Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: dreamyD    22/05/2014    6 recensioni
Sequel di "Vorrei ricordassi tra i drammi più brutti che il sole esiste per tutti".
Continuano le avventure dei Malandrini e Sunshine, avete voglia di seguirli?
Siate buoni e recensite!
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

Nel buio della notte

 

 

 

 

L'oscurità della notte ricopriva in un gelido mantello Hogwarts. Tutti dormivano.

O meglio, quasi tutti. Un gufo stava uscendo in quel momento dal suo nido su una trave del soffitto della Guferia per cacciare, Pix saltellava sui banchi dell'aula di Incantesimi e Remus Lupin teneva gli occhi fissi sul pavimento dell'Infermeria.

Quell'ultima luna piena era stata tremenda, ancora più dolorosa e stancante del solito. Quando si era risvegliato, raggomitolato, nudo, sul pavimento polveroso della Stamberga, non era riuscito a muoversi per diversi, lunghissimi, minuti, sentendosi come se qualcuno si fosse divertito a spezzargli ogni singolo osso che aveva in corpo. Ogni respiro era un'agonia, ogni movimento una tortura. Inerme, era riuscito solo a coprirsi con il mantello che nascondeva dietro a delle travi smosse insieme alla bacchetta, prima di addormentarsi profondamente, o forse svenendo per il dolore e la spossatezza.

Si era risvegliato attorno all'ora di pranzo, trovando Peter pronto a passargli una pozione per il mal di testa.

Aveva dormito per quasi tutto il giorno e ora non riusciva più a farlo. Madama Chips, contrariamente dal solito, lo aveva costretto a stare un'altra notte in Infermeria.

Remus aveva protestato, ma in fondo era stato grato del silenzio e della solitaria tranquillità del grande locale, occupato solo da lui.

Ora però, dopo aver tentato per diverse ore di convincersi ad addormentarsi, si era arreso e, seduto dritto sul letto con il cuscino dietro alla schiena, lasciava vagare i pensieri, senza soffermarsi su niente in particolare.

Le vacanze erano finite da qualche giorno (chissà se qualcuno si sarebbe chiesto come mai, appena tornato a scuola, fosse subito finito in Infermeria?) e, sebbene fosse contento di essere di nuovo insieme ai suoi amici che, per quanto breve potesse essere stata la separazione, gli erano mancati, i suoi genitori gli mancavano già. Soprattutto sua madre, con i suoi caldi abbracci, il suo profumo e i suoi pranzetti deliziosi.

Era una delle cose che odiava di più dell'essere a Hogwarts, passare così tanto tempo lontano da sua madre. Si ricordava dei tempi felici, prima di essere morso, in cui era molto più unito a suo padre che a sua madre, ma le cose erano cambiate dopo quel terribile avvenimento. Suo padre si era chiuso in sé stesso, roso dal senso di colpa, e sua madre si era fatta sempre più dolce, apprensiva e affettuosa. Quando era a casa non lo lasciava mai un momento, facendosi raccontare ogni cosa della vita lontana del figlio, anche le cose che conosceva già, preparandogli gustosi pranzi e cercando di dargli ogni cosa di cui potesse avere bisogno. Dopo qualche giorno, Remus cominciava a trovare quel comportamento un po' soffocante, ma appena tornava a Hogwarts si rendeva conto di quanto in realtà lo facesse sentire al sicuro e amato.

Con un sospiro, Remus lisciò sovrappensiero le coperte, sentendo crepitare dei fogli tra le lenzuola.

Oh giusto, aveva lasciato cadere lì le lettere che aveva trovato nel libro di Trasfigurazione che aveva aperto dopo cena, ma che non era riuscito a leggere per più di dieci minuti prima di ritrovarsi con i Malandrini ai piedi del letto.

Alla luce debole della luna non riusciva a leggerle, ma le aveva riguardate talmente spesso durante i pochi giorni di vacanza che le sapeva quasi a memoria.

C'era James che scriveva di allegre giornate con la sua famiglia e i suoi amici, anche se con un lieve nota triste: Jo se n'è andata. Una notte non è tornata a casa e nemmeno quella successiva. Ha cominciato a non andare più a scuola e a non chiamare più Caroline. Se n'è andata, forse con qualcuno, e di lei non si è più saputo niente.

Remus si domandò distrattamente, per l'ennesima volta da quando aveva ricevuto quella notizia, dove fosse finita la ragazza. Non erano mai stati molto amici, dopotutto si erano conosciuti molto poco e lei aveva avuto rapporti decisamente più stretti con Sirius che con lui, ma questo non voleva dire che non si preoccupasse un po' per lei, una ragazza sola a vagare per il mondo. Sapeva, dai racconti di James, che già da tempo era cambiata e sapeva che Sirius non aveva più il minimo legame con lei, o almeno questo era quello che diceva lui, ma non riusciva comunque a capire che cosa l'avesse spinta a scappare così, fuggendo da una famiglia affettuosa come quella dei Potter, che l'avevano accolta senza neanche una domanda, senza nemmeno ringraziarli.

Il ragazzo scosse la testa, accarezzando con le dita la lettera di James, sentendo i solchi in cui la piuma era penetrata più a fondo nella carta. Conosceva i suoi amici, le loro famiglie e le loro abitudini così bene che, anche se non le avesse mai tenute in mano prima, avrebbe potuto riconoscere le rispettive lettere a occhi chiusi. James aveva la lettera un po' stropicciata, la pergamena ruvida e le parole quasi incise nella carta, con i punti che quasi bucavano il foglio. Peter invece aveva la pergamena sottile, poco costosa, che ogni tanto aveva un leggero profumo di violetta unito a quello dell'inchiostro, dovuto probabilmente al fatto che la conservava vicino a quella di sua madre. Peter cercava sempre di essere allegro e positivo nelle sue lettere, anche se tra le righe traspariva sempre qualche sentimento nascosto. Ogni tanto era la paura dei suoi coetanei, che lo assaliva quando era lontano da qualcuno che potesse difenderlo come facevano Sirius e James, ma che veniva coperta orgogliosamente. Ogni tanto era la noia e quasi l'irritazione che provava quando era a casa con sua madre, a cui voleva bene, ma che ogni tanto trovava troppo soffocante e banale. Ogni tanto invece era la solitudine, la malinconia. Eppure, tutto quanto veniva nascosto sotto racconti leggeri e divertenti, con molto più coraggio di quanto sembrasse attribuibile a Peter.

Le lettere di Sirius invece erano una contraddizione, quanto la persona che le scriveva. Insulti alla sua famiglia, rabbia a malapena contenuta, noia, malcelata tristezza e tagliente sarcasmo venivano fissati con scrittura elegante sulla raffinata carta da lettere con lo stemma, spesso “corretto” dalla mano di Sirius, dei Black. Sirius ironizzava sulla sua forzata permanenza nella sua camera dicendo che probabilmente lo facevano perchè era troppo bello per loro. Poi scherzava sulla lunghezza dei suoi capelli (“La mia dolcissima madre dice che ho i capelli troppo lunghi e che se non me li taglierò io, lo farà lei e mi troverò pelato. Che cara.”), mescolando alla battuta l'odio che provava per quella casa. Le sue lettere profumavano di Sirius e avevano un gusto dolceamaro.

Remus piegò le lettere e le infilò sotto al cuscino, desiderando di sapere che ore fossero. Doveva essere molto tardi, comunque, forse avrebbe dovuto provare di nuovo a dormire.

Il ragazzo appoggiò la testa al cuscino, si raggomitolò, avvolgendosi strettamente nelle coperte e, riscaldato dalle presenze dei suoi amici, riuscì finalmente ad addormentarsi.

 

**

 

Regulus era in Sala Comune, seduto in una poltrona solitaria con un libro sulle ginocchia. Tuttavia non sembrava molto preso dalla lettura, visto che sollevava gli occhi dalle pagine a intervalli regolari per controllare l'ingresso nascosto nella parete per vedere se per caso fosse entrato qualcuno e sbuffava contrariato ogni volta che non vedeva ciò che voleva.

Ad un certo punto aveva quasi rinunciato e stava per alzarsi e andarsene in camera, quando Severus Piton si sedette nella poltrona vicina alla sua.

«Che vuoi, Piton?» chiese il più piccolo, restando seduto, ma con l'evidente desiderio di andarsene.

«Dov'è McCroy?» domandò a sua volta Severus, neanche lui sembrando troppo felice di stare lì.

«In giro, lo stavo aspettando mezz'ora fa, ma non è ancora arrivato.» rispose irritato Regulus, lanciando un'altra occhiata al passaggio, chiuso.

«Con la Moor?» sibilò Severus, con un mezzo ghigno alla smorfia di Regulus.

«Non dirlo così forte, Piton. Sì, con la Moor. E ora vuoi dirmi che cosa sei venuto a fare davvero?» non si sarebbe certo fatto imbrogliare da due chiacchiere, lui. Era evidente che Piton non poteva essere lì solo per chiedere di Jared. Era noto come al ragazzo non piacesse parlare con le persone e difficilmente avrebbe cominciato una conversazione leggera e senza scopi particolari di sua volontà, quindi doveva esserci qualcosa sotto.

«Lily continua a farmi domande su McCroy e la sua amica e io continuo a mentirle, dicendole che non ne so niente, ma non è proprio così semplice.» iniziò Severus, capendo che era inutile provare a fingere di non essere andato lì con uno scopo ben preciso in mente.

«Che vuoi?» tagliò corto Regulus.

«Un favore.» rispose secco Severus.

Regulus alzò un sopracciglio, leggermente sorpreso. Si aspettava una richiesta del genere, ovviamente, ma non riusciva a immaginare che cosa potesse volere in cambio il ragazzo. Certo non voleva aiuti con i compiti né aiuti di altro genere, quindi che cosa poteva volere?

«Che cosa vuoi?» domandò di nuovo, arrendendosi alla curiosità.

«Per ora una cosa molto semplice. Sono solo dei libri della biblioteca, ma sfortunatamente sono nel Reparto Proibito e io non ho intenzione di farmi beccare lì un'altra volta da Gazza, né di chiederli a Madama Pince.» soprattutto per non permettere a Lily di fare domande, ma questo si poteva evitare di dirlo a Regulus.

Che ovviamente lo capì lo stesso, ma decise di non fare commenti, troppo preso a considerare quella richiesta. Libri? Avrebbe dovuto immaginarlo. Se non stava parlando con la Evans, Piton aveva continuamente il naso immerso in qualche libro, era abbastanza ovvio che avrebbe chiesto una cosa del genere.

«Se non mi dici i titoli, come faccio a procurarteli?» gli fece notare, con voce tagliente, nascondendo la curiosità: chissà che libri voleva perchè fossero nel Reparto Proibito.

Severus però lo guardò, diviso tra lo stupore perchè non si aspettava che la sua richiesta fosse accettata così velocemente e il disappunto di non poterla fare a McCroy.

«Gli fai da segretaria, Black?» domandò, irritato. Avrebbe voluto vedere la faccia di Jared al suo ricatto, avrebbe voluto vederlo costretto a piegarsi al suo prezzo, avrebbe voluto vederlo che si metteva nei guai al posto suo. E ora Regulus gli stava rovinando il divertimento.

Regulus arrossì piccato, ma i suoi occhi rimasero impenetrabili.

«Tu dammi quei titoli e aspetta i tuoi libri senza fare domande.» sbottò, alzandosi in piedi, desideroso di chiudere quella conversazione.

«Come vuoi, Black.» Severus gli porse un foglio con le sue richieste, osservandolo mentre le leggeva con interesse. Libri di magia di alto livello, soprattutto oscura e pericolosa, eppure il ragazzo non lasciò trasparire la minima emozione. Lo confondeva, con il suo aspetto da ragazzino, i suoi occhi antichi e la sua capacità di nascondere ogni sentimento.

«Te li farò avere.» Regulus rialzò gli occhi dal foglietto, gli fece un cenno di saluto e poi se ne andò, portandosi dietro il suo libro.

A che cosa gli potevano servire quei libri? Letture serali?

Regulus scosse la testa, guardando quei titoli oscuri per l'ennesima volta. Severus Piton era un mistero più grande di quello che si aspettava.

 

**

 

Sirius se ne stava disteso sul letto. Era un pomeriggio noioso: Remus studiava con Peter, James era all'allenamento di Quidditch e lui non aveva niente da fare. Certo non si sarebbe messo a fare i compiti, ma sembrava l'unica, triste, prospettiva.

Per evitarla a tutti i costi, frugò nella borsa di Remus, ignorando bellamente le sue proteste, e tirò fuori la mappa, per poi ritornare a buttarsi sul letto. La aprì con attenzione e si mise ad osservare i puntini che si muovevano, cercandone nessuno in particolare (o forse sì).

«Sirius, dovresti davvero finire quel tema per Vitious, non si scriverà da solo, sai?» lo rimproverò Remus, alzando gli occhi dal suo per puntarlo sulla pergamena scritta solo a metà di Sirius.

«Lo farò dopo con James.» rispose distrattamente Sirius.

«Lo sai che se aspetterai James andrà a finire che non lo farete.» sbuffò Remus, cercando di sembrare ragionevole.

«Allora vuol dire che lo copieremo o sorrideremo con aria contrita a Vitious.» replicò imperturbabile Sirius.

«Sirius! Non puoi sempre fare così!» si irritò Remus, incrociando le braccia con aria severa e inducendo Sirius a guardarlo.

«Va bene, mamma. Vorrà dire che lo farò tra un minuto, ok? Voglio solo capire che cosa non va i questa maledetta mappa.» cedette il ragazzo, picchiettando con aria contrariata sulla pergamena, senza che nulla cambiasse.

«Che c'è questa volta che non va?» domandò Remus incuriosito, alzandosi per andare a guardare cosa stava combinando l'amico.

«Non mostra stanze che dovrebbero esserci. Sono più che certo che ci sia una stanza in quel corridoio, ma non la mostra.» spiegò Sirius, indicando il punto in cui ci sarebbe dovuta essere, secondo i suoi calcoli, la Stanza Va e Vieni, ma dove non c'era proprio nulla.

«Che stanza dovrebbe esserci lì?» domandò Remus, aggrottando la fronte, cercando di visualizzare il corridoio, ma non ricordando nessuna porta.

«L'abbiamo scoperta io e James, ma non è questo il punto.» tagliò corto Sirius.

«Proveremo a rifare l'incantesimo, ok? E poi voglio assolutamente trovare un modo per farla apparire e scomparire, è troppo pericoloso lasciarla così.» ripeté, per quella che forse era la centesima volta, Remus.

Sirius annuì e poi sospirò, facendo per chiudere la mappa ed affrontare con coraggio i compiti, quando un nome che si muoveva veloce attirò la sua attenzione.

Perchè Sunshine Moor correva in un corridoio vuoto verso un'aula altrettanto vuota?

Diede di gomito a Remus e senza dire niente gliela indicò con aria interrogativa.

«Non sono affari nostri Sirius, magari è in ritardo per un appuntamento con Lily in quella classe.» ipotizzò Remus.

«O forse...» cominciò Sirius, ma l'altro lo bloccò subito.

«O forse non sono davvero affari nostri, Sirius.» poi Remus afferrò la mappa con un gesto secco e la ripiegò, prima che Sirius potesse aggiungere altro, se non qualche energica protesta e qualche lamento per la tortura che lo aspettava.

Fu solo per puro caso se nessuno dei due vide il puntino di Sunshine Moor che si congiungeva a quello di Jared McCroy in un affettuoso abbraccio.

Circa un'ora dopo, James usciva dalla doccia dello spogliatoio, distrutto dall'allenamento appena fatto. Fuori si congelava, ma Corinne aveva insistito per provare ogni formazione e tattica di gioco, costringendo inoltre James, almeno per la prima mezz'ora, a volare alla ricerca del boccino nel buio quasi completo, per poi capire che c'era davvero troppa poca luce perchè lui potesse vederlo e, dopo essere riusciti a recuperarlo, l'aveva rimesso al suo posto.

James si stiracchiò i muscoli della schiena doloranti e poi afferrò un asciugamano per strofinarselo energicamente tra i capelli.

Quando riemerse, infilandosi gli occhiali per ritornare a vedere il mondo, di fronte a lui stava Charlotte, rossa in viso e con gli occhi bassi.

«Oi!» esclamò James, afferrando l'asciugamano che aveva attorno ai fianchi per impedire che scivolasse a terra al suo sobbalzo.

«Ehm...ciao.» salutò Charlotte, imbarazzata. «Non credevo di trovarti così...»

«Così poco vestito? Nessun problema, ora mi vesto. Qualcosa non va?» chiese James, allontanando la sorpresa e il leggero imbarazzo che l'avevano afferrato, per lasciare il posto alla preoccupazione per quella visita così inaspettata.

«Niente che non possa aspettare che tu sia più vestito.» sorrise Charlotte.

«Ammettilo che in realtà sei venuta qui proprio per questo.» scherzò James, vestendosi mentre la ragazza si girava dall'altra parte.

«Certo, come no. Ho visto di meglio, Potter.» rispose la ragazza, molto più disinvolta ora che non lo guardava.

«Dubito, Rosier, dubito.» rise James. Certo non si aspettava che lei si girasse di colpo, mentre lui era ancora a petto nudo, per squadrarlo con un'occhiata, come per soppesare ciò che vedeva, senza più arrossire. Il ragazzo si sforzò di non arrossire, ma già solo il sobbalzo che aveva fatto doveva aver dato soddisfazione alla Serpeverde, che sorrideva leggermente.

«Decisamente, ho visto di meglio.» ripeté la ragazza, con finta convinzione, annuendo tra sé.

«Bugiarda.» James le fece una smorfia e poi finì di vestirsi in fretta, afferrando la sua scopa e scortandola finalmente fuori dallo spogliatoio.

«Comunque, che ti ha spinto negli oscuri meandri degli spogliatoi di Grifondoro?» chiese curioso, seguendo il suo gesto che indicava le serre e la volontà di fare una passeggiata da quella parte.

«Follia momentanea, immagino. Altrimenti non so proprio che cosa potrebbe avermi convinta ad entrare in quel posto puzzolente in cui si nascondeva un'orrenda creatura come te, Potter.» rispose tutta seria Charlotte, facendo ridere James, che cercò inutilmente di fare un'espressione offesa.

«Avanti Lottie, che succede?» domandò dopo un po' James, tornando serio e fermandosi per poterla guardare negli occhi.

La ragazza abbassò lo sguardo, ma dopo un attimo riallacciò i suoi occhi con quelli di James.

«Avevo voglia di passare del tempo con un amico e non riuscivo a pensare a nessuno che non fossi tu.» confessò.

James spalancò gli occhi, poi sorrise, sentendosi leggero e felice. Le si avvicinò e la prese a braccetto, spettinandole i capelli con l'altra mano, ridendo della sua smorfia.

«E sono felice che tu l'abbia fatto, Lot.»

Quando ritornò in camera, Sirius aveva finito il suo tema grazie alla vigile sorveglianza di Remus e aveva anche fatto i compiti di Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure e ora si annoiava da morire, di nuovo.

«Dove sei stato? Gli altri sono saliti secoli fa!» esclamò il ragazzo con aria accusatoria, appena James entrò nella stanza.

«Ho fatto un giro, non avevo voglia di venire subito a fare i compiti.» rispose quello, mentre Sirius lasciava cadere l'espressione offesa e annuiva partecipe.

«Ti capisco, amico. Remus mi ha tiranneggiato, non ho mai fatto così tanti compiti in vita mia.» sospirò con aria tragica, mentre Remus sbuffava, senza però commentare.

«Quasi quasi mi dispiace averti abbandonato nelle sue grinfie.» ghignò James, infilandosi sotto al letto per recuperare la borsa con i libri, che aveva calciato lì sotto prima di andare agli allenamenti.

«Quasi quasi, gli dispiace. Quasi quasi.» sbuffò cupo Sirius, facendo ridere James, che però perse ogni espressione gioiosa appena Remus gli sbatté sotto al naso il libro di Incantesimi.

«Salvami.» sussurrò rivolto all'amico, che però scosse la testa, godendosi la dolce vendetta. «Bastardo.»

«Anche io ti amo, James.» rispose con tono zuccheroso Sirius, abbassando poi la voce ad un sussurro per mormorare «Stasera Animagus?»

James annuì, imitato da Peter, a cui era stata fatta la stessa domanda, ma poi Remus li riprese perchè stavano distraendo James dai suoi compiti e Sirius tornò a buttarsi sul letto.

«Dove vai?» chiese dopo una ventina di minuti James, vedendolo alzarsi di scatto per avviarsi alla porta.

«Mi annoio. Tu finisci i compiti, James, io vado a fare un giro.» e ghignando per l'ultima volta guardando la pila di compiti che aspettavano l'amico, sparì, lasciandolo lì con aria depressa.

Più tardi quella sera, quando ormai tutti dormivano, o almeno sicuramente Remus dormiva, grazie all'aiuto delle due gocce di pozione sonnifera rubata in Infermeria “cadute” nel suo succo di zucca, come accadeva sempre più spesso quando decidevano di uscire senza di lui, Sirius, James e Peter si ritrovarono nella Stanza che Va e Viene.

Era divertente e allo stesso tempo infinitamente snervante ritrovarsi quasi ogni sera in quella stanza colma di libri letti e riletti, di cuscini e luce, per provare a diventare Animagus. Ciò che dava maggiormente fastidio a Sirius e a James e, in minor parte, a Peter era il provare e riprovare sempre le stesse cose senza fare quasi nessun progresso. Era come cercare di afferrare l'acqua: sembrava che fossero sempre più vicini e poi si ritrovavano a mani vuote. Snervante.

Fu per questo che per un momento, quando Sirius si ritrovò con una lunga coda nera, nessuno rise né si domandò a che animale appartenesse, ma tutti rimasero bloccati sorpresi, non riuscendo a credere che qualcosa fosse davvero successo.

E poi James realizzò che Sirius aveva una coda, nera e pelosa, e lo realizzò anche Sirius.

«Non. Ci. Provare. Potter.» ringhiò Sirius, intuendo dall'espressione di James che cosa stava per succedere. Inutile.

James scoppiò in una fragorosa risata, ansimando le parole “coda” e “peloso”, cercando di non soffocare, tenendosi la pancia e asciugandosi gli occhi che lacrimavano, contagiando anche Peter.

«Siete due bastardi, smettetela.» ordinò seccato Sirius. Di nuovo, inutile.

«M-ma Sirius! La ahahahahaha hai una....» balbettò James, incapace di creare una frase di senso compiuto.

«Intanto io sono arrivato a qualche risultato, idiota.» gli fece notare Sirius, cercando in ogni modo di zittirlo, riuscendo questa volta a raggiungere qualche risultato. Infatti Peter smise di ridere, mentre la risata di James si affievolì piano piano, finchè non ritornò il silenzio.

I tre ragazzi si guardarono per un po', Sirius agitando involontariamente la sua coda e gli altri due senza riuscire a trovare niente da dire. Poi però Peter abbassò lo sguardo sulla coda e sorrise di nuovo.

«Ma ora come facciamo a togliertela?» e questa volta Sirius non riuscì a fermare le risate dei due per molto, troppo, tempo.

........

«Sirius, che hai lì? È una coda quella? E perchè stanno ridendo? Qualcuno mi vuole spiegare che sta succedendo?»

 

**

 

Frank credeva di sognare. O meglio, doveva essere tutto un orrendo, terribile incubo. Non poteva credere che quella fosse la realtà. Tutto stava andando così bene e poi...e poi tutto era precipitato. Era come essere salito senza saperlo su una montagna russa, che l'aveva portato a tradimento in alto, sempre più alto, dandogli l'impressione di poter toccare il cielo, per poi farlo precipitare di nuovo verso il suolo a velocità spaventosa. Solo che questa volta la caduta non sembrava volersi fermare.

Tutto era cominciato quella mattina..

«Buongiorno, Alice.» salutò Frank, sedendosi di fianco alla ragazza. Si sentiva felice quella mattina, forse era dovuto al sole che, seppur appena tiepido, era venuto a far capolino tra le nuvole che avevano coperto il blu del cielo per gli ultimi giorni, o forse era dovuto al fatto che quella mattina Alice sembrava ancora più carina del solito. Comunque, qualunque motivo lo facesse sentire leggero e sorridere così, era il benvenuto.

Certo non sapeva che lo stesso pensiero stava attraversando in quel momento la mente di Alice, che sorrise di riflesso a quello che le sembrava uno dei sorrisi più belli che potessero illuminarle la giornata.

«Buongiorno, Frank. Dormito bene?» rispose al saluto, passandogli la sua marmellata preferita (ai mirtilli).

«Molto bene. Tu?» Frank si morse la lingua, fermandosi appena in tempo dal commettere la prima cretinata della giornata. Perchè diavolo un “tu, tesoro?” gli stava per sfuggire dalle labbra?

«Come un ghiro. Oggi è una così bella giornata, non ti pare?» rispose Alice, alzando gli occhi al soffitto per lasciarsi accarezzare le guance dai deboli raggi solari, che, come notò immediatamente Frank, le illuminarono di mille riflessi i capelli castani.

«Splendida.» annuì il ragazzo, senza essere nemmeno lui ben certo se quel commento fosse rivolto alla bellezza della giornata o della ragazza.

Fecero colazione con calma, chiacchierando, salutando allegramente i compagni che poco alla volta si sedevano attorno a loro, sfoderando identici, ampi sorrisi, per poi andare insieme in classe, ignari delle occhiate divertite che si scambiavano le ragazze guardandoli.

Pranzarono insieme, come erano ormai soliti a fare, intrattenendo una conversazione leggera a proposito dell'interessante lezione di Incantesimi appena svoltasi con Lily e ridendo insieme al racconto di Remus. Anche se, al dire il vero, non avevano capito che cosa c'entrassero Sirius, James e Peter con una coda...

Seduto di fianco alla ragazza in biblioteca, Frank pensò che quello doveva essere uno dei giorni migliori delle ultime settimane. E forse fu proprio quel pensiero a preannunciare l'arrivo della caduta.

Seduti gomito a gomito, cercando di fare i compiti di Trasfigurazione, era ben evidente che nessuno dei due fosse troppo concentrato. Alice mordicchiava la punta della piuma (in modo adorabile, come non esitò a notare Frank) cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Non riusciva a capire che cosa le stesse succedendo negli ultimi tempi: prima notava il sorriso splendido di Frank (cosa che la fece sorridere di nuovo, in modo, secondo Frank, assolutamente adorabile), poi doveva resistere all'impulso di prenderlo per mano (quando mai si era fatta problemi a prendere per mano/abbracciare qualcuno?!), poi non riusciva a restare concentrata sentendo la sua presenza giusto di fianco a lei (adorava il suo odore, ma quando mai aveva cominciato a notarlo?). Sembrava tutto così stupido. Aveva voglia di girarsi, di stringergli la mano, di abbracciarlo, di....

No, dovevano essere gli ormoni che prendevano il controllo del suo corpo.

Non poteva essere. Lei e Frank erano amici. Frank era il suo migliore amico, era dolce, gentile, adorabilmente goffo. Frank non era il suo ragazzo e lei non voleva che lui lo fosse.

Non lo voleva?

No, non lo voleva.

O forse sì?

Ma lui non la voleva, sicuramente. Lei era così normale, chi mai avrebbe potuto desiderare lei?

No, Frank era solo un amico.

E allora perchè sentiva il desiderio di baciarlo?

Frank nel frattempo analizzava ogni singola espressione di Alice. A che cosa stava pensando con così tanta concentrazione da farle aggrottare le sopracciglia e arricciare le labbra? A che cosa stava pensando di così fastidioso da farle spostare una ciocca di capelli dietro all'orecchio con irritazione? E ora perchè aveva quello sguardo confuso, quasi combattuto? Perchè scuoteva la testa? Che ce l'avesse con lui, per caso? Forse si era accorta che lui la stava fissando e voleva che smettesse?

Frank trattenne uno sbuffo di irritazione: conosceva ogni singola espressione di Alice eppure non riusciva a capire che cosa stesse passando per la sua mente in quel momento.

Aveva voglia di prenderle il mento per costringerla a guardarlo e chiederle se ci fosse qualcosa che non andava. Aveva voglia di abbracciarla, di stringere quel piccolo corpicino contro di sé. Aveva voglia di baciarla.

Eppure non poteva e questa dolorosa consapevolezza gli graffiava il cuore, scavando solchi sempre più profondi.

Lei era così bella, gentile, angelica e perfetta! Tutti le volevano bene, tutti la ritenevano (giustamente) una persona fantastica, mentre lui era solo un goffo, stupido e invisibile signor Nessuno. Come avrebbe anche solo potuto pensare di poterle piacere? Già solo sapere di potersi considerare uno dei suoi amici più vicini lo riempiva di tale gioia da dargli la forza di soffocare quei sentimenti e mentire a sé stesso, dicendosi che questo poteva bastargli per essere felice. Però non era così, e trattenere le parole che spingevano sulla punta della sua lingua diventava più difficile ogni giorno.

All'improvviso Alice si girò verso di lui e sospirò, mettendo giù la piuma e arrotolando la sua pergamena, chiudendo il libro con uno schiocco secco.

«Non ce la faccio a studiare.» disse, in risposta allo sguardo interrogativo del ragazzo.

Frank annuì e la imitò, sperando che non si fosse accorta che in realtà neppure lui aveva fatto poi molto.

«Mi accompagni in Guferia? Devo spedire una lettera.» propose Alice, alzandosi e mettendosi la borsa sulla spalla, prima che Frank potesse anche solo trovare il coraggio di chiederle se per caso voleva che gliela portasse lui.

«Certo.» annuì lui, affiancandola, chiedendosi con un sospiro dove fosse finita la leggerezza che sentiva quella mattina, sostituita da un pesante senso di malinconia.

Camminavano in silenzio, nessuno dei due sembrava riuscire a trovare qualcosa da dire, lei persa nei suoi pensieri confusi e lui intento a cercare di capirli.

Arrivati in Guferia, Frank aiutò Alice a legare la lettera alla zampa di un grosso barbagianni della scuola e poi si appoggiò al davanzale della finestra, guardandolo scomparire nel buio della sera.

Avvertì con la coda dell'occhio Alice che si appoggiava di fianco a lui, ma non staccò gli occhi dall'orizzonte, per niente certo di ciò che sarebbe potuto uscire dalla sua bocca se l'avesse guardata.

Fu lei a parlare.

«Qualcosa non va, Frank?» domandò con voce dolce, come se fosse stato lui quello strano nelle ultime ore.

«No, va tutto bene. Tu, piuttosto? Sei stranamente silenziosa.» rispose il ragazzo, chiudendo gli occhi e stringendo un pugno per trattenersi dall'avvolgerle un braccio attorno alle spalle. Era così piccola.

«Io...sì, sto bene. Solo...cose da ragazze, sai.» disse vaga lei, sapendo che quando si toccava quell'argomento i ragazzi di solito facevano velocemente marcia indietro, cambiando velocemente discorso. Doveva saperlo che Frank non era come gli altri.

Dopo aver fatto una smorfia infatti il Grifondoro si era girato verso di lei con aria leggermente preoccupata.

«Stai bene? Vuoi andare in infermeria?» chiese, cercando di capire se fosse per caso più pallida del solito (difficile da capire con quella carnagione così chiara!) e se fosse quello il vero motivo della sua stranezza.

«Non preoccuparti, sto bene.» rispose Alice, arrossendo e sorridendo suo malgrado. Come poteva essere così dolce?

Il desiderio di abbracciarlo diventava sempre più forte, sentiva il gomito del ragazzo sfiorare il suo, come se invece di maglioni e pelle tra loro ci fosse un fuoco.

«Però forse farei meglio ad andare in camera e stendermi un po'.» aggiunse, desiderosa di andarsene prima che succedesse chissà che cosa.

«Certo, andiamo. Ti accompagno.» e non era giusto che la sua voce fosse così adorabilmente preoccupata, che avesse allungato una mano, come se avesse avuto paura di vederla cadere da un momento all'altro, che la tenesse d'occhio con così tanta attenzione, in cerca di ogni segno di malore.

O forse stava immaginando tutto quanto. Forse Frank si stava solo comportando da buon amico che si preoccupava per un'amica. Del resto, che cos'altro poteva essere?

«Alice, sicura di stare bene?» e il suo tono era così affettuoso e preoccupato, e la sua mano era così calda sul suo braccio e i suoi occhi erano così vicini e la sua bocca era adorabilmente corrucciata e...

E un momento dopo Alice stava premendo le sue labbra su quelle di Frank, senza sapere che cosa stesse facendo.

Lo sentì irrigidirsi, sorpreso. Sentì la presa sul suo gomito che si faceva più forte. Durò solo un secondo.

Poi il cervello decise di ritornarsene dalla sua momentanea vacanza e rientrare nella testa di Alice, urlandole di fermarsi, di staccarsi, di correre via da quell'errore immenso.

E Alice obbedì, facendo un balzo indietro e portandosi le mani alla bocca, orripilata da ciò che aveva fatto.

Sentì le lacrime salirle agli occhi (non mi vorrà mai più vedere), le guance arrossarsi (non potremo più essere amici), le mani tremarle (sono una stupida) e fece un altro passo indietro, quasi inciampando sulla borsa di Frank, abbandonata a terra.

«I-io..scusa io non so cosa mi...io ho sbagliato. È stato un errore. Scusami.» e poi non poté più rimanere lì, si girò e corse via, le lacrime che scendevano bollenti sulle sue guance, sentendosi sommersa dalla vergogna e allo stesso tempo immensamente colpevole, perchè il sapore di quel misero e brevissimo bacio che restava sulle sue labbra la faceva sentire stordita.

Frank la guardò correre via e trattenne le lacrime, sentendosi cadere, cadere e cadere ancora.

 

**

 

James guardava Charlotte che dormicchiava sulla sua spalla, mormorando ogni tanto, persa nel dormiveglia, che no, non aveva assolutamente sonno. Trattenne una risata, ma non poté impedirsi di sorridere.

«No, Lotte, non hai sonno, assolutamente. Sei sveglissima.» sussurrò, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

Ora che ci pensava anche lui era assonnato, ma il pavimento era duro e Charlotte pesava sulla sua spalla. Non l'avrebbe spostata però, questo no.

Sembrava impossibile che avesse un anno in più di lui, quando la guardava così, le labbra socchiuse e le ciglia che le ombreggiavano le guance pallide, bianchissime nella luce argentea dello spicchio di luna che ogni tanto riusciva a farsi strada tra le nuvole.

Si domandò distrattamente quanto ci sarebbero stati gli altri prima di cominciare a fare davvero domande. Per ora si limitavano ad accettare i suoi miseri “non riuscivo a dormire quindi sono andato a fare un giro”, quando se ne accorgevano, ma non dubitava che presto questo non sarebbe più bastato.

Eppure non riusciva davvero a preoccuparsi. Passare le sere con Charlotte gli faceva dimenticare che c'era un mondo al di fuori di quella aula buia e tranquilla, in cui parlavano, ridevano e ogni tanto sonnecchiavano. Il problema più grande che si poneva tra quelle quattro mura era solo come riuscire a far sorridere Charlotte quando aveva una delle sue serate tristi, come fare a sorprenderla per farla ridere, come arrivare fino al limite della sua sopportazione senza farla scattare e andarsene arrabbiata e come riuscire a farsi perdonare quando invece questo succedeva.

Ogni tanto non poteva credere di essere diventato così zuccheroso, ma quando poi si ritrovava di nuovo lì la storia ricominciava e nessuna preoccupazione lo sfiorava più.

Cullato da quei pensieri e dal respiro lieve della Serpeverde, James chiuse gli occhi lentamente, scivolando nel dormiveglia.

Prima di addormentarsi definitivamente, però, un'illuminazione lo colpì, dando senso alla conversazione su un regalo che aveva colto per caso tra Alice (come mai non passava più il tempo con Frank, poi?) e Sunshine: il giorno seguente sarebbe stato il compleanno di Lily Evans.

Il compleanno di Lily Evans e lui non aveva neanche pensato a cosa regalarle.

E la cosa strana, ma su cui non si soffermò, arricciando una lunga ciocca di capelli marroni attorno al suo indice e scivolando nel sonno, era che, per la prima volta, non aveva neanche intenzione di pensarci.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Eeeeeeee...sono in terribile ritardo! Ma che novità, eh? Lo so, lo so, sono una persona tremenda e meriterei una terribile punizione, ma prima c'era la scuola che mi torturava e poi c'era il capitolo che non voleva proprio lasciarsi scrivere e poi c'era la mia maledetta pigrizia che m'impediva di pubblicare...insomma sono stata bloccata u.u Comunque ora sono finalmente qui e anche se questo capitolo non è un granché almeno è finito!

  1. Jo vi mancava? Neanche a me. Però una menzione speciale per lei ci voleva e come potete vedere se tutto va bene (ahahahahaah) ora non ne sentiremo più parlare.

  2. Piton è un subdolo ciclide e Regulus è la segretaria di Jared (Aleeeeee amor pensa agli AU!)

  3. Poi non so, Sunshine ha un sacco di fortuna a non farsi beccare e James e Charlotte checchè ne diciate sono l'amore

  4. Gli aspiranti Animagus fanno progressi...o no?? Mi dispiace un po' non aver raccontato bene la storia della coda, ma forse prima o poi lo farò

  5. E poi Frank e Alice....mi odio per aver fatto questo, ma non tutto il male vien per nuocere ;)

  6. Grazie a tutte le adorabili bimbe che hanno recensito lo scorso capitolo (sono in tremendo ritardo anche lì, ma prometto che vi rispondo!) Lisajackson, _tribute_, ChihiroUchiha, Bluelectra, jily_luma l'adorabile marauder11 e Bella_1D risorta dalle tenebre! Vi adoro! Biscotti e gelato per tutte!

  7. Un grazie speciale alla mia AleJackson che sopporta i miei scleri a tarda sera, dall'euforia iniziale alla semi-depressione finale. Ti amo <3

Baci e amore a tutti <3

*dD*

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: dreamyD