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Autore: halfbloodprincess78    27/05/2014    1 recensioni
Missing Moment di ''Come una pioggia di Foglie D'autunno'', del tutto esterno alla trama della storia e a sé stante.
I sogni nascondono ciò che i cuori bramano, e spesso sono il rifugio di anime tormentate, ma basta aprire gli occhi perché tutto svanisca.
Nota: Storia scritta per il Gioco Creativo “A Tavola con Severus” facente parte della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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~Giochi d'Ambra e Cioccolato

 

I Maya credevano che il cacao avesse il potere di liberare desideri nascosti e
di svelare il destino.
( cit. dal Film Chocolat )


- Sembri stanca, Camille, dovresti andare a riposare un po' - le disse la McGranit incontrandola nel corridoio.
Scosse il capo, rispose che non era stanca e che, sicuramente, forse, più tardi si sarebbe concessa qualche ora solo per se stessa.
Era una donna gentile, le dispiaceva doverle mentire e il più delle volte per non farlo si trovava costretta ad evitarla mentre avrebbe tanto voluto fermarsi a parlare con lei; avrebbe desiderato conoscerla più a fondo e le sarebbe piaciuto se fosse diventata una persona da poter chiamare ''amica'', ma c'erano troppi segreti da mantenere e non poteva permettersi nemmeno un piccolo passo falso.
Se si fosse avvicinata troppo alla strega avrebbe finito per rivelarle che Severus non aveva ucciso Silente come pensavano tutti, da traditore, ma che tutto era stato pianificato da Silente stesso. Questo tremendo segreto era la cosa che più di ogni altra le pesava portarsi dentro, ma se un solo sussurro della verità fosse giunto a Lord Voldemort avrebbe sancito la morte di Piton e questo lei non poteva permetterselo.
La lasciò lì a guardarla con quell'aria preoccupata e infinitamente materna; mise molti metri tra loro per resistere alla tentazione di tornare indietro e di dirle che, sì, era stanca e che niente andava per il giusto verso, che si sentiva sola e che a volte aveva paura, una paura costante del domani e di quello che l'attendeva e si stagliava come un enorme ombra scura sopra Hogwarts... ma tutto questo doveva tenerselo per sé. Sospirò, in fondo lei e Severus non erano poi così diversi.
Entrambi portavano il peso di una maschera saldata a fuoco sul volto.
Quando la sera tornò nella sua stanza, trovò un sacchetto di carta, bianco, vicino alla porta, lo raccolse e vi guardò dentro incuriosita. Conteneva una scatola di cioccolatini e una bottiglia di Whisky Incendiario. Li tirò fuori e un biglietto accuratamente ripiegato volò piano sul pavimento. Lo su raccolse. Diceva solo:

Hai bisogno di prenderti un momento solo per te, Silente era solito pensare che dolci e caramelle fossero la cura per tutti i mali, ma io preferisco il cioccolato con un buon bicchiere di whisky.
Minerva McGranit

La giovane strega si strinse al petto i doni ricevuti e sorrise di quel pensiero gentile e inatteso. Forse davvero qualche ora senza pensieri cupi le avrebbe fatto bene.
Una volta dentro accese il fuoco e restò a guardare il fuoco abbracciare la legna con le sue lunghe dita sottili. Rimase in silenzio ad osservare la danza delle fiamme come quando era bambina e rimaneva ore a fissare il fuoco rapita da quel lento ondeggiare di tiepidi colori.
Si sollevò solo per abbandonarsi sul divano che aveva sistemato davanti al camino nel caso si fosse addormentata lì come le succedeva spesso ultimamente.
Prese i suoi doni e li depose su un piccolo tavolo ingombro di libri.
Stappò il whisky e ne bevve un sorso direttamente dalla bottiglia, sentendosi subito invadere dal suo liquido calore, addentò distrattamente un cioccolatino alla mandorla lasciando che la sua mente andasse oltre, cullata da quel piccolo istante di piacere.
Si distese e con una mano sfiorò la pietra fredda del pavimento, prese un altro cioccolatino dalla scatola e poi guardò di nuovo verso il fuoco che accarezzava la stanza rischiarandola del suo fulgente calore.

 

***

 

- Non dovresti bere quella roba.
La voce del mago le arrivò improvvisa e limpida, ma non era possibile: aprì gli occhi e Piton era di fronte a lei, seduto sul tappeto di fronte al divano. Dava le spalle al camino acceso e la luce del fuoco gli disegnava intorno un’aura rossastra.
Cosa ci faceva lì, ma, soprattutto, come era entrato? Doveva essersi addormentata e non lo aveva sentito, forse aveva dimenticato l'Incantesimo di Protezione o forse...
L'uomo si alzò e afferrò la bottiglia dalla quale poco prima aveva trangugiato un sorso, fece apparire un bicchiere dal nulla e vi versò dentro un po' di liquido ambrato. Bevve e le sue labbra si incurvarono in una piccola smorfia.
- Domattina uno di noi due si sveglierà con un bel mal di testa, e non sarò io. – sussurrò mellifluo, lasciandosi cadere sul divano di fianco a lei.
Camille tirò su le gambe e si ritrasse in un angolo fissandolo incredula.
Era così... diverso, eppure era lui.
Il mago raccolse la scatola di cioccolatini posata sul pavimento, ne prese uno e lo scartò, offrendoglielo. Lo teneva tra le dita sempre più vicino alla sua bocca. Si sentì avvolgere dal profumo caldo delle sue mani, un profumo antico e misterioso che Severus sprigionava al suo passaggio, ma mai così vicino, così terribilmente inebriante e reale.
Si protese in avanti e morse, morse sfiorandogli le dita con le labbra e sentì un brivido percorrere quelle dita pallide.
Con l'indice il mago percorse i margini della sua bocca e Camille deglutì quella delizia vellutata sentendosi il volto avvampare in mille fiamme calde e allo stesso tempo ghiacciate.
Severus non disse nulla, lasciò scivolare le dita sulle labbra della strega osservandola incantato.
- Ti faccio paura, Camille? - Chiese infine.
- No, non… perché dovresti farmi paura?
- Meglio così, perché anch'io adesso voglio assaggiare questo cioccolato. Deve essere squisito. - sibilò in un soffio.
La mano che stava giocando con la sua bocca scivolò dal viso verso la nuca e i loro volti si ritrovarono vicini mentre gli occhi di lui si chiudevano e le labbra si aprivano piano fino a far schiudere le sue.
La strega rimase un istante con gli occhi sbarrati a quel primo contatto, stupita dalla semplicità di quel gesto e incantata dalla sensualità di quelle labbra che si schiudevano sulle sue.
Il sapore dolce della cioccolata si fuse con quello alcolico del whisky in una carezza vellutata e sempre più esigente. I loro respiri lievi si fecero più affannosi colmandosi di desiderio e piacere.
Si sentì invadere dal sapore amaro del legno di quercia e da quello più delicato e persistente di spezie e mandorle.
La testa le girava furiosamente mentre rispondeva a quel bacio come se non esistesse un domani, come se non ci fosse altro sulla terra che quel momento che stava vivendo.
L'universo in quell'attimo non era altro che una sfera di cristallo dai colori vivaci dell'ambra più accesa, in cui vorticavano sentori di cioccolata come petali che le sfiorano piano le labbra e il palato: Camille era all'interno di quella sfera, Severus era con lei e nient'altro aveva importanza.
Baciare Severus era tutto questo e molto di più...
Si staccò da lei continuando a giocare coi suoi lunghi capelli, poi allungò la mano afferrando il bicchiere da cui solo un attimo prima aveva bevuto e glielo offrì con un sorriso storto e malizioso.
- Ora puoi berne un sorso, ma solo uno...
Protese le labbra verso il bicchiere e lui lo ritirò con un’espressione buffa, una, due, tre volte, finché la donna non riuscì ad afferrarlo intrecciando con aria trionfante le proprie mani con quelle di lui.
La stanza si riempì di risate che danzavano con le fiamme lunghe del camino scaldando l'aria e liberando il profumo dolce amaro del whisky invecchiato e del cioccolato alla mandorla.
Piton di nuovo le tolse il bicchiere e lo posò sul pavimento, si allungò sul piccolo divano e la attirò su di sé.
Le sfiorò piano la punta del naso e come dal nulla tra le sue dita apparve un altro cioccolatino: cioccolato fondente e arancia che lui assaporò di nuovo dalle sue labbra in un ipnotico gioco di sfioramenti e delicati morsi. Un gioco sciocco da innamorati, un passo a due infinito di sapori e profumi.

Camille allungò il braccio e afferrò un cioccolatino: era il suo turno, anche lei ora voleva giocare, ma le girava la testa e si sentì cadere. Severus fu rapido nel trattenerla con un braccio, con un movimento sicuro ed elegante, per riattrarla su di sé con un sorriso compiaciuto.
- Te lo avevo detto di non bere quella roba, ma tu non mi dai mai retta. - le sussurrò, sfiorandole la fronte con un bacio leggero.
Avvolta in quell'abbraccio, si sentì per la prima volta nella sua vita al sicuro... a casa.
La presa salda delle sue braccia era in contrasto con i movimenti leggeri delle sue dita che scendevano tra i suoi capelli sfiorandole la schiena come il tocco delicato e fresco di mille fiocchi di neve, riempiendole il corpo di piccoli brividi.
La testa le vorticava di whisky e di pensieri, di cose che avrebbe voluto dire e che invece restarono sepolte, sopraffatte da quell'abbraccio e da quel piccolo mondo dai contorni definiti solo per lei e Severus.
Le parole sarebbero state di troppo mentre con l'indice disegnava a sua volta il profilo del mago, indugiando sulle labbra sottili per poi perdersi nella conta dei piccoli bottoni della giacca: avrebbero potuto essere dieci, venti o miliardi, perché quando Severus le sollevava il viso e lei incontrava l'oscurità scintillante di diamanti neri nel suo sguardo, nulla aveva realmente importanza... nulla se non quello che stava...
Si sentì all'improvviso scivolare via: l'abbraccio di Severus divenne quello gelido della stanza in cui il camino si era spento; toccò il pavimento con un tonfo sordo e si accorse di essersi addormentata.
Mancavano due cioccolatini nella scatola e non c'era nessun bicchiere, nessun profumo, nessun colore... solo una pozza di luce lunare che si addensava ai piedi dell'alta trifora dando alla stanza un aspetto spettrale e desolante.
Si sollevò con la testa che le girava piano, afferrò la bottiglia di whisky e si diresse verso quell'unica fonte di luce. Fuori il prato era coperto da un velo argentato e la luna le parve più grande e vicina.
Sollevò la bottiglia e brindò: a quella luna così bella da sembrare irreale e a tutto ciò che non esisteva.
Il liquido infuocato le scivolò lungo la gola e agli angoli della bocca spegnendo ogni suo pensiero mentre tutto intorno cominciò a girare più forte.

Alla mattina seguente le rimase solo un ricordo:l tutto le era sfuggito dalle mani come la sabbia del mare lasciando nella sua mente solo un piccolo diamante che continuava a brillare come un idea improvvisa. Se poteva vedere il passato delle persone e parlare coi morti in una dimensione onirica, forse poteva... regalare a Severus lo stesso sogno, del resto un sogno è solo magia... e ci doveva essere qualcosa che faceva al caso suo.
Passò la giornata ad armeggiare con il solito vecchio libro di pozioni proibite e alla fine il risultato fu una fiala che lasciò cadere sotto il cuscino.
Quella sera Severus non era al castello e così decise di lasciargli la cena sulla soglia della stanza, sicuramente avrebbe avuto fame e non avrebbe voluto vedere nessuno. Prese una bottiglia di whisky, sapeva che gli piaceva quello in particolare perché lo aveva visto nell'ufficio di Silente, e una scatola di cioccolato amaro. Lasciò tutto davanti alla porta, non sapendo quando sarebbe tornato, ma di sicuro non molto tardi, non faceva mai tardi, del resto non gli era piacevole intrattenersi a quelle riunioni e il pensiero di Severus di fronte a Voldemort le strinse il cuore.
Tornò nella sua stanza, si sdraiò sul letto senza prendersi la briga di spogliarsi e trasse la fiala da sotto il cuscino: fece saltare il tappo di sughero col pollice e posò le labbra sul bordo della fialetta; era amaro come veleno, ma inspirò a fondo e trattenne la tentazione di risputare tutto, lo ingoiò fino all'ultima goccia e lasciò cadere la provetta di vetro oltre il bordo del letto. Non sapeva nemmeno se avrebbe funzionato o come sarebbe stato, ma la risposta non si fece attendere, l'effetto fu istantaneo e si sentì trascinare via oltre la realtà...

***

Si tolse la maschera d'argento poco prima di arrivare davanti al cancello di Hogwarts, mostrando il viso esausto ai caldi colori del crepuscolo. Guardò su verso la sua scuola, l'unico posto al mondo in cui si sentiva davvero a casa, e gli sembrò bellissima in quell'ora che separava il giorno dalla notte; sentì all'improvviso scemare tutta la stanchezza dovuta alla riunione con l'Oscuro Signore.
Piton era bravissimo a condurre le danze, solo che stava danzando su un baratro senza fine in un lungo passo a due con la morte di cui, di tanto in tanto, sentiva vicino il gelido soffio.
Percorse a passi lenti quei pochi metri che lo separavano dall'ingresso e ad ogni passo aveva l'impressione che scivolassero via da sé le sensazioni spiacevoli che si portava dentro.
La scuola era deserta, probabilmente tutti avevano già finito di cenare e ognuno era già tornato alla propria stanza.
Quel pensiero lo rasserenò, da un lato, ma dall'altro si accorse di aver disperatamente bisogno di mettere nello stomaco qualcosa:non era riuscito quasi a toccar cibo a Villa Malfoy.
Represse anche il senso di fame insieme ad ogni altro pensiero e, leggero come un’ombra, si diresse verso la sua stanza: anche il solo riposo unito al fuoco del camino gli avrebbe potuto dare il ristoro che cercava.
Avrebbe potuto chiedere la cena e farsela portare in stanza, ma non voleva parlare con nessuno, non voleva sentire altre voci oltre a quelle che ancora gli ronzavano nella testa, metalliche, indistint: turbinavano all'unisono come spettri orribili.
Sentì un fruscio di vesti e d'istinto si ritrasse dietro una colonna.
Chi poteva essere a quell'ora nei Sotterranei?
Da dove si trovava, poteva vedere senza essere visto.
Era Camille.
Il preside rimase immobile: era l'ultima persona che desiderava incontrare, ma per quanto si sforzasse di tenerla lontana lei trovava sempre il modo...
La strega non si accorse nemmeno della sua presenza: aveva posato qualcosa davanti alla porta della sua stanza, una specie di grosso involucro di carta e ora lentamente stava tornando sui suoi passi. Gli passò accanto senza vederlo, ma il profumo fresco di arance amare e mandorle che emanava lo avvolse all'improvviso, così vicino che avrebbe potuto allungare semplicemente il braccio per afferrarla, ma trattenne quell'impulso malsano.
Non lo aveva visto e Piton sorrise compiaciuto tra sé, in fondo non era poi così dotata come pensava di essere.
Lasciò che si allontanasse abbastanza da non poterlo sentire e poi si diresse a grandi passi verso la sua camera e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era tremendamente curioso di vedere cosa contenesse l'involucro.
Si chinò per sollevarlo e vicino ad esso c'era un’altra piccola busta di carta bianca; aprì la porta di scatto e portò tutto all'interno: gli aveva portato la cena.
Rimosse la carta dal vassoio di metallo e, senza togliersi il mantello, posò tutto sul tavolo e si mise a mangiare con un’avidità che gli era sconosciuta.
Finito l'ultimo pezzo di arrosto, gli venne la curiosità di vedere cosa contenesse la busta bianca che aveva abbandonato su un piccolo tavolo accanto alla poltrona di velluto.
Sì alzò e accese con un gesto rapido e risoluto la legna nel camino che prese ad ardere di tante piccole fiamme colorate che danzavano in una coreografia scomposta ma perfetta.
Si tolse il mantello e lo ripiegò con cura prima di posarlo sulla spalliera imbottita della piccola poltrona su cui si lasciò cadere.
Afferrò il sacchetto con malcelato disinteresse e dentro c'erano una scatola di cioccolato e una bottiglia di Whisky Incendiario: il suo preferito.
Mentre si chiedeva come accidenti facesse a saperlo, notò un piccolo biglietto ripiegato con cura.
La testa gli diceva di gettarlo nel camino, ma la curiosità ebbe, di nuovo, il sopravvento.

Ho notato che non eri nel castello e ho pensato che avresti avuto fame al tuo ritorno e che, forse, avresti anche avuto bisogno di qualcosa di dolce e di forte.
Camille

Per un attimo gli sembrò di vederla mentre scriveva quelle parole sul foglio: con una ciocca di capelli davanti agli occhi e l'aria imbronciata che assumeva quando si concentrava.
Poteva vederla sollevare gli occhi compiaciuta e piegare accuratamente la lettera, i suoi occhi vivaci dalle iridi piene di pagliuzze dorate... c'era in lei un qualcosa di infantile e assolutamente innocente che lo metteva a disagio e lo attraeva come non pensava fosse di nuovo possibile.
Prese il biglietto e lo lanciò oltre la cornice del camino; lo guardò prendere fuoco in una vampata azzurra e poi aprì la scatola di cioccolato e se ne cacciò in bocca un pezzetto, lo masticò nervosamente fino a che l'aroma dolce amaro non lo avvolse stregandolo completamente, cancellando in un soffio tutta la stanchezza e tutto il resto a cui non voleva pensare.
Al diavolo... si disse, e, afferrando la bottiglia di whisky, fece apparire dal nulla uno spesso bicchiere di cristallo che riempì per metà di liquido ambrato.
Rimase un istante ad osservarlo e ne inspirò il profumo forte e pungente.
Bevve un primo sorso e si abbandonò nella poltrona lasciando che il fuoco liquido lo cullasse travolgendogli i sensi con il suo gusto vellutato di quercia e caramello fuso.
Prese un altro pezzetto di cioccolata e bevve di nuovo un sorso di whisky: si sentì trascinare via da quell'accostamento così incredibilmente perfetto e per la prima volta dopo anni si sentì riscaldare dal profondo della sua anima in pezzi
Per un momento pensò che forse poteva accantonare i suoi pensieri cupi solo per quell'istante, solo per sentirsi per una volta come tutti gli altri.
Gli altri che non avevano visto le cose orribili che aveva visto lui, gli altri che non avevano perso tutto in un battito di ciglia, gli altri che avevano ancora luce negli occhi.
Si lasciò andare forse per la prima volta nella sua esistenza... altrove... in un’altra vita e in un’altra notte.

***


Le fiamme avvolgevano i ceppi nel camino nel loro caldo e mortale abbraccio: nella stanza aleggiava il profumo caldo del whisky, della cioccolata e un altro profumo più indefinito di arance amare e mandorle.
La giovane Grindelwald era seduta sulle sue gambe, abbandonata con la testa sul suo petto: entrambi affondati in una comoda poltrona sorseggiavano whisky dallo stesso bicchiere.
Severus si rendeva perfettamente conto dell'irrealtà della situazione, perché la sua mente non si spegneva mai del tutto nemmeno nel sonno, della dimensione diversa in cui era capitato, ma per una volta voleva semplicemente fingere che fosse realtà, che fosse quella la realtà e l'altra solo un incubo.
Le avvicinò un pezzo di cioccolata alle labbra che la donna protese per mordere, masticò e sorrise per il sapore squisito e forse anche per le dita dell'uomo che tremarono a quel contatto leggero.
I suoi occhi brillavano di pagliuzze dorate che avevano la stessa sfumatura calda del whisky invecchiato; Piton incurvò le labbra impercettibilmente in un piccolo sorriso così inusuale per lui ma... accidenti era un sogno... e poteva fare quel che voleva.
Prese un altro pezzo di cioccolata che la strega gli tolse di mano offrendoglielo tra le sue dita come aveva fatto lui poco prima e prese a disegnargli il contorno della bocca, allontanandolo ogni volta che tentava di afferrarlo tra i denti.
Rimase un istante a guardare compiaciuta la sua opera, come una bambina alle prese con uno strano disegno; Severus sentiva la sostanza densa ed appiccicosa sulle labbra, ma prima che potesse ripulirsi, fu lei a farlo con un movimento rapido quanto un battito di ciglia.
Seguì lo stesso percorso che prima aveva tracciato con la cioccolata, lentamente, con la punta della lingua. Il mago si sentì invadere di calore e desiderio: il suo profumo era così delicato e si fondeva con quello amaro del cioccolato e quello più forte del whisky in un mix esotico ed inebriante.
La lasciò fare attirandola di più a sé, intrecciandole le mani dietro la schiena: la sentì fremere sotto quella stretta che le fece comparire sul volto un vago rossore, ma non si sottrasse a lui e Piton schiuse le labbra, che fino a quel momento aveva tenuto rispettosamente serrate.
Ghermì piano quelle della strega, in cerca di approvazione, e Camille chiuse gli occhi lasciandosi completamente andare alla volontà dell'uomo che divenne più avido cercando la lingua tra le sue labbra socchiuse.
Era come se avesse aperto uno scrigno, e quello che ne uscì fece svanire ogni consapevolezza rimasta: scomparvero i ricordi, Voldemort, e  la maschera argentea di Mangiamorte si aprì in tante minuscole crepe fino ad andare in frantumi: Hogwarts non esisteva più e quella stanza era semplicemente un luogo sospeso fuori dal tempo e dallo spazio.
La sensualità vellutata di quel bacio sempre più profondo gli strappò un gemito sommesso e gli fece desiderare di più.
L'allontanò da sé tenendole il viso tra le mani.
- Sei così bella...
La giovane scosse il capo schernendosi di quell'affermazione così solenne.
- E' vero, lo sei, sei bellissima, Camille.
Lasciò scivolare una mano lungo il collo delicato e scese oltre fino al seno, turgido sotto la stoffa del vestito leggero.
La sentì rabbrividire e le strappò un gemito di sorpresa.
Fece risalire piano le dita lungo il collo, le lasciò affondare nei suoi lunghi capelli di seta e cercò la cerniera del vestito.
- Ti faccio paura, Camille? - le chiese in un sussurro, vedendo l'espressione imbarazzata dipinta sul suo volto.
- No, io... non... ti prego non smettere.
Gli bastò quella supplica appena mormorata, per far cadere l'abito sul suo corpo e per scoprirne il seno candido.
Prese un quadratino di cioccolata e le disegnò prima il contorno delle labbra per poi scendere lungo il collo e infine verso il seno; indugiò sui margini dei capezzoli per poi scivolare su quel percorso con la lingua, schiudendo le labbra e assaporandola come se fosse l'essenza stessa della vita.
La strinse forte, lasciando che si accoccolasse sul suo petto nascondendo il volto nell'incavo del collo, continuando ad accarezzarla delicatamente. Bevve distrattamente un sorso di whisky che lei lambì di nuovo dalle sue labbra e si sentì bruciare la gola dall'alcol e dal desiderio sempre più crescente di farla sua; le tolse del tutto il lungo abito abbandonandolo sul pavimento e la sentì tremare nelle sue braccia, così la strinse forte avvolgendo entrambi nel suo mantello.
Mentre accarezzava il suo corpo,  pensò che quell'attimo era immensamente più prezioso del soddisfare un bisogno fisico e voleva che non finisse, era bello così com'era, senza arrivare mai al piacere estremo: indugiando in quel gioco innocente e sensuale, quell'aspettativa infinita gli parve ad un tratto la forma più assoluta del piacere.
Sentì la mano della giovane armeggiare con il foulard di raso che portava al collo, scendere a sfiorare piano i bottoni della giacca e sempre più giù; rapido le afferrò la mano, se la portò al volto e la sfiorò con le labbra. I loro occhi si incontrarono, quelli di Camille erano talmente grandi che gli sembrò di potersi perdere tra quei bagliori d'oro e ambra: qualcosa si mosse in quelle iridi profonde, una scintilla che lui non riconobbe.
- Severus... io...
La frase non finì.
Piton si risvegliò madido di sudore. Era nella solita vecchia poltrona nella sua stanza e ovviamente era solo. Attizzò il fuoco che stava per spegnersi e mangiò l'ultimo pezzo di cioccolata.
Era stato un sogno, un sogno che ora, di nuovo nella realtà, trovava inaccettabile e inappropriato e del tutto fuori luogo.
La cioccolata gli aveva lasciato in bocca un gusto amaro, ma, forse, non era la cioccolata... si chiese cosa stesse per dirgli Camille, ma poi si liberò anche di quel nuovo quesito senza importanza.
Era tornato: c'era Voldemort e c'era Lily dentro di lui, stretta intorno al cuore come un sudario e c'era suo figlio da proteggere e il suo enorme senso del dovere.
La maschera si ricompose mentre adesso erano i frammenti di sogno a svanire come la nebbia sfiorata dalle dita calde del sole. Frammenti meravigliosi, pezzi sparsi di emozioni e desideri che una parte di lui sentiva ancora a fior di pelle mentre l'altra parte, quella più razionale, gli strappava via di dosso senza pietà.
Prese il bicchiere, lo sollevò nel vuoto e brindò, mormorando sommessamente:
- A tutto ciò che non ho avuto! A tutto ciò che non posso avere!

***

Se Piton avesse guardato da una finestra qualsiasi affacciata sul cortile mentre albeggiava, avrebbe scorto una sagoma scura che guardava verso l'orizzonte con il viso rigato di lacrime; ma avrebbe visto solo la sagoma che dava le spalle alla scuola e a quella realtà che non avrebbe voluto fosse quella vera.
Severus non avrebbe mai visto le lacrime scendere e asciugarsi sul viso della donna e non avrebbe mai capito il senso di quel notturno vagare e Camille pensò, piena di vergogna, che era infinitamente meglio così.
Era meglio che non sapesse che era una ladra: aveva rubato qualche ora del suo sonno, con un incantesimo antico milioni di anni, preso da un libro che di certo il mago non avrebbe apprezzato che lei avesse e usasse con leggerezza, per avere quello che da sveglia non poteva avere.
Forse Severus la desiderava come si può desiderare un bicchiere di whisky dopo cena, ma oltre, cosa c'era?
Stava per dirgli che lo amava e il sogno lì si era interrotto su quella frase mai detta, forse per uno scherzo del destino o forse per un triste presagio...

 

 

   
 
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