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Autore: nefastia    28/05/2014    8 recensioni
Harry aveva capito tutto fin dalla prima volta che Hermione aveva chiamato per nome Draco Malfoy, per loro Malfoy o Malferret, per tacere delle centinaia di appellativi e nomignoli poco cortesi. Mai, assolutamente mai, Draco.
Quindi quando a Hermione, in un attimo di distrazione usci dalle labbra quel nome, Harry capì al volo.
«Herm, scusa se mi intrometto, c’è qualcosa tra te e Malfoy?»
«Non … non direi che ci sia qualcosa … non proprio.»
«Vorrei … mi piacerebbe – le parole non sono mai state la specialità di Harry – Insomma, non voglio impicciarmi in cose che non mi riguardano, ma … Malfoy non è pericoloso, non più come prima, almeno. Sappiamo che la sua famiglia ha seguito la corrente, come al solito e tra qualche mese giureranno di non aver mai conosciuto Voldemort. Non può torturarti e ucciderti, forse, ma penso che sia lo stesso pericoloso per te. In un altro modo.»
«Che vuoi dire?»
«Hermione, lui è un egoista. Tu la persona più generosa e altruista che conosca. Non c’è molto da dire, basta fare due più due. Si approfitterà di te in modo vergognoso.»
«È probabile, in effetti. Sai, Harry, sapere di dover morire non è un buon motivo per suicidarsi. Lui adesso mi fa felice»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Harry Potter, Lucius Malfoy, Molly Weasley, Ron Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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42- I have a dream

 

Non è ammissibile. Non può essere successo. Non a lui.

Astoria continua a carezzargli la fronte bollente, dopo il collasso che lo ha colto. Lui le allontana la mano, infastidito. L’agitazione non si placa, gli pare che il cuore intenda esplodergli nel petto da un momento all’altro.

Merlino! È caduto a terra come una donnicciola. Per fortuna gli ospiti si erano già allontanati, imbarazzati di dover assistere a una tale caduta di stile e letteralmente terrorizzati dalla possibilità di essere in qualche modo coinvolti nella contesa. Così in pochi l’hanno visto. Meglio così.

Non appena è rinvenuto, sul proprio letto, ha visto la faccia di Draco e quella di Astoria, preoccupate entrambe.

Per un attimo si è sentito normale.

Ha dimenticato quello che è successo poco prima.

Draco ringrazia e congeda i suoi testimoni e il Ministro, che sono rimasti, preoccupati della salute di Lucius. Al Ministro conferma chissà quale appuntamento.

Un pensiero sfiora la mente, ancora ottusa, di Lucius: da quando Draco si interessa di politica? Ha cercato per anni di convincerlo a prendere il posto che gli spettava nella vita pubblica senza ottenere nulla e ora scopre che lui dà del tu al Ministro della Magia e ha rapporti regolari con lui.

Un’ombra di soddisfazione lo attraversa. Ha avuto ragione, Draco si è convinto della necessità di tenersi vicini alla politica per curare gli interessi della famiglia.

Uno stridio ai margini della coscienza distorce e offusca quel pensiero. Lui non è più parte della famiglia. E l’ombra di soddisfazione diviene buio profondo, la brezza del compiacimento diventa un uragano di rabbia. Invisibile fuori di lui.

Il cuore accelera di nuovo, il fiato inciampa nei denti, il medico gli fa bere una pozione schifosa, dicendo che entro pochissimi minuti starà meglio.

«È una pozione che cancella il passato?» domanda sgarbatamente.

«Certo che no, signor Malfoy, è solo una pozione rilassante e tonica, ma sono certo che le farà bene.»

«E io sono certo che, se non serve a cancellare quello che ha fatto quello scellerato di mio figlio non mi farà stare meglio. Anzi, credo che niente di quello che potrebbe fare lei in questa occasione possa essermi d’aiuto, quindi può andare, grazie.»

«Ehm, se è quello che vuole…»

«È quello che voglio. Se ne vada.»

«Bene, buon pomeriggio. Signora…» saluta inchinando appena il capo.

«Grazie dottore. La prego di scusare i modi di mio marito.»

«Non è nulla, signora, mi creda.»

«La smetta di denudare con lo sguardo mia moglie e se ne vada.»

«Certo, certo.»

Il medimago esce tanto velocemente da far pensare più a una fuga che a un educato congedo.

Lucius fissa gli occhi su Draco, in attesa di una spiegazione. Lui lo guarda, di rimando, perfettamente sereno.

«Stai meglio?»

«Sto aspettando.»

«Cosa?»

«Che mi spieghi cosa credi di aver ottenuto.»

Draco solleva le spalle in un gesto noncurante, oltremodo fastidioso, per suo padre.

«Spero che adesso sarà tutto più semplice. Non sono più il tuo erede. Se vuoi, potremo avere un rapporto normale. Se non vuoi, pazienza. In ogni caso non sono più affar tuo. Dovrai produrre un figlio maschio con questa bellissima purosangue», strizza l’occhio ad Astoria, «se vorrai trasmettere il tuo nome. O potresti accontentarti di avere dei figli e dei nipoti che renderanno la tua vecchiaia migliore di quanto meriti. Se sarai capace di apprezzarlo, se tutto questo ti avrà insegnato qualcosa.» Sospira, guardandosi attorno. «Non avrei mai creduto di dover arrivare a tanto.»

Lucius non trova la voce per rispondere. Che potrebbe mai dirgli? Che può dire di peggio di quanto gli ha già detto. Che è un traditore del suo sangue? L’ha dimostrato definitivamente. Che è indegno del nome che porta? Deve averlo creduto anche lui, perché ha smesso quel nome. Se ne è liberato, come di una vecchia camicia sdrucita.

Lucius sente i polmoni stretti in una morsa che, a malapena gli concede la possibilità di parlare.

«Dimmi perché. Dimmi cosa ti ho fatto per essere trattato come l’ultimo dei criminali, come qualcuno di cui ci si deve vergognare al punto da rifiutarsi di riconoscerlo come padre!»

«Lucius, ma sei serio?»

«Molto più che serio. Dimmi perché l’hai fatto.»

«Tu SEI un criminale e io ho ottime ragioni per vergognarmi di te. Non importa come ti vede il mondo perché io so quanto marciume copre la tua corazza dorata. Ma più che di te mi vergogno di me stesso, per non aver capito prima quanto inutile fosse cercare la tua approvazione o il tuo affetto, per non aver compreso cosa nascondesse quello che tu mi gabellavi per onore o per dovere verso la famiglia. A causa tua ho rischiato di perdere per sempre l’unica occasione di felicità e non ho quasi nulla di cui ringraziarti. Ma non è per questo che ho deciso di fare questo gesto che, mi rendo conto, è un po’ estremo.

È solo che tu non mi hai dato scelta. Io non posso vivere assediato da te, che pretendi di costringermi a vivere come vuoi tu con tutti gli sporchi mezzi che la tua fantasia è in grado di partorire. Se credi che io sia uno stupido te ne do atto, è vero, se così non fosse mi sarei svincolato prima da te. Ma sono un uomo, non un bambino incapace di fare le proprie scelte e tu sei mio padre. L’unica cosa che dovresti pretendere da me è affetto e rispetto, non obbedienza cieca.» Si ferma un attimo, come per riflettere. «Te lo dico, anche se non credo che tu potrai capirmi. Io non voglio vivere a modo tuo, ci ho messo un po’ per rendermene conto ma adesso è così chiaro, per me!

Io ho un sogno semplice. Sogno di poter vivere una vita accanto alle persone che amo e che mi fanno sentire bene. Sogno di poter essere considerato solo per me stesso, senza che qualcuno studi il mio albero genealogico credendo di potermi conoscere in questo modo. Sogno di scegliere le persone di cui desidero essere amico e tenere lontane quelle con cui non voglio avere niente a che fare. Sogno di far crescere i miei figli in un posto migliore di questo, in un mondo che si farà un’opinione di loro soltanto in base alle loro capacità e al loro comportamento, non allo stato di sangue o ai loro antenati. Voglio che i miei figli siano scelti e amati per se stessi e non pesati e giudicati come bestie alla fiera, per il loro capitale o per le possibili alleanze che procurerebbe un matrimonio con loro.

Io sogno di essere libero. Tu non conosci nemmeno il senso della parola.»

«Sogni! Tu sogni! Sei uno stupido! Un giorno ti renderai conto di quello che hai fatto e sarà troppo tardi.»

«Ho tutto il diritto di sognare e di tentare di realizzare i miei sogni. E lo farò. Ho paura che per te sia troppo tardi, anche se ti è toccata una fortuna che non meriti. Hai Astoria che, non so per quale misteriosa ragione, ti ama, e hai Dana. Loro sono la tua occasione. Chissà che non riescano dove io ho fallito?»

«Togliti dalla mia vista, traditore.»

«Con piacere. Astoria, sai dove trovarmi. Vieni a trovarmi quando ti pare ma non far passare troppo tempo, e portati Dana.» Un bacio sulla guancia e un saluto con la mano.

Dopo che la porta si è chiusa alle spalle di Draco, Lucius ricomincia ad agitarsi. Respinge, infastidito le attenzioni di sua moglie e sbraita a gran voce contro quell’idiota che, lo giura, non metterà mai più piede in casa sua e che non avrà il becco di uno zellino da lui e che se crede che la babbana potrà essergli più utile di suo padre non ha capito un cazzo della vita e quando tornerà strisciando si beccherà tutti i calci nei denti che si è meritato, e così via.

Astoria, evita di fargli notare che è Draco stesso che ha scelto di rinunciare alla casa, ai suoi soldi, alla sua influenza e che è abbastanza sicuro che non tornerà strisciando, e nemmeno in altro modo.

Dopo un po’ incomincia ad averne abbastanza, anche perché, quando perde la tramontana, Lucius tende a diventare scurrile e offensivo anche nei suoi confronti. Vorrebbe tanto essere una donna comprensiva e far finta di non sentire, visto che lui è sconvolto. Purtroppo per lui non è una donna comprensiva. Per niente.

Tanto più che lui, dimenticando che lo aveva avvisato di quello che sarebbe successo e che l’ha bellamente ignorata, adesso pretende di attribuirle la colpa. Come se avesse davvero potuto convincere Hermione a quella pagliacciata delle nozze di casata.

Così si premura di fargli bere una dose generosa di pozione “Sonno senza sogni” e, finalmente, può lasciare quello stupido testardo e andare a occuparsi di sua figlia, che non ha visto per tutto il giorno.

Il vecchio caprone si merita tutto quello che gli è capitato, quindi farlo dormire è una soluzione infinitamente più gentile di quella che le suggerirebbe l’istinto. Magari E' una donna comprensiva, in fondo.

 

*****

 

Draco si ferma sulla soglia di quella che non è più casa sua.

Si rende conto che non lo è più da molto tempo e che non è più un Malfoy da quando ha deciso di essere l’uomo di una nata babbana e padre di figli mezzosangue.

Ora è ufficiale.

Si meraviglia di non sentire nostalgia per il nome che lo ha identificato per tutta la vita e che, per tutta la vita lo ha costretto in un personaggio a due dimensioni, del tutto privo di spessore, solo una riproduzione, uno stereotipo.

Al quale anche lui ha creduto, però.

Respira forte.

Hermione.

Già, Hermione. Dov’è?

Non gli pare possibile che lo abbia lasciato di nuovo, di sicuro lo aspetta a casa.

In fondo i suoi timori si sono realizzati: non si è sposato. A quest’ora, se le cose fossero andate bene, loro starebbero salutando gli ospiti, già marito e moglie da ben quattro ore. Forse starebbero ballando o cercando con gli occhi i loro figli, in giro per il giardino.

Invece in QUESTO giardino, i suoi figli non giocheranno mai.

Dovranno ricominciare tutto daccapo per il matrimonio. Inviteranno Lucius?

Gli viene da ridere a pensare alle infinite stranezze a cui lo esporrà questa sua iniziativa. Certo non vuole rinunciare a frequentare sua sorella ma, tecnicamente, lei non è nemmeno più sua sorella. E se inviterà Astoria e Dana al matrimonio come potrebbe non invitare Lucius? E lui verrebbe?

Ah! Che strana idea, come gli è venuta?

Non lo sa nemmeno lui. È stato un lampo, un’epifania. Quando ha visto Hermione sparire è stato colto da una incredibile sensazione di impotenza, una disperazione assoluta. Lucius sarebbe sempre riuscito a guastare ogni sua gioia, non c’è difesa da lui.

Che ha fatto di male per meritare di averlo come padre?

È stato quello il momento.

Gli è sembrata una soluzione tanto semplice da domandarsi come non gli fosse venuta in mente prima.

Così adesso non è più Draco Malfoy. È qualcun altro.

E lei vorrà sposare qualcun altro?

E se a lei non piacesse? Se si rifiutasse di acquisire il cognome di quella che l’ha torturata?

Cazzo! A questo non aveva pensato. Ma i Black sono molto di più di quella pazza di Bellatrix, anche Andromeda, che lei stima e a cui è affezionata, è una Black. Sa che ha conosciuto Sirius e, se è vero quello che gli ha raccontato ne ha combinate delle belle, assieme a quei due suonati dei suoi amici, per salvargli il culo.

Ha chiamato suo figlio Regulus.

Che farà se lei non vuole diventare una Black? Diventerà il signor Granger?

Gli viene da ridere.

Potrebbe sempre fondare una nuova dinastia, una grande famiglia magica di cui lui e lei sarebbero i capostipiti.

Per ora deve solo farle di nuovo la proposta di matrimonio. A nome del signor Black, stavolta.

Tecnicamente è lei che l’ha fatta a lui, dopo che lui l’aveva fatta a lei circa trecento volte, vero, ma solo quando lei l’ha fatta a lui è stata accettata, quindi è quella che vale.

E alla fine è stato abbandonato sull’altare! Avrebbe diritto di essere arrabbiato. Invece gli viene ancora da ridere.

Che bastardo Lucius! Sapeva che con quella mossa sarebbe caduto in piedi in ogni caso: se lei avesse rifiutato il matrimonio sarebbe stato perfetto, per lui, se l’avesse accettato sarebbe stata nelle sue grinfie, impossibilitata a ribellarsi, legata da un contratto che solo i membri di quella casta sapevano quanto vincolante fosse. Alle spose "di casata" risultava fisicamente impossibile rifiutare un ordine diretto da parte del proprio marito o di qualcuno superiore a lui nella gerarchia famigliare: un suocero, ad esempio.

Peccato Non aver previsto la mossa di Lucius, e per Lucius quella di Draco. Si convince sempre di più di aver fatto la cosa giusta. È stata geniale.

Ora basta andare a cercare Hermione, fidanzarsi di nuovo con lei e stabilire un’altra data per le nozze. Questa volta andrà tutto bene.

Gli viene in mente all’improvviso. Lui non ha mai regalato un anello a Hermione. Si è comportato come uno stronzo Malfoy che non si degna di regalare ad una nata babbana un prezioso anello di famiglia. E adesso non ha più gioielli di famiglia.

Che stupido! Non è così, per fortuna. I gioielli della famiglia Black sono al Manor, inglobati nel patrimonio Malfoy. Ma ora esiste un Black in vita, che intende sposarsi, che ha delle figlie e che quindi ha bisogno dei gioielli della sua famiglia.

Gira sui tacchi e torna dentro.

Trova Astoria nella nursery, impegnata a coccolare Dana. Entra, annunciato dall’elfo, che lo guarda strano. Sa che non è più suo padrone e sembra quasi dispiaciuto, come se avesse perduto un parente.

«Astoria, scusa se ti disturbo, avrei bisogno del tuo aiuto.»

«Oh, Draco, come mai ancora qui?»

«Mi è venuto in mente che i gioielli dei Black sono qui, e io non ho mai regalato un anello a Hermione. Ne ho bisogno.»

«E in che modo ti posso aiutare?»

«Credo che i gioielli siano nella cassaforte insieme a quelli dei Malfoy. Non sono sicuro di potervi accedere ancora.»

«Ma Lucius dorme profondamente e non credo si sveglierà prima di… un paio di giorni, credo.»

«Potrei tornare tra due giorni ma non credo che sia una buona idea. Meglio lasciarlo sbollire. E in ogni caso la mia richiesta sarebbe per lui un'occasione per ricominciare le sue recriminazioni o peggio.»

«Lo so, penso di conoscerlo bene, ormai.»

«Potevi dirmelo, però.»

Astoria sospira profondamente.

«Mi dispiace, tanto. Ma mi devi capire. È mio marito, sarebbe stato un vero tradimento. Una cosa è avvelenarlo per avermi offeso, se l’è cercata, ma sabotare le sue iniziative “a favore” della famiglia, da parte mia non avrebbe giustificazione.»

«Quindi lui te ne aveva parlato.»

«Certo. E io non ho mancato di avvisarlo delle conseguenze. Gli ho detto che lei non ci sarebbe cascata, gli ho detto che ti avrebbe perso. A volte penso che non riesca a vedere la realtà. Mi dispiace di come è andata, ma ero sicura che Hermione non avrebbe mai accettato niente del genere, quindi non ci sarebbe mai stato pericolo per i bambini.»

«I bambini?»

«Beh, lui era disposto ad accettare il tuo matrimonio, ma non che i tuoi figli entrassero nella discendenza della famiglia. Era preoccupato solo per i maschi. Non so cosa avesse in mente ma sono sicura che i suoi progetti non ti sarebbero piaciuti.»

«Sono sicuro anch’io.» La voce di Draco è scura e minacciosa. Che cavolo gli è venuto in mente? Ha esposto la sua famiglia a un grave rischio, senza rendersene conto. Suo padre è un mostro e non ha dubbi che, pur di mantenere “pulito” il suo blasone, non avrebbe esitato a uccidere i bambini, o farli rapire o chissà che altro.

«Non te la prendere, è andata bene. Se così non fosse stato non avrei lasciato che i tuoi figli corressero rischi. Mi credi?»

«Aiutami a recuperare questi gioielli», mugugna furioso.

«Non essere arrabbiato con me, per favore. Tu ed Hermione siete gli unici amici che abbia, gli unici su cui possa contare.»

«Che fine ha fatto tua sorella?»

«Adesso che è incinta non le permettono nemmeno di uscire di casa. Non era nemmeno al matrimonio, non ti sei accorto?»

«Com’è possibile?»

«Matrimonio di casata. Che bella invenzione!»

«Perché ha accettato?»

«Perché si è fidata di suo marito. Terribile errore.»

«Che tu non farai mai.»

«Che io non ho fatto!» Lo sguardo di Astoria si incupisce. «A questo proposito prevedo qualche problemino di salute per tuo p… per Lucius.»

«Che ti ha fatto, stavolta?»

«Non è mai abbastanza gentile, non mi rispetta. Una delle ultime volte ha detto che nessuna sposa Malfoy entra in famiglia se non con un matrimonio di casata. E qui già ha insinuato che io non sono una vera Malfoy, visto che io ho evitato come la peste quella corda al collo, e ha rincarato la dose dicendo che se non lo capisco non sono nemmeno degna di esserlo.»

Gli occhi fuori dalla testa, le spalle sollevate, sembra quasi che anche i capelli si arruffino sulla sua testa.

Draco ride. Malgrado la furia che lo ha colto nel sentire i progetti di Lucius sui suoi figli, Astoria riesce a farlo ridere. Inoltre è ben lieto che Lucius abbia trovato qualcuno capace di tenergli testa. Dove teneva nascosto questo temperamento la perfetta fanciulla purosangue? Che fortuna non averla sposata!

«Ancora veleno?»

«Ho in mente qualcosa di più raffinato, questa volta. Non mi accontento di un po’ di dolore fisico, questa volta bastonerò il suo orgoglio e non sarà nemmeno di così breve durata.»

«Ah, basta così, non me lo dire, o non sarò capace di mantenere il segreto. Solo promettimi che poi mi racconterai tutto.»

«Te lo giuro. Però lontano da orecchie innocenti.»

«Ok, mi sono fatto un’idea. Vediamo, pozione restringente corretta con lingua di…»

«Io e te avremmo potuto metter su un laboratorio di pozioni unico al mondo. Peccato non esserci sposati!»

«Già, proprio quello che pensavo!» il tono un po’ troppo ironico per essere serio.

«Ah, mi stai prendendo in giro. Tu non mi hai mai voluta.»

«Lo ammetto. Però come amica ti adoro. Quello che mi hai detto sulle intenzioni di Lucius mi ha fatto arrabbiare e mi ha spaventato, e anche fatto sentire in colpa per non averlo previsto. Adesso tu, malgrado tutto, sei riuscita a farmi ridere.»

«Meglio così. Se fossi tu mio marito le mie armi sarebbero spuntate contro di te, sei un pozionista bravo quanto me, non so immaginare che mi sarei potuta inventare per stare al passo.»

«Qualcosa avresti trovato. Di certo sto molto più tranquillo, sapendo che Lucius ha pane per i suoi denti. Mi sono preoccupato molto per te, sai?»

«Che bravo figliastro! Ti sei meritato una manciata di gioielli. Ammesso che riuscirò a tirarli fuori dalla cassaforte.»

«Ci riuscirai. Sei una Malfoy a tutti gli effetti, qualunque cosa ne dica Lucius, ti basterà appoggiare la tua mano al sigillo.»

«Probabilmente potresti farlo da solo.»

«Non voglio nemmeno provare. Se la casa mi riconoscesse ancora come Malfoy prima o poi Lucius lo scoprirebbe e sarebbe stato tutto inutile.»

«Come farai a riconoscerli? I gioielli dei Black da quelli dei Malfoy, intendo.»

«Mi sono stati presentati molto tempo fa. A suon di scudisciate, come tutto il resto. Conosco la provenienza, il nome dell’artigiano, l’epoca di produzione, per quale occasione sono stati ordinati, la storia e il costo di ogni pezzo. E tu sta’ pure tranquilla, non resterai senza niente da metterti addosso. Ne abbiamo fin troppi. Io voglio solo quelli ereditati da mia madre e un paio di piccole cose personali che mi sono state regalate da bambino. Il resto è tutto tuo.»

«E di Dana.»

«E di Dana. E di tutti i figli che vorrai fare con quell’individuo.»

Astoria immaginava forse che Draco dovesse portare con sé una decina di astucci, tra bracciali, collane e anelli. Non si aspettava che fosse costretto a portarsi via un piccolo, pesantissimo baule, pieno d’oro e di gemme preziose. E, naturalmente, Draco aveva ragione: i gioielli rimasti sono più di quelli portati via da lui.

Usare un camino è un’impresa abbastanza ardua, quando le mani sono occupate da un oggetto voluminoso. Quindi la cosa più sensata è la materializzazione, anche quella non del tutto priva di rischi, dato l’impiccio.

Quindi Draco, saluta e ringraziata Astoria, coccola per dieci minuti buoni la sorellina, poi si smaterializza nel soggiorno di casa sua.

Ovviamente inciampa nel tappeto e si schianta la cassa su un piede.

Dopo le imprecazioni di rito, dopo aver appoggiato la cassa altrove, rispetto al suo piede, si ferma un attimo ad ascoltare.

Non è materialmente possibile che un tale numero di bambini possano fare tutto quel silenzio.

Il cuore di Draco si ferma per un attimo. Dove sono tutti?

 

 

 

 

 

I have a dream: è il più celebre dei discorsi di Martin Luther King, il cui sogno, senza voler essere troppo blasfemi, non era troppo diverso da quello di Draco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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