Bianca
- Una Profezia molto inquietante mi riguarda.
Ero
in un corridoio stretto e umido. Era un posto
lugubre e molto scuro, illuminato, appena, da una fila di torce
attaccate a dei
supporti alle pareti. Sembrava tutto scavato malamente, dato che le
pareti
stesse somigliavano più a quelle di una caverna che a quelle
di un corridoio di
un edificio normale. Sembrava davvero una scura segreta.
Percorsi
il corridoio fino in fondo, dove vedevo un
ragazzo che mi stava di spalle. Indossava un paio di jeans e una
maglietta
viola, con sopra una tipica armatura romana a fasce metalliche. Non
riuscivo a
vederlo in faccia, era voltato, e non riuscivo a girargli intorno.
Dannati
sogni.
Così mi concentrai sulla ragazza prigioniera. Era una
sedicenne molto strana.
Indossava jeans e un Parka argentato, imbrattato di sangue e fango. I
capelli
scuri, in stile punk, ormai distrutti e leggermente
più lunghi sulla
nuca. Era stata ammanettata al muro, i piedi tenuti insieme con una
specie di
fascetta e la bocca e gli occhi tappati con il nastro adesivo.
Continuava a dimenarsi in un chiaro tentativo di liberarsi, ma le
catene erano
strette e riusciva a mala pena a muoversi.
“Uno
dei Greaccus
è in mano nostra. Ne mancano solo tre.”
Borbottò il suo aguzzino. Pronunciava
la parola graeccus come se fosse
un
insulto.
Avrei
voluto intervenire, ma ero poco più di un
fantasma.
All’improvviso,
però, mi ritrovai di nuovo su Monte
Otri. Era uguale a prima, ma, questa volta, mi pareva di vedere ombre
scure che
si aggiravano furtive tra le rovine.
“Vieni,
Bianca. Ho già preso la prima, tu mi porterai gli
altri.”
Mi disse la misteriosa voce che continuava a parlare
dall’alto del cielo, come
se il suo proprietario fosse seduto sulla cima della colonna che
Atlante
sosteneva.
“Non
so chi tu sia, ma io non ti aiuterò!” Ribattei,
piccata. Sarò rinata da poco, ma non avrei permesso a
nessuno di usarmi come un
burattino.
“Che
tu lo voglia o no, tu mi aiuterai, piccola mortale.” Rise
la divinità, mentre un vortice di vento mi investiva.
Mi
alzai di scatto, ansimando per lo spavento.
Dei,
che incubi!
Ma
tutti i semidei facevano sogni del genere? Stavo
cominciando a chiedermi come facessero Percy e i suoi amici a non
essere matti
per incubi del genere. Sospirai, massaggiandomi la fronte. Avevo
bisogno di
parlare con qualcuno. Forse Nico, magari. Lui sarebbe riuscito a
spiegarmi
qualcosa. Poi chi era la ragazza punk prigioniera? Aveva parlato di altri tre. Quindi erano in tutto
quattro, ma chi? Quattro semidei? Cosa voleva da loro e
cos’avevano di
speciale? E chi era il Romano? Non erano in pace con i greci?
Mi
massaggiai le tempie esasperata, mentre mi guardavo
intorno alla ricerca di Nico. Non c’era. Il suo letto era
rifatto e sopra era
posato un biglietto. Lo presi e lo lessi. La scrittura era ordinata e
familiare.
Buongiorno,
Bianca.
Scusa se non ci sarò, al tuo risveglio, ma questa notte non
ho dormito bene.
Vado negli inferi da nostro padre… o mio e basta, ma non
importa. Forse lui
saprà dirmi qualcosa riguardo alla tua scomparsa. Non
prometto nulla, ma devo
indagare. Non preoccuparti, se vuoi allenarti puoi chiedere a Jason o
Percy.
Ci vediamo presto.
Nico.
Be’,
almeno stava bene. Non mi piaceva molto il rischio
di informare il mio presunto padre, dato che era anche Dio dei morti,
ma forse
lui poteva davvero darmi una mano a capire che fossi. Solo che avevo
assolutamente bisogno di sapere chi fosse la ragazza prigioniera.
Decisi, allora, di andare all’arena. Avevo voglia di
allenarmi, magari mi sarei
potuta confidare con Percy o con Piper.
Mi
vestii, indossando un paio di jeans e la maglietta
arancione del campo e afferrai la spada che il giorno prima mi aveva
dato Leo e
mi avvia verso la porta. Stavo per uscire quando una voce mi
chiamò.
“Nico?”
Chiese la voce femminile.
Mi
voltai verso l’origine del suono: una specie di
arcobaleno sospeso a mezz’aria al centro della Casa di Ade.
Un messaggio Iride.
Dall’altra parte c’era il volto di una giovane dai
capelli e la pelle scuri e
gli occhi dorati. Sembrava sorpresa di vedermi, ma, subito dopo, la sua
espressione mutò in sospetto e anche rancore.
“Oh.”
Fece, accigliata. “Sei tu.”
“Che
accoglienza.”
Mi dissi, notando come quel sei tu
era stato tagliente come una
spada in bronzo celeste.
“Ciao.” La salutai, cercando di ignorare il
disagio. “Io sono… ehm… credo di
essere Bianca.”
“Lo
so.” Ribatté l’altra sempre
più rigida. Sembrava
volesse scannerizzarmi le cellule. “Frank mi ha parlato di
te. Io sono Hazel,
la sorella di Nico.”
Sussultai.
Sorella
di Nico.
Non
tua sorella.
Sorella
di Nico.
Mi
sentii avvampare dalla vergogna e dal disagio.
Quella ragazza, che ero anche curiosa di conoscere, sembrava volermi
tagliare a
fettine. L’avevano descritta come una ragazza amichevole,
dolce e tranquilla.
Mi chiesi fino a che punto, però, questo valesse per me.
Probabilmente mi
vedeva come un intrusa, una barriera che si era frapposta tra lei e suo
fratello. Se Nico fosse stato con me, probabilmente lei sarebbe stata
più
amichevole.
“Capisco.”
Risposi, mestamente, abbassando il capo.
“Dov’è
Nico?” Chiese, subito dopo, senza abbandonare la
sua espressione crucciata.
“Non
c’è.” Risposi, meccanicamente.
“Mi ha lasciato
scritto che sarebbe andato nell’Ade per parlare con suo
padre.”
“Molto
bene. Allora aspetterò che torni, ciao.”
Ribadì
lei.
“Aspetta,
Hazel!” Provai a fermarla, ma la ragazza
aveva già rotto il contatto del Messaggio Iride.
Sospirai.
Che bella riunione tra sorelle. C’erano tutti
i presupposti per tagliarsi le vene. Era ovvio che non mi sopportava e
non si
faceva scrupoli a mostrarlo. Cercai di mettermi nei suoi panni e
dovetti
pensare che voleva, in qualche modo, tenermi lontana da suo fratello.
Non
potevo darle torto.
Uscii, cercando di togliermi di dosso la sensazione di avere ancora
addosso lo
sguardo assassino di Hazel.
Il
campo si era appena svegliato. I figli di Apollo
stavano facendo una partita a basket. Poco più in
là vedevo i figli di Ermes
che fissavano con sguardi astuti la Casa di Afrodite, come se volessero
fare
degli scherzi. Cosa che non mi sorprendeva affatto. I figli di Ares
erano
impegnati in una rissa gli uni contro gli altri. Mi diressi verso
l’arena,
ignorando il casino.
Volevo schiarirmi la mente.
Infatti,
appena entrai, ero talmente sulle nuvole, che
fini addosso a qualcuno.
“Oh
Dei, scusami!” Dissi, finendo io stessa a terra.
“Nessun
problema.” Grugnì una voce a me familiare.
“Solo che non pensavo di finire proprio addosso a
te.”
Alzai
lo sguardo: era Jack. Mi sentii avvampare senza
motivo. Lui si era già alzato e mi tendeva la mano per
aiutarmi. Le sue ali si
stavano muovendo da sole, liberandosi dalla sabbia in cui era finito.
“Scusa,
non mi ero accorta che eri tu.” Dissi, sentendo
la mia voce assumere una nota un po’ stridula. Mi sistemai,
cercando di
riassumere un tono normale.
“Tranquilla.
Mi stavo allenando con la spada. Non so
perché, ma oggi sono a disagio. I venti sono
irrequieti.” Spiegò il figlio di
Borea, stringendosi le spalle.
“I
venti sono irrequieti? Sembra che tu ci parli, con
il vento.” Dissi, osservando i riflessi di ossidiana che il
sole formava quando
si infrangeva sui suoi capelli.
“Dimentichi
di chi sono figlio?” Chiese con un
sorrisetto.
“Ah,
già.” Borbottai, dandomi dell’ingenua.
“Sei figlio
di un Dio dei Venti. A proposito, che dicono, di preciso?”
“Magari
lo sapessi. Io non li capisco, riesco solo a
percepire i loro pensieri. Sembrano preoccupati da qualcosa. Ma non ho
capito
molto.” Spiegò, accigliato.
“Capisco.”
Dissi, rimanendo in un silenzio
imbarazzante. Lui non sembrava molto interessato ad allontanarsi e,
anche se io
volevo allenarmi, non volevo rompere così la conversazione.
“Senti,
io ho voglia di allenarmi. Ti va di darmi una
mano?” Chiesi, indicando l’arena, pur consapevole
che lui stava andando via.
“Perché
no? … va bene.” Rispose, annuendo, abbandonando
l’espressione accigliata.
“Ti
avverto, però. Io sono una frana nella scherma.”
Precisai, alzando le mani, in segno di resa.
“Tranquilla,
cercherò di trattenere i colpi.”
Ribadì,
lasciandomi passare per prima con un cenno della mano.
L’arena
era un edificio molto ampio e ricordava davvero
un arena dell’antica Roma. Con gli spalti a gradinate e la
sabbia al centro,
anche se, gli spalti erano fatti in legno. Mi posizionai al centro,
estraendo
la spada in Ferro Nero che sfrigolò emettendo un tenue
bagliore violaceo. Jack
si mise davanti a me, impugnando una spada di bronzo celeste.
“Di
solito preferisco usare la lancia, ma meglio usare
spade, per ora.” Spiegò, soppesando la sua arma
con attenzione. “Ieri stavi
combattendo contro Jason.”
“Stavo
perdendo
contro Jason.” Precisai, ricordando le sue lezioni basilari.
Il figlio di Giove
era uno spadaccino eccezionale e non ero riuscita a lanciare
più di un
fendente.
“Be’,
vedremo. Prova ad attaccarmi.” Mi incoraggiò il
figlio di Borea, facendo ondeggiare la sua spada.
Lo
fissai per un attimo e mi lanciai all’attacco. Non
mi aspettavo certo di vincere, ma almeno non volevo farmi battere al
primo
colpo. Tentai un fendente laterali, ma lui lo parò senza
problemi. Affondai, ma
nulla, evitò. Usò le ali e mi volò
alle spalle. Mi protessi da un suo attacco,
ma mi buttò comunque a terra.
“Non
vale!” Protestai. “Tu sai volare!”
“Già,
scusa… abitudine.” Si giustificò lui,
imbarazzato, dandomi una mano a rialzarmi.
Riprendemmo
e, a forza di riprovare varie mosse e attacchi,
iniziai a memorizzarli e riuscire ad usarli. Non mi batteva
più con un solo
colpo, ma doveva impegnarsi un po’ di più.
Nonostante quello, Jack era
evidentemente superiore a me. Doveva essersi allenato un sacco per
riuscire a
raggiungere quei risultati. Alla fine ci fermammo esausti. Ero un bagno
di
sudore, ma mi sentivo più leggera. Lui, si mise
all’ombra bevendo avidamente.
“Certo
che sei brava.” Disse, staccandosi dalla
bottiglia. “Non credo avrai bisogno di molte altre
ripetizioni.”
Scrollai
le spalle: “Ho fatto del mio meglio.”
“Ed
è parecchio.” Aggiunse una terza voce. Jason.
“Non
è da tutti migliorare così velocemente, anche per
un Semidio.” Si complimentò,
dandomi una pacca sulla spalla. Mi chiesi da quanto tempo ci stesse
osservando.
“Come
ho detto, ho fatto del mio meglio. Ma grazie,
anche a te, Jack che mi hai aiutato.” Risposi, con un
sorriso, rivolto al
figlio di Borea.
“Di
nulla… è stato un piacere.” Disse lui,
con
gentilezza.
Mentre
Jason si allenava con Percy e Piper che
sopraggiunsero poco dopo, mi fermai ad osservarli. Piper non era una
spadaccina
eccezionale, ma se la cavava. Il figlio di Poseidone e di Giove,
invece, erano
due maestri di spada e lo capivo io che con la spada ero un ignorante.
“Come
te la passi, al Campo?” Chiese, Jack ad un certo
punto, che si era seduto a terra.
“Mh…
abbastanza bene. Mi sento ancora molto spaesata.”
Risposi, abbassando la testa, sentendomi avvampare, pensando al breve,
ma
intenso dialogo con Hazel.
“Menti
sapendo di mentire.” Mi canzonò lui, fissandomi.
Non sembrava volermi fare pressione.
Sospirai
per lo sconforto che tornava a galla e iniziai
a raccontarle del dialogo con Hazel, la mia presunta sorella di parte
Romana.
Di come era sembrata fredda e distaccata nei miei confronti e di come
non mi
avesse rivolto più di due parole.
Lui
si accigliò pensieroso: “Non so molto, dei tuoi
fratelli. Nico è sempre molto… misterioso, quando
è qui al campo e non gli
piace legare con
gli altri. Però è molto
vicino a Percy.”
“Grazie…
cercherò di parlargli appena lo rivedo.”
Risposi, mentre i tre ragazzi finivano l’allenamento.
Jason
si sedette accanto a me, con il braccio destro
sulla vita di Piper, che gli sorrideva dolcemente. Sembravano una
coppia
bellissima. Percy, invece, si era appoggiato al muro di separazione tra
gli
spalti.
“Ah,
a proposito, Jason, Percy, avevo bisogno di
parlarvi… ecco perché sono venuta
all’Arena.” Dissi, a quel punto, rivolgendomi
a loro.
“Ho
capito, me ne vado.” Disse, a quel punto Jack,
rabbuiandosi di colpo.
“Aspetta,
no!” Provai a fermarlo, ma troppo tardi:
aveva già spiegato le ali ed era volato via.
“Quel
tipo è strano.” Asserì il figlio di
Poseidone.
“Spesso, se ci sono io o Jason, se ne va… o si
agita.”
“Ma
io non gli ho fatto nulla.” Protestai sulla
difensiva.
“Lascia
stare, è apposto, solo che, ogni tanto, è
strano. Che ci dovevi dire?” Chiese Jason, sospirando.
“Oh,
già, vero… ascoltate, sta’ notte ho
fatto un altro
sogno.” Iniziai, spiegando tutto il mio sogno.
I
due si accigliarono sempre di più, mano a mano che
descrivevo la prigioniera, il ragazzo con la maglietta viola e
l’armatura
romana e della voce che voleva controllarmi.
“Non
è possibile.” Protestò Jason.
“Mia sorella è una
cacciatrice di Artemide! I Romani sono in pace con i Greci e non
oserebbero toccarla.
Sarebbe un affronto alla divinità.”
“Vi
sto solo dicendo quello che ho visto… forse era un
ricordo o un sogno e basta.” Mi difesi, inarcando le
sopraciglia.
“Non
credo sia un sogno e basta. Bianca, i sogni, per i
Semidei, sono, quasi sempre visioni o rivelazioni su un futuro
prossimo.” Rispose
Piper, anche lei molto accigliata e preoccupata.
“Ragazzi,
davvero, non voglio fare questi sogni,… sono
loro che mi vengono.” Ribattei.
“Questo
è certo… ma sono sicuro che, se fosse accaduto
qualcosa, le cacciatrici ci avrebbero informato.”
Assicurò il Figlio di
Poseidone, fiducioso.
“Come
mai così sicuro?” Chiese Jason, incrociando le
braccia.
“Perché,
ormai i rapporti tra Campo mezzosangue e
Cacciatrici i è molto rafforzato. Se prima venivano qui solo
una volta ogni
tanto, adesso capita spesso che vengano alla loro Capanna a
riposare.” Spiegò
l’amico, sempre pensieroso.
“E
se provassimo a contattarla tramite un messaggio
Iride?” Proposi, ripensando al modo in cui mi ero messa in
contatto con la mia
sorella Romana.
“Non
sembra una cattiva idea.” Acconsentì la figlia di
Afrodite. “Io ci provo.”
Mentre
i due si allontanavano per riuscire a inviare in
pace, quel messaggio, io rimasi sola con Percy nell’Arena. Mi
sentii di nuovo
in imbarazzo nel ritrovarmi da sola, con una persona che, bene o male,
avevo
già conosciuto e non ricordarmi nulla. Avrei voluto
parlargli di qualsiasi
cosa, anche la più stupida.
“Come
ti trovi con Nico?” Chiese, dopo un po’, lui,
togliendomi dall’imbarazzo.
“Abbastanza
bene.” Risposi, scrollando le spalle. “Non
so come prenderlo e ho paura di dire qualcosa di sbagliato.”
“Capisco…”
“Percy…
posso farti una domanda?” Chiesi, ad un certo
punto.
“Quale?”
“Tu
sai perché ho abbandonato Nico… cioè,
come mai la Vecchia Bianca lo ha
abbandonato?” Mi
sentivo male a chiamare me stessa Vecchia
Bianca, ma era una verità troppo ovvia: sembravo
davvero una pezza, messa
lì a posta come sostituta.
“Sinceramente…
no Bianca, mi spiace.” Rispose lui con
un sospiro. “Non me l’hai mai spiegato veramente.
Mi avevi detto che ti fidavi
di me perché vi avevo salvato la vita, per questo avevi
deciso di lasciare Nico
al Campo. Non so dirti altro.”
Abbassai
il capo, al limite del pianto. Mi sentivo uno
straccio: avevo abbandonato mio fratello in mano ad un gruppo di
sconosciuti.
Come avevo potuto pensare che non serbasse rancore, per questo. Con il
senno di
poi, è facile dire di aver sbagliato, ma quanto potevano
valere le mie scuse?
Pensai a Nico, a quanto si doveva essere sentito abbandonato, quando
gli
avevano comunicato che ero morta. Doveva essersi sentito tradito e
solo. Se
solo avessi avuto un po’ più di cervello e un
po’ più di pazienza, forse non
l’avrei abbandonato.
In
quell’istante, però, una macchia scura
sorvolò il
campo. Non ci avrei fatto caso se da essa non fosse uscito proprio
Nico, che
precipitò letteralmente al centro dell’Arena.
“Nico!”
Lo salutai, sollevata. Dopo quel sogno avevo
delle brutte sensazioni.
“Bianca,
Percy.” Ci salutò, ripulendosi dalla sabbia
dell’Arena.
“Ciao,
Nico. Come va’? Dov’eri?” Chiese il
figlio di
Poseidone, dandogli una mano.
“Ero
da Ade. Volevo chiedergli se sapeva qualcosa di
Bianca.” Spiegò, massaggiandosi le braccia ancora
doloranti per la caduta.
Sperai che i miei Viaggi Ombra, in caso li sapessi fare, fossero
più comodi.
“hai
scoperto qualcosa?” Chiesi, ansiosa di avere
conferme ai miei sospetti.
“Nulla…
sia Thanatos che Ade erano ugualmente sorpresi
di sapere di te. Forse Ade sta fingendo, ma non credo. Per quanto
freddo, non
ha mai infranto le regole del suo stesso regno. Altrimenti avrebbe
fatto
rivivere anche la mamma.” Spiegò, dispiaciuto,
anche se sospettavo più per se
stesso che per me.
“Mi
dispiace, Nico.” Sussurrai, poggiandogli una mano
sulla spalla. Lui fu scosso da un brivido, come se gli avessi dato la
scossa,
ma non si ritrasse. Sembrava un buon segno.
“Non
preoccuparti… sono certo che si spiegherà
tutto.”
Mi rassicurò, con un sorriso tirato.
“A,
a proposito, Hazel ti ha cercato.” Aggiunsi,
ricordandomi di lei.
“Ah…
oh, ehm… cosa vi siete dette?” Chiese,
improvvisamente nervoso.
“Nulla
di che. Lei cercava te. Gli ho detto che non
c’eri.”
Risposi, meccanicamente, evitando di dire come si era rivolta a me.
“Ok,
grazie, la richiamerò appena posso.”concluse Nico.
Anuii.
Stavo per andarmene con lui e Percy, quando,
sull’entrata apparvero Annabeth e una ragazza dai lunghi
capelli rossi e ricci,
La carnagione chiara e gli occhi vitrei, come se fosse in trance.
Indossava un
paio di pantaloncini corti neri e una maglietta arancione del campo,
simile a
quella che indossavo anche io in quel momento.
“Percy!”
Urlò Annabeth, allarmata. “Rachel è
diventata
stranissima…”
“Cosa?
Come mai?” Chiese il figlio di Poseidone,
avvicinandosi alle due.
Provò
a scuotere la rossa, ma senza successo. Quella
continuò imperterrita a camminare fino a fermarsi davanti a
me. I suoi occhi
inespressivi mi inquietarono. Sentii Nico stringermi la mano come per
darmi
forze e, dopo alcuni istanti, un fumo verde uscì dalle
labbra della ragazza,
avvolgendola come le spire di un serpente. Sobbalzai, lanciando uno
strillo
spaventato, mentre una voce cavernosa e profonda, che poco aveva a che
fare con
quella ragazza iniziò a parlare usando la sua bocca, quasi
fosse posseduta.
Colei
che dalla morte è tornata,
Dal Dio antico, verrà dannata.
In tre, per sua causa spariranno
E per questo a tutti gli altri sarà fatto danno.
Verso occidente dovrà viaggiare
Così il Dio vedrà tornare.
Il suo sangue, l’altare del Titano bagnerà
Se alla fine il traditore non fermerà.
Il
fumo sparì, la voce si dissolse e la ragazza
crollò
a terra, come se stesse per svenire. Percy e Annabeth corsero subito a
sorreggerla, mentre Nico continuava a spostare il suo sguardo da lei a
me. Mi
sentivo come se stessi per vomitare. Il mondo iniziò a
girare.
“Ragazzi.”
Gemette la rossa, sbattendo le palpebre.
“Che succede? Stavo parlando con Annabeth, davanti alla Casa
Grande. Poi più
niente. Lo Spirito Oracolare ha preso di nuovo il controllo?”
“Sì,
Rachel.” Rispose, meccanicamente Percy fissando
me. “Hai appena enunciato una profezia.”
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[Angolo Autore.]
Salve,
seguitori e seguitrici della storia. Come
vedete, dopo il capitolo di passaggio, ecco a voi il prossimo. Questo
non è
affatto di passaggio, ma è molto importante. Anche il
prossimo sarà “di
passaggio” a causa di una necessità di trama, ma,
dal settimo, preparatevi a
vedere un’avventura pericolosissima per la nostra Bianca
rediviva.
Ad ogni modo, ecco a voi un bel mistero. Chi è il
“Romano”? Chi è la misteriosa
prigioniera? Immagino che voi conosciate bene la risposta.
AxXx