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Autore: Rurue    31/05/2014    1 recensioni
Akemi è un'infermiera giovane, ma sveglia. Resa tale da una famiglia di maghi purosangue che la disprezza per il suo essere Maganò e da una società in piena Seconda Guerra Mondiale che la evita per la sua lontana, ma abbastanza evidente, discendenza giapponese.
La ragazza si incontrerà con un Tom Riddle giovane, ma già prepotente. Instaurerà con lui un rapporto particolare; visto da fuori parrebbe solo astioso ma, per lei, è molto profondo.
Che ruolo potrebbe avere una semplice maganò nel passato del Signore Oscuro?
Akemi, grazie al suo lavoro, incontrerà anche i fratelli Pevensie, che riusciranno a sconvolgerle completamente la vita scaraventandola affettuosamente ma con prepotenza nella loro famiglia particolare e mostrandole un mondo diverso da quello a cui è abituata.
Attenzione: la storia seguirà, in gran parte, il filo della storia presente nei libri di Lewis, per questo potrebbero esserci possibli spoiler per chi ha visto solo i film.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Sometimes you think you'll be fine by yourself
Cause a dream is a wish that you make all alone
It's easy to feel like you don't need help
But it's harder to walk on your own
When you realize
From beginning to end
When you have a friend
By your side
 

You'll change inside
 
The world comes to life

And everything's bright
            - Gift of a Friend; Demi Lovato -
                       
                                   
                                                                        Capitolo Quindicesimo

Quando arrivai nella Sala Comune dei Serpeverde non dissi nulla; non ne avevo bisogno.

Scorsi Tom, seduto in un angolo per conto suo, alzare lo sguardo nella mia direzione e, chiudendo il libro che aveva in mano e raccogliendo la borsa da terra, si alzò, per poi venirmi incontro.

Non mi fu difficile capire che stava attendendo il mio ritorno.

Mi avviai nella mia camera. Consapevole che lui mi avrebbe seguita, o quantomeno raggiunta, non mi preoccupai di aspettarlo: dopotutto conosceva la strada meglio di me, visto che io riuscivo a perdermi anche nel castello.

Entrai nella stanza e passarono una manciata di secondi finché non sentii la porta aprirsi e richiudersi nuovamente, lasciandomi da sola con Tom Riddle.

Mi girai di scatto nella sua direzione e, ancora indecisa tra ucciderlo o ammazzarlo di botte, feci per parlare, ma lui mi interruppe, facendomi innervosire ulteriormente e lasciandomi insoddisfatta per non aver potuto parlare.

<< “Sei uno stronzo.” >> disse, con tono annoiato << Era quello che stavi per dirmi, giusto? >>

Lasciò la borsa sulla sedia e si andò a sedere sul mio letto, accavallando le gambe.

<< Sei prevedibile, Akemi. >> infierì.

Senza ancora aver aperto bocca, gli diedi le spalle, iniziando a percorrere avanti e indietro la stanza con grandi falcate, tentando - inutilmente - di calmarmi.

Ad un certo punto mi bloccai, per evitare che deridesse anche il mio essere peripatetica.

La mia mano scattò, fulminea, verso destra, afferrando la prima cosa che le capitò a tiro - in quel caso, un libro - e lo lanciò in direzione del ragazzo che, però, lo schivò per un soffio.

<< MI HAI ROTTO LE PALLE, TOM! >> urlai, afferrando un cuscino dalla poltrona e lanciandogli anche quello. Il secondo tiro andò a segno; presi un altro cuscino e mi avvicinai a lui, picchiandolo con la mia improvvisata arma e costringendolo a poggiare la schiena al materasso.

<< Tu sei completamente fuori di testa. >> commentò, ma l'unica cosa che trasparì da quell'affermazione fu irritazione.

Alla fine riuscì a bloccarmi i polsi facendomi perdere l'equilibrio; cascai in avanti, quasi completamente addosso a lui.

Cercai di divincolarmi, ma la sua presa era ferrea.

<< Te lo avevo chiesto per favore! >> ringhiai a un palmo dal suo viso, abbassando il tono di qualche decibel. Lui si alzò a sedere, facendomi scivolare verso il pavimento. Fui costretta a puntare le ginocchia sul tappeto per non cadere all'indietro, ma restavo comunque in una posizione piuttosto scomoda a causa dei polsi innaturalmente tesi vicino al suo viso. << Mi pareva di aver capito che ti saresti fidato e che mi avresti lasciato fare, ma invece no, per carità! Perché dovrei farmi gli affari miei quando posso sempre essere in mezzo a quelli altrui?! >> finsi di imitare la sua voce, incupendola e borbottando.

All'ennesimo tentativo riuscii a liberarmi, ma non mi allontanai. Gli puntai un indice al petto << Era un problema mio, me lo sarei risolta da sola. Solo che tu pensi, per non so quale delle tue innumerevoli pare mentali, che io abbia bisogno di qualcuno che badi a me!

<< Perfetto, chiariamo questo punto: sono una persona relativamente adulta, so prendere le mie decisioni da sola e capire cosa è meglio o no per me senza nessuno che rompa le palle. Fatti.. una.. vita! >> lo dissi quasi con cattiveria. Evidentemente la cosa stupì anche me: il concetto che volevo esprimere, alla fine, era sfociato in uno sfogo assolutamente insensato.

Mi alzai, allontanandomi da lui di scatto. Strinsi le braccia al petto, voltandomi, e mi avvicinai con calma alla finestra.

Nessuno dei due emise un suono. Non fossi stata arrovellata nei miei pensieri, mi sarei chiesta a cosa invece stesse pensando lui. Invece ero lì, affacciata alla finestra, guardando senza attenzione la neve appiccicarsi agli angoli della bifora vetrata e ripensando a quello che avevo detto.

Ero stata ingiusta con Tom; alla fine lui si era semplicemente preoccupato per me e non mi aveva vista reagire in modo effettivamente concreto all'aggressione di Esther. Forse aveva temuto un mio ripensamento o esitazione, forse non mi aveva creduto forte abbastanza.

Mi lasciai sfuggire un suono, a metà tra lo sbuffo e il sospiro.

<< Hai finito? >> chiese lui seccato, dopo qualche minuto di silenzio.

Annuii debolmente, mentre mi giravo. << Scusa. >> borbottai, controvoglia.

Vidi nei suoi occhi lampeggiare un'espressione stupita, ma scomparve così velocemente che, se non l'avessi conosciuto, avrei creduto di essermela immaginata. Evidentemente non erano delle scuse, quelle che si aspettava. Probabilmente aveva pensato che gli avrei chiesto di lasciare la stanza, o che l'avrei fatto io.

Mi tirai dietro l'orecchio una ciocca di capelli sfuggita alla coda di cavallo.

<< Sono stata egoista. Dopotutto sei un Prefetto, era tuo dovere fare ciò che hai fatto; io neanche avrei dovuto chiedertelo, probabilmente. >>

Mi fissò per un lungo momento, ma io non cercai di capire a cosa diamine stesse pensando perché sapevo perfettamente che sarebbe stata fatica sprecata.

<< Stavi correndo il pericolo che ti facesse di nuovo male. >> mi fece notare con tono obiettivo, come se la cosa non lo riguardasse.

<< Nah.. >> scrollai le spalle << Non è così intelligente. >>

Tom si alzò, prese la borsa dalla sedia e fece per uscire. A bloccarlo fu il mio commento all'eccessiva voluminosità della borsa.

<< Sono le informazioni che aveva trovato Dorsey. Me le ha date prima di andare via. >> mi spiegò.

Aggrottai la fronte << E perchè le ha date a te? >>

<< Le ho detto che te le avrei consegnate. >>

Ma, ovviamente, non lo fece, e uscì dalla mia camera da letto.

 

***********

 

Nei giorni successivi si parlò molto di quello che era capitato a Esther Dorsey, ma pochi furono realmente dispiaciuti della sua dipartita.

"Più che lei, ci mancherà il suo davanzale." Aveva commentato Rosier, guadagnandosi una gomitata in pieno stomaco dalla sorella.

Il Natale arrivò più lentamente del previsto, ma con sollievo della mia povera testa che rischiava pericolosamente di andare in surriscaldamento e smettere di funzionare una volta per tutte: Tom mi aveva messa al lavoro sui documenti procurati dalla ragazza espulsa e io, che ero più masochista di quanto fosse sadico lui, ci passavo le intere giornate, arrovellandomici e cercando indizi inesistenti.

Quella mattina mi svegliai un po' prima del solito - ma comunque di buon umore - sapendo che l'apertura dei regali si sarebbe svolta in camera mia, come ogni anno, ma volevo aprire il regalo dei Pevensie per conto mio.

Fui piacevolmente sorpresa quando, aprendolo, vi trovai un orologio da taschino.

All'esterno era semplice ma, aprendolo, si scopriva una fessura trasparente al centro del quadrante, che mostrava parte degli ingranaggi.

Mi resi conto di averlo ammirato fin troppo quando Tom bussò alla porta. Lo richiusi, infilandolo tra le vesti nella valigia. Non mi andava di far pesare ulteriormente al ragazzo il fatto che fossi praticamente l'unica a fargli dei regali.

<< Buon Natale, Tommy! >> cinguettai, aprendo la porta.

Lui si limitò a lanciarmi un'occhiataccia, per poi entrare e sprofondare nella poltrona.

<< Odio il tuo buonumore natalizio. >> grugnì, ancora assonnato.

<< Tu odi tante cose Tom, specialmente se mi riguardando. >> replicai, senza perdere il sorriso.

Rovistai nella valigia, tirandone fuori il regalo per lui, impacchettato con un'allegra carta natalizia decorata con una coccarda di nastro dorato.

Glielo porsi saltellando << Buon Natale! >> dissi ancora.

Lui prese il regalo, quasi controvoglia, e lo guardò con aria schifata << Sul serio? I colori dei Grifondoro? >> chiese scettico.

<< Beh, mica è colpa mia se quelli sono i colori del Natale. >>

<< Altro motivo per cui è da considerare una festività detestabile. >>

<< Buon Natale. >> ripetei ancora, stavolta con tono minaccioso.

Lui sbuffò << Non ho mai capito perché a te piace così tanto, invece. >>

Sorrisi di nuovo e feci una teatrale piroetta sul posto << Perché è Natale! >> assunsi un tono da bimba << E a Natale sono tutti più buono e ci sono tanti colori e si festeggia tutti insieme, con la famiglia e con gli amici, la nascita di Cristo e perché è la festività dei dolci e dei regali. >> elencai, tuffandomi nell'altra poltrona.

Lui alzò gli occhi al cielo << Sembri una ragazzina; fai così tutti gli anni. >>

Ignorai la sua acida considerazione e iniziai a sbattere le mani si braccioli, incitandolo ad aprire il regalo.

<< Scacchi. >> notò dopo averlo aperto.

<< Sacchi magici! >> precisai con tono saccente.

Si rigirò gran parte delle pedine tra le mani, osservandole attentamente << Grazie >> bofonchiò alla fine.

<< Grazie?! Voglio un bacio! >> mi lamentai scherzosamente.

<< Scordatelo. >> rispose lui, naturalmente.

<< Ma è Natale.. >> cercai di convincerlo, invano. Sbuffai, fingendomi offesa e mi alzai, lanciandogli un secondo pacchetto, che lui prese al volo.

<< Cos'è? >> domandò, incuriosito.

<< Te lo manda Kora.. la mia elfa domestica, sai. Ogni tanto le scrivo e quest'anno ha pensato di fare un regalo anche a te. >> spiegai.

<< Le hai raccontato di me? >>

<< Certo che si, sei il mio fratellino preferito. >>

<< Non sono tuo fratello. >> disse, seccato. Ridacchiai senza rispondere.

<< Cos'è? >> chiese ancora. Sbuffai << Un maglione. Lo stai tenendo al contrario, scemo. >>

Mi guardò male al mio appellativo, ma lo mise nel verso giusto.

<< È molto.. verde. >> sentenziò.

<< Beh si deve arrangiare. Non la pagano mica. >> dissi, infilando il regalo che invece aveva fatto a me: uno scalda-collo blu con motivi a fiocchi di neve bianchi.

Tom lo indicò << Sicuramente ci si è impegnata di più. >> constatò, facendomi ridere.

<< Certo che ci si è impegnata di più: sono o no la sua padroncina? >>

Quando scendemmo per colazione mi arrivò un gufo da parte delle sorelle Pevensie, che mi ringraziavano da parte di tutti per i "graditissimi" regali.

Scrissi loro una lettera di risposta, in cui li ringraziavo a mia volta per il meraviglioso orologio. Mi stupii non poco quando mi arrivò un secondo gufo con un pacchetto.

Lessi il biglietto che lo accompagnava e non potei non sorridere.

 "Non è giusto che tu abbia dovuto fare cinque regali e riceverne solo uno.

Ti ringrazio per la torcia: ti sei ricordata che l'avevo dimenticata a Narnia!

Ti auguro un buon Natale,

Edmund.

Ps: Torna presto"

 

 Sorrisi, piacevolmente sorpresa. Io mi ero ricordata la torcia e lui delle mie mani perennemente gelide, regalandomi dei guanti di pelle neri con l'interno rivestito in lana.

 

<< Quindi si chiama Edmund il ragazzo di Em.. >> commentò maliziosa Olivia, seduta accanto a me, sventolando il biglietto.

Avvampai, recuperandolo dalle sue dita << Liv! Ma cosa dici? Quante volte ti devo dire che non è il mio ragazzo? >> ero imbarazzatissima, soprattutto per l'occhiata d'intesa che si lanciò con Druella.

<< Ma come, Lady? Tradisci il capo in questa maniera? >> sghignazzò Cygnus, facendo ridere anche Edgar. Smisero immediatamente quando si accorsero della presenza di Tom alle loro spalle.

Lui non disse loro nulla, assolutamente disinteressato alle loro chiacchiere, lanciò invece a me un'occhiata strana.

Olivia si sporse all'orecchio di Druella, dicendole qualcosa che la fece ridacchiare. Tom mi si avvicinò, chiamandomi.

<< Vieni. >> mi disse.

Lo guardai interrogativa e, alzandomi, recuperai le mie cose dal tavolo.

Salutai rapidamente le ragazze prima di seguire Tom << Dove stiamo andando? >> gli domandai.

<< Il mio regalo è un po'.. problematico. >> rispose.

<< Devo preoccuparmi? >>

<< Dipende da cosa stai pensando che io ti abbia regalato. >>

Alzai gli occhi al cielo e velocizzai il passo, cercando di stargli dietro << Potresti essere meno pragmatico, per cortesia? >>

Come avevo previsto, lui non rispose << Certo che no! >> mi risposi, quindi, da sola << Sarebbe poco coerente con l'immagine tetra e misteriosa che dai di te. Sono fermamente convinta che ci rimarrebbero tutti molto male nello scoprire che in realtà sei un idiota di prima categoria con tendenze comportamentali simili a quelle di un ragazzino di cinque anni. >>

Tom si fermò bruscamente, visibilmente scocciato dal mio sproloquio. Si mise dietro di me, prendendomi per le spalle e spingendomi verso in avanti.

<< Piantala di parlare da sola e cammina. >>

<< Veramente stavo parlando con te, ma probabilmente neanche mi stavi ascoltando, come al solito. >>

<< Purtroppo si, ti stavo ascoltando. Mi sono persino chiesto cosa penserebbero di te i tuoi amici se ti sentissero dar sfoggio a tutta questa acidità. Poi, però, mi sono reso conto che non mi interessa. >>

Feci un verso stizzito << Ti dispiacerà sapere, Tom, che loro già conoscono perfettamente la mia acidità, e l'hanno accettata senza fare storie. >>

Tom borbottò contrariato << Io invece no, eh. >>

Ridacchiai senza replicare.

Mi portò in un'aula vuota, vicino ad un pergolato che recintava uno degli spazi aperti della scuola. Entrati dentro, mi guardai intorno, alla ricerca di qualcosa che potesse somigliare ad un "regalo problematico".

Il ragazzo mi disse di aspettare, sempre con quel suo tono brusco che faceva sembrare ogni sua richiesta un ordine. O probabilmente era davvero inteso come un ordine, ma poco m'importava; ero più che abituata ai suoi contestabili modi di fare.

Tom si avvicinò alla cattedra dall'altra parte della stanza e, piegandosi sulle ginocchia, vi scomparve dietro.

<< Vuoi un mano? >> domandai quando lo sentii soffocare un'imprecazione tra i denti. Sorrisi sorniona quando ricevetti un prevedibile rifiuto alla mia offerta.

Tom Riddle poteva vantare, forse, la miglior faccia da Poker del pianeta, poteva vantare freddezza e misantropia a livelli eccessivi, ma dopo sei anni che lo conoscevo e dopo essere stata scelta da lui stesso come sua confidente - con criteri a me sconosciuti - non poteva pretendere che io non lo conoscessi o capissi almeno un po'.

Riemerse con una scatola di cartone tra le mani e con i pantaloni sporchi di polvere all'altezza delle ginocchia. La scatola non aveva grosse dimensioni, ma neanche piccole: era, più che altro, profonda.

<< Girati. >>mi ordinò, quasi ringhiando. Sospirai, rassegnata ai suoi modi tutt'altro che cavallereschi, e mi voltai in direzione della porta. Mi raggiunse in pochi secondi e appoggiò la scatola su un banco alla mia sinistra.

Mi voltai di nuovo, mettendomi dietro la scatola.

<< Cos'è? >> domandai circospetta, alternando lo sguardo da lui alla scatola e viceversa.

A giudicare dall'espressione che fece, la mia domanda era stata molto stupida.

<< Apri e scoprilo. >>

Poggiai i palmi aperti sul coperchio della scatola, con solennità, come se con quel gesto potessi percepirne il contenuto. Ovviamente non potevo, così avvicinai anche l'orecchio.

All'espressione divertita di Tom, mi raddrizzai, togliendo le mani dal coperchio.

<< Ma tu sei sicuro che posso aprirla? >>

A quella domanda del tutto insensata, il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

<< Per Morgana, Akemi! Apri quella scatola e stai zitta. >> esclamò, esasperato.

Con lentezza estenuante - la verità era che vedere Tom innervosirsi mi divertiva moltissimo - alzai il coperchio del cartone, trovandomi davanti ad una delle ultime cose che mi sarei mai aspettata che Tom mi regalasse.

Boccheggiai, senza riuscire a formulare una frase di effettivo senso compiuto, alla fine optai per un semplice "Oddio".

Il problematico regalo di Tom era accovacciato in un angolo della scatola, non molto differente da una pallina pelosa nera, che mi fissava con degli enormi occhi azzurri.

Coprii il mio sorriso con i palmi delle mani, continuando a fissare il gatto, che decise di miagolare, come per comunicare qualcosa.

Alzai lo sguardo su Tom, che stava infilando le mani della scatola per tirare fuori quel coso minuscolo. Solo quando lo sistemò sul banco, mi azzardai a toccarlo.

<< Ma sei bellissimo. >> sussurrai all'animale quando, grattandolo lievemente dietro l'orecchio, allungò il collo, socchiudendo gli occhi.

<< È femmina. >> specificò Tom.

<< Ce l'ha già un nome? >> gli chiesi.

Tom annuì << Eponine. >>

Sorrisi al chiaro riferimento a uno dei miei libri preferiti, "I Miserabili" << Come Eponine Thenardier. Sai che è il mio personaggio preferito? >>

<< Lo sospettavo: hai sempre avuto un debole per i personaggi infelici. >>

Ridacchiai << In quel libro sono tutti infelici, Tom. >>

<< Touché >> dovette ammettere lui, scrollando le spalle.

<< Non ti facevo un tipo da gatti. >> gli dissi.

<< Infatti. In realtà non è che mi facciano impazzire gli animali, ma trovo che i rettili abbiano un certo fascino. >> disse lui. Mi ritornò alla mente il libro che stava leggendo quando ero arrivata, proprio sui rettili, sorrisi.

<< Sei proprio una Serpe. >> commentai, riferendomi alla sua casata d'appartenenza.

<< Comunque il regalo era per te, e tu mi sembri un tipo da gatto. >> corrucciò la fronte << La puoi tenere al dormitorio? >> mi chiese poi.

Sospirai << No, ma sei fortunato: vado a vivere da Roxanne mentre cerco casa. >>

<< Credevo dovessi aspettare la maggiore età per affittare o comprare casa. >>

<< Infatti. >> risposi, poi sorrisi, soddisfatta << Ho parlato con mio padre e lui ha miracolosamente acconsentito a firmarmi il contratto. Ovviamente dovrò pagare con i miei soldi, ma è una vita che li metto da parte, quindi dovrebbero bastare. Non è che vado a cercarmi chissà quale casa costosa, per quanto mi riguarda anche un monolocale va più che bene. Tra l'altro Ser padre ha accettato anche a consegnami i soldi della dote. >>

<< Hai avuto fortuna. >> commentò Tom, io ridacchiai.

<< La verità è che mio padre è un po' più morbido. Lui non è come mamma, non mi odia così tanto da negarmi le cose per rendermi la vita un inferno: lui mi odia e basta, quindi meno mi vede o sente meglio è, così ha acconsentito e mi ha tolta dalle scatole. >> sospirai << Per quanto riguarda la dote, mi sono stupita che ne avessi una, ma poi ho intuito che, evidentemente, contavano di affibbiarmi a qualche poveretto. Così almeno ho tolto loro il disturbo. >>

Tom annuì << Hai nominato tuo padre, ma Josephine lo sa? >>

Lo guardai mentre osservava Eponine giocherellare con le mie dita e sorrisi << Sicuramente le avrà detto tutto. Ma è comunque lui a occuparsi di affari di questo genere. Di mia madre non me ne frega niente. >>

 

 

 

****Angolo Autore

Eccomi tornata con il nuovo capitolo!

Bene, bene. Che dire? Nello scorso capitolo non appariva per niente Tom.. a volte anche io ho bisogno di una piccola pausa da lui :') 

Vi mancano i Pevensie? Personalmente mi mancano un po', ma bisognerà pazientare. 

Mentre scrivevo questo capitolo, stavo ascoltando le canzoni del musical "Les Miserables" e, arrivata al pezzo del gatto, è stato più forte di me. Non ce l'ho fatta a non chiamarla Eponine che, per inciso, è anche il mio personaggio preferito.

Il terrore che ho avuto, scrivendolo, è stato quello di mandare completamente OOC Tom. In realtà è un terrore che ho sempre, ma in particolare qui.

Okay, credo di aver finito.. se avete qualche dubbio, qualche domanda o volete semplicemente dirmi cosa ne pensate, le recensioni sono apprezzatissime.

Ringrazio, come al solito, tutti i lettori/lettrici (non so perchè ma ho il brutto vizio di dare per scontato che tutti gli utenti di EFP siano femmine xD), specialmente a ukuhlushwa e a Kirlia.

Un bacio, 

Rue :)

  
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