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Autore: KikiShadow93    27/05/2014    13 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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«Akemi...» rantolata il suo nome tra gli ansimi, mentre una scossa di piacere gli sale lungo la spina dorsale, su fino al cervello.
Abbassa un poco gli occhi, incrociando quelli chiari velati di eccitazione della ragazza inginocchiata tra le sue gambe, e ancora una volta si rende conto di quanto quella situazione sia sbagliata, di come dovrebbe fermarla e di come non ci riesca.
In realtà, è consapevole che non avrebbe dovuto mai cominciare quella relazione.
Gli andava vagamente bene quando credeva che sarebbero semplicemente finiti a fare del buon sesso, ma le cose sono velocemente cambiate, si sono evolute senza che lui potesse fare nulla per fermarle e di punto in bianco si è trovato ad essere schiavo dei sentimenti che prova per lei, a pensare a lei quasi per tutto il giorno e a desiderare, senza alcuna logica, di poter gridare al mondo della loro relazione.
In realtà, nel profondo, sa bene cosa sta succedendo: lui, Marco la Fenice, il primo comandante dei pirati di Barbabianca, capace di far tremare chiunque con un solo sguardo, si sta innamorando dell'Angelo Demoniaco.
Non lo crede possibile. Non vuole che sia possibile.
'È solo una questione fisica. Posso smettere quando voglio!' continua a ripeterselo da circa due settimane, dal loro primo rapporto, senza però riuscirci.
Vorrebbe, eccome se lo vorrebbe, ma ogni volta che incrocia i suoi vivaci occhi di ghiaccio sente lo stomaco attorcigliarsi e il cuore battere più forte. Ogni volta che quel piccolo angelo lussurioso lo sfiora e lo guarda con malizia, sente l'irrefrenabile voglia di sbatterla contro la prima superficie disponibile e strapparle i vestiti di dosso. Ogni volta che s'intrufola nel suo letto nel cuore della notte, spera sempre di trovarla ancora lì al suo risveglio.
Sta succedendo anche adesso, mentre si lascia toccare avvolto da un piacere bollente.
«Akemi…» mormora più di una volta fra gli ansimi, con brividi di piacere che gli attraversavano tutto il corpo, mentre lei continua a lambire il suo membro, regalandogli infine un orgasmo così travolgente che quasi lo butta a terra.
Rimane con le spalle appoggiate contro la parete della propria stanza a corto di fiato, mentre la giovane immortale si alza lentamente e gli regala un ultimo bacio a fior di labbra prima di uscire per tornare dagli altri sul ponte.
Marco invece rimane ancora un po' da solo, a pensare.
Pensa che sia tutto dannatamente sbagliato e malato, che il loro sia un rapporto dannoso per entrambi, che dovrebbe chiudere definitivamente quella storia, allontanarla e smettere di pensarla, ma non riesce a trovare il coraggio di prenderla da parte e farlo sul serio. In realtà, solo l'idea di dirglielo lo fa star male. Solo l'idea che possa accettare la cosa di buon grado e sostituirlo, che possa dare tutte quelle emozioni e attenzioni a qualcuno al di fuori di lui, semplicemente lo butta a terra e lo distrugge interiormente.
Ed è proprio questo a dargli la prova di quanto il loro rapporto sia diventata malato. Perché in poco più di due settimane di relazione si è trovato schiavo di questo sentimento che con tanto impegno ha evitato per tutta la vita, da questa relazione così incredibilmente passionale.
Si passa stancamente le mani sul volto, sconvolto da tutti quei cambiamenti che lo fanno diventare matto e, solo quando è sicuro che i segni di quel travolgente orgasmo sono ormai passati, si decide ad uscire dalla stanza per raggiungere i compagni.
Come al solito trova quell'insopportabile corvo a farsi coccolare dalla sua compagna, a gracchiare e sbattere quelle maledette ali. Non lo sopporta proprio, Marco. È diventato una presenza troppo costante, una specie di ombra che la segue in tutti i suoi movimenti. Per un breve istante aveva pure preso in considerazione l'idea che fosse una specie di spia e che stesse raccattando informazioni su di loro per qualcuno, ma poi ha accantonato l'idea. In fondo, per quanto quell'animale dimostri di essere intelligente, non è proprio possibile che riesca a fare una cosa del genere.
Ma, in realtà, non è neanche questo ad infastidirlo tanto in questo momento, quanto il fatto che Akemi stia giocando a scacchi con Ace.
Ci sta provando in tutti i modi a digerire la loro amicizia, a capire che si vogliono bene e che non vogliono stare separati, ma ogni loro singolo abbraccio giocoso, ogni sguardo complice, qualsiasi cosa che li coinvolga direttamente, lo fa star quasi male.
Si avvicina calmo, le mani nelle tasche dei pantaloni e un'espressione completamente indifferente stampata in faccia.
Vuole sapere cosa si dicono, perché Akemi ride così tanto e perché Ace continua a farle la linguaccia. Anzi, non è neanche che vuole saperlo: lui deve saperlo.
'Sono un dannato masochista.'
Si siede su di un barile vicino a loro, guardandoli di sottecchi. I due non badano minimamente alla sua presenza, troppo presi da quella vivacissima partita.
Akemi è felice di farlo, in realtà. È un gioco che richiede astuzia ed intelligenza, non fortuna, e quindi ha buone probabilità di vincere.
Ace invece non è felice. Per niente. A lui piacciono i dadi e le scommesse, che gli danno i brividi lungo la schiena. Gli scacchi, invece, sono semplicemente irritanti per lui.
«Ace, tocca a te muovere.» lo richiama la corvina, passandosi una mano tra i capelli nuovamente lunghi. Pure i capelli di Ace sono un po' ricresciuti, ma Pugno di Fuoco è ben consapevole che dovrà attendere ancora un po' prima di poter riavere i suoi magnifici capelli disordinati a solleticargli il collo.
«Ace!» lo richiama di nuovo, stavolta con tono più duro.
'Vuoi che muova? Ti accontento subito!'
Una fiammata costringe Akemi a buttarsi all'indietro e, a pochi centimetri dal suo candido viso, giace la scacchiera incenerita.
«Ho vinto!» sentenzia entusiasta il secondo comandante, sfoggiando il suo miglior sorriso.
Akemi si rialza e si sistema distrattamente i capelli, masticando bestemmie e maledizioni a mezza bocca, scatenando così le risate di Pugno di Fuoco che, di slancio, la stringe a sé e la fa volteggiare per aria.
Marco vorrebbe semplicemente ucciderlo. Poco gli importa di trovare un modo semplice o uno complesso e doloroso, no. Gli basterebbe giusto vederlo morto stecchito.
Akemi si accorge del suo malumore semplicemente ascoltando il suo battito cardiaco che, unito all'inconfondibile odore della rabbia, le fa comprendere che è meglio separarsi immediatamente dall'amico. Vorrebbe andare dal biondo e baciarlo, fargli capire che loro due sono solo amici e che è stupido da parte sua esserne geloso, ma non lo fa. Non lo può fare. Si limita così a guardarlo per qualche secondo dritto negli occhi, provando a tranquillizzarlo.
«Ehi, guardate a tribordo!»
Tutti i presenti si voltano di scatto, notando in lontananza una nave che si avvicina a vele spiegate, con il vessillo pirata che sventola fiero sull'albero maestro.
Il Jolly Roger della ciurma dipinto sull'enorme vela farebbe tremare chiunque, ma non loro.
«È Doma!» urla Satch, euforico, sbracciando come impazzito verso i compagni che lestamente si avvicinano.
Akemi si avvicina lentamente ad Halta, senza farsi notare da nessuno. Sul suo viso è dipinta un'espressione contratta, cosa che non sfugge all'amica, che a stento trattiene un sorriso.
«Altri alleati?» sibila la corvina, fissando con astio la nave pirata da cui sente provenire tanti odori nuovi e schiamazzi quasi insopportabili per il suo attuale stato.
«Sono tutti uomini.» l'avverte sorridendo strafottente Halta, incrociando le braccia sotto al piccolo seno e guardandola con l'aria più derisoria che riesce a trovare.
«Mh.» commenta semplicemente la corvina, girando i tacchi e dirigendosi a grandi falcate verso il sottocoperta, masticando a mezza bocca un «Sarà meglio.»
«Dove vai?» le domanda con una punta di delusione il capitano, afferrandola per un braccio.
Il sorriso che poi la ragazza gli rivolge gli fa perdere un battito: quel sorriso furbetto, quella scintilla negli occhi freddi ed impenetrabili, implicano solo che sta escogitando qualcosa.
«Mi devo cambiare.» risponde semplicemente la ragazza, passandogli delicatamente una mano sull'enorme avambraccio.
Lo ama. Lo ama sul serio. Ama la sua risata, il modo dolce e distruttivo con cui l'abbraccia, come provi ad educarla senza successo, come, di tanto in tanto, si addormentano nell'enorme stanza dell'uomo mentre leggono, con la luce tenue della candela a tener loro compagnia. Ama anche questa sua espressione, che va dall'accigliato al sorpreso.
Vorrebbe dimostrarglielo di più, fargli capire in qualche modo quanto gli è grata per tutto quello che fa per lei, ma proprio non sa come fare. Da qualche parte, in uno dei suoi tanti libri, ha letto che basterebbe un abbraccio o un gesto gentile, ma è consapevole che ciò non è assolutamente sufficiente per fargli capire quanto valga nel suo cuore nero come la pece.
«Perché? Non sei abbastanza nuda così?» la sfotte prontamente il capitano, passandole una mano tra i capelli neri e lucenti, scompigliandoli dolcemente.
Negli ultimi tempi è sempre più preoccupato per la sua salute mentale, per i suoi incredibili sbalzi di umore scaturiti dal niente. Ma alla fine, senza neanche sforzarsi molto, l'accetta così com'è. Gli basta vederla felice, vedere il suo sorriso allegro quando ne combina una delle sue, e tutto il resto va al suo posto.
«Se vuoi rimango anche così, per me non ci sono problemi, però pensavo che saresti stato più felice di presentare tua figlia vestita in modo decoroso.» controbatte acutamente la minore, assottigliando lo sguardo e sorridendo con aria vittoriosa.
«Siamo pirati, non stilisti.» commenta Marco, ora vicino al capitano.
I due pirati si guardano per un breve istante dritto negli occhi, dove Akemi legge chiaramente quanto il compagno voglia che vada a vestirsi in modo più adeguato.
«Lo vedo.» commenta acidamente la corvina, facendo sghignazzare la Fenice che, senza farsi notare, le mormora “Dopo me la paghi”.
«Allora? Rimango così o mi cambio?» domanda di nuovo al capitano, allargando le braccia per mostrare il pezzo di sopra del costume rosso fiamma e gli shorts incredibilmente corti.
Barbabianca la guarda con attenzione per un brevissimo istante, per poi lasciarsi andare ad uno sbuffo.
«Muoviti.» ordina semplicemente, ricevendo un sonoro bacio sulla guancia prima che la sua adorata e schizofrenica figlia sparisca come un razzo sottocoperta.
'Era più gestibile da piccola...'

Il Cavaliere Errante sale sorridente a bordo della Moby Dick, tenendo sempre in spalla la fedele scimmia che mai si allontana da lui.
Il corvo la nota e comincia a gracchiare innervosito, alzandosi velocemente in volo e sparendo presto dalla loro vista.
«Doma!» urla Pugno di Fuoco, aprendo le braccia e stringendolo subito dopo in un abbraccio soffocante, mentre il resto dell'equipaggio alza sempre di più il tono di voce per farsi sentire dagli alleati.
Barbabianca rimane sul suo seggio, felice di vedere i suoi figli così uniti. Li vede scherzare, abbracciarsi con forza, e non riesce proprio a non pensare a come reagirà Akemi a contatto con nuove persone. Ultimamente, infatti, ha notato che tende a diventare aggressiva e cerca di attaccare chiunque non sia membro dell'equipaggio.
«Ehi, Ace!» lo richiama il capitano alleato, riuscendo così a staccarselo di dosso. Lo guarda dritto negli occhi con sguardo truce, puntandogli poi un dito contro «Non pensare che ti abbia ancora perdonato. Mi devi una nave!»
«Non attaccarti troppo al passato, amico!» afferma ridendo Satch, mettendogli un braccio attorno alle spalle per infondergli un po' di allegria. In fondo, dopo la bruciante sconfitta, Doma non riesce più ad essere sé stesso accanto ad Ace.
«Come mai da queste parti?» gli domanda Marco, mantenendo la sua solita aria fredda e distaccata. In realtà è felice di vederlo, gli è simpatico Doma, un po' meno la scimmia.
«Figliolo!» tuona l'Imperatore, attirando su di sé tutti gli sguardi dei presenti «Spero che tu non abbia avuto qualche problema ultimamente.»
«No, perché?» risponde incerto il Cavaliere Errante, camminando piano fino a trovarsi di fronte all'imponente alleato.
«Un tizio si era infiltrato nella ciurma di Bay e poi ha ucciso alcuni membri dell'equipaggio.» spiega con tono calmo Barbabianca, scrutando attentamente i vari uomini che lo guardano con attenzione, in cerca di qualche segno.
«Sono lusingato dalla tua preoccupazione, babbo, ma va tutto bene, grazie.» si affretta a rispondere il capitano, sorridendo mansueto «Abbiamo semplicemente visto in lontananza la nave e abbiamo pensato di passare a salutarvi. È molto che non ci troviamo.»
«Hai ragione, figliolo.» gli sorride sollevato, Barbabianca, tirando un mentale sospiro di sollievo. Se gli fosse successo qualcosa, davvero non avrebbe saputo come comportarsi, visto che i colpevoli tendono a sparire nel niente come fantasmi.
«Fai salire la tua ciurma, forza. E voi, scansafatiche, legate la loro nave con delle cime e gettate le ancore.» ordina subito dopo, scatenando involontariamente le risate colme di gioia degli adorati figli, che subito eseguono l'ordine.
«Festa?» domanda speranzoso Ace, guardando l'Imperatore dritto negli occhi.
«Rimpatriata.» risponde con tono duro il capitano, trattenendo a stento le risate di fronte al sorriso più che entusiasta del ragazzo.
«FESTA!» echeggia nel cielo splendente il consueto urlo di battaglia del secondo comandante, mentre centinaia di mani sue amiche si alzano simultaneamente al suo con altrettanti boccali traboccanti di ogni tipo di liquore.

Passa velocemente una buona mezzora, nella quale non si è vista neanche l'ombra di Akemi. Nessuno dei presenti ha badato alla sua assenza, essendo tutti troppo presi dagli allegri festeggiamenti in corso. Nessuno, eccetto il capitano, che non riesce a fare a meno di chiedersi dove possa essersi cacciata l'eccentrica figlia, completamente ignaro del fatto che la ragazza era ad imbottirsi di quella strana brodaglia che continua a tenere nascosta sotto al letto.
Non sa neanche che in realtà si è nascosta nell'ombra per poter osservare i nuovi arrivati da circa dieci minuti. E come potrebbe mai saperlo? Se non è lei a palesare la propria presenza, è quasi impossibile accorgersi di lei, così silenziosa e camaleontica.
«Stai aspettando un invito ufficiale?»
Sorride appena Akemi nel sentire la sua voce strafottente, continuando ad annusare attentamente l'aria per studiare ogni singola variazione di odore che sente.
È diventata diffidente verso ogni cosa, anche nei confronti della propria ombra, soprattutto dal momento che spesso e volentieri continua a sentire un odore strano nella cabina di Satch, indice che c'è qualcuno che viene e va senza farsi vedere.
Ha provato a parlarne con Týr, ma l'uomo è stato ben attento a non farsi sfuggire neanche una parola a riguardo, continuando a cambiare argomento con un'abilità sorprendente.
'Non so se posso fidarmi.'
Un ringhio basso le risale per la gola, ma per sua fortuna nessuno pare rendersene conto. Eccetto però quella dannatissima scimmia che troppo frequentemente lancia delle occhiatacce in sua direzione.
«Vai e divertiti, coraggio. Non ti mangiano mica!» scherza allegramente Týr, convincendola come sempre.
Ha un'incredibile influenza su di lei, tanto da riuscire a convincerla senza il minimo sforzo a fare ciò che vuole. Ma questa è sempre stata una sua caratteristica sin da piccolo, quando riusciva a convincere chiunque lo circondasse a compiere anche imprese suicide per un suo semplice capriccio.
Akemi, sempre tenendo la guardia alta, si fa finalmente avanti, camminando fiera verso la polena. Non guarda nessuno, neanche Marco.
Dentro di lei qualcosa si sta violentemente svegliando, facendole prudere le mani e dolere i denti affilati.
Però, anche se lei non guarda nessuno dei pirati presenti, anche se non bada minimamente alla loro presenza, loro la notano benissimo, fasciata da un abito blu notte, la cui gonna svolazza leggera ad ogni passo.
«E quella?» domanda Doma, affascinato dalla figura eterea della giovane immortale.
La scimmia al suo fianco, nel frattempo, si agita sempre di più, provando ad attirare l'attenzione dei presenti come meglio può, senza però ottenere nessun risultato.
«Mh? Ah, è Akemi.» gli risponde distrattamente Ace, bevendo subito dopo un altro lungo sorso di birra fresca.
«L'Angelo Demoniaco?!» la voce del capitano si alza involontariamente a quella risposta, detta in modo estremamente scontato.
«Proprio lei.»
Doma, sbigottito, fa saettare lo sguardo dal secondo comandante alla giovane donna che scruta il mare con aria statuaria e fiera, cercando nel mentre le parole adatte per rispondere.
«Sull'avviso di taglia sembrava più... piccola.» borbotta infine, scatenando le risate generali.
Perché per la ciurma di Barbabianca è normale vederla così grande, tanto da aver praticamente scordato la sua crescita repentina, e per questo non prendono neanche in considerazione il fatto che qualcuno possa trovare un po' bizzarro il fatto che sull'avviso di taglia appaia come una ragazzetta di neanche vent'anni e invece dal vivo sia una giovane donna di almeno venticinque.
«Carina, eh?» domanda ridacchiando Rakuyo, dando una lieve gomitata nel fianco del capitano.
Doma semplicemente ridacchia, passandosi una mano tra i capelli.
«Non commento, potrei diventare volgare.» risponde sospirando, facendo così ridere ancora più forte gli alleati. Pure Marco finge di ridere, mentre dentro desidera semplicemente spaccare il proprio boccale sulla testa dell'ormai ex amico.
Quando poi realizza di averlo pensato sul serio, quando si rende conto di quanto sia diventato geloso nei confronti di quella mocciosa che adesso scherza con Halta, gli si spezza addirittura il respiro. Non è mai stato geloso, non lui, e invece adesso si ritrova a fulminare con lo sguardo anche i suoi fratelli se solo osano guardarla per un secondo di troppo.
Akemi nel frattempo cerca sempre di ignorare con tutta se stessa la presenza ingombrante della ciurma e di concentrarsi sulle parole allegre che gli rivolge l'amica, ma la voce allarmata di Týr la deconcentra tutto in un colpo.
«Non riesco più a tenerlo! Vattene!»
Non fa però in tempo a fare assolutamente niente che il suo corpo si piega improvvisamente in due. Annaspa in cerca d'aria, artigliando il pavimento in cerca di un appiglio. I denti le fanno male, affilandosi ulteriormente nella sua bocca e allungandosi un poco. Le articolazioni sembrano sul punto di spezzarsi da un momento all'altro, mentre il cuore comincia a battere sempre più forte.
Prova ad alzarsi, scansando quasi con violenza Halta che prova ad aiutarla a camminare, quando di colpo lo strillare incontrollato della scimmia la manda completamente in tilt, facendole uscire dalla gola un ringhio più forte dei precedenti.
Un ringhio feroce e bestiale, che per un breve istante fa gelare il sangue ai presenti.
L'animale prova a scattare verso l'adorato proprietario, ma la feroce immortale riesce ad atterrarlo immediatamente, bloccandolo al suolo e ringhiandogli a pochi centimetri dal muso.
Týr nella sua mente urla come indemoniato, provando ad imporle di fermarsi, ma sembra tutto inutile. Ha perso per un solo istante il controllo, si è distratto ripensando al proprio passato, al suo adorato fratello, e il suo lato peggiore è riuscito ad avere la meglio, alimentato dalla presenza della debole preda.
Akemi è sul punto di affondare le lunghe e candide zanne nella tenera carne dell'animale, quando qualcuno la sbalza all'indietro con un potente colpo nello stomaco.
«AKEMI!» tuona Barbabianca, immobile di fronte alla scimmia tremante. Non pensava davvero che sarebbe mai arrivato a colpirla, ma è arrivato davvero al limite. In fondo, a mali estremi, estremi rimedi.
«Cosa diavolo ti è saltato in mente, eh?!» le domanda con tono rabbioso, mentre il resto della ciurma trattiene ancora il respiro per la sorpresa. Nessuno si muove, nessuno osa intervenire.
Akemi si guarda attorno spiazzata, mentre prova a rimettere insieme i pezzi di quelle azioni che non ricorda. Sa solo che le faceva male il corpo, che ha sentito un odore forte e stuzzicante, ma poi tutto è diventato buio.
«Io-»
«Niente scuse! Non puoi fare come ti pare sempre, chiaro?! E, soprattutto, non ti devi mai più permettere di torcere un solo capello ai nostri alleati!» urla l'Imperatore, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
È furioso oltre ogni limite, tanto da tremare per lo sforzo di trattenersi. La cosa che lo manda ancora più in bestia, poi, è lo sguardo duro e offeso della figlia.
«È solo una scimmia!» soffia in risposta la corvina, alzandosi in piedi quasi con aria di sfida. La cosa peggiore, poi, è il fatto che si mette pure a ringhiare per difendersi, quasi incapace di contenersi.
«Sarà anche solo una scimmia, ma è la scimmia di Doma, nostro alleato. Quindi guai a te se solo ci riprovi.» sibila in risposta il gigante, allungando un braccio verso il sottocoperta, ordinandole così di andarsene.
Quando poi gli passa di fianco, l'afferra con forza per un braccio e la guarda dritto negli occhi, senza un briciolo di pietà nei suoi confronti «Prova solo un'altra volta a ringhiarmi in quel modo e ti giuro, tanto è vero che sono qui, che ti spedisco in orbita a calci nel culo. Sono stato chiaro?»
Akemi scrolla in braccio e sostiene il suo sguardo, cercando di ignorare la voce ancora più incazzata di Týr che le impone di andarsene il prima possibile.
«Limpido.» risponde infine, distogliendo lo sguardo e camminando con la stessa fierezza con cui era arrivata verso il lungo e buio corridoio.
«Cazzo, tu devi darti una calmata!»
Sbuffa infastidita, spostandosi dietro un orecchio un ciuffo ribelle.
«Non puoi provare a sbranare chiunque davanti a tutti! È la prima regola degli immortali, forse addirittura l'unica veramente importante e che viene fatta sempre rispettare!»
'Io non conosco le vostre regole.'
Cammina con passo svelto per il lungo corridoio, decisa ad andarsene in palestra a sfogare un po' di quella rabbia che la sta corrodendo, quando all'improvviso la voce allegra di Yuka le arriva alle orecchie, tirandole incredibilmente su il morale.
«Tesoro, Ran vorrebbe parlarti in privato se hai tempo.» l'avverte con un sorriso dolce la giovane infermiera, che era andata cinque minuti in pausa per prendersi un caffè e rilassarsi prima di tornare ai propri doveri.
La corvina le sorride cordialmente e le si avvicina con passo calmo, superandola senza neanche guardarla.
Non sta più nella pelle, muore dalla voglia di scoprire i risultati delle analisi fatte in precedenza e non appena vede l'infermiera intenta a leggere le sue cartelle cliniche, sente il cuore farle una capriola nel petto.
La donna si volta quando sente un lieve colpo di tosse e, per cortesia, prova ad accennare un sorriso.
«Dobbiamo parlare.» Ran le fa un cenno con la mano di mettersi a sedere sul lettino, tenendo sempre lo sguardo basso.
Non credeva che sarebbe mai dovuta arrivare a doverle dire una cosa tanto brutta, non dopo certi discorsi che hanno fatto in privato. Ma ormai non può più tenere la cosa nascosta, visto che in una settimana quel genere di esami sono più che pronti.
Maledice la sua acutezza per questo, Ran. Se fosse stata una stupida credulona avrebbe potuto tirarla per le lunghe ancora per un po'.
«Certo, dimmi pure.» afferma allegra la corvina, saltando agilmente sul lettino dell'infermeria con le gambe incrociate e un sorriso allegro in volto. Sorriso che va però spegnendosi di fronte allo sguardo triste dell'infermiera.
«È una cosa grave?» le domanda preoccupata, sentendo distintamente il suo cuore farle una capriola nel petto, segno che la risposta è più che affermativa.
Si stringe involontariamente le braccia attorno all'addome, mentre i muscoli si tendono per lo sforzo di rimanere calma.
Týr le ricorda di respirare come le ha insegnato per calmarsi, dicendole anche che comunque vada lui le sarà vicino. Perché lui sa bene cosa sta per dirle la dolce infermiera dai capelli color cioccolato e, incredibilmente, la cosa lo rattrista molto.
Ran prende una seggiolina e si siede di fronte a lei, continuando a torturarsi le mani per il nervoso. Come può darle una notizia del genere? Come può infrangere un suo sogno? Mai come in questo momento ha odiato tanto la sua professione.
«Non so come dirtelo, in verità...» mormora sempre più dispiaciuta, sobbalzando quando sente le mani fresche della ragazza afferrare le sue.
«Dimmelo e basta. Via il dente, via il dolore, ricordi?» le sorride dolcemente Akemi, provando così ad infonderle un po' di coraggio, completamente ignara di quanto le parole che tra pochi istanti sentirà la faranno soffrire.
Ran la guarda con aria cupa, sospirando con aria affranta «Sei sterile.»
Tra le due donne cala un profondo silenzio, interrotto solamente dal fastidioso orologio appeso alla parete sopra alla porta. Un tic-toc insopportabile, forte come se fossero martellare.
«Co- come?» balbetta la corvina, ritraendo le mani tremanti e guardandola come se fosse un fantasma.
«Dagli esami è saltato fuori qualcosa di anomalo, mai registrato prima. Dalle ecografie il tuo apparato riproduttivo è perfetto, ma facendo degli esami più accurati è risultato come... fasullo, ecco.» le spiega con il cuore infranto la donna, provando ad usare il tono più gentile che riesce a trovare. È consapevole però che sia una cosa completamente inutile: neanche dirglielo piangendo la tirerebbe su di morale.
Perché infatti, quando una settimana prima le aveva chiesto in gran segreto di farle quei determinati tipi di esami, si era lasciata sfuggire, con un sorriso così dolce da far venire il diabete, il celato desiderio di poter avere un bambino, un domani. Qualcuno a cui dare tutto il suo amore, da proteggere e crescere come i suoi genitori biologici non hanno potuto -o voluto, non si sa- fare con lei.
«Io... io non...» mormora a corto di fiato Akemi, come se avesse un groppo in gola che le impedisce di respirare e parlare correttamente «Non capisco.»
«Il tuo apparato è apparentemente perfetto, solo che non funziona. È come se fosse lì perché ci deve essere, ma non per funzionare.» ha le lacrime agli occhi, Ran. Lei non ha mai avuto un grande istinto materno, non le è mai importato di avere figli o meno, ma può capire quanto per un orfana possa essere diversa la situazione.
«Io...» cerca le parole, Akemi, facendo saettare gli occhi da una parte all'altra della stanza, mentre dentro di lei qualcosa comincia a muoversi: dolore, rabbia, delusione. Un mix distruttivo e letale, tenuto sotto controllo solo dall'imponente forza sempre in aumento di Týr, capace di incanalare tutte quelle emozioni e farle trasformare in semplici lacrime.
«Scusa!» scatta in piedi come una molla e corre via, più che decisa a chiudersi nella propria stanza e lì rimanere, da sola.

Il Sole sta lentamente calando, tingendo il mare di un meraviglioso arancione dorato.
Le due ciurme sono ancora insieme e, proprio mentre Doma stava per andarsene, Ace ha proposto di cenare tutti insieme e continuare così i festeggiamenti.
Barbabianca ha appoggiato l'idea, dicendo che gli sembra il minimo che possa fare dopo l'orrendo comportamento della figlia, e Doma si è ritrovato quasi costretto ad accettare, soprattutto quando di fronte a lui c'erano così tante facce sorridenti e speranzose di poter continuare a passare un po' di tempo assieme.
Adesso i cuochi delle due ciurme si danno allegramente da fare per il banchetto che tra non molto gusteranno assieme, mentre molti altri componenti si ritirano momentaneamente nelle proprie cabine per potersi dare giusto una rinfrescata e non puzzare così come dei bufali durante l'ora di cena. Perché va bene essere pirati, ma un minimo di buone maniere e di tatto ce li hanno pure loro.
Marco, con estrema cautela, si dirige verso la cabina della compagna per capire cosa le sia preso qualche ora prima, perché sia scattata in quel modo così brutale senza una ragione apparente e, soprattutto, per convincerla ad andare a parlare col capitano per chiarire quell'increscioso incidente.
Quando però non riceve nessuna risposta da parte sua dopo aver bussato ben due volte, decide semplicemente di entrare, vagamente innervosito. In fondo non ha nessuna ragione per avercela anche con lui.
La ragazza non alza neanche gli occhi su di lui, troppo avvilita per riuscire a sostenere il suo sguardo duro di rimprovero.
Marco la guarda con attenzione, stranito dal suo sguardo assente fisso sulle coperte nere e il corpo abbandonato, come morto.
«Ehi, che ti prende?» le domanda avvicinandosi, sperando di riuscire in qualche modo a tirarle su il morale come si è ritrovato spesso a fare negli ultimi tempi.
«Non dirmi che te la sei presa per quello che ti ha detto il babbo.» scherza sedendosi sul bordo del letto, cercando con insistenza i suoi occhi, senza successo.
Akemi continua a fissare il niente e a malapena riesce a sussurrare uno strascicato «No...»
«Allora cosa c'è?» le domanda con tono più serio il comandante, cercando comunque di mascherare la propria preoccupazione. In fondo con lei non si sa mai cosa può succedere, e vederla in questo stato di certo non è un buon segno.
«È una cosa... intima...» mormora in risposta, passandosi stancamente una mano sul volto più pallido del solito e stringendo l'altro braccio attorno al ventre, precedentemente accoltellato quando era sotto la doccia in uno scatto d'ira.
«Come dirlo in modo delicato?» domanda con tono sarcastico Marco, grattandosi distrattamente il mento mentre finge di pensare attentamente, attirando così lo sguardo della compagna «Scopiamo come due ricci ogni volta che ne abbiamo l'opportunità, mi è capitato di dover lavare anche i tuoi vestiti perché erano nella mia stanza... ti ho tenuto la testa quando hai vomitato quella poltiglia nera l'altra notte! Più intimi di così!» afferma dopo pochi istanti con convinzione, facendola finalmente sorridere.
'Ecco, da brava, sorridi.' pensa sollevato, passandole una mano attorno alla vita e attirandosela addosso.
«Cosa è successo?» riprova, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Akemi cede quasi immediatamente di fronte al suo sguardo serio e preoccupato, completamente in balia dei suoi occhi neri.
«La settimana scorsa ho parlato con Halta. Le ho detto di noi, che abbiamo... fatto sesso e... nulla, mi ha detto che era il caso di farmi controllare dalle infermiere perché non abbiamo usato precauzioni.»
Marco ci pensa su per qualche secondo, per poi sorriderle in modo rassicurante.
«A te non è ancora venuto il ciclo, quindi che problema c'è?» le domanda con il tono più tranquillo che riesce a trovare, mentre un brutto presentimento lo assale quando il suo sguardo si fa improvvisamente più duro.
«Anche questo è un problema, Marco.» afferma con tono sconsolato Akemi, provando inutilmente a scansarlo, infastidita solo all'idea di dover pronunciare ad alta voce quelle parole che l'hanno tanto ferita «Comunque sono andata da Ran, e prima mi ha detto i risultati.»
«Non dirmi che sei incinta!» sbotta di colpo Marco, ormai incapace di reprimere la preoccupazione. Quando però viene bruscamente allontanato e la vede stringersi su sé stessa e nascondere il viso nel tentativo di non farsi vedere piangente, si rende pienamente conto di aver reagito nel modo più sbagliato possibile, e subito prova a rimediare, avvicinandola piano e provando ad asciugarle le lacrime «Akemi?»
«Io non posso avere bambini, Marco. Non potrò mai averli...» mormora con un filo di voce, stringendo convulsamente il braccio attorno all'addome, reprimendo con tutta la sua forza la voglia di prendere uno dei propri pugnali e di sventrarsi seduta stante.
Marco rimane in silenzio per qualche istante, improvvisamente influenzato dal profondo dispiacere della compagna, incapace di riuscire a formulare una qualsiasi frase capace di tirarla su.
Non avevano mai affrontato un discorso del genere. Marco non l'aveva neanche mai preso in considerazione, quindi ora si ritrova completamente spiazzato.
«Dai, calmati...» afferma con poca convinzione dopo qualche minuto, afferrandola con decisione per le spalle e abbracciandola.
Si sente strano quando lo fa. Non è mai stato tipo da quel genere di effusioni, non è mai stato proprio il tipo che esternava tanto le proprie emozioni in generale, ma con lei sono tutti movimenti che vengono completamente in automatico.
In realtà, poi, si sente incredibilmente forte quando sente che anche lei ricambia i suoi abbracci, i suoi baci. Sente come una nuova forza interiore che lo fa sentire capace anche delle più grandi imprese, come ammazzare senza sforzo un Ammiraglio a mani nude.
«Tu volevi dei figli?» le domanda dopo un po', senza però mollare la presa.
«Anche se la cosa non ti riguarda, devo ammettere che un domani non mi sarebbe dispiaciuto.» ammette Akemi, che finalmente è riuscita a smettere di piangere.
Perché se a Marco quei gesti infondono una sensazione di potenza, a lei infondono una dolce sensazione di protezione e conforto come nient'altro al mondo.
«Come sarebbe a dire che la cosa non mi riguarda?» domanda con tono scocciato il maggiore, tirandole scherzosamente una ciocca di capelli.
«Non sta scritto da nessuna parte che saresti dovuto essere te il padre dei miei figli, no?» scherza sorridendo contro il suo petto, rannicchiandosi maggiormente contro il suo corpo caldo.
«Sorvolerò su quest'ultima parte perché sennò ti spacco il tuo bel visino a pugni.» sbuffa la Fenice, roteando gli occhi al cielo. Ogni tanto si scorda con chi ha a che fare, quanto sia strana e lunatica, e anche della sua impressionante capacità di distruggere in un secondo le atmosfere più dolci o serene con uscite simili.
«Senti, una soluzione ci sarebbe, volendo.» afferma subito dopo, mollando finalmente la presa.
Akemi lo guarda incuriosita, notando quanto il suo sguardo si sia fatto improvvisamente serio e pensieroso.
«Cioè?»
«Certo, prima dovresti parlarne col babbo, ma alla fine te le dà tutte vinte. Poi una cosa simile non la rifiuterebbe di certo. Almeno, credo-»
«Mi dici di cosa si tratta?!» lo interrompe bruscamente, dandogli una sonora pacca sulla spalla. Sa bene che stava facendo quello stupido ragionamento a voce alta giusto per tenerla sulle spine il più possibile, e la cosa non può far altro che farla innervosire.
Marco si massaggia la parte lesa con un sorrisetto divertito ad increspargli gli angoli della bocca, fiero di essere riuscito a ripagarla con la stessa moneta per quell'uscita di poco prima.
Poi però torna serio, passandosi una mano tra i capelli e sospirando pesantemente, sperando di non doversi pentire di quell'idea assurda.
«Quando vorrai un bambino, sbarcheremo su un'isola e ne prenderemo uno in qualche orfanotrofio. Così tu hai il tuo bambino e sei contenta, lui è fuori da quel posto orrendo ed è contento, e il babbo diventa addirittura nonno ed è ultra-contento.» le spiega fingendosi completamente calmo, guardandola dritto negli occhi.
Nota che l'idea le piace dalla luce che vede risplendere all'idea della maternità, ma nota pure una nota di dispiacere, cosa che in effetti lo confonde.
«Non avrebbe un papà...»
Abbassa la testa sconsolato, Marco, incapace di credere che la sua ragazza sia così imbecille in certi momenti.
«Ne avrebbe milleseicento di papà.» scherza, cercando così di poter evitare di doverle dire le cose fino in fondo, per poi dover vuotare il sacco di fronte al suo sguardo ancora incerto.
«Se l'idea ti piace di più, millecinquecentonovantanove zii... e un papà.» sbuffa imbarazzato, spostando lo sguardo di lato.
Si sta profondamente odiando per questo suo cedimento ingiustificato, per i suoi strani cambiamenti, e odia pure lei perché ne è la causa.
Quando però lo costringe a guardarla negli occhi, il suo risentimento svanisce di colpo, lasciando spazio solo al desiderio di vedere di nuovo il suo sorriso, scaturito solo grazie a lui. Uno dei suoi sorrisi dolci e riconoscenti, di quelli che non rivolge a nessun altro, di quelli che gli regala quando sono soli.
«A te non piacciono i bambini.» afferma incerta Akemi, cercando delle risposte nei suoi occhi.
«Già.» annuisce distrattamente con la testa, poggiando al contempo una mano sulla sua «Ma tu mi piaci.» aggiunge subito dopo, sorridendo divertito di fronte alla sua espressione smarrita.
«Faresti davvero una cosa simile per me?» gli domanda Akemi, mentre nuove lacrime fanno capolino dai suoi occhi.
Non riesce a muovere un solo muscolo, neanche a pensare razionalmente, non quando sente la punta delle dita del pirata sfiorarle delicatamente uno zigomo.
«Non te lo avevo detto prima, ma nella nostra relazione hai a disposizione un solo colpo di puro altruismo misto a dolcezza da parte mia. Se vuoi giocartelo così...» scherza sorridendole Marco, giusto per smorzare un po' quell'improvvisa dolcezza che era venuta a crearsi. Non sono i tipi, non loro, e la cosa lo ha imbarazzato sin troppo.
Akemi, dopo un attimo di smarrimento, gli sorride piena di gioia e, con uno scatto, gli allaccia le braccia al collo, baciandolo con trasporto.
«Grazie, Piccione.» mormora contro le sue labbra, senza smettere di sorridere neanche per un istante.
«Di niente, Depressa Disturbata.» sorride pure Marco, decidendo però di mettere fine a tutte quelle smancerie alzandosi in piedi di scatto, senza però offenderla «Ora cambiati, tra poco serviranno la cena. Da quel che so, i cuochi di Doma sono davvero bravi.»
«Io non voglio venire.» soffia la ragazza, voltando la testa di lato con aria capricciosa.
Marco non può far altro che roteare gli occhi al cielo, consapevole di quanto possa essere testarda se si impunta su qualcosa.
«Contenta te.» afferma indifferente, dandole le spalle e dirigendosi verso la porta, decisamente più calmo. Certo, non hanno affrontato il discorso della scimmia, ma per quello ci sarà tempo più tardi.
«Ti aspetto nella tua stanza?» gli domanda di nuovo sorridente Akemi, inginocchiandosi sul letto e guardandolo con espressione speranzosa.
«Potrei fare tardi.» ammette con la solita indifferenza Marco, scuotendo poi il capo di fronte al suo sguardo da bambina.
«E va bene...» cede uscendo velocemente da quella stanza prima che possa succedergli qualcos'altro, lasciandola così ai suoi pensieri. Ai suoi e a quelli di Týr, in realtà.
«L'hai addolcito, eh?» sfotte divertito da quella bizzarra conversazione, facendola trasalire.
'Sembrerebbe... è un buon segno, vero?'
«Non sono un grande esperto in questo campo, ad essere onesti. Tutte le compagne che ho avuto le ho sempre ammazzate in tempi brevi.» ammette in tutta onestà, facendola cadere di nuovo nello sgomento più totale. Ogni volta che le rivela qualcosa sul suo conto, in fondo, è sempre qualcosa di macabro e da pazzo completo.
'Tutte?!'
«Una no, in effetti. Ma non era proprio la mia compagna: scopavamo quando ne avevamo voglia e fine della storia.» risponde con una certa indifferenza, e Akemi, presa dallo sconforto, si sbatte con forza una mano sulla fronte.
'Quindi, in questo caso, sei inutile.'
«Mi duole ammetterlo, ma si.» ride forte, Týr, sorprendendola. In genere scoppia a ridere in questo modo solo se le è successo qualcosa di stupido o se non capisce qualcosa, non di certo se lo offende.
«Comunque suppongo che sia un buon segno, si. Perché mai offrirsi di fare una cosa simile, sennò? Io ti avrei dato un calcio in culo e me ne sarei cercato un'altra.» aggiunge non appena riesce a calmarsi, facendola ridacchiare.
Quando è così, in fondo, riesce a rivelarsi decisamente sopportabile e simpatico.
'Romantico, eh?'
«Non puoi capire quanto. Ad ogni modo, ti conviene fare una bella dormita. Non vorrai mica rischiare di perdere di nuovo il controllo?» scherza, usando però un tono vagamente gentile che la sorprende molto. È un tono quasi affettuoso, protettivo a modo suo.
Anche questa volta decide di dargli retta e, dopo aver preso un calmante ben nascosto sotto alla propria biancheria, si corica a letto, felice all'idea di poterlo vedere, di poter scherzare con lui e di poter sentire di nuovo il suo odore fresco e familiare.
'Arrivo, stronzetto!'
 

Da dove viene questo rumore? Dove mi trovo? Con questa nebbia non si vede niente. Dov'è il mare? Dove sono gli altri?
Fa freddo. Fa veramente troppo freddo. Perché non riesco a riscaldarmi? Perché non posso scegliere dove andare?
Maledette mosche! Dove siete? Non vi sopporto più! Il vostro stramaledetto ronzio mi sta facendo impazzire!
Alberi? Dove sono? Ragazzi, dove vi siete nascosti? Qui ci sono solo alberi... alberi e nebbia. Poca luce, troppo poca. Il fango mi arriva fino alle caviglie... che schifo. Devo uscire da questa melma. Non la sopporto.
Sento uno scricchiolio di foglie calpestate, rametti spezzati. Chi c'è? Non riesco a vedere. Fottutissima nebbia...
«Aiuto...»
Akemi? Akemi, che hai fatto? Che ti è successo? Chi ti ha ridotta così? I tuoi vestiti... sono sporchi. Sangue e fango ti ricoprono anche parte del viso. Chi ti ha fatto male? Perdi sangue dal labbro... e le tue mani. Perché sono sporche di sangue? Cosa ti è successo?
Non riesco a parlare. Perché non parlo?
Dannazione, guardami! Sono qui, non mi vedi? Sono al tuo fianco, dannazione! Non tremare, smetti di piangere! Sono qui! Non ti faranno del male!
Altri rumori, passi pesanti. Chi ti segue? Dimmelo, Akemi. Dimmelo e lo ucciderò. Non potrò usare i miei poteri, ma ho abbastanza forza da poter uccidere anche così.
Perché queste mosche non smettono di ronzare?! Non le senti? Mi stanno mandando al manicomio!
«No...»
Cosa c'è? Chi è quello là? Che vuole da te? Ti prego, parlami. Anzi, scappa! Sei veloce ragazzina, usa quelle dannate gambe e corri!
Brava, così. Nasconditi, brava. Non ti può vedere lì dietro, la corteccia è troppo grossa, ti ripara completamente. Non parlare però, aspetta che si siano allontanati tutti. Non ti ho insegnato niente? Possibile che tu sia sempre così disattenta quando ti parlo?
Respira però. Devi respirare! Sappiamo entrambi che gli odori ti aiutano ad individuare eventuali pericoli, quindi vedi di usare quel dannatissimo naso e respira. Io non posso aiutarti. Ti tocco ma tu non lo senti. Quindi respira, aiutati da sola, almeno. Non posso tollerare che ti accada qualcosa.
«Aiutatemi...»
Zitta! Devi stare zitta!
No! Non toccarla! Toglile le mani di dosso, bastardo!
Perché non posso intervenire? Perché non posso aiutarti? Non riesco a sopportarlo! Fa troppo male, cazzo! LASCIALA STARE!
Akemi, te lo chiedo per favore: ALZATI! Apri gli occhi e scappa! Raccogli le forze!
«Abbiamo preso la puttana!»
Buio.
Che succede? Dove sei, Akemi?
Cos'è questa puzza? Peli bruciati... decomposizione. Le mosche! Cazzo, le mosche. È pieno. Sono tutte attaccate ai gatti morti che pendono dal soffitto.
Non ce la faccio...
Dove sono?! Chi è questa gente? Cosa sta blaterando quella vecchia gobba?
Akemi! Che ti hanno fatto? Chi ha osato legarti a quel palo?
Non piangere, ti prego... non riesco a sopportarlo! Fa male, troppo. Liberati e scappa, ti prego. Spacca quelle catene d'argento e scappa, ti prego!
«Non fatemi del male, vi prego!»
La vecchia stronza non ti ascolta. Si limita ad appendere un gatto sgozzato vicino alla tua testa, poi torna al suo tavolo e apre un libro. Strano, è molto simile a quello di Ace... che cos'è?
Si ferma su una pagina in particolare, continuando a biascicare parole incomprensibili. Guarda come ipnotizzata il disegno di un uomo che brucia legato ad un palo, continuando a ripetere la stessa parola. Non sono un intenditore, ma dalla parola appuntata sopra lo capisco anche io: purificazione.
«NON CI PROVATE!»
Ascoltatemi, bastardi!
E tu, sudicio grassone, allontanati immediatamente da lei.
Che le stai versando addosso? Figlio di puttana. Giuro su Dio che ti troverò e ti ammazzerò con le mie mani, fosse l'ultima cosa che faccio.
«Tu non meriti di vivere, mostro. Sei una maledizione per l'umanità, una piaga. I tuoi genitori bruciano all'Inferno com'è giusto che sia... e adesso li raggiungerai. Noi, fieri Dragoni, abbiamo il compito di rispedirti nelle tenebre, di liberare il mondo dal male che rappresenti, di farti pagare per le vite che hai stroncato. Smetti di fingere e mostra la tua vera natura, maledetta creatura delle tenebre!»
Piccola, non piangere. Ti prego, calmati! Andrà tutto bene, te lo prometto. Dammi pochi secondi e troverò una soluzione. Ti porto via, mi senti? Ti porto via da tutto questo, ti porto a casa.
E tu, maledetto bastardo, spegni immediatamente quel fiammifero! Mi senti? SPEGNILO!
Akemi, che ti prende? Sei seria. Lo guardi come se fino a questo momento tu non fossi mai stata veramente qui, come se fossi sorpresa.
«Ti strapperò via l'anima, lo sai?»
I tuoi occhi... perché sono dorati? Che ti succede? E la tua voce... è così... bassa, cavernosa... lugubre. Che ti prende? Che ti sta succedendo?
«Ti strappo il cuore e l'anima, patetico porco!»
Che ti prende? Cazzo, sembri... indemoniata!
No! NO! Non posso guardare... no, ti prego. Ace? Dov'è Ace quando serve?! Ace, maledizione, spegni le fiamme! Corri e spegnile, dannazione!
«BASTARDO FIGLIO DI PUTTANA!»
Tu urli. Urli ed imprechi. Sempre più forte, la voce sempre più rabbiosa.
Non posso guardare, non ce la faccio più. Perché non posso distogliere lo sguardo? Perché devo continuare a vederti soffrire così?
«Vai all'Inferno, mostro!»
Uno sparo. Uno solo, in fronte. Il tuo corpo diventa molle, avvolto dalle fiamme.
DIO, BASTA!


Si sveglia nel cuore della notte sobbalzando tra le lenzuola appiccicate fastidiosamente alla sua pelle e subito cerca il corpo della giovane amante, che trova steso al suo fianco, attorcigliata alle lenzuola leggere e con un debole raggio di Luna ad illuminarle quell’espressione tenera che ha soltanto quando dorme.
In un movimento spontaneo le sposta un ciuffo ribelle dal viso, ritrovandosi a sorridere sollevato. Era tutto così dannatamente vero da farlo stare seriamente male.
La guarda a lungo, steso su un fianco, sfiorandole la pelle nuda del fianco con la punta delle dita, trovandola incredibilmente bella. Non se ne era reso conto fino al momento in cui, da ubriaco, si era ritrovato a ballare con lei, a sentire quel corpo freddo premuto contro il suo, a sfiorare quei morbidi fianchi su cui ha l'esclusiva assoluta.
Dopo una manciata di minuti, però, si sforza di toglierle gli occhi di dosso e si mette a cercare il pacchetto di sigarette abilmente nascosto fra i suoi pochi vestiti e, mettendosi stancamente i pantaloni abbandonati ai piedi del letto, esce sul ponte della nave per soddisfare quel piccolo vizio che, purtroppo per lui, Akemi non tollera.
Rimane lì, sul ponte vuoto di quell'enorme nave, perso nei suoi pensieri, soffiando il fumo nell’oscurità più completa che l’avvolge e perdendosi ad ammirare le stelle, notando di sfuggita una macchia nera volteggiare non troppo lontano dalla nave.
Mentre rientra sottocoperta, senza staccare gli occhi dal fastidioso animale, si ripromette che, il prima possibile, lo farà fuori. Nessuno, neanche un corvo, può permettersi di avvicinarla troppo.
Quando poi, ritornando nella sua cabina, imbocca il lungo e buio corridoio nota qualcuno che non avrebbe assolutamente dovuto vedere chi giace nel suo letto: Izo. Non che sia un chiacchierone o cose simili, solo che lo infastidisce che sappia e ora deve pure trovare un modo convincente per sbarazzarsene e forse corromperlo per poter stare tranquillo.
Palesa la sua presenza con uno schiarimento di voce e l'uomo si volta con un sorrisetto divertito ad increspargli le labbra, insolitamente struccate.
«Non trovi buffo che, da quando è montata su questa nave, ci sia sempre più amore nell'aria?» gli domanda sarcasticamente il sedicesimo comandante, incrociando le braccia al petto e reclinando un poco la testa di lato. I capelli neri e lucidi gli ricadono morbidi sulla schiena lasciata nuda, il vessillo del padre svetta magnificamente su suo bicipite sinistro.
«Mh?» quella domanda ha lasciato a dir poco perplesso il primo comandante, che però comincia a scorgere un vago significato quando nota una piccola macchiolina violacea sul collo niveo del compagno.
«È un succhiotto quello?!» sbotta sgranando gli occhi e afferrandolo con forza per le spalle per poter vedere meglio, venendo però scansato con un movimento brusco dall'altro.
«Oh, merda! Le avevo detto di andarci piano!» ringhia a denti stretti Izo, sfiorandosi con la punta delle dita delicate e letali la parte lesa, fulminando con lo sguardo la porta chiusa della cabina della compagna, nella quale ha passato delle interessanti ore di passione.
«Ma chi...?» domanda incerto Marco, illuminandosi tutto in un colpo di fronte all'espressione piuttosto eloquente di Izo «Halta?!»
«Abbassa la voce! Vuoi che lo sappia tutta la ciurma?!» gli tira un sonoro schiaffo sul braccio per zittirlo, afferrandolo poi per un braccio e dirigendosi insieme a lui verso la cambusa. Ormai è chiaro ad entrambi che è arrivato il momento di fare due chiacchiere, e quale posto migliore di uno pieno di cibo?
«Perché non lo avete detto a nessuno?» gli domanda Marco, afferrando un vaso pieno di biscotti e mangiucchiandone distrattamente uno. Non è mai stato un grande amante dei dolci, anzi, ha sempre tollerato giusto il cioccolato fondente, ma da quando sta con Akemi si è dovuto abituare anche a gusti più dolciastri, arrivando infine ad apprezzarli vagamente.
«E voi?» controbatte prontamente Izo, inarcando un sopracciglio e sorridendogli divertito. Sospettava da tempo che avessero una relazione clandestina e, in realtà, non vedeva l'ora di affrontare l'argomento. In fondo lui già sapeva della profonda cotta che la ragazza aveva nei confronti dell'uomo.
«Per noi è diverso, lo sai. Babbo potrebbe non prendere bene l'idea che mi porto a letto la sua adorata bambina.» borbotta in risposta Marco, passandosi stancamente le mani sul viso, sgomento solo all'idea della reazione del capitano il giorno in cui lo verrà a sapere. Perché sa che succederà, è ovvio.
«Da quello che ho visto ha ben poco di bambina.» commenta sorridendo Izo. Il suo sorriso però muore immediatamente, lasciando spazio ad un'espressione innocente «Non ho visto niente.» si affretta a dire, alzando le mani in segno di pace, messo leggermente in soggezione dallo sguardo di fuoco della permalosa e -da quanto ha appena potuto constatare- gelosa Fenice.
«Sarà meglio per te.» soffia infastidito, mentre continua a ripetersi che dovrà ricordarsi di chiudere sempre la porta quando dentro c'è lei. L'idea che qualcuno possa vedere il suo corpo nudo lo manda semplicemente in bestia.
«Da quanto va avanti?» gli domanda con tono tranquillo Izo, mangiucchiando a sua volta uno dei biscotti di cui vanno tanto ghiotti Ace e Akemi. L'idea di finirli tutti quanti e vedere i due lamentarsi come poppanti a colazione diventa improvvisamente la cosa più geniale a cui è riuscito ad arrivare in vita sua, e così comincia a tirarne giù il più possibile, tutto sotto lo sguardo abbastanza sconcertato del primo comandante.
«Qualche settimana... e voi?»
«Poco di più.» afferma tranquillo, ormai piuttosto a suo agio a parlarne. In fondo sono sulla stessa barca, quindi è inutile fare tanto i misteriosi e tenersi tutto dentro. «Non so precisamente da quando ho cominciato a vedere Halta non più come una semplice compagna di ciurma ma come una donna, però, quando è successo... BOM! È cambiato tutto quanto.» aggiunge subito dopo tranquillo, lasciandosi pure andare ad un sorriso divertito.
«Ti capisco.» afferma Marco, passandosi una mano tra i capelli scompigliati, afferrando l'ennesimo biscotto. In questo modo, quando tornerà in camera, non avrà più addosso l'odore di sigaretta e Akemi non si sottrarrà alle sue attenzioni.
«Per mia fortuna, però, direi che non sono ancora al tuo livello.» afferma sovrappensiero Izo, alzandosi per prendersi del latte freddo per mandare giù tutte quelle calorie. Tanto poi il modo di bruciarle ce l'ha, quindi perché mai trattenersi?
«Di cosa stai parlando?» gli domanda incerto Marco, anche se dentro, in fondo, sa già quale sarà la risposta.
«Del fatto che ne sei innamorato.»
Eccola lì: sei parole, semplici da dire ma incredibilmente difficili da assimilare. Cerca di cancellarle dalla sua testa, Marco, pensando a qualsiasi altra cosa, ma loro sono ferme nel suo cervello, come se fossero state marchiate a fuoco.
«Tu sei pazzo.» soffia, sentendosi quasi con l'acqua alla gola, mentre tutti i suoi dubbi vengono violentemente a galla.
«Marco, ho notato gli sguardi omicidi che rivolgi ad Ace quando l'abbraccia, come provi a toccarla con gesti semplici e casuali, come vi cercate con lo sguardo... poi la fai dormire nel tuo letto! Non ci hai mai fatto dormire nessuno.» gli spiega con ovvietà il sedicesimo comandante, tornando a sedersi di fronte a lui.
Marco lo guarda dritto negli occhi, arrovellandosi per riuscire a trovare una risposta decente che riesca a scagionarlo, che dia la prova che lui, Marco la Fenice, non è innamorato della mocciosa schizofrenica. Il problema però sopraggiunge quando questa risposta non arriva, quando il sorriso strafottente del compagno si allarga sul suo viso e nella sua mente si incidono a fuoco due nuove parole: “SONO FOTTUTO!”
«È così evidente?» si arrende infine, poggiando il mento sul palmo della mano.
«Se non sai cogliere i segnali come me no.» lo rincuora Izo, facendo sparire il sorrisetto bastardo di fronte alla sua espressione praticamente rassegnata «Io ti tenevo d'occhio per il semplice fatto che io e Akemi avevamo fatto un patto: un segreto per un segreto. Doveva essere qualcosa di grosso, sennò l'altro doveva pagare pegno. Così, le ho detto che, dopo alcune nostre conversazioni, non riuscivo più a vedere Halta con gli stessi occhi e che stava... beh... stava cominciando a piacermi sul serio. Lei ne è stata entusiasta e poi mi ha confessato che c'era stato un bacio tra di voi, ma che poi era finita lì. È da quel momento che ho cominciato a tenerti gli occhi addosso, per riuscire a capire cosa ti passava per la testa. Dopo quello che ho visto prima, è tutto finalmente chiaro.»
Alla fine di quella soddisfacente spiegazione, Marco riesce a mormorare solo una cosa, sempre tenendosi il capo tra le mani e con sempre più confusione in testa.
«È un problema...»
«No, perché?»
Marco alza finalmente gli occhi sul compagno e decide, finalmente, di abbassare momentaneamente i muri che si è faticosamente costruito attorno, di mettersi a nudo e di rivelargli i suoi timori.
«Chi mi dice cosa prova lei?» domanda tutto in un fiato, vergognandosi come un cane.
«Fai attenzione a come si muove, a come ti cerca tra la folla e va nel panico se non ti vede. Fai attenzione ai piccoli dettagli. Ti riveleranno quelli quanto quella ragazza tiene a te.» risponde semplicemente Izo, alzandosi dalla panca e facendogli segno di seguirlo «Comunque presto o tardi salterà fuori.»
«Si, e babbo mi tirerà il collo.» sbuffa ancora più frustrato Marco, roteando gli occhi verso l'alto.
'È tutta colpa tua, Akemi. Dovevi rimanere una mocciosa rompiballe!'
«Dai, non pensarci adesso!» gli dà una sonora pacca sulla spalla, Izo, e lo scuote forte, sorridendogli allegramente «Fila nella tua cabina e fatti una sana trombata, così non ci pensi più fino a domani mattina!» gli consiglia subito dopo, facendogli l'occhiolino.
«Accetto volentieri il suggerimento.» ridacchia in risposta il maggiore, passandosi una mano dietro al collo mentre l'altro si allontana.
«'Notte!» lo saluta Izo, alzando distrattamente una mano in segno di saluto e ritirandosi velocemente nella sua cabina.
«'Notte...»



Angolo dell'autrice:
Salve passerottini!
Lo so, sono in ritardissimo con l'aggiornamento, ma con l'inizio della stagione non sono proprio riuscita a scrivere più veloce di così.
Mi scuso inoltre per la bruttezza di questo capitolo. Sul serio, perdonatemi!
Non so davvero come ho fatto a scrivere un'oscenità simile, ma proprio non sono riuscita a fare meglio. Vi prego, non sputatemi in faccia tramite lo schermo! >.<
Cooomunque... questi due sono cotti. Cotti, cottissimi! Diciamo pure innamorati, via. E non venitemi a dire che non è possibile innamorarsi in poco tempo, perché è una cavolata (sarà stata la mia esperienza strana, o quella delle mie due più care amiche, boh).
E Doma! Bellino Doma :3 Ha la faccia simpatica! :D La sua scimmia invece mi sta sulle palle. All'inizio volevo farla sbranare senza tante cerimonie, ma ho deciso di trattenermi. Akemi non è esattamente un angioletto, ma non è ancora arrivato il suo momento di massacrare così tanto per. Arriverà anche quel momento però, non temete. Non potete neanche immaginare chi sarà a portarla a caccia >:)
Vogliamo, infine, parlare di Barbabianca? MUAHAH! Un calcio nello stomaco! È BENE! Non è altro che BENE! Fossi stato in lui le avrei staccato la testa a pugni, ma lui è troppo buono. :3

Ringrazio di cuore Yellow Canadair, Lucyvanplet93, Aliaaara, ankoku, Chie_Haruka, Okami D Anima, Keyra Hanako D Hono, Monkey_D_Alyce e Law_Death per le magnifiche recensioni! Siete davvero dei tesori!

A presto (spero! ;P), un bacione
Kiki
  
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