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Autore: AxXx    01/06/2014    3 recensioni
Sono passati molti mesi dalla guerra contro Gea. I sette eroi della profezia sono tornati tutti a casa e i due Campi sono riuniti sotto l'insegna della pace.
Tutto sembra tornato alla normalità, ma un fantasma del passato tornerà a spaventare i nostri eroi, rischiando di sconvolgere la pace appena ritrovata. L'ombra del più antico degli Dei si staglia minacciosa sui campi, scatenando una nuova guerra.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bianca di Angelo, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Bianca - Una Profezia molto inquietante mi riguarda.

 

 

 

 

Ero in un corridoio stretto e umido. Era un posto lugubre e molto scuro, illuminato, appena, da una fila di torce attaccate a dei supporti alle pareti. Sembrava tutto scavato malamente, dato che le pareti stesse somigliavano più a quelle di una caverna che a quelle di un corridoio di un edificio normale. Sembrava davvero una scura segreta.

Percorsi il corridoio fino in fondo, dove vedevo un ragazzo che mi stava di spalle. Indossava un paio di jeans e una maglietta viola, con sopra una tipica armatura romana a fasce metalliche. Non riuscivo a vederlo in faccia, era voltato, e non riuscivo a girargli intorno. Dannati sogni.
Così mi concentrai sulla ragazza prigioniera. Era una sedicenne molto strana. Indossava jeans e un Parka argentato, imbrattato di sangue e fango. I capelli scuri, in stile punk, ormai distrutti e leggermente più lunghi sulla nuca. Era stata ammanettata al muro, i piedi tenuti insieme con una specie di fascetta e la bocca e gli occhi tappati con il nastro adesivo.
Continuava a dimenarsi in un chiaro tentativo di liberarsi, ma le catene erano strette e riusciva a mala pena a muoversi.

“Uno dei Greaccus è in mano nostra. Ne mancano solo tre.” Borbottò il suo aguzzino. Pronunciava la parola graeccus come se fosse un insulto.

Avrei voluto intervenire, ma ero poco più di un fantasma.

All’improvviso, però, mi ritrovai di nuovo su Monte Otri. Era uguale a prima, ma, questa volta, mi pareva di vedere ombre scure che si aggiravano furtive tra le rovine.

“Vieni, Bianca. Ho già preso la prima, tu mi porterai gli altri.” Mi disse la misteriosa voce che continuava a parlare dall’alto del cielo, come se il suo proprietario fosse seduto sulla cima della colonna che Atlante sosteneva.

“Non so chi tu sia, ma io non ti aiuterò!” Ribattei, piccata. Sarò rinata da poco, ma non avrei permesso a nessuno di usarmi come un burattino.

“Che tu lo voglia o no, tu mi aiuterai, piccola mortale.” Rise la divinità, mentre un vortice di vento mi investiva.

 

 

 

Mi alzai di scatto, ansimando per lo spavento.

Dei, che incubi!

Ma tutti i semidei facevano sogni del genere? Stavo cominciando a chiedermi come facessero Percy e i suoi amici a non essere matti per incubi del genere. Sospirai, massaggiandomi la fronte. Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Forse Nico, magari. Lui sarebbe riuscito a spiegarmi qualcosa. Poi chi era la ragazza punk prigioniera? Aveva parlato di altri tre. Quindi erano in tutto quattro, ma chi? Quattro semidei? Cosa voleva da loro e cos’avevano di speciale? E chi era il Romano? Non erano in pace con i greci?  

Mi massaggiai le tempie esasperata, mentre mi guardavo intorno alla ricerca di Nico. Non c’era. Il suo letto era rifatto e sopra era posato un biglietto. Lo presi e lo lessi. La scrittura era ordinata e familiare.

 

 

Buongiorno, Bianca.
Scusa se non ci sarò, al tuo risveglio, ma questa notte non ho dormito bene. Vado negli inferi da nostro padre… o mio e basta, ma non importa. Forse lui saprà dirmi qualcosa riguardo alla tua scomparsa. Non prometto nulla, ma devo indagare. Non preoccuparti, se vuoi allenarti puoi chiedere a Jason o Percy.
Ci vediamo presto.
Nico.

 

 

Be’, almeno stava bene. Non mi piaceva molto il rischio di informare il mio presunto padre, dato che era anche Dio dei morti, ma forse lui poteva davvero darmi una mano a capire che fossi. Solo che avevo assolutamente bisogno di sapere chi fosse la ragazza prigioniera.
Decisi, allora, di andare all’arena. Avevo voglia di allenarmi, magari mi sarei potuta confidare con Percy o con Piper.

Mi vestii, indossando un paio di jeans e la maglietta arancione del campo e afferrai la spada che il giorno prima mi aveva dato Leo e mi avvia verso la porta. Stavo per uscire quando una voce mi chiamò.

“Nico?” Chiese la voce femminile.

Mi voltai verso l’origine del suono: una specie di arcobaleno sospeso a mezz’aria al centro della Casa di Ade. Un messaggio Iride. Dall’altra parte c’era il volto di una giovane dai capelli e la pelle scuri e gli occhi dorati. Sembrava sorpresa di vedermi, ma, subito dopo, la sua espressione mutò in sospetto e anche rancore.

“Oh.” Fece, accigliata. “Sei tu.”

“Che accoglienza.” Mi dissi, notando come quel sei tu era stato tagliente come una spada in bronzo celeste.
“Ciao.” La salutai, cercando di ignorare il disagio. “Io sono… ehm… credo di essere Bianca.”

“Lo so.” Ribatté l’altra sempre più rigida. Sembrava volesse scannerizzarmi le cellule. “Frank mi ha parlato di te. Io sono Hazel, la sorella di Nico.”

Sussultai.

Sorella di Nico.

Non tua sorella.

Sorella di Nico.

Mi sentii avvampare dalla vergogna e dal disagio. Quella ragazza, che ero anche curiosa di conoscere, sembrava volermi tagliare a fettine. L’avevano descritta come una ragazza amichevole, dolce e tranquilla. Mi chiesi fino a che punto, però, questo valesse per me. Probabilmente mi vedeva come un intrusa, una barriera che si era frapposta tra lei e suo fratello. Se Nico fosse stato con me, probabilmente lei sarebbe stata più amichevole.

“Capisco.” Risposi, mestamente, abbassando il capo.

“Dov’è Nico?” Chiese, subito dopo, senza abbandonare la sua espressione crucciata.

“Non c’è.” Risposi, meccanicamente. “Mi ha lasciato scritto che sarebbe andato nell’Ade per parlare con suo padre.”

“Molto bene. Allora aspetterò che torni, ciao.” Ribadì lei.

“Aspetta, Hazel!” Provai a fermarla, ma la ragazza aveva già rotto il contatto del Messaggio Iride.

Sospirai. Che bella riunione tra sorelle. C’erano tutti i presupposti per tagliarsi le vene. Era ovvio che non mi sopportava e non si faceva scrupoli a mostrarlo. Cercai di mettermi nei suoi panni e dovetti pensare che voleva, in qualche modo, tenermi lontana da suo fratello. Non potevo darle torto.
Uscii, cercando di togliermi di dosso la sensazione di avere ancora addosso lo sguardo assassino di Hazel.

Il campo si era appena svegliato. I figli di Apollo stavano facendo una partita a basket. Poco più in là vedevo i figli di Ermes che fissavano con sguardi astuti la Casa di Afrodite, come se volessero fare degli scherzi. Cosa che non mi sorprendeva affatto. I figli di Ares erano impegnati in una rissa gli uni contro gli altri. Mi diressi verso l’arena, ignorando il casino.
Volevo schiarirmi la mente.

Infatti, appena entrai, ero talmente sulle nuvole, che fini addosso a qualcuno.

“Oh Dei, scusami!” Dissi, finendo io stessa a terra.

“Nessun problema.” Grugnì una voce a me familiare. “Solo che non pensavo di finire proprio addosso a te.”

Alzai lo sguardo: era Jack. Mi sentii avvampare senza motivo. Lui si era già alzato e mi tendeva la mano per aiutarmi. Le sue ali si stavano muovendo da sole, liberandosi dalla sabbia in cui era finito.

“Scusa, non mi ero accorta che eri tu.” Dissi, sentendo la mia voce assumere una nota un po’ stridula. Mi sistemai, cercando di riassumere un tono normale.

“Tranquilla. Mi stavo allenando con la spada. Non so perché, ma oggi sono a disagio. I venti sono irrequieti.” Spiegò il figlio di Borea, stringendosi le spalle.

“I venti sono irrequieti? Sembra che tu ci parli, con il vento.” Dissi, osservando i riflessi di ossidiana che il sole formava quando si infrangeva sui suoi capelli.

“Dimentichi di chi sono figlio?” Chiese con un sorrisetto.

“Ah, già.” Borbottai, dandomi dell’ingenua. “Sei figlio di un Dio dei Venti. A proposito, che dicono, di preciso?”

“Magari lo sapessi. Io non li capisco, riesco solo a percepire i loro pensieri. Sembrano preoccupati da qualcosa. Ma non ho capito molto.” Spiegò, accigliato.

“Capisco.” Dissi, rimanendo in un silenzio imbarazzante. Lui non sembrava molto interessato ad allontanarsi e, anche se io volevo allenarmi, non volevo rompere così la conversazione.

“Senti, io ho voglia di allenarmi. Ti va di darmi una mano?” Chiesi, indicando l’arena, pur consapevole che lui stava andando via.

“Perché no? … va bene.” Rispose, annuendo, abbandonando l’espressione accigliata.

“Ti avverto, però. Io sono una frana nella scherma.” Precisai, alzando le mani, in segno di resa.

“Tranquilla, cercherò di trattenere i colpi.” Ribadì, lasciandomi passare per prima con un cenno della mano.

L’arena era un edificio molto ampio e ricordava davvero un arena dell’antica Roma. Con gli spalti a gradinate e la sabbia al centro, anche se, gli spalti erano fatti in legno. Mi posizionai al centro, estraendo la spada in Ferro Nero che sfrigolò emettendo un tenue bagliore violaceo. Jack si mise davanti a me, impugnando una spada di bronzo celeste.

“Di solito preferisco usare la lancia, ma meglio usare spade, per ora.” Spiegò, soppesando la sua arma con attenzione. “Ieri stavi combattendo contro Jason.”

“Stavo perdendo contro Jason.” Precisai, ricordando le sue lezioni basilari. Il figlio di Giove era uno spadaccino eccezionale e non ero riuscita a lanciare più di un fendente.

“Be’, vedremo. Prova ad attaccarmi.” Mi incoraggiò il figlio di Borea, facendo ondeggiare la sua spada.

Lo fissai per un attimo e mi lanciai all’attacco. Non mi aspettavo certo di vincere, ma almeno non volevo farmi battere al primo colpo. Tentai un fendente laterali, ma lui lo parò senza problemi. Affondai, ma nulla, evitò. Usò le ali e mi volò alle spalle. Mi protessi da un suo attacco, ma mi buttò comunque a terra.

“Non vale!” Protestai. “Tu sai volare!”

“Già, scusa… abitudine.” Si giustificò lui, imbarazzato, dandomi una mano a rialzarmi.

Riprendemmo e, a forza di riprovare varie mosse e attacchi, iniziai a memorizzarli e riuscire ad usarli. Non mi batteva più con un solo colpo, ma doveva impegnarsi un po’ di più. Nonostante quello, Jack era evidentemente superiore a me. Doveva essersi allenato un sacco per riuscire a raggiungere quei risultati. Alla fine ci fermammo esausti. Ero un bagno di sudore, ma mi sentivo più leggera. Lui, si mise all’ombra bevendo avidamente.

“Certo che sei brava.” Disse, staccandosi dalla bottiglia. “Non credo avrai bisogno di molte altre ripetizioni.”

Scrollai le spalle: “Ho fatto del mio meglio.”

“Ed è parecchio.” Aggiunse una terza voce. Jason. “Non è da tutti migliorare così velocemente, anche per un Semidio.” Si complimentò, dandomi una pacca sulla spalla. Mi chiesi da quanto tempo ci stesse osservando.

“Come ho detto, ho fatto del mio meglio. Ma grazie, anche a te, Jack che mi hai aiutato.” Risposi, con un sorriso, rivolto al figlio di Borea.

“Di nulla… è stato un piacere.” Disse lui, con gentilezza.

Mentre Jason si allenava con Percy e Piper che sopraggiunsero poco dopo, mi fermai ad osservarli. Piper non era una spadaccina eccezionale, ma se la cavava. Il figlio di Poseidone e di Giove, invece, erano due maestri di spada e lo capivo io che con la spada ero un ignorante.

“Come te la passi, al Campo?” Chiese, Jack ad un certo punto, che si era seduto a terra.

“Mh… abbastanza bene. Mi sento ancora molto spaesata.” Risposi, abbassando la testa, sentendomi avvampare, pensando al breve, ma intenso dialogo con Hazel.

“Menti sapendo di mentire.” Mi canzonò lui, fissandomi. Non sembrava volermi fare pressione.

Sospirai per lo sconforto che tornava a galla e iniziai a raccontarle del dialogo con Hazel, la mia presunta sorella di parte Romana. Di come era sembrata fredda e distaccata nei miei confronti e di come non mi avesse rivolto più di due parole.

Lui si accigliò pensieroso: “Non so molto, dei tuoi fratelli. Nico è sempre molto… misterioso, quando è qui al campo e non gli piace  legare con gli altri. Però è molto vicino a Percy.”

“Grazie… cercherò di parlargli appena lo rivedo.” Risposi, mentre i tre ragazzi finivano l’allenamento.

Jason si sedette accanto a me, con il braccio destro sulla vita di Piper, che gli sorrideva dolcemente. Sembravano una coppia bellissima. Percy, invece, si era appoggiato al muro di separazione tra gli spalti.  

“Ah, a proposito, Jason, Percy, avevo bisogno di parlarvi… ecco perché sono venuta all’Arena.” Dissi, a quel punto, rivolgendomi a loro.

“Ho capito, me ne vado.” Disse, a quel punto Jack, rabbuiandosi di colpo.

“Aspetta, no!” Provai a fermarlo, ma troppo tardi: aveva già spiegato le ali ed era volato via.

“Quel tipo è strano.” Asserì il figlio di Poseidone. “Spesso, se ci sono io o Jason, se ne va… o si agita.”

“Ma io non gli ho fatto nulla.” Protestai sulla difensiva.

“Lascia stare, è apposto, solo che, ogni tanto, è strano. Che ci dovevi dire?” Chiese Jason, sospirando.

“Oh, già, vero… ascoltate, sta’ notte ho fatto un altro sogno.” Iniziai, spiegando tutto il mio sogno.

I due si accigliarono sempre di più, mano a mano che descrivevo la prigioniera, il ragazzo con la maglietta viola e l’armatura romana e della voce che voleva controllarmi.

“Non è possibile.” Protestò Jason. “Mia sorella è una cacciatrice di Artemide! I Romani sono in pace con i Greci e non oserebbero toccarla. Sarebbe un affronto alla divinità.”

“Vi sto solo dicendo quello che ho visto… forse era un ricordo o un sogno e basta.” Mi difesi, inarcando le sopraciglia.

“Non credo sia un sogno e basta. Bianca, i sogni, per i Semidei, sono, quasi sempre visioni o rivelazioni su un futuro prossimo.” Rispose Piper, anche lei molto accigliata e preoccupata.

“Ragazzi, davvero, non voglio fare questi sogni,… sono loro che mi vengono.” Ribattei.

“Questo è certo… ma sono sicuro che, se fosse accaduto qualcosa, le cacciatrici ci avrebbero informato.” Assicurò il Figlio di Poseidone, fiducioso.

“Come mai così sicuro?” Chiese Jason, incrociando le braccia.

“Perché, ormai i rapporti tra Campo mezzosangue e Cacciatrici i è molto rafforzato. Se prima venivano qui solo una volta ogni tanto, adesso capita spesso che vengano alla loro Capanna a riposare.” Spiegò l’amico, sempre pensieroso.

“E se provassimo a contattarla tramite un messaggio Iride?” Proposi, ripensando al modo in cui mi ero messa in contatto con la mia sorella Romana.

“Non sembra una cattiva idea.” Acconsentì la figlia di Afrodite. “Io ci provo.”

Mentre i due si allontanavano per riuscire a inviare in pace, quel messaggio, io rimasi sola con Percy nell’Arena. Mi sentii di nuovo in imbarazzo nel ritrovarmi da sola, con una persona che, bene o male, avevo già conosciuto e non ricordarmi nulla. Avrei voluto parlargli di qualsiasi cosa, anche la più stupida.

“Come ti trovi con Nico?” Chiese, dopo un po’, lui, togliendomi dall’imbarazzo.

“Abbastanza bene.” Risposi, scrollando le spalle. “Non so come prenderlo e ho paura di dire qualcosa di sbagliato.”

“Capisco…”

“Percy… posso farti una domanda?” Chiesi, ad un certo punto.

“Quale?”

“Tu sai perché ho abbandonato Nico… cioè, come mai la Vecchia Bianca lo ha abbandonato?” Mi sentivo male a chiamare me stessa Vecchia Bianca, ma era una verità troppo ovvia: sembravo davvero una pezza, messa lì a posta come sostituta.

“Sinceramente… no Bianca, mi spiace.” Rispose lui con un sospiro. “Non me l’hai mai spiegato veramente. Mi avevi detto che ti fidavi di me perché vi avevo salvato la vita, per questo avevi deciso di lasciare Nico al Campo. Non so dirti altro.”

Abbassai il capo, al limite del pianto. Mi sentivo uno straccio: avevo abbandonato mio fratello in mano ad un gruppo di sconosciuti. Come avevo potuto pensare che non serbasse rancore, per questo. Con il senno di poi, è facile dire di aver sbagliato, ma quanto potevano valere le mie scuse? Pensai a Nico, a quanto si doveva essere sentito abbandonato, quando gli avevano comunicato che ero morta. Doveva essersi sentito tradito e solo. Se solo avessi avuto un po’ più di cervello e un po’ più di pazienza, forse non l’avrei abbandonato.

In quell’istante, però, una macchia scura sorvolò il campo. Non ci avrei fatto caso se da essa non fosse uscito proprio Nico, che precipitò letteralmente al centro dell’Arena.

“Nico!” Lo salutai, sollevata. Dopo quel sogno avevo delle brutte sensazioni.

“Bianca, Percy.” Ci salutò, ripulendosi dalla sabbia dell’Arena.

“Ciao, Nico. Come va’? Dov’eri?” Chiese il figlio di Poseidone, dandogli una mano.

“Ero da Ade. Volevo chiedergli se sapeva qualcosa di Bianca.” Spiegò, massaggiandosi le braccia ancora doloranti per la caduta. Sperai che i miei Viaggi Ombra, in caso li sapessi fare, fossero più comodi.

“hai scoperto qualcosa?” Chiesi, ansiosa di avere conferme ai miei sospetti.

“Nulla… sia Thanatos che Ade erano ugualmente sorpresi di sapere di te. Forse Ade sta fingendo, ma non credo. Per quanto freddo, non ha mai infranto le regole del suo stesso regno. Altrimenti avrebbe fatto rivivere anche la mamma.” Spiegò, dispiaciuto, anche se sospettavo più per se stesso che per me.

“Mi dispiace, Nico.” Sussurrai, poggiandogli una mano sulla spalla. Lui fu scosso da un brivido, come se gli avessi dato la scossa, ma non si ritrasse. Sembrava un buon segno.

“Non preoccuparti… sono certo che si spiegherà tutto.” Mi rassicurò, con un sorriso tirato.

“A, a proposito, Hazel ti ha cercato.” Aggiunsi, ricordandomi di lei.

“Ah… oh, ehm… cosa vi siete dette?” Chiese, improvvisamente nervoso.

“Nulla di che. Lei cercava te. Gli ho detto che non c’eri.” Risposi, meccanicamente, evitando di dire come si era rivolta a me.

“Ok, grazie, la richiamerò appena posso.”concluse Nico.

Anuii. Stavo per andarmene con lui e Percy, quando, sull’entrata apparvero Annabeth e una ragazza dai lunghi capelli rossi e ricci, La carnagione chiara e gli occhi vitrei, come se fosse in trance. Indossava un paio di pantaloncini corti neri e una maglietta arancione del campo, simile a quella che indossavo anche io in quel momento.

“Percy!” Urlò Annabeth, allarmata. “Rachel è diventata stranissima…”

“Cosa? Come mai?” Chiese il figlio di Poseidone, avvicinandosi alle due.

Provò a scuotere la rossa, ma senza successo. Quella continuò imperterrita a camminare fino a fermarsi davanti a me. I suoi occhi inespressivi mi inquietarono. Sentii Nico stringermi la mano come per darmi forze e, dopo alcuni istanti, un fumo verde uscì dalle labbra della ragazza, avvolgendola come le spire di un serpente. Sobbalzai, lanciando uno strillo spaventato, mentre una voce cavernosa e profonda, che poco aveva a che fare con quella ragazza iniziò a parlare usando la sua bocca, quasi fosse posseduta.

Colei che dalla morte è tornata,
Dal Dio antico, verrà dannata.
In tre, per sua causa spariranno
E per questo a tutti gli altri sarà fatto danno.
Verso occidente dovrà viaggiare
Così il Dio vedrà tornare.
Il suo sangue, l’altare del Titano bagnerà
Se alla fine il traditore non fermerà.

Il fumo sparì, la voce si dissolse e la ragazza crollò a terra, come se stesse per svenire. Percy e Annabeth corsero subito a sorreggerla, mentre Nico continuava a spostare il suo sguardo da lei a me. Mi sentivo come se stessi per vomitare. Il mondo iniziò a girare.

“Ragazzi.” Gemette la rossa, sbattendo le palpebre. “Che succede? Stavo parlando con Annabeth, davanti alla Casa Grande. Poi più niente. Lo Spirito Oracolare ha preso di nuovo il controllo?”

“Sì, Rachel.” Rispose, meccanicamente Percy fissando me. “Hai appena enunciato una profezia.”

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo Autore.]
 

Salve, seguitori e seguitrici della storia. Come vedete, dopo il capitolo di passaggio, ecco a voi il prossimo. Questo non è affatto di passaggio, ma è molto importante. Anche il prossimo sarà “di passaggio” a causa di una necessità di trama, ma, dal settimo, preparatevi a vedere un’avventura pericolosissima per la nostra Bianca rediviva.
Ad ogni modo, ecco a voi un bel mistero. Chi è il “Romano”? Chi è la misteriosa prigioniera? Immagino che voi conosciate bene la risposta.
AxXx

 

 

  
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