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Autore: Ginevra89    26/12/2004    2 recensioni
Alla vigilia dell’anno 2100, il mondo cominciava a cambiare la sua fisionomia. Alla vigilia dell’anno 3000, quasi tutto il Mondo Abitabile era stato civilizzato in immense città. Alla vigilia dell’anno 3025, la Lotta era iniziata.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2- The Place within

 

Grigio.

La parola esatta per descrivere la situazione era quello.

Grigio, ovunque. Una nebbia densa, quasi stritolante.

Claustrofobico, pensò distrattamente Rachel, mentre cercava di vederci qualcosa attraverso quella coltre di fumo.

Ecco cos’era in grado di produrre una di quelle maledette bombe modificate.

Dietro di sé, sentì Maeve cominciare a tossire.

“Filtra l’aria…” le disse semplicemente, annoiata. Non le era mai piaciuto fare la mammina.

La ragazza la fissò per un attimo, poi tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e seguì il consiglio.

“Tu non ne hai bisogno…” constatò.

“Ci sono abituata. E ora andiamo.”

Maeve sospirò, poi si apprestò a seguire Rachel nel posto più pericoloso del Mondo Abitabile.

E non potè evitare di darsi mentalmente dell’imbecille.

 

Se Zach fosse stato lì, probabilmente si sarebbe messo a dire “che figata!” per ogni dettaglio che caratterizzava quei luoghi…i posti da bimbi cattivi, sosteneva, erano sempre stati il suo genere. Rachel, invece, camminava lenta e guardinga. Dietro di sé, poteva quasi percepire la tensione di Maeve. Del resto non poteva darle torto. Non ci sarebbe voluto molto a beccarsi una pallottola in testa.

Ed era una cosa che entrambe avrebbero volentieri evitato.

Giunsero in una piazza quadrata circondata da edifici appartenenti con tutta probabilità a un centro affari del secolo precedente. Su un lato erano accatastati alcuni bidoni di latta. Doveva essere il quartier generale di una delle bande meno pericolose. Com’era che si chiamavano? Das, Dos..Disused, qualcosa del genere. Paccottiglia.

Si diressero verso la strada che si addentrava ancor più all’interno.

A pensarci bene, era quasi paradossale, che due ragazze appartenenti a fazioni opposte si stessero avventurando in un posto dove avrebbero dovuto fidarsi l’una dell’altra per riuscire a cavarsela.

Ma sia nella H.O.P.E. che nelle squadre speciali di polizia, una delle principali regole era: se c’è un attacco dei Ribelli, e tu sei vicino, corri sul posto. Puoi sempre servire.

Il fumo si stava diradando, lasciando il posto ad una leggera foschia che rendeva la visibilità maggiore, ma non per questo diminuiva la pericolosità del luogo.

Le sembrò di sentire qualcosa, in lontananza. Un rumore indistinto, eppure così familiare. Il suo cervello elaborò la risposta in un millesimo di secondo. La sicura di un’arma. Tolta.

Si buttò a terra giusto un attimo prima che una scarica di pallottole diametro 2 cm fendesse l’aria, esattamente dove, un momento fa, si trovava la sua testa.

Merda.

“Dietro ai bidoni!!” fece appena in tempo ad urlare a Maeve, prima che una nuova raffica di proiettili le sovrastasse la voce.

Scattò, rapida e agile come un gatto, estraendo un caricatore dalla tasca dei jeans.

Poi cominciò a sparare, ma da dove si trovava non aveva una buona visuale. Sprecò sei pallottole prima di riuscire a colpire il tiratore al braccio. E quello per un po’ non avrebbe dato problemi.

Ma per uno che scendeva, altri spuntavano allo scoperto. Quasi come birilli…e lei aveva sempre odiato il bowling.

Maeve sembrava persa nei suoi sogni, immobile. Comoda la vita.

Sentì qualcosa sfregiarle il piede. L’avevano presa di striscio. E questo non andava bene.

Erano le mie scarpe preferite.

Due colpi precisi, e i cecchini più vicini a lei furono a posto.

Ne mancavano quattro.

Contò rapidamente i caricatori che aveva rimasto. Due.

Non poteva permettersi di sprecare altri colpi, o sarebbe rimasta senza armi, e da sola, visto che Maeve non dava segni di vita.

Puntò il killer più lontano, che sembrava anche quello con la mira migliore.

BLAM!

Mancato.

“Non disturbarti ad aiutarmi, stai pure ferma, senza farti problemi…”

Maeve parve riscuotersi.

“Uh?”

“No, dico, se vuoi che ci uccidano dillo così almeno non spreco un caricatore per niente e glielo lascio integro, no?”

“Scusa…” mormorò a occhi bassi.

Rialzò lo sguardo appena in tempo per vedere un ragazzo che puntava l’arma contro Rachel. La ragazza dagli occhi azzurri era impegnata a sparare nella direzione opposta. L’avrebbe presa in pieno.

“RACHEL!!” gridò.

Vide il proiettile partire. Vide la ragazza abbassarsi, e sfruttò quel momento per sferrare un colpo a sua volta.

E segnò. Il ragazzo cadde a terra esanime.

Rachel non perse tempo in ringraziamenti. Si occupò di uno dei due killer rimasti, e Maeve si concentrò sull’altro. Erano tosti. Di un livello molto più avanzato dei Disused. Maledizione. Avrebbe dovuto immaginarlo. Le notizie viaggiano veloci a War. La voce della loro visita doveva essersi sparsa, e le bande importanti, i “pezzi grossi”, avevano ben pensato di mandare qualcuno a dar loro il benvenuto.

“Ok, in questi bidoni dovrebbe esserci benzina, no?? Quando te lo dico io, dai un calcio più forte che puoi in direzione del tetto e poi spara. Se riusciamo a farli saltare in aria, possiamo allontanarci in fretta e senza fare troppo casino.”

“Casino? Hai detto casino? Ma come, e io che pensavo che fossi una ragazza tutta brava e controllata…mi crolla un mito Rachel!!”

“Ti diverti molto a fare sarcasmo in momenti come questi?” chiese l’altra, mentre entrambe colpivano i bidoni dietro a cui si erano riparate. Erano quasi completamente scoperte.

“Perché, che male fa?” chiese mentre puntavano all’unisono le pistole.

BLAM!

CLICK.

BOOOOOOOOOOOOOOOOOOMMM!!!

Click?

Scarica.

Oh merda.

“Per esempio ti toglie la concentrazione per capire che la tua pistola è scarica?” fece Rachel sarcastica, colpendo il secondo bidone e scattando verso la loro via di fuga.

Maeve le stava dietro.

Svoltarono l’angolo coperte dal fumo dell’esplosione e si infilarono sotto una tettoia. Era coperte, e momentaneamente al sicuro.

“Grazie”

“…”

“Beh, se non sbaglio anch’io ti ho salvato la vita, no?”

L’occhiata di Rachel la congelò all’istante.

“Ti aspetti davvero un ringraziamento?”

Sospirò. “No. Direi di no.”

“Perfetto. E la prossima volta fai attenzione alla pistola, perché se ti si scarica finiamo male tutte e due. Ah, attenta perché è l’unico caricatore che hai.”

“D’accordo…”

Si incamminarono lentamente, prestando attenzione ad essere silenziose.

“E comunque, Rossa?”

“Sì?”

“Bella mira.”

Maeve sorrise.

 

Il Capo ricadde pesantemente sullo schienale della poltrona, levandosi i guanti e la giacca.

Si sentiva quasi….stanco. La posta in gioco era molto alta.

Il tintinnio insistente del suo telefono al plasma lo annunciò che c’era una chiamata importante in arrivo.

Si ricompose quel minimo che bastava e rispose. Ho bisogno di una lunga dormita.

“Sì?”

“Seth, sei in linea? Novità forti e non piacevoli in arrivo. Le nostre fonti rivelano che c’è stato un attacco dei Ribelli dalle parti di casa di una tua cadetta, tale Rachel. Poco prima sempre nel suo complesso residenziale, si era presentata una squadra delle Forze Speciali della polizia.”

La sua attenzione salì ai livelli massimi. 

“E?”

“Beh, sembra che Rachel e un membro della squadra speciale siano entrate in War.”

“Non c’è modo di contattarla?”

“No.”

“Come hanno fatto a scoprirla?”

“Penso che la tenessero d’occhio da parecchio, Seth…”

“Capisco.”

“Ma lei era preparata a riceverli, da quanto mi risulta. Comunque ti mando il rapporto completo di tutto via fax, e, Seth, le avevi dato il fascicolo?” La preoccupazione trapelava dalla voce.

“Prepara una squadra speciale. Mi serve che si spaccino per agenti della polizia e vadano a casa di Rachel a recuperare…i documenti e l’attrezzatura finché lei non torna. Non possiamo permetterci che scoprano i nostri progetti.” Evitò di rispondere l’altro “E, un’ultima cosa…”

“Sì?”

“Trovami Zaccaria…e mandamelo qui il prima possibile.”

“Non è un problema.”

Zach alzò lo sguardo. Una ragazza della H.O.P.E. era davanti a lui, in attesa.

Neanche un maledetto caffè…

…oggi non è proprio giornata.

“Sì?” cercò di usare il tono più gentile possibile, e di non far trapelare il suo nervosismo. L’aveva già vista quella ragazza. Ma dove? Il suo cartellino diceva che si chiamava Grisham. Sheila Grisham. Carina, mora, occhi chiarissimi…non sembrava di quelle parti.

Conoscenza interessante.

“Potresti seguirmi un attimo dal Capo, per favore?” stava chiedendo intanto quella.

Si accorse di essersi perso nei suoi pensieri e si riscuotè improvvisamente.

“Ma certo, se me lo chiedi tu, dolcezza” sorrise seguendola.

La ragazza sorrise a sua volta. “Nn mi si incanta con certi trucchetti..dai, vieni”. Uuuh, la classica Io-Sono-Una-Tosta. Uscirono dal bar.

Certo, se non ti interesso, tesoro, come mai ora ancheggi così?

E con un mezzo ghigno sadico sulle labbra, si apprestò a seguirla.

L’ambiente mutava. I grandi palazzi disabitati, sede di corse clandestine, spacci, risse all’ultimo sangue fra bande, si stavano diradando, lasciando il posto a vecchie case disabitate, probabilmente magazzini d’armi, e, infine, a quello che Maeve temeva di più in assoluto.

“Benvenuti a The Forgotten” mormorò Rachel a mezza voce. Si fermò un attimo appoggiandosi ad un vecchio lampione mezzo per terra, per raccogliere le idee.

Maeve intanto guardava il paesaggio. Non pensava, solo…osservava.

Non sapeva dire che cosa la spaventasse tanto di quel posto temuto da tutti.

Il territorio di nessuno.

Molto tempo prima, le prime bande che occuparono War presero subito dei “pezzi” del posto, dei quartieri. Li scelsero separati tra loro in modo da non calpestarsi i piedi a vicenda nei loro affari. Ma ovviamente ci furono disaccordi molto accesi, soprattutto riguardo a quel luogo, che tutti volevano perché era una vecchia fabbrica di armi nucleari in disuso. Dopo numerose guerriglie, si giunse a un accordo: nessuno avrebbe avuto quel luogo, e nessuno ci sarebbe dovuto entrare, mai, altrimenti i precari equilibri di “pace e rispetto” fra le bande sarebbero stati spezzati. Doveva diventare qualcosa di dimenticato, e fu chiamato The Forgotten. Il territorio fu raso al suolo, e ogni banda mise qualche cecchino di vedetta in modo da controllare che il Patto non fosse violato.  E le cose non erano cambiate.

Non potevi attraversare The Forgotten, perché saresti stato ucciso. Nessuno poteva passare di là.

E se morivi, potevi stare pur certo che nessuno sarebbe venuto a togliere di mezzo il tuo cadavere.

Quanta gente era morta in quel posto dimenticato da Dio, senza poter ricevere una degna sepoltura?

Improvvisamente le venne da vomitare.

“Rachel, io non posso farlo.”

Rachel uscì dalla sua breve meditazione con la stessa rapidità con cui vi era caduta.

“Come sarebbe a dire non puoi farlo? Tu devi farlo, ormai non ti puoi tirare indietro.”

“Senti, tu sarai anche una senzadio, ma io sono religiosa e se voglio morire voglio almeno che qualcuno venga a recuperare il mio corpo, voglio almeno essere sepolta, maledizione!!!” esplose la rossa.

Lo sguardo dell’altra si raggelò tanto da parere nero, invece che azzurro.

“Senti tesoro, non so con chi credi di avere a che fare, ma non sputare sentenze su di me. Tu non mi conosci e non avrai mai modo di conoscermi perché una volta uscite di qui io tornerò alla mia vita e tu alla tua, e tanti saluti. Non provare mai più a dire una cosa del genere o ti prometto che ti farò pentire di essere nata, e dovresti conoscermi quel poco che basta per sapere che le mie promesse le mantengo, non ti pare?” sibilò.

Poi cambiò radicalmente, diventò di nuovo distante, controllata.

“Ho fatto un minimo di calcoli e se siamo veloci e ci copriamo le spalle a vicenda potremo arrivare dall’altra parte vive e intere. D’altronde, passando per l’altra via ci avrebbero ammazzato in meno di tre secondi, e comunque avremmo perso un sacco di tempo, quindi questa è l’unica soluzione possibile.”

“Dobbiamo proprio farlo?”

“Tranquilla Rossa, non posso permettere che ti uccidano, una pistola è sempre meglio di due e voglio strangolarti personalmente.” La prese in giro, e non bonariamente, ma meno malignamente di quanto in realtà avesse voluto. Probabilmente il suo istinto di sopravvivenza le aveva suggerito che era meglio ingraziarsi la tipa per avere più possibilità di sopravvivenza. Se i rinforzi si fossero sbrigati, in ogni caso, sarebbe stato meglio per tutti.

“Ma la regola dice di cercare di salvare i civili o gli innocenti che ci sono, e non di andare per forza a controllare la situazione, anche perché in due saremmo comunque in svantaggio.”

“Stanno arrivando i rinforzi, e anche dalla tua parte credo. E poi non so tu ma io ho un conto in sospeso con questi bastardi…” Un lampo, talmente veloce che pensò di non averlo visto realmente. Ma qualcosa era passato sul viso di Rachel, qualcosa che non la faceva più sembrare così fredda e controllata, la faceva invece apparire fragile, e umana. Ma il tempo di un battere di ciglia, e la ragazza era ancora lì, la stessa espressione sul viso, la stessa voce logica, la stessa aria distaccata.

Poi si avviò, non permettendole di replicare. Sospirò per l’ennesima volta. In fondo, che scelta aveva? Avevano sprecato già troppo tempo, e se fosse tornata indietro da sola si sarebbe fatta ammazzare.

Non poteva che seguire la castana, sperando di cavarsela, e con una domanda fissa in testa, sempre più in rilievo:

Chi sei davvero?…Che cosa nascondi Rachel? 

 

Nevra.

Non sapeva perché, passando in quel corridoio, aveva visto passare una ragazza bionda e l’aveva subito collegata a lei. O forse lo sapeva il perché, ma rifiutava di ammetterlo…la verità era che qualche volta le capitava di pensarla.

Ok, forse un po’ più spesso di qualche volta…

La verità è che andava matto per le ragazze, certo, ma soprattutto per quelle dolci e bionde.

Anche le castane, o meglio alcune castane…

Come una certa Occhi Azzurri che odiava il soprannome che le aveva affibbiato e spesso faceva finta di odiare anche lui. Ma adorava quella ragazza. In un modo strano si erano conosciuti, in un modo strano erano legati…Erano rivali, ma erano amici. Perché Rachel sapeva che Zach c’era sempre, e probabilmente le scocciava parecchio, ma quando non c’era…beh, forse stava meglio. O perlomeno era quello che diceva sempre. Ma faceva capire che in realtà gli mancava. Erano come fratelli.

Zach adorava Rachel e la prendeva com’era, una fredda e distaccata ragazza che in fondo, molto in fondo, aveva anche dei sentimenti. Ma li teneva solo per sé.

Erano arrivati all’ufficio. Sperava solo che non fosse successo niente di strano.

Si congedò da Sheila con un baciamano, e la ragazza sorrise e gli mollò un coppetto.

“Già prendiamo confidenza, bellezza…meno male che ti vuoi mostrare distaccata!!”

Lei lo guardò con aria sprezzante, ma si vedeva benissimo che le veniva da ridere. Poi voltò sui tacchi e se ne andò.

Zach diventò improvvisamente serio, si voltò verso il portone, bussò come da manuale ed entrò dopo essere stato invitato.

Ascoltò il Capo, e man mano che quello parlava, sentiva lo stomaco chiudersi.

Si prospettavano casini.

 

Il tempo sembrava essersi fermato. Aveva messo prima un piede, poi l’altro, e poi era ufficialmente entrata in The Forgotten. Se giusto qualche settimana prima qualcuno le avesse detto che sarebbe finita ad attraversare il punto più pericoloso e temuto del posto che odiava di più al mondo, in compagnia della ragazza che doveva catturare e che aveva fatto saltare la sua copertura, e diretta verso il covo delle bande più pericolose, alias verso l’ignoto, probabilmente l’avrebbe preso allegramente a calci in culo fino al manicomio più vicino. Proprio imprevedibile la vita.

Rachel aspettò che si posizionasse dietro di lei, poi, schiena contro schiena, procedettero rapide. I loro passi veloci sembravano quasi ovattati, immersi in quell’atmosfera di calma surreale.

Non un suono.

Tutto era immobile.

Forse le sentinelle erano davvero state richiamate dal caos della bomba e se ne erano andate. Maeve sperò con tutto il cuore che fosse così.

Continuarono ad avanzare, gli occhi ben aperti, le orecchie ritte, pronte a percepire qualunque suono estraneo.

Continuavano a percorrere The Forgotten.

Erano arrivate quasi a metà quando si scatenò l’inferno.

 

Il piano era semplice. Travestirsi da poliziotto, entrare in casa, requisire i documenti e l’attrezzatura.

Zach camminava nella sua divisa con l’aria più fiera possibile, tronfio come i pezzi importanti della gerarchia. O almeno ci provava.

Era abbastanza speranzoso.

Quando però arrivò davanti al complesso residenziale di Rachel, e vide le 20 volanti della polizia, cominciò a preoccuparsi.

Individuò subito quello che doveva essere il capo, un uomo sulla cinquantina, non troppo alto e dal piglio severo e pignolo.

“Agente Gregory Aliard, sono venuto qui per perquisire l’appartamento come avevate detto.”

“Ah Gregory, ben arrivato…so che sei un buon agente della scientifica, tuo padre mi ha parlato molto di te, ti sei laureato con pieni voti no? Beh te l’avevo detto che quel professore era molto…comprensivo. D’altronde, è mio cugino…” fece con aria complice.

Schifosi venduti.

“Comunque” aggiunse vedendo che gli altri agenti si avvicinavano “mi auguro che tu abbia studiato, perché dovrai controllare l’appartamento da cima a fondo. La serratura è ancora chiusa, tutto è stato lasciato com’era in tua attesa. Prego, va’ pure.”

Che Aliard avesse studiato non era un suo problema. Esisteva davvero un Gregory Aliard, peccato che ora si stesse facendo un viaggetto nel mondo dei sogni, ma questo, ovviamente, il sergente non poteva saperlo.

Doveva agire in fretta.

Sicuramente, da raccomandato qual era, il signor Aliard non si era preso la briga di imparare come forzare una porta al plasma, anche perché pochi ce la facevano, quindi utilizzò il metodo che probabilmente il vero Gregory avrebbe adottato: prese due armadi a quattro ante con la divisa, e dopo due poderose spallate la porta chiusa non fu più un problema.

Con la scusa della privacy per la concentrazione o qualcosa del genere, riuscì a far allontanare gli altri verso il Bar. Controllò per sicurezza. Una goccia di sudore gli scivolò giù dai capelli, biondi per l’occasione, per la pelle abbronzata, fino agli occhi azzurri. Biondo e occhi azzurri, pelle ambrata…doveva abitare dalle parti del mare questo Aliard. Un riccastro.

Gli ultimi agenti si diressero a controllare le zone circostanti per vedere di localizzare Rachel e la loro amichetta, la tipa della reception. L’aveva vista qualche volta, di sfuggita.

Bene, era solo.

Ripulì la stanza delle prove e degli oggetti in fretta, assicurandosi di aver fatto tutto secondo le regole. Controllò l’appartamento tre volte. Tutto nella norma.

A posto.

Sperava solo di riportare quei gingilli alla proprietaria il più presto possibile.

Raccolse tutto, lo ficcò nella ventiquattrore e si apprestò ad uscire.

E questo cos’è? Si disse accorgendosi di un fascicolo sconosciuto fra gli appunti.

Probabilmente non ci dovrei guardare, ma…

No, non ci devo guardare. Sono o non sono un agente della H.O.P.E.?

Gli venne da ridere.

La tentazione di sbirciare era forte.

 

Se ne andò senza troppi problemi. Era filato tutto liscio.

Arrivò alla Base cinque minuti dopo.

Era entrato in un pub sperduto e maleodorante sulla settantacinquesima, appena accanto alla linea di vecchie abitazioni che segnavano il confine con War. Nessuno lo aveva visto entrare nei bagni a cambiarsi, nessuno lo aveva visto uscire. Il barista sembrava troppo occupato a preparare qualche busta di polvere bianca, probabilmente qualche droga aggiustata con detersivi o roba del genere, per badare a lui.

Arrivò alla base inosservato, come quando se n’era andato.

La ventiquattrore era stata sostituita da uno zaino in tessuto antiproiettile, “aggiustato” con borchie e catene sopra in modo da sembrare lo zaino di un rapper. Il suo zaino preferito.

Sheila lo fece passare per andare dal Capo. Doveva essere una delle segretarie più importanti, una di quelle della fascia interna, con un ruolo importante quasi quanto quello suo e di Rachel, perché non l’aveva mai vista. I lavoratori della fascia interna non li vedevano mai, ma erano loro che affibbiavano le missioni e tenevano aggiornati i database, malgrado fossero perfettamente in grado di farlo anche le varie spie che lavoravano alla H.O.P.E., ma il Capo aveva preferito dividere tutti in settori, per rendere il lavoro più funzionale. Magari proprio Sheila si era preoccupata di trovare le informazioni su Gregory Aliard, mandare una squadra a sparargli una pallottola al sonnifero comune e a sistemare i dettagli;e di fornire a Zach gli strumenti necessari per diventare come lui. Era bravo a imitare le persone nel corso delle missioni. Anche Rachel lo era.

Ecco.

Cercava di distrarsi, ma il suo pensiero tornava sempre inevitabilmente a lei. Rachel. Chissà come stava. Era preoccupato per lei, sperava che il Capo avesse sue notizie.

Intanto, era nuovamente arrivato alla porta laccata bianca. Bussò per farsi riconoscere, e gli parve di sentire un “avanti”, quindi entrò.

“Missione compiuta, Capo.”

Aspettò che il Capo gli dicesse qualcosa, ma la sedia era voltata contro il muro.

Dopo le sue parole, si girò.

Ma sulla sedia non c’era il Capo.

C’era suo padre.

 

*******************************************

RAGAZZI!!! BUON NATALE ANCHE SE IN RITARDO!!!! ^_______^

Beh, che posso dire…ecco il secondo capitolo!! Eh eh eh eh…piaciuto il colpo di scena? (No, eh?) E vabbè, raga’, io ci ho provato, migliorerò!! (Spero.. ^-^)

Allora, che ne pensate? Cominciano a mescolarsi le carte in tavola, e quindi a crearsi i primi casini!! Chissà come staranno Rachel e Maeve….se la caveranno o finiranno peggio di una groviera? E che ci fa il padre di Zachary sulla sedia di Seth?

Ok lo confesso ha preso il posto del Capo perché lui era venuto a festeggiare con me :DDDDDDDDDDD Va bene basta!!

Fatemi sapere che ne pensate mi raccomando…

E ora passiamo ai ringraziamenti:

 

Ame: grazie!!!!! ^____________^ Mi hai fatto davvero molto piacere con la tua recensione, non so perché il carattere è venuto così grande, io ne avevo selezionato uno più piccolo O___O Mah, avrò incasinato tutto come al solito ‘^_^

Comunque grazie mille, continua a seguirmi!! 1 bacione

 

Mucchilla_Cinghillo: grazie, mi hai lasciato una recensione lunghissima, non me la sono presa e mi hanno fatto piacere sia i complimenti che le critiche!! ^________^

Ho cercato di correggermi, spero che così l’insieme risulti più leggero, che te ne pare?

Sì, la tua storia l’ho letta, e mi piace anche molto!!

Se devo essere sincera, l’ispirazione l’ho presa dalle Charlie’s Angels :DDDD Mi è piaciuto molto il film e mi hanno sempre attratto le organizzazioni di spionaggio, e dopo aver letto un libro di fantascienza, diciamo che ho voluto provare a sfidarmi e così è nata la storia!! Anche perché ho bisogno di esprimermi e spero di riuscire a farlo attraverso la carta. Se ti sembra che abbia preso qualcosa dalla tua storia mi dispiace, non era mia intenzione!! Il fatto è che dopo aver letto qualcosa, mi rimane nella mente, e magari quando vado ad ampliare una storia, mi vengono in mente quelle idee in forma diversa…non so se mi sono spiegata, è un po’ complicato ^_^. Per quanto riguarda il carattere, io ne avevo selezionato uno molto più piccolo, ma poi è venuto fuori spropositato!! O_______O Boh…

Uhm, forse effettivamente sono stata un po’ pesante, spero di aver alleggerito in questo capitolo, anche se sono un po’ pignola e forse per questo tendo a specificare tutto ^__^. Per quanto riguarda la forma colloquiale, d’oh, a me non sembrava…forse rileggendo però ho trovato i punti che tu citi…in questo capitolo mi sembra di aver eliminato questi errori, tu che ne pensi?

Beh dai, invece di mettere la presentazione lunga all’inizio, l’ho posticipata e l’ho messa alla fine!! ^______^ Dai, scherzo…comunque continua a seguirmi e fammi sapere che ne pensi, eh!!! Ci conto!!!

Un bacione

 

Dai ragazzi…commentate please!! ^________^

Ci tengo a sapere che ne pensate!!!!

 

Bacioni e ancora auguri!!!

 

Ginevra

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

  
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