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Autore: Moony16    29/05/2014    1 recensioni
«allora … hai trovato quello che cercavi in America?» gli chiese. Voleva sapere almeno se tutta quella sofferenza fosse servita a qualcosa.
***
«allora io vado, … ci vediamo»lei sbuffò
«si fra, dieci anni» lui sorrise
«in realtà, fra appena due giorni. Ci sarò anche io alla cena di famiglia di Domenica. Albus mi ha invitato» lei parve scioccata, così lui, godendosi quella piccola vittoria, uscì dalla stanza. Dopotutto, lui voleva ancora farla impazzire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus, Severus, Potter, Alice, Paciock, Jr, Louis, Weasley, Rose, Weasley, Scorpius, Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Era sabato pomeriggio. Era passata più di una settimana da quando Albus aveva deciso di darsi alla macchia e l’unica cosa che aveva impedito a Rose di andare a cercarlo era un minuscolo bigliettino, che lui aveva mandato ai genitori.
Diagon Alley era piena di gente quel giorno, c’era un chiacchiericcio continuo, un senso di allegria diffuso quasi dappertutto. Eppure lei era imbronciata. Non aveva voglia di passeggiare con Robert, né tanto meno di aspettarlo fuori al gelo, come stava facendo. E poi era offesa con Albus e anche con Alice, entrambi testoni che avevano deciso di chiudersi a riccio. Era sempre stata un tipo curioso e l’essere tenuta all’oscuro di qualcosa la mandava sui nervi.
Era appena uscita da casa di Alice, che non faceva che ripetere di stare bene, che fra lei e quell’idiotapatentatofigliodibuonadonna non c’era più niente. Aveva persino impacchettato e mandato a zia Ginny tutta la roba di Albus. Il motivo di quella rottura però, non lo aveva accennato neanche per sbaglio.
Così, quando Robert si presentò con i suoi dieci minuti di ritardo, non era proprio ben disposta nei suoi confronti.
«hey Rose, scusa per il ritardo, è solo che …».
«risparmiati le scuse.  Dove vuoi andare?» lui la guardò un po’ stupito per il suo comportamento brusco.
«io … volevo solo fare un giro con te» le disse con un mezzo sorriso, che la fece addolcire.
«anche io … è solo che per ora sono un po’ stanca. Non mi va di gironzolare» disse con gli occhi dolci.
«allora … casa, divano e una cioccolata?» lei gli sorrise. Robert era sempre stato così. Premuroso all’inverosimile, geloso a volte, ma sempre pronto ad aiutarla. All’inizio non era molto interessata a lui, ma quando lo aveva conosciuto, lo aveva amato. Era così semplice, che le era stato impossibile non innamorarsi di lui. All’inizio non era sicura. Insomma, lei era sempre stata attratta dalle cose impossibili, dai ragazzi più improponibili, dalle storie sbagliate.
Persino dopo Scorpius, quel ragazzo rotto dentro e completamente solo, le sue brevi e inconsistenti relazioni non erano state proprio facili. Aveva frequentato Aron Nott, il figlio di Theodor Nott, un ragazzo con qualche problema di gestione della rabbia e che fumava sigarette babbane di continuo. Diceva che lo facevano stare calmo. Fortunatamente era durata solo un paio di settimane e più che altro era stato un flirt: non era un tipo molto raccomandabile.
Aveva frequentato anche un paio di Lupi Mannari, due o tre ex detenuti di Azkaban, un francese presentatole da Louis, e anche un modello con problemi di depressione conosciuto all’ospedale. Il culmine però lo aveva raggiunto con un certo Stefan[1], un vampiro pallido che dopo un paio di uscite l’aveva quasi mangiata. Si era scusato, dopo, ma lei l’aveva chiusa lì: non le andava di essere il pasto di nessuno.
Era stato strano stare con una persona normale, dopo tutte quelle storie assurde. Ed era stato bello e piacevole, come un bagno caldo dopo una giornata faticosa.
«è per questo che ti amo» gli disse senza neanche pensarci. Si smaterializzarono mano nella mano nella casa di lui, decisamente più grande di quella di Rose. Lei si diresse subito verso il divano del salotto, dove si buttò a peso morto, esausta. Lo spiava con la coda dell’occhio preparare una cioccolata bella forte, come piaceva a lei, pensando che fosse proprio adorabile. Si arrotolò in una coperta che sapeva di casa, osservandolo. Non era certo il più bel ragazzo che avesse mai frequentato, ma di certo era quello con cui stava meglio. Era sbagliato voler stare bene? La sindrome della crocerossina doveva pur finire, prima o poi. Non poteva inseguire per tutta la vita uomini che non volevano stare meglio solo perché la prima volta aveva fallito.
Neanche Scorpius aveva voluto stare meglio, infatti. Anzi no, lui non aveva voluto stare meglio con lei. Aveva preferito rifarsi una vita, intraprendendo da solo un viaggio che per molti sarebbe stato impossibile, solo per dimostrare agli altri, e soprattutto a se stesso, che era in gamba e capace di affrontare ogni evenienza da solo. Soprattutto però, voleva essere migliore di suo padre. Lei non lo aveva mai accettato. Aveva teso la mano in suo aiuto e lui, orgoglioso fin nel midollo, aveva preferito cadere e rompersi.
E dopotutto andava bene, se lei adesso poteva avere un ragazzo che la capiva al volo, con la quale era bello stare, che la faceva sentire speciale e che la amava di più di ogni altra cosa. Lui le portò la cioccolata e le sorrise. Lei rispose al sorriso e gli stampò un bacio al sapore di cioccolata. Robert si mise dietro di lei, abbracciandola, e rimasero così, a coccolarsi.
***
Albus stava osservando l’infrangersi delle onde sulla sabbia, l’unione di due elementi, uno scontro continuo fra l’acqua e la terra. Aveva i sensi inebriati, lo sguardo perso sul mare, il sapore salmastro dell’acqua in bocca, le mani poggiate nella sabbia. Si lasciava cullare dallo sciabordio delle onde. Era quasi inverno, ma in quel luogo poco contava. C’erano dodici gradi, abbastanza da buttarsi in acqua e fare una nuotata, per poi asciugarsi con il vento. Il suo corpo era scosso dai tremiti, ma non importava: il suo cuore sanguinava. Quel dubbio aveva attecchito nella sua mente e adesso nessuno avrebbe potuto convincerlo del contrario. Era sempre stato un tipo testardo, sin da piccolo.
Il mondo gli era crollato addosso ed era irrilevante ciò che avrebbero potuto pensare gli altri. Gli serviva del tempo senza dover dare spiegazioni di nessun genere. Qualche giorno per riprendersi. Forse era sbagliato, ma avrebbe accettato le conseguenze del suo gesto. Avrebbero dovuto farsi bastare il biglietto che aveva scritto.
Tirò indietro la testa e respirò a pieni polmoni. Il cielo era azzurro nonostante fosse novembre inoltrato, anche se le prime striature di rosso cominciavano a fare capolinea all’orizzonte. Era l’ennesimo tramonto che vedeva solo. E aveva l’impressione che ce ne sarebbero voluti molti di più per poter pensare ad Alice senza avere l’impulso di piangere o urlare.
Stava disteso sulla spiaggia, quando una voce lo fece sobbalzare.
«ti prenderai un accidenti, se non ti asciughi»
«come mi hai trovato?» Scorpius si sedette accanto a lui nella sabbia.
«sono pur sempre il tuo migliore amico … e poi era scontato, dai. È strano che non ci abbia pensato Rose»
«non racconto certe cose a lei. E Alice …» fece una smorfia al pronunciare quel nome
«non sapeva dov’è questo posto» Scorpius annuì.
«non credi sia l’ora di smetterla con questa pagliacciata?» Albus scosse la testa.
«se tu sapessi che cosa è successo, non parleresti così»
«stupiscimi»
«non mi va di parlarne» la verità era che si vergognava a dirlo. Si era sentito umiliato nel profondo ed era troppo orgoglioso per ammetterlo.
«amico mi stai preoccupando. Insomma, hai lasciato Alice e non sai neanche dirmi il motivo?»
«non voglio parlarne. E poi chi ti dice che l’abbia lasciata io?» Scorpius strabbuzzò gli occhi
«ti ha lasciato lei? Ma Rose dice che è distrutta!»
«si chiamano lacrime di coccodrillo» Scorpius non ribatté. Gli sembrava strano, conosceva bene Alice Paciock e sapeva che non si sarebbe mai comportata in quel modo. Se non altro, perché amava Albus. E Albus ricambiava. Il suo cervello non riusciva a trovare una spiegazione logica a tutto quel casino.
«Al io davvero non capisco. Insomma, non vuoi parlarne? Ok va bene. Che bisogno c’era di accamparsi in questa spiaggia, che probabilmente ti ricorda lei più di qualsiasi altro posto nel mondo, senza dire niente a nessuno?»
«non voglio vedere nessuno, neanche te. Quindi, se non devi dirmi qualcosa come “è scoppiata la terza guerra magica”, ti prego di andartene» gli disse con freddezza
«volevo solo vederti, Al. Se per te è così penoso, posso anche andarmene» gli rispose alzandosi. Capiva che non era il caso di discutere con lui.
«no, senti … Rose? È tutto ok?» Albus teneva lo sguardo basso.
«credo di si. L’ultima volta che l’ho vista voleva venire a cerarti, ma è stato prima che mandassi quel biglietto ai tuoi» lui annuì
«deve averla a morte con me» Scorpius non ribatté e Albus continuò.
«e tu? È tutto ok?»
 «niente è ok, Al, ma questo già lo sai. E tu invece non vuoi dirmi che diavolo ti passa per la testa»
«tu ti lamenti sempre, amico. Non c’è una volta che a questa domanda hai risposto semplicemente “bene”» disse con voce placida, evitando la domanda di Scorpius
«e tu, invece, hai voglia di litigare »
«no davvero, sempre a lamentarti per Rose, a dire quanto sia ingiusta la vita, a detestare tuo padre e tutta la tua settima generazione. Ci pensi mai a vivere e basta?» Scorpius strinse i pugni, per trattenersi dal tirargliene uno in pieno viso
«scusami amico, se ho qualche problema. Sai, mentre tu fai il melodrammatico qui, e ti nascondi per evitare di dire quanto sei stato coglione, anche io sto affrontando delle situazioni di merda. Eppure sono qui, e sto cercando di parlare con il mio migliore amico, che non fa altro che attaccarmi!»
«io non sono stato coglione! E i tuoi problemi poi, quali sarebbero? Il fidanzato di mia cugina? Beh sveglia, tu l’hai lasciata e lei è stata con un’altra marea di ragazzi. Sembri un bambino capriccioso, che non vuole prestare il suo giocattolo, anche se non sa che farsene!»
«Rose non è un giocattolo!»
«non è questo il punto. Lo sai quanto ha pianto, quando l’hai lasciata? Lo sai? No, perché c’ero io là, con lei. Lo sai che cercava te in ogni ragazzo che vedeva per strada o in ogni lettera? No. E tu non mi hai mai detto le tue ragioni, eppure ho continuato a esserti amico, nonostante tu avessi spezzato il cuore della mia cugina preferita. Adesso sono io a chiederti di non fare domande. Ora dimmi perché sei qui, visto che sono sicuro che avessi capito fin dall’inizio dov’ero» Scorpius scosse la testa
«avevo bisogno di te. E non c’entra nulla tua cugina, per una volta. Volevo solo avere qualcuno accanto …» sospirò poi guardò meglio l’amico. Albus lo aveva ferito, ma non lo avrebbe mai ammesso. 
«sono stato egoista? scusami. Tu hai i tuoi problemi e se vuoi stare solo … ok. Me ne vado» disse con freddezza poi girò i tacchi e cominciò a camminare verso la strada, diretto verso un luogo sicuro dove potersi smaterializzare
«Scorpius aspetta» disse Albus con una nota di preoccupazione nella voce. Scorpius di solito cercava di essere indipendente, non aveva quasi mai ammesso di aver bisogno di aiuto.
Scorpius si fermò e si girò a osservarlo. I suoi occhi erano quasi azzurri a causa del mare, ma erano completamente vuoti.
«che succede?»
«niente d’importante» sussurrò prima di girare i tacchi e andare via spedito, il più velocemente possibile.
Si materializzò a Hogsmeade. Non c’era ancora stato, da quando era tornato. Cominciò a passeggiare, fino a che non si ritrovò in quel punto, al limitare del villaggio dietro una grande casa abbandonata.
Gli sembrava di essere di nuovo un ragazzino, felice di scorrazzare in quel luogo di nascosto sotto il mantello di James. Suo padre non aveva mai voluto firmargli il permesso: aveva potuto lasciare la scuola regolarmente solo al settimo anno, quando era già maggiorenne.
Aveva l’impressione che da un momento all’altro tutti i suoi amici avrebbero girato l’angolo e lo avrebbero trovato nel solito punto per poi offrirgli una burrobirra presa ai tre manici di scopa.
Ma non venne nessuno, tranne il freddo. Si appoggiò al muro sporco e si lasciò cadere giù. Seduto sul pavimento gelato, iniziò a piangere con la testa fra le ginocchia. Non riusciva a farne a meno, i singhiozzi lo scuotevano, le lacrime gli inondavano gli occhi. Ricordò che qualcuno una volta gli aveva detto che piangere per un buon motivo non è mai segno di debolezza, ma di umanità.
E lui pianse ancora più forte.


 
[1] chiaro riferimento a "The vampire diaries". Non ho saputo resistere!!

Hey

Questo capitolo è stato un parto! Non sapevo che scrivere, non andava mai bene niente e non sono neanche tanto soddisfatta. Quindi se avete consigli da darmi, mi fareste un enorme favore!! 
Spero vi sia comunque piaciuto e che continuerete a leggere questa storia ;) 

 

  
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