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Autore: TizianaLaudani    25/05/2014    2 recensioni
Quando l'amore chiama, qualcuno deve rispondere.
Helena ha diciannove anni e un sorriso elettrizzante, è innamorata della vita e vuole fare la scrittrice.
Andrea invece non si innamora mai.
Ha quasi ventitré anni e una vita apparentemente meravigliosa fatta di moto, feste e divertimenti,
eppure nasconde qualcosa.
La morte della madre lo ha cambiato, rimescolando centinaia di volte la sua vita.
"Quando ti ritrovi ad avere tutto dalla vita e ti rendi comunque conto che ti mancano le cose essenziali.
Quando hai almeno quattro camere da letto e nessuno con cui dormire, quando il destino gioca a dadi col tuo cuore, è quello il momento in cui ti rendi conto che è meglio perderlo che farci i conti tutta la vita."
Due vite che non possono combaciare, due caratteri che non si incastrano mai abbastanza.
E poi l'amore.
Uno di quegli amori che no, non si direbbe, eppure?
Uno di quegli amori che ti regalano sguardi e parole con cui dovrai fare i conti tutta la vita.
Andrea ed Helena.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quarto Capitolo.
CHI(AMAMI) AMORE.



Guardo gli occhi di Roberto e mi rendo conto soltanto adesso di quanto mi stavano già scrutando.
"Sei stanca?" Mi dice e io sorrido.
"Non troppo." 
"Mi dispiace di aver ritardato così tanto."
"Oggi avevamo pochi appuntamenti e ho svolto egregiamente il mio ruolo."

Chissà dove sarà stato per tutto il tempo, spero soltanto che non abbia avuto l'opportunità di vedere Andrea e di parlarci.
Non posso far altro che pensare ad Andrea e allo sconosciuto della festa, che poi sarebbero la stessa persona.
E mi sento una stupida per non essermene accorta subito, come ho fatto a non riconoscere i suoi occhi? Il pensiero di noi due insieme, mi mette particolarmente in imbarazzo, e mi sento due volte stupida perché con lo sconosciuto di imbarazzo non ne avevo neanche un po'.
Ma lo sconosciuto è Andrea!
Ecco, adesso vado nel panico più assoluto.
Avrei fatto volentieri sesso con un pazzo conosciuto per caso ad una festa in maschera e adesso invece che il pazzo ha un nome, anche solo l'idea mi manda in tilt il cervello.Il fatto è che implicherebbe certe cose, ad esempio la possibilità di non soddisfarlo, oppure la possibilità che mi piaccia sul serio.Tutta questa storia, insomma.
E se poi m'innamoro? Andrea è stato abbastanza chiaro e io di starci male non ci penso proprio.
Ma è anche vero che Andrea non mi sta abbastanza simpatico, tutt'altro.
E' un bambino capriccioso e non ha nulla da darmi se non...
ecco si, si è capito.
"Ti va se parlo un po' con te?" Roberto mi riporta alla realtà, si siede accanto a me e poggia i gomiti sulle gambe, tenendosi la testa con entrambe le mani.
"Mi dica." Scherzo io.
" Sono ancora un ragazzino, ti prego, dammi del tu, altrimenti diventa tutto poco accogliente, freddo e triste." 
"Sono abituata a dare del lei a tutti i clienti e poi mi sembra che anche lei..."
sorrido. "volevo dire tu, mi stia parlando col dovuto distacco, penso sia normale, quando si parla con estranei." Roberto mi sorride e sembra un cucciolo.
"Qualche volta si è più vicini agli estranei, che alle persone con cui si parla sempre."
"Sembri così triste."
"D'altronde vado dallo psicologo."
E ride.
"Di cosa mi vuoi parlare?"
"Mi sono innamorato." Mi metto a ridere.
"E sei qui per questo?"
"E' che quando hai una cosa bella tra le mani finisci sempre con l'aggrappartici."
"Non mi sembra una cosa triste, o no?"
"E' triste se la cosa a qui ti aggrappi non è tua."
"Ah."
Mi guarda e sospira.
"Non è una vera storia, la mia."
"Una storia per essere vera non deve per forza durare in eterno, ci sono storie belle da morire che ad un certo punto finiscono, ma sono state comunque belle da morire, non credi?

"Hai ragione, ma una storia, per essere vera, deve quanto meno cominciare."
Alzo lo sguardo per incontrare il suo, ma sfugge, a questo punto mi alzo e mi avvicino a lui. 
"Chiudi gli occhi." Gli dico, asciugando qualche lacrima scesa con amarezza. "e parlami di lei, raccontami qualcosa di voi due, sfogati."
"Sicura?" 
"Sicura."

Roberto chiude gli occhi e sospira, poi comincia a parlare.
"Lei alza la mano e mi saluta; i capelli che le volano dietro e le guance rosse. 
A volte sembra che il vento esista solo perché le sta bene addosso, solo perché nessuno può spettinarle i capelli come riesce a fare lui.
Le sta bene sulla pelle, si vede. 
Lei è fresca come il vento, imprevedibile come il vento, delicata e forte come il vento, le sta bene sul collo, sulle mani, sulle spalle, le sta bene addosso.
Ha lunghi capelli chiari e un rossetto rosso sulle labbra.
-Scusa per il ritardo.- Mi dice. 

-Non preoccuparti.- Rispondo io. 
Si avvicina, mi lascia un lieve bacio sulla guancia e il mio cuore gioca a fare il martello pneumatico. 
- Ma che fai? Mi dico. Come diavolo ti permetti?- Dico invece, al mio cuore.
-Smettila di fare il bambino e non correre; qui chi arriva primo non vince nulla. -
E' bella come il mare quando è tranquillo, è bella come la notte quando dormono tutti e c'è un silenzio che ti spiazza. E' bella come il vento, sì.
Sto un po' a guardarla ma lei non se ne accorge. 
Socchiude gli occhi e mi accorgo di quanto mi è mancata in questi giorni. 
-Ciao. -Le dico e lei sorride. Ha un sorriso così caldo che Dicembre diventa estate e poi quando sorride sembra una bambina.
-Ciao. -Sussurra lei e si avvicina di più. - com'è andata oggi? -
- E' stato tutto un casino, sono distrutto.- Mi guarda per qualche secondo e dopo sorride di nuovo; 
ha un modo di guardare le cose e le persone che a volte mi chiedo se è davvero soltanto una ragazza e se non ha già visto il bello e il brutto della vita insieme.
-Almeno non ti sei annoiato.-

 No, mi verrebbe da dirle,no, non mi sono annoiato perché ho pensato a te, mi verrebbe da dirle.
Penso a te in ogni attimo e mi sembra di vederti ovunque, negli occhi delle persone, sui libri di storia, nei quadri di casa mia.
Mi sembra di vederti per strada, nei negozi, sul divano, mi sembra di vederti mentre cucini qualcosa di buono, mentre ridi o studi."

Roberto sta in silenzio per qualche secondo e poi spalanca gli occhi, guardandomi come nessuno mi ha mai guardata, poi li richiude, come perso in quel suo strano racconto. 
"Sei negli occhi. Per questo ti vedo sempre, perché sei entrata nei miei occhi.
E come devo fare? 
Come faccio a dirti che sei meglio delle stelle la notte tardi? Meglio di una corsa in moto, dei biscotti al cioccolato, meglio di una birra con gli amici, meglio della champions, delle Domeniche d'Agosto, delle canzoni che sembra ti rimettano al mondo. Come faccio?
- Sei meglio delle altre, di tutte le altre -, mi verrebbe da dirle. Ma sto zitto e mi mordo la lingua.- E tu?Ti sei annoiata oggi? - Le chiedo."

Mi sento in soggezione e mi rendo conto che chiunque lei sia, è molto fortunata ad avere intorno un uomo innamorato come lui, Roberto sta per ricominciare con il racconto ma lo batto in velocità. 
Ha parlato di lei e di quel giorno come se fosse rimasto ancora a quei momenti. 
"Lei non lo sa?"
"E come potrebbe?
"Dovresti dirglielo."
Gli sorrido, provando a rincuorarlo. 
Voglio bene a Roberto e sapere che sta male, mi fa stare male.
"Non ho il coraggio."
Lo aiuto ad alzarsi e lo abbraccio.
"Chiudi lo studio e usciamo. Andiamo dove vuoi, basta che non pensi più a lei."
"
Una parola." Roberto mi sorride ed entrambi usciamo.
Mentre guida lo scruto per un po', è così strano vederlo in queste vesti, Roberto è sempre stato uno che ama il gioco, che non vuole impegnarsi, eppure eccolo qui, innamorato come un matto e in cerca di attenzioni.




Pov Andrea.
Se Helena fosse furba, verrebbe a letto con me.
E invece no.
Scoprire che la ragazza della festa è lei, mi ha causato non pochi problemi, ma non intendo rinunciare.
E' la prima al mondo che mi respinge, sarà forse lesbica?
Magari ha talmente tanta paura di godere che si allontana da me.
L'Helena della festa è sexy, intrigante e perfetta, ma l'Helena dell'incidente è tutt'altro, è fredda, contenuta e aggressiva, anche se mentre parlavamo seduti sulla panchina ho avuto l'impressione che fosse dolce.
In così poco tempo ho conosciuto così tante sfaccettature di lei, da non capirci nulla.
Mi sembra una che vive in un mondo a parte, una di quelle svampite che non ricorda mai dove ha messo il cellulare ma sa perfettamente l'ultima pagina del libro che ha letto. 
Eppure dietro l'aria da professoressa bacchettona, si nasconde una pantera, ne sono certo.
Vorrei poter paragonare Helena alle altre, ma non posso.
Helena con  me non ci vuole stare e questo mi fa incazzare, ma la cosa che davvero mi manda fuori di testa, è il modo in cui io sto impazzendo per averla nonostante lei non mi voglia.
Ma l'unica cosa che so adesso è che sarà mia. 
"Andrea." Mio padre entra in camera mia e io sussulto.
"Come cazzo sei entrato, papà?"
"Ho la chiave, ricordi?"
"Che vuoi?"
"Sono preoccupato."
"Per cosa?"
"Ti stai lasciando andare, Andrea. Alex ti ha visto andare a lavoro con tre ragazze, venerdì."

Alex è l'amico di mio padre e a volte vorrei non conoscerlo.
"Il sesso non ha mai ucciso nessuno."
"Ma la solitudine si."
"Io non sono solo."
Mento, mentre gli occhi di mio padre mi perlustrano dentro. 
Mi ricordo quando da bambino mi guardava per qualche secondo e poi mi diceva - scommetto che sai già quello che sto per dirti" e io lo sapevo davvero. Poi abbassavo gli occhi e lui correva ad abbracciarmi. 
Era così bello non dover pensare a niente, sprofondare in un abbraccio e basta. 
"La mamma non vorrebbe questo."
" E cosa vorrebbe la mamma?"
"Vorrebbe che riprendessi gli studi, che ti impegnassi di più nella vita, vorrebbe vederti innamorato e vorrebbe sapere che sei felice, che ti manca e ti mancherà sempre, ma sei felice."

"Lasciala fuori da questa storia, papà."
"Ho lasciato che tu andassi via dalla nostra casa, ma non lascerò che tu vada via dalla nostra famiglia, Andrea."
"Non esiste più la nostra famiglia, papà."

"Non puoi continuare così, respingendo tutti, bevendo come se non ci fosse un domani e trattando le donne come se fossero delle puttane!"
"Mi devi lasciare vivere, papà!"
"Non è così che si vive, ho bisogno che tu mi parli! "

Prendo le chiavi della macchina e vado via, trattenendo il respiro.
"Non ho niente da dire."
Le auto sfrecciano veloci, come i miei ricordi.
Vorrei non dover pensare sempre a questa storia, vorrei poter dire che la vita continua, ma era mia madre, cazzo.
Ed era la mia famiglia.
L'unico modo per non soffrire è tenere tutti a distanza debita, per non dover perdere mai nessuno.
Ho paura che se mi concedo un briciolo di felicità,questa mi si rivolterà contro.
Accendo le frecce e svolto a destra, dirigendomi verso uno dei soliti locali. 
Parcheggio neanche troppo bene e scendo dall'auto.
Mentre sto per aprire la porta del locale portando una mano sulla maniglia, un'altra mano si sovrappone alla mia, sento una risata e poi mi ritrovo gli occhi di Helena addosso.
"Scusa, stavo ridendo con Roberto e non ho visto che stavi entrando anche tu." La vedo distaccata e imbarazzata ma i suoi occhi mi rapiscono, nonostante tutto.
"Che ci fate qui?"
"Niente di particolare."
Risponde Roberto e poi la trascina dentro senza aggiungere altro.
Si siedono in un tavolo remoto del locale mentre io mi ordino qualcosa di forte al bancone.
Vorrei poter parlare con Helena ma con Roberto intorno, sarebbe impossibile instaurare il dialogo che vorrei. 
Helena si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorride, mi chiedo cosa si staranno dicendo.
Sono certo che Roberto abbia una cotta per lei e questo non mi creerebbe alcun problema, se non fosse che ogni volta che la incontro, ce l'ho tra i piedi. Che noia che sono le donne, infondo basterebbe una scopata e basta, non chiedo mica chissà cosa.
Una ragazza si siede vicino a me e a questo punto non posso far altro che sorridere.
"Aspetti qualcuno?"
"Aspettavo te."

"Cosa guardi?"
"Sciocchezze."
Le sorrido radioso. " Come ti chiami?" 
"Monica."

"Allora Monica, perché ti sei seduta qui con me?"
"Ho fatto male?"
"Affatto. Cosa vuoi bere?"
"Quello che bevi tu."

Mentre Monica si avvicina sempre di più a me, vedo Helena alzarsi e dirigersi verso il bagno.
E' il mio momento.
"Scusa un attimo." Le dico, liquidandola in mezzo secondo mentre vado verso Helena. 
Roberto per fortuna ignora il mio gesto. 
Entro nel bagno delle donne e la trovo davanti allo specchio, mentre si aggiusta la camicetta.
"Il destino?"
"Che diavolo ci fai qui? E' il bagno delle donne."
"Non riesco a starti lontano."
"E non riesci a stare lontano neanche a quella brunetta al bancone?"

"Quindi mi spii?" La vedo arrossire leggermente prima di cambiare tono di voce.
"Non ti stavo assolutamente spiando! Cosa vuoi Andrea?"
"Solo capire cosa provi."
La spingo verso il muro, mentre i suoi occhi si incastrano perfettamente ai miei. "Hai paura?" Le sussurro, con un tono più dolce.
"No." Mi dice e io sorrido. 
"Sei attratta da me?"
"Decisamente...no." 
"E allora perché tremi?"
"Perché...perché devo andare."
"Aspetta Helena, concedimi una serata soltanto."
"E perché?"
"Perché continuerò a cercarti con gli occhi e il destino continuerà a metterci l'uno davanti l'altra, fino a quando..."
"Fino a quando non consumeremo."
Mi guarda lei, con un filo di fastidio nella voce. "Io non sono una delle tante con cui ci provi." Mi sussurra e poi si allontana da me.
Non è una delle tante. 











 
  
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