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Autore: Obsidian_    27/05/2014    7 recensioni
E se Lyanna e Rhaegar si fossero conosciuti prima del Torneo di Harrenhall? E se lui non fosse stato sposato e lei promessa? Come sarebbe cambiato nella storia dei Sette Regni? La Ribellione sarebbe scoppiata? O la canzone del drago, la canzone perduta, sarebbe risuonata alta tra le mura della Fortezza Rossa?
Dal testo.
Il re aveva indicato loro un giovane uomo che prima Lyanna non aveva notato poiché era quasi nell’ombra, accomodato nel posto in cui la giovane pensava fosse destinato il Primo Cavaliere.
L’avvenenza del Principe Rhaegar era stata decantata in ogni angolo dei Sette Regni, così come la sua bontà di cuore e la sua passione per la musica. Lyanna aveva creduto fossero semplice storie sciocche raccontate per rabbonire la popolazione nei confronti della monarchia che aveva attraversato un periodo buio e irto di pericoli.
Eppure Rhaegar Targaryen era bello. Somigliava incredibilmente a sua madre, Lyanna dovette riconoscere. Nei suoi occhi, però, l’ombra era più marcata, l’anima più tormentata e il sorriso meno luminoso. Tuttavia accolse la sua famiglia con più gentilezza di quanta ne avesse dedicata suo padre, chinandosi con deferenza.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cersei Lannister, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Rhaella Targaryen
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La Fortezza Rossa era un intricato labirinto di corridoi e sale ariose, illuminate da vetrate che lasciavano intravedere la luce splendente del Sole. Era un gioco di torri e bastioni, coronati dal vessillo nero come la notte, e nella parte centrale, ben protetta da mura possenti e impenetrabili, giaceva la torre più imponente del palazzo, quella della famiglia reale.
Gli appartamenti destinati alla famiglia protettrice di Grande Inverno erano posizionati nelle Torre Ovest, semplice e confortevole, dalla quale era possibile scorgere il mare. Lyanna l’aveva osservato, una mano a reggerle il volto, gli occhi di perla fissi in quello spettacolo a cui non aveva mai assistito. Giselle aveva sorriso nello scorgerla tanto assorta, lei nata e cresciuta a Capo Tempesta, dove le onde si infrangevano sugli scogli e li cullava la notte. La fanciulla Baratheon, timida e gentile, ben diversa dal roboante Robert, condivideva con lei le stanze ampie dal pavimento di marmo e un letto immenso intarsiato d’argento.
Giselle era di buona compagnia, di poche parole come la ricordava quand’era giunta in visita a Grande Inverno con suo fratello. La sera prima, strette sotto le coltri di pelle, con le braci del camino che bruciavano ancora riscaldandole, la fanciulla le aveva preso le mani, gli occhi cristallini come quelli di Robert accesi di una speranza infantile. Le aveva raccontato quant’amore suo fratello nutrisse nei riguardi di quella regina del Nord che gli aveva stregato il cuore, e l’aveva quasi implorata affinché acconsentisse alle nozze.
Il sorriso di Lyanna, intenerito dai quei modi gentili che odoravano d’Estate, s’era spento e aveva scosso lentamente il capo. Non avrebbe sposato Robert Baratheon. A nulla erano valse le insistenze di Ned che lo considerava un fratello e Giselle non aveva saputo convincerla. Robert era bello, affascinante con quei suoi occhi che catturavano e quella barba incolta che lo faceva assomigliare ad un dio tempestoso e indomabile, ma Lyanna sapeva che il suo talamo sarebbe stato freddo per molte notti. Robert non era un uomo che avrebbe potuto amare una sola fanciulla per la vita. L’aveva già dimostrato avendo una figlia bastarda nella Valle. Lyanna era certa che non sarebbe stata l’unica.
Giselle s’era intristita per un attimo poi Lyanna le aveva stretto maggiormente le mani, chiamandola sorella, e la fanciulla era tornata a sorriderle mentre incominciava una discussione futile sulle altre nobildonne che erano ospiti. Avevano parlato sino a notte fonda mentre Giselle rideva raccontandole della dolcezza di suo fratello Renly che intrecciava corone di fiori per lei. Lyanna s’era addormentata con il suono armonioso della sua risata mentre il pensiero sfuggente che Giselle sarebbe stata perfetta per Brandon si faceva spazio nella sua mente.
S’era destata all’alba, il Sole che le accarezzava il volto, le mani ancora intrecciate a quelle della fanciulla profondamente addormentata. Era bella come suo fratello maggiore. I tratti del viso tondo, contornato da due fossette profonde, erano morbidi e candidi come la neve. Le lunghe ciglia nere arrivavano sino agli zigomi mentre i capelli neri erano sparsi sul cuscino. Si somigliavano, sebbene Lyanna fosse più alta e snella, frutto degli allenamenti con la spada e delle lunghe corse a cavallo, e i suoi tratti erano duri e spigolosi, tipici degli Stark.
Aveva indossato un abito chiaro e leggero, semplice e non ingombrante, adatto ad una passeggiata tra i boschi, e aveva raggiunto la sala principale. Aveva trovato soltanto suo padre intento a gustare il suo pasto frugale e semplice. S’era chinato a baciargli la gota irsuta e Lord Rickard le aveva sorriso indicandole il posto al suo fianco. Avevano mangiato in silenzio come di consueto, una quiete spezzata soltanto dalla risata di Bran che stava accompagnando Giselle al loro tavolo. Ned e Robert non li avrebbero raggiunti per potersi preparare al meglio per il torneo.
Giselle era arrossita e aveva chinato lo sguardo cristallino, sebbene Lyanna avesse potuto scorgere il sorriso deliziato che le arcuata le labbra sottili, mentre anche Stannis faceva la sua comparsa. Il mezzano dei Baratheon era ben diverso dai suoi fratelli. Se Robert era affabile e sorrideva con semplicità, Stannis era taciturno e digrignava spesso i denti emettendo un suono riconoscibile e fastidioso. Lyanna non credeva fossero mai esistiti due fratelli tanto dissimili. Nonostante il carattere schivo di Ned, la sua severità e l’espressione nobile che aveva ereditato dal loro padre, il suo sorriso era identico a quello di Bran così come l’amore e il senso di protezione che nutrivano nei confronti della loro famiglia.
« Giselle, bambina, sei già stata promessa?» esclamò suo padre con gentilezza, spezzando la quiete. Stannis digrignò i denti e Giselle sembrò non accorgersene continuando a sorridere cortese.
« No, Lord Rickard. In verità la Regina desiderava sposassi il Principe Rhaegar per la parentela e il bene che scorre tra le nostre famiglie, ma nulla è certo,» spiegò la fanciulla mentre la serva riempiva il suo calice.
Lyanna quasi sobbalzò nel sentire il nome del Principe, di quell’uomo, quel cavaliere malinconico dagli occhi profondi, che l’aveva osservava con tanta intensità senza neanche conoscerla, e a Bran non sfuggì. Assottigliò lo sguardo chiaro come il suo in un muto interroggativo, ma la fanciulla scosse il capo, issandosi in piedi e congedandosi con un rispettoso cenno del capo verso il padre.
Il suo cuore era colmo di turbamento mentre ripensava al volto nobile del Principe colmo di una mestizia che la fanciulla del Nord non aveva mai incontrato in nessuno degli uomini che aveva conosciuto. Aveva bisogno di pregare. Gli Dei l’avrebbero protetta e aiutata a comprendere, mitigando quella folle sensazione che le faceva percepire un legame con il Signore di Roccia del Drago.
Lyanna passeggiava per i giardini reali tentando di trovare la strada per il Parco degli Dei. Non vi era nessuno. Dovevano aver raggiunto il padiglione per il torneo. Non avrebbe certamente seguito il primo incontro, ma non le interessava. Robert le aveva domandato di favorirlo donandogli un pegno del suo affetto e Lyanna non aveva avuto cuore di negarglielo la sera prima.  
« Questi uomini del Sud non sanno neanche posizionare degli alberi,» sbuffò la fanciulla frustrata bloccandosi accanto ad un roseto ben curato colmo dei suoi fiori preferiti, bianchi, schiusi e perfetti. Poteva scorgere una fontana di marmo candido arricchita da un drago di pietra dal quale fuorusciva acqua limpida e zampillante, e delle scale di granito che conducevano al fiume, ma neanche l’ombra dei suoi amati Dei. 
« Mia signora, potrei esserti d’aiuto?»
Riconobbe prontamente quel tono così gentile e pacato, una voce adatta al canto malinconico di un dio che percepiva oramai lontana la sua eternità. La fanciulla si volse di scatto, attirata da quell’uomo misterioso, e lo scorse dinanzi a sé. Prima il farsetto nero, poi il volto volitivo e candido e infine gli occhi violetti. Poteva osservarli da vicino, più scuri in prossimità della pupilla, la forma lievemente assottigliata e le ciglia lunghe che li coronavano.
« Principe Rhaegar,» mormorò inchinandosi dinanzi a lui. La riverenza non fu forzata e certamente non perfetta, ma fu sufficiente a farle riprendere il controllo della propria mente. Non riusciva a spiegarsi cosa accadesse quando guardava Rhaegar Targaryen. Non era più Lyanna Stark, l’indomita cavallerizza che sapeva vincere anche contro Brandon, bensì una fanciulla che arrossiva come una sciocca principessina delle fiabe, « Cercavo il Parco degli Dei,» continuò mite scostando lo sguardo da quel mare scuro che erano gli occhi del Principe.
« Siamo distanti. Devi esserti perduta,» asserì Rhaegar porgendole il braccio sinistro, in un silenzioso invito. Lyanna annuì e lo accettò, lasciandosi guidare. Il Principe era caldo, come se un fuoco lo animasse dall’interno, e profumava di menta fresca. Era più alto di lei, gli occhi di Lyanna arrivavano sino alle sue labbra morbide e rosee.
« Non ho domando indicazioni. Credevo di trovarlo nei giardini,» spiegò Lyanna in un mormorio risoluto. Non aveva incontrato che delle dame in ritardo per il torneo ed era certa che non l’avrebbero saputa aiutare.
« È all’interno della Fortezza. Cosa non ti convince, lady Lyanna?» esclamò con un sorriso divertito notando il suo sguardo torvo e assottigliato, le labbra piegate in un’espressione pensierosa.
« Gli alberi non ricevono luce sufficiente per crescere rigogliosi,» replicò la fanciulla del Nord sempre più convinta che gli uomini a Sud dell’Incollatura non sapessero come costruire le fortezze.
« Non sono in molti a pregare gli Antichi Dei nel Sud. Soltanto i discendenti dei Primi Uomini.»
L’andatura del Principe era cadenzata e leggera. Assomigliava a quella di Ned così come la presa sicura con cui la stringeva. Lyanna poteva scorgere il suo sguardo carezzarle il volto senza insistenza, delicato come le ali di una farfalla.
« Ho udito che parteciperai al torneo, vostra grazia,» esclamò interrompendo quel breve silenzio calato tra loro. non era imbarazzante, ma confortevole, familiare persino. Quei giardini sembravano essere costruiti per una passeggiata tra loro in una tiepida mattina in cui il Sole giocava con le nuvole e la brezza spirava dal mare. 
« Mi scontrerò con Robert tra poco, » confermò il Principe continuando ad osservala con un’atipica curiosità, come poteva essere guardata una scultura che mostrava qualcosa da decifrare. Robert non l’aveva mai osservata in quel modo. L’aveva appellata come la più bella fanciulla dei Sette Regni, ma non aveva mai avuto il desiderio di andare oltre l’apparenza, penetrare nel suo animo e arrivare al cuore, « Mio cugino è forse motivo di turbamento per te, mia signora? I tuoi occhi sono spenti,» soggiunse chinandosi a sfiorarle una ciocca nera scostandogliela dal volto. Le dita curate e affusolate indugiarono un attimo sugli zigomi e Lyanna si ritrovò a socchiudere gli occhi e a sorridere d’innocenza. Scosse il capo. Robert non esisteva, non quando il tocco del Principe era ancora sulla sua pelle.
« Il Parco degli Dei,» le mostrò cortese una distesa d’alberi ben curati dai tronchi candidi e dalle fronde rossastre. Non avevano volti, né gli occhi che l’avrebbero protetta né le labbra che avrebbero potuto confortarla. Non l’avrebbero udita. Si costrinse a non sospirare. Il Principe era stato gentile ad accompagnarla e di certo non avrebbe compreso il suo dolore. Era un uomo del Sud, votato ai Sette.
« Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato,» sussurrò gentile posando la mancina sul primo tronco. Era liscio e umido di rugiada mattutina. Gli alberi erano molto più giovani di quelli a Grande Inverno dove il Parco si estendeva per miglia e tra le loro fronde la brezza era troppo lieve.
« Pregare è di vitale importanza in questi tempi. Tentare di schiarire la mente e comprendere cosa sia davvero rilevante, quali imprese abbandonare e quali scontri da intraprendere. Chiunque trova la quiete in luoghi differenti.»
Non sembrava parlare con lei. Il sussurro sembrava essere indirizzato a se stesso, ma gli occhi cercavano ancora i suoi e Lyanna annuì mentre Rhaegar scioglieva la presa dal suo braccio. Sentì freddo. Il fuoco del Principe era caldo e benevolo. Senza di esso sembrava che il mondo avesse perduto qualsiasi speranza, sprofondato in quell’abisso che prima non era che una pallida minaccia.
« Principe Rhaegar, spero che tu vinca lo scontro.»
« Sei molto gentile ad augurarmelo, Lady Lyanna,» mormorò dolcemente chinandosi a sfiorarle la mancina con le sue labbra morbide ed eteree. Non aveva un pegno da donargli e, anche se avesse avuto il nastro grigio che Ned le aveva preparato per porgerlo a Robert, non avrebbe potuto donarlo al Principe. Giselle l’avrebbe sposato, non lei, non la Stark di Grande Inverno che nulla possedeva della donne del Sud. Lyanna era il ghiaccio del Nord, era la neve che cadeva pesante sulle lande brulle, era la brezza che animava le fronde degli alberi, era il cielo terso. E Rhaegar era il fuoco più puro, il figlio del Drago, il soffio rovente di un essere superiore a qualsiasi altro.
Rhaegar si volse a fatica, come se anche per lui quel distacco fosse fonte di dispiacere, e la sua figura scomparve presto dalla sua visuale. Lyanna si lasciò cadere contro l’albero-cuore, l’animo smarrito di un cucciolo senza guida.
*
Cersei Lannister s’era destata con una strana sensazione quella mattina, le parole della Rana impresse nella mente come ferri roventi sul corpo. Poi aveva scosso il capo, dandosi della sciocca. Quella megera era soltanto un pallido ricordo, un essere che non avrebbe mai potuto ferirla, troppo debole per colpire la figlia del Primo Cavaliere, la promessa sposa del Principe ereditario.
S’era lasciata pettinare i capelli dalla propria servitrice, una ragazza svelta e silenziosa, la figlia di un Lord minore dell’Ovest, e le aveva ordinato di intrecciarli come quelli della Regina, un gioco sapiente di opali e smeraldi tra i lunghi riccioli dorati. Doveva essere splendida. Quel giorno avrebbe donato il suo pegno al Principe che avrebbe sconfitto il suo avversario e il Re avrebbe annunciato il loro fidanzamento ufficiale dinanzi alla corte.
Jaime sarebbe entrato a far parte della Guardia Reale e non si sarebbero mai separati. Il suo gemello s’era incupito quando s’era mostrata compiacente e felice alla proposta di sposare Rhaegar. Era geloso. Non avrebbe desiderato separarsi da lei per nulla al mondo. Doveva essere Cersei a richiamarlo al buon senso.
Se avessero vissuto nella corte, avrebbero avuto modo di amarsi come a Castel Granito prima che Lady Joanna, inorridita da ciò che aveva visto, ordinasse che le loro camere fossero situate l’una dall’altra parte della fortezza rispetto all’altra.
La loro madre era morta, però, uccisa da quel mostro deforme del nano, e nessuno più avrebbe potuto dividerli. Neanche Lord Tywin sospettava del loro amore e Cersei doveva essere forte sia per lei che per il suo gemello.
Nessuno comprendeva il legame tra loro. Jaime era la sua metà. Non poteva sopportare di non poter unirsi con lui. Se avesse sposato un altro Lord e Jaime fosse rimasto alla Rocca per imparare a governarla, l’avrebbe irrimediabilmente perduto e ciò non poteva accadere. Il suo piano non doveva fallire.
Si sistemò la veste smeraldina che le faceva risaltare gli occhi e si diresse verso lo studio di suo padre nelle sale del primo Cavaliere. Tywin lavorava instancabilmente per il reame, firmando le carte del Re, dando ordini alla Guardia cittadina e amministrando con giustizia le cause. Aerys l’avrebbe ricompensato facendo della sua unica figlia la futura regina. Sua zia Genna gliel’aveva promesso, raccomandandole di non farne parola con nessuno sebbene Cersei non avesse potuto tenerlo segreto a Jaime.
« Padre,» esclamò Cersei, socchiudendo la porta di quercia. Vi erano due soldati alle porte, ma erano rimasti in silenzio dinanzi a lei chinando i capi e permettendo alla fanciulla di entrare. Tywin stava compilando delle carte, un calice d’oro di vino accanto a sé, la bottiglia quasi intera. Suo padre era solito stemperare il vino di Arbor anche durante i ricevimenti.
« Accomodati, bambina,» mormorò guardandola con il consueto orgoglio facendole cenno di entrare e chiudere la porta. Suo padre aveva sempre un sorriso speciale e celate per lei, non con le labbra, ma con gli occhi. Soltanto per lei, neanche per Jaime.
« Quando potrò sposare il Principe, padre? Quando lo annuncerete alla corte?» domandò impaziente lisciando le pieghe inesistenti, gli occhi verdi pieni di aspettativa. Sapeva che suo padre non l’avrebbe delusa. Tywin scosse il capo, però, e il sorriso della fanciulla si spense nei suoi occhi, la sensazione che aveva provato al risveglio che si animava maggiormente.
« Il Re non ha acconsentito alla mia proposta. Troverò un marito più degno di te,» replicò per nulla turbato, come se il Re non avesse reagito senza alcun riguardo verso il suo lavoro. Cersei percepì lacrime di rabbia agli angoli degli occhi di giada, ma le ricacciò indietro. Era una leonessa. Non si sarebbe mai fatta piegare da un drago. Aveva bisogno di un piano. Un piano per sposare Rhaegar. Un piano per rimanere con Jaime.
  
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