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Autore: _Cioccorana_    20/05/2014    5 recensioni
Un piccolo, stupido, impossibile errore e restano incastrati in una disperata situazione.
Chi dice che i bambini sono un dono dal cielo non sa proprio di cosa stia parlando.
Riuscirà la sanità mentale di Rose Weasley e Scorpius Malfoy rimanere intatta dopo nove mesi stressanti e decisamente insopportabili?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nuova generazione
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CAP.4: QUIDDITCH.
 


Ero totalmente all'oscuro su come funzionavano certe cose, non sapevo se potesse fare male, non sapevo se, invece, avesse qualche strano effetto collaterale, non sapevo nulla. Sicuro, non era la prima volta che assistevo a quella strana, curiosa procedura, ma non ebbi mai l'opportunità (e ci mancherebbe altro) di provarla, fino a quel momento. Ricordavo di quando, circa dieci anni fa, io e mamma accompagnammo zia Fleur per l'ecografia al piccolo Louis che si agitava e giaceva nel suo ventre da più di otto mesi, ricordo la mia smorfia di ripugnanza totale che si formò sul mio visino paffuto e lentigginoso quando l'ecografista ci mostrò il suo faccino deformato su uno stravagante schermo. Ma era un ricordo lontano, i cui particolari mi sfuggivano. Rammento, inoltre, quando due anni fa Victoire e Teddy ci mostrarono entusiasti l'ecografia del piccolo che da poco avevano riconosciuto, era solo una macchiolina indistinta il cui cuore batteva regolare nella fotografia. La mia famiglia non accolse questa notizia con festosità, io compresa. Le gridammo duramente che era un'irresponsabile, che crescere un bambino non era come allevare una Pluffola Pigmea, che erano troppo giovani... Teddy fu allontanato duramente dalla Tana, nonostante le difese di zio Harry che non ottennero alcun approccio, ed evitammo maleficamente di rivolgere la parola, nemmeno uno sguardo, a fino a che lei, stanca di tutto e in preda agli ormoni impazziti, sbottò rossa in via e gridando con tanta rabbia che lei e Teddy erano più che contenti di aspettare un bambino e che se loro lo ignoravano non era un suo problema. Allora, tutti quanti, cambiarono magicamente atteggiamento, si scusarono con lei e con Teddy e accettarono con allegria il nuovo arrivato. Dopodiché, prima della nascita del bambino, sgorgarono lacrime di gioia, per il matrimonio spensierato dei due futuri genitori.

La cosa che mi terrorizzava di più in tutta quella faccenda era che, a quei tempi, Viky aveva vent'anni, lei e Teddy erano innamorati e il bambino era stato voluto, mentre io avevo quindici dannatissimi anni, io e Scorpius non stavamo insieme e il bambino era il prezzo da pagare per la nostra stupidità. Che reazione avrebbero avuto? Avrebbero seppellito vivo Scorpius e buttato in strada me?

Rabbrividii al solo pensiero.

<< No, Lucy, ho cambiato idea. Torniamo indietro. >> blaterai.

Eravamo difronte al portone dell'infermeria, avevo promesso a Lucy che sarei passata da Madama Chips per assicurarmi che il bambino stesse bene, che non ci fossero problemi, ma in quel preciso istante il panico s'impossessò di me. Non ero preparata psicologicamente. Inoltre, correvo il rischio che l'infermiera lo riferisse obbligatoriamente ai miei genitori ed era l'ultima cosa che avrei voluto succedesse.

Lucy mi spintonò e aprì il portone corrucciando il viso in un espressione spazientita. Madama Chips stava allegramente canticchiando una melodia allegra mentre sistemava con cura le lenzuola di uno dei tanti lettini. Non si accorse di noi, povera donna era mezza sorda. Bé, novant'anni non sono pochi.

Mia cugina partì spedita verso di lei si voltò solo quando si accorse che le mie gambe erano ancora inchiodate al punto di prima e che l'espressione del viso mostrava chiaramente la mia opposizione. Roteò gli occhi al cielo e sbuffò come un bufalo imbestialito. Tornò alla mia volta pestando bene i piedi sul parquet pulito, mi afferrò con un'infuriata decisione il polso e mi strattonò sbilanciandomi in avanti.

<< Hai promesso! >> abbaiò.

Sospirai e rilassai i muscoli lasciando che lei mi trascinasse verso la vecchia. Era giunta l'ora della mia morte e ancora non avevo fatto testamento.

<< Sappi che ti odio. >> sibilai.

Lei mi ignorò e agitò una mano alla vecchia infermiera che rispose con un grande sorriso e ci venne incontro compiendo tanti, piccoli passetti veloci.

<< Buongiorno, care! Come posso aiutarvi? E' successo qualcosa? >> domandò euforica come se la speranza di ricevere qualche sventurato la rallegrasse.

<< Buongiorno, Madama Chpis. Rose deve dirle una cosa. >> snocciolò, frettolosa.

Carino da parte sua, voleva sbarazzarsi di me al più presto?

Mi tamburello consolante il suo palmo sulla spalla mentre la squadravo minacciosa dal basso all'alto. Sì, Lucy era decisamente più alta di me, bè per alta intendo che la sua altezza era perfettamente nella norma, ero io quella poco cresciuta.

Madama Chpis mi scrutò, indagatoria e in attesa di una mia spiegazione. Emisi una strana risatina nervosa, tentando di consolare più che altro me stessa.

<< Saaalve! >> cantilenai. << Vede... ho questo piccolo problema di pancia... >> continuai sorridente.

L'infermiera corrucciò la fronte. << Piccolo problema di pancia? Che genere di piccolo problema di pancia, cara? >>

<< Bé... >> ridacchiai come se stessi per raccontare un vecchio aneddoto imbarazzante. << Non... non credo ne abbia avuto a che fare molte volte... ma vede... >> dissi.

Era confusa, glielo si leggeva in volto. << Continuo a non capire, signorina Weasley. >> mormorò, dispiaciuta.

Sentii l'impazienza di Lucy raggiungere livelli spaziali.

<< Ovviamente è stato un errore, quindi... non mi giudichi male... non... >> cominciai, ma Lucy m'interruppe bruscamente.

<< E' incinta! Aspetta un bambino! >> urlò, assumendo la stessa tonalità di rosso di cui erano colorati i nostri capelli. Le lanciai un occhiataccia truce. << Cavolo, Rose. >> sospirò, poi, scuotendo il capo.

Madama Chips si portò le mani a coppa alla bocca, sconvolta e scioccata. Quanto la capivo...

<< Oh, cara. >> sospirò.

Si riscosse debolmente dal suo stato di shock e, senza commentare o attendere una mia ulteriore spiegazione, si precipitò rapidamente all'armadietto di legno accostato comodamente ad un angolo della grande stanza. Vi frugò all'interno per qualche secondò e venne verso di noi reggendo tra le mani uno strano foglio trasparente. Sembrava piuttosto resistente, ma non rigido, come se fosse fatto di plastica.

<< Sdraiati su quel lettino, signorina. >> m'incitò, frettolosa. << E scopriti il ventre. >> ordinò mentre sfilava dal taschino del camice che indossava la sua bacchetta.

Sobbalzai e non esitai a fare ciò che mi aveva chiesto. Balzai con uno scatto sul lettino e sollevai il maglione di lana che nonna Weasley regalava a tutti noi e tutti gli anni per Natale. Quello, probabilmente, risaliva a due anni fa, quando ero più che intenzionata ad entrare nella squadra di Quidditch come cercatrice, considerando che raffigurava un boccino con le alucce spalancate. Il capitano della squadra, ai quei tempi, era una ragazza del settimo anno con pretese più che elevate dai suoi giocatori e si rifiutò categoricamente di accettare la mia presenza nella squadra. Distrusse totalmente la mia autostima e, da allora, rimossi radicalmente dalla mia mente le intenzioni di diventare un membro della squadra dei grifoni.

Infilò tra le mani di Lucy una strana gelatina costretta in un barattolo di marmellata. Aveva un colorito grigio/azzurro e non mi ispirava troppa fiducia.

Guardai terrorizzata Lucy che ricambiò il mio sguardo anche lei un tantino scoraggiata.

Madama Chips si sistemò all'altro lato del letto. Picchiettò con la bacchetta sul foglio che si mise a levitare a mezz'aria, era posizionato proprio di fronte a me. Incitò Lucy con un gesto della mano di passarle la strana gelatina, lei gliela concesse senza troppe obiezioni. Svitò il tappo e ne prese in quantità eccessiva mezzo barattolo sulle dita che mi premette e spalmò sul basso ventre.

Fu come immergermi in una vasca colma di cubetti di ghiaccio. Il gelo si diradò dal ventre fino alla punta dei capelli e alle dita dei piedi. La mia spina dorsale fu scossa da un brivido violento.

L'anziana infermiera poggio piano la bacchetta in un punto imprecisato della mia pancia e fissò intensamente il foglio trasparente che ora aveva preso colore. Era tutto scuro, ma vi era un spazietto dalle dimensioni piuttosto grandi che presentava un colore più chiaro, quasi grigio.

<< Eccolo qui. >> mormorò.

La donna indicò un puntino microscopico che giaceva in quello spazio più rilucente. Si muoveva a ritmo.

<< Quello che vedi battere è il suo cuore. >> bisbigliò. Scrutai Lucy. Sembrava una bambina a chi era stato messo a disposizione l'intero negozio di Mielandia. La bocca semiaperta e gli occhi brillanti.

Un cuore... lui aveva un cuore. In quel momento mi resi conto davvero che quella cosina era viva, reale, raggiungibile. E la nebbia che oscurava la mia vista evaporò. Merlino, stavo per diventare madre. E... non ero affatto pronta. Sarei riuscita a dargli tutto? Una vita felice, facile e allegra? E se non fossi riuscita? Che ne sarebbe stato di me, avrei dovuto abbandonare la scuola? Era un bambino. Un bambino vero.

Affondai la nuca nel cadevolezza del cuscino. Portai entrambe le mani a nascondermi il viso e piansi. I singhiozzi erano profondi ed energetici, il mio corpo era scosso da violenti spasmi, le lacrime sgorgavano leste sul mio viso. L'ultima volta che avevo pianto così, Hugo aveva appena vinto la partita a scacchi magici che tanto contavo di vincere.

Sentivo la bacchetta dell'infermiera ancora puntata sul ventre. Stava mugugnando qualcosa, ignorando i miei singhiozzi.

<< Rose... >> sussurrò Lucy, la voce spezzata. Mi carezzò delicata i capelli. << Guarda, è meraviglioso. >> m'incitò.

Ma non capiva? Non capiva che stavo male?

<< NO! >> gridai. Scostai le mani dal viso. Madama Chips stava puntellando il dito sulla lastra zoomando sempre si più fino a che il bambino prese le dimensioni di quasi tutto il foglio. Ora il suono del suo cuore giungeva alle mie orecchie.

Passai una mano sul ventre scostandovi l'inquietante gelatina che si appiccicò insistente sulla mano. Strofinai il palmo e le dita sul lenzuolo del letto macchiandolo, ma liberando le mie dita da quell'intruglio fastidioso. Scattai in piedi lasciando che il maglione di nonna Molly scivolasse al suo posto e me ne andai, piangendo.

Nella Sala Comune ragnava il silenzio totale, era totalmente vuota. Era strana senza quel ciarlare abitudinale, quell'affatto fastidioso sottofondo. Ma in quel momento mi andava più che bene, volevo stare sola. Mi accucciai sulla poltroncina rossa che dava al caminetto nel quale il fuoco dal colore dei miei capelli danzava allegro scoppiettando. Raggomitolai le ginocchia al petto, vi appoggiai il mento rigato dalle lacrime secche e asciutte e fissai senza battere ciglio l'acrobatica danza delle fiamme. I pensieri che solitamente disturbavano il mio cervello sembravano anche loro essersi rintanati per crogiolare nella tristezza lasciando la mia mente totalmente vuota, nulla.

Non seppi quanto tempo passo quando Lucy rientrò nella Sala Comune, la ignorai bellamente ma lei si piazzò insistente di fronte a me, impedendomi la vista sul fuoco ballerino. Evitai il suo sguardo e fissai il mio sguardo alle sue Converse bianche. Mi sventolò sotto il naso delle strane fotografie.

Le osservai meglio.

Certo, che erano strane.

<< Puoi tenertele. >> brontolai scostando con la mano le ecografie dalla mia vista.

Lei sbuffò. << Certo che le tengo, le terrò sempre con me. >> dichiarò lei a mo' di sfida. << Guardalo, cavolo, è tuo figlio. Perchè non vuoi vederlo? >> mi stuzzicò dopo qualche attimo di silenzio.

<< Stai zitta, qualcuno potrebbe sentirci. >> mormorai, depressa.

<< Nessuno può sentirci. Stanno tutti raggiungendo il campo di Quidditch per la partita. Grifondoro contro Serpeverde. >> esclamò Lucy.

Ma certo, la partita. Ecco perchè la scuola era così taciturna e beata.

<< La partita... >> dissi, distratta. << Andiamo anche noi? >> le chiesi.

Dopotutto, era l'ultima partita prima delle vacanze di Natale e oltretutto giocavano Grifondoro e Serpeverde. Era decisamente imperdibile, e poi c'era Scorpius.

<< Sì! >> esultò Lucy.

All'incirca trenta minuti più tardi eravamo avvolte nei nostri cappotti pesanti con le sciarpe di Grifondoro a ripararci la gola e il naso dall'aria fredda e pungente, sugli spalti dove erano radunati i tifosi dei grifoni.

Il fischio del professor Baston diede il via alla partita, un coro di esultanza si innalzò da tutti gli spalti.

James, il capitano della squadra, acciuffò la pluffa prima che il capitano dei Serpeverde riuscisse a farlo. La velocità di mio cugino era imbattibile. Una ragazza Serpeverde dai lunghi capelli corvini lo strattonò ma quello non cedette minimamente e scattò lesto verso i tre anelli difesi da Scorpius, evitando chiunque tentasse di sbarrargli la strada, tirò con tanta forza che le pluffa quasi non riuscii a mettere a fuoco la traiettoria che stava percorrendo. Scorpius l'afferrò con una sola mano, prendendosi tutta la tranquillità del mondo. James ringhiò alla volta dell'avversario. Un urlo di gioia provenne dai tifosi Serpeverde, mentre, tutti intorno a me, i Grifondoro borbottavano, delusi. Io rimasi in silenzio, Lucy invece gridava a squarcia gola suggerimenti a James.

Ma che ne sapeva lei di Quidditch?

<< Claire! Claire! A James, passa a James! >> ululò Lucy alla seconda cacciatrice di Grifondoro.

Quella, probabilmente infastidita, si voltò verso di noi e, distratta, lasciò che un cacciatore Serpeverde le sfilasse con leggerezza la pluffa dalle mani.

Passò un infinità di tempo e, tra le urla di Lucy, la distrazione dei cercatori, la partita era ancora ferma al misero punteggio di 10 a 40 per Serpeverde. Ero distratta e persi ogni passaggio, ogni punto, ogni parata di Scorpius o punto segnato di James.

Poi sentii la voce spezzata di Lucy.

<< Oh, merlino! >> esclamò.

Seguii il suo sguardo. William Smith, battitore di Grifondoro insieme a mio cugino Fred, aveva puntato un bolide dritto dritto verso Scorpius e quello, concentrato sul passaggio della pluffa, venne colpito violentemente al capo.

In un primo momento rimase immobile, stordito e confuso dal colpo secco, gemette quasi urlando e poi si accasciò sulla sua scopa perdendone il controllo. Quest'ultima scivolò sempre più veloce verso terra. Scorpius si stava spiattellando a terra. La scopa prese velocità mancavano pochi, pochissimi metri e nessuno aveva ancora urlato un 'Impedimenta' per rallentare la sua caduta evitandogli una morte quasi certa. Cercai la mia bacchetta. Non c'era. L'avevo lasciata nel dormitorio.

<< Fermatelo! Scorpius! Fermatelo! >> gridai.

Nessuno mi diede ascolto, erano tutti lì a fissare il suo corpo che scendeva, scendeva sempre di più, come fosse uno spettacolino che mette suspance. Fissai il preside, lo stava fissando senza parole, sconvolto, ma non stava facendo nulla per fermarlo. Che incompetente, inutile, persona. E gli inseganti lo seguivano a ruota.

Un tonfo sordo, lo scricchiolio delle ossa che si spezzavano come fragili ramoscelli. Scropius era disteso poggiando tutto il suo peso sul fianco destro, sulla sabbia che sottostava i tre anelli, gli arti contorti in una strana posizione.

Il mio urlo disumano lacerò il silenzio scioccato.

<< SCORPIUS! >> strillai.

Affannata, mi feci spazio tra i miei compagni , scesi a fatica dagli spazi e corsi, corsi fino a che non calpestai l'erba verde del campo. Scorpius era là, sdraiato a terra con una calca di giocatori che lo circondavano. Il capitano dei Serpeverde stava cercando di risvegliarlo, accovacciato accanto a lui.

Quando li raggiunsi m'inginocchiai lesta accanto a lui bisbigliando esterrefatta il suo nome per non so quante volte. Lo voltai supino, attenta a non danneggiarlo ulteriormente. La stoffa della divisa era lacerato, l'avambraccio destro era lacerato da un taglio profondo come se fosse stato squartato da un coltello affilato, doveva aver urtato qualcosa di tagliente.

Stava respirando. Era vivo. Ma ciò non mi sollevò affatto. Chissà quanto stava soffrendo...

<< Scorpius. >> frusciai scostandogli il ciuffo biondo ribelle dalla fronte.

<< Chiamate Madama Chips! Ora! >> tuonò il vocione del preside.

I compagni di squadra corsero alla volta dell'infermeria mentre gli avversari si scostarono lasciando che il preside camminasse veloce verso di noi. Gli insegnanti lo seguirono, allarmati.

<< Lasciagli spazio, ragazzina. >> mi ordinò l'omone che avrebbe dovuto gestire e far funzionare quella scuola.

Voltai il capo alla sua volta, con le lacrime che sgorgavano sulle gote, e lo fissai con sguardo omicida.

<< Avrebbe potuto fermarlo! >> gli gridai, furiosa. << Avrebbe potuto morire! >> aggiunsi lasciando tranquillamente che le mie orecchie si confondessero col colore acceso dei miei capelli.

<< Signorina... >> cominciò.

<< A cosa crede che serva la bacchetta? Ah? >> ululai, di nuovo. << La Professoressa McGrannit avrebbe evitato tutto ciò! >> continuai alludendo alla donna che aveva presidiato Hogwarts per il mio primo anno.

Lei sì che era una donna da stimare, da lodare, da imitare.

Il preside contorse il suo visone porcino in un'espressione di puro cruccio. << S-signorina...! >> borbottò indignato.

L'arrivo affannato dell'infermiera bloccò un mio eventuale insulto a quell'uomo evitandomi, oltretutto, un'immediata espulsione.
Fece apparire una barella e, portandolo a levitare, con un colpo di bacchetta, ve lo adagiò bonariamente sopra. Osservandola, non dava l'idea di essere troppo impacciata, sapeva quello che faceva, sicuramente non era il primo ad aver rischiato la morte cadendo da una scopa da corsa.

La barella levitò fino all'infermeria, destinata puntigliosamente da Madama Chips. Senza indugi ed evitando accuratamente di eseguire gli ordini urlati e le minacce del preside, la seguii.

Scorpius fu coricato al di sopra di uno dei tanti letti, uno degli ultimi. La barella scomparve.

La donna si allontanò. Presi la sua mano tra le mie e la coccolai lievemente. Gli passai le dita fra i capelli, venni a contatto con qualcosa di bagnato, umido. Non era sudore, era sangue. La mia mano era totalmente sporca di sangue. Il suo sangue. Scostai la sua frangetta, appena sopra la giuntura dei capelli uno squarcio lieve della pelle sanguinava debolmente. La ferita era attorniata da un livido violaceo. Era il punto in cui il bolide di William lo aveva urtato.

Madama Chips tornò reggendo fra le mani una pozione dallo strano colore giallognolo e un'altra incolore. Prima di farle ingoiare a Scorpius, gli tastò volitiva gli arti e il torace, controllandogli poi la fenditura sulla gamba.

<< Ah, povero ragazzo. Il femore è totalmente fratturato. E la tibia spezzata in due. Due costole fuori posto e direi un bel trauma cranico. >> valutò l'infemiera scrutandolo per bene. << Sarà una nottataccia per lui. >> decretò, infine.

Lo costrinse a ingoiare entrambe le pozioni.

<< Cara, ti senti meglio? >> si rivolse a me, dopo che posò le fiale vuote sul comodino.

Scrollai le spalle.

Acciuffò uno sgabello logoro e traballante dalla parte opposta della stanza e lo accostò accanto al letto dove giaceva Scorpius. Mi agguantò per le spalle e mi impose di sedervi. La ringraziai con un sorriso e se ne andò.

Strinsi ulteriormente la mano di Scorpius e la lisciai dolcemente con i pollici delle mani. Curvai a schiena e poggiai il capo sulla sua spalla sana. Mi addormentai.

Forse avevo bisogno di dormire qualche ora aggiuntiva, di notte...

<< Rose... >> fu il mio nome sussurrato che mi ridestò.

In un primo momento, spaesata, mi guardai attorno, senza ricordarmi il luogo in cui mi trovavo. Poi, mi balzò nuovamente tutto in mente... il Quidditch... Scorpius... l'Infermeria.

<< Rose. >> sussurrò Scorpius.

Mi voltai verso di lui. Era sveglio. Gli occhi socchiusi e sul viso stampato un sorriso stanco, ma divertito.

Gli sorrisi. << Ciao. >>

Guardai oltre il vetro della finestra. Era buio. Chissà che ore erano.

<< Che è successo? >> mi domandò.

Sospirai.

<< Smith ti ha scaraventato il bolide dritto dritto qui. >> dissi sfiorandogli la ferita, stando ben cauta a non toccarla. << Hai perso il controllo della scopa e sei caduto. >> continuai.

Rise, prima di contrarre i muscoli del viso in una smorfia di dolore.

<< Stai fermo. >> gli intimai, ma lui continuò a ridacchiare.

<< Sapevo di non stargli simpatico, ma... >> tossicchiò << ...ma non credevo sarebbe potuto arrivare a tanto. Immagino tuo... tuo cu-cugino James sia fiero di lui. >>

Scrollai le spalle. Probabilmente sì, James era fiero di William. Dopotutto, Scorpius era sempre al centro del suo mirino.

<< Sentiamo, che mi sono rotto? >> chiese.

<< Il femore, sbriciolato in tante, tante parti... la tibia si è spezzata a metà, due costole fuoriposto e... un trauma cranico. >> elencai. << Ti fa tanto male? >>

Sorrise, malizioso.

<< Non è il dolore fisico che mi preoccupa. >> brontolò lanciandomi un'occhiataccia di sottecchi.
Sapevo che stava alludendo a me, al dolore che gli avevo causato ignorandolo, privandolo della mia amicizia, privandolo di me.

Gli occhi pizzicavano.

<< Devo... devo andare ad avvertire Madama Chips... >> mormorai alzandomi dallo sgabello pronta come sempre a svignarmela, ma lui mi afferrò il polso, stingendolo con una morsa salda, nonostante fosse disteso privo di alcuna forza.

Mi accorsi che le mie gambe erano addormentate. Le ginocchia tremolavano e i muscoli bruciavano.

<< Ti prego non andartene di nuovo. >> bisbigliò. << Non abbandonarmi ancora... >> continuò.

<< Scorpius... >> sospirai.

Una fitta al ventre mi costrinse a portarvi una mano, allarmata. Gemetti. Che fosse successo qualcosa al bambino?

Aggrottai la fronte: da quando mi importava così tanto che il bambino stesse bene? Da quando ero diventata così disinvolta?

Scorpius mi scrutò, turbato.

<< Che hai? >> mi chiese.

Scossi il capo. << Nulla, probabilmente è colpa della... della posizione in cui mi sono addormentata... >> blaterai, incerta.

Mi strattonò il polso obbligando la mia coscia ad urtare contro il bordo del letto.

<< Sdraiati qui. >> m'incitò.

Esitai.

Davvero mi stava chiedendo di sdraiarmi accanto a lui? Proprio come l'ultima volta?

<< Dai. Sono totalmente sfasciato, non posso farti nulla. >> ridacchiò.

Portai gli occhi al cielo e sorrisi, mentre lui si scostava per lasciarmi lo spazio necessario a coricarmi accanto al suo corpo.

Mi accucciai sul bordo del letto, prima di distendermi completamente. Mi rivolsi sul fianco destro, poggiando il capo nell'incavo della sua spalla. Poi, presa dalla foga del momento e dall'eccitazione di sentire ancora il suo odore così vicino a me, posai il braccio sul suo petto ignorando il dolore che avrebbe potuto provare e accavallai la gamba su quella sana di lui.

Mi avvolse la vita e mi scoccò un bacio fragile sui capelli spettinati.

<< Prometti di non lasciarmi più? >> frusciò.

<< Lo prometto. >> risposi.

Merlino, se mi ero cacciata nei casini...

Lasciai che le palpebre cedessero per rilassare gli occhi.

Scorpius ridacchio.

<< Guarda come mi tocca essere ridotto per riaverti con me... >> sorrise.

Che... idiota...


Ringrazio rebeccaforever, roby90, menchets, aspire89, tuna_salad e Babyramone per le recensioni. Grazie mille,  risponderò appena possibile, promesso. Ringrazio anche Cice27.
Inoltre, ringrazio chiunque recensirà questo capitolo. :)
Un bacio,
_Cioccorana_
Ringrazio anche chi recensirà questo capitolo :)

  
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