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Autore: Akilendra    25/05/2014    1 recensioni
Gli Hunger Games sono giochi senza un vincitore, ventitrè ragazzi perdono la vita, l'ultimo che rimane perde sè stesso in quell'arena, non c'è nulla da vincere, solo da perdere. Nell'arena si è soli, soli col proprio destino, Jenna però non è sola...
Cosa sei disposto a fare per non perdere te stesso? E se fossi costretto a rinunciare alla tua vita prima ancora di entrare nell'arena?
Gli Hunger Games saranno solo l'inizio...
(dal Capitolo 1):
"Un solo rumore e so che lei è qui...l'altra faccia della medaglia, il mio pezzo mancante, la mia immagine riflessa allo specchio, una copia così perfetta che forse potrebbe ingannare anche me, se non fosse che io sono la copia originale dalla quale è stata creata. Dopotutto sono uscita per prima dalla pancia di nostra madre, quindi io sono l'originale e lei la copia."
(dal Capitolo 29):
"'Che fai Jenna?'
Mi libero della menzogna.
'Che fai Jenna?'
Abbraccio la verità.
'Che fai Jenna?'
Mostro l'altra faccia della medaglia."
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Angoletto dell'autrice: Eccomi di nuovo qui! Mi dispiace di aver abbandonato per un periodo questa ff, purtroppo l'altra storia che sto scrivendo mi ha rubato tutta l'attenzione. Comunque ora sono qui e questo è l'epilogo, finalmente, per prima cosa perché sono contenta di aver portato a termine la mia prima long e poi perché non mi piace fare due cose insieme ed in questo modo avrò la mente sgombra pronta a lavorare all'altra ff. Devo sul serio ringraziare moltissimo tutte le persone che hanno dato fiducia alla mia storia e l'hanno messa tra le seguite, ricordate e preferite. Grazie mille a chi ha recensito anche solo una volta e ancora di più a chi ha seguito con assiduità ogni capitolo, l'ultimo grande regalo sarebbe farmi sapere cosa ne pensate un'ultima volta, è veramente importante! Che altro c'è da dire? Grazie, grazie, grazie!








Caro Dottor. Johnson,
Le scrivo questa lettera perché ho tanto piacere di sapere come sta e perché mi mancano terribilmente le sue sedute di psicoanalisi nel distretto 13...
Non è vero, le scrivo questa lettera perché me lo ha chiesto lei e a dire la verità preferisco impugnare carta e penna nel salotto di casa mia che sedermi a parlare seduta sul lettino dell'infermeria del 13, come facevo qualche mese fa. Spero non si offenda, confido che non lo faccia, mi ha sempre dato l'idea di un tipo intelligente.
Le cose sembrano okay da quando mi sono trasferita al distretto 12, non vanno ancora "bene", ma sono okay. Ci sono giorni in cui guardo i boschi dalla mia finestra e sento nostalgia di casa, ma mi sono trasferita qui apposta, per andare avanti ricordando il passato, ho questa ossessione per il rendere onore a tutte quelle persone che non potranno mai vedere questa nuova Panem. Ecco perché ogni giorno appena mi sveglio li guardo, i boschi che vedo non sono belli come sono quelli di casa mia...come erano, ora sono cenere.
A proposito di cenere, gliel'ho detta questa cosa della fenice? Il fatto di rinascere dalle proprie ceneri...non trova sia perfetto? Voglio essere una fenice, ci credo così tanto che me ne sono fatta tatuare una dietro la schiena, Jo dice che sembra un piccione, a Katniss invece piace. Anche a Sam piace, dice che è sexy, l'altro giorno mentre stavamo...okay, va bene che è il mio strizza cervelli, ma forse certe cose dovrei tenermele per me...
Mi manca molto Anna, sa? Mi succede tante volte di ripensare a quel giorno, a quei paracaduti argentati, a quei bambini massacrati per niente. Quando li rivedo ogni notte nei miei incubi e mi risveglio sudata e ansimante, sono contenta di aver votato contro l'ultima edizione degli Hunger Games che la Coin voleva istituire. Anche Anna doveva trovarsi là quando i secondi paracaduti esplosero, ma per un fortuito caso del destino è arrivata troppo tardi.
Una parte di me sperava che si sarebbe trasferita anche lei nel 12, quando non l'ha fatto ero sicura che sarebbe tornata a casa, al distretto 7 e invece è andata nel 2, so che stanno costruendo un grande ospedale lì e che lei sta studiando per diventare una dottoressa.
Ma alla fine, quando mi passa la nostalgia e tutto, so che infondo è meglio così, Anna più di tutto mi ricorda il passato e nonostante la ami incondizionatamente, non so se posso perdonarla per questo. Anna è cenere.
Pensavo che anche Johanna sarebbe ritornata al 7, neanche lei lo ha fatto. Si è trasferita nel distretto 4, lei dice momentaneamente, ma io so meglio di chiunque altro che non lascerebbe mai da sola Annie, non ora che ha da crescere il figlio di Finnick.
Finnick.
Da quando è...da quando lui è...

Non so se è in qualche modo rilevante per la mia terapia, né se devo scriverglielo in questa lettera, ma dall'ultima frase a questa è passato un giorno. Sono scoppiata a piangere, non ce l'ho fatta a continuare e ho smesso di scrivere. Dato che oggi mi sento un po' più forte di ieri, rieccomi qui.
Non le garantisco che questa lettera le arrivi in tempi brevi, potrei impiegarci vari giorni a scriverla, è così doloroso..."rimettere insieme i pezzi richiede dieci volte il tempo che serve per crollare".
Ogni tanto vado al distretto 4 a trovarle, ho paura per Annie. È così fragile, un'onda in un mare in tempesta, ho paura si perda, ho paura si infranga contro uno scoglio. Certe volte scivola lontano, risucchiata da chissà quale ricordo, si tappa forte le orecchie per non far entrare le voci del passato. Quando succede, Johanna è sempre lì, le toglie le mani dalle orecchie e le passa le dita fra i capelli finché non torna indietro dall'oblio. Ho paura anche per Jo, nonostante sembri che nulla possa toccarla, nonostante sembri una roccia che non può essere scalfita, so che è fragile quanto Annie, solo che lei non ha nessuno che la riporti indietro dall'oblio, perciò cerca di non sprofondarci.
Ma a spingere entrambe verso la luce c'è il piccolo Atlas. La prima volta che ho incrociato i suoi occhi è stata una coltellata al cuore, sono identici a quelli del padre, mi sono chiesta come facciano Annie e Johanna a guardarlo ogni giorno, poi ho capito che anche loro stanno cercando di essere delle fenici ed Atlas è la vita che nasce fra le ceneri.
Probabilmente ora, se lei fosse qua, mi inviterebbe a parlare di più di me, la verità è che mi sento un po' vuota, sto cercando di cercare qualcosa da fare. Da quando il nome di mia sorella è stato estratto da quella dannata ampolla ho avuto molti obiettivi: salvarle la vita, sopravvivere nell'arena, tenere nascosta la mia identità, proteggere le persone che amavo, uno dei miei ultimi obiettivi è stato uccidere Snow.
Quel momento me lo ricorderò per tutta la vita, la mia spada era sguainata e la sua lama sottile luccicava sotto la luce, davanti a me c'era Katniss, l'arco teso, la freccia incoccata, lui era inginocchiato tra di noi, inutilmente legato. Come avrebbe potuto scappare? Se anche la freccia di Katniss non avesse centrato il bersaglio, la mia spada sarebbe stata veloce a tagliargli il collo.
Ma Katniss non mancò il suo bersaglio, solo non era quello che tutti immaginavamo.
L'avevo capito, mi aveva guardata negli occhi un secondo prima e giuro, l'avevo capito. La sua freccia i conficcò nella tempia della Coin, mentre la risata di Snow riecheggiava nell'aria.

Ci ho parlato con quel serpente velenoso del presidente, sai? Proprio prima dell'esecuzione, abbiamo parlato a lungo, ma non ti dirò cosa ci siamo detti, ti dico sempre tutto, ma questo no, ho promesso che non l'avrei detto a nessuno ed io che non sono un viscido rettile squamoso come era lui, mantengo sempre le mie promesse.
Comunque anche se Katniss mirò più in alto di come era previsto, io mantenni il mio bersaglio e la mia spada tracciò un arco perfetto decapitando quello che per anni era stato la rovina di Panem.
Non l'ho mai condannata per il gesto di quel giorno, nemmeno quando all'inizio tutti l'hanno fatto, nemmeno quando le guardie l'hanno portata via, anzi ho parlato in sua difesa al suo processo.
Ci stavo pensando l'altro giorno, mentre l'aiutavo a pulire la selvaggina che aveva cacciato. Mi ha chiesto se ero io che ogni giorno, mentre era prigioniera in attesa del suo processo, cantavo fuori dalla sua porta, ha detto di aver riconosciuto la mia voce, non le ho risposto, ma lei mi ha ringraziato lo stesso, dice che è grazie alla mia voce che mentre era lì dentro ha ritrovato la sua.
Tutta questa premessa era per dire che ora che ho esaurito anche l'ultimo dei miei obiettivi, non ne ho più uno e non riesco a trovarlo. Sono stata per così tanto tempo impegnata a cercare di sopravvivere, che ho perso di vista cosa vuol dire vivere. Ho l'impressione che dovrò rivedere le mie priorità, magari lei può darmi una mano, è o non è il mio strizza cervelli? Si dia da fare!
Penso che anche Katniss faccia fatica ha trovare un nuovo obiettivo, è un po' il problema di noi vincitori, credo. Ogni tanto la sento parlare da sola, dice cose del tipo:" Il mio nome è Katniss Everdeen. Ho diciassette anni. La mia casa è il distretto 12..." Lei pensa di pensarlo e basta, in realtà lo sussurra tutte le volte. Un giorno mi ha beccata che la fissavo mentre lo faceva e mi ha spiegato tutto. È davvero un giochetto stupido. Dice che le serve a non perdere i contatti con la realtà, a ricordarle chi è, dice che dovrei farlo anch'io. Io non lo faccio, non voglio ricordare chi sono. È che non penso di essere esattamente una bella persona, è più forte di me. Sam dice che devo smetterla di avercela con me stessa, in realtà ce l'ho con tutto il mondo, solo che a lui del mondo non importa granché, vuole solo che smetta di incolparmi un po' di tutto. Sam è la mia medicina ed io sono la sua e nonostante certe volte mi spaventi a morte con quei suoi discorsi sul matrimonio e sui bambini, lo amo, se possibile ogni giorno di più. A proposito di bambini, seriamente, non ci penso nemmeno ad averne uno, non ancora almeno ma... L'altro giorno mi sono sorpresa a pensare che se mai ne avessi uno e fosse maschio, lo chiamerei Ares, quando l'ho detto a Sam lui mi ha risposto che era un bellissimo nome. Ripensandosi su forse lo avrebbe detto per qualsiasi altro nome, il fatto che parlassi di un bambino era già un evento speciale.
Comunque ho promesso al mio ragazzo che proverò a non vedere solo il bianco e il nero nelle cose, a non guardare il mondo come fosse a senso unico, "Devi vedere l'altra faccia della medaglia" da detto. (L'altra faccia della medaglia...ironico parlarne proprio con me, non trova?) "Ci sono infinite sfumature di grigio" ha continuato, ma a me il grigio non piace, è il colore della cenere, perciò ho optato per l'azzurro. Per me tra il bianco e il nero, c'è l'azzurro.
Azzurro come gli occhi di Sam, azzurro come il mare del 4, azzurro come il cielo del distretto 12, azzurro come azzurra è per me la speranza. Oggi Dottor Johnson, mi sento azzurra.


P.S: A proposito, la tratti bene e non si sprechi a far finta di non sapere di chi sto parlando. Lo so che sta con Anna, certe cose una sorella le capisce. Mi sta bene, solo, abbia cura di lei e non le dica di queste lettere. Non le permetta di avere nostalgia di casa, non le permetta di dire che le manco, non le faccia ricordare il passato, la lasci fare l'egoista, la lasci dimenticare. A rendere omaggio per chi non potrà mai vedere questa nuova Panem ci sono già io e di due gemelle, una basta e avanza.

P.P.S: Ah...non è vero che non so se riuscirò a perdonarla. Nonostante mi ricordi continuamente il passato, nonostante più di tutto sia cenere, Anna è mia sorella, l'ho già perdonata e la perdonerò sempre.
Ma pretendo che questo rimanga un segreto tra strizza cervelli e cervello strizzato.


Con affetto, la sua quasi cognata
  
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