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Autore: callas d snape    16/05/2014    2 recensioni
L'infanzia di Maya può essere sintetizzata in un'unica parola: inferno. Senza genitori, sfruttata e maltrattata dal nonno per le sue doti, non si è mai sentita amata. Anzi, non si è neanche mai sentita umana. Spesso desidera di non essere mai nata o, addirittura, di morire!
Ma il Destino ha in serbo altri piani per lei, piani che sembrano tutti racchiusi nella D. del suo nome. E così affiancata da una "sorella" combinaguai dalle origini misteriose, una ciurma di pirati sconclusionata e un ragazzo di fuoco con cui condivide lo stesso dolore, Maya scoprirà la bellezza e la gioia dei sentimenti e inizierà una lotta contro il suo passato per cambiare il suo futuro ed essere felice.
N.B. Il rating potrebbe subire variazioni!
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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SOTTO IL CIELO IN TEMPESTA


 
I giorni passavano velocemente mentre la punizione di Ace aumentava ancora. Kerr gli aveva infatti aggiunto un altro mese di servizi gratuiti per vari motivi, primo fra tutti le tre fughe tentate dal moro, sventate fortunatamente da Maya, che gli erano costate anche il privilegio di andare a caccia con la ragazza. Anche la cucina era diventata off limits per il pirata visto che non poteva trattenersi dall’assaggiare tutte le pietanze preparate dal cuoco. Inoltre non poteva neanche essere utilizzato per lavare i piatti: infatti un giorno, mentre era intento in questa mansione, era stato colto da un attacco di narcolessia e aveva rischiato di affogare in un palmo d’acqua, per tacere di tutte le stoviglie che aveva rotto con quel gesto involontario. Quindi Ace ormai era impiegato solo nei lavori pesanti e a servire ai tavoli: non era molto bravo neanche in questo, ma la sua bellezza aveva incrementato il numero delle clienti per la felicità di Kerr.
Dal canto suo, Ace stava iniziando a trovare i lati positivi di quella faccenda: Syri e Maya era molto simpatiche e si trovava bene in loro compagnia. La prima gli ricordava tantissimo suo fratello Rufy in versione femminile e meno tonta, mentre la seconda gli conferiva una sensazione di pace e comprensione che aveva provato raramente. In più coltivavano il suo stesso sogno: prendere il mare ed essere finalmente libere. Tutto sommato il ragazzo pensava che gli sarebbe potuta andare peggio!
Una mattina di fine gennaio, Maya si alzò prima del solito. Incapace di riaddormentarsi, pensò di sfruttare quel tempo andando a caccia visto che entro sera si sarebbe anche scatenata una tempesta ed era probabile che non sarebbe potuta tornare nella foresta per un po’. Si vestì in fretta facendo attenzione a non svegliare sua sorella che dormiva ancora beatamente. Stava per scendere a prendere la colazione, quando dei lamenti attirarono la sua attenzione: venivano dalla mansarda, la sua stanza dove per il momento dormiva Ace. Salì lentamente le scale ed aprì la porta di legno chiaro: a petto nudo, coperto solo da un lenzuolo c’era il moro che si agitava nel suo letto evidentemente tormentato da un incubo. Continuava a chiamare incessantemente un solo nome: mamma.
Maya non ce la faceva a vederlo in quello stato. Si avvicinò al letto e iniziò a scuotere il ragazzo con forza chiamandolo: “Ace! Ace!”
Il moro spalancò gli occhi e si tirò su di scatto ansimando: aveva tutta la fronte imperlata di sudore. Si guardò lentamente intorno per vedere chi lo avesse svegliato fino ad incrociare gli occhi della bruna: “Maya, che c’è? È successo qualcosa?”
“Stavi avendo un incubo e ti agitavi come un forsennato, così ti ho svegliato.” rispose l’interpellata.
Ace si asciugò la fronte con una mano, poi riprese il discorso: “Ah, grazie. Devo aver mangiato troppo ieri sera!” e tentò di sfoderare un sorriso che convincesse la ragazza che stava bene.
Inutile. Maya vide il turbamento in quegli occhi neri e in quel sorriso spento e si sentì in dovere di aiutarlo, lui che stava diventando, suo malgrado, una parte importante della sua vita. “Su vestiti. Già che sei sveglio renditi utile: oggi vieni a caccia con me!”
“Ma… e Kerr?” tentennò Ace.
“A lui ci penso io, non preoccuparti. Dai, sbrigati: ti aspetto di sotto!” concluse la ragazza uscendo dalla stanza e lasciando il moro con i suoi pensieri. Aveva fatto di nuovo quel sogno: sembrava gli volesse dire “puoi andare anche in capo al mondo, ma non puoi scappare dalla realtà!”. Inspirò profondamente prima di alzarsi e lavarsi il viso e sperò che un po’ di attività all’aperto lo aiutasse a schiarirsi le idee.
Maya intanto era scesa al piano terra e aveva preparato uno zainetto con la colazione per entrambi: ora che ci pensava era la prima volta che lei ed Ace restavano da soli dal giorno dello scontro. Arrossì a quel pensiero lasciandosi però sfuggire un lieve sorriso. Poi prese carta e penna e lasciò un messaggio veloce per Kerr: “Porto Ace a caccia con me. Stai tranquillo, lo tengo d’occhio io. A dopo.”
Aveva appena finito di scrivere che il soggetto del suo messaggio le comparve alle spalle, rischiando di farle prendere un colpo. “Allora, andiamo?” disse con un sorriso questa volta sincero.
Maya si limitò ad annuire e a passargli lo zaino con la colazione. Prese il suo fidato arco che aveva lasciato in un angolo nel retro bottega , si voltò verso il moro e disse: “Mi sembra superfluo chiederti se vuoi un arma. Stai solo attento a non dar fuoco a tutta la foresta!” Ace sghignazzò divertito mettendosi una mano sul cuore come se stesse per fare un giuramento solenne e strappando una risata sommessa alla sua compagna; poi uscirono nell’aria fredda del mattino chiudendo delicatamente la porta.
Impiegarono pochissimo tempo a raggiungere la foresta, ma per tutto il tragitto nessuno dei due aveva aperto bocca: Ace troppo preso dai suoi pensieri, Maya troppo imbarazzata per chiedergli spiegazioni. Alla fine fu però quest’ultima a parlare per prima.
“Ho notato che hai un tatuaggio sul braccio sinistro. È carino, ma non ho capito il significato della S sbarrata. Cos’è, quello che te lo ha fatto ha sbagliato e l’ha dovuto correggere in qualche modo?” disse con un sorriso sulle labbra.
Ace ghignò sommessamente toccandosi la scritta con la mano destra: “No, nessun errore. Visto che il mio nome si pronuncia come se ci fosse una S, ho voluta aggiungerla in ricordo di mio fratello Sabo.”
“Non sapevo avessi un fratello.” riprese la mora curiosa
“Veramente ne ho… avevo due. Sabo è morto sette anni fa.”
“Mi dispiace.” Il silenzio calò nuovamente tra i due: Maya non sapeva che dire o fare. Aveva cercato di non metterlo in imbarazzo non parlando del suo incubo e invece aveva peggiorato le cose facendogli ricordare il fratello morto.
“Ehi, guarda che non fa niente. Sono passati tanti anni e riparlarne adesso mi fa quasi bene. Stai tranquilla!” La ragazza alzò lo sguardo verso il volto del moro che le stava sorridendo amorevolmente: come aveva fatto capire cosa l’angustiava?
“Sono così trasparente o sei tu ad essere un bravo lettore dell’animo femminile?” tentò di difendersi la bruna cercando di non arrossire.
“A dir la verità, non ho mai capito le ragazze. Ma tu hai qualcosa di diverso… Non so come spiegartelo... È come se… se… ” Ace era molto imbarazzato e in difficoltà. La ragazza gli venne in aiuto non meno imbarazzata.
“È come se ci conoscessimo da sempre.”
“Già!” Si erano fermati al centro di una piccola radura. Ace guardava gli occhi blu della sua compagna: cavolo, com’erano belli, tanto quanto l’oceano! Il ragazzo pensò che non gli sarebbe dispiaciuto affogare in un mare del genere! Una ciocca di capelli castani era uscita dalla presa ferrea dell’elastico bianco andando a coprire quelle due pozze d’acqua. Istintivamente gliela spostò dietro all’orecchio, ma invece di togliere subito dopo la mano, trasformò quel contatto in una dolce carezza.
Maya si irrigidì a quel contatto, mentre il suo cuore galoppava come un forsennato. Erano troppo vicini! Ancora pochi centimetri e nessuno dei due avrebbe più risposto delle proprie azioni!
In quel momento un uccello enorme spuntò dal folto degli alberi, facendo sussultare i due ragazzi e interrompendo quell’attimo magico. I due si allontanarono e ridacchiarono imbarazzati. Poi Maya si schiarì la voce e disse: “Su, andiamo, altrimenti chi lo sente Kerr se dovessimo tornare a mani vuote!”
“Già… A chi prende più animali?” disse Ace iniziando a correre verso gli alberi seguito a ruota dalla ragazza che gli urlava: “Hai già perso in partenza, fiammella!”
 
La caccia era stata molto proficua: oltre a un cervo, sette polli e tre grosse lepri erano riusciti anche a prendere un orso! Sicuramente avrebbero guadagnato parecchio rivendendone la pelliccia anche se quell’inverno non faceva particolarmente freddo. Era quasi ora di pranzo e decisero di tornare alla locanda per consegnare il loro bottino a Kerr.
Mentre rientravano carichi di tutto quel ben di dio, discutevano amichevolmente su chi di loro avesse vinto la sfida: Maya aveva ucciso più prede, ma Ace aveva abbattuto l’orso tutto da solo. Alla fine si accordarono per un pareggio e si misero a ridere senza un motivo apparente, dimentichi della situazione imbarazzante di quella mattina.
“Ti devo ringraziare.” disse a un tratto la ragazza attirando su di se lo sguardo del moro “Cacciare con te è molto più divertente che farlo da sola. Ho provato a portarci Syri, ma è una tale casinista che ero sempre dietro a tirarla fuori dai guai!”
“Ti capisco: per me era lo stesso col mio fratellino. Siete molto unite voi due, eh?” ma il ragazzo non ottenne risposta. Si voltò verso l’amica che si era fermata qualche passo dietro a lui e guardava impietrita qualcosa alla sua destra. Ace seguì lo sguardo della bruna: al lato della strada c’era Syri che parlava con un ragazzo dai capelli rossicci.
Maya lasciò cadere il sacco con la selvaggina a  terra e si diresse verso i due che non si erano accorti della furia che incombeva su di loro. La prima a notarla fu proprio Syri: “Maya!”
“Ciao sorellina pensavo fossi al locale ad aiutare tuo zio. Ciao Shun, te ne vai da solo o vuoi una mano?” disse Maya facendosi scrocchiare le nocche.
Shun fulminò la mora con lo sguardo e poi se ne andò con un semplice ‘a sta sera Syri’ che non sfuggì alla mora.
“Che voleva dire?” riprese quest’ultima rivolta alla sorella.
“Niente, mi ha solo invitato a uscire e io ho accettato!” ribattè la bionda emozionata.
“Cosa ti è saltato in mente?! Ti devo forse ricordare che Shun è il capo della combriccola che la scorsa estate ti ha spinta giù dalla scogliera rischiando di ucciderti?! Per non parlare di tutte le prese in giro!” la bruna era furibonda.
“È acqua passata! Mi ha chiesto scusa per tutti i dispetti e ha detto che era estraneo  allo scherzo dei suoi amici la scorsa estate. Dice che si è accorto finalmente che sono una ragazza speciale e mi vuole conoscere meglio!” alla minore brillavano gli occhi dalla felicità.
“Svegliati Syri, ti sta solo prendendo in giro! Non farti fregare da un bel visetto. Come potrebbe uno come lui interessarsi a una come te?” Maya si morse la lingua troppo tardi. Lo sguardo di Syri si rabbuiò e si riempì di rabbia.
“La pensi davvero così?! Perché non puoi essere solo felice per me? Perché devi sempre vedere congiure dappertutto? Ti hanno proprio fatto il lavaggio del cervello e io mi sono rotta di essere la tua unica amica! Arrangiati!” La bionda sapeva di averla ferita, ma non gliene importava niente: d’altronde aveva iniziato lei e se l’era andata a cercare.
Lo sguardo di Maya era diventato gelido: “Hai ragione, tra me e te non ci sono legami. Fa’ quello che ti pare della tua vita!” Poi si voltò tornando verso il sacco pieno di carne, mentre Syri scappava nella direzione opposta.
Ace, che aveva assistito a tutta la scena, si avvicinò titubante alla mora chiamandola dolcemente: “Maya.”
Lei si voltò verso la sua direzione gelandogli il sangue con il suo sguardo glaciale e vuoto. Le sue parole furono altrettanto fredde: “ Che faccia quello che le pare! Non sono sua sorella, tanto meno sua madre! È ora che sperimenti quanto il mondo sia un luogo marcio e meschino. Andiamo!”
 Riprese la via per la locanda seguita da un Ace frastornato ed incredulo per quanto aveva visto e sentito.
 
La giornata passò molto lentamente e l’umore all’interno della locanda andava peggiorando come il tempo. Per tutto il pomeriggio, Syri e Maya non si erano rivolte la parola. La prima dopo l’orario di chiusura si era barricata in camera sua, mentre la seconda aveva aiutato a rimettere in ordine e poi era andata ad allenarsi alla spiaggia nonostante Kerr glielo avesse sconsigliato. Ace si era offerto di accompagnarla, ma era stato liquidato malamente. Aveva anche tentato di far uscire Syri dalla sua stanza, ma dopo essere stato scacciato anche da lei, aveva deciso di non intromettersi oltre: in fondo conosceva quelle due ragazze solo da qualche settimana, che diritto aveva di impicciarsi nelle loro questioni?
Erano quasi le sei e mezza di sera : Ace e Maya stavano preparando il locale all’apertura nel più totale silenzio, Kerr era intento a cucinare e il cielo nero come la pece era pronto a scatenare tutta la sua ira. All’improvviso Syri scese di corsa giù nel locale: aveva indossato una felpa rossa con una buffa scimmietta sul davanti e un paio di jeans infilati all’interno di un paio di stivali color cuoio.
“Io esco.” disse perentoria prendendo la borsa appesa all’attaccapanni.
“Da sola? Non viene anche tua sorella?”sbuffò Kerr affacciandosi dalla cucina.
“Non posso sempre starle appiccicata!” ribattè scocciata lanciando un’occhiataccia alla sorella. Poi uscì senza neanche aspettare l’autorizzazione dallo zio.
Ace non aveva staccato gli occhi da Maya che dal canto suo non aveva alzato neanche un momento lo sguardo dal tavolo che stava apparecchiando; ma dopo che la sorella se ne andò, non passò neanche un minuto prima che dicesse: “Esco anch’io!” Si tolse il grembiule e si mise all’inseguimento della bionda.
Kerr era finalmente uscito dalla cucina e affacciato sull’entrata del locale stava inveendo contro la ragazza. “Ehi mocciosa, non puoi piantarmi in asso anche tu poco prima dell’apertura! Torna qui! E tu non azzardarti a svignartela, Ace!” disse voltandosi verso il moro che, però, non si trovava più lì. L’unica traccia del suo passaggio era il grembiule abbandonato accanto a quello di Maya e la porta sul retro che sbatteva. Kerr sospirò rassegnato chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi quei tre casinisti!
 
Syri era seduta sul bordo della fontana nella piazza principale della città inconsapevole che da due nascondigli differenti Ace e Maya la stavano spiando. Guardò ancora una volta l’orologio: l’ora dell’appuntamento era già passata e di Shun ancora nessuna traccia. Stava cominciando a preoccuparsi quando sentì dei passi alle sue spalle. Si voltò, ma di fronte si trovò solo un gruppetto di ragazzi.
“Dov’è Shun?” chiese un po’ titubante avendo riconosciuto in loro i ragazzi che la tormentavano sempre.
“Sono qui.” rispose il diretto interessato spuntando da dietro gli altri compagni.
Syri sorrise sollevata, ma subito la sua espressione si mutò in sgomento: avvinghiata a Shun c’era una ragazza bellissima dai lunghi capelli neri, un seno prosperoso e delle gambe lunghissime accentuate dalla minigonna vertiginosa. La bionda non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Shun rise perfido avvicinandolesi: “ Non avrai pensato sul serio che un figo come me si interessasse a una sfigata come te? Guardati: sei sciatta, piatta come una tavola, sembri un maschio!” Poi ridendo insieme a suoi compagni, gli spaccò un uovo marcio in testa dicendo: “Forse così il tuo aspetto migliorerà!”
Syri non ce la fece più: scoppiò in lacrime e si mise a correre disperata. Maya non aspettò un momento di più e si mise all’inseguimento della sorella: a quei bastardi avrebbe pensato dopo, ora doveva occuparsi di Syri.
Il gruppo stava per andarsene ancora intento a ridere, ma si ritrovò la strada sbarrata da Ace.
“Togliti di mezzo!” gli ordinò Shun con aria da smargiasso.
“Mi spiace, non posso. Non sopporto chi si diverte a fare il bullo, specie con una ragazza, specie se quella ragazza è mia amica!” e detto questo Ace diede fuoco alle punte dei capelli del rosso. Questo si mise a urlare come una femminuccia seguito a ruota dalla sua compagna che si diede subito alla fuga. Gli altri ragazzi invece tentarono di colpire il moro, ma questi li atterrò senza troppe difficoltà.
Poi tornò a concentrarsi su Shun che nel frattempo era riuscito a spegnere le fiamme nella fontana. Ace lo sollevò da terra pronto a colpirlo, ma vedendolo piangere come un bambino avvicinò i loro volti e ringhiò: “Non ne vali neanche la pena!” e lo ributtò nella polvere dirigendosi a passo svelto verso la strada che avevano preso le sue due amiche.
 
Syri correva ignorando i richiami della sorella che diventavano sempre più fievoli: Maya poteva batterla nel combattimento, ma non era veloce come lei.
Si odiava in quel momento: come aveva fatto a cascare in una trappola così prevedibile? Si odiava perché non aveva dato ascolto a sua sorella, perché l’aveva ferita quando lei voleva solo aiutarla, perché si era lasciata abbindolare da due parole carine di uno stupido ragazzo!
Si odiava perché stava odiando i suoi genitori perché non erano lì con lei: sua madre non le aveva insegnato a diffidare dei maschi, suo padre non sarebbe corso a farla pagare a quegli idioti che avevano osato far piangere la sua bambina. Li odiava perché erano morti lasciandola sola e perché nonostante tutto, non era colpa loro.
Persa nelle sue elucubrazioni mentali, non si accorse di aver imboccato un vicolo sbarrato da tre omaccioni ubriachi e ci andò a sbattere contro finendo stesa a terra.
“Ma guarda un po’ cosa abbiamo qui! Ehi bimba ci tieni un po’ compagnia?” disse il primo tracannando un lungo sorso di rum.
Syri si rialzò spaventata: pirati, e della peggior risma a quanto sembrava! Si voltò per andarsene, ma il secondo uomo le afferrò il braccio e la fece rivolgere nuovamente verso il trio.
“No, no, no carina, non ti hanno insegnato le buone maniere? Sei andata a sbattere contro il nostro capo e ora devi farti perdonare! Su da brava vieni con noi!” disse alitandole addosso e facendole venire la nausea per la puzza di alcool.
“Preferisco di no!” ringhiò la bionda
“Su, non fare la preziosa…” ma l’uomo che la teneva bloccata non potè finire la frase che un violento calcio negli stinchi lo costrinse a mollare la presa.
“Brutta stronza!” sibilò il terzo schiaffeggiando la ragazza che ricadde a terra con un labbro sanguinante. A quel punto il capo di quel trio ordinò di immobilizzarla mentre le si avvicinava slacciandosi la cintura dei pantaloni.
Syri si divincolava come un ossesso, ma era tutto inutile. Il primo uomo le salì sopra a cavalcioni iniziando a toccarla e intimandole di stare ferma e zitta. Per tutta risposta la ragazza gli sputò in faccia.
Fuori di sè dalla rabbia, l’uomo la sollevò da terra e la sbattè contro il muro di un edificio facendole sanguinare la nuca tra le risate dei compagni. La ragazza trattenne a stento un gemito di dolore mentre la vista le si annebbiava.
“Piccola puttana!” disse l’uomo tenendola inchiodata al muro per la gola “Ti sgozzerò come la cagna che sei!” ed estrasse dalla fodera un coltellaccio ricoperto di ruggine.
Syri non riusciva a respirare. Chiuse gli occhi facendo scendere due lacrime silenziose, pronta alla morte certa che l’attendeva. Si preparò alla sensazione della lama fredda sulla sua pelle, ma al contrario senti la presa sul collo annullarsi.
Tossendo e massaggiandosi la gola, aprì gli occhi per trovarsi di fronte Maya. La guardò spaventata: quella non era sua sorella, non con quell’espressione dura, non con quegli occhi completamente neri, non con quella voce fredda che le diceva di andarsene.
I due uomini guardavano esterrefatti il loro capo sbalzato a qualche metro di distanza da un semplice pugno di quella ragazzina. L’uomo colpito intanto si era rialzato e bestemmiando a denti stretti aveva raccolto il suo coltellaccio. Poi diede l’ordine ai suoi uomini di attaccare quella mocciosa. Un lampo squarciò il cielo e la pioggia iniziò a cadere fitta sopra i quattro combattenti.
 
Ace svoltò per l’ennesima volta a destra: aveva la strana sensazione di stare girando in tondo. Appena imboccata la strada delle sue amiche aveva creduto di poterle raggiungerle, ma il suo proverbiale senso dell’orientamento tarocco lo aveva portato a perdersi nei meandri della città.
Il ragazzo si fermò al centro di un incrocio, pensieroso: era molto in ansia per le ragazze, ma continuare a girare a vuoto non avrebbe portato a niente. Come se non fosse sufficiente si era pure messo a piovere. Se solo avesse avuto una traccia da seguire! Come se il cielo lo avesse sentito in quella muta preghiera, una voce femminile proruppe nel silenzio della tempesta.
Ace iniziò a correre verso il luogo dove proveniva la voce e man mano che si avvicinava questa diventava sempre più chiara: era Syri che continuava a chiamare implorante la sorella.
Il moro accelerò ancora e finalmente giunse all’origine di quel suono. La sua attenzione si focalizzò subito sulla bionda, in ginocchio a terra, con la nuca sanguinante e scossa da brividi; guardava un punto davanti a sé e continuava a ripetere: “Basta Maya, fermati!”
Fu allora che il ragazzo scorse altre due figure tra la pioggia scrosciante: Maya, ferita in vari punti, teneva sollevato da terra un uomo che era tre volte il suo peso; gli stringeva così tanto la gola che lo stava per soffocare. Ai suoi piedi stavano altri due uomini svenuti per le numerose ferite.
Un altro lampo illuminò la notte e gli occhi neri e vuoti della ragazza. Ace era impietrito: quella era davvero Maya? La ragazza con la quale era andato a caccia, aveva riso e scherzato, che aveva quasi baciato, della quale si stava innamorando?!
La voce rotta dal pianto di Syri lo riscosse. Si avvicinò alla mora e le disse: “Maya, che stai facendo? Smettila, mettilo giù!”
La ragazza si voltò verso il ragazzo e poi di nuovo verso la sua vittima. Scosse violentemente la testa e strizzò forte gli occhi: quando li riaprì erano tornati del loro colore originale. Lasciò subito andare la presa intorno alla gola della sua vittima che cadde a terra svenuto. Strinse la mano sinistra intorno al polso tremante guardando il palmo destro con occhi sgranati ed inorriditi.
Notando il suo stato di shock e che uno degli uomini si stava muovendo, Ace prese per una spalla Maya, fece rialzare Syri e le condusse via da quel vicolo.
 
Dopo alcune svolte sbagliate, finalmente Ace riuscì a ritrovare la strada per la locanda. Kerr li aspettava sulla porta arrabbiato, ma la collera si mutò subito in apprensione quando li vide rientrare uno messo peggio dell’altro. Corse dentro a prendere la cassetta del pronto soccorso seguito a ruota da Syri che teneva gli occhi bassi ancora sotto shock per tutto quello che era successo.
Anche Ace stava per entrare nel locale, quando si accorse che Maya era rimasta ferma in mezzo alla strada e sembrava intenzionata a restarci.
“Vieni, prima che ti ammali.” Tentò di dirle il moro.
“Non ti biasimerei se volessi andartene!” disse secca la bruna. Allo sguardo interrogativo del ragazzo proseguì voltandogli le spalle: “Io non sono come te o Syri. Sono un mostro! Non mi sorprenderei se domani Syri mi cacciasse, ma è troppo buona per farlo. Ma tu sei libero di andartene! Quando la tempesta sarà passata potrai riprendere il mare. Tranquillo, parlerò io con Kerr. Comunque è stato un piacere conoscerti Portuguese D. Ace!” e si voltò nuovamente con un sorriso tirato sul volto.
Ace non ci vide più dalla rabbia: le si avvicinò, le prese le spalle e iniziò a scuoterla con forza.
“Smettila di dire cazzate! Tu non sei un mostro e io non ho intenzione di lasciarti!” gridò il moro. Poi si tolse il cappello e lo mise in testa all’amica sospirando. “In ognuno di noi coesistono luce e tenebre. Tutto sta nel decidere quale delle due far prevalere. È ovvio che a volte sfuggano al nostro controllo, siamo umani; ma c’è differenza tra una persona malvagia e una che commette degli errori!”
“Se sapessi che cosa ho fatto non la penseresti più così!” provò a ribattere la mora.
“No, ne sarei ancora più convinto; ne sono sicuro!” affermò perentorio il ragazzo.
Maya sgranò gli occhi incapace di trattenere ulteriormente il pianto. Si appoggiò sul torso del moro e lasciò che le lacrime si andassero a confondere alle gocce di pioggia.
Ace l’abbracciò protettivo, finchè non la sentì accasciarsi senza forze contro di lui. Allora la prese in braccio e la portò in casa, maledicendosi mentalmente: si stava veramente innamorando di quella ragazza misteriosa e questo era un grosso problema. Le aveva detto che non l’avrebbe lasciata, ma aveva mentito: presto o tardi avrebbe dovuto riprendere il mare e allora, con che cuore l’avrebbe guardata negli occhi e le avrebbe detto addio?
Scosse la testa per scacciare quei pensieri: aveva ancora tempo per rifletterci, per il momento decise che si sarebbe gustato quel sentimento nuovo che cresceva ogni secondo di più nel suo petto.
 


 
 
 
 
 
N.d.a.
Ciao a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo e questa volta di una lunghezza decente!
Allora, oggi mi sembra di aver messo abbastanza carne al fuoco, che ne dite? I nostri due protagonisti iniziano a capire che tra loro non c’è solo amicizia, o almeno Ace ci è arrivato, per Maya dovremmo attendere il prossimo capitolo. Il caro fiammifero ha gli incubi e penso che si sia già capito su cosa vertano, ma li approfondirò in seguito. Infine, a grande richiesta, è tornata dark Maya! Questa povera ragazza ha una doppia personalità abbastanza raggelante, ma per saperne di più dovrete attendere il prossimo capitolo nel quale verrà svelato il passato oscuro di Maya.
Ringrazio chi ha recensito, chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e anche chi mi segue in silenzio. Vi adoro tutti per il sostegno che mi date!
Bene, chiudiamo qui l’angolo dell’autrice (pazza) che vi da appuntamento a giugno.
Aspettando con ansia le ostre recensioni, See you soon. C.S.
  
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