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Autore: Memento_B    01/08/2008    3 recensioni
Le tre bambine erano sedute sui divani posti dall’altra parte della grande sala. Lì vi era più luce ed allegria; le tre confabulavano fra loro per poi ridacchiare sommessamente, ben attente a non farsi sentire o vedere dalla madre. La più grande era Bellatrix, aveva sette anni ed era una bambina bellissima. Ira e vergogna si leggevano nei suoi occhi molto espressivi, spesso lanciava sguardi carichi d’odio e rancore verso la madre. Andromeda aveva cinque anni e fisicamente assomigliava molto alla sorella, ma quando sorrideva vi si poteva scorgere una traccia di bontà ben rara nei Black. Narcissa quel giorno compiva tre anni. Seppur piccola non le fu risparmiato l’abito elegante di pizzo nero.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Ted Tonks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments'
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Another black rose?

Espresso per Hogwarts, 1 settembre 1964
Ore 11:30

Bellatrix ed Andromeda erano sedute in uno scompartimento dell’Espresso per Hogwarts con le compagne di camera della maggiore.
Mentre le cinque ragazze che avrebbero frequentato il terzo anno si perdevano nei racconti dell’estate, Andromeda era rannicchiata nel proprio sedile, fissando la bacchetta che aveva in mano. La sua bacchetta magica, con la quale avrebbe potuto finalmente fare magie, avrebbe potuto stregare Bellatrix, se solo avesse voluto, anche se la sorella maggiore era indubbiamente più potente e preparata di lei, che doveva ancora mettere piede ad Hogwarts.
Quando Bellatrix era tornata a casa dopo il suo secondo anno di scuola, Andromeda l’aveva trovata cambiata. Anzitutto il suo aspetto non era più quello di una bambina, ma quello di una ragazzina improvvisamente diventata donna. Il suo corpo sembrava quello di una donna, ma sul volto erano ancora presenti tracce d’infanzia, che tradivano la sua età. In secondo luogo, Andromeda l’aveva scoperta intelligente. Aveva portato a casa ottimi risultati e pareva una strega davvero potente, cosa che la madre aveva elogiato a non finire, facendo sentire Bellatrix fiera di se stessa per la prima volta, fiera per i voti e per aver suscitato orgoglio nella madre. Infine, quando i genitori o adulti di ogni sorta non erano presenti, Bellatrix parlava in una maniera estremamente volgare, pronunciava parole e insulti che non avrebbe mai avuto il coraggio di ripetere davanti alla madre o al padre, cosa che inavvertitamente faceva Narcissa, risultando una bambina volgare e meritandosi punizioni ingiuste.
E poi era diventata molto più superficiale e sfacciata, faceva vanto della propria bellezza in un modo che avrebbe ricordato Druella a chiunque l’avesse conosciuta da giovane, mantenendo comunque un comportamento distaccato, freddo ed antipatico con chi non fosse Purosangue dalla notte dei tempi.
<< Ehi, Bella, ma hai visto come Rob ti ha sorriso prima di salire sul treno? >> chiese Josie Avery, sporgendosi in avanti verso l’amica.
<< Chi? >> chiese Tallulah McNair, non ricordando chi fosse il “Rob” in questione.
<< Robert Goyle, no? Quello carino del quarto >> rispose Tessa Mulciber << Quello che fa il filo a Bella da mesi, ormai >>
<< Sarà meglio per lui che si rassegni >> intervenne Bellatrix, storcendo il naso << Ha gli occhi troppo vicini, ed è troppo stupido >>
<< Ah, certo, tanto Madama può avere chi vuole >> scherzò Jane, invidiosa però della bellezza straordinaria e dalle forme della cugina. << Ma tanto lui non ti vuole, tesoro >>
<< Tsk, prima o poi anche quel deficiente del quinto si dovrà inchinare a me >> sbuffò Bellatrix << E’ solo questione di tempo >>
<< Lui… chi? >> chiese Andromeda, aprendo bocca per la prima volta, incuriosita ora dal discorso. << Rabastan Lestrange >> sospirarono in coro le quattro compagne di stanza di Bellatrix.
<< Oh, allora non sei muta >> constatò Bellatrix << Comunque questi non sono fatti tuoi, sorella, ficca il naso nelle tue faccende. >>
<< Ha anche un fratello, Rodolphus, è un anno più grande di te. Chissà… >> ammiccò Jane verso Andromeda.
<< Oh, taci. Quanto siete superficiali! >> sbottò Andromeda, strizzando gli occhi infastidita da quella affermazione.
<< Sei tu che puzzi ancora di latte, sorella >> scoppiò a ridere Bellatrix << Aspetta di crescere, e vedrai che non siamo superficiali. >>
<< Va’ al diavolo >> borbottò Andromeda, prendendo uno dei suoi libri di scuola ed iniziando a leggere.

Londra, 1 settembre 1964
Ore 12:00 a.m.



<< Saranno già arrivate? >> chiese Narcissa durante il pranzo. Ormai era rimasta sola con i suoi genitori e sentiva fortemente la mancanza delle due sorelle. Fin quando era stata via solo Bellatrix, aveva sempre Andromeda come compagna di giochi, ma adesso che anche lei era partita… era completamente sola, con i suoi genitori. E se si fossero dimenticate di lei?
<< Cissy, ce l’hai già chiesto ventidue volte. No, arrivano stasera. Capisco che ti mancano le tue sorelle, ma dovrai rassegnarti. Su, torneranno a Natale, non dovrai aspettare molto a lungo >> rispose Cygnus, pazientemente. Aveva ripetuto quelle parole altre ventuno volte e non sapeva quanta pazienza gli rimaneva.
<< Uffa però. Anch’io voglio andare ad Hogwarts >> mormorò Narcissa, finendo il suo piatto di minestra, anche se non aveva per nulla fame.
<< Beh, dovrai aspettare due anni >> replicò Druella, fredda e seccata << Non si ottiene nulla di buono, se non si aspetta almeno un po’. >>

Espresso per Hogwarts, 1 settembre 1964 Ore 03:00 p.m.< /i>



Andromeda era uscita nel corridoio per sgranchirsi le gambe, stanca del lungo tempo trascorso seduta nello scompartimento. Camminava sbirciando negli scompartimenti e sbattendo contro altri studenti. Era attonita, non aveva mai visto così tanti ragazzi in una volta sola, quel treno era così… confusionario.
<< Ehi, Lestrange! Rabastan! >>
Andromeda si voltò, curiosa di vedere il volto del prediletto di sua sorella. Attese che un ragazzo rispondesse e rimase profondamente delusa.
Rabastan era un ragazzo di stazza robusta, le spalle troppo larghe, i capelli scuri ricadevano disordinati sulla sua faccia tonda e snob. Non era certo il canone di bellezza di Andromeda, che si chiedeva come potesse un ragazzo simile. Al suo fianco c’era un ragazzino più basso, mingherlino e carino che gli assomigliava in maniera impressionante, senza dubbio Rodolphus.
<< Allora? Cosa c’è? >> chiese Rabastan, scortese.
<< Hai visto la Black? A quanto pare le interessi ancora >> rispose l’amico, con una risata.
<< Illusa >> sbottò Rabastan << E’ solo una bambina. >>
Andromeda sorrise contro ogni sua volontà, era contenta che finalmente sua sorella non ottenesse tutto quel che si desiderava con sorrisi e sbattere di ciglia, si vergognava di quel pensiero ma era la verità. E poi quella faccenda era stata urlata nel corridoio dell’Espresso… Tutta Hogwarts l’avrebbe saputo.
Raggiante, continuò a camminare per il treno, raggiungendo il vagone ristorante. Si sedette ad uno dei tavolini, consumando una bibita.
<< Scusa, possiamo sederci qui? >> chiese una ragazzina con corti capelli biondi, dietro di lei un’altra ragazzina di colore più bassa di venti centimetri, i capelli di media lunghezza raccolti in diverse e fitte treccine << Tutti gli altri tavoli sono occupati e… >>
<< Ma certo >> rispose Andromeda con un sorriso, felice di socializzare con qualcuno.
<< Io sono Wendy Smith, frequento il secondo anno, a Corvonero >> si presentò la bionda, sedendosi << E lei è Allyson Clark, mia compagna di camera >>
<< Andromeda, ma chiamatemi Meda, se volete >> rispose Andromeda, comprendendo al volo che le ragazze non potevano essere Purosangue: né i Smith né i Clark comparivano nell’elenco di Purosangue.
<< Non ti ho mai vista, frequenterai il primo anno immagino >> constatò Allyson, scrutando la primina a lungo.
<< Sì, infatti >>
<< Conosci qualcuno qui ad Hogwarts? Parenti, amici? >> chiese Wendy, vogliosa di conversare. << Per esempio noi non conoscevamo nessuno, siamo Babbane di nascita. >>
<< Oh, sì… Ho una sorella ed una cugina qui >> rispose Andromeda, sperando ardentemente che non le chiedessero i nomi, anche se ne dubitava. Non si vergognava dei suoi genitori o dei suoi parenti, si vergognava della loro fama e delle loro idee.
La sua speranza fu vana, così fu costretta a sputare i nomi << Mia cugina si chiama Jane Rosier e mia sorella è Bellatrix Black, Bella. Le conoscete? >>
I sorrisi scomparvero immediatamente dai visi delle due ragazze << Oh, sì che le conosco. Tua sorella si è particolarmente divertita a lanciarmi fatture lo scorso anno. Per un motivo sciocco, che a quanto pare voi idolatrate, la purezza del sangue >> sibilò Allyson << Andiamo, Wendy, credo che ci convenga cambiarci. >>
Andromeda rimase sola, con profondo risentimento nei confronti della sorella. Così lanciava fatture a chiunque non fosse Purosangue. Bella sorella che aveva.

Londra, 1 settembre 1964
Ore 06:00 p.m



Narcissa era seduta in giardino, sull’altalena, le mani strette attorno alle corde che la fissavano, le punte dei piedi che toccavano il terreno, un’espressione triste in volto. Quante volte aveva camminato in quel giardino con le sue sorelle? Quante volte Andromeda l’aveva spinta quando lei era seduta sull’altalena ed era troppo piccola per spingersi da sola? A quanti litigi fra Bellatrix ed Andromeda aveva assistito? Erano sempre state Bellatrix e Andromeda e Narcissa, ora invece era solo lei, Narcissa.
Cissy, la più piccola.Quella troppo piccola per salire sul treno che l’avrebbe portata dalle sue sorelle, che l’avrebbe fatto studiare la magia, che le avrebbe permesso di essere una vera strega. Quella troppo grande per essere spinta sull’altalena, per stare nel letto con la sorella che le raccontava storie se malata, per sentire la mancanza delle sorelle. Quella che poteva sopportare l’assenza delle sorelle, che poteva fare tutto da sola. Cissy Black.

Grimmauld Place, Londra, 1 settembre 1964
Ore 06:00 p.m



Regulus Black, che ormai era nato da un anno e mezzo, sgambettava per la stanza da letto dei genitori tendendo le braccia alla madre che era in uno stato di dormiveglia.
Sirius era seduto sulle scale e fissava la scena con astio. Da quando era nato quel bambino, sua madre pareva odiarlo ancora di più e di conseguenza lui odiava suo fratello. Odiava tutto di quel bambino, i capelli neri così simili ai suoi, la vocetta, le dita, il nome. << Regulus! >> lo chiamò, mentre una idea gli balzò in mente.
Regulus si girò verso di lui, e lo fissò. Poi però si rigirò verso la madre e si arrampicò sul letto, al suo fianco.

Espresso per Hogwarts, 1 settembre 1964
Ore 06:00 p.m.



Andromeda era nuovamente in giro per il corridoio del treno. Non sopportava le risatine stridule della cugina e delle sue amiche e non sopportava nemmeno l’aria fredda della sorella, aveva bisogno di fuggire. Si stavano avvicinando ad Hogwarts, lo Smistamento diventava sempre più imminente.
<< Ahia! Ma guarda dove vai! >> sbottò un ragazzino biondo, probabilmente anche lui per la prima volta ad Hogwarts. Indossava già la divisa, ma mancava il colore e lo stemma della sua Casa.
Andromeda si rese conto di star pestando allegramente il piede del ragazzino e si ritrasse, arrossendo << Io? Tu, piuttosto >> sbuffò, riprendendo a camminare, sempre più rossa in volto dalla vergogna.
Il ragazzino la guardò allontanarsi per qualche secondo, poi scosse il capo. Certo che ce n’era di gente strana in giro. << Di’ un po’! Non si usa più chiedere scusa? >> le urlò contro, ben poco propenso a lasciar perdere.
<< No, direi di no >> mormorò poi, quando Andromeda si voltò e lo fulminò con lo sguardo.

Grimmauld Place, Londra, 1 settembre 1964
Ore 06:15 p.m.



Walburga si svegliò all’improvviso quando sentì il pianto di un bambino. Aprì gli occhi e si alzò di scatto, uscendo dalla stanza. << Regulus? Sirius? >>
<< Sì, mamma? >> chiese Sirius, uscendo dalla stanza accanto con un’aria fin troppo angelica e assonnata.
<< Che cosa hai fatto a tuo fratello? >> domandò Walburga, l’espressione altera e le mani sui fianchi. Conosceva bene quella espressione angelica e sapeva che in realtà suo figlio aveva combinato qualcosa.
<< Io? Ma… mamma! Io stavo dormendo! >> rispose Sirius, falsamente accigliato.
Il pianto del bambino si era fatto più forte e Walburga corse di sotto, in cucina. Quando aprì la porta vi trovò Regulus a testa in giù spaventato e piangente, i piedi fissati con il magiscotch al davanzale della finestra, il viso imbrattato di colore.
<< Oh santo cielo, Regulus! >> esclamò Walburga, andando immediatamente ad aiutare il figlio minore << Buono, Reg, buono… >> mormorò, mentre lo cullava fra le braccia << SIRIUS BLACK! Maledetto disgraziato! >> urlò, avvicinandosi alle scale.
Sirius scese immediatamente, nascondendo un sorriso compiaciuto << Mi hai chiamato? >> chiese << Cosa è successo al mio fratellino? >>
<< Non lo immagini, eh! Tu non ne hai colpa, vero? >> sbraitò la madre, inferocita.
<< Beh… Boh. >> mormorò Sirius, indietreggiando. Odiava quando sua madre urlava, riusciva sempre a spaventarlo.
<< Ma questa è l’ultima! Giuro che è l’ultima che tu fai! >>

Hogwarts, 1 settembre 1964


Andromeda aveva appena preso posto sull’ultima barca per raggiungere Hogwarts, fissava l’acqua, ricordandosi che aveva letto da qualche parte che nel lago viveva una piovra gigante. Fissava gli alberi, ricordandosi però che nella Foresta Proibita vivevano creature di ogni sorta. Nulla in quel paesaggio riusciva a tranquillizzarla, era nervosa per lo Smistamento e lo sapeva, così come sapeva di non essere proprio quel che i maghi definivano “Black”. E se fosse finita a Tassorosso?
Tre figure corsero verso la barca, ma Andromeda non li notò nemmeno quando si sedettero, facendo oscillare pericolosamente l’imbarcazione.
<< Oh, miss Gentilezza. Ci rivediamo! >> commentò il ragazzo biondo che Andromeda aveva investito sul treno.
<< A quanto pare >> sibilò Andromeda, irritata. Quando era nervosa era sempre fredda ed antipatica, finiva per odiare le persone senza una buona ragione, ed ora odiava quel biondino.
<< Mi sa che ci tocca attraversare il lago insieme.>>
<< Però… sagace.>>
Il biondo sbuffò, innervosito dal comportamento della ragazza. Era lei che gli aveva pestato il piede, non il contrario! << Ad ogni modo, io sono Ted. Ted Tonks >>
<< Non me ne importa un accidente del tuo nome >> sbottò Andromeda << Taci, ora >>
<< Altrimenti? Cosa fai? Mi trasfiguri? >> rise Ted Tonks.
<< Ti affogo, ti butto nel lago, va bene? >>
La risata di Ted e degli altri due ragazzini si fece più forte, poi decisero di lasciarla perdere iniziando a parlare fra loro.
Andromeda trascorse in silenzio il resto della traversata e fu sollevata quando riuscì a scappare da quei tre ragazzini che parevano aver già legato fra loro, tuttavia quando si mise in coda per essere smistata si ritrovò il biondo dietro.
<< Oh, un’altra attesa con miss Gentilezza-e-Simpatia. Fantastico! >> esclamò falsamente allegro il ragazzo.
<< Andromeda! >> la chiamò Jane, seduta al tavolo di Serpeverde. La cugina si girò e lei la salutò con la mano, poi sorrise e le fece segno di vittoria, mormorando quel che sembrava un “vai e torna vincitrice”. Adesso anche Jane aveva delle aspettative su di lei, tutti si aspettavano di vederla a Serpeverde.
<< Andromeda? Che razza di nome è? >> commentò Ted, divertito.
<< E Tonks? Che razza di cognome è, eh? >> sbottò Andromeda, inviperita.
Ted aprì la bocca come per rispondere, ma non trovò nessuna parola e quindi tacque, desiderando dare uno schiaffo a quella ragazzina così antipatica.
<< E chiudi la bocca, sembri ancora più stupido così, sai? >> sibilò Andromeda, avendo ormai preso in antipatia quel biondino.
<< Black, Andromeda >>
Il cuore di Andromeda balzò in gola alla ragazza, toccava a lei, doveva essere smistata, doveva finire a Serpeverde a qualsiasi costo.
<< Black. Nero. Si addice al tuo carattere infernale, sai? >> commentò Ted << Ora capisco perché non ti presenti mai, non sei maleducata. Ti vergogni, e ti do ragione, con un nome e con un cognome così… >>
<< Va’ a quel paese >> gli disse Andromeda, facendosi strada fino al Cappello Parlante. Sospirò e si mise il Cappello in testa. Avrebbe atteso il suo verdetto, verdetto che sembrava non arrivare mai. Le sarebbe piaciuto finire a Corvonero, ma sapeva che la sua famiglia non l’avrebbe perdonata mai e poi mai. Le piaceva studiare, forse si sarebbe trovata bene in quella Casa. Oppure Tassorosso? Lei era anche leale, glielo dicevano tutti. Era leale e buona, forse era meglio Tassorosso di Corvonero. Ma si sentiva anche coraggiosa, quindi perché non Grifondoro? Sarebbe stato un bel colpo per la sua famiglia! Avrebbero capito che lei non era quel che credevano che fosse! Corvonero? Tassorosso? Grifondoro? Cosa era meglio per lei? Quale era la Casa che le si addiceva veramente? E se fosse stata Serpeverdere la Casa ideale per lei? Beh, se lo doveva aspettare, del resto era una Black e tutti in famiglia erano finiti a Serpeverde. Ma lei voleva essere diversa, sentiva che poteva finire in un’altra Casa, il suo posto non poteva essere a Serpeverde, insieme alla sorella. Lei era così diversa da Bellatrix! No, non voleva assolutamente finire a Serpeverde, ma le bastava anche solo sapere in quale Casa sarebbe finita. Il Cappello, tuttavia, non sembrava volersi sbrigare. Andromeda Black, studentessa di Corvonero. Suonava bene, molto meglio di “Andromeda Black, studentessa di Serpeverde”.
Lei voleva essere diversa dalla sua famiglia, ma allo stesso tempo non voleva deluderla. Sapeva che doveva finire a Serpeverde fosse solo per far contenta sua madre. Sì, si sarebbe dovuta rassegnare, era Serpeverde la Casa adatta a lei.
Bellatrix la fissava interdetta, erano più di cinque minuti che sua sorella indossava il Cappello Parlante e ancora non si era unita ai Serpeverde. Le era ormai spontaneo chiedersi se sarebbe davvero finita fra di loro o se in un’altra Casa. In questo caso, non l’avrebbe mai perdonata poiché avrebbe infangato per sempre il nome dei Black. A questo punto tanto valeva sposarsi un Mezzosangue o, peggio, un nato Babbano.
“Serpeverde, ti prego!” si ritrovò ad implorare Andromeda, pallida in viso. Respirava affannosamente, sudava. Lei doveva finire a Serpeverde per qualsiasi ragione al mondo!
“Ne sei sicura?” le sussurrò il Cappello Parlante.
“Sì, sì!”
<< SERPEVERDE >> annunciò il Cappello Parlante non essendo tuttavia del tutto convinto di quella scelta.
Andromeda sospirò e raggiunse la sorella, sedendosi accanto a lei e fissando il legno. Era finita a Serpeverde. Ma era finita lì per sua volontà o perché il Cappello aveva visto in lei le qualità dei Serpeverde? Aveva il terrore di scoprire la verità, lei non voleva essere come tutti i Serpeverde, eppure ora era una di loro. Era davvero un’altra rosa nera?

Note:
PiccolaVero mi aveva fatto sorgere il dubbio "E se Andromeda nella storia non è Serpeverde?" Io l'ho sempre immaginata a Serpeverde, anche perché Sirius dice "Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde" {Capitolo 33, Harry Potter e i Doni della Morte}. Ho controllato quindi su Wikipedia e sì, Andromeda è sempre stata Serpeverde. {Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Andromeda_Black#Andromeda_Tonks}
  
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