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Autore: itsonlyme    22/05/2014    3 recensioni
Se ti ritrovi a correre a perdifiato in un tunnel, di cui non vedi neanche uno spiraglio di luce ad indicarti l'uscita, ma poi trovi una scorciatoia che ti conduce ad un posto nuovo, cosa fai?
Dal primo capitolo:
Mossi l’aria che ci circondava. Il suo profumo mi entrò nelle narici, forte e dolce contemporaneamente.
Lui, sentendo la mia presenza, si girò a guardarmi per due secondi.
In quei due secondi mi rivolse un accenno di sorriso che mi fece perdere un battito, mancare la terra da sotto i piedi, poi tornò alla lettura, senza nemmeno darmi il tempo di ricambiare.
[ziam/side pairing larry]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se saprai starmi vicino.









Chiusi il libro abbandonato sulla scrivania della mia stanza mezz’ora dopo averlo aperto.
Avevo riletto lo stesso rigo all’incirca sessanta volte, e avrei potuto rileggerlo per un altro giorno intero senza capirci niente. Trecentosessanta pagine di libro, in un altro momento avrei potuto leggerle in davvero poco tempo, ma in quel giorno, quel momento no.
Avevo il ricordo del bacio a rimbombarmi nella mente, fra le pareti del cervello. Era tutto una tal confusione.
Era stato solo un incontro di labbra tremule, un primo incontro, innocente, casto, purissimo, ma che era bastato a destabilizzarmi, a farmi appannare la vista quasi.
Spostai il libro e sbuffai, alzandomi, facendo strisciare la sedia e abbandonandomi alla morbidezza del mio letto e alla costrizione della mia mente ad un unico e solo pensiero.
Un giorno che non lo vedevo e già mi mancava.
E sapevo che quando lo avrei rivisto, non avrei saputo come comportarmi.
Ho esagerato?
No, lui ha ricambiato.
La suoneria del mio telefono mi distrasse, finalmente, dai miei ossessivi pensieri. La foto di Harry e il suo sorrisone comparirono davanti ai miei occhi. «Pronto?» mi affrettai a rispondere.
«Pronto? Pronto un corno. Si può sapere che fine hai fatto, dannato Liam Payne?» urlò, costringendomi ad allontanare l’apparecchiò dall’orecchio. Sorrisi.
«Scusa mamma, possiamo vederci e ti racconto tutto?» dissi sconfitto.
«Tanto questa me la paghi. Sono a casa tua fra quindici minuti.»
 
Se avessi cercato la parola “puntualità” su google ero certo che avrei letto “forse cercavi: Harry Styles”.
Quindici minuti dopo, era attaccato al campanello di casa mia. Quando gli aprii la porta, era pronto a scagliarsi come una furia su di me ma quando notò il mio sguardo si bloccò.
«Liam?» mi chiamò, domandando altro in una tacita richiesta.
«Entra, ti racconto tutto.» sorrisi.
Nel raccontargli tutto, ogni minimo particolare, come sempre avevo fatto, mi accesi.
Continuavo a camminare, gironzolare per la camera, spostando oggetti, toccandomi i capelli, e sorridendo anche troppo. Di certo la parte in cui avevo rotto lo specchio non gli era piaciuta, ma sapeva cosa comportava per me avere una crisi. Era molto preoccupato e i suoi meravigliosi occhi verdi me lo lasciavano percepire.
Quando gli raccontai del bacio del giorno prima, sembrò rilassarsi. Si era accorto del fatto che stavo bene, dopo tutto.
Passammo un paio d’ore insieme, a scherzare, come sempre, a guardare la tv tirandoci pop corn e a giocare a fifa, prendendoci in giro.
Nel momento in cui stavamo discutendo animatamente su chi avesse giocato meglio, e sul fatto che io avevo ancora la mano fasciata, il campanello di casa mia ci fece ammutolire.
Harry mi guardò con sguardo interrogativo, domandandomi indirettamente se aspettassi qualcuno, risposi con un’alzata di spalle e un “no” appena accennato.
Mi alzai svogliatamente dal divano e aprii la porta ritrovandomi davanti un Louis Tomlinson con un’espressione infuriata in viso.
«Ti avevo chiesto di farmi avere notizie e sei sparito dalla circolazione, è normale?» urlò, irritato. «Ciao mamma due.»
Scoppiai in una risata rumorosa che spinse Harry a venire a vedere cosa succedeva.
«Ma che ci ridi, cretino?»
«Liam, chi è?»
Parlarono contemporaneamente.
Il sorriso di Harry si allargò. Louis sembrò sbiancare.
«Ciao piccolo Lou.» lo salutò Harry, appoggiandosi allo stipite della porta.
«Liam, cosa ci fa qui questo coso?»
Neanche ebbi il tempo d’aprire la bocca che Harry rispose per me . «Perché tutto questo astio, Lou? Ti sto forse antipatico?»
Trattenni a stento una risata, coprendomi la bocca con una mano e godendomi lo spettacolo che erano quei due. «Tu, starmi antipatico? No, caro Harry Styles, perché dovresti?» ironizzò.
Harry sorrise, ammaliando probabilmente anche Louis che rimase muto a fissarlo, distendendo quel cipiglio rabbioso sulla fronte.
«Invece di stare tutti e tre davanti la porta, entriamo magari?»
Senza fiatare, ci spostammo tutti e tre in salotto.
Louis tornò a guardare me ed Harry in cagnesco. Io sorrisi.
«Comunque, per la cronaca, non sono piccolo. Ho pure qualche anno in più di te. E un po’ di intelligenza in più»
Quella fu la frase che scatenò la guerra che proseguì per il resto del pomeriggio.
Li invitai a cenare con me, e accettarono. Seduti a tavola, davanti in nostri tranci di pizza, quei due non smettevano di punzecchiarsi, come due bambini. Harry era visibilmente attratto da Louis che probabilmente provava lo stesso anche se non sembrava rendersene conto.
Questo, morse il suo pezzo di pizza, lasciando cadere del pomodoro sul piatto. «Louis, ma sai mangiare?»
«Infilati quella pizza in bocca e stai zitto.» ribatté quello.
«Lo sai, che anche mio cugino sa mangiare più ordinatamente di te?» chiese Harry, addentando poi un pezzo della sua quattro formaggi.
«Quale cugino, Harry?» domandai, io, curioso.
«Non è ancora nato.» rispose lui.
Scoppiai in una risata anche troppo rumorosa; Louis che cercava di rimanere serio mi seguì, accompagnato da un Harry alquanto soddisfatto dalla battuta che aveva fatto.
«Liam, ci fosse una volta che mi difendi!» piagnucolò il più grande.
«Oh, gioia, ha bisogno della mamma che lo difende.» lo prese in giro l’altro. Io, nel frattempo, li osservavo con un sopracciglio alzato.
«Styles, sei tu quello che a diciannove anni prende ancora il latte nel biberon e che per attraversare si fa dare la manina della mamma.»
«Vorresti darmela tu, magari?»
A quella frase Louis diventò prima bianco, poi di un rosso scarlatto. Io iniziai a ridere, senza poter smettere, loro due si fissavano come se avessero voluto picchiarsi ma baciarsi comunque. La tensione sessuale in quella stanza, a causa loro, si poteva tagliare col coltello. Ed io ero spettatore di tutto quel casino.
«Che non sia mai, piuttosto, stai ad una certa distanza da me. Ho paura d..»
«Di cosa? Di non resistere dalla voglia di baciarmi? Lo so, piccolo Lou, lo so.» lo interruppe, Harry.
«Baciare te? Preferirei baciare piuttosto un lama. Ad ogni modo, la modestia l’hai lasciata a casa? No perché dovresti passare a prenderla» rispose quello, sbattendo teatralmente le ciglia.
«Domani mattina allora ti accompagno allo zoo.» sorrise, spavaldo e ignorando l’appunto di Louis.
Louis stava per saltare dalla sedia, ma lo fermai.
«Farò di tutto perché non capiti ancora, la prossima volta giuro che vi prendo una camera, così vi sfogate in un altro modo!» urlai.
In risposta, ricevetti due sguardi assassini, anche se poco convinti. Piuttosto, io, ero convinto, che a quei due non sarebbe affatto dispiaciuto.
Il loro battibecco riprese, ma io mi allontanai quando la suoneria del mio telefono di casa riempì la stanza. Harry e Louis completamente assenti.
Senza far caso a chi fosse, risposi «Pronto?» risposi, in uno sbadiglio.
«Neanche ci siamo salutati e già sei annoiato, mi sorprendi Payne.» esordì.
«Oh, Zayn.» sospirai, contento di sentirlo.
Lui rise, «Ciao Liam.» e lì, in quel momento, un sorriso affiorò nelle mie labbra e ci rimase a lungo.
Un sorriso ebete.
«Come stai?» domandai.
«Bene, davvero, e tu?»
«Ora bene» risposi, lasciandogli intendere il motivo. E lo immaginai a sorridere, spontaneo come sempre.
«Che facevi prima che questo rompiscatole ti chiamasse?»
«Assistevo allo spettacolo che Louis ed Harry mi stavano offrendo, si punzecchiano da tutto il pomeriggio.»
La sua risata dolce arrivò alle mie orecchie.
«Zayn, ascolterei il suono della tua risata per sempre.»
«Mi imbarazzi, Liam, smettila» rise ancora. «Scusa.» gracchiai.
«Da quanto tempo ci conosciamo?» chiese, sorprendendomi un po’. «Quasi due mesi.» e mi sorpresi io stesso.
Sentivo il sentimento farsi largo nel mio cuore, a cercare di cancellare ogni traccia di nero, di sangue sporco, per tornare a farlo vivere. Avevo bisogno di quello. Amore di quello vero però.
Senza rendermene conto stavo davvero iniziando a provare per Zayn qualcosa di spropositatamente grande. Qualcosa che sentivo espandersi nel petto. Grande tanto da sorprendere anche me stesso, che credevo di non esser neanche più capace di provare alcun sentimento positivo.
«Ci vediamo domani?» mi chiese.
«Domani di mattina ho lezione, poi sono libero.» anche se avrei voluto vederlo subito.
«Io lavoro di mattina, quindi..»
«Quindi vengo a prenderti al lavoro e stiamo un po’ insieme, se ti va naturalmente»
«Ovviamente, scemo»
Un’esplosione di sentimenti, questo lui era per me.
Un rumore di vetro in frantumi mi fece correre verso la cucina, dove trovai i due in piedi. Ai lati opposti della stanza. Li guardai sbigottito. «Oddio.»
Il vetro che avevo sentito rompere era la bottiglia d’acqua che era prima sul tavolo. «Ma quanto siete stupidi voi due?» urlai.
Zayn rise ma «Liam? Che succede?»
«Niente, tranquillo» gli risposi serio. «Possibile mai che per sfogare la vostra tensione sessuale dovete distruggere casa mia?» continuai. «Scusa Zayn.»
Harry aveva una bandana in testa, presa da chissà dove, e una paletta fra le mani, Louis invece aveva una pezza in mano, che aveva trovato sul lavabo, pronto ad asciugare il danno fatto.
«Appena chiudo me la pagate tutti e due. Vi conviene sparire.» e tornai di nuovo all’ingresso, dove sentii ancora le accuse che si lanciavano i due.
«Scusami Zay, quei due sono peggio dei bambini.»
«Tranquillo» rise.
«Una di queste sere te li faccio conoscere, almeno non rimango solo con loro due» aggiunsi.
«Uhm, okay.»
«Adesso ti lascio Liam, vai a vedere cosa hanno combinato i tuoi bimbi» disse, quasi con dispiacere.
«Okay, grazie. A domani.»
Sentii solo lo scocco di un bacio fugace, e il “tu tu tu” della chiamata chiusa.
Arrossii.
 
 
Dopo aver chiuso la chiamata, avevo aiutato quei due a raccogliere i cocci di vetro sparsi per la stanza anche se avrei voluto vederli volentieri lavorare sotto i miei occhi.
Poi li avevo buttati fuori di casa, proponendogli davvero di andare a casa di uno dei due per affievolire i loro bollenti animi.
E, prima di addormentarmi, avevo scritto a Zayn, ringraziandolo per il bacio che mi aveva mandato e che avrei voluto dargli.
 
La lezione in accademia fu leggermente noiosa, ma l’avevo trascorsa quasi tutta a pensare a chi avrei visto da lì a poco. La teoria non mi piaceva molto, anche se era essenziale per la pratica. Sapevo che se avessi speso la lezione ad ascoltare il professore avrei avuto la metà del lavoro da fare a casa ma proprio non ce la facevo a connettere.
Il professore, un uomo corpulento sulla cinquantina, mi aveva richiamato più volte, sorprendendomi a fissare il nulla, probabilmente con gli occhi che –nei cartoni animati-  sarebbero stati a cuoricino.
Ogni attimo, secondo, minuto, lo spendevo a chiedere a me stesso come tutto quello che mi stava succedendo fosse vero.
Sbuffai, a pochi secondi dalla fine dell’ora.
A lezione conclusa, senza fermarmi a salutare il prof, ne i miei colleghi, raccolsi le mie cose e uscii velocemente fuori dall’aula, e dall’accademia. Quando stavo per varcare la porta d’uscita, sentii toccarmi la spalla. Mi voltai istintivamente trovandomi davanti due occhi azzurri che mi pareva di conoscere. Anzi, ne ero certo.
«Noi ci conosciamo.» iniziai io.
«Si! Ci siamo incontrati qualche settimana fa per strada e io ti ho parlato dei corsi dell’accademia.» spiegò lui. «Si, si, ora mi ricordo!» sorrisi, lui fece lo stesso.
«Sono contento che tu abbia deciso di iscriverti» spiegò.
«E’ tutto merito tuo» gli concessi. Le sue guance si colorarono di rosa, «Mi chiamo Niall, comunque» si presentò. Lì ricordai che non lo avevamo ancora fatto e risi. «Giusto. Liam» sorrisi, allungandogli la mano destra. Si affrettò a stringerla; la sua mano era esile, ma morbida e fredda.
Guardai l’orologio, segnava le 12:04, Zayn era già uscito da lavoro, e non avrei voluto farlo aspettare. «Niall, ho un impegno, ti va se ci vediamo domani e prendiamo una birra insieme, così abbiamo più tempo per parlare?» chiesi. Annuì, forse un po’ imbarazzato, poi «Si» aggiunse.
«Perfetto. Allora domani ci si vede in giro e ci mettiamo d’accordo».
 
Con qualche minuto di ritardo arrivai davanti l’enorme libreria di Chelsea dove lavorava Zayn.
Neanche ebbi bisogno di afferrare il cellulare per avvisarlo che ero arrivato, che lo vidi uscire dalla porta principale, con la tracolla in spalla, il ciuffo morbido sulla fronte e gli occhi luminosi.
Gli sorrisi istintivamente, e rimasi a fissarlo, a seguirlo con lo sguardo, perché non avrei voluto fare altro in quel momento.
Aprì lo sportello e salì, e guardandomi sorrise, riscaldando l’abitacolo freddo.
«Ciao» mi salutò, con un tono dolce.
Lo salutai, allungandomi verso di lui e stampandogli un timido bacio all’angolo delle labbra.
«Allora, abbiamo mezza giornata da passare insieme, dove mi porti?»
«A casa, dove vuoi che ti porti?» scherzai. Lui fece spallucce, «Per me va bene anche quello, mi basta stare con te». Mi spiazzò del tutto. Sorrisi e poi, velocemente, mi sporsi avanti e gli cinsi le spalle con un braccio, avvicinandolo a me per stringerlo. Si lasciò abbracciare, poggiando la testa sul mio petto. E io non persi tempo per aspirare bene il profumo della sua pelle. Albicocca. Gli lasciai un piccolo bacio, proprio vicino l’attaccatura dei capelli, poi un leggerissimo bacio all’altezza della mascella perfettamente scolpita, e uno fugace sulle labbra.
A piccoli passi, così dovevamo procedere. Correre non sarebbe servito a nulla.
«Starei anche tutto il giorno qui in macchina, basta che ci sei tu, mi basta stare con te.» ripetei solo le sue parole, poi mi staccai da lui, che aveva le guance arrossate. Lo trovai adorabile, come sempre.
Decisi di portarlo a Brighton, la piccola città costiera vicina ad Hove, nell’East Sussex.
Una giornata lì, sarebbe stata perfetta.
Guidai per circa un’ora e mezza; il viaggio non fu pesante, lunghi tratti di silenzio ci accompagnavano, un silenzio che non è davvero silenzioso, perché carico di tante voci. Voci provenienti dal cuore, dalla testa che ti suggeriscono tante cose, troppe, contemporaneamente.
Quando la solita scritta di benvenuto svettò sotto i nostri occhi, sorrisi, contento di esser arrivato a destinazione senza alcun imprevisto e all’orario che speravo; per passare più tempo con il moro che al mio fianco, era ancora a labbra serrate.
Rallentai al rosso del semaforo a pochi metri da noi, aprii il finestrino e l’aria fresca entrò nell’abitacolo, poi mi voltai verso di lui, che teneva lo sguardo fisso verso le case bianche alla nostra destra. Mi allungai verso di lui, solo per sentire un po’ il suo odore, e gli baciai una guancia, cedendo alla deliziosa tentazione che erano le sue guance.
«Ladro di baci.» mi rimproverò.
Risi di cuore.
«Non sono un ladro.» mi lamentai, con voce fanciullesca.
Lo fissai ancora negli occhi, la luce del sole li rendeva ancora più chiari e luminosi.
«Liam, è verde.» mi fece notare,  «Oh, beh, si» mi destai, imbarazzato, per esser stato colto con le mani nel sacco.
Forse ero davvero un ladro, sorrisi, pensandoci.
Non molto lontano, trovammo parcheggio.
Scesi dalla macchina, presi la tracolla, e stretti nei nostri giubbotti, ci avviammo verso il lungo mare della bella cittadina.
Lui mi affiancò, e io –timidamente- feci scivolare le dita fra le sue, intrecciandole teneramente.
Lui, immediatamente, aveva alzato lo sguardo su di me e mi aveva sorriso, facendo sparire quel pizzico di insicurezza che mi frenava sempre.
Gennaio era, naturalmente, un mese freddo.
Il termometro enorme dall’altra parte della strada, indicava 11° che per il Regno Unito, in quel mese, era davvero caldo.
Essendo una giornata lavorativa, non c’era molta gente per strada. Era quasi ora di pranzo, e il sole, nonostante fosse alto, si nascondeva –a tratti- dietro delle nuvole bianche, bianchissime, che -se avessi potuto- avrei toccato.
Parlammo del più e del meno, tenendoci ancora le mani strette e ci fermammo quando uno scivolo diretto in spiaggia ci invitava a scendere.
L’odore di salsedine invase i nostri sensi, respirai l’aria pulita a fondo.
Aprii la mia borsa e ne estrassi un telo, uno arancio e giallo in spugna, che mia sorella mi aveva regalato anni prima per il mio compleanno.
Lo stesi sulla sabbia e invitai Zayn a sedersi con me. La sabbia era fredda sotto di noi.
Cominciammo a chiacchierare, e a parlare scioltamente di tutto. Poi mentre stavamo discutendo su chi potesse cucinare meglio il pollo al forno, si avvicinò a me e con un gesto veloce mi afferrò il viso e mi baciò, facendomi zittire, e sorprendendomi.
Avrebbe dovuto farlo più spesso.
Passammo alcuni minuti a sfiorarci le labbra umide e a giocare.
Leccò il mio labbro inferiore, facendo triplicare in me la voglia di baciarlo finché la notte non sarebbe calata sulle nostre teste. Lo baciai ancora, approfondendo il contatto, facendo collidere le nostre lingue, le nostre bocche, in una silenziosa danza di piacere e di profumi, di umori. I nostri, che si mischiarono. E non furono più quelli di Liam o quelli di Zayn, ma solo un’unica cosa: noi.
Presto scoprii che raccontarci di noi, non solo con le parole, era una delle cose che entrambi preferivamo.
Poi si staccò dalle mie labbra, per permettere ad entrambi di riprendere il fiato, di cui io avevo dimenticato d’aver bisogno. Poggiò la fronte sulla mia, i nostri nasi vicini, quasi a contatto. «Il mio pollo tanto è più buono del tuo» disse, poi, premendo di nuovo le mani ai lati del mio viso.
Poi risi e «Non è vero» protestai, allungandomi verso di lui e premendo ancora le labbra –naturalmente rosse e umide- sulle sue.
Circa un’ora dopo dal nostro arrivo, completamente in fibrillazione, entrammo in un ristorantino sul lungo mare, a pochi passi dal molo, il Brighton Pier.
Mangiammo un primo delizioso e un dolce, altrettanto favoloso, ma mai paragonabile all’unico dolce che avrei potuto assaggiare anche per sempre.
“Per sempre” mi ripetevo in testa.
Che ero diventato terribilmente melenso, di quello mi ero accorto.
Non mi ero accorto però, che quello, faceva parte del vecchio Liam.
Il Liam che era andato perduto, probabilmente non del tutto.
Camminando fra le stradine delle Lanes, e osservando i negozietti lì presenti, mano nella mano con Zayn pensavo di sentirmi un po’ come Ugo Foscolo.
Lui, scrittore prettamente neoclassico, credeva di poter riportare indietro le bellezze del mondo antico, contrapposte al tempo oscuro del suo presente solamente attraverso la poesia. In cui riponeva molta fiducia.
E se Zayn fosse stato un po’ la mia poesia?
 
 
 
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l’un l’altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia…
Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
 
 
Perché si, ritrovando le sue labbra sulle mie, avevo capito d’aver aspettato lui da sempre.
Chiusi le mani quasi a pugno per poter carezzare la sua pelle, spostandomi fino alla base del collo e ai capelli profumati di shampoo.
 
Quando ci staccammo, mi sembrò davvero irreale.
Ogni secondo passato con lui mi isolavo, e diventavo il vecchio me, perché lui ci riusciva.
Solo lui poteva. Solo lui era così paziente. Solo lui aveva il coraggio e la forza di afferrare il mio braccio e tirarmi su, nonostante di forza ne avesse bisogno anche forse più di me. Solo lui mi aveva afferrato, e aveva lavato via lo sporco che c’era in me.
Mi sentivo come un bambino, un bambino che guarda i fuochi d’artificio.
Perché si, ad ognuno di loro piace davvero tanto, quell’esplosione di colori, ma ha anche paura.
Vana o meno che sia, prova paura.
In quel momento, avrei potuto dire che lui rappresentava un tutto e un niente per me. Un po’ come l’infinito.
L’infinito, che giusto lì, profumava di noi.
E mi faceva scalpitare il cuore, sorridere.
Lui era il punto di partenza o d’arrivo?
Questo, ancora, dovevo scoprirlo, insieme a lui, e ne avevo ogni intenzione.
Ogni cellula presente in corpo mi sussurrava di andare davvero a fondo perché non mi sarei pentito.
E sapevo già che lo avrei fatto, anche a costo di perdere. 



Un messaggio fece vibrare il mio cellulare mentre io e Zayn camminavamo mano nella mano verso la ruota panoramica.
Louis.
-LIAM JAMES PAYNE, CHI TI HA DATO L'AUTORIZZAZIONE DI DARE IL MIO NUMERO AD HARRY???????-
Sul momento risi, facendo leggere il messaggio al moro, poi tornai serio..
io non avevo dato il numero di Louis proprio a nessuno.








Il titolo del capitolo questa volta non è una canzone ma una meravigliosa poesia di Pablo Neruda, che adoro e che mi ha ispirata parecchio: "se saprai starmi vicino".



Ciaaao.
IM ALIIIIIIVE
Si, lo so, sono in ritardissimo......
la scuola mi mangia tutto il tempo. Tra studio e esami delf e tutto il resto mi rimaneva davvero poco tempo per scrivere.
Per colpa dell'ansia sono finita pure dalla dottoressa, shit.
Neanche ora -sai che novità- ho molto tempo, per cui.. spero il capitolo vi sia parso quantomeno decente perché io lo trovo, a parte corto, osceno.
Il fluff ziam è l'unica cosa che lo salva un po'.
Ok, basta, vado.
Provvederò a correggere il capitolo, se trovate errori non esitate a segnalarmelo.
(potete anche segnalarmi non solo gli errori? lol)
Un grosso bacio, scusatemi ancora.
-Chiara.

 
  
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