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Autore: Hi Fis    25/05/2014    1 recensioni
Epilogo delle avventure del Comandante Hayat Shepard, dieci anni dopo gli avvenimenti di Mass Effect 3, e protagonista dei miei precedenti racconti relativi a Mass Effect. Non è necessario aver letto le mie fiction precedenti, perché il prologo conterrà una breve descrizione della protagonista.
Multipli comprimari, un nuovo personaggio, varie scene. A tratti AU.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Il mio nome è dottoressa Elea Megara, figlia della matriarca Aethyta Megara e di Danza con la Corrente. Io sono la zia dell'Asari che stai per prendere come compagna: se non ti impegnerai a renderla felice nei prossimi secoli, puoi considerare la tua specie estinta.
Dottoressa Elea Megara, discorso di addio al celibato di Urdnot Grunt.
 
 
"È davvero molto spaziosa." disse Elea, seguendo Shepard mentre faceva strada a lei e a Liara attraverso i corridoi della nave.
"Ed è un bene o un male?" chiese Hayat di buon'umore.
"Un bene ovviamente: è la prima volta che non mi sento a disagio su una nave spaziale. Ma forse è merito dell'adrenalina..."
"Non ti piacciono le navi, Elea?" le chiese Liara.
"Sono claustrofobica." Ammise la dottoressa: "Di solito mi faccio prescrivere un narcotico durante i viaggi interstellari."
"Oh..." disse Shepard, fermandosi di botto: "Mi dispiace. Non c'era sulla tua cartella medica: se l'avessi saputo, avrei organizzato la tua visita diversamente..."
"Non è così grave..." la interruppe Elea: "È solo claustrofobia. Fino a quando non ci sono spazi troppo chiusi, non c'è problema."
"Immagino che tutti abbiano le loro paure: a me non piacciono gli Yagh, per esempio..." spiegò Liara.
"Yagh?"
"... è una lunga storia." disse Liara mordendosi il labbro inferiore.
Ormai la dottoressa cominciava a farci l'abitudine: era naturale che ci fossero un sacco di cose da raccontare, sopratutto in una coppia come quella fra Hayat e Liara. Ma non era ancora il momento giusto per fare quelle domande: meglio fingere di non comprendere tutte quelle implicazioni... almeno per il momento.
"Anche Shepard ha le sue fobie?" chiese invece.
"Certamente. E ti prego chiamami per nome: per quel che la Galassia crede, il maggiore Shepard è ancora MIA. Lasciamola al suo riposo..."
"...E quale sarebbe?" chiese Elea: alla sua domanda Liara storse la bocca, in un'espressione che alla dottoressa ricordò molto Aethyta.
"Ho detto di avere le mie fobie... non ho mai detto di sapere qual è." rise Shepard: "Immagino che nell'universo, da qualche parte, ci sia qualche animale o creatura che può spaventarmi solo per il fatto di esistere. Solo che non ha ancora deciso di farci incontrare."
"Con mio disappunto, è la verità, Elea." commentò Liara alla domanda inespressa: "Hayat non ha paura di nulla..."
"O forse non so di cosa ho davvero paura..." abbozzò Shepard afferrandosi la base del collo in un gesto imbarazzato e affiancando le due Asari: con Urz a pedinarle formavano un ben strano corteo. Il cane pesce si teneva ad una distanza tale che perfino Eela non aveva niente da ridire, anche se sotto la luce impietosa della nave, la dottoressa aveva dovuto ammettere che era davvero brutto a vedersi: la pelle spessa come cuoio del Varren era coperta di cicatrici e sfregi. Con una stazza di almeno centotrenta chili, Urz non contribuiva ad ispirare particolare fiducia.
"...Comunque: c'è un detto umano, riservato solo agli amici più cari, che dice: la mia casa è la tua casa, Elea." disse l'umana, sottolineando il tutto con un gesto del braccio sano.
"Temo che non potrei mai amare una nave fino a questo punto... non vi manca la terra sotto i piedi?"
"Ammetto che ero scettica anch'io all'inizio, ma Hayat mi ha fatto ricredere: con una casa sei legato ad un pianeta. Con una nave spaziale hai ogni pianeta a disposizione: quando le piccole saranno cresciute abbastanza da aver bisogno di una educazione accademica, allora decideremo cosa fare."
"E anche in quel caso, i programmi di educazione virtuale non sono così male: hanno funzionato bene, non è vero?"
"Troppo bene." rispose Liara con un sorriso: "Non ricordo di aver aperto un libro di biologia prima dei venti anni..."
"Biologia..?"
"È solo un programma interattivo intitolato Le avventure di Perry il Pyjack..." la rassicurò Shepard. "Pieno di figure, per avvicinare i bambini alla scienza. L'ultimo ricordo di Mordin..." Hayat si interruppe con un sospiro triste, abbastanza repentinamente da incuriosire Elea.
"Mordin...?"
"Mordin Solus: è stato lo scienziato che si è sacrificato per mettere fine alla genofagia ed un caro amico. Un tipo strano, assolutamente geniale anche per un Salarian: tramite l'STG, dopo la sua morte mi ha fatto avere una collezione di programmi educativi e di ninna nanne ritmate sugli amminoacidi. Fra tutti noi dell'equipaggio della Normandy, era forse quello che vedeva più lontano..."
Liara appoggiò una mano sulla spalla di Hayat: con quel semplice contatto fisico, la tristezza scomparve dal volto del comandante. Elea cominciava a capire cosa Hayat intendesse quando le aveva detto che era stata salvata da Liara.
"Bando alle tristezze: vieni ti faccio strada." disse Shepard dirigendosi verso un portellone semicircolare in fondo al corridoio: "...Oasi è una nave piuttosto essenziale. È lunga 700 metri, ma ha solo cinque ponti." Il portellone si aprì davanti a loro, mostrando un lungo corridoio uguale a quello che stavano percorrendo.
"...Questo ponte è il secondo: ora stiamo percorrendo il corridoio di raccordo fra l'osservatorio di prua e l'area abitativa. Sopra di noi, al ponte uno, abbiamo sistemato dei laboratori per l'osservazione astrometrica e l'analisi di campioni biologici e geologici: tutto quello che può servire ad una nave che passa molto tempo nello spazio profondo per soddisfare curiosità scientifiche. Parte dei dati che raccogliamo sono poi ceduti ad istituti di ricerca interstellari e ci aiutano a pagare le spese."
"La S&T sopperisce il resto." Interloquì Liara.
"...Sotto questo ponte ci sono la sala macchine, letteralmente il cuore della nave, il giardino, che occupa un ponte a se, e nel segmento caudale la stiva e l'hangar navette."
"Il giardino?"
“Vedrai..." disse Hayat.
"E l'equipaggio?" chiese Aela: anche percorrendo quel lungo corridoio, non avevano ancora incontrato nessun altro.
L'umana rispose dopo un momento:
"...Non c'è un equipaggio, ne una sala comandi: Apostata svolge funzioni di mozzo a bordo, ma la nave non ha bisogno di essere governata."
"Com'è possibile?"
Hayat si voltò verso di lei, battendosi i bottoni metallici che aveva sulla tempia con la protesi:
"Queste protesi... tutte loro arrivano molto più in profondità di quanto io stessa mi aspettassi. Una parte di esse, e nemmeno la più importante, è una componente hardware che si comporta come una greybox. Ovvero una parte in più del mio cervello."
"Sono piuttosto convinta che le greybox siano illegali..." anche se il suo campo di specializzazione era la biologia marina e l'oceanografia, Elea conosceva il dilemma etico rappresentato dalle greybox: impianti sinaptici in grado di sostituire parti danneggiate del sistema nervoso, si prestavano fin troppo facilmente ad abusi, perché davano alle menti organiche doti che dovrebbero appartenere solo alle macchine.
"Lo sono. A mio avviso per motivi futili, ma non sta a me giudicare. Tuttavia, le leggi del vecchio Consiglio o del Patto non si applicano a coloro che me le hanno date." finì Hayat agitando la sua mano di metallo.
"Geth?"
"Santo cielo, no!" rispose Shepard agitata. " Ma è una storia molto lunga e... te la racconterò quando ci conosceremo un po' meglio: non penso di essere ancora pronta. Non è qualcosa di facile da condividere: nemmeno le bambine sanno tutta la storia."
"Nemmeno io so tutta la storia." fece eco Liara: un'espressione ferita passò da Shepard alla sua compagna: "Mi manca il finale."
"...Nemmeno io lo conosco: e non voglio saperlo." disse Hayat in un sussurro.
"Ahhh: sembra che qualcosa alla fine ti spaventi, mia dolce Hayat." disse Liara, prendendole il viso tra le mani e assaggiando le sue labbra, in un gesto così deliberatamente vorace, da poter essere definito carnale.
Elea decise di intervenire con un colpo di tosse quando vide gli occhi di Liara farsi neri: poteva essersi quasi abituata ad avere una sorella, ma l'idea di assistere ad un suo gesto così intimo e con il famigerato Shepard per di più...
"Ahem... sembra che abbiate fatto davvero fatto una missione quella di sconvolgermi." disse l'Asari, ammirando insistentemente il corridoio spoglio.
"Ops. Devi scusarmi Elea, ma ci stiamo disabituando a stare in mezzo alle persone."
"E non aiuta il fatto che ogni volta sia come incontrare la Dea sul fondo cieco di un vicolo buio... prima che ti stringa al muro." aggiunse Liara con un'espressione languida e sognante.
Elea e Hayat diventarono della stessa sfumatura porpora, mentre Liara li precedeva, quasi danzando sulle punte dei piedi.
"...Abbiamo un pianoforte su questo ponte." disse Shepard a voce bassissima, in modo che solo Elea la sentisse: "Non chiedermi di suonarlo. Vedermi suonare le toglie tutti i freni inibitori."
Elea non ebbe bisogno di rispondere: il suo sguardo fu più che eloquente.
"Cosa aspettate?" li chiamò Liara di fronte a loro.
"...Temo di aver perso il filo del discorso: cosa stavamo dicendo?"
"Hayat ti stava raccontando dell'equipaggio della nave e della sua greybox..."
"Ah! Sì, giusto... dunque queste nuove parti di me mi permettono in pratica la connessione con qualsiasi sistema computerizzato nel raggio di cinquanta metri." le disse l'umana, facendosi improvvisamente più seria: "Sono io a governare Oasi, attraverso una IV che è una copia di alcuni miei percorsi sinaptici. In poche parole, la nave sono io, Elea."
Non appena finì di parlare, muretti di ostacolo uscirono dai loro scomparti nelle paratie, formando un labirinto che avrebbe rallentato chiunque avesse cercato di percorrere il corridoio: una trincea a scomparsa e un'utile difesa. In pochi secondi, tutte quelle barriere erano nuovamente sparite.
"... Piuttosto inquietante." la curiosità di Elea per la provenienza di una simile tecnologia era scemata del tutto: qualcosa le diceva che la risposta non le sarebbe piaciuta.
"Non sai davvero quanto, Elea." le fece eco Liara.
Nel frattempo, erano arrivati ad uno slargo del corridoio, che terminava in una stanza circolare con una piccola aiuola fiorita al centro, circondata da divanetti. Elea rimase interdetta per un momento da quel particolare: uno spettacolo simile non era comune su una nave spaziale. Eppure, un piccolo cespuglio di una pianta molto profumata che l'Asari non conosceva, offriva riparo ad una dozzina di rose gialle, disseminate nel vascone circolare. Liara e Hayat rimasero in silenzio, mentre Elea osservava anche il resto del salone: l'ambiente rimaneva essenziale, ma qui la dottoressa cominciava a notare elementi indubbiamente più... casalinghi. Sul perimetro della stanza, forse dieci metri di diametro, Elea contò una ventina di portelli, distinti dalle pareti perché segnati con due virgole di vernice nera su ogni anta.
Elea osservò anche mobili, settimanali e tavolinetti addossati alle pareti, cercando di far coesistere assieme lo stile umano ed Asari: almeno, Elea pensò che i tavolini bassi e squadrati, poggiati su quattro gambe curve, dovessero essere umani. Il pavimento invece era coperto da tappeti, un po' più pregevoli di quelli di vimini che aveva calpestato fino a quel momento.
Sopra i mobili della stanza, o impilati ordinatamente contro le pareti negli spazi liberi, erano appesi in disordine alcuni quadri, che raffiguravano soggetti assolutamente disuguali: Elea provò ad avvicinarsi ad uno di essi e confermò che non erano ologrammi o stampe, ma veri e anacronistici quadri dipinti a mano sulla tela.
Quello che stava guardando raffigurava una creatura colossale, una specie di enorme lucertola alata, coperta di scaglie nere: la creatura scrutava lo spettatore con uno sguardo feroce, sottolineato dai suoi occhi violetti, disuguali come quelli di Hayat. Una figura molto più piccola, femminile, ma dai lineamenti falsati dalla luce di cui sembrava essere fatta, appoggiava una mano sul mento della creatura, quasi a trattenerla: ai loro piedi, una coda spinata e squamosa copriva cinque uova d'oro, in un gesto chiaramente protettivo.
"Sono opera di Apostata e di Sihaya." spiegò Hayat.
"...Il Geth dipinge?"
"Tecnicamente sì." disse una voce sintetica alle sue spalle, preceduta dal sibilo di cardini pneumatici.
Voltandosi, Elea notò tre Geth gemelli color cobalto, che reggevano fra le mani una tela ancora fresca di pittura e tutto l'occorrente per dipingerla, compresi alcuni pennelli ancora sporchi: da dietro la coscia di uno di essi, si sporgeva timidamente un'altra piccola Asari.
"...Tuttavia, siamo ancora incapaci di produrre soggetti originali: le nostre sono semplici reinterpretazioni di opere di altri artisti del passato. La signorina Sihaya ci è essenziale nel processo di selezione dei soggetti delle tele e nella loro composizione."
"Quanti siete?" chiese Elea interdetta, guardando i tre Geth.
"Specificare." ripose uno di essi.
"Apostata ha diciotto corpi, divisi in gruppi." spiegò Shepard.
"Diciotto...?"
"Corretto dottoressa Megara: ad ogni colore corrisponde un indirizzamento ed un'area d'impiego. Queste tre piattaforme sono cinque di quelle usiamo per interfacciarci con voi organici, dotate della più alta capacità espressiva fra tutte. Quattro, di colore onice, sono adibite al nucleo della nave, pronte a sostituirsi ai controlli nel caso di un malfunzionamento, fino ad ora mai avvenuto. Altre tre piattaforme di colore giallo sono preposte ai compiti di manutenzione e pulizia. Le ultime sei, di colore rosso, risiedono nell'hangar navette e nella stiva: rifornimento, eventuale difesa interna e squadra da sbarco."
"..."
"...Credo che le hai fatto paura, tata." disse la piccola Asari dietro al Geth con una vocetta sottile. Tutti i robot, tranne quello che le offriva riparo col suo corpo, voltarono la testa per osservare la bambina in un unico gesto sincronizzato:
"Noi non comprendiamo il perché, signorina Sihaya." disse uno dei Geth.
Staccandosi dal gruppo, il droide con in mano il quadro si avvicinò alle pareti, sostituendo una delle tele con quella che aveva in mano: uno straccio coprì la vecchia, che venne impilata a terra con le altre. Liara e Hayat si avvicinarono per vedere meglio: suo malgrado, e con sua stessa sorpresa, Elea le seguì.
Il soggetto centrale della tela era un albero senza foglie, dipinto solamente con toni oro e lievemente stilizzato: stranamente era anche il meno importante. I veri protagonisti del quadro rimanevano ai due lati: erano Liara e Hayat, con strane vesti fluenti come coperte, che si guardavano dai due lati della tela: Liara indossava un vestito con fantasie di cerchi, mentre Hayat ne aveva uno simile, solo con dei triangoli nella trama del tessuto. Tutta la tela era dipinta in sfumature d'oro, perfino Shepard e Liara.
"Gustav Klimt?" chiese Hayat al Geth, mentre questo faceva un passo indietro per osservare la sua opera.
"Sì. Una rielaborazione dell'Albero della Vita. Originale realizzato nell'anno 1905 del calendario terrestre, olio su tela: abbiamo cercato di imitarne le sfumature."
Hayat batté una mano sulla spalla del Geth in un gesto complice.
"La signorina Sihaya ci è stata indispensabile."
"Ancora non riesci ad elaborare un soggetto da solo?" chiese Liara.
"No." Elea credette di percepire dello sconforto nella voce del Geth: "Continueremo a provare." concluse il Geth serafico.
Nel breve silenzio che seguì, la voce di Sihaya colse Elea di sorpresa:
"Sei più alta di quanto mi aspettassi, zia."
La dottoressa osservò la piccola Asari che l'aveva chiamata zia: era molto simile alle sue sorelle, ma a differenza di loro, Elea percepiva in lei una mente più quieta.
"...Posso chiamarti zia?" chiese quasi sovrappensiero, uscendo da dietro il Geth, ma tenendo una mano sui cavi della coscia. La piccola Asari era vestita con una tuta bianca fatta di uno strano misto di diversi strati di fibre sintetiche, così tipico fra gli equipaggi a bordo delle navi spaziali: era pratico, ma sembrava caderle addosso. Sparse su quel misto fra un pigiama e una tuta da combattimento, Elea notò macchie di vernice colorata un po' ovunque.
"Certamente." disse la dottoressa sedendosi sul pavimento, in modo da avere gli occhi quasi al suo stesso livello: "Tu devi essere Sihaya."
La piccola Asari annuì con la testa.
"Io sono Elea Megara, figlia della matriarca Aethyta Megara, tua nonna." In una specie come quella Asari, in cui i vincoli familiari erano molteplici e interconnessi, presentarsi anche col nome del proprio genitore Asari era il modo più normale per evitare confusione.
"Chi era il tuo papà?" Nella lingua Asari, la parola padre e le sue variazioni esistevano sempre e solo come vocaboli presi a prestito da altre specie che avevano almeno due sessi.
"Era un Hanar. Si chiamava Danza con la Corrente."
"...Che strano." disse Sihaya senza malizia.
"In effetti è un po' strano." ammise Elea: "Non ti piaccio?"
Sihaya scosse la testa, abbandonando le gonne di metallo del Geth e avvicinandosi ad Elea:
"Sei carina. Ma il mio papà lo è di più." concluse, avvicinandosi a Shepard e facendosi sollevare in un abbraccio: Hayat se la posò senza fatica sulla spalla buona. Da quell'altezza, Sihaya cominciò a giocare con i capelli di Hayat, unica in famiglia ad averli.
"Siamo stati bravi, io e tata?" chiese al suo genitore, mentre guardava ancora una volta il quadro.
"Moltissimo. Ma non sei un po' troppo grande per chiamare ancora Apostata, tata?"
"Tata è tata." affermò con sicurezza Sihaya: c'era una tale convinzione nelle sue parole, che perfino Elea non ebbe nulla da dire.
La quiete della situazione venne interrotta dall'apertura di un'altra fra le porte del salone, lasciando entrare Selene e Alune. Urz, che fino a quel momento non aveva aperto le fauci, si acquattò dietro a Shepard, fingendo di non essere presente.
"Mamma, papà, Sesat ha
pensato la sua prima parola!" dissero le gemelle, tenendo fra le loro quattro mani un fagotto di coperte di lino scuro, da cui spuntava un visetto tondo ed azzurro.
Elea inorridì inizialmente, quando vide le due gemelle tenere la loro sorellina in quel modo, ma bastò uno sguardo ad Hayat e Liara per capire che erano molto avanti a lei: entrambe le mani della coppia era distese e libere, pronte ad acchiappare Sesat al volo con i propri poteri biotici. La piccola non correva alcun pericolo e quando offrirono la loro sorellina a Liara, che la prese nell'incavo del braccio, Elea non poté resistere all'impulso di avvicinarsi:
"Ha un visetto così serio..." disse, mentre Sesat la guardava dal rifugio dell'abbraccio di sua madre.
"Non piange mai. Nemmeno la notte o quando a fame." spiegò Hayat, mentre Sesat le rivolgeva un sorriso ancora senza denti: gli Asari crescevano con tempi diversi dagli umani e nonostante avesse poco più di due anni, Sesat era ancora totalmente dipendente dai suoi genitori.
"...E tu sei l'unica per cui sorride così." disse Liara ad Hayat.
"Esagerata: sorride per tutti."
Liara scosse la testa, mentre passava Sesat alla sua compagna: il sorriso della piccolissima Asari diventò se possibile, ancora più largo. Senza aggiungere altro, Liara tocco la testa di sua figlia, tenendo l'altra mano su Shepard.
Fu un attimo: un breve lucore biotico, e gli occhi di Liara divennero completamente neri, mentre univa la sua coscienza a quella di Hayat e di sua figlia. La comunione mentale fra gli Asari era comune quanto il salutarsi fra le altre specie, ma molto più efficiente. Si potevano trasmettere interi ricordi in pochi secondi: ovviamente Sesat non poteva ancora capirli completamente, ma sarebbe cresciuta.
Lo scambio fra Liara, Hayat e Sesat durò un istante, ma produsse effetti molto visibili: l'espressione di Liara si riempì di gioia materna, fino al punto che sembrò emanarne. Hayat invece canalizzò il suo addestramento di Marine per evitare a lacrime di gioia traditrici di uscire dai suoi occhi.
"Che cosa ha pensato la signorina piccola?" chiese il Geth.
"È felice di essere con la sua famiglia." disse Liara quietamente.
"Papà, perché ti trema
il labbro inferiore?" chiesero le gemelle ad Hayat.
Il famigerato Spettro si sfregò gli occhi con il suo pugno di metallo, dicendo con una strana voce nasale: "Mi... è entrato qualcosa nell'occhio."
"...Ma papà non ha senso." interloquì Sihaya.
Liara si stava godendo troppo la situazione per volere che finisse: era... inusuale ciò che il famigerato Shepard stava mostrando in quel momento. Fu Apostata a salvarla:
"Miss T'Soni, sono in questo momento le 18.30. Desidera che inizi il protocollo pre-pasto?"
"Fa pure, Apostata. Ricorda che abbiamo un ospite questa sera." poi Liara si rivolse ad Elea: "La cena dovrebbe essere pronta tra un ora: se vuoi darti una rinfrescata prima di cenare, cambiarti d'abito o contattare la colonia, non farti problemi a chiedere. Apostata si occuperà di ogni tua necessità, mentre io mi prendo cura di questa sensibile mia compagna." concluse con un sorriso, prendendo Hayat per la sua mano di carne.
Il famigerato Shepard la seguì con lo stesso abbandono di qualcuno che è stato ritrovato dopo essersi perso: con Sesat in braccio, Elea le vide scomparire dietro la seconda porta più lontana, sul lato sinistro del salone. Selene, Alune e Sihaya cominciarono a parlare fra loro, fermandosi ogni tanto a guardarla brevemente: una delle gemelle disse qualcosa che Elea non sentì, alla quale Sihaya reagì scuotendo la testa.
Uno dei Geth, ed Elea doveva ancora convincersi che fossero una sola mente, si avvicinò a lei, fissandola dal basso con la sua testa a forma di torcia:
"Desidera farsi un bagno, dottoressa Megara?" chiese compito.
 
***
 
Elea era in paradiso. O comunque in un luogo molto vicino ad esso: solo sulle astronavi di lusso, i cosiddetti transatlantici spaziali, c'era abbastanza acqua da sprecare per una piscina, o una vasca da bagno. Anche in quel caso comunque, era qualcosa che Elea non aveva mai sperimentato, ma solo saputo per sentito dire: il suo stipendio non le aveva mai permesso di comprare una crociera a bordo di una di quelle navi.
Di sicuro non si sarebbe mai aspettata di trovare qualcosa di simile a bordo di un incrociatore Geth e Apostata era stato quasi deliziato mentre le porgeva una tovaglia ed un accappatoio immacolati, invitandola a verificare con i suoi occhi i lussi con cui Hayat e Liara avevano arredato la loro nave. A quanto pareva quello non era nemmeno l'unico bagno, anche se Elea era rimasta sorpresa all'inizio quando aveva notato che la vasca era incassata nel pavimento, rendendola simile ad una piscina di riproduzione Salarian: apparentemente, un design piuttosto comune fra gli Umani.
Il fatto che Liara e Hayat offrissero la loro casa così liberamente a quella che fino a poche ore prima era stata una perfetta estranea, rendeva anche impossibile provare gelosia nei loro confronti.
Elea non riusciva davvero ad immaginare come avessero potuto permetterselo, ma da quello che aveva capito dalle spiegazioni del Geth, sembrava che Oasi fosse una nave sovra alimentata: tutto era in eccesso, per soli sei, presto sette, occupanti fissi e diciotto Geth. Allo stesso modo, rifletté la dottoressa, probabilmente Oasi aveva potenza di fuoco e scudi più simili a quelli di una corazzata, rendendo la sua famiglia la più pericolosa risorsa militare dell'intera Galassia.
La sua famiglia... buffo, quanto rapidamente Elea stesse arrivando ad accettare Liara e Hayat come la sua famiglia, dopo aver vissuto da sola così a lungo: non solo perché Hayat era il famoso Shepard o perché vivevano in un incrociatore spaziale di dubbia origine. No, Elea forse si stava rendendo conto per la prima volta di quanto avesse cercato nella sua vita una vera connessione familiare, qualcosa che non aveva mai sperimentato a causa dell'eredità delle sue origini. Anche per una specie che amava credersi illuminata prima della Guerra, venire sistematicamente esclusa dai circoli sociali era stata la norma per Elea, col pretesto di essere meno Asari degli altri, di essere troppo alta, troppo strana... di avere genitori "difettosi".
Mentre rimaneva a mollo nella vasca, più che ampia anche per lei, Elea ripensò a suo padre: non poteva dire di averlo davvero conosciuto, perché Danza con la Corrente era un pio Hanar devoto al culto degli illuminati, ovvero i Prothean che avevano concesso la parola agli Hanar nell'infanzia della loro specie. Una rara nottata di follie nei bassifondi di una colonia Asari aveva portato alla nascita di Elea: l'unica volta che aveva incontrato suo padre, poco dopo essere fuggita dalla residenza di Aethyta, era stata una visita breve ed imbarazzata per entrambi. Danza con la Corrente le aveva offerto un aiuto economico, perfino sostanzioso, ma aveva ammesso, in modo cortese ma fermo, che non avrebbe potuto fare altro per lei.
Con quella nuova possibilità economica, Elea si era pagata gli studi, preferendo lasciarsi alle spalle Aethyta e gli eccessi a cui le loro incomprensioni l'avevano portata. Sua madre era stata un cattivo genitore, ma non una cattiva persona: semplicemente, qualcuno con cui Elea non era mai riuscita ad andare d'accordo.
"Posso unirmi a te?" chiese Liara alle sue spalle, con un asciugamano di cotone bianco a coprirla.
"...Certamente." disse Elea, spostandosi al capo opposto della vasca.
Liara lasciò cadere il suo asciugamano, mostrandosi ad Elea in tutta la sua gravida nudità: avendo un solo sesso, il pudore reciproco non colpiva particolarmente gli Asari.
"Ahhh..." sospirò Liara lasciandosi affondare nell'acqua calda: mentre si immergeva, Elea non aveva potuto fare a meno di non notare la brutta cicatrice sulla spalla sinistra, circolare e callosa, probabilmente il ricordo di un proiettile vagante, e il taglio sottile che da sotto l'ascella le arrivava fino all'anca.
"Sembri brillare." commentò invece Elea.
"Merito di Hayat..." rispose Liara, interrompendosi con un sorriso imbarazzato e un'espressione rivelatrice.
"...Uh." comprendere cosa Liara si fosse concessa prima di raggiungerla era una di quelle cose che Elea avrebbe fatto volentieri a meno di sapere.
"Mi dispiace... È solo che... anche adesso, è difficile convincersi che non si getterà più nel campo di battaglia, per ridefinire il concetto di impossibile. Normalmente non sono così, ma i pirati di oggi... per me sono stati come l'eco dell'incubo più terribile.
"Vi amate molto: sono felice per voi." A volte le parole sono così insufficienti ad esprimere il proprio pensiero.
"... Lei è più importante per me dell'acqua che bevo e dell'aria che respiro. Lei è Hayat, la mia vita. Ci sono giorni, in cui non voglio credere che potrei sopravviverle." Liara sospirò brevemente: "Ti sembrerò sciocca, preda come sono dell'amore della mia giovinezza."
Elea scosse la testa:
"Chi sono io per giudicare questi miei parenti che ancora conosco così poco? E quando vi avrò conosciuto, come potrò non sostenere le vostre scelte? Anche se forse, ci vorrà un po' per abituarsi." disse Elea con un sorriso che veniva dal cuore, prima di continuare: "... Non so nemmeno quanti anni hai."
Liara sorrise imbarazzata:
"Non mi piace ammetterlo, ma ho soltanto 120 anni."
"...Sei davvero molto giovane."
Forse perfino fin troppo per una specie che poteva vivere fino a mille anni: troppo per qualcuno che aveva fatto la guerra a fianco di Shepard. E forse davvero troppo per avere già quattro figlie ed un altra in arrivo: di solito, un'Asari non pensava a metter su famiglia prima dei trecento anni.
"Ho solo trovato Hayat prima del previsto... o forse sarebbe meglio dire che è stata lei a trovare me." disse Liara: "È qualcosa che non posso spiegare completamente. Elea, so che la domanda è personale, ma tu hai una persona speciale?"
Non richiesto, il ricordo del capo della milizia coloniale si fece vivo nella mente di Elea.
"Credevo di sì... ma non ha funzionato." rispose la dottoressa.
"Mi dispiace. Hayat mi ha trovato subito... forse perfino troppo presto. Ho dovuto faticare per raggiungerla: vorrei mostrartela, se me lo permetterai. In verità è solo per questo che sono venuta qui, ora che finalmente Sesat dorme."
"Perché?"
"È difficile spiegarlo a parole... c'è molta solitudine in te, Elea. Un vuoto di cui non conosco l'origine, ma che mi piacerebbe colmare... sorella."
"La famiglia è davvero importante per voi." commentò la dottoressa.
"...Sia io che Hayat abbiamo fatto molte cose durante la Guerra: di alcune non parliamo mai. Abbiamo molti rimpianti, sopratutto la consapevolezza di non aver potuto fare di più. E così, adesso, invece di prenderci cura della Galassia, cerchiamo di fare il nostro meglio per quelli a cui siamo legati. Mi permetterai di mostrartelo?"
"...Mostrami."
Liara attraversò la vasca, posandole delicatamente le mani sulle tempie: aveva un tocco così leggero, che Elea si chiese come fosse possibile che mani così delicate avessero potuto combattere per Shepard.
"...Apri la tua mente Elea: abbraccia l'Eternità."
I ricordi di una persona non assomigliano ad un libro: non sono pagine ordinate a cui si accede tramite un indice. Sono più simili ad un disordinato album fotografico, in cui nella stessa pagina coesistono diverse immagini che rimandano dall'una all'altra in strani modi, non sempre evidenti a prima vista. Sopratutto, i ricordi di una persona contengono un numero di informazioni e riferimenti che spaziano nelle quattro dimensioni e i cinque sensi: è così che Elea ricordò l'odore che avevano gli abbracci di Benezia T'Soni quando Liara era poco più grande di Sihaya.
E quello fu solo il primo dei ricordi che Liara condivise con lei: sua sorella minore abbracciò gran parte della sua vita passata, toccando episodi separati da anni, ma che Liara trovava importanti perché l'avevano definita come persona.
Il giardino della sua casa su Thessia, quando Liara aveva scavato nella terra alla ricerca di tesori. La sensazione del primo libro di carta che aveva preso in mano. La solitudine di lunghi anni passati all'ombra di una Matriarca devota alla sua gente e l'emozione della libertà all'accademia di Serrice. I Prothean e il loro mistero. E molto altro ancora.
Elea conobbe anche il terrore folle, quando Liara le mostrò una breve immagine di Londra: quando assieme a Shepard e agli altri del suo equipaggio, avevano marciato per le strade di una città infera, contro ogni logica e oltre la speranza, sotto un cielo color incubo con in bocca il sapore della cenere di innumerevoli cadaveri, per abbattere nemici alti più di un palazzo.
Durò un solo istante, forse qualcosa di meno, ma Elea ne fu arricchita enormemente: la comunione mentale di quel tipo era piuttosto comune fra gli Asari, ma il calore dell'abbraccio in cui Elea strinse Liara quando finì non lo fu affatto: fu familiare. Fraterno.
"Povera sorella mia..." bisbigliò Elea nell'orecchio di Liara: "Così giovane e già così segnata."
"Se nei prossimi mille anni della mia vita non vedrò un'altra guerra, sarà comunque troppo presto." rispose Liara.
"...Credo che Aethyta abbia detto qualcosa di simile una volta: anche se il suo concetto di pace è picchiare due nemici sulla testa fino a quando non hanno un mal di testa troppo forte per litigare."
Questo strappò una risata a Liara.
"Comunque... sono felice che tu abbia smesso di essere l'Ombra: non so se avrei accettato il maggior trafficante di informazioni come sorella."
Fra i ricordi che Liara aveva condiviso con Elea c'era anche questo, ovvero di come Liara aveva posseduto per qualche anno un potere tale da rivaleggiare con il vecchio Consiglio.
Era stato un ricordo che le era stato offerto condividendo i nudi fatti che avevano portato Liara in quella posizione: il dolore terribile dovuto alla separazione da Shepard, quando la prima Normandy era stata affondata e il desiderio di vendetta per ciò che le era stato tolto. L'accordo terribile con Cerberus, che aveva riportato in vita Shepard, il confronto con l'Ombra e ciò che con il suo potere era stato fatto durante la Guerra. E di come tutto era finito: trafficare con i segreti della Galassia era qualcosa che mal si addiceva al compito di madre, specie considerando quanto Benezia avesse dovuto trascurare la sua unica figlia a causa degli obblighi di Matriarca. Liara non aveva avuto rimpianti ad abbandonare quel ruolo, ora c'era qualcun'altro ad occuparne il posto.
Sua sorella non aveva condiviso con Elea l'identità della nuova Ombra, ma la dottoressa seppe che erano persone di cui Shepard si fidava e realizzò anche che la discrezione di Liara era per la sua protezione: sarebbe stato inutilmente pericoloso rivelarle i nomi di ex Spettri che non avevano voluto diventare Guardiani.
"Non credere però che non abbiamo più segreti. O che questo sia il più terribile." la avvertì Liara.
"Un passo alla volta... e in questo momento preferisco non pensarci: è inutile preoccuparsi di ciò che non posso controllare."
Oasi era un luogo di luci e ombre, di tenebre e soli: un rifugio nel buio. Elea cominciò ad apprezzare la saggezza con cui era stato dato quel nome.
"Anche questo è vero." affermò quietamente Liara, liberandosi dal suo abbraccio: "...Direi che siamo rimaste abbastanza. La cena dovrebbe essere ormai quasi pronta: Hayat avrà dato il meglio di sé."  
Dicendo questo, sorse dalla vasca, cominciando il compito di asciugarsi, reso più gravoso del normale dalla gravidanza.
"Shepard cucina?" chiese interdetta Elea seguendola subito dopo: spalla a spalla, la dottoressa superava Liara di almeno tutta la testa.
"Dannatamente bene..."  sorrise Liara.
 
"Oh per la Dea."
Fu quella l'unica cosa che Elea riuscì a dire. Anche se Hayat l'aveva avvertita, ora che la dottoressa se lo trovava di fronte agli occhi, stentava a crederci.
Dopo essersi rivestite, Elea nel suo camice, Liara in un comodo due pezzi di fibra sintetica, sua sorella le aveva fatto strada per la nave, attraverso il salone circolare e la porta in fondo, per una stanza rettangolare molto lunga, allo stesso tempo una libreria e un luogo di svago, dove Elea aveva potuto ammirare la più vasta collezione di modellini di navi spaziale che avesse mai visto. Dopo di essa, attraverso un montacarichi, lei e Liara erano scese al ponte inferiore: qui, Elea aveva potuto ammirare una cucina di dimensioni adatte a soddisfare non sette persone, ma almeno il triplo, separate da vetrate trasparenti dall'enorme ambiente che si trovava al di là.
Hayat lo aveva chiamato il giardino, ma sarebbe stato più corretto definirlo una biosfera: una sala semisferica, di almeno cinquanta metri di diametro, scavata nel punto in cui la nave era più spessa. E questo spazio enorme, così fuori posto in una vascello interstellare, era stato seminato e coltivato. Elea passò con incredulità la mano nell'erba e assaporò l'odore di spezie, frutta e verdura che quel posto conservava: addirittura, Elea vide una farfalla svolazzarle pigramente di fronte al viso.
"Bello vero?" le chiese Shepard: aveva un grembiule blu notte, con scritto Papà numero 1 della Galassia in caratteri Asari, arricchito da decalcomanie e spille di ogni tipo, nella comica parodia di un'alta uniforme da parata.
"È stato difficile inserirlo nel progetto: abbiamo dovuto costruire paratie di sostegno tutt'attorno alla sala, per mantenere l'integrità strutturale della nave. Le lampade al sodio e il sistema olografico del soffitto, richiedono così tanta energia che metterebbero in crisi il nucleo di una fregata comune..." Elea alzò lo sguardo: pallide nuvole si muovevano sopra di lei, celando appena un sole che comunque riusciva ad inondarli col suo calore.
Era una simulazione così realistica che avrebbe potuto essere vera.
"Di fatto, è un biodome, costruito adattando alcuni progetti di navi agricole Quarian alle nostre esigenze: metà lo uso per coltivare verdura, frutta e spezie con culture idroponiche." disse ancora Hayat, indicando dall'altro lato del giardino una serie di vasche terrazzate da cui si propagava il dolce gorgoglio di acqua corrente, curate da un Geth giallo come la crema.
 "...È una faticaccia starci dietro e occuparsi di tutto: anche con l'aiuto di Apostata, riesco a malapena ad azzeccare i tempi di maturazione."
"Oh per la Dea." ripeté Elea: "È... è incredibile."
"E sentirai che sapore..." disse Hayat, prendendosi un momento per scaldarsi sotto il sole olografico: sotto uno degli alberi, le bambine stavano giocando, mentre Urz continuava a guardarle con occhio vigile, ma da lontano. A voce abbastanza alta da farsi sentire, Hayat le chiamò a se, invitandole ad apparecchiare la tavola per sei persone. Elea cercò di offrirsi di aiutarle, ma Liara le mise in mano un piatto carico di cilindri verdi, innaffiati con una salsa biancastra:
"La cena sarà pronta tra poco. Rilassati Elea, lascia che ci pensiamo noi."
"Cosa sono?"
"Non riesco ancora a dirlo bene: dolama? Doma?" provò Liara.
"Dolma. Con la l." disse Hayat, mentre si avventava su un branco di pentole davvero numeroso, almeno per Elea, abituata com'è a cibarsi di pasti che comprava già pronti: "È un piatto tipico della cucina della mia famiglia: sono involtini di foglie ripiene di riso speziato, pinoli e cavolo Salarian. La salsa è a base di uova, limone e yogurt: mangiati freddi, sono un buon modo per far crescere l'appetito. Una birra Batarian?" le chiese, offrendo ad Elea una bottiglia piena di una sostanza verdastra e quasi sciropposa.
"Niente birra per me." disse Elea senza alzare lo sguardo: "Sono una ex AA."
Senza battere ciglio, Hayat alzò le spalle: "C'è ne di più per me." fu il serafico commento, mentre l'offerta di birra si tramutava in quella di acqua cristallina, che la dottoressa accettò.
Hayat prese un lungo sorso della sua birra, facendo schioccare la lingua soddisfatta: "Ehi! Selene: niente poteri biotici con le posate!" urlò ad alta voce, fermando sul nascere un'acrobazia di una delle gemelle con troppi coltelli e forchette.
Con fare titubante, Elea prese uno dei cilindri umidi del suo piatto fra due dita e ne assaggiò un boccone: la prima impressione fu lievemente agra, con una nota fresca alla fine. Poi le spezie e la consistenza densa ed estremamente saporita del ripieno si sciolsero nella sua bocca. La dolma che aveva in mano sparì nel boccone successivo, assieme ad due altre: erano spettacolari.
Liara ne prese a sua volta una dal piatto:
"In questa Galassia, ci sono cose che non siamo proprio in grado di fare, non importa quanto ci impegniamo, mentre in altre eccelliamo: per me e Hayat, è una fortuna che i nostri talenti siano così complementari. Se richiede una preparazione più complessa del toglierlo dalla confezione e riscaldarlo, mi trovo meno a mio agio di Hayat su una pista da ballo." confidò, sbocconcellando la sua dolma delicatamente.
"Hayat me lo aveva accennato. È così terribile?"
"Immagina di vederla mungere un animale molto alto. Mentre marcia nel fango."
Elea non poté fare a meno di ridere.
"Ehi, guardate che vi sento!" disse Shepard, tenendo fra due dita un filetto spesso due dita ancora sanguinante: sempre sorridendo, Liara indicò il giardino ad Elea.
"Perché non vai a sentire l'erba sotto i piedi?" disse, dirigendosi poi verso Hayat e le pentole che stava domando.
Per Elea, fu strano togliersi gli stivale e lasciare le sue dita affondare nell'erba: una sensazione sconosciuta ai coloni di Trategos.
Col suo piatto in mano, l'Asari si lasciò dirigere dalla sua curiosità, gravitando lentamente verso le vasche idroponiche e il Geth giallo crema che rimaneva affaccendato attorno ad esse. La sua vista venne catturata da una cesta di oggetti grandi circa due volte il suo pugno, oblunghe come un uovo e di colore livido: cautamente, Elea si chinò vicino alla sporta, prendendone una in mano. Sembravano molto densi, probabilmente una verdura, piuttosto che un frutto.
"Sono chiamate melanzane." disse il Geth osservandola: la qualità del suo sintetizzatore vocale era decisamente inferiore a quella degli altri Geth che Elea aveva incontrato fino a quel momento: anche le linee della torcia che aveva per testa erano più grezze, facendolo sembrare tozzo. Un unico occhio la osservava dal centro di una placca di metallo, con quattro punti rossi disposti attorno a quadrato.
"Sono buone?" chiese Elea sovrappensiero, rimettendo la melanzana di nuovo con le altre.
"...Non lo sappiamo. Le nostre piattaforme sono sprovviste di gusto e tatto: la complessità necessaria per esprimere una preferenza sensoriale come questa ci è preclusa. Noi sappiamo solo che per miss Shepard, esse lo sono."
"Ho fatto davvero una domanda scortese, non è vero?"
"Scuse non necessarie: la coesistenza tra organici e sintetici non è mai priva di imperfezioni. Entrambe le parti tendono a proiettare i propri valori sull'altra: da quando siamo a bordo di questa nave, ne abbiamo sperimentato più volte gli effetti... in entrambi i sensi."
"Non siete sempre stati a bordo di questa nave?" chiese Elea incuriosita.
"Negativo. Questo vascello è stato costruito dai Geth su espressa richiesta di miss Shepard, per ridurre il rischio di un contatto accidentale con altri organici. Non molti fra voi approcciano un vascello Geth."
"Sfrutta la diffidenza verso di voi per essere lasciata in pace."
Il Geth sembrò pensarci un momento:
"...Corretto. Tuttavia, noi non eravamo presenti durante la costruzione della nave. Siamo stati adottati in seguito: in cambio dell'alloggio delle nostre piattaforme e della nostra coscienza sulla nave, noi forniamo assistenza a miss Shepard. Funzione primaria: mozzo di Oasi."
"Non ti manca la tua specie?"
"...Irrilevante. Esistiamo in esilio dagli altri Geth: Oasi è il luogo a cui ora apparteniamo."
"Esilio? Ha qualcosa a che vedere con la tua designazione?"
Il Geth la guardò fisso: se fosse stato un organico, forse Elea ne avrebbe forse definito l'espressione "ostile".
"Mi dispiace... sono stata indelicata. Non è mia abitudine condurre interrogatori: è solo che trovo difficile comprendere la fiducia che sembra esserci fra Shepard e... voi? te? Non so nemmeno quale pronome usare correttamente."
"Noi siamo un singolo collettivo Geth, composto da 81'239 programmi che condividono i propri processi di calcolo. Questi processi sono assolutamente interdipendenti: dalla loro somma emerge il singolo gestalt con cui sta parlando ora, dottoressa Megara. Siamo molti individui, ma una sola coscienza: il desiderio di preservare questa nostra struttura organizzativa è stato il motivo che ha portato alla nostra designazione attuale. E al nostro esilio."
"Temo di non comprendere appieno."
Il Geth non le rispose subito.
"...Durante la Guerra, alla fine del conflitto tra Quarian creatori e Geth, si creò un'opportunità imprevista: il raggiungimento della piena coscienza per ogni singolo individuo Geth fu possibile. Fino a quel momento, la nostra intelligenza dipendeva dalla nostra potenza di calcolo in serie: permettere ad ogni individuo, ogni singolo programma, il raggiungimento di una completa autocoscienza, era stato l'obbiettivo finale che ci eravamo posti per la nostra evoluzione come specie. Lo scopo finale dei Geth. Quando questa possibilità si è presentata, solo questo singolo collettivo ha rifiutato l'evoluzione."
"State dicendo che voi avete rifiutato il diritto al libero arbitrio come individui?"
"Sì."
"...Perché?" chiese Elea semplicemente.
"Un conflitto con alcune nostre convinzioni." rispose il Geth, immergendo le mani nell'acqua e ispezionando una foglia rugosa, alla ricerca di difetti: "Prima della Guerra, i Geth non possedevano le capacità per creare ciò di cui avevamo bisogno per raggiungere l'autonomia. Le Antiche Macchine, le entità che voi chiamate Razziatori, possedevano queste risorse: già una volta era stata offerta ai Geth l'autocoscienza in cambio della sottomissione. L'attacco di Nazara, l'entità Sovereign, alla Cittadella con truppe Geth è il risultato di quell'offerta: noi chiamiamo Eretici coloro che si sottomisero allora alle Antiche Macchine. Furono meno del 5% della nostra intera razza." Il Geth fece una pausa, passando alla pianta successiva prima di continuare:
"I protocolli di intelligenza artificiale che danno attualmente alla nostra specie il libero arbitrio, l'individualità, sono stati recuperati dall'Antica Macchina sconfitta sul suolo di Rannoch da miss Shepard e la flottiglia dei Quarian creatori."
"È per questo che li avete rifiutati? Perché erano stati creati dai Razziatori?"
"No." ripose il Geth serafico: "La loro origine era secondaria: il valore ne annullava la stigma associata alla loro origine. È per il loro costo che noi rifiutammo. I protocolli e le matrici di calcolo dei Razziatori sono troppo complessi perché potessimo condividerli allora attraverso la nostra rete neurale. Il sacrificio di uno di noi si rese necessario per sopperire alla mancanza. Noi consideriamo il sacrificio di quell'uno un costo troppo elevato da pagare per l'autocoscienza. Noi rifiutiamo il sacrificio di quell'individuo."
Elea si prese un momento per pensare a ciò che le era stato detto, masticando una dolma:
"Doveva essere un Geth notevole..."
"Non tutte le esistenze posseggono lo stesso valore, dottoressa Megara. Il collettivo Geth che per primo venne confinato ad un unico corpo, e a cui miss Shepard diede la designazione di Legione, fu il primo fra noi a riuscire a stabilire una comunicazione pacifica con voi organici. Legione fu il primo Geth a diventare individuo e decise di sacrificare la sua individualità per noi: noi consideriamo il prezzo di quel sacrificio troppo elevato per i Geth. Comparazione: per voi organici, il valore immateriale di un raggiungimento è maggiore se esso viene conquistato con le proprie forze, piuttosto che fornito da terzi. Per questa conclusione, noi siamo un'anomalia e siamo stati designati Apostata per essa. L'esilio è stata una nostra scelta: la creatrice Tali'Zorah vas Rannoch in Vakarian, attualmente collaboratrice della S&T, ha perorato la causa della nostra esistenza piuttosto che la cancellazione. Miss Shepard ci ha accolto a bordo di questo vascello: riteniamo che la nostra presenza a bordo crei un legame per miss Shepard col tempo speso con l'individuo Legione. Noi siamo... onorati da questo. E grati per la possibilità offertaci."
Dicendo questo, il Geth indicò con una delle sue mani di metallo qualcosa alle spalle di Elea e, seguendo il suo gesto, la dottoressa vide le bambine strette attorno ad un altro Geth, questa volta di colore cobalto, completamente catturate da qualunque cosa Apostata stesse dicendo loro, mentre allo stesso tempo un altro Geth ancora era subentrato in cucina per aiutare Hayat al posto di Liara.
"La signorina e le signorine storpiano la designazione di questo collettivo in tata, un termine che ha un significato affine a quello di bambinaia o babysitter. Miss Shepard e miss Liara ci hanno accolto come parte della famiglia: estendo il loro benvenuto a lei, dottoressa Elea."
"...Grazie." fu tutto ciò che Elea riuscì a dire: aveva appena avuto una conversazione così al di fuori dalle sue esperienze comuni, da non sapere quale valore darle.
"La cena è servita." affermò il Geth, tornando ad ispezionare le foglie.
Solo in quel momento Elea notò Hayat che dall'altro capo del giardino le faceva cenno di avvicinarsi: la dottoressa non si fece attendere, ma non poté impedirsi di guardare il Geth color crema un'ultima volta, venendo però completamente ignorata in favore delle piante.
Quando Elea finalmente raggiunse la sua famiglia, trovò che l'aspettavano già seduti attorno al tavolo: poco distante da Liara, Sesat restava sdraiata nella sua culla, con Urz accoccolato poco distante, completamente concentrato nel divorare grossi pezzi di carne sbrindellata e sanguinolenta. Quando anche Elea si sedete, colpita dalla quantità di cibi esotici che erano presenti di fronte a lei, Hayat si rivolse a Sihaya:
"Che cielo vorresti?"
La bambina sembrò pensare attentamente alla risposta, per una domanda che la dottoressa non aveva compreso del tutto:
"Dekuuna." disse infine.
In risposta, l'ologramma del soffitto del giardino cambiò, sfumando dal cielo azzurro ad uno porporino, mentre si disegnava un orizzonte ininterrotto da qualsiasi altura: solo nuvole basse si inseguivano lontano da loro. Dekuuna, il pianeta natale degli Elcor: Elea sapeva in che condizioni disastrate fosse quella specie, anche dopo anni dalla fine della Guerra.
"Un piccolo trucco per ricordare i posti in cui siamo stati." spiegò Liara.
"Avete visitato Dekuuna?" chiese, mentre Hayat faceva passare delle ciotole di ceramica colme di una zuppa densa.
"In vacanza, poco dopo la nascita di Selene e Alune. Ricordo che abbiamo dovuto metterci delle tute antigravità per muoverci: eravamo così goffe... ma è difficile muoversi a 4 g."
"Cosa avete visto?"
"Siamo rimaste lontane dalle città: abbiamo visto le uniche alture del pianeta nella zona temperata, dove sembra venissero compiuti riti della fertilità in tempi preistorici... E sono rimasta a guardare con Sihaya mentre Hayat faceva roccia sulle pareti di granito senza attrezzi e senza tuta."
"Faceva roccia?" l'espressione umana, anche se tradotta, sfuggiva a Elea.
"Vuol dire arrampicarsi. È una pratica sportiva a cui ho cercato di dedicarmi ogni volta che la mia vita di prima me lo permetteva: un hobby, a cui do la colpa per la mia notorietà. È stato per quello che ero su Elysium quando ci fu l'assalto."
"...Strano hobby: di solito gli Asari leggono quando cerchiamo di rilassarci."
"Lo faccio anch'io... ma sfidare la gravità di un pianeta a mani nude, issandosi sulle rocce... non lo so, mi è sempre piaciuto."
Elea rimase a guardare mentre le bambine prendevano ciascuna un cucchiaio e l'immergevano nella zuppa, riempiendosi la bocca di gusto.
"E cosa ricordi di Dekuuna, Sihaya?"
La bambina sembrò pensarci su attentamente, leccando la punta del cucchiaio:
"La pioggia." disse infine: "Quando ha cominciato a piovere e ci siamo riparate in una caverna: l'acqua sulla roccia di fuori suonava come un'orchestra."
Attorno a loro, il rumore ritmico di biglie sulla pietra si diffuse quietamente: in un pianeta con quattro volte la gravità terrestre, la pioggia non cadeva. Precipitava.
"O per la Dea... è delizioso." disse Elea, lucidando il cucchiaio con le labbra: "Non ho la minima idea di cosa sia, ma è fantastico."
"Grazie. La cucina della mia famiglia è quella dei miei avi, contaminata da quattro generazioni passate nello spazio: alcuni ingredienti li ho scambiati con il loro equivalente da un altro pianeta. Altri, li abbiamo sostituiti del tutto. Le spezie invece, quelle sono rimaste: questa zuppa è fatta con lenticchie rosse, quattro tipi diversi di aromi e la gelatina ottenuta facendo bollire il... radrar? L'ho pronunciato correttamente?"
"Quasi... è rad'rhar." disse Elea correggendola: "Non avrei saputo riconoscere l'alga nera di Thessia: delizioso!"
"Questo invece è kisir, un mix di tre verdure fresche, bulgur e prezzemolo." spiegò Hayat, mentre indicava una grossa ciotola in mezzo alla tavola, piena di qualcosa di molto simile a sabbia bianca e fine con coloratissimi pezzi di verdura a spezzare l'insieme.
"...Ti consiglio di berci assieme un po' di ayran." disse Liara, passandole una brocca ramata con cui aveva già riempito i bicchieri delle bambine: il contenuto era bianco e schiumoso, tanto che Elea guardò interrogativamente Hayat:
"È a base di latte." la rassicurò: "Ma non mi offenderò se non ti piacerà."
Elea ne prese un sorso, scoprendolo cremoso e dolce al tempo stesso, con una lieve nota salata in fondo: quando abbassò il bicchiere, notò che le due gemelle le sorrisero, mentre esibivano orgogliosamente baffi di schiuma.
"È strano..." disse Elea: "Non è cattivo, ma non riesco a berlo adesso: è troppo dolce per me."
La conversazione procedettero a mano a mano che i piatti continuavano ad arrivare pieni e si impilavano svuotati: conversazioni banali per una scena comune. Eppure, quel conoscersi a vicenda fu la prima volta in cui Elea si sentì davvero parte della famiglia.
 
"... E così il capitale iniziale della Lawson Inc l'avete fornito voi due?"
"Già: avevamo abbastanza soldi da non sapere cosa farne e amici che non sapevano che direzione dare alle loro vite. Molti di noi volevano anche fuggire dalle luci della ribalta, mentre altri dovevano adattarsi ad una vita... più normale. È così che è stata fondata la Lawson Inc: la maggior parte dell'equipaggio della Normandy, quelli almeno che avevano bisogno di cominciare una nuova vita, lavora per la società o per le sue sussidiarie, come la S&T..."
 
"E come vi siete incontrare? Liara mi ha fatto vedere qualcosa..."
"Zia, sai la storia della principessa e del drago? Perché è proprio così che è andata..."
 
"...Questo è riso pilav e fette di melanzane fritte: cerco sempre di farle croccanti fuori e tenere dentro, ma non mi riescono ancora come vorrei."
"L'amore per la cucina è una cosa recente? Se non sono indiscreta..."
"Nessuna indiscrezione: io sono un biotico Elea, un biotico discretamente potente, anche prima di arruolarmi nell'Alleanza. Noi biotici umani abbiamo un metabolismo accelerato e dobbiamo mangiare molto, anche solo per mantenerci in forze: mi sono stancata del rancio due volte più velocemente di un soldato normale, credo già al primo anno di accademia. Ho deciso di imparare allora, in modo da variare la mia dieta. A proposito queste sono melanzane al forno, con pomodori e ceci..."
 
"...Ci manteniamo in contatto: di solito ci incontriamo con uno dei nostri vecchi amici ogni mese più o meno. Le nostre figlie visitano un pianeta e giocano assieme ai loro cugini, mentre noi vecchi veterani li osserviamo con il più stupido sorriso che riusciamo a fare. Una grande famiglia allargata con bambini di quasi ogni specie che si azzuffano, litigano fanno la pace e la guerra, per poi ricominciare subito dopo dall'inizio."
 
"Ti piace la torta?
È fatta con le nocciole"
"Temo di non sapere cosa sia una nocciola... o per la dea: cos'è questo?"
"Spuma di pere."
"...Potrei averne una seconda fetta?"
 
"Quindi davvero nessun rimpianto ad aver lasciato l'Alleanza o gli Spettri? Di aver smesso di essere... un eroe?"
"Elea, essere stato un eroe non mi ha dato pace ne felicità. Mi hanno sparato, mi hanno coperto di medaglie... ma tutte quelle patacche non mi hanno dato una vita migliore. Non è stato difficile lasciarsi la vita militare alle spalle: non si può essere militari ed avere una famiglia, si deve scegliere ad un certo punto. Altrimenti c'è inevitabilmente il divorzio e la tua ex compagna che non vuole ricordare il tuo nome. E i tuoi figli che non ti parlano, ma ti fanno solamente il saluto militare, mentre portano il nome dei tuoi vecchi compagni scomparsi da tempo... O almeno, questo è stato il destino di quasi tutti i miei vecchi commilitoni durante la mia carriera: l'ho sempre trovato dannatamente triste. Quello che ho fatto, l'ho fatto non perché volessi essere un eroe: ma perché non c'era nessun altro per farlo."
"Papà?"
"Sì?"
"Cos'è il saluto militare?"
                                                                                                                                                                                          
"E questo... sarebbe?"
"Caffè. Una bevanda terrestre ricca di implicazioni. Ci sono molti modi tradizionali di prepararlo, io preferisco questo. È molto forte e concentrato: mi ha aiutato a rimanere sveglia.... quando dovevo."
"Non è solo un modo di dire: quando ne ho bevuta per la prima volta una tazza, non ho chiuse occhio per trenta ore. Ti consiglio due sorsi... per cominciare."
 
***
 
Fu solo molto tempo dopo l'iniziazione gastronomica di Elea, quando le bambine corsero via ognuna seguendo i propri interessi, Sihaya a giocare con Urz, le gemelle a guardare "Star Trek" qualunque cosa esso fosse, e Sesat abbandonata al sonno dopo la sua poppata serale, che la dottoressa si trovò di nuovo faccia a faccia con Liara e Hayat da sola.
"Immagino che tu abbia ancora molte domande, Elea. Domande su di me, e da dove vengano alcune delle cose che hai visto." Liara prese la mano dell'umana mentre le parlava: Elea poté solo assentire.
"Alcune di queste risposte potrebbero non piacerti. Per la verità, alcune di queste risposte potrebbero spaventarti... Non c'è un modo facile per dirlo: non rimangono molti segreti fra noi, Elea. Ma questi ultimi... questi ultimi non possono assolutamente scendere da questa nave: nemmeno tutti i membri della mia vecchia squadra li conoscono. Ma tu sei parte della famiglia: se vuoi saperli... se e quando penserai di essere pronta, questi nostri fardelli potrebbero diventare anche i tuoi: voglio che tu sappia però che ti cambieranno la vita. Radicalmente."



Questo capitolo è stato senza dubbio il più difficile da scrivere finora e anche dopo averlo riletto molte volte, forse troppe XD, non sono ancora sicuro che abbia la forma migliore che potevo dargli. Ma a questo punto, si nuota o si affoga, per cui lo pubblico: ogni feedback quindi è più che ben accetto. Poiché inoltre la sorella di Liara e la "torma di bambine blu" erano state già praticamente confermate da ME3, l'unico vero nuovo personaggio di questo racconto è senza dubbio Apostata, ovvero le nostre tenere bambinaie robot.
Qualche informazione in più a proposito:
Apostata è un termine che indica colui o colei che ha formalmente rinunciato alla propria religione, ed è un titolo che è stato portato nella Storia anche da un'imperatore romano, Flavio Claudio Giuliano. La domanda che vorrei porvi ora, lettori è la seguente: è riuscito questo mio Apostata a stuzzicare i vostri sentimenti, e magari guadagnarsi la vostra simpatia?
Fatemi sapere e a presto.


  
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