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Autore: Placebogirl_Black Stones    01/06/2014    6 recensioni
La scrutò di nuovo da cima a fondo, e stava quasi per lasciarsi andare, quando un particolare attirò la sua attenzione, facendolo tornare in sé.
Gli occhi della ragazza erano rossi.
Come poteva non averlo notato prima? Forse le ombre create dai rami dei salici avevano oscurato quel colore intenso.
Ma non solo.
I piedi della ragazza non toccavano il suolo della riva, bensì lambivano la superficie del lago, quasi come se quest’ultima fosse uno specchio solido.
Sgranò l’unico occhio che gli era rimasto (l’altro lo aveva perso durante uno scontro pochi anni prima), constantando che i dubbi che aveva nutrito da subito verso quella fanciulla erano più che fondati.
Non poteva essere una creatura umana.
** Fanfiction partecipante alla settimana Zonami indetta dal Midori Mikan **
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Z
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La leggenda narra di un luogo incantato...
Lo yaoi era rinchiuso in un anfratto remoto, e veniva aperto raramente e mai per porre la sacra Quarta Spada dentro, o sotto, altri portatori di sciabole.
I mandarini non venivano trafugati da Super Nove ambigue o da cuochi pervertiti, men che meno da capitani senza cervello.
Un luogo in cui archeologhe, goth circondate da fantasmini, pozzi senza fondo in gonnella, manici di scopa quattrocchi o altre non esistevano.
Il rosso maialo prulicava, allegri canti sulla Sacra Quarta Spada allietavano le notti e navigatrici urlanti di piacere erano possedute da spadaccini diabolicamente passionali.
Un regno incantato in cui solo una legge regnava: la legge dello Zonami.
Una landa lontana e indescrivibile per le gioie e le meraviglie che racchiudeva questo e ben altro.
Tutto ciò era, ed è tutt'ora, il... MIDORI MIKAN!!!!!


IL FLAUTO DEL LAGO



Il giovane samurai dal kimono verde petrolio, che si abbinava al verde più chiaro dei suoi capelli, camminava ormai da giorni, diretto alla città di Shimizu. Doveva consegnare una lettera per ordine del suo signore, padrone del territorio di Sewa, e da fedele servitore quale era, non si era mai fermato un momento, giungendo molto vicino alla sua meta. Si trovava, infatti, a poche ore di cammino dalla città, quando giunse in un luogo apparentemente tranquillo vicino al fiume Mogami. Trasmetteva un senso di benessere interiore, con quelle piante che creavano un gioco di ombre sulla superficie limpida del lago, e che donavano frescura sotto le loro fronde. La corrente del fiume, in quel punto, si era allargata fino a formare zone palustri, e i rami flessuosi di alcuni salici ricadevano accarezzando l’acqua con le loro foglie. Stanco per gli interminabili giorni di viaggio, decise di concedersi una breve sosta. Mangiò qualcosa, per poi estrarre il suo inseparabile flauto che teneva legato alla cintola, dalla parte opposta delle spade. Oltre ad essere un abilissimo spadaccino, il migliore di tutti i regni poiché unico in grado di padroneggiare tre spade alla volta, accompagnava da sempre la passione per l’arte della spada a quella per la musica. Non c’era posto dove andasse senza le sue tre spade e il suo flauto. Se lo portò alle labbra, e nell’aria si librò una dolce e serena melodia.  Peccato che gli unici spettatori della sua bravura fossero gli uccelli acquatici in cerca di pesci. Restò a suonare per una buona mezz’ora, fino a quando non sentì di aver recuperato le forze necessarie al proseguimento del viaggio; poi, ripose il flauto e si sistemò nuovamente le katane al fianco, alzandosi in piedi.

Fu allora che vide, a pochi passi da lui, una bellissima fanciulla. Doveva avere un passo davvero leggiadro, per essere sfuggita anche ad un orecchio finissimo come il suo. Aveva i capelli ramati, che splendevano ancor di più grazie ai riflessi che la superficie del lago creava su di loro, e la pelle diafana simile alla neve. Il sorriso che faceva capolino da quelle labbra carnose lasciava trasparire un’infinita dolcezza. Il kimono color porpora ricamato in oro faceva risaltare tutti quei colori, nascondendo con fatica le generose forme della ragazza. Doveva ammettere che era davvero stupenda, di una bellezza più unica che rara.  La vide muovere qualche passo verso di lui, ampliando il sorriso.

 

- Mio signore, la prego, suoni un altro po’! Ѐ bellissima!- gli parlò con voce cristallina.

 

Per quanto fosse bella, c’era qualcosa che non lo convinceva. Cosa ci faceva una fanciulla tutta sola in un posto così? Aveva un sesto senso quando si trattava di cose che non andavano, e anche quella volta decise di fidarsi del suo istinto e di non dare troppa corda alla ragazza.

 

- Da dove vieni? Che ci fai in questo luogo desolato?- le chiese con diffidenza.

- Abito qui vicino- rispose la giovane, senza lasciarsi intimorire - Stavo passeggiando nel mio giardino, quando ho sentito la vostra musica meravigliosa. Vi prego, suonate ancora per me!- lo implorò.

 

Era dura resistere ad una così bella fanciulla che ti supplicava di compiere un gesto così semplice con tanta devozione. Era pur sempre un uomo, e nonostante non fosse mai venuto meno una sola volta ai principi del Bushido, non poteva frenare l’istinto di essere affascinato da belle donne. La scrutò di nuovo da cima a fondo, e stava quasi per lasciarsi andare, quando un particolare attirò la sua attenzione, facendolo tornare in sé.

Gli occhi della ragazza erano rossi.

Come poteva non averlo notato prima? Forse le ombre create dai rami dei salici avevano oscurato quel colore intenso.

Ma non solo.

I piedi della ragazza non toccavano il suolo della riva, bensì lambivano la superficie del lago, quasi come se quest’ultima fosse uno specchio solido.

Sgranò l’unico occhio che gli era rimasto (l’altro lo aveva perso durante uno scontro pochi anni prima), constantando che i dubbi che aveva nutrito da subito verso quella fanciulla erano più che fondati.

Non poteva essere una creatura umana.

Fece qualche passo indietro, per poi voltarsi deciso ad abbandonare quel luogo che di tranquillo aveva solo l’apparenza. La voce della ragazza, però, giunse di nuovo alle sue orecchie come una supplica.

 

- Per favore, suoni nuovamente per me. Mi è capitato raramente di udire melodie così dolci…-

 

Il giovane samurai si mise sulla difensiva, cercando un pretesto per lasciare quel lago maledetto. Non c’erano parole soavi che avrebbero potuto convincerlo a restare un minuto di più.

 

- Mi spiace, non posso suonare per te. Sono in viaggio per ordine del mio signore, e ho già perso troppo tempo a riposarmi. Devo raggiungere al più presto la meta- dichiarò.

 

La ragazza lo afferrò con delicatezza per una delle larghe maniche dello yukata, assumendo un’espressione dispiaciuta.

 

- Avete ragione, mio signore, ma promettetemi che al vostro ritorno verrete di nuovo qui e mi farete ascoltare di nuovo l’incantevole meodia del vostro flauto…- lo pregò.

 

Capì di non avere altra scelta che accettare quella supplica, altrimenti non sarebbe mai riuscito ad andarsene da lì. Così accettò di tornare non appena avrebbe intrapreso il viaggio di ritorno.

 

- Allora vi aspetto, mio signore. Mi raccomando, non deludetemi!- si congedò da lui la fanciulla, scomparendo fra i rami dei salici.

 

Fece un sospiro di sollievo, allontanandosi in fretta. L’andatura veloce gli permise di raggiungere in poco tempo la città di Shimizu, dove portò a termine la sua missione in modo tale da poter tornare al suo paese già dal mattino seguente. Tuttavia, nonostante nella vita non avesse mai infranto una promessa, considerandolo un atto di disonore, non avrebbe tenuto fede a ciò che aveva detto alla ragazza del lago. Non voleva ritrovarsi faccia a faccia con quella creatura, che per quanto lo riguardasse poteva benissimo essere un demone. Decise, dunque, di prendere un’altra strada, lontana dal lago, e insieme ad altri viaggiatori affittò una barca che li avrebbe scortati per un tratto del fiume Mogami. Una volta superato l’aquitrino, avrebbe proseguito il viaggio a piedi. Si era convinto che la ragazza fosse uno spirito della palude, e in quanto tale incapace di lasciare il suo habitat per recarsi al fiume: non sarebbe mai venuta a cercarlo lì. Senza contare il fatto che non era solo. Sicuro del suo piano infallibile, si apprestò a salire sulla barca.

 

 

I viaggiatori conversavano in armonia, e il viaggio sembrava procedere nel migliore dei modi. Era mattino presto, e l’acqua rilasciava una piacevole sensazione di frescura, che più di tutti allietava colui che spingeva la barca. Sorridendo beato, il giovane samurai pensò tra sé e sé che un giorno o l’altro si sarebbe concesso un viaggio di piacere. Dopo tutti i servizi che prestava con il massimo della devozione e della fedeltà al suo signore, si meritava un momento solo per lui.

Chi assorto come lui nei sui pensieri, chi occupato a chiacchierare con altri, nessuno dei presenti si accorse che la barca aveva iniziato a muoversi sempre più lentamente. Qualsiasi sforzo del battelliere, ormai esausto, si rivelava inutile. Alla fine, la barca si fermò, galleggiando al centro del fiume senza spostarsi di un centimetro.

 

- Ma che succede?!- chiese qualcuno, quando finalmente si accorsero del problema.

- Ehi, battelliere! Perché ti sei fermato? Dobbiamo proseguire, abbiamo fretta!- lo incalzò un altro.

 

Con il respiro afffannato, si asciugò il sudore dalla fronte, deglutendo per dare sollievo  alla gola secca.

 

- Mi dispiace, non ce la faccio. Sembra quasi che la barca sia stata inchiodata…- rispose con un filo di voce.

- Ma non possiamo rimanere qui in mezzo all’acqua!- replicò uno dei viaggiatori.

 

Desideroso di soddisfare le richieste dei suoi passeggeri, il pover uomo tentò nuovamente di remare verso la destinazione stabilita, ottenendo però lo stesso risultato di prima. La barca non si mosse. A quel punto, l’inquietudine si fece strada nei viaggiatori, che si lanciavano l’un l’altro occhiate, alla ricerca di una soluzione che non arrivava. Per di più, la corrente del fiume sembrava produrre suoni strani, simili a una voce, un mormorio.

Fu allora che il battelliere ebbe un’illuminazione.

 

- Forse gli spiriti dell’acqua vogliono un’offerta per poterci permettere di passare oltre. Vi prego di gettare in acqua la cosa più preziosa e bella che portate con voi, per omaggiarli- disse, togliendosi una bellissima giacca di seta ricamata e gettandola nel fiume.

 

Subito, la giacca sprofondò sul fondale. Tutti, allora, iniziarono a frugare nelle loro tasche, nelle bisacce, in qualunque luogo potessero trovare un oggetto di valore che soddisfacesse i desideri degli spiriti. Il sacerdote offrì un antico rotolo contente un manoscritto, il contandino donò un sacco pieno di fagioli appena colti, il mercante una moneta d’oro (dalla quale si separò di malavoglia, avaro com’era), una ragazza la spilla di tartaruga che portava fra i capelli e una cantatrice il suo Shamisen*. Ciascuno di questi doni affondò nelle acque del fiume.

Era arrivato il turno del samurai. Aveva riflettuto intensamente, prima di prendere una decisione. C’erano solo due cose che avevano un immenso valore per lui: le sue spade e il suo flauto. In quanto samurai, però, il suo compito era quello di partecipare alle battaglie e proteggere e servire il suo signore: per fare questo era necessario possedere delle spade, non un flauto. Anche se era l’unico ricordo che gli restava di sua madre, dalla quale aveva ereditato la passione per la musica, doveva separarsene, per non venire meno alla fedeltà che da sempre prestava al Bushido. A malincuore, estrasse il suo flauto e lo gettò nell’acqua. A differenza degli altri oggetti offerti, però, questo non sparì nelle profondità del lago ma, al contrario, si sollevò in posizione verticale,  restando immobile per un istante, per poi cominciare a girare intorno alla barca.

Vedendo tutto ciò, i viaggiatori si radunarono in un angolo dell’imbarcazione, allontanandosi spaventati dal samurai, poiché avevano compreso che era a causa sua se gli spiriti del fiume non permettevano loro di proseguire il viaggio.

Al giovane samurai fu subito tutto chiaro, come se un’illuminazione improvvisa lo avesse colto. Tutto quello era opera della ragazza del lago, che era tornata per punirlo poiché non aveva tenuto fede alla promessa fattale il giorno precedente. Doveva essere dotata di poteri davvero straordinari, se riusciva ad estenderli sino al centro del fiume. Si guardò attentamente intorno, fino a quando non scorse in lontananza il luogo in cui aveva incontrato la fanciulla il giorno precendente. Poteva distinguere chiaramente i rami cadenti dei salici, che formavano quasi una coltre protettiva.

Fu allora che la voce del battelliere lo distrasse dai suoi pensieri.

 

- Mio signore, temo che gli spiriti abbiano qualcosa contro di voi, e di certo voi sapete bene di cosa si tratta. Vi devo dunque pregare di lasciare la barca, altrimenti nemmeno a noi sarà concesso di raggiungere la riva-

 

Consapevole del fatto che la salvezza di tutti dipendeva da lui, annuì con un cenno e saltò a piedi pari nell’acqua del fiume.

Si udirono grida di terrore, che presto si tasformarono in esclamazioni di meraviglia: tutti si aspettavano che il samurai venisse inghiottito dalle acque; invece, queste si raccolsero intorno a lui, permettendogli di restarvi in piedi sopra. Era come se la supreficie dell’acqua fosse diventata tutto ad un tratto solida. La cosa non lo stupì, ormai si sarebbe aspettato di tutto. In silenzio, camminò in direzione della palude, scomparendo dietro le fronde dei salici e le piante acquatiche, mentre il suo flauto scivolava sull’acqua dietro di lui. Quando non fu più visibile agli occhi di nessuno, la barca riprese a muoversi come se nulla fosse. L’incantesimo era stato spezzato.

Da quella volta, nessuno seppe più nulla del giovane samurai dal kimono verde.

Si narra, tuttavia, che tra le paludi del fiume Mogami si senta spesso la musica dolce di un flauto. 

E, in particolare nelle notti di luna piena, quando una fitta nebbia ricopre le acque, un soave e armonico suono si innalza fino al cielo.

 

 

* Shaminsen= Lo Shamisen è uno strumento musicale giapponese a tre corde, della famiglia dei liuti, utilizzato per l'accompagnamento durante le rappresentazioni del teatro Kabuki e Bunraku. Il progenitore dello shamisen era il sangen (o san xian in cinese) e proveniva dall'Asia centrale. Esso presentava una cassa rotondeggiante ricoperta di pelle di serpente ed aveva tre corde che venivano pizzicate dalle dita e veniva utilizzato nella musica per il teatro e come accompagnamento di ballate popolari.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  (da Wikipedia.org)

 

ANGOLO AUTORE

Questa storia è tratta da una leggenda popolare giapponese, della quale ho modificato alcune parti aggiungendo pensieri, particolari e descrizioni.

Spero vi sia piaciuta!

Buona settimana zonami!

Baci

Place

 

 

   
 
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