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Autore: Michaelssmile    25/05/2014    4 recensioni
«A quanti anni hanno finito di raccontarti le favole, Skyler?» mi chiede sarcastico, tirando un calcio molto forte alla lattina, facendola finire lontano.
Il mio nome, pronunciato da quelle labbra così piene e apparentemente morbide allo stesso tempo, sembra mille volte più bello di quanto sia in realtà.
«Non ho mai creduto alle favole. In tutta onestà... mi ha sempre fatto schifo il lieto fine perché sapevo, già da piccola, che niente sarebbe mai andato come in quelle storie. Ora che ci penso... diamine, ero davvero noiosa da piccola» affermo, poggiandomi di schiena al tronco, con un sorriso.
Non ci posso credere, l'ho fatto ridere. Dopo qualche secondo riprende il suo zaino da terra e fa per andarsene, prima di girarsi, lanciarmi un'occhiata alquanto scettica e sostenere: «Non illuderti: porto solo a brutte esperienze».
Con un gesto del tuo istintivo, gli afferro il braccio e lo blocco a poca distanza di me. «No, sei solo una sfida e io non rifiuto mai le sfide».
Non so da dove mi sia uscito questo coraggio così improvviso, ma l'espressione incuriosita che gli adorna il volto ora mi suggerisce che, in fondo, non sia stata una cattiva idea.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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                                                                               1. Stupido, inutile Lunedì.



 
Strizzo gli occhi ripetutamente, cercando di coprirmi il viso con la mano dai raggi di sole provenienti dalla mia finestra, e mi chiedo, per l’ennesima volta, per quale assurdo motivo esista il lunedì mattina: perché deve esistere un giorno che non piace a nessuno? Qualche ora di sonno in più non mi sembra una richiesta così assurda.
Allungo il braccio verso il comodino e prendo il cellulare poggiatoci sopra; sbadiglio rumorosamente ancora un paio di volte, prima che lo schermo si illumini una volta per tutte, mostrandomi finalmente l’ora: le 7,30. Bene: non solo non ho alcuna voglia di fare qualcosa, ma ora devo anche darmi una mossa.
Faccio finta di non vedere i tre messaggi appena ricevuti, essendo già a conoscenza dei mittenti, e, dopo essermi messa l’anima in pace, decido finalmente di alzarmi.
Barcollo, ancora non completamente sveglia, mi gratto pigramente i capelli, e mi chiudo in bagno prima che qualcuno osi precedermi. Dopo aver svuotato la vescica, mi avvicino al lavandino e osservo la mia immagine riflessa nello specchio: con mia grande seccatura, noto di avere gli occhi come quelli di un panda - un po' per le occhiaie, un po' per il trucco rimasto da ieri - e i capelli completamente fuori controllo. Prendo due dischetti e dello struccante, iniziando a strofinare sulle palpebre, mentre sento mia madre al piano di sotto che prepara la colazione: in effetti, ora che ci penso, non mi dispiacerebbe mettere qualcosa sotto i denti.
Nonostante continui a strofinare per alcuni minuti, questo benedetto trucco sbavato non ne vuole proprio sapere di venire via. A mali estremi, estremi rimedi: apro l'acqua del lavandino, impugno di nuovo i dischetti e, con una forza degna di un wrestler, mi strucco come si vede. Mi verranno le guance rosse per la troppa irruenza, ma non mi importa: oggi non sono pronta psicologicamente per un ritardo a scuola. Una volta tornata di nuovo al naturale, mi sciacquo velocemente, do' una pettinata veloce ai capelli e corro in camera mia per vestirmi: non c'è niente di meglio che struccarsi energicamente la mattina per darsi una svegliata come si deve.
Afferro dei vesti dalla sedia sbadigliando e, nel momento in cui cerco di infilarmi disperatamente la felpa, sento mia madre urlare dal piano di sotto: «Skyler, il latte lo preferisci freddo o caldo?».
«Mamma, non faccio in tempo nemmeno a vestirmi! Fammi trovare un muffin all'ingresso come sempre, grazie!» urlo di rimando, sistemandomi i capelli al di fuori dell'indumento che ho appena indossato.
Non ce la farò.
Non ce la farò.
Controllo il cellulare... okay, ce la posso ancora fare. Tutto dipende se quel bradipo di mio fratello mi accompagna con la macchina. Provo ad infilarmi i jeans mentre corro in camera di Calum, e spalanco la porta senza nemmeno bussare. 
«Calum Thomas Hood, muovi quel culo! Mi serve un passaggio!» urlo, strappandogli la coperta di dosso.
Cerco di non assumere un'espressione di disgusto quando noto che è in boxer, e gli tiro i primi indumenti che mi trovo davanti.
«L'angioletto di famiglia se l'è presa comoda?» mi sfotte, afferrando i vestiti che gli ho lanciato addosso e indossandoli.  «Sinceramente, non vedo l'ora che inizi a frequentare il corso di guida».
«Se mamma mi desse il permesso, fidati: ora avrei persino la macchina» rispondo ammiccante, abbottonandomi i jeans.
Mio fratello mi rimprovera con lo sguardo ed io alzo le mani in segno di resa. So che ha ragione, visto che i nostri genitori si sono sempre fatti in quattro per non farci mancare nulla, ma alcune volte sento davvero il bisogno della mia indipendenza: non mi permettono di frequentare il corso di guida, non mi fanno stare a una festa oltre la mezzanotte, assumono sempre Calum per farmi da guardia del corpo. Va bene la famiglia protettiva, ma così sforiamo il ridicolo. In fondo, ho diciassette anni, e qui in Australia la patente si prende a sedici.
Esco dalla stanza di mio fratello per farlo vestire in pace, e ne approfitto per truccarmi, infilarmi le scarpe e leggere quei famosi tre messaggi lasciati a morire nel mio cellulare. Una volta essermi infilata le Converse, applico un sottile strato di matita nera nell'interno occhi e del mascara; dopodiché apro la casella dei messaggi, che ora sono diventati magicamente quattro, e subito leggo:
 

3 messaggi → Ash
1 messaggio → Mrs. McCall :
 
 
Leggo subito il buongiorno della mia migliore amica e lascio per ultimi quelli del mio ragazzo. Ashton Fletcher Irwin: migliore amico di Calum, insieme ad un altro ragazzo di nome Luke Hemmings, e mio fidanzato da oltre un anno e mezzo. Tutto iniziato “grazie” a mio fratello, che lo aveva aiutato a farsi avanti. All'inizio, nutrendo anch'io una piccola cotta nei suoi confronti, ero stata più che felice del nostro passo in avanti; ora, invece, sto seriamente pensando di non aver mai dovuto dire di sì. Passiamo praticamente ogni giorno a litigare, per un qualsiasi motivo, anche stupido. Stiamo prendendo le distanze da entrambi i fronti e credo di non poter nemmeno più sperare in una soluzione: ho iniziato a rinunciarci settimane fa. Sembriamo due marionette di una perfetta scenetta per bambini, sotto il comando della mia completa famiglia: mia madre è felice come una Pasqua da quando le abbiamo annunciato della nostra relazione, mio padre credo stia già organizzando il nostro matrimonio e mio fratello, avendomi affidata al suo migliore amico, non potrebbe essere più fiero di noi. Sono arrivata a pensare che, a questo punto, io e Ashton forse non stiamo più insieme per amore reciproco: bensì, per far contente altre persone.
Ieri pomeriggio abbiamo avuto la nostra ennesima litigata e, come sempre, lui è convinto che basti un semplice “scusa” accompagnato da un “buongiorno, cucciola mia” per sistemare le cose: la differenza? Questa volta non ho intenzione di cedere come una perfetta mollacciona.
La causa di questo distanziamento, secondo il mio modesto parere, è legata ad una persona ben specifica: la sua migliore amica Sarah - meglio conosciuta come “Miss Sembro-innocente-ma-sono-una-battona” - che, col pretesto di voler passare più tempo con il suo migliore amico prima che quest'ultimo si diplomi, gli sta appiccicata come una sanguisuga per tutto il giorno. Ho perso il conto di tutti gli appuntamenti rimandati, i passaggi magicamente dimenticati e le uscite sempre più brevi a causa di “contrattempi” che, casualmente, hanno sempre coinvolto anche la biondina in questione.
Ashton continua a sostenere che la mia gelosia sia del tutto insensata, sostenendo di amarmi come il giorno in cui mi ha chiesto di metterci insieme, ma, nonostante il mio continuo annuire e perdonare, sono sempre più convinta che, da un giorno all'altro, beccherò quei due in bagno a riprodursi. Ho sempre sopportato tutto perché, nonostante la sostanziale differenza da alcuni mesi fa, sento ancora un po' di fiducia nei confronti di Ashton, ma la presenza onnipotente di Sarah sta diventando sempre più pesante.
Decido di non rispondergli, e aspetto impazientemente l'arrivo di Calum, rigorosamente sotto le note di Halsey. «Everything is blue:
his pills, his hands, his jeans... » inizio a canticchiare, fin quando la figura di mio fratello sul ciglio della porta non mi fa sobbalzare sul posto.
«Mi scusi, Miss Halsey, ma la scuola ci aspetta» afferma sarcastico, mentre afferro la mia tracolla e lo raggiungo. Lungo le scale gli tiro un pugno leggero sul braccio, e ribatto: «Ma come siamo simpatici stamattina, eh, Thomas?»
«Almeno io ce l'ho un secondo nome, Miss Skyler Hood» riattacca, afferrando le chiavi dal mobile accanto all'ingresso e urlando un saluto ordinario ai nostri genitori.
«Touché» gli concedo, afferrando al volo il mio muffin e precipitandomi fuori. «Addio gente, ci si vede!».
Sia io che Calum ci avviamo a passo svelto verso la macchina e prego tutti i santi possibili di non arrivare in ritardo: questa ragazza non ha mai fatto tardi in quasi quattro anni di liceo e non voglio iniziare di certo proprio oggi. Mio fratello, invece, sembra la mia nemesi: va a scuola solo quando ha voglia, non studia mai, eppure, nonostante tutto, è stato sempre promosso e quest'anno, come se non bastasse, riceverà anche il diploma.
«Allora, come va con Ashton?» mi chiede all'improvviso Calum, continuando a tenere lo sguardo sulla strada.
Assumo un'espressione accigliata nel momento in cui finisce di parlare, e mi giro a guardarlo con un sopracciglio alzato: mio fratello non si è mai preoccupato più di tanto della relazione tra me e il suo migliore amico. Non perché non sia protettivo: semplicemente, ha sempre dato per scontato che vada tutto bene, vista la completa fiducia nei suoi confronti.
«Tutto bene» rispondo, leggermente a disagio, prima che mi si accenda una sorta di lampadina nel cervello. «Aspetta un attimo: ti ha chiesto qualcosa di me?»
Sarebbe tipico di Ashton spifferare tutto agli altri, ma non affrontare mai nulla con la diretta interessata. Il silenzio di Calum non fa altro che confermare la mia ipotesi e, ormai arrivata al limite della sopportazione, mi copro gli occhi con le mani. «Ti prego, dimmi che è uno scherzo».
«Sky, è solo preoccupato per te» risponde mio fratello, in tono protettivo.
Scuoto la testa, non sapendo davvero come reagire. Possibile che, a diciotto anni suonati, quel ragazzo continui ad essere così immaturo? Perché nascondersi dietro le gambe degli altri ed ottenere “informazioni”, piuttosto che affrontare la sottoscritta? Perché non dimostrarmi davvero di voler trovare una soluzione ai nostri problemi?
«Certo, perché, ovviamente, è sempre colpa mia se litighiamo o succede qualcosa» rispondo sarcastica, iniziando a mordicchiarmi una pellicina sul pollice.
«Non ho detto che ha ragione; mi ha solo chiesto cos- » ribatte Calum prontamente, cercando di risanare alla bomba che ha appena lanciato. Dopo questo episodio, sono quasi convinta che mio fratello non si azzarderà più a toccare l'argomento.
«Sai cosa?» lo interrompo, serrando la mascella. «Non lo voglio nemmeno sapere: me ne sbatto altamente di cosa pensa o di cosa ti chiede o dice, quindi evitiamo di ricadere di nuovo nell'argomento, se non ti dispiace».
Scendo dall'auto non appena si ferma nel parcheggio della nostra scuola e, proseguendo come una furia verso l'entrata, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di girarmi verso mio fratello: litigare con lui mi ha sempre fatto male, ma ora, diamine, sono stanca di essere considerata sempre la colpevole impazzita.
Proseguo spedita verso il mio armadietto, non molto lontano dall'entrata, e prendo subito i libri per le ore scolastiche; l'odio che ho provato nemmeno un'ora fa per il lunedì non è niente in confronto a quello che sto provando adesso. Ecco come rovinarmi la giornata: parlare incessantemente di Ashton e della nostra relazione che, poco a poco sta finendo, sempre di più nello scarico del cesso. So che le cose non vanno bene; sentire i pareri degli altri al riguardo è l'ultima cosa che mi serve al momento.
Mentre cerco in tutti i modi di non strappare il libro di fisica per la troppa rabbia, la campanella dell'inizio delle lezioni suona e io sono costretta a darmi una mossa; strano che Kayla non mi abbia ancora raggiunta, ci manca solo che non venga oggi. E per fortuna che non ho ancora incontrato né Ashton, né mio fratello o Luke: con l'istinto omicida che sto provando ora, sono più che convinta che non sarei cosciente delle mie azioni, se solo provassero ad accennare un saluto innocente.
Visto che la prima ora del lunedì l'ho sempre avuta in comune con Kayla, spero che sia già in classe e, con passo deciso, mi avvio verso l'aula di francese. Entro subito per non subire richiami, ma, più mi guardo in giro, e più posso constatare che, in realtà, la mia migliore amica non c'è: magnifico, giornata da sola in una classe di idioti pervertiti.
«Bonjour» esclama la professoressa, facendoci mettere sull'attenti.
«Bonjour prof. Joelle» rispondiamo noi in coro, giusto per farla contenta.
«Prima della lezione, volevo avvertirvi di una cosa: da oggi avrete un nuovo compagno di classe» ci informa, sorridendo, mentre le pettegole di classe iniziano a bisbigliare tra loro.
In effetti è abbastanza curioso: siamo già a Marzo, con quasi due mesi di scuola alle spalle. Mi guardo intorno anch'io, abbastanza spaesata, fin quando la professoressa non ci “illumina” con la risposta a tutte nostre domande silenziose. «So che è una cosa inusuale, ma ha appena cambiato scuola. È di un anno più grande rispetto a voi: dovrebbe frequentare l'ultimo anno, solo che non potrà affrontare l'esame di maturità, visto che è appena arrivato. Per questo motivo inizierà con voi questa nuova esperienza. Garçon Clifford, prego, entri pure».
Subito dopo, la porta è attraversata da un ragazzo molto particolare: è vestito tutto di nero, con degli occhi chiari abbastanza grandi, labbra altrettanto grandi e rosse, i capelli sono bianchi con una striscia nera spessa nel mezzo. Indossa una canotta nera con il logo dei Rolling Stones, una camicia rossa a quadri sopra, dei jeans neri né troppo attillati, né troppo larghi e degli anfibi normalissimi. Solo quando si posiziona davanti alla cattedra, mi rendo conto che assomiglia ad un perfetto punk, con l'unica differenza di non possedere nessun piercing, fatta eccezione per gli orecchini.
Sembra un cucciolo smarrito, a contrasto con la profonda determinazione nascosta sotto quelle iridi verde chiaro, e, nonostante non sia nemmeno il momento giusto per pensare a certe cose, devo ammettere che è proprio un bel ragazzo.
«Lui è Michael. Come vi ho già spiegato, ha appena cambiato scuola e sono più che sicura che qui si troverà benissimo. Michael, allora, hai qualcosa da dire?» lo incita la professoressa, prima che lui la guardi con un sopracciglio alzato.
«Immagino di no» aggiunge la prof, imbarazzata, e invitandolo a scegliersi un posto.
Senza spiccicare parola, si avvia verso un banco vuoto nell'angolo più lontano della classe, vicino la finestra, e si comporta come se tutti gli altri non esistessero. Riesco a capire quanto sia difficile il dover frequentare una nuova scuola, con nuove persone eccetera, però mi sarebbe piaciuto, quanto meno, sentirlo parlare. Non so nemmeno io per quale motivo ma, anche se solo per un attimo, il paragone tra lui e Ashton si fa spazio tra i miei pensieri, in maniera quasi insistente: il mio ragazzo avrebbe approfittato della presentazione per fare qualche battutina insulsa o per strappare un sorriso a tutti; lui, invece, è rimasto impassibile.
Senza farmi vedere dalla prof, ma soprattutto dal diretto interessato, lancio occhiate curiose al nuovo arrivato per osservarlo meglio e cercare di farmi un'idea: è seduto sulla sedia con una leggera gobba, con il cellulare nascosto nell'astuccio e i capelli tutti scompigliati. Mi sto seriamente chiedendo se si sia guardato allo specchio, prima di uscire di casa.
Non sembra pericoloso, affatto. Sembra solo... perso. Estremamente perso.
Mi accorgo di star rivolgendogli troppa attenzione solo quando alza lo sguardo verso di me e io sono costretta a girare di colpo la testa verso la professoressa: ho appena fatto la mia prima figura di merda con il nuovo arrivato, bene.
Per il resto della lezione non lo degno di uno sguardo, nonostante la voglia di farlo mi stia divorando lo stomaco, e cerco di seguire, anche se con scarsi risultati. Ho già visto dei punk prima, ma mai nessuno con quello sguardo così determinato, ma impaurito al tempo stesso. Per quei pochi istanti in cui sono riuscita a guardarlo, mi è quasi sembrato di vedere le sue iridi come divise in due.
Mentre penso distrattamente al nome delle tonalità di verde degli occhi di Michael, il suono della campanella si fa largo tra le mura, facendomi subito preparare per andarmene. Mi dirigo a passo svelto verso il mio armadietto. ma, a quanto pare, oggi deve essere la mia giornata no.
«Amore!» esclama Ashton con un sorriso, non appena mi vede arrivare.
Ha sempre avuto un sorriso bellissimo, e quello di adesso non è da meno: peccato che sia così arrabbiata da non riuscire a rimanere incantata. Preferisco non rispondere e, facendo finta che non esista, cosa molto difficile visto che ora si è avvicinato, rimetto a posto i libri.
«Sky, andiamo! Sei ancora arrabbiata per Sarah?» dice sbuffando, quasi fosse scocciato dall'argomento che lui stesso ha tirato in ballo.
«Io? Ma quando mai. Sai com'è: tra poco ti accompagna anche in bagno per mantenerti la carta, ma ormai è tutto fin troppo normale!» rispondo sarcastica, sbattendo con rabbia l'anta di metallo alla mia destra.
«Devo ripetertelo in giapponese che amo solo te?! Okay! 私はあなたのみを愛します» risponde ad alta voce, pronunciando alla perfezione una frase in giapponese. Peccato che io non sia mai andata in Giappone e non abbia la più pallida idea di cosa ha appena detto.
«Eh?» chiedo accigliata, sperando che non mi abbia insultata senza che io lo sappia.
«Mia sorella sta frequentando un corso... e comunque ho detto: amo solo te! Perché nella nostra lingua non sembra che tu lo capisca!» risponde, sempre sbuffando, e facendomi perdere ancora di più la pazienza.
Chiudo gli occhi, facendo un bel respiro, prima di poggiare una mano sul suo petto e affermare, con tono sempre più duro: «Senti: oggi è una giornata di merda e non ho la minima voglia di litigare con te. Se non riesci proprio a resistere senza trattare questo argomento, allora parlane con i tuoi compari o con chi vuoi tu. Io sono offline oggi, chiaro?! E, visto che ci sei, riferiscilo anche a mio fratello e a quell'altro!». Così concludendo, lo spingo leggermente all'indietro con la mano, e ritorno sui miei passi lungo il corridoio.
Prima la discussione con Calum, poi l'assenza di Kayla come supporto morale e, come ciliegina sulla torta, il confronto con Ashton:  non sono Wonder Woman, non posso affrontare tutto questo in meno di tre ore.
Sollevo lo sguardo qualche secondo dopo, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima rendermi conto di chi ho poco distante: ragazzo nuovo a ore due. È appoggiato di schiena alla fila di armadietti con una gamba piegata e indossa delle cuffiette nere; la musica rock-metal si sente persino da dove sono io, e aggiungerei che non avrebbe potuto scegliere genere musicale più adatto a lui. All'improvviso un pensiero, magari addirittura stupido, si materializza nel mio cervello: e se mi andassi a presentare? Non ci sarebbe nulla di male, anzi: riuscirei persino a mostrarmi educata. Anche se, riflettendoci meglio, è più facile  a dirsi che a farsi: dal primo momento in cui l'ho visto, ho capito immediatamente di trovarmi davanti ad un ragazzo capace di mettere in soggezione con un solo sguardo. E la sensazione di disagio che ne deriverebbe la sto provando in questo momento, alla sola ipotesi che possa guardarmi e io non sappia cosa dirgli effettivamente.
Smettendo di pensarci fin troppo, alla fine prendo un bel respiro e mi avvicino, ma, proprio mentre sto per sorridergli e presentarmi, un ragazzo di corsa mi sbatte vicino, facendomi cadere letteralmente per terra stile pera. Finisco con la faccia sul pavimento proprio davanti ai piedi di Michael, ma, al contrario di quello che potrebbe succedere in un perfetto film americano, nessuno si decide a darmi una mano. È come se fossi invisibile per tutti, molto strano dato che l'anno scorso io e Ashton siamo stati eletti “Principe & Principessa” del ballo studentesco. Neanche il ragazzo nuovo sembrerebbe interessato alla mia caduta di faccia: si limita a lanciarmi un occhiata impassibile, e ad andare a via come se nulla fosse.
Posso dichiarare ufficialmente che le giornata di oggi non potrebbe andare peggio di così.

 






 




SALVE A TUTTI!
Questa è la mia primissima storia e devo ammettere che sono un po' emozionata. Ho deciso di scriverla perché sento di dover rappresentare me stessa, e spero davvero che sia di vostro gradimeno :)
La trama sarà un po' diversa rispetto alle altre, e spero che questo sia un punto a mio favore.m M piacerebbe che mi faceste sapere cosa ne pensate :) grazie a tutti <3
Tanto love.

*La Ragazza Invisibile*

  
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