Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: Hi Fis    18/05/2014    1 recensioni
Epilogo delle avventure del Comandante Hayat Shepard, dieci anni dopo gli avvenimenti di Mass Effect 3, e protagonista dei miei precedenti racconti relativi a Mass Effect. Non è necessario aver letto le mie fiction precedenti, perché il prologo conterrà una breve descrizione della protagonista.
Multipli comprimari, un nuovo personaggio, varie scene. A tratti AU.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Agente Operativo 3497: "Star Trek TNG, arte visiva e discipline marziali: hobbies più banali di quanto mi aspettassi data la vostra origine.
"In famiglia ci considerano quelle normali: noi non sposeremmo mai un membro del nostro clan. O un Risvegliato.
...E nemmeno ci tufferemmo nella cromosfera di una gigante rossa per divertimento.
 In effetti, a parte il fatto di leggerci la mente a vicenda...
...Siamo solo due ragazze normali."
Incontro preliminare per la nomina a Guardiani (Approvate), Selene e Alune bint Hayat T'Soni
 
 
"...Deicida?" ripeté la figura sul pavimento.
"Una superstizione largamente condivisa, diffusasi da extranet a partire dal 2188 come termine generico per riferirsi a lei, Miss." intervenne il Geth alle spalle di Elea: "Origine: culto Batarian dei Pilastri della Forza. Libro di Gogosh, versetto 437: Figli di Kar'Shan, dirigete il vostro sguardo a Gogosh, dove l'Antico veglia sulle mura. E così disse il Deicida: Ecco! Io sono il tuo nemico..."
"Può bastare." l'interruppe la donna al centro della stanza e il Geth si azzittì con uno squittio elettronico: "...Questo complica le cose, ma non di molto immagino."
In risposta ad un gesto della sua mano, accompagnato da un fioco lucore azzurro, uno dei cuscini sparpagliati nella stanza fluttuò obbediente, andando a posarsi proprio di fronte a lei:
"Venga a sedersi con me, la prego: nonostante il mio aspetto, le assicuro che non mordo." continuò la donna con un sorriso ed un cenno d'invito: "...E non ha ancora risposto alla mia domanda: posso offrirle qualcosa?"
Elea non rispose: non poté.
Come tutti, la dottoressa aveva già visto alcuni veterani della Guerra: per la maggior parte, tristi figure a cui i Razziatori avevano tolto più di qualche semplice pezzo di carne. Elea non riusciva mai ad accettare tutto al primo sguardo: solo prendendosi del tempo per osservare ogni parte, l'Asari riusciva ad impedirsi di fissare in seguito.
La sua ospite non era la testimonianza della Guerra più grave che avesse mai visto, ma a causa della sua asimmetria era di certo la più inquietante: il lato sinistro del suo corpo testimoniava la sua sopravvivenza nonostante le enormi sofferenze subite. Dei due occhi, entrambi di colore violetto, solo uno era normale, poiché quello sinistro era una strana protesi dove l'iride era formata da due cerchi sottili, circondata da tre punti disposti a triangolo: era facile cogliere quei dettagli, perché quello strano occhio sembrava brillare dall'interno. Sullo stesso lato, bottoni di metallo di grandezza decrescente si allungavano dalla tempia fino all'orecchio, tradendo con la loro posizione protesi integrate che dovevano sostituire parte del sistema nervoso. Ma ciò che più di tutto attirava l'attenzione era il braccio sinistro: di un profondo colore bluastro e lucido tanto da riflettere senza fatica la fioca luce della stanza. Una protesi simile a quella Elea non ne aveva mai viste: oltre al suo colore estremamente anomalo, che mal si accostava a quello naturale della pelle scura della sua ospite, la dottoressa si accorse di quanto quel braccio fosse diverso dal suo gemello di carne. L'arto artificiale era infatti stranamente sottile, quasi scheletrico, e ricordava nelle sue forme essenziali quelle dei manichini, ma con tozzi cavi che gemmavano in corrispondenza delle giunture del gomito e della spalla: Elea se ne accorse perché la sua ospite portava una maglietta verde senza maniche. Continuando a percorre con lo sguardo quella protesi, Elea ne osservò la mano, composta da dite sottili che terminavano in punte aguzze, prive di unghie: l'intero braccio sembrava più un'arma che un arto. Quell'impressione era sottolineata ulteriormente sia dalle nocche, che apparivano rinforzate da un metallo argentato, con lunghe linee dello stesso materiale che si allungavano fino al polso, sia dalla testa di una grossa vita che sembrava fosse stata incastonata nel palmo.
Dietro a quella terribile protesi, la sua ospite rimaneva a gambe incrociate e a piedi nudi, con solo un paio di semplici ma aderenti pantaloni bianchi di materiale antichoc e un cinturone in vita.
Elea tornò a fissare il volto della sua ospite: anche se era la prima volta che la vedeva dal vivo, era impossibile sbagliarsi. Era davvero lei.
"Dottoressa Megara?"
"... Un the sarebbe delizioso. Con un poco di zucchero a parte, per favore." riuscì a dire finalmente.
"Certamente." disse il Geth.
"...Deve rimanere per forza?" chiese cautamente Elea: "... Non vorrei impormi, ma ho qualche problema, con i sintetici."
"Speravamo che la nostra presenza potesse alleviare la tensione che molti organici provano rimanendo da soli con Miss."
"Ma non sta funzionando, non è vero?" disse la donna seduta sul pavimento con un sorriso obliquo sul volto.
"...Riconosciamo la nostra presenza come fonte di ulteriore stress per la dottoressa Megara." ammise il Geth compito, quasi a malincuore: "Il the è pronto." disse poi: perfettamente a tempo, le porte alle sue spalle si aprirono, permettendo l'ingresso di un'altro Geth, sempre dello stesso color cobalto. Questo portava tra le mani un vassoio di legno, con una teiera e due tazze disposte ordinatamente sopra di esso, e un piccolo vasetto ad accompagnarle: senza dire una parola, il Geth depose il vassoio sul pavimento. Poi, muovendosi all'unisono, i due Geth gemelli uscirono dalla stanza, lasciando sole le due donne.
"Grazie." disse Elea, avanzando lentamente verso la sua ospite e finalmente sedendosi sul cuscino che le era stato offerto.
"Non c'è problema: molte persone nella Galassia nutrono ancora dubbi e rancori verso i sintetici, ma, per quello che vale, Apostata è solo curioso."
"...Apostata?"
“I Geth che ha incontrato finora: sono tutti manovrati da un unico collettivo, un'unica mente, a cui è stata data l'infelice designazione di Apostata. Se desidera sapere il perché del nome, consiglio di chiederglielo direttamente: è una storia... piuttosto interessante."
"Sembra tenerlo in alta considerazione."
"Assolutamente. E l'inverso è anche vero: dopotutto è pronto a dare la vita per me. E per lei."
"... Perché un Geth dovrebbe dare la vita per me?"
"Perché l'ho chiesto io." disse semplicemente la sua ospite: "Immagino lei abbia molte domande."
"Alcune... decine." ammise Elea.
La sua ospite sorrise:
"Posso provare ad indovinarne alcune: ma prima, mi permetta di presentarmi come si deve e di darle il benvenuto. Il mio nome è Hayat bint Hannah bint Haaron ibn Nazim Shepard del clan Urdnot. Sarei felice se volesse chiamarmi per nome, dottoressa Elea Megara, e rinnovo il benvenuto a bordo di Oasi, questa nave che è anche la mia casa."
"... Temo che chiamarla per nome sarebbe piuttosto sconveniente, comandante." disse Elea dopo aver deglutito un paio di volte: era al cospetto di una leggenda.
"Maggiore." La corresse Shepard di riflesso: " Ma come sa, la Galassia mi considera MIA. Diciamo che sono in... congedo e non uso più i miei gradi dell'Alleanza."
"... Miss Shepard sarebbe accettabile?"
"Un po' più impersonale di quanto sperassi, ma posso accontentarmi. Quanto zucchero desidera?"
"...Uh?"
"Nel suo the: quanto zucchero desidera?" ripeté ancora l'umana, sollevando la teiera e riempiendo con grazia le due tazze.
"Due cucchiaini, grazie." rispose Elea automaticamente.
Il tintinnio della ceramica fu l'unico suono mentre la sua richiesta veniva esaudita: porgendole la tazza, e prendendo l'altra per se, Shepard continuò:
"Dopo la Guerra, la mia sopravvivenza è un segreto... direi quasi violentemente custodito. Nonostante questo, vorrei scusarmi per come l'ho attirata a bordo: per quanto a lungo ci abbia pensato, questo è l'unico modo che mi è venuto in mente per parlarle, a parte farla rapire dal suo alloggio."
"...Ha considerato il fatto che avrebbe potuto semplicemente invitarmi?" chiese Elea, scegliendo di ignorare le pericolose implicazioni nella frase del maggiore.
"Certamente. Tuttavia ho dovuto scartarlo per... diciamo cause di forza maggiore."
"...Allora immagino che non ci sia nulla di cui scusarsi." disse Elea, lasciando che le sue mani si scaldassero col tepore della tazza. Era talmente emozionata, che non riusciva nemmeno a sentirne il sapore.
"Aspetti ad esserne così sicura." rispose Shepard, sorbendo il suo the: "Temo che questo nostro incontro le riserverà più di una sorpresa, non tutte spiacevoli, spero."
"...Che cosa intende dire?"
"È complicato..." disse la sua ospite, posando la tazza e sporgendosi verso di lei: "Dottoressa Megara, ci sono quattro cose in questa galassia che non sono assolutamente in grado di fare: la prima è ballare. La seconda è comprendere l'arte moderna. La terza è bere Ryncol. E la quarta... la quarta è lasciare membri della mia famiglia in pericolo."
"Ha dei parenti su Trategos?"
"Sì." fu l'asciutta risposta di Shepard, che non elaborò oltre l'argomento.
Elea non si era fatta illusioni: perché mai il famigerato comandante Shepard avrebbe dovuto rivelare i suoi segreti a lei? Naturalmente, la dottoressa provò ad immaginare chi fra il personale della colonia potesse essere imparentato col famigerato Shepard, ma non le venne in mente nulla: dopotutto, Trategos era una colonia Asari e non c'erano molti umani. In ogni caso, quella era una faccenda secondaria: doveva esserci certamente una ragione seria per il suo invito a bordo, ma la dottoressa non aveva fretta di conoscerla, considerato chi la sua ospite fosse.
Dire che Elea si sentiva intimorita dalla sua ospite sarebbe stato sottovalutare completamente la questione: venivano organizzati pellegrinaggi nei luoghi in cui il comandante Shepard era stata. Per molti dei sopravvissuti alla Guerra, Elisyum era la nuova Mecca, dove la statua eretta in onore dell'eroina dell'Assalto di Skyllian accoglieva centinaia di migliaia di persone ogni anno. E lei era viva e di fronte ad Elea.
Nemmeno Shepard sembrava avere fretta: con un sospiro, l'umana si prese del tempo per osservare il pianeta oltre le vetrate della stanza.
Seguendo il suo sguardo, anche l'Asari guardò la sua colonia, la sua casa:
"Trategos, terzo pianeta dal sistema di Pelion. Congelato per la sua quasi totalità, eccetto la fascia dei mari all'equatore, possiede il più freddo inverno di ogni colonia Asari." citò a memoria la dottoressa.
"Sembra un pianeta piuttosto inospitale."
"Può credermi miss Shepard, ha i suoi momenti, ma siamo una piccola colonia testarda. Il primo inverno è sempre il più duro per ogni nuovo colono, ma se lo si supera, le distese ghiacciate ti accettano e sanno farsi a volte perfino ospitali: quando durante la Guerra abbiamo dovuto abbandonare le nostre città scavate nel ghiaccio, ci siamo nascosti sotto gli iceberg, rimanendo per mesi nei sottomarini di ricerca..." Elea si interruppe con un sorriso imbarazzato:
"...Deve perdonarmi, immagino che la Guerra sia un argomento banale nelle sue conversazioni."
"Meno di quanto lei immagini: vivo ogni giorno cercando di sfuggire alla mia fama. In effetti, farmi dichiarare MIA dieci anni fa è stata forse la seconda migliore decisione di tutta la mia vita."
"Sarebbe inopportuno chiederle quale sia stata la prima?"
Un altro sorriso obliquo attraversò il volto di Shepard:
"Chiedere alla mia dolce metà di sposarmi, naturalmente."
"...Miss Gunn?"
"Sì, questo è il nome con cui ci presentiamo di solito... deve scusarmi se sorrido dottoressa Elea, ma miss e mister Gunn rappresenta un gioco frequente fra di noi: era la mia identità fittizia molti anni fa, prima della Guerra, durante una missione sotto copertura. Un mercenario dei sistemi Terminus, con tanto di articolo su Badass Weekly e ora la maschera che usiamo frequentemente durante le nostre visite planetarie. Il prezzo che paghiamo per avere una vita tranquilla."
"...Sembra un prezzo piuttosto alto: dover rinunciare al proprio nome intendo."
"Mi creda, ne vale la pena. Ma lei dovrebbe saperlo: non è forse per un motivo simile che ha deciso di vivere su Trategos, dottoressa Megara?"
"Sembra che lei abbia fatto delle ricerche su di me." Elea lo disse a voce molto bassa e con un tono estremamente rassegnato: il suo più grave motivo di imbarazzo, che credeva di aver sepolto secoli fa, riportato alla luce così facilmente.
"...Meno di quanto sarebbe stato necessario, ma forse più di quanto avrei dovuto: ho letto con un certo interesse il suo articolo sul Cefalo colosso di Trategos, dottoressa."
"Si interessa di oceanografia e biologia marina?"
"L'unico oceano che posso dire di conoscere è quello fra le stelle, temo: in previsione di questo nostro incontro, ho cercato di conoscerla meglio."
"Posso chiedere perché?"
"Intrattengo con sua madre un rapporto che oserei dire familiare."
"...Uh."
"È un argomento di cui non parla spesso, immagino."
Elea scosse la testa tristemente:
"Madre è sempre stata... originale nelle sua scelte: non ultima, io stessa. Non credo di essere stata d'accordo con lei su nulla crescendo e negli anni la distanza fra noi è solo aumentata. Ho interrotto con lei ogni contatto poco più di due secoli fa e non ho più guardato indietro."
"... Mi dispiace saperlo."
"Non avrebbe potuto andare in altro modo: la stigma sociale correlata alla mia nascita è difficile da sopportare."
"So cosa intende: io stessa e la mia compagna abbiamo fatto fatica a farci accettare nelle nostre rispettive specie all'inizio."
"Trovo difficile crederlo: voglio dire, lei è miss Shepard, dopotutto."
"Come la Galassia ama ricordarmi sempre... ma prima di diventarlo, ero solo una ragazza strana con troppi poteri biotici: una fra le prime nella razza umana, che difficilmente sa accettare immediatamente il nuovo e il diverso."
"E miss Gunn?"
"Lei è quella che alcuni fra voi Asari definirebbero... purosangue." Elea rabbrividì un poco sentendo quel termine sgradevole: perfino peggiore di quelli con cui era stata chiamata lei durante i suoi studi universitari.
"...A proposito, il suo vero nome è Liara. Liara T'Soni." continuò Shepard.
"La figlia della matriarca Benezia T'Soni? Quella T'Soni?"
"Ne ha sentito parlare."
"Ovviamente: chiunque fra gli Asari conosce la matriarca T'Soni e del suo tradimento assieme allo spettro Saren..."
"C'è più in quella storia di quanto immagina." l'interruppe Shepard con un certo impeto nella voce. Abbastanza da attirare la curiosità di Elea:
"...Sarebbe troppo chiederle di raccontarla?"
"È una storia molto lunga e triste, dottoressa: eventualmente dovrà conoscerla, ma c'è qualcosa che deve assolutamente sapere prima. Vede, io e lei condividiamo..."
Qualunque cosa Shepard stesse per dire andò persa, perché la porta dell'osservatorio si aprì in quel momento nel sospiro soffuso di cardini pneumatici: per puro istinto di conservazione, Elea si voltò ad osservare il nuovo intruso, complice lo sguardo di Shepard di fronte a lei.
"CARICA!" urlò una voce infantile con ancora la pronuncia lievemente blesa dei bambini.
"PEEEEER TUCHANKA!"
Ciò che avanzò per la stanza al piccolo trotto fu un animale a tre teste: questa fu l'unica cosa che Elea riuscì a percepire, prima che venisse congelato in un campo di stasi, cortesia di Shepard, che non si era mossa dal suo cuscino.
"...Awww, così non vale però!
E vero è vero: i poteri sono un fallo!"
"Selene, Alune... " disse pazientemente Shepard, ma non senza divertimento nella voce: "...credevo di avervi già detto di non usare più Urz per fare cavalluccio."
"Ma papà, a Urz non importa!
A Urz piace farsi cavalcare!"
"Sul serio, mio vecchio amico?"
Elea ci mise un attimo a capire a chi Shepard si stesse rivolgendo: la parte più grossa della figura a tre teste si staccò dal resto, rivelandosi un Varren enorme, color sabbia e porpora.
I Varren, i cosiddetti cani pesci di Tuchanka: uno dei pochi animali che allo stato brado osi dare la caccia ai Krogan, grazie a mascelle e denti in grado di spaccare armature da combattimento.
Elea cercò di allontanarsi il più possibile, ma il Varren la ignorò completamente, girandole attorno fino ad accasciarsi sfiatato dietro a Shepard, lasciando alla sua padrona il gravoso compito di grattargli la base delle sbrindellate pinne del cranio.
La dottoressa non capì subito che il roco ringhio che la creatura stava emettendo doveva essere il suo modo di fare le fusa.
"Urz viene da Tuchanka..." spiegò Shepard ad Elea: "Ci è molto affezionato e per questo si lascia fare quasi tutto, dimenticando che una volta partecipava ai combattimenti tra Varren."
A sentire il suo nome, il Varren aprì un occhio bulboso e grande quanto una tazza per osservare Elea, mostrando zanne gialle e una lingua viscida con un enorme sbadiglio.
"Papà? Chi è lei?
È alta! E rosa!"
Shepard fece un cenno con la mano, e le altre due figure si disposero a fianco a lei: Elea assistette mentre l'umana toglieva quelli che sembravano elmi ricavati da secchi di plastica e requisiva una lancia realizzata con un cilindro di cartone e carta stagnola.
"Questa è la dottoressa Elea Megara. E loro sono Selene e Alune, due delle mie figlie."
"Gemelle..." disse Elea quasi incredula.
Tra gli Asari le gemelle erano rarissime e viste quasi come anomalie. Sempre e solamente omozigoti, le gemelle Asari possiedono dalla nascita ciò che è definito "sincronizzazione": a causa della biologia riproduttiva Asari e della loro naturale empatia, anche quando separate e cresciute in luoghi differenti due gemelle Asari sapranno sempre ciò l'altro membro della coppia pensa. Non è telepatia, anche se ne ha tutti i sintomi, piuttosto una conoscenza istintiva e completa della propria mente, e quindi di quella del gemello.
"Papà... ci fissa.
Non ci piacciono
Quelli che fissano." finirono in coro, stringendosi attorno a Shepard, che le circondò con le braccia.
"Sta solo guardando quanto siete carine: non è vero, dottoressa Megara?"
"...Certo." ripose Elea: non del tutto vero, ma l'unica cosa che le venne in mente da dire.
Le due gemelle, Selene e Alune, avevano un viso che ricordava molto quello di miss Gunn, ma appena un po' più affilato, più simile a quello di Shepard, di cui condividevano lo stesso colore degli occhi. Una spruzzata di lentiggini sul naso e le corte creste sulla nuca, ancora incomplete, rivelavano quanto fossero giovani.
"Quanti anni avete?" chiese educatamente Elea.
"Sette anni. Mamma dice sempre
che ne dimostriamo di più."
Per la specie Asari, le due gemelle erano poco più che neonate, ma mostravano una curiosità straordinaria per essere così piccole.
"Vostra madre ha ragione: sembrate davvero più grandi."
"Anche tu hai bambini?" chiese la gemella alla sinistra di Shepard, al riparo della strana protesi.
"Alune..." la ammonì Shepard. Il fatto che riuscisse a distinguerle l'una dall'altra era l'unica prova necessaria per dimostrare la loro parentela.
"Nessun problema." disse Elea, interrompendo il comandante Shepard: il ricordo del capo della milizia coloniale di Trategos le tornò alla mente non invitato. "Nonostante i miei anni, non ho ancora figli."
"Quanti anni hai?" chiese la gemella alla destra di Shepard, Selene.
"Trecento due anni." rispose garbatamente la dottoressa.
"Non sei vecchia. Uno dei nostri zii ne ha
quasi mille. E abbiamo un sacco di cugini..."
Le due gemelle si interruppero, guardandosi negli occhi da sopra la testa di Shepard, probabilmente scambiandosi lo stesso pensiero:
"E poi fare bambini è bellissimo!
Mamma e papà ci provano spesso."
Shepard arrossì: l'innocenza con cui le due gemelle avevano detto quella frase e la loro ignoranza di ciò che stessero implicando erano semplicemente troppo da subire.
"...Uh." disse Elea, mentre Shepard si schiariva la gola: fu una fortuna che nessuna delle due stesse bevendo qualcosa in quel momento, o i risultati sarebbero stati catastrofici.
"Perché... perché non andate a giocare con Apostata? Io e la dottoressa dobbiamo parlare ancora un poco assieme." consigliò alle gemelle l'umana.
"Tata sta disegnando
con Sihaya e Sesat."
"Allora perché non andate ad unirvi a loro? Mamma dovrebbe tornare più tardi."
Le due gemelle assentirono all'unisono, prima di tornare a rivolgersi ad Elea:
"Anche tu sei carina, ma troppo alta per noi. Però
Alla nonna piaceresti: non ti danno fastidio quando dormi?"
Seguendo lo sguardo delle due gemelle, Elea abbassò il suo, fino a capire a cosa si riferissero.
Le due bambine non aspettarono la risposta della dottoressa: invece, presero la tazza di Shepard, ormai vuota, e tenendola fra quattro mani, se la portarono via.
"Sono piuttosto vivaci..." disse Elea, sforzandosi di non cedere all'imbarazzo e di coprirsi i seni con le braccia: la genetica non la aiutava a passare inosservata. Tuttavia quell'interruzione improvvisa aveva tolto ad Elea molta della soggezione che provava per Sheaprd, al prezzo del nuovo timore per il Varren, che stava però russando in quel momento.
"Possono avere questo effetto... e la loro nonna materna non aiuta in questo senso."
"Primogenite?"
"Seconde. La maggiore è Sihaya che ha dieci anni, poi ci sono loro due e infine Sesat, ancora una neonata. Ariel dovrebbe arrivare tra qualche mese."
"...Una famiglia notevole."
"Sembra disapprovare..."
"No! Assolutamente no... " disse Elea con veemenza. "È semplicemente insolito per noi Asari avere così tante figlie da un solo compagno: specie a distanza di così pochi anni."
"Non siamo mai state capaci a subire le regole, dottoressa Elea. E dopo la Guerra... Io e Liara volevamo disperatamente vivere."
"Non deve spiegarmi nulla, coman- miss Shepard. Liara T'Soni è fortunata ad averla come compagna."
"E viceversa: mi creda. Forse io posso aver salvato la Galassia, ma Liara ha salvato me."
"... Mi dispiace solo che debbano avere una nonna così sconveniente. Credevo però che Benezia T'Soni fosse scomparsa prima della Guerra."
"Infatti... intendevo il padre di Liara: una matriarca anticonvenzionale e scontrosa."
"Da come ne parla mi ricorda mia madre..."
"Buffo... considerato che sono la stessa persona." disse Shepard con voce leggera.
Inizialmente, Elea pensò di aver sentito male. Poi purtroppo capì che non sarebbe stato così semplice.
"..."
"..."
"..."
"Sta reagendo meglio di quanto mi aspettassi... se fossi stata al posto suo, temo sarei esplosa." commentò finalmente Shepard.
"...In verità, credo di star esplodendo, ma internamente." Di Elea rimaneva solo la parte più animale, innocente e indifesa, trovatasi improvvisamente di fronte a qualcosa di più terribile di un predatore: perfino Urz reagì a quella sua voce, aprendo di nuovo uno dei suoi occhi bulbosi per osservarla preoccupato.
Elea lo ignorò del tutto.
"Quindi lei è una di quelle persone... sì, la sua espressione è calzante." disse cautamente Shepard, guardandola in faccia.
"Non... non sta scherzando, vero?"
"Sarebbe di cattivo gusto..." rispose l'umana, alzando la sua protesi fra loro: un semplice ologramma venne materializzato, contenente tre strisce colorate rappresentate in un modo con cui Elea aveva familiarità: erano codici genetici Asari.
"I primi due sono della matriarca Aethyta Megara e di Liara T'Soni. Mi sono permessa di prelevare il suo DNA dal registro sanitario della colonia tre ore fa."
La terza striscia venne sovrapposta alle precedenti: grazie al suo occhio disciplinato, non servì nemmeno l'esito del computer per confermare ad Elea la verità delle parole di Shepard.
"...Crede che potremmo passare al tu, ora?"
Elea annuì lentamente, annichilita, senza sapere cosa dire.
"Ricapitolando, la cattiva notizia è che siamo cognati, tu ed io. La buona notizia, è che hai una sorellastra e delle nipoti: riesci ancora a seguirmi?"
"...Cosa... cosa vi aspettate da me?"
"Assolutamente niente. ...Conosci il detto: si possono scegliere gli amici, ma non i parenti?"
"...Temo di no."
"Lo immaginavo, dato che è umano. In poche parole, dipende da te ora. Puoi far finta che questo incontro non sia mai avvenuto: non è l'esito che spero, ma accetterei se volessi tornare a Trategos e dimenticare tutto. Oppure potresti fare la cosa meno sensata e accettarci come tuoi parenti. Conoscerci. Diventare davvero parte della famiglia."
"Perché... perché dovresti volermi come tua parente? Voglio dire, io sono solo una biologa marina, non sono... speciale e mi sono stabilita su Trategos proprio per non subire più il fatto di essere il frutto di una scopata casuale..."
Elea si tappò la bocca con la mano, inorridita.
"...Tra un Hanar ed una Asari?" finì per lei Shepard.
"Mi... mi dispiace molto. È stato molto sconveniente, da parte mia."
"Sono un marine, Elea. Durante l'addestramento ci hanno insegnato ad elevare l'imprecazione ad arte. Ed essendo un Krogan onorario... " Shepard finì la frase con un alzata di spalle eloquente.
"...Comunque: io non ho più un singolo parente umano ancora in vita, Elea. Mia madre è morta durante la battaglia finale della Guerra e mio padre quando ero poco più grande della mia figlia maggiore. Liara ha avuto Benezia crescendo, ma le matriarche difficilmente sono bravi genitori: troppo concentrati nel loro ruolo nella società Asari. Tu Elea, sei l'unica altra sua parente ancora in vita, a parte Aethyta ovviamente e lei..."
"...Aethyta non è esattamente il ritratto del genitore modello." intervenne Elea.
"Mmmsì... qualcosa del genere. Ho un sacco di amici che le piccole già chiamano zii e zie: una vera zia in più non sarebbe un problema."
"Mi... mi vorreste davvero? Normale come sono?"
"Anche Liara era piuttosto normale quando ci siamo conosciuti... la famiglia Shepard e T'Soni non accetta solo persone straordinarie."
Io ho una sorella. E ho delle nipoti:  era strano anche ripeterlo nella sua mente. Elea ci provò ad alta voce:
"...Povera sorella mia: due genitori Asari, di cui uno è Aethyta."
"Finalmente! Cominciavo a temere che fossi priva del senso dell'umorismo Elea, ma a quanto pare c'è qualcosa, nascosto sotto la superficie: capisco perché hai scelto Trategos. Acque profonde sotto una sottile crosta di ghiaccio."
"..."
Elea non aveva mai messo in relazione Trategos con se stessa, ma c'era della verità dietro quelle parole.
"Allora... pensi di essere pronta ad essere mia cognata?"
"Dovrei pensarci un momento... anche in condizioni normali una cosa simile è scioccante. Non riesco ad immaginarmi come madre, figuriamoci come zia..." disse più a se stessa che a Shepard.
"Certamente: non c'è fretta." rispose con un sorriso imbarazzato Shepard, alzandosi in piedi: "L'osservatorio è a tua disposizione: prenditi pure tutto il tempo di cui hai bisogno, Elea. Apostata sarà fuori dalla porta ad aspettare la tua risposta, che sia quella di tornare su Trategos, oppure... oppure no."
Shepard era già sulla porta, quando Elea la fermò con una domanda:
"Shepard... Hayat: ne vale la pena?"
"Che cosa?"
"Avere una famiglia? Io non ne ho mai avuta una..."
"...Per me, che sono nata e cresciuta nello spazio, avere un luogo a cui appartengo è qualcosa di irrinunciabile."
Le porte si chiusero dietro di lei senza che Elea avesse bisogno di chiedere altro.
 
***
 
"Mi sono laureata a Serrice con lode."
Di certo, questa non era la prima frase che Elea si aspettava di sentire da Liara T'Soni, quando era entrata dalla porta dell'osservatorio, alcune ore dopo che Shepard le aveva lasciato la stanza.
Liara T'Soni, la sua sorellastra: era strano incontrare per la prima volta una sorella che non si sapeva di avere. Specie dopo averla identificata con una venditrice di armi quella stessa mattina.
Alle sue spalle, Shepard si era appoggiata allo stipite della porta a braccia incrociate e si limitava ad osservare le due Asari: Elea e Liara erano diverse come il giorno e la notte e probabilmente solo Aethyta avrebbe saputo dire che erano sorelle.
Il sorriso che aveva sul volto scomparve quando Liara si voltò a guardarla:
"E tu... questa notte tu dormirai per terra." disse, puntandole un dito con cui avrebbe voluto trafiggerla. Shepard non osò replicare: inghiottì e mosse la testa in un cenno di assenso.
"... Per la dea.... sono di nuovo in sbalzo d'umore, vero?"
Di nuovo, Shepard non osò replicare: con l'esperienza acquisita nel tempo, sapeva bene che le possibilità che Liara l'attaccasse al muro coi suoi poteri biotici o che la gettasse per terra procedendo in una serie di distruttivi amplessi, erano equivalenti. In entrambi i casi comunque, era qualcosa da non mostrare alla propria cognata durante il loro primo incontro, e forse nemmeno al secondo.
"E il mio quarto Krogan si fa sentire..." disse Liara prendendosi la faccia nelle mani per cancellare la stanza per un momento.
"Quarto Krogan...?" chiese educatamente Elea alzandosi in piedi.
"Aethyta è figlia di un Asari e di un Krogan: questo rende Liara per un quarto Krogan. E anche tu, Elea, ora che ci penso." rispose Shepard. Liara la minacciò agitando un pugno chiuso e Shepard chiuse la bocca, alzando le mani al cielo in un gesto di resa.
"...Uh." disse Elea, ma la sua sorellastra continuò ad ignorarla. Liara T'Soni, che fino a poche ore fa era sembrata l'immagine dello splendore materno, grazie anche al vestito giallo che ancora portava addosso, era molto cambiata.
"Normalmente non farei assistere ad uno sconosciuto mentre ti scortico con la mia mente, Hayat, ma visto che hai deciso di includere la dottoressa Megara nella nostra famiglia senza consultarmi, credo che abbia il diritto ad assistere." Detto questo, la pelle di Liara si illuminò d'azzurro e lampi elettrici mentre manifestava i suoi poteri biotici.
"Mia dolce deniz..." disse Shepard soavemente. Il significato del vocabolo andò perso ad Elea, che non conosceva nessuna lingua Terrestre.
"Non provarci nemmeno col tuo deniz..." disse Liara, mentre sentiva le sue ginocchia farsi molli e lo stomaco riempirsi di farfalle: "Non avevi il diritto di sconvolgere la vita della dottoressa. E hai agito alle mie spalle."
Elea non capì subito che si stavano riferendo a lei.
"Colpevole, lo ammetto. Ma fa parte della nostra famiglia... sconvolgere la sua vita è la missione di ogni parente che si rispetti. E poi..." si affrettò ad aggiungere precipitosamente, mentre Liara corrugava la fronte: "...Elea può andarsene in qualunque momento se così desidera. Semplicemente, ora sa che noi esistiamo: non pensi che spetti a lei scegliere cosa fare?"
Liara si rivolse ad Elea per la seconda volta da quando era entrata, senza però smettere di esibire i suoi poteri biotici:
"Ciò che ha detto questa mia sciocca compagna è vero?"
Elea assentì:
"Shepard... Hayat, è stata molto chiara su questo punto: lascia a me il diritto di decidere cosa fare. E ha anche sottolineato quanto potrebbe essere pericoloso per me accettare: nonostante questi avvisi, però, penso che mi piacerebbe fare parte della famiglia... se non è di troppo disturbo, ovviamente."
Liara non disse niente, ma l'aura dello stesso colore della sua pelle scomparve in una nuvola elettrostatica.
"Non avresti dovuto farlo alle mie spalle." ripeté Liara stringendo i pugni. Shepard si accostò a lei, cingendole la vita con le braccia.
"Mia deniz, ti conosco: stai pensando da anni se presentarti ad Elea o no e non hai ancora preso una decisione. Ti ricordi quanto ci è voluto per te e Aethyta per riconciliarvi? Ho semplicemente colto l'occasione data dalla nostra... visita a Trategos. "
"Non cercare di farmi credere di averlo fatto per me... ti conosco." protestò debolmente Liara, mentre Hayat appoggiava la testa nel punto in cui il collo della sua compagna diventava spalla.
"L'ho fatto anche per le bambine: per quanto desideri il contrario, Liara, non potrò starvi vicino quanto vorrei e lo stesso vale per quasi tutti i loro zii e zie. Vorrei che ci fosse qualcuno con te, quando questo accadrà."
"Se accadrà."
"... Se." disse Shepard con una strana sfumatura nella voce: "Capisci perché l'ho fatto?" chiese a Liara, appoggiando un bacio delicato alla base del collo di Liara.
Elea cominciava a sentirsi ignorata, ma non osò interromperli.
"Mhh....Comunque, questa notte dormi per terra."
"...Anche se so come farmi perdonare?"
"E cosa avresti da offrire?" chiese languidamente Liara: Shepard non rispose direttamente. Si limitò a fare l'occhiolino e un cenno ad Elea, tenendo Liara per mano. La dottoressa si decise a seguirli solo quando Shepard si voltò di nuovo e ripeté il cenno: in un angolo della stanza, si era attivato uno schermo olografico, per il momento ancora nero.
"Aspettavo di assistere a questo, fin dal momento in cui ho saputo della tua esistenza, Elea." disse il comandante sfregandosi le mani. Sullo schermo, lettere e numeri cominciarono a snodarsi lentamente, una riga alla volta:
"Hayat?" chiese Liara, perplessa dal sorriso obliquo di Shepard.
"Vedrai... ti piacerà. Vi piacerà."
Intanto, sullo schermo una ripresa di un largo appartamento sostituì le righe di codice informatico: in pochi secondi, nell'inquadratura entrò una persona che tutti i presenti conoscevano bene.
"Ehi Shepard. Spero tu mi stia chiamando  per dirmi che ho un'altra nipote: da quando hai appeso il fucile al chiodo, è l'unica cosa che sai ancora fare bene..."
Istintivamente Elea si ritrasse in un angolo, fuori dalla portata del comunicatore.
"È ancora presto per Ariel, Aethyta: questione di mesi."
"Così tanto? Non sto diventando più giovane, quindi datevi una mossa: voglio poter viziare mia nipote come si deve. Allora? Perché mi stai chiamando? Hai interrotto il mio sonno di bellezza. Non che ne abbia bisogno ovviamente: c'è questo Salarian che continua a spedirmi poesie. Pah! Poesia a me... sono troppo vecchia per il romanticismo. Stendimi e spogliami, piuttosto: se è civilizzato, stai sbagliando." concluse l'interlocutore dall'altra parte dello schermo, con uno sbadiglio rumoroso ed un rutto.
Successe una cosa strana ad Elea a quel punto: mentre ascoltava, all'improvviso la dottoressa ricordò un infanzia passata con sua madre e le sue abitudini sconvenienti. Forse fu a causa della giornata, cominciata con un assalto pirata e finita con la scoperta di avere una sorella e di essere un quarto Krogan. E di essere imparentata col famigerato Shepard, ritornata dalla morte.
Elea stava cominciando a fumare: possibile che dopo secoli, quella persona fosse rimasta la stessa?
"In effetti c'è un nuovo membro della famiglia." disse Shepard
"La dea mi aiuti, se hai adottato un altro Krogan..."
"No, niente del genere..."
Liara le prese la mano: per la prima volta, Elea toccò sua sorella ed entrambe si guardarono negli occhi: un unico cenno di assenso passò tra di loro. Assieme marciarono di fronte allo schermo, in piena vista:
"Padre, vorrei presentarti la dottoressa Elea Megara... ma forse vi conoscete già?"
"... o per il sacro culo di Athame." disse Aethyta con una strana voce sottile.
"Salve madre: vedo che il tuo vocabolario non è cambiato in questi anni. E nemmeno il tuo gusto nel vestire." disse Elea.
Sottovoce, mentre Shepard si spostava di lato, lasciando loro tutto lo spazio di cui avevano bisogno,  Liara disse con un sorriso a Shepard:
"Questa notte non dormi sul pavimento."
 
La telefonata interstellare durò a lungo. Davvero molto a lungo.
Fu interessante per Shepard, vedere finalmente Aethyta, con la sua boccaccia e il suo ruvido modo di fare, venire messa in imbarazzo. C'erano voluti anni, ma finalmente sembrava che avessero trovato qualcuno in grado di tenerle testa: Liara era troppo timida per farlo, Shepard non osava superare i confini impliciti del suo grado di parente acquisita e su Aethyta la famigerata nomea dell'umana non sembrava aver mai avuto effetto.
Ma Elea... Elea non aveva questi limiti: per tutta la durata della conversazione, mantenne maniere impeccabili, un tono controllato e una scelta di vocabolario squisita. Ma appena sotto la crosta di ghiaccio, si percepiva una furia fredda come lo spazio, che Shepard riconobbe e perfino ammirò. E Hayat capì il vero motivo per cui Elea aveva scelto di vivere su Trategos: non per sfuggire ai pettegolezzi sui suoi genitori, una coppia che esisteva normalmente solo nelle più deprecabili produzioni pornografiche, ma per impedirsi di riversare quella furia su tutti gli idioti che aveva attorno.
Sì, Elea faceva senza dubbio parte della famiglia.
"È stato... liberatorio" disse la dottoressa, chiudendo la comunicazione con un sospiro soddisfatto: "Per quanto inaspettato, devo offrirti i miei ringraziamenti Shep- Hayat, per avermi dato la possibilità di avere questo confronto con mia madre e di avermi fatto sapere dell'esistenza di mia sorella." concluse, stringendo le mani di Liara con un sorriso.
"...Vuoi fermarti a cena?" offrì l'umana con un sorriso, dopo aver scambiato uno sguardo con Liara.
"Non vorrei impormi..."
"Nessun disturbo..." disse Liara: "Sarebbe un piacere."



Prima ancora di mettermi a scrivere questa storia, ho avuto i nomi dei protagonisti in mente per un certo periodo di tempo.
Sappiamo, dagli eventi che di Me3, che Liara ha davvero una sorellastra con un Hanar come padre (ammesso e non concesso che sorellastra si applichi come termine agli Asari), ma non viene mai fornito un nome; e dato che non ci viene nemmeno mai detto il cognome della matriarca Aethyta, cercando di rispettare il più possibile il lore mi sono imbarcato in un viaggio alle origini dei nomi di Mass Effect (un viaggio lungo, di cui vi risparmio il racconto ma vi presento solo l'esito: sappiate solo che nessun nome è stato scelto a caso, se avete voglia lascio a voi il compito di trovare le corrispondenze).
Spero di aver raggiunto un discreto bersaglio: e quindi vi presento ufficialmente Elea Megara, che è cresciuta come Liara all'ombra di una matriarca, ma molto molto diversa da Benezia.
Dubito che il rapporto fra Elea e Benezia potrebbe essere stato dei più rosei crescendo e quindi ho optato per una persona che non ha mai condiviso le scelte del suo genitore da cui se ne è estraniata (qualche dettaglio in più nel prossimo capitolo, ma non aspettatevi una biografia :P).
Per quanto riguarda le due gemelle, Selene e Alune e la loro sincronizzazione: un concetto che non mi appartiene nella sua originalità, ma l'idea di due gemelle Asari che condividono la mente dato ciò che gli Asari sono in grado di fare naturalmente mi è sembrato adatto. Tuttavia, la sincronizzazione tra gemelle Asari è un non canon: completamente farina del mio sacco.
Come forse avete già  immaginato, ogni capitolo di questa storia è preceduto da una piccola citazione dedicata ad ogni membro della famiglia S&T (Aethyta e Urz non inclusi, non vogliatemene), che sto usando senza vergogna come strumento per raccontarvi il destino di ognuno di loro a distanza di anni o secoli, così come nel mio piccolo l'ho immaginato.
Cosa ne pensate? Ogni recensione è ben accetta.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: Hi Fis