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Autore: Ciacinski    25/05/2014    3 recensioni
Chiunque potrebbe confermarlo, il concetto è molto semplice.
Di cosa sto parlando? Ovviamente della prima parola.
C'è stato per ognuno di noi un momento della vita in cui ci siamo trovati di fronte ad un foglio bianco, mentre tutte le idee fuggivano dalla testa, fermi a cercare di trovare una buona frase per cominciare.
Guardavi quella pagina immacolata, e non sapevi se odiare di più lei o te stesso, perché non sapevi trovare nemmeno un maledetto inizio decente.
Ti ricordi quella lieve sensazione di rabbia? Di panico?
Ecco, adesso pensa cosa significa la prima parola per una matita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia matita Storia di una Matita





Chiunque potrebbe confermarlo, il concetto è molto semplice.
Chiedete al primo che passa, ve lo confermerà tranquillamente. Scrittori, giornalisti, impiegati, medici, operai o netturbini che sia, tutti si sono trovati a dover affrontare questo problema.
Di cosa sto parlando? Ovviamente della prima parola.
C'è stato per ognuno di noi un momento della vita in cui ci siamo trovati di fronte ad un foglio bianco, mentre tutte le idee fuggivano dalla testa, fermi a cercare di trovare una buona frase per cominciare.
Nessuno sa quante occasioni sono state perse in questo modo. Potremmo esserci lasciati scappare un nuovo Dante, una rivoluzione della mentalità mondiale, o anche semplicemente una bella storia d'amore ( cosa c'è di diverso in una casella di testo da un foglio? )
Guardavi quella pagina immacolata, e non sapevi se odiare di più lei o te stesso, perché non sapevi trovare nemmeno un maledetto inizio decente.
Ti ricordi quella lieve sensazione di rabbia? Di panico?
Ecco, adesso pensa cosa significa la prima parola per una matita.

Emile era un pezzettino di legno. Un pezzettino di legno felice.
Ti starai chiedendo come può essere felice un pezzo di legno. Beh, non ho mai sentito parlare di legno triste; quindi posso dire che Emile fosse felice.
Non ne posso avere la certezza? Ti sfido allora a far conversazione con i pezzi di legno. Sono timidi, è difficile che parlino, specialmente di sé.
Ma torniamo a noi.
Emile aveva una famiglia numerosissima, tanto che per stare tutti nella stessa casa, lui e i suoi fratelli dovevano stringersi fino a sembrare un unico tronco.
Erano allegri e spensierati, tra loro volavano risate e la linfa, specialità di casa da generazioni, scorreva a fiumi. Per divertirsi, bastava poco: un po' di resina et voila, era aperta la caccia alle formiche. Non erano cattivi, non facevano male agli insetti volentieri, ma le formiche e le termiti ( oh, le infide!) andavano sterminate; c'era il rischio che si infilassero fra i fratelli e che li mordessero, causando sofferenza e devastazione.
Adoravano guardare quelle bestie contorcersi nella presa appiccicosa, cercando disperatamente di liberarsi, e invocare un aiuto che, per legge di natura, non sarebbe arrivato.
Loro, i legnetti, lo consideravano un divertimento, uno svago; a noi forse sembrerà un gioco troppo sadico, ma dobbiamo ricordarci che è di legno che stiamo parlando, dubito che a tale elemento venga impartita un'educazione.
I giorni per Emile trascorrevano lenti. Si facevano sempre le stesse cose, ma non diventavano mai noiose. Le faccende, i fatti, i discorsi si stratificavano gli uni sopra gli altri, come pagine di un libro,  La vita nella sua casa aveva ritmi diversi dai nostri; poteva passare un mese, e per lui sarebbe pesato come poche ore.
Eppure, Emile ricordò molto bene il giorno in cui arrivò la scimmia bianca.
Si, proprio così. Noi umani non siamo abituati a vederci con gli occhi di altre creature, ma solo perché non chiediamo mai la loro opinione.
Per un po' di ferro forse siamo dei mostri dotati di enormi fornaci.
Per un pesce forse siamo mollicci terrestri.
Per un paio di scarpe forse siamo dei disgustosi usurpatori.
Scommetto che un leone ci vede come cibo.
Non saprei dirvi cosa ne pensano costoro, ma vi assicuro che per i legnetti siamo scimmie bianche.

Arrivò dunque un giorno la scimmia bianca, e per arma brandiva una lattina. Una rossa e lucida lattina, con uno strano tappo di plastica sulla sommità.
Emile fu fortunato.
Non sapeva cosa fosse quella strana sostanza che usciva dal barattolo, ma sentiva i suoi fratelli tossire ed avvizzire a causa del veleno rosso che la scimmia stava spargendo.
Ben presto, sulla faccia della sua casa era stato disegnato un cerchio scarlatto, e il primate si allontanò.
Cercare di capire qualcosa era impossibile, tutti i fratelli erano nel panico, terrorizzati da ciò che era successo e intimoriti dal liquido sconosciuto, che colava lungo la corteccia ed andava ad imbrattare sempre più spazio.
Mentre il legno cigolava ( altro non erano che le sottilissime urla dei legnetti ) Emile non riusciva a far nulla.
Mai aveva visto un nemico tanto potente.

Contrariamente alle speranze di tutti, in seguito la scimmia tornò e, come se non fosse già stata abbastanza forte in precedenza, aveva portato i rinforzi.
Era solo un pick-up, un modello vecchio, un catorcio a tre ruote, ma quando ne scesero due scimmie ad Emile e i suoi fratelli fu chiaro cosa sarebbe successo.
Segarono via gran parte della famiglia, e quello che rimaneva lo lasciarono lì.
Cosa sia successo a quel mozzicone di tronco non lo so, ma mi piace pensare che il legno marcio offrì un'ottima dimora a dei funghi.
Emile venne diviso varie volte dai suoi fratelli: prima dovette dire addio a quelli rimasti a terra, poi a quelli dei rami, della corteccia e infine a larghe e lunghe porzioni di parenti, man mano ce il tronco veniva lavorato e ridotto in tavole.
Non voleva più assistere al triste, tragico, spettacolo della sua famiglia fatta a pezzi, e fu accontentato.
Emile finì tra le grinfie di una sega circolare.
Non morì.
L'effetto fu certo devastante, era stato ridotto a brandelli anche lui, ma che sensazione!
Era libero. Non c'era più alcun peso a tenerlo ancorato al suolo, nessun fratello a schiacciarlo, nessun corpo.
Emile era diventato segatura.
Che gioia librarsi in aria, in alto in alto, sempre più in alto, fino a toccare il soffitto!
Che goduria prendersi gioco di quelle orribili scimmie, sfrecciando tra i loro arti e disturbando il loro lavoro!
Che felicità adagiarsi al suolo per pochi secondi e poi ripartire sospinto da uno spiffero!
Per Emile, quelli furono giorni felici.
Era completamente dimentico delle sue origini ( in fondo, quanto può ricordare un truciolo? ) e le sue giornate erano puro divertimento. Volteggiava continuamente insieme ai suoi simili, e la sera si dormiva tutti vicini sul freddo pavimento della segheria.
Quando era un legnetto, Emile non si era mai posto il problema di quello che gli sarebbe successo dopo la morte: era una eventualità troppo remota per pensarci; meglio sterminare formiche intanto.
A quel punto invece, pensava fra sè e sè, non c'era più il bisogno di porsi il problema, tanto ormai era morto; il mistero dell'aldilà era bello che svelato. D'altra parte non si era nemmeno chiesto cosa succedesse a chi, al contrario, non era diventato segatura.
L'ho già detto che si era dimenticato della sua vita precedente?

La vita di Emile aveva preso una svolta molto inaspettata, perciò fu naturale che alcune cose fossero cambiate; come, ad esempio, la sua concezione di tempo. Da legnetto era tutto lento, la giornata scorreva via con il ritmo strascicato della linfa, tutto sembrava sempre immobile. Un truciolo vive non la giornata, addirittura l'istante.
Un momento sei qui, annidato fra i peli di una scimmia, il secondo dopo chissà; forse danzerai nell'etere con i tuoi amici, forse ti riposerai a terra, e sai che anche quell'attimo finirà in un battito di ciglia. Godi di ogni opportunità, di ogni cambiamento che porta un refolo d'aria.
Ma c'era un momento in cui anche alla segheria tutto si fermava.
Le seghe smettevano di ringhiare.
Le scimmie uscivano.
Il legno rimaneva ammucchiato.
Quel momento era la notte.
A quel punto, senza movimenti bruschi o spifferi a causare un minuscolo uragano, tutti i trucioli si adagiavano a terra. Tanti da formare un soffice tappeto, ognuno contento di poter languire sul freddo cemento insieme a chi si era  trovato casualmente vicino. Si auguravano la buonanotte, e cadevano in una specie di torpore, fino a che il rumore delle porte scorrevoli non li avrebbe destati.
Una notte, però, le porte non si chiusero.
Emile e gli amici segatura non si preoccuparono, non ne avevano il tempo mentre erano impegnati a volteggiare. Cominciarono a sentirsi spaesati solo quando una scimmia accese uno strano macchinario, che faceva tanto rumore, aspirava i trucioli a terra e non li faceva più uscire.
Fecero il possibile, per non essere presi: cavalcarono ogni corrente, cercarono di appoggiarsi in punti irraggiungibili, alcuni si nascosero perfino addosso alle scimmie, ma fu inutile.
L'aspirapolvere li risucchiò tutti.

Cominciò una nuova fase della vita di Emile.
Nuova, per modo di dire, non differiva poi tanto dalla prima, se vogliamo essere precisi.
Cosa successe, dunque, al non-più-così-felice truciolo?
Dopo essersi trovato pressato contro altra segatura per quello che gli parve un'eternità, ma che in realtà furono pochi giorni ( ricordiamo che il suo senso del tempo era cambiato ) venne aperto il sacchetto in cui si trovava, e fu gettato dentro un enorme ingranaggio giallo martellante.
Era molto confuso, non capiva quasi nulla di quello che gli stava succedendo, ma a quanto ho dedotto, era finito in una macchina per fare compensato.
Per questo motivo ho affermato che la sua terza evoluzione, se così la si può chiamare, fu molto simile alla prima. Era tornato ad essere parte di una tavola, pressato contro altro legno, e grazie a questo si ricordò anche delle sua vita nell'albero.
A discolpa del genere umano, bisogna anche dire che non tutto quello che era successo ad Emile era negativo. Certo, era stato separato dalla sua famiglia, ma aveva anche conosciuto il sapore della libertà e della spensieratezza. Un po' di dolore era un prezzo necessario per la conoscenza; non si scopre il fuoco senza rimanerne scottati.
Riprendiamo la storia.
La tavola di compensato passò di mano in mano, finché arrivò in un'altra fabbrica.
Qui, Emile venne tagliato nel modo opportuno, verniciato, adornato di una sottile striscia di metallo, di una estremità soffice, di scritte iridescenti, ma soprattutto, ad Emile venne data un'anima.
Andava d'accordo con quell'anima dura, un po' polverosa e tanto nera, tanto che in pochissimo tempo di vennero inseparabili. Il legno, con lei, si fece più sporco, grigiastro, ma in cambio lei divenne affilata, pronta a esprimere i muti sentimenti del suo amato.
Emile aveva incontrato chi lo avrebbe affiancato fino alla fine.
Era diventato una matita.


Ecco quello che mi raccontò Emile, non appena lo presi in mano con l'intenzione di servirmene per un appunto. Ci avreste mai pensato, voi, alla storia di una matita?
Io no, sinceramente.
Continuo segretamente, da quel giorno, a chiedermi cosa abbia vissuto ogni singolo oggetto, che esperienza da vecchio veterano possa esserci dietro una bottiglia o un rotolo di nastro adesivo. Non sempre riesco ad utilizzarli con la disinvoltura di un tempo.
Quel giorno mi rifiutai di mettere fine alla storia di Emile e la sua Mina. Li lasciai sulla scrivania, senza consumare nessuno dei due con scrittura o temperino.
Presi una penna, e scrissi la prima parola di questa storia.



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

  
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