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Autore: Cherry__Strawberry    24/05/2014    3 recensioni
Bella, appena laureata in giornalismo a Yale, divide un appartamento a New York con la sua migliore amica, Alice, aspirante stilista. Trova lavoro in un giornale di moda. E' contrariata, ma decide che, per arrivare al suo sogno, il New York Times, questa occasione può esserle utile. Un giorno, Alice riceve una telefonata da suo fratello Edward...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Turning Page

Bella's PoV
Ammollo nella vasca da bagno da oltre mezz’ora, mi stupii della mia reazione riguardo alla piccola gaffe commessa poco prima. Conoscendomi, credevo che mi sarei crogiolata nel mio stesso imbarazzo, non riuscendo più ad articolare un pensiero coerente che riguardasse altro. E invece mi resi conto che l’avevo già dimenticata. Che era arrivata e poi si era dissolta rapidamente, proprio come un temporale estivo.
Non fui in grado, tuttavia, di comprendere le ragioni di quel cambio di idee.
Forse era perché stavo scherzando, in fin dei conti. E scherzare con Edward era dannatamente facile. L’unico rischio – e l’avevo provato sulla mia pelle, a quanto pare – era quello di spingersi troppo oltre restare scottati dal fuoco con cui si giocava.
Rilasciai un ultimo sospiro e, spostando le poche bolle di schiuma che mi bloccavano la strada, uscii dalla vasca e mi avvolsi nell’accappatoio, pronta finalmente a rivestirmi ed uscire.
Avevo scelto di rendermi minimamente presentabile perché, in fondo, era pur sempre la vigilia di Natale. Quindi, al posto del solito pigiama di pile, indossai dei leggings scuri, un dolcevita dal collo alto ed un lungo quanto caldo cardigan, che mi arrivava a metà coscia. I colori, tuttavia, non erano poi così natalizi, dato che era tutto sui torni del nero e del grigio. Senza Alice al mio fianco, non osavo fare abbinamenti di cui mi sarei potuta pentire.
Diedi un’ultima controllata ai capelli e mi recai in salotto con l’aria più tranquilla di cui disponevo.
Trovai Edward accovacciato davanti al televisore, mentre probabilmente scorreva i titoli dei vari film di Alice.
Quando sentì i miei passi, si rialzò e voltò verso di me, tenendo dei DVD tra le mani.
-Abbiamo due opzioni: – iniziò, con un cipiglio ironicamente serio dipinto sul volto – guardare uno degli angoscianti film natalizi che mandano in tv o qualcosa dalla videoteca da fashion victim di mia sorella.
Mi lasciai andare in una leggera risata, prima di rispondergli.
-Uhm… - dissi, fingendo di rifletterci su – credo che opterò per il solito dramma natalizio. Non posso reggere qualcosa sulla moda anche a Natale. Decisamente no.
-Andata, allora. – affermò, lanciando un’occhiata all’orologio. – Ora, però, è il caso di andare a tirare fuori il pollo, prima che la nostra cena diventi a base di cenere.
Assentii, notando anche che, alla fine, aveva apparecchiato la tavola. L’avrei studiata più da vicino una volta seduta, quindi lo seguii in cucina.
Si era già munito di guantoni da forno e stava estraendo la teglia proprio quando entrai. Con sguardo soddisfatto, l’appoggiò su un sottopentola, invitandomi a raggiungerlo.
Dovevo ammettere, mio malgrado, che aveva un bell’aspetto.
Il pollo era di un marrone tendente al dorato piuttosto brillante e la frutta tutt’intorno, diventata più scura dopo la cottura, creava un bel contrasto.
Aiutai Edward a disporre il tutto in un piatto, prima di esporgli le mie idee.
-Mi costa ammetterlo, ma è decisamente bello a vedersi. Spero che il gusto gli renda giustizia. – conclusi, deponendolo al centro del tavolo.
Mi allontanai, dirigendomi verso il mio posto, quando Edward mi raggiunse. Compiendo un gesto totalmente inaspettato, spostò leggermente la sedia, in modo che potessi sedermi.
-E’ proprio vero, allora, che a Natale sono tutti più buoni. – dissi, con un tono sbeffeggiatore, ma sorridendo interiormente come una ragazzina.
-Ma come devo fare con te?! Vanifichi sempre ogni mio sforzo di serietà! – affermò, sorridendomi ed andando a prendere posto di fronte a me.
Prima, però, tagliò il pollo e ne depositò delle fette nei piatti di entrambi. Accompagnò la carne con la frutta che c’era di contorno.
Attesi che si sedesse anche lui, prima di assaggiare ciò che avevo davanti.
-Prima tu. – dissi, puntandolo con lo sguardo – Ancora non mi fido del fratello di Alice Cullen ai fornelli. Se sopravvivi, lo assaggio anch’io. – affermai risoluta.
-Sei proprio inconvincibile. – disse, tagliando e poi inghiottendo un pezzo di pollo.
Cercai di non commettere lo stesso errore dei biscotti, concentrandomi su qualcosa che non fosse lui. Fu complicato, ma riuscii a trattenermi dall’osservarlo come un’assatanata.
Infine ingoiò, sorridendo vittorioso. Io, di rimando, sospirai, in segno di sconfitta. Abbassando lo sguardo sul piatto, presi anch’io del cibo e lo portai alla bocca.
Per la seconda volta, fui costretta ad ammettere che mi sbagliavo: era davvero buono. Persino il connubio delle salsicce con il pollo, sul quale ero stata tanto dubbiosa, si era rivelato un’ottima scelta.
-Mi duole dirlo, ma… è vero, non sei come Alice in cucina. E’ buono.
-Sì, lo so. – ammise, tronfio.
-Certo, non buono come ciò che cucino io, ma sicuramente meglio dei… mirabolanti manicaretti di tua sorella.
-Pff, questo lo vedremo. – esclamò con tono di sfida alzando lo sguardo.
-E’ inutile, Edward. La tua è una battaglia persa in partenza, arrenditi. Tu hai imparato a cucinare per hobby, io per non morire di fame. Se avessi lasciato che si occupassero Charlie o Renée della cucina, forse non sarei qui. – scherzai.
-Touché. – ammise, alzando le mani e dichiarandosi sconfitto.
Questa volta fui io a mostrare un’espressione vittoriosa.
 
Quando entrambi i nostri piatti furono vuoti, iniziammo a sparecchiare.
Avevo appena depositato l’ultima posata nel lavello, quando tutto intorno a me divenne buio.
-Tu ed Alice non avete dimenticato di pagare qualche bolletta, vero? – esclamò la voce di Edward da qualche parte nell’oscurità.
-No, stupido. – gli risposi, notando che si era avvicinato alla finestra ed aveva scostato le tende.
Le luci colorate della città gli illuminavano il volto, rendendo i suoi occhi quasi più brillanti di quanto non fossero già normalmente.
Forte delle ombre che mi circondavano, mi avvicinai a lui, affiancandolo. Potevo sentire i centimetri che ci distanziavano. Continuai ad osservarlo, godendomi ancora di più la visuale, data la maggiore vicinanza.
-Ci dev’essere un blackout in tutto il quartiere. Non vedo luci nelle vicinanze. – disse a voce bassa, come a non voler interrompere quel silenzio che era venuto a crearsi.
Terminata la sua frase – mi chiesi se l’avessi davvero ascoltata o avessi solo guardato il movimento delle sue labbra – voltò il viso verso di me.
Ripescai la voce, non sapendo dove fosse andata a nascondersi. Probabilmente dietro il groppo nella mia gola.
-Abbiamo delle torce e qualche candela, vado a prenderle.
I miei occhi iniziarono ad abituarsi al buio, così non fu difficile trovare ciò che mi serviva.
Tornai da Edward guidata da una torcia elettrica e lo trovai esattamente dove lo avevo lasciato, perso a contemplare il groviglio di strade e grattacieli che appariva fuori alla finestra.
Lo raggiunsi, consegnando anche a lui una torcia.
Non la accese e, inaspettatamente, portò la sua mano sulla mia, spegnendo quella che avevo io.
Forse mi sbagliavo, ma mi sembrò che il contatto tra noi fosse durato più del solito.
-Mi piace il buio. E’ più affascinante della luce. – sussurrò, ritenendo probabilmente che il suo gesto mi avesse confusa. - Non sappiamo mai cosa ci nasconda, così come il silenzio.
Non riuscii a rispondergli. Il mio cervello, di fatto, rifiutava di articolare un qualsiasi pensiero.
Mi arresi definitivamente a quello stato di vuoto mentale quando sentii nuovamente la sua mano sulla mia. La strinse e, senza fare troppa forza, iniziò a dirigersi nell’altra stanza. Lo seguii, non avrei potuto - né voluto, a dire il vero - fare altro.
Mi fermai quando percepii il divano che sfiorava una mia gamba. Mi ci sedetti e lui fece lo stesso.
Avvolta dall’oscurità – che in un certo senso mi forniva anche da protezione – mi incantai a studiare la sua figura. Non riuscivo ancora a distinguerne i dettagli, ma la mia mente sapeva benissimo dove questi si trovassero.
Sapevo dov’erano quei ciuffi ribelli che gli si posavano continuamente sulla fronte, dandogli perennemente l’aria di chi si era appena svegliato. Riuscivo quasi a vedere le fattezze del suo volto: gli occhi grandi e verdi, il naso dritto e le labbra appena carnose ma regolari.
Più in basso, quella continua tentazione del suo collo si univa alla elegante linea delle spalle.
Potevo solo immaginare, invece, quello che si nascondeva sotto la camicia che indossava. Certo, una volta mi era capitato di scorgerlo ancora nella doccia, ma ero troppo imbarazzata per concentrarmi su tutto il resto.
Bella, è il caso di fermarsi, se non hai intenzione di violentarlo seduta stante sul divano di casa.
Sbattei più volte le palpebre, ritornando alla realtà. Riportando lo sguardo alla sua figura, notai che era in una posizione rilassata: aveva la testa all’indietro, appoggiata allo schienale del divano e, probabilmente, i suoi occhi erano chiusi.
Apprezzavo la sua teoria sul silenzio e quello che c’era tra noi non era neanche teso o imbarazzante. Tuttavia, iniziavo a sentire la mancanza della sua voce.
Pensieri da adolescente, mi mancavate.
-Edward? – mormorai a voce bassissima, temendo che potesse essersi addormentato. Non avrei voluto svegliarlo, in tal caso.
-Sì? – mi rispose lui, con tono altrettanto basso.
Ecco, avrei dovuto trovare una scusa.
-Ti… ti andrebbero dei biscotti? Dovrebbero esserne avanzati un po’ e… in fondo, non abbiamo mangiato il dolce.
Brava, Bella, complimenti per l’inventiva.
-Non potrei mai dire di no a quei biscotti. – era un sorriso quello che percepivo dalle sue parole?
Afferrai nuovamente la torcia e mi diressi in cucina. Trovai subito la ciotola in cui avevo messo i biscotti la sera precedente, ricordandone la posizione.
Tornai sul divano e mi sentii stranamente rilassata, una volta ripreso il mio posto.
Appoggiai la ciotola dei biscotti tra di noi, per quanto mi costasse dividerci ulteriormente.
-Il blackout ha decisamente risolto il nostro problema “film”. – affermò Edward, prendendo un biscotto.
Lo adorai per aver ricominciato a parlare. Temevo che da quel momento il famigerato silenzio imbarazzante potesse crearsi davvero.
-Non so se ha risolto il problema noia, però. Insomma, almeno un film natalizio sarebbe stato divertente.
-Signorina Swan, mi sta forse dicendo che la mia compagnia l’annoia? – mi chiese, con tono fintamente sconvolto.
Non potrei mai.
-Non è proprio quello che ho detto, signor Cullen, ma può anche intenderlo così. – sorrisi tra me e me pronunciando quelle parole.
-Mi ritengo altamente offeso, signorina. Stia certa che avrò la mia vendetta. – disse e potei sentire chiaramente la ciotola dei biscotti che veniva spostata.
Non capii cosa intendesse finché non avvertii chiaramente il suo corpo che sovrastava il mio. Ringraziai mentalmente il buio, perché riusciva a nascondere perfettamente il rossore che sicuramente si era impadronito delle mie guance.
Le sue mani volarono dritte ai miei fianchi, prima che le sue dita iniziassero a torturarmi con l’atto più infame che esista: il solletico.
Ridevo senza riuscire a fermarmi, mormorando ogni tanto qualche parola sconnessa per farlo smettere. Provai anche a spingerlo via un paio di volte, ma non ci riuscii.
-Ti rimangi quello che hai detto? – disse, bloccando le mani sui miei fianchi e fermandosi per qualche istante.
Approfittai dell’occasione per riprendere fiato. Ad ogni respiro, sentivo il suo corpo a contatto con il mio. Non doveva essere più di qualche centimetro a dividerci.
-Non ci penso nemmeno! – dissi, afferrandolo per le spalle e ribaltando le posizioni, cogliendolo di sorpresa.
Mi ritrovai improvvisamente seduta sulla sua pancia. Presi un profondo respiro prima di parlare nuovamente, temendo che la mia voce potesse tremare.
-Uhm, stai comoda? – mi anticipò lui, scherzosamente.
-Sì. Così tanto che ho deciso di usarti come cuscino. – affermai, non riflettendo poi tanto sulle mie parole.
Lo sentii sogghignare. Inaspettatamente, mi afferrò i polsi, tirandomi giù. Mi ritrovai così in una posizione ancora più compromettente della precedente: quasi completamente distesa su di lui, con il viso vicinissimo al suo e le sue mani che non lasciavano libere le mie.
Sentivo il suo respiro infrangersi sulla mia pelle e tornai a sentire quell’impellente desiderio di baciarlo. Mi inumidii appena le labbra, sentendole improvvisamente secche.
I miei occhi, ormai abituatisi al buio, erano fissi nei suoi.
Nessuno dei due osava pronunciare una sillaba.
E, per un istante, mi sembrò di scorgere in quelle iridi i miei stessi pensieri.
La sua presa sui miei polsi si era notevolmente indebolita. Non so dove trovai la forza per farlo, ma tirai indietro le mie mani e mi spostai, posizionandomi nell’incavo del suo collo.
Inspirai lentamente, temendo di andare in iperventilazione, ma il contatto con la sua pelle mi rilassò immediatamente.
Chiusi gli occhi, beandomi soltanto di quella sensazione.
Quando sentii le sue braccia avvolgermi, mi strinsi ancora di più a lui.
Una leggera carezza tra i capelli e la sua voce che mi augurava la buonanotte furono le ultime cose che sentii prima di addormentarmi.
 
Una soffusa e calda luce dorata mi illuminò il volto, costringendomi ad aprire gli occhi: era ormai mattina.
Ancora intontita, voltai lo sguardo a destra e a sinistra, ritrovandomi sul divano. Sbattei più volte le palpebre, interdetta, quando ogni singolo ricordo della sera precedente mi tornò alla mente.
A quel punto, il mio pensiero fu uno solo: Edward.
Mi sollevai a sedere, sentendo le ossa scricchiolanti ed ogni singolo muscolo del mio corpo indolenzito. Trattenni qualche gemito di dolore, alzandomi.
Un rumore di stoviglie e piatti mi comunicò che qualcuno stava armeggiando in cucina. Bingo.
Camminai silenziosamente, raggiungendo un Edward di spalle che era probabilmente intento a preparare la colazione. Un forte odore di caffè mi giunse alle narici.
-Buongiorno. – sussurrai, con la voce ancora arrochita dal sonno.
Lui si voltò di scatto verso di me, guardandomi prima incredulo, poi riservandomi uno sguardo piuttosto… dolce?
-Buongiorno a te. – mi rispose – Caffè? – concluse, porgendomi una tazza fumante.
-Assolutamente. – dissi, sgranando gli occhi ed afferrando quella benedizione con aria estatica.
Potei chiaramente sentirlo sghignazzare al mio fianco. Lo ignorai. Avevo interesse solo per la mia adorata tazza di caffè. La mia salvezza mattutina.
I miei occhi tornarono però su di lui, che mi stava osservando. Dal suo sguardo intuii immediatamente l’argomento della conversazione che stava per seguire.
-Bella, io…
Ecco, lo sapevo. Avrebbe messo fine a tutto.
Ma a tutto cosa? Come puoi mettere fine a qualcosa che non è mai iniziato?
Spostai la mia attenzione sui miei piedi, schiacciata dal peso di ciò che stava per succedere. Posai anche la tazza sul ripiano, nel timore di lasciarla cadere: avevo le mani che tremavano come foglie.
-No, Bella, ascoltami. – disse, portando due dita sotto il mio mento e facendo ritornare prepotentemente il mio sguardo nel suo.
Lentamente, quelle stesse dita si mossero, finendo ad accarezzare la mia guancia. Non mi ero nemmeno resa conto di quanto fossimo vicini.
Strinsi i denti, cercando di trattenere le lacrime che, ne ero certa, erano pronte a sgorgare da un momento all’altro.
Mi concentrai sul contatto della sua mano. Mi sembrava l’unica cosa in grado di mantenermi attaccata alla realtà.
-Io… io non so nemmeno da dove iniziare. – mormorò, riservandomi uno dei suoi sorrisi sghembi, privo però della solita spavalderia – Mph, chi se ne importa. Buon Natale, Bella…
E avvicinò le sue labbra alle mie.
Potevo già avvertirne il sapore, quando il suono che da quel giorno avrei detestato più di ogni altro ci interruppe, facendoci separare come scottati.
Mi diressi in fretta verso la porta, rossa in viso, pronta a strangolare con le mie stesse mani chiunque avesse osato bussare.
Presi un bel respiro ed aprii, ritrovandomi davanti una donna mai vista prima. La osservai per alcuni istanti, poi dischiusi la bocca per parlare. Il mio tentativo fu inutile, perché la voce di Edward mi fermò, facendomi precipitare il mondo addosso.
-Ciao, Tanya.


Notes
Questo, mie care, è quello che si chiama PLOT TWIST. *modestia, mode: on*
Aaaah, scusate! Ho saltato l'aggiornamento della settimana scorsa, ma sono stata fuori casa tutto il weekend e purtroppo non sono riuscita a recuperare durante la settimana, come invece speravo di fare. Ad ogni modo, eccomi qui, con questa bella bomba.
Evito i commenti sulle ricette di volatili imbottiti, perché l'idea mi repelle. Ehw. E anche il senso del fashion di Bella è quel che è, insomma.
Il blackout sembra essere capitato a fagiolo. Tanya un po' meno. Proprio non si devono baciare questi due, eh? 
Il nostro Eddy sembrava pieno di iniziativa, qui. Pensate che la manterrà? E Tanya? Che ci fa qui?
A voi la parola. ;)
 
  
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