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Autore: Inathia Len    23/05/2014    5 recensioni
EX "BE MY MIRROR, MY SWORD, MY SHIEDL
Rivisitazione della terza stagione ad opera del mio cervello malato.
E se Sherlock decidesse di tornare non solo perché vuole rivedere John, ma perché è la sua ultima occasione? Che cosa nasconde il consulente detective?
E se John, compagno di Sherlock, non avesse mai incontrato Mary, sarebbe ancora stato innamorato di Sherlock due anni dopo la caduta?
NOTE: 1. Johnlock
2. nessunissima Mary o Magnussen, ma pura e semplice angst
3. può essere che Sherlock risulti un po' OOC, mi sfugge sempre, quel bravo ragazzo
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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I'M STILL LEARNING TO LOVE, AND I'M SAYING GOODBYE

 

 

Il posto scelto da John si rivelò essere Hyde Park, Sherlock lo aveva capito non appena erano entrati nel cab. Mycroft, Lestrade, Molly e la signora Hudson erano già lì, assieme a un uomo che immaginò essere l'officiante. In un'altra vita gli sarebbe bastata un'occhiata per sapere tutto di lui, ma in quel momento si accontentò di stringergli la mano.

Si sentiva piuttosto bene, era persino euforico per tutto quello che stava accadendo così in fretta. La testa aveva smesso di fargli male mentre erano in taxi e non aveva fatto colazione, così da evitare di interrompere la cerimonia rimettendo sull'erba.

LA CERIMONIA.

Si aggrappò al braccio di John mentre avanzavano nell'erba. Non poteva essere vero, non meritava tutto quello, John non stava davvero per diventare suo marito...

John gli sorrise e a Sherlock che quel sorriso rivelasse e nascondesse cose al tempo stesso, ma decise di non badarci. Aveva deciso in taxi che al termine della cerimonia avrebbe chiesto a Mycroft QUELLA COSA, ma ora non ne era più tanto sicuro.

Si sentiva bene e non voleva pensare a nient'altro.

-Bene, signori, se vogliamo cominciare- disse l'officiante, mentre i quattro si disponevano dietro John e Sherlock. Molly e Greg sarebbe stati i testimoni del primo, Mycroft e la signora Hudson del secondo. Sherlock strinse forte la mano di John e di nuovo quello gli rivolse lo strano sorriso.

-John?- chiese a mezza voce, terrorizzato dall'idea che avesse cambiato idea, ma John non rispose.

La cerimonia fu semplice e breve e in un attimo erano già arrivati alle promesse. A Sherlock sembrava di passare da un sogno ad un altro e quasi non si accorse di Molly che si era fatta avanti porgendo la fede a John.

-Sherlock- cominciò John, prendendo un lungo respiro, -che ti amo lo sai già, altrimenti non saremmo qui oggi. Quello che vorrei dire nel mio discorso è grazie. Grazie per aver reso la mia vita migliore, perché ero solo, così solo, e ti devo tanto. Devo a te l'aver ritrovato il sorriso, anche se questo spesso significava finire a ridacchiare come due bambini sulla scena del crimine. Devo a te l'aver ritrovato la fiducia in me stesso, perché quando mi hai conosciuto ero un soldato rotto dentro e ora sono un medico innamorato. Devo a te l'aver ritrovato la speranza, perché quando si tratta di Sherlock Holmes, ho imparato, nemmeno la morte è definitiva. E so che ce la faremo anche questa volta, me lo sento. E quindi sono qui oggi per dirti grazie, per avermi riportato alla vita, per avermi mostrato un modo migliore di viverla e per avermi permesso di amarti. Perché io ti amo, Sherlock Holmes, che questo matrimonio duri solo fino a sta sera o no, io ti amerò fino alla fine del tempo- concluse, facendo scivolare la fede al dito di Sherlock. -E voglio che tu sappia che avrei passato tutta la mia vita con te, perché senza non è vita, già lo so. Sarebbe stato un privilegio, invecchiare con te.-

La signora Hudson singhiozzò dietro di loro e Sherlock si schiarì la voce per cominciare il proprio discorso.

-Sai che non sono il tipo da discorso lungo, soprattutto in pubblico, a meno che non si tratti di autocelebrazione. E ti posso assicurare che, questa volta, non lo è. Perché ho ben poco di cui andare fiero. Ti sto per lasciare di nuovo e questa volta per sempre. Lo so, potrebbero esserci ancora giorni, ma il concetto è lo stesso: io non posso permetterti il "per sempre" che meriteresti. Ed è per questo mi voglio scusare, perché sono un tremendo egoista. Perché, anziché lasciarti alla tua vita, anziché lasciarti andare avanti, sono tornato. Perché avevo bisogno di te, perché tu mi rendi migliore. Ma se non lo avessi fatto, non avrei potuto avere questo che posso definire, in tutta onestà, il mese più bello della mia vita. Ma ancora una volta si tratta di me. Perché questo è il mio modo di amare e, grazie a Dio, a te va bene così, perché senza di te sarei perso. L'ho realizzato davvero in quei due anni che sono stato via, ma tu, John Watson, sei la mia ancora e il mio faro. Quindi perdonami per essere stato l'idiota egoista orgoglioso testa vuota che ha voluto fare l'eroe della situazione, perdonami se il mio essere stato ME ci impedirà di avere il "vissero per sempre felici e contenti" che meriti più di qualsiasi altro essere umano su questa cavolo di terra. Ma sono fiero del fatto che si potrà dire di me "era il marito di John Watson, lo amava." Perché io ti amerò sempre, anche dopo domani.-

-Sai, dovresti farli più spesso questi discorsi che non ti riescono bene- fu l'unico commento di John, mentre la fede scivolava lungo il suo anulare.

Il bacio che seguì fece scendere un brivido lungo la schiena di Sherlock. Era un bacio che sapeva di tutto e di niente. C'era tutto l'amore che provavano l'uno per altro, la disperazione per la consapevolezza del fatto che, per quanto si illudessero, domani non sarebbe durato per sempre, la felicità di essersi riusciti a ritrovare prima della fine.

Sherlock poggiò la fronte su quella di John e vide il suo stesso viso riflesso in quello del MARITO. Sapeva che le stesse lacrime bagnavano le sue guance, lo sentiva, e sapeva che quei pozzi di dolore e amore e tristezza che erano gli occhi di John erano identici ai suoi.

Si poteva essere felici da impazzire e tristi con il cuore spezzato al tempo stesso?

Poi, così come se n'erano andati, i dolori tornarono tutti insieme.

All'improvviso.

Tornarono le fitte alla testa, così forti da costringerlo ad aggrapparsi a John per non cadere.

E tornò il freddo, così tanto da costringerlo a battere i denti anche se il sole splendeva in cielo.

E tornarono i brividi, tanti da fargli battere i denti e tremare.

E tornò la febbre, alta e terribile da annebbiargli la vista, facendo scomparire John dal suo mondo.

-John...- mormorò, prima di accasciarsi, perdendo la presa sul cappotto dell'altro.

-Sherlock, sono qui- fu il rantolo strozzato di John, mentre sosteneva la sua caduta e gli si inginocchiava accanto. -Mycroft- ringhiò poi, girandosi, -Avevi detto fino al 30...-

-Fino al 30- ripeté quello, guardando come ipnotizzato quello che stava succedendo.

Greg si precipitò accanto a John e lo aiutò a sdraiare Sherlock per terra.

-John, dove sei?- sussurrò Sherlock. -John...!-

-Sono qui, Sherlock, non me ne vado. Non ti lascio, sono qui- disse, stringendogli la mano, mentre le lacrime cominciavano a scendere. Non poteva credere che fino a pochi istanti prima era stato l'uomo più felice di tutta la terra.

Gli altri si fecero da parte, lasciando loro lo spazio. Sherlock stava aggrappato alla giacca di John, come a tirarlo verso di sé e, allo stesso tempo, assicurarsi della sua presenza. John gli era praticamente sdraiato addosso, come a coprirlo dalla vista degli altri, come se le sue spalle potessero bloccare tutto il male del mondo. Molly sosteneva una sconvolta signora Hudson, cercando di spiegare con voce rotta quello che stava succedendo, mentre Mycroft, una statua di dolore, aveva una mano arpionata sulla spalla di Greg, pallido e tremante.

-John? JOHN!-

-Calma, sono qui- cercò di rassicurarlo John, baciandolo attraverso le lacrime.

-Sarebbe stato bello essere sposati, ma sarei stato un marito pessimo- provò a farlo ridere Sherlock e John si sforzò almeno di sorridere. -Lo sapevi, sapevi che era oggi.-

John annuì anche se non era stata una domanda.

-John, te l'ho mai detto che Sherlock è un nome da donna?-

-Ma la vuoi smettere di dire stronzate?-

-Dico davvero.-

-Ti amo anche io, idiota- sussurrò John.

-È bello qui. È un bel giorno per morire.-

-Non farmi questo, ti prego. Non di nuovo. Non adesso.-

-Sarei rimasto con te per sempre. È stato un onore essere tuo marito, John Watson-Holmes.-

Poi non si mosse più.

Per quando John tirasse pugni e urlasse il suo nome, per quando John lo minacciasse e piangesse, Sherlock Holmes-Watson non riaprì gli occhi.

Rimase immobile mentre Mycroft e Greg staccavano John dal suo corpo.

Rimase immobile mentre la signora Hudson chiamava tremante l'ambulanza, rifiutandosi di ammettere la realtà.

Rimase immobile quando giunsero i soccorsi, che non poterono fare altro che attestarne il decesso.





Rimase immobile.

  
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