lui, pur di ferirlo almeno la metà di quanto stia soffrendo lei.
 
Lune entra in casa, gli occhi di tutti i presenti la fissano, non osano dire nulla, ma solo i loro sguardi la fanno crollare, tanto che lascia le lacrime farsi avanti per poi camminare lontana da loro.
Ma nel farlo, una donna l’avvolge in un abbraccio, un abbraccio che lei non se la sente di ricambiare, un abbraccio che lei non vuole condividere, ma che la protegge un po’: June la sta avvolgendo, le accarezza i capelli, le bacia la fronte, le trasmette un po’ di calore come se sapesse ogni cosa, come se fosse davvero l’unica a capirla, come se sua madre non potesse mai arrabbiarsi con lei, neanche in questa situazione, come se il bene di sua figlia venisse davvero prima di ogni cosa e vederla piangere, vederla così miserabile le distrugge il cuore, la fa soffrire per lei, come se Lune fosse davvero una parte di lei così importante, una parte di lei che, se soffre, la fa soffrire a sua volta.
Ma non appena la giovane Hemmings sente quegli occhi, perché se li sente puntati addosso come se fossero fulmini, esplode.
«Sei contento ora?!» si libera dalle braccia di June, si rivolge a lui, l’unica causa di tutto, perché è lui il problema, perché lei è figlia sua, perché se lui non esistesse, lei non sarebbe in queste condizioni.
Gli occhi di Luke sono seri, fissano quelli della figlia, non osa dire nulla, non sa neanche lui cosa dirle, non ci sono davvero parole per tutto quel casino.
«Io lo amo, lui mi ama e tu lo hai fatto arrivare a questo!» lo addita, la voce disperata, le lacrime che non sembrano finire mai, la voce che le manca.
«Vedo come ti ama: un codardo» risponde lui, facendola arrabbiare ancora di più, facendola esplodere.
Cosa ne sa lui? Cosa può sapere di quello che hanno passato insieme? Cosa ne sa lui dei loro momenti, dei loro sorrisi, della loro storia? Cosa ne sa lui, di loro due? Nulla, assolutamente nulla.
«Se si ama qualcuno, si lotta, Lune, cosa che lui non ha fatto» le dice ancora, le mani strette a pugno, mentre lei impazzisce, nessuno l’ha mai vista così, nessuno l’ha mai vista piangere o urlare così tanto contro suo padre.
Gli occhi di Lune poi vanno a soffermarsi su un altro dei presenti, si soffermano su Michael, scontra quegli occhi e li fulmina, vuole solo fargli intuire quanto odio prova nei suoi confronti, odio per aver messo in testa a Calum quelle sciocchezze, tutti quei dubbi che sono andati a distruggere ogni cosa, lui e le sue stupide supposizioni. Cosa ne sa lui di cosa vuole lei? Cosa gliene importa? Da quando si preoccupa per lei? Cosa cazzo gliene frega della sua vita?!
Ma Lune respira, non può davvero urlare contro a Michael, non può davvero abbassarsi a questi livelli, perché una voce dentro di lei le ha appena dato la soluzione ad ogni cosa: sono bastate delle stupide domande a far crollare ogni cosa, domande così stupide che hanno rovinato ogni cosa, com’è possibile?
Lui non mi ha mai amata davvero.
 
Conclude nei suoi pensieri, odiandosi per aver appena dato ragione a suo padre.
Non aggiunge altro, si volta e sale le scale, non ha davvero più parole da sprecare, non ha davvero più lacrime da versare, ha solo i singhiozzi del precedente pianto a rompere il silenzio di camera sua: si chiude dentro, si distende sul letto, ha male alla testa, ha male al petto, ha male ad ogni cosa, quel pensiero è così distruttivo che sembra quasi irreale.
Non mi ha mai amata davvero.
Non l’ha mai amata quando le sorrideva, non l’ha mai amata quando l’accarezzava, quando le sue mani andavano ad intrecciarsi alle sue, quando le sue labbra cercavano le sue, quando le sussurrava quelle parole che sembravano così vere, quando l’avvolgeva a lui dopo aver fatto l’amore… dopo aver fatto sesso con lei.
Perché era sesso, non amore, perché se fosse stato amore, lei non sarebbe in questa situazione, lei non starebbe in questo letto a rimpiangere ogni cosa, con un dolore assurdo su tutto il corpo.
E Lune odia se stessa, si odia perché il suo era davvero amore, ne è sicura: il male che sente è il male d’amore di cui tutti parlano o scrivono, lei soffre per amore non per sesso, lei soffre e si odia per avere solo vent’anni, si odia per essere figlia di Luke Hemmings e June Irwin, si odia per essere semplicemente Lune Hemmings.
Non poteva essere Faith? Non poteva essere Maddy? Non poteva essere Izzie? Una di loro, solo per poter amare Calum come loro non hanno mai fatto, solo per poter stargli accanto, solo per poter vivere tranquillamente la loro storia senza ostacoli, senza problemi, senza tutti quei casini, amarsi soltanto, vivere in quella casa insieme, vivere felici con la loro famiglia, la famiglia che lui tanto vuole e che mai nessuno ha voluto dargli, la famiglia che lei avrebbe costruito pur di vederlo felice, pur di non sentirsi come si sente adesso.
E le lacrime si fanno nuovamente avanti.
E qualcuno bussa alla sua porta, delle voci infantili si fanno sentire: Philip, Sophie, Tommy e James.
«Lune, ci fai entrare?» chiede suo fratello.
«Dai, Lune, non stare chiusa lì» la incita Tommy.
«Lo giuriamo, vogliamo solo darti una cosa» continua James.
«Lune, per piacere» quella vocina così dolce, la piccola Sophie, che parla così raramente ma che, in quel momento, si rivolge a lei come se volesse starle accanto come non mai.
E Lune sorride, perché i suoi cuginetti e suo fratello sono così dolci, sono così piccini, non meritano di essere cacciati via, non meritano le sue grida di disperazione: loro sono lì per lei e lei li vuole al suo fianco almeno in questo momento, almeno adesso, dato che nessuno può capirla davvero.
Apre la porta, li fa entrare: Philip ha portato i biscotti al cioccolato, i fratelli Clifford i bicchieri, la piccola Sophie che regge appena il cartone del succo, si siedono tutti sul suo letto, ordinati, senza saltare, senza fare troppo rumore.
Lune li raggiunge e, a sua sorpresa, la piccola Sophie si mette in braccio a lei, l’abbraccia portando le sue mani ad intrecciarsi dietro la sua testa, l’abbraccia e le bacia la guancia, per poi essere seguita anche dai maschietti, che avvolgono Lune tutti insieme, come se a nessuno di loro piacesse vederla così triste, perché Lune non piange mai, perché Lune ride anche quando cade per terra e si fa male, perché Lune non merita di essere triste, perché loro le vogliono bene, ci tengono a lei, non la farebbero mai stare male.
«Il papà Ashton ha detto che i biscotti al cioccolato fanno tornare il sorriso» le suggerisce Sophie, porgendole il sacchetto.
«Papà Michael ha detto che il succo fa ridere» dice James, mentre il fratello conclude con un «Papà Michael è matto, la mamma dice che è perché si è tinto troppe volte i capelli» ridacchia, facendo sorridere appena la giovane Hemmings.
«Papà, invece, ha detto che se noi ti abbracciamo tu ti senti bene» dice Philip Hemmings, sorridendo complice alla sorella, mostrando quelle fossette, quello sguardo così troppo simile a Luke.
«Mangiamo, dai, questi biscotti sembrano troppo buoni» propone Lune, addentandone uno, sfoggiando un sorrisone. «Ma sono troppo buoni!» si lecca le labbra, facendo sorridere tutti i presenti: il sorriso di Lune non è ancora sparito del tutto.
 
 
 
 
Note di Nanek
 
Ma solo io trovo tutti questi marmocchi adorabili? *-* awwwwwww :3
Perché dai, ammettiamolo, sono degli amori questi tati <3 i fratelli Clifford sono dei genietti che deridono il papi :D Sophie è aaaaaaaaaaawwww bimba cara!! <3 e Philip è mio figlio quindi è uguale al padre ed è l’amore <3 aawwww :3
Un momento di tenerezza per cercare di farvi smaltire la bomba colossale del capitolo… mi dispiace.
Mi spiace davvero di farvi penare così, mi spiace far penare in questo modo Lune, ma bisogna essere un po’ coerenti: Calum è a pezzi, è confuso, è scemo, nessuno sarebbe capace di difendersi e di mettere a posto le cose, ne sono certa, l’ansia, la paura e il timore mettono in grande crisi chiunque, pure uno come lui: ma questo non toglie che sia un grande coglione.
Coglione Calum!
Ma la parte che mi è “piaciuta” di più (non voglio sembrare modesta ma è la parte che nella mia testa ho immaginato spesso) è la scena Lune/June/Luke.
June che l’avvolge, June la capisce, JUNE FOR PRESIDENT!! E poi Lune che si scatena su Luke: ve la ricordate la bella bimba che chiama il suo papà? La bella bimba che lui prende in braccio sul palco? La bella bimba che vuole bene al suo papà e vuole dargli tanti baci?
Quella bambina ha urlato contro suo padre, cioè, boh, io mi vedo sta Lune stra aggressiva e mi piace stra tanto, perché lei è come i suoi genitori: ama come June ma lotta come Luke, come Luke all’aeroporto, lei lotta e mi piace davvero questa parte di lei, spero che infonda anche a voi un po’ di grinta quando dovete lottare per qualcosa che vale la pena ;)
Bene, come potete anche notare: sono in anticipoooooooooooooooooooooo!!
Sono un genietto u.u
No la verità è che domani devo studiare, ragazze lunedì succede di tutto! Esce il video di  DON’T STOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOP, compie gli anni Mali HOOD! E: io ho un esame T.T santo cielo che qualcuno mi dia la forza T.T
Bene, dopo tutte queste cose da dirvi, io vi ringrazio, come sempre per tutto quello che state combinando per questa storia :D
Siete adorabili, io vi amo c’è poco da fare! Siete davvero uniche, ringrazio tutte le preferite/ricordate/seguite e le 21 recensioni allo scorso capitolo <3
Grazie davvero di cuore <3
Giusto per pubblicizzarla, per chi fosse una Michael’s girl e avesse voglia di leggere qualcosa di breve su di lui, ho pubblicato una OS, si intitola Kings and Queens e se volete passare a leggere, è lì ;)
Bene belle mie, io scappo e vi do “appuntamento” alla prossima settimana <3 che mi sa che aggiorno prima dato che lavoro il week end o.o oppure no, boh insomma vi avviso come sempre :D
Grazie ancora di tutto <3
Nanek

 
 
  
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