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Autore: Its Ellie    17/05/2014    3 recensioni
[Fanfiction Interattiva] [SPOILER "Eroi dell'Olimpo - LA CASA DI ADE"]
***
Ebbene sì, ormai le fanfiction interattive sono diventate molto popolari e io ho colto l'occasione per dar vita a un'idea che mi frullava in testa già da un bel po'.
***
In questa storia i protagonisti saranno i personaggi creati da voi. Dovranno partire per un'impresa impossibile, nel disperato tentativo di impedire che il "re del cielo" si risvegli e distrugga tutto ciò che amano.
Ma il re è potente, è antico ed è in cerca di vendetta, riusciranno i semidei a scongiurare il pericolo? La lotta sarà lunga e violenta, chi sopravviverà? Per farcela hanno bisogno di alleati potenti, ma saranno disposti questi alleati a combattere?
Venite a scoprirlo.
[Semidei al completo]
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gli Dèi, Mostri, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Uno
La Profezia
 
Reyna non fece una piega quando Rachel si trasformò in uno spettro, tant’era sfinita.
 
Era passata una settimana da quando Urano aveva fatto la sua spettacolare entrata in scena, mandando nel panico due campi interi di semidei e causando un bel po’ di problemi anche lassù all’Empire State Building.
Una settimana di perenne cielo grigio, temporali e fulmini. Apollo non doveva essere molto contento.
Dopo aver condotto una disastrata riunione nel Senato – durata tre lunghe ore – con l’aiuto del nuovo praetor Frank Zhang, era arrivata alla conclusione che avrebbe dovuto chiedere nuovamente aiuto ai greci, con il grande disappunto di Octavian e di molti altri. Non era stato facile tenerli a bada e Zhang non aveva di certo facilitato le cose.
Povero ragazzo, non che lui potesse farci niente. Dopo la guerra con Gea era cambiato molto: ora non era più goffo e impacciato come una volta, in qualche modo a lei sconosciuto era cresciuto di parecchi centimetri e i suoi muscoli si erano fatti molto più scolpiti, così che non sembrava più uno di quegli orsacchiotti giganti che si vincono alle fiere. Ma non era cambiato solo esteriormente, infatti aveva acquistato una nuova consapevolezza si sé che lo portava a mostrarsi più determinato, più sicuro delle sue scelte, in grado di gestire le situazioni di pericolo e di guidare un esercito di soldati. Insomma, ora era molto più romano.
Tuttavia – anche dopo aver partecipato alla più grande impresa di sempre, aver combattuto orde di mostri, aver sconfitto i Giganti e la dea della terra in persona e aver anche avuto a che fare con un padre non esattamente affettuoso – il suo cuore tenero non si era indurito. Sotto sotto era rimasto il Frank Zhang di sempre e questo significava anche che faticava ad imporsi contro tutte quelle persone.
Reyna aveva sperato che i Romani avessero avuto abbastanza buonsenso da capire che avevano bisogno dell’aiuto dei greci, soprattutto dopo la guerra contro Gea, ma così non era stato. I suoi compagni faticavano ancora ad ammettere che per affrontare i pericoli la soluzione migliore era allearsi con i loro ex-nemici e, orgogliosi e testardi come sempre, si rifiutavano di unire nuovamente le forze. Ma dopo altre dieci riunioni, cinque attentati, un’esplosione e infiniti battibecchi, era riuscita a convincere i Romani a collaborare. Così, in seguito, aveva tenuto ancora più riunioni insieme a Chirone, Rachel Dare, i sette semidei della Seconda Grande Profezia, Nico Di Angelo e, per sua sfortuna, Octavian, che insisteva a voler essere presente. Era quasi sicura che presto avrebbe sviluppato un’allergia alle riunioni.
Fino a quel giorno non si erano rivelate molto utili, però. Tutti avevano concordato che fosse necessario partire per una nuova impresa e la squadra avrebbe compreso sia greci che romani, ma le loro decisioni erano finite lì.
Chirone era convinto che non bisognasse essere così avventati, che prendere tempo e cercare di formare un piano preciso fosse la soluzione migliore, ma – pensava Reyna – quando mai i semidei, nella loro storia, avevano fatto affidamento ad un piano preciso? Lo schema delle imprese era sempre lo stesso: ascoltare profezia – non capire niente – partire verso un luogo che potrebbe servire a qualcosa – rischiare la morte – affidarsi ad intuizioni basate sui sogni – rischiare la morte – creare un piano suicida – rischiare la morte – portarlo a termine (rischiando la morte).
Infondo, era già un miracolo che Urano non li avesse ancora uccisi tutti quanti.
 
Quel giorno Octavian si era fatto ancora più insopportabile del solito, il che richiedeva una pazienza sovraumana da parte di Reyna per gestirlo.
A mandarlo fuori dalle staffe erano stati Jason e Percy, che avevano avanzato l’ipotesi della partenza dei sette semidei della Profezia.
«Come se io vi permetta di fare una cosa del genere!» stava sbraitando, agitando le braccia esili in aria. «Non vi è bastata la spedizione contro Gea? Avete tutti quanti rischiato la morte in più di un’occasione!»
Puntò il dito contro Hazel Lavesque. «A cominciare da te! Sei viva soltanto grazie alla clemenza di tuo padre Plutone che è riuscito a convincere Tanato a chiudere un occhio sul tuo caso anormale!»
La povera ragazza sembrava essere rimasta senza parole. Non le piaceva parlare dell’enorme favore che le aveva fatto il dio lasciandola vivere. Certo, in cambio di un atro favore, del quale lei però era restia a parlare.
Il dito di Octavian si spostò in direzione di Leo Valdez. «Per non parlare di te! Hai quasi mandato a monte l’impresa per salvare la tua stupida ragazza!»
La faccia di Leo si tinse di un rosso così accesso che per un attimo Reyna si chiese se non avrebbe preso fuoco.
«Oh, e non ho finito! Tu, Frank Zhang, con quel tuo dannato bastoncino! Giunone è stata davvero gentile a toglierti la maledizione!»
Le labbra di Frank si ridussero ad una linea sottile. Octavian aveva ragione: la vita del ragazzo non dipendeva più dal legnetto che aveva protetto tanto a lungo. Finita la guerra contro Gea, Giunone aveva tolto la maledizione a Frank, sostenendo che era cresciuto molto, in tutti i sensi, ed era quindi riuscito a dimostrare di saper reggere il peso del suo potere.
Octavian aveva tutta l’intenzione di proseguire. Puntò il suo sguardo su Nico Di Angelo, ma a quel punto Reyna scattò in piedi e gli lanciò un’occhiata di ghiaccio, pietrificandolo.
Non avrebbe tollerato nessun tipo di commento su Nico Di Angelo, non dopo aver condiviso così tante esperienze insieme a lui. Con lui aveva attraversato l’intero Oceano Atlantico: lo aveva protetto da centinaia di mostri quando era troppo debole per combattere, guadagnandosi a poco a poco la sua fiducia, gli aveva confidato tutta la sua storia, soffermandosi sul periodo in cui aveva creduto che tra lei e Jason avrebbe potuto funzionare e lui aveva fatto lo stesso, confessandole ciò che aveva provato per Percy e alla fine si erano fatti forza l’un l’altro ed erano andati avanti, arrivando al Campo Mezzosangue per portare a termine la loro missione.
Non avrebbe mai più dimenticato il momento in cui era comparsa all’improvviso nel bel mezzo della battaglia con una statua di Atena alta dodici metri.
Dire che i semidei, sia greci che romani, erano rimasti a bocca aperta era dire poco. Molti erano arretrati così velocemente da cadere gli uni sugli altri, altri erano rimasti pietrificati dal terrore (come biasimarli, l’espressione della statua poteva incutere un certo timore, soprattutto se la statua in questione era alta dodici metri), altri ancora avevano urlato e i più coraggiosi si erano fatti avanti con le armi spianate per capire cosa stesse succedendo.
Così Reyna era riuscita ad ottenere in appena un secondo l’attenzione di tutti i presenti. Da lì era cominciata la lunga intermediazione tra i due campi, che culminò nella dichiarazione di pace (alla quale Octavian, e non solo lui, continuava ad opporsi con insistenza) che stabiliva che da quel giorno i due campi avrebbero collaborato e si sarebbero impegnati ad imparare l’uno dall’altro per migliorarsi.
Così anche le due forme degli Dèi avevano trovato l’equilibrio e le divinità, insieme ai loro figli, avevano finalmente potuto prepararsi alla guerra, il vero obbiettivo di tutti quanti.
E alla fine, unendo le forze – Dèi e semidei, greci e romani – avevano sconfitto i giganti e la loro madre, Gea, in una battaglia epica durata una notte intera.
«Octavian» disse Reyna con tono duro. «Tu porti il nome di uno dei più grandi imperatori romani della storia.»
Octavian la fissò sorpreso e un po’ smarrito. Cos’era quello, un complimento? Dove voleva andare a parare Reyna?
«Ottaviano, come ben saprai, chiese a Virgilio di scrivere un poema che esaltasse le origini divine di Roma, non è vero?»
«Sì, ma questo cosa...»
«Lasciami finire. Il poema in questione è l’Eneide e tutti sappiamo benissimo che quello non è solo un poema, ma la verità. Enea era il figlio di Anchise e Venere, dico bene? Venere che però a quel tempo era ancora Afrodite.»
Octavian serrò la mascella. «Lo so bene, Enea era un dannato graecus
«Quel “dannato graecus”, come ti ostini a chiamarlo, era un antenato di Romolo. Romolo nacque dall’unione di Rea Silvia e Marte, che tuttavia esisteva ancora nella sua forma greca, Ares.»
Molti dei presenti ormai sembravano aver perso il filo del discorso, ma Octavian sapeva benissimo dove Reyna volesse arrivare. Ne avevano discusso parecchie volte: Octavian continuava a sostenere che tra Enea e Romolo non ci fosse nessun legame, che fosse tutto frutto della mente di Virgilio che simpatizzava per i greci e voleva inutilmente includerli nella storia di Roma, ma Reyna non era stupida e sapeva bene che la sua era solo una scusa per non dover ammettere che i Romani erano strettamente legati ai Greci.
Dopo un lungo momento di silenzio, la ragazza proseguì. «Octavian, sai meglio di me che siamo destinati a collaborare per poter imporci su forze come Gea o Urano.»
Octavian era impallidito e stringeva convulsamente le mani.
«Bene» disse infine in un sussurrò strozzato. «Benissimo.»
Si sedette di nuovo e girò la testa dall’altra parte. Anche Reyna prese nuovamente posto, sospirando. Gli altri la fissavano in silenzio in un misto tra timore e rispetto.
Fu a quel punto che Rachel sbarrò gli occhi improvvisamente e afferrò il bordo del tavolo, stringendolo con forza. I suoi occhi si fecero vuoti e cominciarono a brillare come la strana aura verde che era comparsa intorno a lei. Una sottile nebbiolina l’avvolse e i suoi capelli presero a fluttuare in aria. Reyna aveva già visto comparire lo spirito dell’Oracolo di Delfi in lei, ma ancora non riusciva ad abituarsi alla visione e le sembrava di assistere all’apparizione di uno spettro.
Tuttavia quella volta mantenne la calma, per niente sorpresa, e aspettò che l’Oracolo recitasse la sua profezia.
 
Otto semidei sono chiamati alla partenza,
per fermare del Re la fatale potenza.
Su di loro un segno è stato imposto,
ma ogni onore, si sa, ha un suo costo:
la figlia dell’Amore e colei che lavora nella fucina,
il principe del Tempo e delle selve la bambina,
i fratelli delle Tenebre e il ragazzo della Notte
e infine colei che con la Foschia combatte,
insieme salveranno l’umanità,
o il mondo nella tempesta cadrà.
Ma prima la Coppa del dio, prigione perfetta,
va trovata per impedire la grande vendetta.
 
Dopo aver recitato quelle parole, lo spirito dell’Oracolo scomparve e Rachel perse i sensi, accasciandosi sulla sedia.
I presenti si fissarono stupiti. Chirone era impallidito e le sue spalle si fecero così tese che cominciarono a tremare.
«Chirone?» lo chiamò Reyna. «Va tutto bene?»
«Il principe del Tempo...» ripeté lui, come in trance. «Non può essere...»
«Essere cosa?» l’espressione di Octavian si fece sospettosa.
Il centauro si riprese velocemente. «Niente, è troppo assurdo per essere vero. Pensiamo piuttosto ai semidei che dovranno partire. La Profezia è molto chiara in merito.»
Octavian lanciò uno sguardo a Reyna, che scosse la testa per dire di non insistere.
Più tardi, cercò di fargli capire con gli occhi. Lui annuì.
«D’accordo. La Profezia parla di un segno imposto, quindi dobbiamo solo capire di quale segno si tratta e scoprire a chi è stato assegnato.»
 
La prima cosa che pensò Lex quando vide la strana linea ricurva, come la lama di una falce, che si era formata sul polso, simile ad un tatuaggio, fu che probabilmente doveva essere uno scherzo di suo padre, nonostante Plutone non fosse un tipo molto scherzoso.
Osservò attentamente il polso, cercando di capire da dove spuntasse fuori quella specie di tatuaggio. Forse avrebbe dovuto chiedere ad Octavian, nonostante non gradisse molto la sua presenza, ma era impegnato in una delle solite riunioni nel Senato.
Graeci. Lex non li aveva mai incontrati. Per andare nell’altro campo, il Campo Mezzosangue, ci voleva il permesso di uno dei due pretori, ma il ragazzo non ne aveva mai avuto la possibilità. Molte persone erano curiose di visitare l’altro campo e di certo Reyna e Frank non potevano mandare tutti, così Lex non era mai riuscito ad andare a visitare le loro controparti greche. Era molto curioso di conoscerli.
«Lex?» lo chiamò Dakota. Fino a poco prima erano impegnati in un combattimento – Dakota con la sua spada, Lex con la falce di ferro dello Stige che il padre gli aveva regalato e che il ragazzo aveva interpretato come una presa in giro, dal momento sopra di essa erano state incise le parole DURA LEX SED LEX.
Lui si riscosse. «Scusa amico, ma qui sta succedendo qualcosa di strano.»
«Già, questo lo avevo notato» commentò Dakota. Sicuramente si riferiva all’episodio di una settimana prima, quando una terrificante voce aveva quasi distrutto le loro menti.
«Non intendevo quello» gli mostrò il polso. «Guarda qui.»
Dakota aggrottò la fronte. «E quello cos’è?»
«Non ne ho idea.»
«Vieni, sarà meglio parlarne con Reyna.»
 
Quando Alexandra vide lo strano tatuaggio che le era comparso sul polso, per un attimo aveva sperato che fosse il segno di riconoscimento da parte della sua madre divina.
Tuttavia, quale divinità poteva avere un simbolo così strano?
Si stava esercitando nel manipolare la Foschia, cercando di trasformare un canarino che era capitato lì per caso in un pegaso, ma il tatuaggio si era illuminato all’improvviso e per la sorpresa il potere le era sfuggito e ad un tratto si era ritrovata davanti un enorme drago sputa fuoco.  Aveva strillato, credendo lei stessa per un attimo alla sua illusione, ma subito dopo il drago era ritornato il canarino giallo di prima.
Ora frugava nella memoria, alla ricerca di un indizio che potesse suggerirle quale potesse essere il suo genitore divino. Purtroppo il suo potere di manipolare la Foschia non le era d’aiuto, Chirone le aveva infatti spiegato che non poteva essere considerato un tratto distintivo come il saper controllare le masse d’acqua o essere immune al fuoco.
Sbuffò. Era al Campo Mezzosangue da tre anni, eppure il suo genitore divino non l’aveva ancora riconosciuta, nemmeno dopo il patto che gli dèi avevano stretto con Percy Jackson finita la guerra con Crono.
Si ravviò il ciuffo colorato e decise di andare a chiedere ad Annabeth. Lei ne sapeva sicuramente qualcosa.
 
Alison fissò accigliata il tatuaggio che le era spuntato sul polso.
Suo padre le stava giocando un altro dei suoi brutti tiri? Come se non fosse bastato il tatuaggio misterioso che le compariva a pezzi sotto la schiena! Era comparso quando aveva quattordici anni e adesso, dopo tre anni, non riusciva ancora a capire cosa fosse. E se n’era aggiunto anche un altro! Cupido doveva divertirsi davvero tanto a prendersi gioco di lei.
Prima la collana con il diamante che non si poteva togliere, poi un tatuaggio misterioso che si andava componendo da solo ed infine un altro strano tatuaggio che apparentemente non serviva a niente. Sì, doveva divertirsi davvero un mondo.
Non ti preoccupare, un giorno capirai, le aveva detto in una visione. Ma lei non capiva proprio niente.
Ne aveva parlato con Reyna, ma la semidea non aveva saputo aiutarla. Le aveva promesso che si sarebbe informata, ma alla fine non era riuscita a scoprire niente.
Alison si chiese se non sarebbe dovuta andare a parlarle di nuovo. Infondo, non si poteva mai sapere, soprattutto dopo gli avvenimenti di quella settimana.
Un brivido le percorse la schiena e la ragazza si diresse verso Nuova Roma.
 
«Ehi, Alex.»
Il ragazzo era appoggiato con la schiena al tronco di un albero, gli occhi chiusi e le labbra leggermente piegate in un sorriso. Amava ascoltare il rumore delle fronde degli alberi che venivano mosse dal vento, gli dava un senso di pace che non riusciva a trovare da nessun altra parte.
«Sì?» chiese, aprendo gli occhi. A ricambiare il suo sguardo c’era la sua ragazza, Ambra, figlia di Nike. I suoi occhi azzurri sembravano inghiottirlo, i capelli dorati erano mossi dal vento e, in controluce, Ambra sembrava risplendere di luce propria. Come un piccolo sole, pensò Alex.
Le carezzò una guancia. «Cosa c’è?»
Ambra gli prese il polso con un gesto delicato. «Guarda, ti è apparso questo... cos’è, un tatuaggio?»
Alex si guardò il polso: in effetti c’era una specie di tatuaggio, dalla forma simile ad una falce, che brillò alla luce del sole.
«E questo da dove spunta?» chiese più a se stesso che ad Ambra.
«Non lo so, perché non chiediamo a Percy?» suggerì lei.
Alex si accigliò. «Perché proprio Percy? Sarebbe meglio Annabeth.»
Anche Ambra aggrottò la fronte. «Mhh... Annabeth?»
Si fissarono seri per un po’, poi scoppiarono a ridere.
«Hai ragione, è meglio chiedere ad Annabeth» ammise la ragazza.
Alex si alzò e le porse la mano ed insieme si avviarono verso l’arena.
 
 
Acquaaa!
Clelia si voltò verso i fiorellini blu che spuntavano da una delle aiuole situate lungo il corso principale di Nuova Roma.
Abbiamo sete!
La ragazzina sorrise e aprì la sua bottiglietta d’acqua, versando il contenuto alla pianta. I fiorellini sembrarono sospirare. Grazie!
«Di niente!» rispose Clelia. Qualcuno si girò per lanciarle un’occhiata curiosa. Suo fratello Fermo scosse la testa.
«Clelia, va bene che sei figlia di Ferona, ma dovresti provare ad essere un po’ più discreta» la riprese, ma aveva un tono divertito.
«Uffa, sono loro che mi parlano, hanno sempre sete!» protestò la bambina, per poi aggiungere in tono dispiaciuto «Nessuno si occupa di loro. E poi che colpa ho io se mamma è la dea delle selve?»
Fermo le sorrise. «D’accordo, ma devi ammettere che vedere una ragazzina che cammina a testa bassa chiacchierando con l’erba non è esattamente...»
S’interruppe, fissando sbalordito il suo polso. «Clelia Lowglas! Ti sei fatta un tatuaggio
«Cosa? No!» replicò sorpresa la ragazzina, per poi accorgersi che effettivamente le era comparsa una strana linea ricurva sul polso. «Ehi, e questo cos’è?»
Fermo aggrottò la fronte. «Va bene, andiamo a chiedere ai pretori.»
 
Liz, sorpresa, lasciò cadere a terra il martello incandescente quando la linea ricurva che le si era magicamente tatuata sul polso brillò.
L’oggetto finì a pochi centimetri di distanza dal suo piede, che prese fuoco. La ragazza sbuffò: era immune alle fiamme, ma non le andava che i suoi anfibi preferiti finissero carbonizzati.
Afferrò un secchio d’acqua – che nelle fucine dei figli di Efesto non mancava mai, visti i continui incidenti che capitavano – e ci immerse dentro la scarpa.
Quel tatuaggio stava diventando davvero fastidioso. L’aveva notato subito – ma aveva pensato che fosse uno dei soliti scherzi dei figli di Hermes. Adesso ne era convinta. Ogni volta che cominciava a brillare, lei si distraeva e puntualmente faceva cadere qualcosa che nella metà dei casi prendeva fuoco.
Sbuffando, decise di andare a cercare i fratelli Stoll per farsi togliere quel dannato coso dal polso, o prima o poi si sarebbe fatta cadere un’incudine sul piede.
Quando però fu uscita dalle fucine, si accorse che c’erano due ragazzi che stavano parlando con Annabeth, che sembrava piuttosto tesa. I ragazzi continuavano a mostrarle i loro polsi.
All’improvviso una strana forza sembrò attrarre la ragazza verso quei semidei. Il tatuaggio prese a brillare. Liz, confusa, si avvicinò.
 
Jack se ne stava in disparte, seduto ai piedi di una grossa quercia.
Annabeth Chase, davanti a lui, discuteva animatamente con un gruppo di tre ragazzi, che sembravano nel panico. Agitavano le braccia, confusi. Annabeth invece era accigliata e fissava il suolo, forse pensando a qualcos’altro.
La linea che era apparsa sul suo polso continuava a brillare sempre più intensamente, finché il ragazzo non si accorse che anche i polsi dei tre ragazzi erano illuminati.
Che storia è mai questa?
Si chiese se tutta quella faccenda non avesse a che fare con gli avvenimenti della settimana scorsa. Quella voce, il cielo che continuava a tuonare, la pioggia violenta che sembrava non avere fine...
Rabbrividì. Qualsiasi cosa fosse, aveva la sensazione che ben presto ci sarebbe stato dentro fino al collo.
Volse lo sguardo al cielo e desiderò che fosse già notte. Di notte si sentiva più forte, i suoi poteri aumentavano, si sentiva in grado di fare qualsiasi cosa. La notte era il suo territorio.
Non a caso era figlio della notte stessa.
Nyx, cosa sta succedendo?
Si alzò e raggiunse Annabeth Chase e gli altri tre ragazzi.
 
Aerea fece ricadere i lunghi capelli castano scuro sul viso, sistemandoli in modo da nascondere la collana con le sette perle nere, il suo più grande potere e la sua più grande maledizione.
Le faceva male la testa. Non aveva smesso di pulsare da quando, una settimana prima, aveva avuto la sensazione che la sua mente si fosse spezzata a metà.
Come se non bastasse, il suo nuovo tatuaggio magico non la smetteva più di brillare. Una strana sensazione la faceva sentire come se si stesse perdendo qualcosa di importante. Doveva correre.
La cabina di Ade era deserta. Nico Di Angelo si trovava nell’altro campo ad una delle solite riunioni. Le sarebbe piaciuto rivolgersi a lui per un consiglio – sembrava saperne molto in merito.
Continuava ad avere quell’impressione di dover correre.
Devo andare.
Ma andare dove? Come in un sogno, uscì di fuori, dove per la prima volta da una settimana non stava piovendo. Anzi, era proprio una bella giornata: non c’era nemmeno una nuvola in cielo e il sole riscaldava le colline del Campo Mezzosangue con i suoi raggi. L’eco delle risate e delle lame metalliche che si scontravano riecheggiava di nuovo. Per il momento il re del cielo si era ritirato.
Aerea cominciò a correre, le gambe che sembravano muoversi da sole.
Alla fine giunse davanti a una grossa quercia, dietro alla quale delle voci agitate discutevano nervosamente. Il tatuaggio brillò ancora di più, segno che era nel posto giusto.
Aggirò l’albero e vide un gruppetto compatto di persone. Avevano tutti un’espressione cupa dipinta sul viso.
Aerea si avvicinò.
«Ehm, scusate...»
Annabeth Chase si girò a fissarla. «Lasciami indovinare, anche tu hai un tatuaggio sul polso che brilla?»
 
Quando Reyna si ritrovò davanti tre ragazzi piuttosto confusi che le chiedevano spiegazioni su una strana linea che brillava sul loro polso, pensò che era stato davvero facile trovare i semidei prescelti.
«D’accordo, calmatevi» disse infine, e i tre semidei si zittirono all’istante. «C’è un motivo se proprio voi avete questo segno.»
«Segno?» ripeté una ragazzina sugli undici anni, strizzando gli occhi. «Che vuol dire?»
Reyna rimase in silenzio svariati secondi, poi rispose «Che siete stati scelti per fermare il risveglio di Urano.»
 
«D-di... di Urano?» esclamò Alexandra spalancando gli occhi verdi. «Che cosa?!»
Annabeth non sembrava per niente contenta. «Sentite, è meglio se chiamiamo l’altro campo e ci riuniamo alla svelta, gli altri vostri compagni probabilmente si sono già radunati.»
«Aspetta un attimo!» protestò Alex. «Ci stai dicendo che dobbiamo partire per un’impresa?»
«Già» Annabeth storse la bocca. «E da quello che ho capito, è meglio che partiate entro domani mattina.»
Non ce n’è bisogno.
Un vento forte li travolse così violentemente che per poco non vennero tutti sbalzati via dalla corrente.
Perché non ci sarà mai più una mattina.





Note dell'autrice

Ciao!
Eccomi qua con il nuovo capitolo!
Lo so, i conti non tornano. Avevo detto che il massimo di semidei che avrebbero partecipato era di sei, invece ce ne sono ben otto.
Non so contare? Forse. Ma non ce la facevo a sceglierne solo sei, così ne ho aggiunti altri due ^^
In questo capitolo li ho solo presentati brevemente, ma dal prossimo saranno i protagonisti assoluti ;)
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare tra una settimana se tutto andrà bene, altrimenti potrei metterci qualche giorno di più.
Ho cambiato il titolo della storia, perché come vedrete la storia sarà incentrata su questa Coppa del Dio. Staremo a vedere cosa succederà!
Bene, spero che vi sia piaciuto, per qualsiasi cosa fatemi sapere :)
Alla prossima!
It's Ellie
 
   
 
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