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Autore: xDelilah_Morgan    28/05/2014    1 recensioni
Io ero un ragazzo normale, vivevo una vita normale nel mio normale paesino d'origine. Ma poi è arrivata lei, ha preso il mio bel castello di carte e l'ha distrutto semplicemente rivelandomi chi ero davvero.
E cosa fai quando tutto quello che davi per scontato svanisce come sabbia tra le dita?
Cosa fai se ogni tua certezza viene messa in dubbio da una nottata abbastanza bizzarra?
Cosa fai se sei costretto a scappare via ed abbandonare tutto quello che hai costruito in quasi diciotto anni?
Cosa fai se ti dicono che la tua vita vale molto di più di quello che credi dato che sei l'ultimo sopravvissuto della tua specie e ti vogliono morto?
Cosa fai? Semplice: combatti.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Uno – Addii

POV Nicola

Il giorno dopo mi alzai di buon'ora e trovai tutti nell'enorme cucina della prof a fare colazione. Era un quadretto familiare talmente tenero che, per un momento, mi sentii di troppo. Bianca stava bevendo una tazza di caffè accanto ad Andrea che le parlava di una qualche serie tv, Stefano parlottava con Giacomo e Cloe masticava rumorosamente un chewing gum mentre leggeva una rivista di moda. Non avevo mai notato il piercing della Ninfa prima d'ora ed era abbastanza vistoso quell'anello al centro del naso... aveva uno stile molto particolare, non c'era che dire. Gli occhi di Bianca si fissarono nei miei e il suo volto si aprì in un sorriso. Ma non riuscii a ricambiarlo perché ero rimasto davvero a bocca aperta. I suoi occhi erano diventati color dell'oro. La sera prima mi era sembrata solo un'impressione data dalla stanchezza mentre ora erano lì e non erano più verdi come li avevo sempre visti. 
– Ehy, Nico... hai fame? – la sua voce mi riportò alla realtà; mi riscossi dai miei pensieri e scesi gli ultimi scalini. 
– Sì... c'è del caffè? – chiesi sedendomi accanto a Cloe che sfogliava le pagine con una certa nonchalance, fregandosene di tutto e tutti. La ragazza dai capelli viola si alzò e mi riempì una mug con un po' di caffè.
– Sai Nico... imparerai presto che la domanda “c'è del caffè?” in casa nostra è quasi stupida. Con Bianca in giro non manca davvero mai... – ridacchiò posando la tazza davanti a me assieme alla zuccheriera. Sapevo che la bruna era patita di caffè, a scuola ne prendeva sempre quattro e ogni volta che andavamo a casa sua nell'aria c'era un vago sentore di moka. Ringraziai Andrea ed aggiunsi i soliti due cucchiaini di zucchero alla mia colazione. 
– Quando andiamo dagli umani, Bia? – chiese Stefano smettendo per un attimo di parlare con Giacomo. La ragazza strinse convulsamente le mani attorno alla tazza. Non sembrava piacerle molto l'idea... forse anche lei avrebbe dovuto dire addio a qualcuno di molto importante. 
– Fra un'ora circa. Chi c'è nella vostra lista? – chiese pescando un foglietto dalla tasca. Era una scheda piena di nomi e, a quanto pare, ne avevano tutti una. 
– Io ho i compagni d'Università e i coinquilini... – mormorò il biondo scorrendo la sua. Non sembrava triste, forse ci aveva fatto l'abitudine. 
– I colleghi, la squadra e un paio di altre persone. – questa volta fu il bruno a parlare e sembrava abbastanza tranquillo anche lui. Andrea e Cloe non avevano una lista, loro sparivano dalle vite della gente con la scusa di andare a vivere all'estero. 
– E tu? – chiese Giacomo alla cugina. Lei guardò il foglio e rispose con voce tremante. 
– C'è scritto solo “Compagni di Classe” e “Gabriele”... scusatemi. – la vidi alzarsi da tavola e correre al piano superiore. Doveva essere davvero seria come cosa... la tazza era ancora piena a metà! Feci per alzarmi e rincorrerla ma Andy mi fermò.
– Lascia... vado io. – mormorò e si avviò verso le scale. Tutti sembravano aver capito il perché della sua reazione tranne me. 


POV Bianca 

Entrai nella camera che condividevo con le altre due ragazze sbattendo la porta. Non potevo dire addio a Gabriele. Era la mia ancora, l'unico con cui avevo legato davvero tanto e che mi aveva fatto sentire amata come mai prima nelle tre vite passate. Perché noi Elementali rinasciamo come i fiori quando il nostro tempo finisce o viene interrotto. Mi ricordavo chi ero prima di essere Bianca, una cosa senza precedenti tra quelli della mia specie. E per questo sapevo di non aver mai avuto un ragazzo in ben 73 anni. E perdere l'unico che avevo sarebbe stata dura. Andrea entrò e mi trovò in lacrime, abbracciata al cuscino. 
– Sono proprio patetica, eh? – tentai di ridacchiare e mi alzai. Si era seduta accanto a me come faceva sempre quando ero giù. Io e lei avevamo passato tante cose insieme, l'avevo incontrata nel Cerchio nella mia prima vita e da lì siamo diventate inseparabili. Io finivo sempre con Ginepro ed Andy ormai era la sua figlioccia magica, i Saggi non potevano avere figli quindi prendevano uno dei Guardiani e lo accudivano come se fosse davvero parte della loro progenie. Mi passò un braccio attorno alle spalle stringendomi a sé. Lei era la mia famiglia, più dei Protettori con cui vivevo e la mia vera famiglia giù ad Aridia. 
– Bianca, ti conosco da ben tre vite e non ti ho mai vista così a terra. È per l'umano? – mi chiese guardando la mia lista. Era il solito foglietto viola con i soliti dieci nomi. Perché potevamo permetterci solo dieci amicizie nel mondo umano. 
– Sì... sarà molto più difficile del solito questa volta. Dovrò dirgli addio e non voglio. Non posso farlo. È così che ti senti ogni volta? – appoggiai la testa sulla sua spalla e fissai dritto davanti a me. Quella era la mia stanza fissa quando rimanevo per le riunioni del Cerchio o per le vacanze quindi sapeva di me in ogni angolo. C'erano le mie vecchie foto dove ero un'altra ragazza. Nella mia prima vita ero Marisol della Catalogna, nella seconda ero Clémence di Lione e nella terza Nadja di Stoccolma. E c'era sempre lei con i suoi capelli viola e il suo sorriso. 
– Parli di ogni volta che assisto al tuo funerale? Sì, è davvero brutto abbandonare chi ami, indipendentemente dal tipo di amore che provi nei suoi confronti. Ma devi farlo, nel tuo futuro ho visto un nuovo inizio quindi stringi i denti e spera nel meglio. Nicola non è poi tanto male, no? – scherzò allentando la tensione. Ogni volta che morivo lei c'era sempre ai funerali ad Aridia, doveva patire il dolore della mia perdita ogni volta ed aspettare la mia rinascita. Se lei riusciva a sopportare questo ce la dovevo fare anche io. 
– Sai che ti voglio un bene dell'anima, Crysalide? – mi strinse ancora più forte, se possibile, e mi schioccò un bacio tra i capelli. 
– Lo so, Arcobaleno... e te ne voglio anch'io. Ora alzati e preparati, ci aspetta una lunga giornata. – si alzò dal letto e riordinò il suo, posto dall'altro lato della stanza. Adoravo sentirle pronunciare il mio nome vero... mio cugino, Stefano e Cloe mi chiamavano sempre "Bianca" e mi stava bene, tutti mi chiamavano così, ma Crysalide non aveva mai cambiato. Per lei ero Arcobaleno e lo sarei sempre stata. 
– E comunque Nicola non è male per niente... solo che non mi piace. È il tipico bulletto e non è il mio tipo. Dovresti provarci tu! – le consigliai e in tutta risposta, mi arrivò un cuscino in piena faccia. 

POV Giacomo 

Con una scusa davvero poco credibile, io e Stefano riuscimmo ad allontanarci. Non volevamo dare nell'occhio, soprattutto con Cloe e Nicola. Una volta arrivati al laghetto zen, il biondo si mise a cercare di acciuffare la carpa con la pinna rovinata. La trovò bloccata sotto la cascata e la chiamò con un nomignolo affettuoso mentre schioccava le labbra. 
– Ste, non è un gatto... prendila e basta. – ridacchiai sedendomi sulla panchina in ferro battuto elegantemente lavorato. Ginepro teneva tantissimo ai dettagli e ogni casa che comprava doveva essere arredata impeccabilmente. Ormai la conoscevo da circa 90 anni, sapevo cosa la interessava, cosa le piaceva e potevo immaginare ogni sua mossa. Guardai il ragazzo prendere la povera carpa e sfiorarle gentilmente la pinna malconcia con le mani. Mi stupivo ogni volta che lo vedevo fare cose del genere, i Guaritori all'opera erano uno spettacolo. 
– Vai, Fufi. - sussurrò al pesce rimettendolo in acqua. Poi si voltò verso di me e sfoderò il solito mezzo sorriso che precedeva sempre una tempesta nel mio stomaco. 
– Hai chiamato un pesce Fufi...? – la mia era un misto tra un'affermazione stupita ed una domanda retorica. Ma era questo l'effetto che i suoi occhi nocciola avevano sulla mia capacità logica. Io ero un Guardiano, un combattente... non un sentimentale tutto sorrisi e cuoricini. Ma poi Stefano è entrato come un fulmine a ciel sereno nella mia vita e ha cambiato tutto. Io che non avevo mai guardato una persona diversamente da come si può guardare un amico, un superiore o un subordinato, una bestia da macello o un parente. Io che non avevo mai nemmeno sentito parlare d'amore, mi ero trovato a desiderare Stefano con tutto me stesso a piccoli passi. Era partito da un “ciao” e passato ad un sorriso poi ad un lieve contatto e a degli sguardi troppo intensi per sembrare solo delle occhiate scambiate tra amici. 
– Sì, perché? Non gli si addice? – soffiò una risata mentre si sedeva sulla panchina. Volevo dirglielo, confessargli quello che sentivo perché sapevo che lo stavo per perdere. I Guaritori sono rari e molto richiesti nei Cerchi. Dopo la missione volta a riportare Nicola ad Aridia ed educarlo, Stefano se ne sarebbe dovuto andare, per volere del Cerchio Supremo o di sua spontanea volontà. Volevo dargli un motivo per rimanere con noi, con me. 
– Beh... hai ragione, gli si addice. Ha proprio la faccia da Fufi... ma, a parte gli improponibili nomi da dare alle carpe, possiamo spostare l'argomento su qualcosa di più importante? Devo dirti una cosa... – iniziai sentendo il mio stomaco stringersi. Lui alzò i suoi splendidi occhi nocciola e li intrecciò ai miei. Deglutii un paio di volte e strinsi i pugni, potevo farcela. 
– Io ho capito una cosa durante la nostra ultima missione... non è semplice da spiegare ma, in parole povere, ho bisogno di te qui con me. Potrei sembrarti idiota ma... – mi bloccò alzando la mano. 
– Giacomo, non me ne andrò. Non potrei mai dividermi da te e dal nostro Cerchio. Siete la mia famiglia quindi il solo pensiero di essere ricollocato mi disturba. Se è questo che volevi dirmi, è facile da spiegare... – mi lasciò spiazzato. Sarebbe rimasto e non potevo chiedere di meglio... le sue parole fecero partire un terremoto nel mio stomaco ed un sorriso a trentadue denti mi si stampò in volto. Se era un sogno, non volevo essere svegliato. Mi posò il braccio dietro alle spalle e ce ne tornammo in casa. Non ero riuscito a dirgli tutto quello che avevo in mente, certo, ma potevo ritenermi soddisfatto. 

Pov Bianca 

Era il momento. Gabriele era lì, in piedi davanti a me e mi stava sorridendo. I suoi occhi di un verde chiaro quasi ipnotico mi guardavano e dentro ci potevo leggere tutto l'affetto che provava nei miei confronti. Questo rese le cose ancor più difficili. Avevo la mia personale tecnica per somministrare il liquido che avrebbe cancellato la mia esistenza dalla memoria di chi la beveva e di tutti quelli che, in un certo modo, erano collegati ad entrambi. Non avevo mai capito perché bastava una sola persona per far scordare ad almeno venti altre uno di noi... accadeva e basta. Che gran cosa la magia dei Guaritori, eh? Comunque versai il contenuto della mia boccetta nella sua aranciata e sentii una morsa che mi attanagliava lo stomaco. 
– Gabe, ti ho chiesto di uscire per rivelarti una cosa... prometti però di non spaventarti, ok? – iniziai sentendo la voce farsi roca. Non dovevo piangere. 
– Dimmi pure, amore...– ma doveva per forza chiamarmi in quel modo? Rendeva le cose ancor più difficili, se possibile. 
– Io non sono di qui, Gabe... – con un moto di coraggio iniziai a parlare. Avevo provato quel discorso almeno una ventina di volte ma non ero ancora pronta. Non lo sarei mai stata. Come potevo esserlo? Mi guardò confuso e sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso. Era adorabile quando metteva su quel broncetto da bambino. Ma la frase che seguì spense subito la mia allegria. 
– Io sono originaria di una città che voi non conoscete e non avete mai trovato. Si chiama Aridia, lì vivono quelli come me ed è il posto in cui sto per tornare. – stavo andando contro non so quante regole ma non volevo lasciarlo senza avergli prima dato una spiegazione. Anche se l'avrebbe dimenticata nel giro di una bevuta, la mia coscienza non mi avrebbe tormentata.
– Bia, non ti seguo... "Noi" chi? Che vuol dire "quelli come te"? – inarcò un sopracciglio e i suoi occhi cercarono i miei. Ma questi erano fissi a terra. 
– Voi umani... noi due non siamo della stessa specie. Io sono un'Elementale: una creatura capace di controllare aria, acqua, fuoco e terra. – in quel momento pregai mentalmente che quest'ultima mi inghiottisse. – Sono stata mandata qui per portare a termine una missione e ora devo tornare lì. Il mio tempo qui si è esaurito.– non sembrava incredulo o spaventato. Solo triste... 
– Bianca, se è uno scherzo è davvero di pessimo gusto. Se vuoi lasciarmi ci sono modi meno complicati per farlo. Dimmi che ti sei stancata di me o che non senti più le stesse cose; ma smetti di dirmi che sto per perderti per sempre se non è la pura verità. – sentirgli dire quelle cose fu come una stilettata al cuore. Teneva davvero tanto a me? 
– Non voglio lasciarti, Gabriele. Sono costretta a farlo... non ti sto mentendo, non scherzerei mai su una cosa così. È la verità... – per dimostrarglielo poggiai una mano a terra e feci spuntare un fiore. Una gerbera arancione, il nostro simbolo. Gli occhi bruciavano ancora ma mi sforzai di apparire forte. Ero una guerriera, in tutte le mie vite avevo ucciso abbastanza persone a sangue freddo e combattuto contro creauture di ogni genere... non ero il tipo che non sa dire addio. L'amore trasforma le persone irrimediabilmente.
– Non è possibile... – bisbigliò accovacciandosi accanto a me. Mi aspettai di sentirlo pronunciare la solita frase "sei un mostro" ma la sua reazione mi stupì ancor di più. – Quindi devi davvero andartene... ma è per sempre-sempre? – chiese ed io non riuscii più a trattenermi. Scoppiai a piangere silenziosamente. Continuava ad amarmi anche dopo aver visto chi ero in realtà e non stava scappando. Aveva paura di perdermi, non di me. 
– Sì. E sarà davvero per sempre. Ma la nostra legge ci obbliga a cancellare la vostra memoria prima della partenza quindi non ti accorgerai nemmeno della mia assenza... – spiegai ormai rassegnata davanti alla realtà dei fatti. Non avrebbe sentito la mia mancanza mentre per me si prospettavano giorni infernali. Ma era meglio così... non meritava di soffrire a causa mia. 
– Ma non si può evitare tutto questo? Non puoi infrangere le regole? Non posso venire con te? – iniziò a piangere pure lui. Ecco perché lo amavo: era diverso, sapeva piangere e non si vergognava di mostrare chi era davvero e quello che provava. 
– Vorrei portarti con me ma non posso. La legge è molto severa... se non spezzo tutti i ponti con gli umani verrò uccisa e non potrò rinascere mai più. – mi prese le mani tra le sue e mi baciò la fronte. Era il suo modo per farmi capire che si stava rassegnando. Lo faceva quando discutevamo e finiva per darmi ragione pur di non vedermi imbronciata, quando prendevo una decisione sbagliata e mi dava il suo supporto anche se non era d'accordo. 
– Ok, facciamolo... farà male? – mi chiese con voce rauca. La sua mano corse tra i miei capelli che si tinsero di un rosso acceso... si stupì ma era troppo preso dalla situazione per fare domande. A volte non riuscivo a controllare le mutazioni e maledivo quel potere per avere un tempismo così pessimo... 
– No, ti addormenterai e domani tu e tutti quelli che conosciamo si scorderanno di me. Devi farlo tu perché sei il più importante tra gli umani che conosco. Con te ho il legame più forte di tutti... – continuò a giocare con i miei capelli, lo rilassava e mi divertiva. Ottimo modo per allentare un po' la tensione. Lo guardai negli occhi, volevo memorizzare ogni dettaglio del suo volto per non dimenticarmi di lui. Come se fosse possibile scordarsi qualcuno di così importante...
– Ma la legge vieta anche di far tornare la memoria agli umani? Ti vieta di tornare qui? – continua lasciando perdere i miei capelli ed afferrando il bicchiere. Io scaccio via le lacrime dalle guance con il dorso della mano ed afferro la sua non impegnata a reggere la cosa che ci separerà.
– L'incantesimo è irreversibile ma tornerò a trovarti... finito il lavoro mi farò riassegnare qui e mi rivedrai. Non saprai chi sono ma mi sincererò della tua situazione. Sarò la turista che ti chiede indicazioni, la tipa che urta il tuo carrello al supermercato, una ragazza anonima in biblioteca... ci sarò sempre, te lo prometto. – intreccia le nostre dita aumentando la stretta ed avvicina il bicchiere alle labbra.
– Ti amo. Sembra stupido da dire a diciassette anni ma è così... se non te ne dovessi andare e non dovessi cancellarti dalla mia vita ti direi che mi mancherai ogni minuto di ogni giorno... – i suoi occhi saettano dal liquido giallastro ai miei occhi ormai grigio scuro. Con il pollice disegnai dei cerchietti sul dorso della sua mano e, di nuovo, ricacciai le lacrime.
– Se non me ne dovessi andare e tu non ti dovessi dimenticare di me non avremmo motivo di dirci questo. E ti amo anche io, per quanto stupido possa essere. – ridacchiai lievemente guardando il bicchiere appoggiarsi sul suo labbro inferiore.
– Allora, arrivederci Bianca... – sorrise e bevve in pochi secondi l'aranciata. La sua presa sulla mia mano si allentò, le palpebre lottavano per non chiudersi su quegli stupendi occhi verdi e il suo sorrise si spense. Stava per addormentarsi. Stavo per perderlo. E quell'addio, seppure bellissimo, era stato troppo breve. Appena il suo respiro si fece regolare, qualcosa in me si spezzò.  
– Arrivederci, Gabriele. – mormorai posandogli un ultimo bacio sulla fronte e sperando vivamente di finire al più presto quella missione. Anche se l'idea di tornare nella sua vita come un'estranea non mi allettava affatto.

POV Andrea

Salutai di nuovo il mio “Papà di rimpiazzo” davanti a tutti gli avventori di quel pomeriggio al bar. Questo era l'addio per il pubblico, per i paesani stavo partendo per l'Università e non sarei tornata più. Con il signor Dantesco ci eravamo già salutati in privato. Era la seconda volta che lo salutavo: essendo il mio Protettore mi assegnavano sempre a lui. L'avevo visto nascere ed ero stata con lui per quasi sette anni nella scorsa missione; ora invece ha già cinquanta anni e una famiglia. Il suo vero figlio sta studiando all'università e, molto probabilmente, sarà lui il mio prossimo “papà”. Lo conosco bene, è molto simpatico e davvero sveglio: tutto suo padre e suo nonno. Il bello di questo lavoro, se così possiamo chiamarlo, è l'avere l'opportunità di conoscere sempre persone nuove e stupende. Il brutto è che li devi abbandonare dopo un po' di tempo per la tanto adorata Legge della Segregazione delle Creature. Stupida ed inutile. La nostra adorata città è stata fondata da un umano ed una Figlia delle Anime, o almeno così dice la Leggenda, ed erano marito e moglie quindi non dovrebbero esserci grandi problemi se ci uniamo a loro. Ma, a parte questo, vedo che è ora di andare quindi abbraccio di nuovo l'uomo davanti a me ed esco dal bar con le valigie in mano. Fuori mi aspetta Cloe con la sua adorata bandana da Pin Up in testa e la sua Porsche grigia. Sta appoggiata alla fiancata con nonchalance mentre si controlla le unghie con estremo interesse. 
– Cloe, hai finito il tuo giro? – le chiedo mentre carico la mia valigia nei sedili posteriori. Non avevo molto in quella casa, tutta la mia vita era alla villa di Maestra Ginepro. Nemmeno ad Aridia tenevo molte cose dato che ci stavo si e no sei mesi e poi ripartivo per almeno sei anni. La ragazza alzò gli occhi dalle mani e li puntò nei miei.
– Sì, non avevo molte persone da salutare... solo il mio capo e la proprietaria del mio appartamento. Ho solo voi del Cerchio. – le sue parole erano piene di tristezza, glielo si leggeva nelle iridi cerulee. Faceva tanto la “dura” ma essere banditi dalla propria casa era davvero brutto. E lei non aveva nessuno qui fuori, a parte il Cerchio. Faticava persino a farsi degli amici tra gli umani, odiava i momenti in cui doveva dire addio a tutto e tutti quelli che erano stati la sua famiglia per un po'... evidentemente doveva farci il callo come me e Bia. Salii nel sedile del passeggero, accesi la radio ed impostai la frequenza su qualche stazione radio umana che passava rock. Cloe era taciturna ed io non le feci pressioni: dovevo pazientare ed aspettare che fosse lei ad iniziare un discorso. Tornate a casa, Giacomo e Stefano erano in soggiorno e stavano ripassando le liste per le loro valigie assieme a Ginepro, ovviamente in lacrime, che borbottava cose come “i miei bambini non possono partire di nuovo” e “questa casa diventerà il solito mortorio senza di voi”. La abbracciai porgendole un fazzoletto, mi sarebbe mancata da morire come sempre, ma era più importante salvare il culo ad un'intera specie che fare la figlia.
– Noi abbiamo preso tutto quanto, Maestra. – disse il biondo chiudendo il suo zaino. Lo poggiò all'entrata assieme a quello di Giacomo mentre Bianca scendeva le scale. Aveva gli occhi gonfi e il trucco sfatto ma sorrideva, la sua valigia scura a tracolla oscillava ad ogni passo. Si unì a noi ed io la guardai: aveva i capelli neri e gli occhi marroni, segno che i suoi colori l'avevano “abbandonata” di nuovo. Le comunicai con un'occhiata che avremmo di sicuro parlato più tardi e lei la ricambiò con un cenno d'assenzo del capo.
– Io ho finito stamattina di fare fagotto. Il Figlio della Luna dov'è? – Cloe si decise ad aprir bocca mentre stava appollaiata su un bracciolo del divano e scoppiava un palloncino di chewing gum.
– È con sua madre in biblioteca... hanno parecchie cose da dirsi quindi vi pregherei di non disturbarli. – disse Ginepro con il suo solito tono calmo e pacato. La crisi le stava passando in fretta: ogni volta, anche per lei, diventava più facile. Annuimmo tutti ed io presi per un braccio Bianca, trascinandola in camera nostra. Gli altri tornarono alle loro mansioni pre-partenza e Ginepro si rinchiuse nella sua stanza per parlare con il Consiglio di Aridia, la burocrazia l'aiutava a non pensare. Ormai conoscevo quella donna come le mie tasche...


POV Nicola 

– Quando pensavi di dirmi che sono un fenomeno da circo? Quando pensavi di avvertirmi del fatto che sono un lupo mannaro? E, soprattutto, quando pensavi di dirmi che non sei mia madre? – esordii dopo la sua esauriente spiegazione in cui, in sintesi, diceva che aveva raccolto un orfano per aiutare dei tizi che conosceva a malapena, che gli aveva mentito e che ora lo stava abbandonando. Bene, addio convinzioni. Lei era seduta compostamente sulla sua sedia e fissava il tavolo con insistenza. 
– Nicola, pensavo di dirtelo proprio in questo contesto. Non è colpa mia se ti ho tenuto all'oscuro di tutto quanto, il Codice ce lo impone. Ora, puoi gentilmente calmarti così ne discutiamo da persone civili? Non mi pare d'averti cresciuto così. – mi indicò la sedia con il suo solito sguardo di rimprovero ed io obbedii, sbuffando sonoramente. – Ascolta, non sarò la tua madre biologica, certo, e non posso nemmeno dirti nulla su di lei perché è morta prima che tu entrassi nella mia vita ma di una cosa sono certa: anche se non ti ho partorito, sono la tua mamma. Io ti ho cresciuto, io ci sono stata sempre per te quindi non venirmi a dire che non lo sono. Cancellare diciotto anni di vita in pochi minuti non è semplice, giusto? E avevo una buona ragione per fare quello che ho fatto. – spiegò con voce incrinata dal dispiacere. Ero stato troppo duro con lei, non meritava quel trattamento dato che stava sicuramente passando un brutto momento anche lei. Corsi ad abbracciarla e lei ricambiò con un sospiro. 
– Lo so, mi dispiace... è che sta cambiando tutto e io non sono il tipo che si abitua a certe cose... – bisbigliai al suo orecchio e mi scostai per guardarla in viso. Mi sorrise come faceva sempre quando non ero felice e confermò ulteriormente le sue parole. 
– Vedrai che sarà più semplice del previsto. Quei ragazzi e Maestra Ginepro sono persone splendide, credimi, e sono certa che ti troverai benissimo con loro. Ora, torniamo di là così posso darti la valigia con le tue cose e augurarti una vita splendida in pieno stile “film strappalacrime e da diabete”. – ed ecco che tornava la donna che conoscevo, completamente allergica all'estrema dolcezza e ai momenti depressi. In salotto c'era solo Stefano che guardava da lontano Giacomo, seduto in veranda a fumare una sigaretta. Si alzò appena ci vide e sorrise lievemente alla donna, che ricambiò. – Ciao Stefano, è sempre un piacere rivederti. Quando pensate di partire? – chiese accomodandosi sul divano mentre io andai verso il mucchio di bagagli. Lì notai il mio borsone, fedele compagno d'avventure con i miei amici e sempre presente nelle mie gite scolastiche. Ed ora era con me nel viaggio più importante che potessi mai compiere: il cambiamento. Rimasi a fissarlo per un paio di minuti finché non vidi Bianca scendere e portare un altro bagaglio al piano inferiore. Sembrava in lutto tanto erano scuri i suoi occhi e i suoi capelli e aveva delle occhiaie degne di uno zombie. Era rimasta solo l'ombra della ragazza che conoscevo. Quando volse il suo sguardo spento verso di me, tentai di sorriderle ma provai solo un'immensa compassione nei suoi confronti e parve notarlo. 
– Non guardarmi in quel modo. Sbrigati con gli addii che domani sera dobbiamo partire. – mormorò lapidaria sistemando la borsa accanto alle altre. Le sfiorai il braccio perché era quello che faceva sempre lei quando perdevo le staffe in classe. 
– Bianca... so che non ne vuoi parlare e non so nemmeno perché stai così. Ma se vuoi fare qualcosa per tirarti su il morale sai dove trovarmi. – bisbigliai con espressione il più neutra possibile... mi dispiaceva davvero tanto vederla così spenta ma tentai di non darlo a vedere. Lei guardò prima la mia mano e poi me, si sforzò di sorridermi ma non le riuscì molto bene. 
– Se riesci ad organizzare per stasera, ne sarei più che felice. Ho bisogno di staccare un po' la spina prima di tornare ad Aridia... – spostai la mano e la lasciai ciondolare sul fianco. Forse, per una volta, avevo detto la cosa giusta. 
– Vedrò cosa posso inventarmi... dopo cena ti aspetto in giardino, okay? – il sorriso che mi rivolse poi era già più luminoso del precedente. 
– Okay, a dopo. – si congedò e risalì le scale, sicuramente stava ancora facendo i bagagli. 

Pov Bianca 

Una volta finito di lavare i piatti, presi una felpa in camera, faceva un freddo assurdo, e raggiunsi Nicola in giardino come da accordo. Era appoggiato all'auto di Falco, sicuramente gliel'aveva prestata per l'occasione, e mi guardò con un mezzo sorriso mentre camminavo verso di lui. Fortunatamente non aveva accennato ai miei occhi gonfi o ai nuovi colori che avevano preso i miei capelli. Questa maledetta mutazione stava diventando incontrollabile e la detestavo. Durante la scuola facevo uno sforzo tremendo per evitare cambi improvvisi di colore e, alla più brutta, usavo quelle odiose lenti a contatto di colori nemmeno lontanamente paragonabili a quelli che prendevano le mie iridi. Anche quel marrone scuro, per quanto cupo, era affascinante; lo notai guardandomi nello specchietto retrovisore, non riuscivo a concentrarmi su nient'altro che queste piccole cose. 
– Allora, dove mi porti? – chiesi con voce flebile e strascicata, lui mise in moto ed uscì dal vialetto. 
– A parlare, in privato. Qui ci sono troppe interruzioni. – la conversazione si concluse temporaneamente lì; Nicola guidò per un quarto d'ora lungo le stradine sterrate che contornavano la casa di Maestra Ginepro ed io fissai insistentemente i ciottoli che saltellavano ai lati dell'auto. Non sapevo cosa sentire, non sapevo a cosa pensare. La mia testa era contemporaneamente nel caos e nel nulla. Troppo piena di pensieri ma svuotata di ogni logica che potesse farmi concentrare su uno solo dei tanti. Nicola non emise un suono finché non parcheggiò a lato della strada. Scese e mi aprì la portiera da vero galantuomo, cosa che non gli si addiceva poi tanto ma con me era sempre stato diverso. Camminammo per un paio di minuti tra la boscaglia; la Luna, stranamente luminosa, gettava pallide chiazze di luce sulle fronde degli alberi, disagnando arabeschi chiari sull'erba bassa e umida per via della pioggia di un paio di giorni prima. Si fermò solo quando intravide uno spiazzo di prato circondato da olivi secolari; al centro v'erano alcuni massi sistemati in cerchio e i resti di un falò circondato da pietre scure che impedivano alle braci, ormai spente ed annerite, di bruciare il terreno. Mi fece cenno di sedermi accanto a lui, su una delle sedute rimediate ed io obbedii. Camminavo con passo strascicato, pesante come il vuoto caotico che sentivo. E lui parve accorgersene perché chiese con voce bassissima, avvicinando le ginocchia al petto. 
– Ti vedo strana, Bianca. Vuoi dirmi che ti è successo? – io sospirai sonoramente. Non sapevo da dove iniziare ma volevo metterlo al corrente di tutto. Glielo dovevo. 
– Vedi, io sono una creatura sovrannaturale, uno strano miscuglio di cromosomi, quasi un mostro. Ma prima di questo sono la ragazza che hai davanti. E come tutte le ragazze della mia età in questa vita,– sospirai insicura – mi è capitato di innamorarmi della persona sbagliata. Non perché mi trattasse male, non ricambiasse i miei sentimenti o altro, anzi: stavamo insieme ed eravamo felici. Ma...– e qui presi fiato. Trovai il coraggio di continuare solo dopo qualche secondo di pausa, e il tono con cui lo feci era flebile e traballante – lui è un umano, mentre io una Guardiana. Sapevo dall'inizio che non potevo legarmi a nessuno in quel modo, ho provato a stargli lontana, a rinchiudere in un angolo del mio cervello quello che provavo per lui. – Trattenni un singhiozzo, volevo tentare di mantenere un po' di compostezza ai suoi occhi, che già mi fissavano malinconici. – Però era inevitabile che finisse presto tutto ciò, il “per sempre” non è ammesso nel mio mondo. E oggi ho cancellato in maniera permanente ogni traccia di quello che eravamo. E non riesco a smettere di pensare a cosa sarebbe successo se solo avessimo avuto più tempo. Magari ci saremmo lasciati fra un paio di mesi, l'amore a quest'età è volubile e finisce dopo un po'; oppure saremmo rimasti insieme per sempre, o solo per alcuni anni. Magari all'università avrei trovato un altro, o lui avrebbe trovato un'altra, magari ci saremmo sposati. È rimasto un'incognita questo amore, una storia interrotta dopo pochi capitoli, un disegno finito a metà. E a me non piacciono le incognite, nella mia vita gli “e se?” e i dubbi non sono ammessi. – Ed era vero. Odiavo le incertezze e in quel momento odiavo il fatto che così tanti dubbi mi affollassero la mente. Presi fiato, socchiusi gli occhi mentre una brezza mi accarezzava la pelle. – Stavolta so che me ne andrò con questo dubbio. Non riguarda la mia missione, certo, ma è la mia vita, la prima vera vita in cui incontro una persona così importante ed ora non c'è più. Non si ricorda di me ed è come se tutto quello che abbiamo passato insieme non sia mai esistito. – Lui mi aveva cancellata, il suo cervello aveva sostituito i pezzi mancanti con pomeriggi di sonno o uscite con persone diverse. E, invece, il mio non ci sarebbe mai riuscito, sarebbe sempre rimasto fermo su quei ricordi, come un nastro che si ripete continuamente, infinito e impossibile da bloccare. Cercavo di non incrociare lo sguardo di Nicola mentre parlavo di ciò, ma sapevo che i suoi occhi cercavano i miei. Ma questi, semplicemente, erano rivolti a quel mucchio di rocce annerite dal fuoco. Un'altra cosa su cui mi ero fissata per non pensare, un'altra scappatoia da pensieri che, in un modo o nell'altro, sarebbero tornati ma che comunque avrei scacciato per un po'. 
– Sai Bia, in questi mesi sei sempre stata una ragazza forte, ti ho visto affrontare tante cose più faticose a livello mentale di un coso di fango quindi vedrai che ci riuscirai anche questa volta. Ora cerca di non pensarci per niente, ti ho portata qui apposta. – sorrise rinnovato da una luce divertita ed io lo guardai, lasciandomi contagiare da quell'allegria. – Allora, perché non mi parli dei ragazzi del Cerchio? Da quel che ho capito dovremo passare insieme un bel po' di tempo quindi è meglio se imparo qualcosa sul loro conto, no? – si avvicinò ancor di più a me, stava in bilico sul ciglio della sua pietra così la spostai con un gesto della mano, attaccandola alla mia. Lui mormorò un “Non mi abituerò mai a questo...” e poi mi lasciò parlare. 
– Beh, Chrysalide è la mia migliore amica, è più importante di una sorella per me e credo ti troverai bene con lei. È molto socievole e davvero buona... – il mio sorriso si allargò ulteriormente, accadeva sempre quando pensavo alla ragazza dai capelli viola. – Falco lo conosci già, è un po' ombroso ma ha un gran senso del dovere e cerca sempre di aiutare gli altri come può, un po' come Orizzonte solo che, lui, ad altruismo non riesce a batterlo nessuno. So che non gli hai mai dato molta confidenza, e posso capirti perché lui non è la tua vera famiglia, ma dovresti comunque provare a parlarci tenendo in considerazione chi è davvero. – vidi il suo volto contrarsi in una smorfia di dispiacere. – E poi c'è Ruscello, criptica e misteriosa come sempre. Non la capirai mai, non lo fa nessuno, ma quando sarà giù di morale, ricordati che devi sempre darle un abbraccio. Le Ninfe sono creature estremamente empatiche, sensibili e con le parole ci fanno ben poco: fortunatamente gli bastano i piccoli gesti. – tirai su il cappuccio, stava iniziando a rinfrescare e la felpa non mi teneva poi tanto caldo. Lui parve accorgersene perché mi porse il suo giubbotto. Rifiutai con un mezzo sorriso e allungai le mani sui carboni, accendendoli facilmente. Era un periodo abbastanza buono per il fuoco, l'umore nero aiutava molto. 
– Comunque ora dove si va? Siete tutti pronti per questo viaggio, tutti in fomento, correte da una parte all'altra dimenticandovi di accennarmi almeno una parte dell'itinerario. – sbuffò allungandosi verso il fuoco come me. 
– Partiamo in auto domattina presto, poi arriviamo alla nave giù a Napoli e poi si girano un paio di porti. È abbastanza lontana, Aridia è un'isola vicino a quella di Sant'Elena... Hai presente dov'è morto Napoleone? – spiegai e lui annuì, glielo avevo fatto studiare io con non poche difficoltà... Era un periodo nero per lui, uno dei tanti, e stargli vicino era complicato. Ma da Guardiana e, soprattutto, da amica ce l'avevo fatta. Anche se Gabe era geloso di questo mio attaccamento nei suoi confronti... Ma al tempo non potevo spiegarglielo. Non potevo nemmeno in quel momento, non avrei mai più potuto farlo. Lui non si ricordava di me. Mi rabbuiai di nuovo, non dovevo pensarci. La mattina seguente sarei partita e non l'avrei mai più rivisto. Avrei detto addio a quel posto e a quei ricordi. Avrei iniziato una nuova vita a casa mia con i ragazzi e Nicola, sarei morta da anziana, magari, e sarei rinata da un'altra parte. Il mio piano sembrava ottimo, sarei riuscita in pochissimo tempo a dimenticare. 
Io e Nicola passammo un'altra mezz'ora a chiacchierare di Aridia; gli raccontai com'era la mia parte di isola e com'era, prima della distruzione, la terra da cui veniva lui. Era rapito dalle mie parole e sembrava deciso a partire. Tornammo a casa ed io lo ringraziai, aveva fatto più di quanto pensasse per me. In camera trovai Crysalide e Ruscello già immerse nel sonno e mi unii a loro. 

**Angoletto dell'Autrice** 

Non aggiorno da un secolo quindi chiedo venia per il ritardo. Il capitolo è risultato davvero troppo lungo quindi per non annoiarvi con un mappazzone (Citando il mio beta: "Sono 37623 caratteri! Il capitolo più lungo di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban è di 33868!") l'ho diviso in due parti. La seconda la pubblicherò fra qualche giorno tanto per farmi desiderare di più e ba bla...
Ringrazio con tutto il cuore chi ha recensito e chi legge silenziosamente. Fidatevi, anche un "Ritirati a vita privata negli Appalachi e mettiti ad allevare capre." nelle recensioni mi farebbe piacere, mi basta sapere che non scrivo per il muro. (E poi vi regalo i biscotti :3 ♥) Ringrazio la mia Andy perché è stupenda ed essenziale ogni volta, il mio Stefano/Beta/Figlio perché senza di lui non ci sarebbe questo capitolo ma solo una me in crisi esistenziale e ringrazio la mia Cloe perché lei ha le coperte e la cioccolata calda dietetica sempre pronta. Vi amo ♥

Al prossimo capitolo babbani miei!
Baci, Dede♥
  
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