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Autore: Mela Shapley    26/05/2014    1 recensioni
Marzo, 1943: la Camera dei Segreti libera per la prima volta i suoi orrori, e mentre il panico dilaga alcuni studenti di Hogwarts rimangono vittima di misteriose pietrificazioni. Ma quello di Salazar Serpeverde potrebbe non essere l'unico mostro a vivere nel castello...
Dalla storia:
I suoi occhi ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene del suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Ringhiava minacciosamente, mettendo in evidenza i denti innaturalmente allungati e appuntiti.
[…]
“Cosa sei?”, balbettò.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”
Genere: Drammatico, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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VIII - riflessi sull'acqua.






Dal capitolo precedente:

“Eccoci qui,” gli disse. “Grazie di tutto, Tom. E’ stata davvero una bella giornata.”
“Molto bella,” concordò lui, con voce più bassa del normale. Katerina sentì dei brividi correrle su per la schiena. “Spero di poterla ripetere presto.”
Si chinò a darle un bacio sulla guancia e poi, dopo una breve esitazione, invece di tirarsi indietro scostò il viso e appoggiò morbidamente le sue labbra a quelle di lei.
Istintivamente, Katerina si ritrovò a ricambiare il bacio. Si sentì piacevolmente avvolta dalla pressione delle sue labbra, dal suo profumo, quasi protetta e al sicuro. Sentì le mani di lui appoggiarsi delicatamente sulla sua schiena e attirarla a sé, e poi non pensò più a niente.
 
“Ci vediamo domani,” le sussurrò lui dolcemente qualche tempo dopo. Katerina lo salutò con un sorriso, non fidandosi troppo della sua voce.
Mentre entrava in Sala Comune, pensò di non essersi mai sentita così felice.



 
* * *



Quando la mattina successiva i primi raggi del sole illuminarono la sua stanza, Katerina si sentiva ancora leggera come una nuvola. Aprì di scatto entrambi gli occhi, e come per magia la sua mente visualizzò nei minimi particolari il modo in cui Tom l’aveva salutata la sera precedente. Si ritrovò a sorridere follemente come un’idiota; fortunatamente, finché era stesa nella privacy del suo letto con le tende tirate, non c’era nessuno che poteva vederla.
L’inevitabile terzo grado delle sue amiche era già avvenuto la sera prima, e lei aveva a malincuore raccontato i dettagli salienti della giornata appena trascorsa. Le altre erano sembrate quasi più emozionate di lei: c’erano stati molti risolini, parecchi sospiri e addirittura qualche pacca sulla spalla. Era stato molto imbarazzante.

Era ancora presto per una domenica mattina, ma, dopo un tempo indefinito trascorso a sognare ad occhi aperti, pensò finalmente di alzarsi dal letto e dirigersi da sola verso la Sala Grande per fare colazione, senza attendere che le sue compagne di svegliassero. Era una giornata stupefacente, decise; si sentiva talmente ottimista e piena di energie da concludere su due piedi che più tardi, volente o nolente, avrebbe cercato Louis per dirgli della connessione che riteneva esistesse tra la sua morte e la Camera dei Segreti.  
Non le importava affatto che fosse ancora arrabbiato con lei: quella era un’informazione di cui dovevano assolutamente discutere.

Poco dopo aver formulato questo pensiero il destino parve decidere di farle uno scherzo, perchè mentre percorreva il corridoio all’altezza del quinto piano si imbatté proprio in Louis. Il ragazzo stava camminando nella direzione opposta alla sua, e quando la vide fece una faccia sorpresa e strinse le labbra. 
Entrambi rallentarono gradatamente il passo, fino a che non si furono avvicinati a sufficienza da fronteggiarsi. Lei incrociò le braccia; improvvisamente ricordava ogni singolo dettaglio della loro conversazione del giorno precedente, dai suoi occhi infuriati alle parole gratuitamente aspre che le aveva rivolto.
“Ciao,” gli disse più seccamente del normale.
“Ciao,” ricambiò lui più o meno sullo stesso tono. “Stavo giusto venendo a cercarti.”
“Perché?”
“Perché sì,” rispose senza elaborare. “Com’è andata ieri?”
“Bene.”
Louis la scrutò a fondo, facendola sentire sotto esame.
“Vedo,” commentò alla fine in un tono che risuonava come un’accusa. Katerina ignorò l’affermazione: non sapeva cosa l’altro avesse visto, e non voleva saperlo.
“Perché mi stavi cercando?”
Il ragazzo sospirò, e distolse brevemente lo sguardo.
“Per scusarmi, suppongo.”
Katerina alzò un sopracciglio, sorpresa. Decisamente non era quello che si aspettava.
“Mi dispiace per quello che ti ho detto l’altra sera,” continuò il ragazzo con aria metà sostenuta e metà sincera. “Resto sempre dell’idea che tu stia facendo uno sbaglio colossale con Tom Riddle, ma immagino che non siano affari miei. Sei mia amica, e dovrei appoggiare le tue scelte, invece di riversare su di te i miei errori.”
Katerina rimase per un momento senza parole, confusa com’era. Non avrebbe mai pensato che Louis sarebbe stato capace di fare una cosa come chiedere scusa per primo – riteneva che fosse un po’ troppo permaloso per il suo bene - ma non poteva negare che le facesse piacere, per quanto strano le suonasse.
“Grazie. Dispiace molto anche a me. E’ davvero gentile da parte tua dire queste cose,” replicò alla fine. Scorse un’ombra soddisfatta passare velocemente negli occhi del ragazzo. “Fin troppo gentile, a dire la verità. E’ stata Flora a suggerirtelo?”
Louis fece una smorfia scocciata, ma poi sorrise e scrollò le spalle.
“Mi hai beccato. Mi ha chiesto cos’avessi, quindi le ho raccontato che avevamo litigato per via di una divergenza di opinioni su Trasfigurazione, e lei mi ha fatto una ramanzina lunga un chilometro. La spinta a scusarmi è stata sua, ma comunque il dispiacere è tutto mio.”
Davanti alla sua aria divertita Katerina scosse la testa, ma gli sorrise.
“Per la cronaca, volevo cercarti anche io. Ti devo parlare.”
“Spara.”

Aprì la bocca, ma poi prese in considerazione il corridoio e i quadri appesi alle pareti. Sembrava che nessuno dei loro occupanti fosse in ascolto, ma decisamente non valeva la pena rischiare.
Afferrò Louis per un braccio e lo trascinò dietro un arazzo, dove come ben sapeva c’era un passaggio nascosto che portava direttamente al secondo piano. In caso di bisogno, sarebbe stata in grado di udire l’arrivo di qualcuno lungo il corridoio.
“Molto intimo qui dietro,” commentò lui, guardandosi intorno con aria interessata.
“Penso di aver scoperto qualcosa su come sono morta,” gli disse concitata. “Tom mi ha raccontato che alla riunione dei Prefetti di ieri vi è stato detto di un nuovo attentato. Mi ha parlato della Camera dei Segreti.”
Il ragazzo annuì, per segnalarle che sapeva di cosa stava parlando.
“Ci era anche stato raccomandato di tenere la bocca chiusa, ma non mi sorprende che Riddle il Perfetto abbia deciso di spifferare tutto alla prima persona che gli è capitata sottomano,” fece lui in tono leggermente ostile. Katerina lo guardò stringendo gli occhi, momentaneamente distratta dall’argomento di conversazione principale.
“Vuoi dirmi che tu non ne hai parlato con nessuno?”
“Ne ho parlato con tutti, ovviamente,” rispose Louis roteando gli occhi in modo altezzoso. “Non aveva senso tenere i miei compagni di Casa all’oscuro; noi di Serpeverde dobbiamo restare uniti contro i pericoli del mondo. Ma scommetto che lui l’ha fatto solo per impressionarti.”
“Non c’è nulla di meglio di un attentato per fare colpo su una ragazza,” commentò lei in tono sarcastico.
“Su una ragazza come te,” la corresse lui con un sorrisetto furbo. Lei lo fissò in modo ostile per qualche secondo, e poi disse:
“Come ti stavo dicendo, credo che la cosa che ha pietrificato gli studenti sia la stessa che mi ha uccisa, e che riguardi in qualche modo la Camera.”
“Probabilmente hai ragione,” rifletté lui, tornando serio. “Non avevamo prove che la Sindrome e la tua morte fossero collegate, ma a questo punto non ha senso supporre qualcosa di diverso. Qualcuno sta cercando di portare il terrore dentro questa scuola, e tutti questi eventi fanno parte della stessa serie di attentati. Vorrei davvero sapere perché.”
“Pensi che l’Erede di Serpeverde sappia di avermi uccisa?”
“Non lo so,” le rispose pensieroso. “Dovremmo capire come mai tutti gli altri sono stati pietrificati e tu no, e bisognerebbe sapere fino a che livello è in grado di controllare la sua arma. Se questa si scatena anche senza la sua presenza potrebbe non essersene reso conto. Se invece è lui in prima persona ad attivarla…”
“Allora lo sa,” concluse lei. Fissò lo sguardo su una delle torce alla parete, valutando le due alternative.
“Da quando è successo hai notato qualcosa di strano? Qualche comportamento fuori dal normale? Qualcuno che si è interessato a te in modo particolare?”
“No, non mi sembra,” rispose lei scuotendo la testa. “Beh, ovviamente a parte…”
Si bloccò, mentre un pensiero sgradevole le fulminava la mente.
“A parte?”, la incalzò Louis.
“A parte Tom,” fece lei lentamente.
 
Ci fu un lungo momento di silenzio, mentre entrambi riflettevano privatamente su quella nuova possibilità. Nonostante la luce scarsa Louis dovette leggere nel suo sguardo almeno una parte di quello che le stava passando per la testa, perché le appoggiò una mano sulla spalla come per tranquillizzarla.
“Katerina, non credo proprio che Tom Riddle possa essere l’Erede di Serpeverde. Lo conosco da anni, e non mi sembra il tipo da organizzare una serie di attentati terroristici giusto per passare il tempo. Per quanto irritante io possa trovarlo, è una brava persona, non un assassino. E non penso che arriverebbe ad avvicinarsi così tanto a te se non fosse realmente interessato.”
“Spero che tu abbia ragione,” disse lei. Si sentiva stordita. “Ma non c’è modo per esserne sicuri, vero? Non posso fidarmi.”
“No,” ammise l’altro. “Ascoltami, ecco quello che faremo. Tu cercherai di non dare troppo peso a queste supposizioni, perché è solo questo che sono, per ora: supposizioni. Decidi tu fino a che punto approfondire il vostro rapporto, ma con lui ti comporterai sempre normalmente, come se non fosse successo niente. Se fosse colpevole sospetterebbe qualcosa, se non lo fosse tratteresti ingiustamente un ragazzo innocente. Tieni sempre gli occhi aperti, evita di trovarti troppo spesso da sola con lui, fai caso a ogni domanda o richiesta che ti sembri strana. Io farò il possibile per controllarlo, in Sala Comune e fuori. Se è lui l’Erede, prima o poi commetterà un passo falso. Non ti preoccupare, ne verremo a capo.”
Katerina annuì, leggermente rassicurata dal piano d’azione esposto da Louis.
“Grazie, Louis.”
“Figurati. Non so proprio cosa faresti senza di me.”
 
 
* * *
 
 
Dopo essere usciti dal passaggio dietro l’arazzo, Katerina aveva salutato Louis e aveva fatto dietrofront per ritornare in Sala Comune. Quella discussione le aveva completamente fatto perdere l’appetito, senza contare che non pensava di riuscire ad affrontare Tom in quel momento. Trascorse quella domenica nascosta in Dormitorio a studiare, con l’occasionale visita alle cucine per mangiare qualcosa. Si accorse che le sue amiche le lanciarono più volte guardi sospetti, ma non commentarono la sua strana riluttanza a uscire dalla Torre di domenica – almeno, non con lei - e Katerina ne approfittò per tenersi a distanza.
Non voleva pensare a nulla che non facesse parte di un Teorema di Trasfigurazione o degli ingredienti per il Distillato Soporifero, davvero. Se avesse permesso a suoi pensieri di vagare si sarebbe ricordata come si era svegliata felice quella mattina, e poi le sarebbe venuto in mente tutto il resto. Era ridicolo immaginare che proprio Tom, tra tutti, fosse implicato nella vicenda della Camera dei Segreti: bastava conoscerlo, anche solo di vista, per sapere che era impossibile. Nei suoi cinque anni a Hogwarts era sempre stato un ragazzo educato, rispettoso con tutti e molto intelligente; non c’era assolutamente nulla che non andasse in lui. Lo ammiravano tutti, professori compresi.
Ma lei non si sentiva brava a gestire i rapporti con le altre persone; non sapeva come affrontare qualcuno che sembrava pienamente degno della sua fiducia ma che forse invece non lo era, e quel dubbio era sufficiente per farle desiderare la solitudine, almeno per il momento. Le serviva tempo.

Il giorno successivo prese un bel respiro e uscì dal suo rifugio. Non erano in programma lezioni in comune con i Serpeverde, ma era poco credibile pensare che sarebbe riuscita a sfuggire a Tom per sempre.
Subito dopo pranzo, scoprì che la stava aspettando in Sala d’Ingresso.
Appena lo vide si sentì una stupida. Non era semplicemente possibile che dietro a quei sereni occhi blu si nascondesse l’anima di un assassino. Del resto, il motivo per cui aveva iniziato a sospettare di lui era molto debole: solo perché si era interessato a lei nell’ultimo periodo non doveva avere per forza cattivi propositi. Giusto? Era una supposizione ridicola. Quando parlava con lui non notava nulla che potesse sembrare falso, o forzato: pareva assolutamente genuino in tutto ciò che diceva.
Perciò gli fece un sorriso sincero, e guardò il suo volto illuminarsi come se lei fosse la cosa più bella che gli fosse capitata quel giorno. Non le chiese come mai il giorno prima non si fosse fatta vedere in giro, e lei non fornì alcuna spiegazione.
“Ho un’ora libera. Ti andrebbe una passeggiata vicino al Lago Nero?”, le domandò, impeccabilmente cortese come sempre.
“Certamente,” disse lei con entusiasmo.
Quell’ora in compagnia passò molto piacevolmente, e lei rise ai suoi racconti sulle strane cose che potevano accadere durante le riunioni del Lumaclub. Finché rimasero insieme, però, Katerina fece in modo di restare sempre in una zona visibile dal castello e in prossimità degli altri studenti all’aperto.
 
I giorni successivi trascorsero nello stesso modo: Tom e Katerina passavano le lezioni in comune sempre vicini, e si cercavano anche fuori dall’orario scolastico in modo da passare del tempo insieme. Era bello aspettare con ansia i corsi di Trasfigurazione e Pozioni per potersi sedere accanto a lui in un silenzio complice, mentre ascoltavano i professori parlare; per sentirsi vicini non avevano bisogno di eclatanti gesti d’affetto, perché uno casuale sfioramento di mani o uno sguardo più lungo del solito erano più che sufficienti per riempirle il cuore. Se ne stavano quasi sempre da soli e in disparte, ma Katerina sentiva l’attenzione degli altri studenti accendersi come un Incantesimo di Luce costantemente scagliato sulle loro teste. Era inevitabile, si disse; Tom era un ragazzo in apparenza così tranquillo che trascorrendo del tempo con lui ci si dimenticava quanto fosse in realtà popolare a scuola. L’assaliva il disagio, non appena si ritrovava a pensarci; ma Katerina si limitò a ignorare la cosa, e col passare del tempo finalmente il resto della scuola sembrò non trovare più così eccezionale che Tom Riddle stesse con una ragazza di cui fino a poco tempo prima non era nemmeno nota l’esistenza. Ciò che resistette più a lungo fu il luccichio estasiato negli occhi di Lumacorno ogni volta che il professore di Pozioni posava lo sguardo su di loro, e quella buffa gioia così manifesta non faceva altro che evidenziare il sorriso impassibile che compariva sul volto di Albus Silente quando la fissava negli occhi. Il modo in cui il professore di Trasfigurazione le si rivolgeva durante le lezioni era cortese come sempre, ma Katerina percepiva chiaramente i muscoli del suo volto contrarsi in una fredda maschera, e non poteva fare a meno di pensare che il motivo risiedesse nel suo nuovo rapporto con Tom. Aveva accennato quell’ipotesi al ragazzo, ma il suo sorriso non si era incrinato di un millimetro mentre le diceva di non aver notato nulla di fuori dall’ordinario.
Era raro che lei e Tom si vedessero al di fuori delle lezioni e delle brevi passeggiate insieme: il carico di compiti era più enorme che mai e, nonostante si stessero entrambi preparando per i G.U.F.O., non studiavano quasi mai insieme. Lei riusciva a concentrarsi al meglio solamente quando era circondata dai libri della Biblioteca, mentre lui preferiva la fredda comodità della sua Sala Comune.
Louis le aveva riferito di non aver osservato assolutamente nulla di strano o equivoco nel comportamento del suo collega Prefetto. L’aveva persino sentito difenderla in Sala Comune, le disse, dopo un commento particolarmente volgare di un loro compagno di Casa.
Negli ultimi tempi non c’erano più stati altri attacchi.
 
Frequentandolo, Katerina non potè fare altro che confermare l’impressione che era lentamente nata nelle ultime settimane, da quando Tom aveva iniziato a sedersi accanto a lei in classe.
Era un ragazzo molto, molto riservato.
La cosa la sorprendeva parecchio, perché non era ciò che si aspettava prima di conoscerlo meglio. Non si era mai accorta che quel ragazzo educato, spesso circondato da amici di Serpeverde o comunque da persone disposte a tutto pur di piacergli, non fosse in realtà così aperto come sembrava. Eppure i segni erano tutti lì: nel modo in cui pareva assaporare il silenzio tra di loro quando passeggiavano in riva al lago oppure, al contrario, nel modo in cui certe volte sembrava cercare a tutti i costi di riempirlo di parole. In quelle occasioni le raccontava di tutto – il Lumaclub, l’ultima pozione che aveva teorizzato,  le costellazioni che quella sera sarebbero state visibili in cielo; ma non le parlava mai di sé, dei suoi progetti, delle sue opinioni o paure. Quando lei cercava delicatamente di fargli una domanda più personale, Tom si rinchiudeva dietro il suo sorriso cortese e deviava il discorso in base alle sue preferenze.
Oltre alle parole, Katerina dovette imparare a calibrare anche i gesti. Non gli piaceva essere toccato o sfiorato all’improvviso: se ne rese conto dai piccoli sussulti e dal modo in cui le sue spalle si irrigidivano quando lei gli si avvicinava senza che lui se lo aspettasse.
 
Non sapeva perché ne fosse tanto sorpresa; forse era perché nessun altro, oltre a lei, sembrava essersi accorto di quel lato stonato di una persona così popolare. Era un lato che le piaceva, però. Le piaceva il blu dei suoi occhi quando si girava a guardarla durante le lezioni, le piaceva il suono sicuro della sua voce quando il lago inghiottiva il sole al tramonto. Le piaceva il tocco leggero che riservava ai sui capelli quando la stringeva a sé per baciarla. Le piaceva il modo in cui il suo cuore batteva, perfettamente udibile dalle sue orecchie di vampiro: sempre lento, regolare, preciso.
Poteva essere il cuore di un assassino? Katerina non lo sapeva, ma sperava di riuscire ad arrivare a fidarsi completamente di lui, un giorno.
 
 
* * *
 
 
Era come un sogno.
Katerina risistemò la schiena appoggiata al tronco e ammirò pigramente la superficie liscia del Lago Nero. Si trattava di una delle prime belle giornate di maggio, e lei si concentrò con soddisfazione sul calore che le accarezzava la pelle fredda.
Avrebbe voluto che quel giorno si ripetesse così, uguale, all’infinito. Si sentiva serena, senza una preoccupazione al mondo. Probabilmente quella sensazione aveva molto a che fare con la caccia della sera prima – nutrirsi di sangue vero la lasciava sempre rilassata ed euforica, come se le difficoltà della vita non potessero niente contro di lei – ma in quel momento non voleva pensarci. La brezza alzò lievemente una delle pagine del libro di Aritmanzia che giaceva abbandonato sul suo grembo, per poi toccare i sottili fili d’erba.
Era la luce, decise Katerina. Era la luce che rendeva l’erba così verde, che creava quei riflessi meravigliosi sull’acqua. L’azzurro del cielo era stupefacente, e lei era sicura che il suo occhio da vampiro stesse cogliendo sfumature di colori che da umana non aveva nemmeno mai immaginato esistere.
Seduto accanto a lei, Tom sembrava non avere tempo per frivolezze come ammirare la bellezza di quella giornata. Stava leggendo con concentrazione il suo libro di Trasfigurazione, borbottando qualcosa tra sé di tanto in tanto.
Non era stato semplice invitarlo a uscire, poco prima. Aveva preso la decisione su due piedi, subito dopo colazione: uno sguardo al soffitto della Sala Grande, uno al tavolo di Serpeverde e poi si era diretta a passo sicuro verso il suo ragazzo.
Le persone sedute accanto a Tom l’avevano guardata con profonda diffidenza.
Non era inusuale che gli studenti, Serpeverde compresi, decidessero di andare a mangiare presso tavolate diverse dalla propria, anche se per qualche ignota ragione questo avveniva principalmente durante il pranzo e quasi mai a colazione e a cena. Era invece raro che uno studente non verde-argento andasse a sedersi a quel tavolo: se proprio desideravi pranzare assieme a un Serpeverde, era buona norma che fosse lui a spostarsi.
Perciò Katerina si era guardata bene dal sedersi sulla panca accanto a Tom e si era limitata a proporgli una sessione di studio presso il Lago, cercando di ignorare la sensazione che decine di sguardi ostili stessero cercando di trapanarle il cranio. Il suo sguardo era scivolato lungo la tavolata fino a incontrare quello di Louis, poco più in là, che si era limitato a ricambiarlo con un sopracciglio pigramente alzato.
Tom aveva impercettibilmente esitato – se lei in quel momento non avesse riportato l’attenzione su di lui non se ne sarebbe accorta - ma poi aveva modellato il viso in un’espressione piacevolmente sorpresa e l’aveva seguita.
 
In quel momento, sotto l’albero, Katerina lo udì mormorare una considerazione riguardante la Trasfigurazione Liquida. Si voltò a osservarlo: era davvero un bel ragazzo, notò per l’ennesima volta. Aveva lineamenti raffinati che avrebbero trovato il loro giusto posto su un principe delle fiabe. Mentre leggeva aveva un’espressione rapita negli occhi, ma questo non gli impedì di captare lo sguardo di lei e di lanciarle un’occhiata incuriosita con la coda dell’occhio. Katerina distolse subito il viso per timore di averlo disturbato, ma poi una forza irresistibile la spinse a spiarlo di nuovo per controllare se lui la stava ancora guardando. Lo stava facendo. I loro sguardi si incrociarono, e il ragazzo le fece un sorriso divertito. Lei ricambiò istantaneamente, sentendosi un po’ sciocca. Tom abbassò il libro.
“Mi sembri particolarmente rilassata, oggi,” le disse, lanciando un’occhiata ironica al suo libro di Aritmanzia aperto su una pagina casuale.
“E’ una mattinata troppo bella per studiare,” ribatté lei. Ora che lo guardava bene, si accorse che aveva una foglia tra i capelli neri. Allungò una mano e la tirò via. Mentre gli sfiorava la testa, avvertì Tom irrigidirsi lievemente. Fece ricadere la mano in grembo, senza dire nulla.
“Troppo bella?”
“Certo,” riprese lei, guardandosi intorno. “Il sole, il vento, il cielo azzurro, gli altri studenti che chiacchierano… oh no. No, fermo, non ti girare.”
Riportò lo sguardo direttamente sul viso di Tom. Stava per afferrargli il braccio per impedirgli di voltarsi a vedere chi aveva attirato la sua attenzione, ma ci ripensò.
“Alla nostra destra, in fondo, abbiamo una delle tue ammiratrici più accanite,” gli spiegò lei davanti alla sua espressione perplessa. “Mi sta guardando con aria ostile. Omicida, anzi. Oserei dire che vorrebbe essere qui con te al posto mio.”
“Non sapevo di avere più di una ammiratrice in particolare,” commentò guardandola con un sorriso.
“Lo sai benissimo, invece, sei solo troppo modesto per dirlo apertamente.”
Tom rise.
“Forse hai ragione. Ma non dovresti preoccuparti, di solito si tratta di ragazze molto tranquille. Chi è?”
Katerina sbirciò nuovamente. La ragazza dai capelli rossi non aveva minimamente smesso di osservarli con aria maligna.
“Rosemary Cotton,” rispose, riconoscendo la Serpeverde del quarto anno. Tom rabbrividì.
“Oh. Allora in questo caso sì, dovresti preoccuparti. Quella ragazza è un po’ strana. Ma ci penserò io.”
“Sarà meglio,” rispose lei divertita. Il ragazzo la osservò per qualche istante.
“Anche se forse dovrei essere io a preoccuparmi dei tuoi ammiratori,” fece in tono leggero. Katerina inclinò la testa, guardandolo incuriosita.
“Quali ammiratori?”, gli domandò con aria innocente, mentre un’idea ben precisa cominciava a formarsi nella sua mente.
“Qualche giorno fa è accaduta una cosa bizzarra,” raccontò Tom pensieroso. “Mercoledì sera, nella ronda dei Prefetti, sono stato appaiato a Louis Henry. Il che è strano, visto che come ben sai non è considerata buona norma far perlustrare la stessa zona a due Prefetti provenienti dalla stessa Casa.”

(“Ho dovuto fare i compiti di Storia della Magia di Flora per convincerla a modificare le ronde. Dico, i compiti di Storia,” aveva commentato Louis con una smorfia sofferta quando le aveva raccontato l’episodio, la sera precedente. Fino a quel momento, lei non ne aveva saputo nulla.
“Perché l’hai fatto?”, gli aveva chiesto sbalordita. Louis aveva scrollato le spalle.
“Per fare due chiacchiere in privato con lui. E poi perché mi piace infastidirlo.”)


Katerina fece un cenno di assenso rivolto verso Tom.
“Strano, in effetti. Ma questo cosa c’entra con me?”
“Henry sembrava particolarmente ansioso di parlare di te.”
“Davvero?” fece lei fingendo un'aria sorpresa. “Non ci conosciamo così bene, si limita a darmi ripetizioni di Trasfigurazione ogni tanto.”
“Lo so,” disse semplicemente lui, scrutandole il viso. “Ha iniziato a parlare di stupidaggini come il Quidditch, e poi ad un certo punto ha fatto qualche riferimento a te. Credo che le sue esatte parole siano state, cito, ‘cerco di far entrare qualche nozione nella testa di quel caso perso della tua ragazza’.”
“Ha un senso dell’umorismo molto particolare,” fece Katerina. Louis le aveva taciuto quel particolare commento, ma non poteva dire di esserne sorpresa. “Vi conoscerete abbastanza bene ormai, no? Non andate d’accordo?”
“Non particolarmente. Chiacchiera troppo, per i miei gusti,” rispose Tom inarcando un sopracciglio.
“Hai ragione. Che altro ti ha detto?”
“Nulla di significativo. Ha continuato a parlare di ragazze, perlopiù,” le disse mantenendo un’aria superiore.

(“Gli ho chiesto quante ragazze fossero passate per il suo letto. Si è imbarazzato tantissimo. Mi sono divertito un mondo,” le aveva riferito Louis con uno scintillio gioioso negli occhi.)

Se li immaginava a camminare l’uno di fianco all’altro: Tom con la sua aria seria e affidabile, Louis con la sua solita espressione scanzonata, ognuno a cercare di provocare una qualche reazione nell’altro per capire se celasse qualcosa di interessante. La loro doveva essere stata una di quelle criptiche conversazioni in cui ogni parola ha cento significati nascosti e ogni silenzio un’implicazione ben precisa. A lei veniva mal di testa solo a pensarci, ma probabilmente tra Serpeverde un dialogo del genere era la norma, rifletté. Doveva essere stata una scena memorabile. Certo, avrebbe preferito che Louis fosse stato un tantino più discreto.
“Poi mi ha chiesto cosa mai ci trovo in te.”
“Questo se lo chiedono in tanti,” commentò Katerina lanciando un’altra occhiata distratta verso Rosemary Cotton. La Serpeverde stava strappando con zelo un filo d’erba dopo l’altro. Riportò lo sguardo sul ragazzo, e proseguì con voce più incerta. “Me lo sono chiesta anche io, onestamente.”
Tom la guardò intensamente, e con delicatezza le afferrò un mano.
“Non è ovvio?” le chiese. Il suo viso ora era vicino, e Katerina si sentì irresistibilmente imprigionata da quegli occhi magnetici. Le sue parole erano come un incantesimo. “Tu sei diversa, diversa in senso positivo. Sei una boccata di aria fresca. Sei bella, intelligente, spiritosa. In tutti questi anni, a scuola, sono stato circondato da gente sciocca e falsa, ed è un sollievo aver trovato una persona come te. Mi piace stare con te.”
Katerina lo guardava a bocca aperta, conscia del rossore che le stava risalendo sul viso. Colmò la breve distanza tra loro e appoggiò le labbra a quelle di lui; quando si tirò indietro gli sorrise.
“Anche tu non sei così male,” gli disse timidamente. Lui rise e le accarezzò i capelli.
E così la considerava una ragazza diversa in senso positivo? Mentre si rimettevano silenziosamente a leggere i loro libri, Katerina avvertì un senso di colpa grande quanto il segreto che gli stava nascondendo.
 
 
* * *
 
 
Qualche giorno dopo Katerina si stava dirigendo verso il suo posto preferito nella Sezione di Storia, quando udì qualcuno chiamare il suo nome in modo concitato. Voltandosi, le apparve davanti una sorridente Flora.
“Ciao,” le disse vivacemente la ragazza. Erano all’incirca alte uguali, anche se i luminosi ricci biondi dell’altra le davano qualche centimetro in più. “Scusa se ti disturbo, ma sei qui per studiare? Louis ed io siamo seduti a quel tavolo laggiù. Mi farebbe davvero piacere se ti unissi a noi.”
Katerina cercò di celare la sorpresa, e per guadagnare tempo afferrò più saldamente la borsa dei libri. Quella richiesta le suonava un po’ strana: lei e Flora si erano effettivamente rivolte parola più di qualche volta, ma non erano entrate in confidenza.
“Non vorrei disturbarvi,” rispose, incerta su come declinare l’invito.
“Non disturberesti affatto,” fece l’altra scuotendo la testa. “Al contrario, mi salveresti la vita. Con noi ci sono altri tre compagni di Casa di Louis, e sto cercando di trattenermi dal maledirli tutti con una Fattura Orcovolante. Sono una persona paziente, ma ti giuro, quattro Serpeverde tutti insieme sono davvero una tortura intollerabile. Se ci fossi anche tu sono sicura che ci lascerebbero stare.”
Katerina sorrise davanti alla sua espressione implorante.
“Non puoi svignartela?”
“E darla vinta al mio ragazzo? Mai,” fece l’altra ridendo.
Alla fine, Katerina acconsentì alla sua richiesta e la seguì mentre le faceva strada verso il tavolo. Louis sembrò leggermente sorpreso di vederla sedersi con loro, ma non contrariato. I suoi compagni di classe le lanciarono un’occhiata che lei giudicò calcolatrice: sembrarono riconoscerla, dopodiché la ignorarono completamente per tutto il resto del tempo.
 
Erano trascorse un paio d’ore, e i tre Serpeverde si erano dileguati da un bel po’. Osservando i fogli di pergamena ricoperti dalla sua calligrafia che aveva davanti, Katerina si stiracchiò e annunciò agli altri la sua intenzione di andarsene a dormire.
Flora, che da una decina di minuti teneva la testa appoggiata alla spalla di Louis e gli occhi chiusi, si riscosse improvvisamente, guardò l’ora e disse che avrebbe seguito il suo esempio. Louis chiuse il libro di scatto e si dichiarò d’accordo.
Perciò tutti e tre si alzarono come un sol uomo, radunarono in silenzio le loro cose e si avviarono fuori dalla Biblioteca, che stava ormai per svuotarsi. Nonostante le parole rassicuranti di Katerina, Flora si rifiutò categoricamente di lasciarla andare via da sola, insistendo fermamente perché si facesse accompagnare da lei e da Louis fino alla sua Sala Comune per evitare che, coi tempi che correvano, le succedesse qualcosa di male. Per un istante Katerina incrociò gli occhi di Louis, ma distolse subito lo sguardo e accettò con un sorriso grato di farsi scortare.
Erano ad un paio di corridoi di distanza dalle scale della Torre di Corvonero, quando improvvisamente il mondo esplose loro addosso.
 
Tutto ciò che Katerina sentì fu un rumore assordante, e pochi istanti dopo il muro alle loro spalle sembrò accartocciarsi su se stesso. La forza dell’esplosione la spinse in avanti, facendola sbattere violentemente a terra. Le pietre caddero, evitandola per un soffio e dando origine a un fitto strato di polvere che la fece tossire violentemente. Sentì una fitta lancinante alla gamba destra, ma durò solo pochi istanti. Non vedeva più nulla. Distingueva vagamente solo le sagome scure di Louis e Flora, che erano da qualche parte vicini a lei; Louis sembrava chino sulla ragazza, probabilmente per proteggerla da ciò che stava accadendo.
Cercò di spostarsi a tentoni, e raggiunse una zona libera dalle pietre. Nello stesso momento in cui si rendeva conto che sul pavimento c’era qualcosa di rosso e bagnato, udì Flora parlare a stento.
“C’è - c’è qualcuno per terra!”
Faticosamente Katerina si rialzò e si appoggiò di peso a ciò che restava del muro, mentre la polvere si diradava. Sentiva un profumo invitante invaderle il cervello, un odore che avrebbe riconosciuto ovunque.
Con orrore, sollevò i palmi delle mani davanti al viso e li vide sporchi di rosso. C’era del sangue per terra, e ce n’era tanto. Ed era proprio ai suoi piedi.
Richiamò tutta la sua forza di volontà per resistere dal gettarsi sul corpo sanguinolento davanti a lei, per concentrarsi sul suo respiro e non sulla sete che l’aveva improvvisamente travolta. Strinse i pugni e chiuse di scatto gli occhi, ma l’assenza della vista non fece altro che intensificare gli altri sensi. Quello non era il momento per rivelare la sua vera natura da vampiro, si ammonì disperatamente: Flora era lì, e senza dubbio il rumore dell’esplosione avrebbe presto attirato qualcuno.
Ma non fu abbastanza. Terrorizzata, avvertì gli occhi bruciare, le vene del viso ingrossarsi e i canini allungarsi. Si stava trasformando nel mostro. Doveva respirare, ricordò. Voleva scappare il più lontano possibile da lì, ma sentiva che se avesse mosso le gambe sarebbe stato solo per gettarsi sul sangue e non certo per allontanarsi da quel disastro.

“Louis? Stai bene?”
La voce di Flora suonava disperata, e Katerina seppe con assoluta certezza che, come lei, nemmeno Louis riusciva a resistere alla presenza di così tanto sangue intorno a loro. Vide Flora girarsi improvvisamente verso di lei e prendere atto a occhi sgranati di ciò che era comparso sul suo viso; cercò di voltarsi, ma era troppo tardi.
Katerina?!
Concentrandosi sul suo respiro e raccogliendo le forze, si spostò velocemente a fianco di Louis, lo afferrò per un braccio e lo tirò indietro con lei, lontano dalla pozza di sangue. Louis respirava a fatica ed era piegato su se stesso, i suoi denti allungati ben visibili nella luce delle torce. Gli appoggiò una mano sulla schiena, non avendo idea di cosa fare per aiutarlo.
Flora invece rimase dov’era. La vide gettare un’occhiata spaventata prima al corpo in corridoio e poi di nuovo verso di loro, come se non sapesse cosa fare. Fece un passo nella loro direzione.
“Ragazzi,” disse con voce sottile. Katerina non distolse lo sguardo da lei, ma la sua bocca era priva di parole. A qualche metro dal lago di sangue sentiva che il suo volto stava finalmente ritornando normale. Continuando a osservarla, si rese conto di quale fu l’esatto momento in cui Flora mise insieme i pezzi e ricostruì la verità.
Vampiri?”, la udì sussurrare, la voce carica di orrore inespresso.





 
Note dell'Autrice: questo capitolo non mi soddisfaceva per nulla, tanto che sono arrivata a riscriverlo completamente. Non so se ne sia valsa la pena, dato che continua a non convincermi, ma eccolo qui. Non è facile esaminare la psiche di Tom attraverso gli occhi inesperti di Katerina, ma mi sembrava doveroso provarci; spero che la cosa risulti plausibile.
Non sono ancora sicura di quanti capitoli manchino alla fine (è già tutto scritto, ma alcune parti gridano pietà, quindi probabilmente andranno pesantemente modificate), ma direi che abbiamo ampiamente superato la metà. Ebbene sì, la fanfiction non è lunghissima.
Un'ultima cosa: ho iniziato a tradurre questa storia in inglese. Lo so, sono pazza. Non è che creda che meriti di essere diffusa (anzi); è solo per fare un pochino di esercizio, ed è molto divertente vedere come certe parti cerchino di riscriversi da sole quando le riprendo in mano.
Grazie per aver letto fino a qui!
Alla prossima.
  
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