Lo yaoi era rinchiuso in un anfratto remoto, e veniva aperto raramente e mai per porre la sacra Quarta Spada dentro, o sotto, altri portatori di sciabole.
I mandarini non venivano trafugati da Super Nove ambigue o da cuochi pervertiti, men che meno da capitani senza cervello.
Un luogo in cui archeologhe, goth circondate da fantasmini, pozzi senza fondo in gonnella, manici di scopa quattrocchi o altre non esistevano.
Il rosso maialo prulicava, allegri canti sulla Sacra Quarta Spada allietavano le notti e navigatrici urlanti di piacere erano possedute da spadaccini diabolicamente passionali.
Un regno incantato in cui solo una legge regnava: la legge dello Zonami.
Una landa lontana e indescrivibile per le gioie e le meraviglie che racchiudeva questo e ben altro.
Tutto ciò era, ed è tutt'ora, il... MIDORI MIKAN!!!!!
IL
FLAUTO DEL LAGO
Il giovane samurai dal kimono verde petrolio, che si abbinava al verde più chiaro dei suoi capelli, camminava ormai da giorni, diretto alla città di Shimizu. Doveva consegnare una lettera per ordine del suo signore, padrone del territorio di Sewa, e da fedele servitore quale era, non si era mai fermato un momento, giungendo molto vicino alla sua meta. Si trovava, infatti, a poche ore di cammino dalla città, quando giunse in un luogo apparentemente tranquillo vicino al fiume Mogami. Trasmetteva un senso di benessere interiore, con quelle piante che creavano un gioco di ombre sulla superficie limpida del lago, e che donavano frescura sotto le loro fronde. La corrente del fiume, in quel punto, si era allargata fino a formare zone palustri, e i rami flessuosi di alcuni salici ricadevano accarezzando l’acqua con le loro foglie. Stanco per gli interminabili giorni di viaggio, decise di concedersi una breve sosta. Mangiò qualcosa, per poi estrarre il suo inseparabile flauto che teneva legato alla cintola, dalla parte opposta delle spade. Oltre ad essere un abilissimo spadaccino, il migliore di tutti i regni poiché unico in grado di padroneggiare tre spade alla volta, accompagnava da sempre la passione per l’arte della spada a quella per la musica. Non c’era posto dove andasse senza le sue tre spade e il suo flauto. Se lo portò alle labbra, e nell’aria si librò una dolce e serena melodia. Peccato che gli unici spettatori della sua bravura fossero gli uccelli acquatici in cerca di pesci. Restò a suonare per una buona mezz’ora, fino a quando non sentì di aver recuperato le forze necessarie al proseguimento del viaggio; poi, ripose il flauto e si sistemò nuovamente le katane al fianco, alzandosi in piedi.
Fu allora che vide, a pochi passi da lui,
una bellissima fanciulla. Doveva avere un passo davvero leggiadro, per
essere
sfuggita anche ad un orecchio finissimo come il suo. Aveva i capelli
ramati,
che splendevano ancor di più grazie ai riflessi che la
superficie del lago
creava su di loro, e la pelle diafana simile alla neve. Il sorriso che
faceva
capolino da quelle labbra carnose lasciava trasparire
un’infinita dolcezza. Il
kimono color porpora ricamato in oro faceva risaltare tutti quei
colori,
nascondendo con fatica le generose forme della ragazza. Doveva
ammettere che
era davvero stupenda, di una bellezza più unica che rara. La vide muovere qualche
passo verso di lui,
ampliando il sorriso.
- Mio
signore, la prego, suoni un altro po’! Ѐ bellissima!-
gli parlò con voce
cristallina.
Per quanto fosse bella, c’era qualcosa
che non lo convinceva. Cosa ci faceva una fanciulla tutta sola in un
posto
così? Aveva un sesto senso quando si trattava di cose che
non andavano, e anche
quella volta decise di fidarsi del suo istinto e di non dare troppa
corda alla
ragazza.
- Da
dove vieni? Che ci fai in questo luogo desolato?- le chiese
con diffidenza.
- Abito
qui vicino- rispose la giovane, senza lasciarsi intimorire - Stavo passeggiando nel mio giardino,
quando ho sentito la vostra musica meravigliosa. Vi prego, suonate
ancora per
me!- lo implorò.
Era dura resistere ad una così bella
fanciulla che ti supplicava di compiere un gesto così
semplice con tanta
devozione. Era pur sempre un uomo, e nonostante non fosse mai venuto
meno una sola volta ai
principi del
Bushido, non poteva frenare l’istinto di essere affascinato
da belle donne. La
scrutò di nuovo da cima a fondo, e stava quasi per lasciarsi
andare, quando un
particolare attirò la sua attenzione, facendolo tornare in
sé.
Gli occhi della ragazza erano
rossi.
Come poteva non averlo notato
prima? Forse le ombre create dai rami dei salici avevano oscurato quel
colore
intenso.
Ma non solo.
I piedi della ragazza non
toccavano il suolo della riva, bensì lambivano la superficie
del lago, quasi
come se quest’ultima fosse uno specchio solido.
Sgranò l’unico occhio che gli
era rimasto (l’altro lo aveva perso durante uno scontro pochi
anni prima),
constantando che i dubbi che aveva nutrito da subito verso quella
fanciulla
erano più che fondati.
Non poteva essere una creatura
umana.
Fece qualche passo indietro,
per poi voltarsi deciso ad abbandonare quel luogo che di tranquillo
aveva solo
l’apparenza. La voce della ragazza, però, giunse
di nuovo alle sue orecchie
come una supplica.
- Per favore, suoni
nuovamente per me. Mi è capitato raramente di udire
melodie così dolci…-
Il giovane samurai si mise
sulla difensiva, cercando un pretesto per lasciare quel lago maledetto.
Non
c’erano parole soavi che avrebbero potuto convincerlo a
restare un minuto di
più.
- Mi spiace, non posso
suonare per te. Sono in viaggio per ordine del mio
signore, e ho già perso troppo tempo a riposarmi. Devo
raggiungere al più
presto la meta- dichiarò.
La ragazza lo afferrò con
delicatezza per una delle larghe maniche dello yukata, assumendo
un’espressione
dispiaciuta.
- Avete ragione, mio
signore, ma promettetemi che al vostro ritorno
verrete di nuovo qui e mi farete ascoltare di nuovo
l’incantevole meodia del
vostro flauto…- lo pregò.
Capì di non avere altra scelta
che accettare quella supplica, altrimenti non sarebbe mai riuscito ad
andarsene
da lì. Così accettò di tornare non
appena avrebbe intrapreso il viaggio di
ritorno.
- Allora vi aspetto, mio
signore. Mi raccomando, non deludetemi!- si
congedò da lui la fanciulla, scomparendo fra i rami dei
salici.
Fece un sospiro di sollievo,
allontanandosi in fretta. L’andatura veloce gli permise di
raggiungere in poco
tempo la città di Shimizu, dove portò a termine
la sua missione in modo tale da
poter tornare al suo paese già dal mattino seguente.
Tuttavia, nonostante nella
vita non avesse mai infranto una promessa, considerandolo un atto di
disonore,
non avrebbe tenuto fede a ciò che aveva detto alla ragazza
del lago. Non voleva
ritrovarsi faccia a faccia con quella creatura, che per quanto lo
riguardasse
poteva benissimo essere un demone. Decise, dunque, di prendere
un’altra strada,
lontana dal lago, e insieme ad altri viaggiatori affittò una
barca che li
avrebbe scortati per un tratto del fiume Mogami. Una volta superato
l’aquitrino, avrebbe proseguito il viaggio a piedi. Si era
convinto che la
ragazza fosse uno spirito della palude, e in quanto tale incapace di
lasciare
il suo habitat per recarsi al fiume: non sarebbe mai venuta a cercarlo
lì.
Senza contare il fatto che non era solo. Sicuro del suo piano
infallibile, si
apprestò a salire sulla barca.
I viaggiatori conversavano in
armonia, e il viaggio sembrava procedere nel migliore dei modi. Era
mattino
presto, e l’acqua rilasciava una piacevole sensazione di
frescura, che più di
tutti allietava colui che spingeva la barca. Sorridendo beato, il
giovane
samurai pensò tra sé e sé che un
giorno o l’altro si sarebbe concesso un
viaggio di piacere. Dopo tutti i servizi che prestava con il massimo
della
devozione e della fedeltà al suo signore, si meritava un
momento solo per lui.
Chi assorto come lui nei sui
pensieri, chi occupato a chiacchierare con altri, nessuno dei presenti
si
accorse che la barca aveva iniziato a muoversi sempre più
lentamente. Qualsiasi
sforzo del battelliere, ormai esausto, si rivelava inutile. Alla fine,
la barca
si fermò, galleggiando al centro del fiume senza spostarsi
di un centimetro.
- Ma che succede?!-
chiese qualcuno, quando finalmente si accorsero
del problema.
- Ehi, battelliere!
Perché ti sei fermato? Dobbiamo proseguire, abbiamo fretta!-
lo incalzò un altro.
Con il respiro afffannato, si
asciugò il sudore dalla fronte, deglutendo per dare sollievo alla gola secca.
- Mi dispiace, non ce la
faccio. Sembra quasi che la barca sia stata
inchiodata…- rispose con un filo di voce.
- Ma non possiamo
rimanere qui in mezzo all’acqua!-
replicò uno dei
viaggiatori.
Desideroso di soddisfare le
richieste dei suoi passeggeri, il pover uomo tentò
nuovamente di remare verso
la destinazione stabilita, ottenendo però lo stesso
risultato di prima. La
barca non si mosse. A quel punto, l’inquietudine si fece
strada nei
viaggiatori, che si lanciavano l’un l’altro
occhiate, alla ricerca di una
soluzione che non arrivava. Per di più, la corrente del
fiume sembrava produrre
suoni strani, simili a una voce, un mormorio.
Fu allora che il battelliere
ebbe un’illuminazione.
- Forse gli spiriti
dell’acqua vogliono un’offerta per poterci
permettere
di passare oltre. Vi prego di gettare in acqua la cosa più
preziosa e bella che
portate con voi, per omaggiarli- disse, togliendosi una
bellissima giacca
di seta ricamata e gettandola nel fiume.
Subito, la giacca sprofondò
sul fondale. Tutti, allora, iniziarono a frugare nelle loro tasche,
nelle
bisacce, in qualunque luogo potessero trovare un oggetto di valore che
soddisfacesse
i desideri degli spiriti. Il sacerdote offrì un antico
rotolo contente un
manoscritto, il contandino donò un sacco pieno di fagioli
appena colti, il
mercante una moneta d’oro (dalla quale si separò
di malavoglia, avaro com’era),
una ragazza la spilla di tartaruga che portava fra i capelli e una
cantatrice
il suo Shamisen*. Ciascuno di questi doni affondò nelle
acque del fiume.
Era arrivato il turno del
samurai. Aveva riflettuto intensamente, prima di prendere una
decisione.
C’erano solo due cose che avevano un immenso valore per lui:
le sue spade e il
suo flauto. In quanto samurai, però, il suo compito era
quello di partecipare
alle battaglie e proteggere e servire il suo signore: per fare questo
era
necessario possedere delle spade, non un flauto. Anche se era
l’unico ricordo
che gli restava di sua madre, dalla quale aveva ereditato la passione
per la
musica, doveva separarsene, per non venire meno alla fedeltà
che da sempre prestava
al Bushido. A malincuore, estrasse il suo flauto e lo gettò
nell’acqua. A
differenza degli altri oggetti offerti, però, questo non
sparì nelle profondità
del lago ma, al contrario, si sollevò in posizione verticale, restando immobile per un
istante, per poi
cominciare a girare intorno alla barca.
Vedendo tutto ciò, i
viaggiatori si radunarono in un angolo dell’imbarcazione,
allontanandosi
spaventati dal samurai, poiché avevano compreso che era a
causa sua se gli
spiriti del fiume non permettevano loro di proseguire il viaggio.
Al giovane samurai fu subito
tutto chiaro, come se un’illuminazione improvvisa lo avesse
colto. Tutto quello
era opera della ragazza del lago, che era tornata per punirlo
poiché non aveva
tenuto fede alla promessa fattale il giorno precedente. Doveva essere
dotata di
poteri davvero straordinari, se riusciva ad estenderli sino al centro
del
fiume. Si guardò attentamente intorno, fino a quando non
scorse in lontananza
il luogo in cui aveva incontrato la fanciulla il giorno precendente.
Poteva
distinguere chiaramente i rami cadenti dei salici, che formavano quasi
una
coltre protettiva.
Fu allora che la voce del
battelliere lo distrasse dai suoi pensieri.
- Mio signore, temo che
gli spiriti abbiano qualcosa contro di voi, e di
certo voi sapete bene di cosa si tratta. Vi devo dunque pregare di
lasciare la
barca, altrimenti nemmeno a noi sarà concesso di raggiungere
la riva-
Consapevole del fatto che la
salvezza di tutti dipendeva da lui, annuì con un cenno e
saltò a piedi pari
nell’acqua del fiume.
Si udirono grida di terrore,
che presto si tasformarono in esclamazioni di meraviglia: tutti si
aspettavano
che il samurai venisse inghiottito dalle acque; invece, queste si
raccolsero
intorno a lui, permettendogli di restarvi in piedi sopra. Era come se
la
supreficie dell’acqua fosse diventata tutto ad un tratto
solida. La cosa non lo
stupì, ormai si sarebbe aspettato di tutto. In silenzio,
camminò in direzione
della palude, scomparendo dietro le fronde dei salici e le piante
acquatiche,
mentre il suo flauto scivolava sull’acqua dietro di lui.
Quando non fu più
visibile agli occhi di nessuno, la barca riprese a muoversi come se
nulla
fosse. L’incantesimo era stato spezzato.
Da quella volta, nessuno seppe
più nulla del giovane samurai dal kimono verde.
Si narra, tuttavia, che tra le
paludi del fiume Mogami si senta spesso la musica dolce di un flauto.
E, in particolare nelle notti
di luna piena, quando una fitta nebbia ricopre le acque, un soave e
armonico
suono si innalza fino al cielo.
*
Shaminsen= Lo Shamisen è
uno strumento
musicale giapponese a
tre corde, della famiglia dei liuti, utilizzato per
l'accompagnamento durante le rappresentazioni del teatro Kabuki e Bunraku.
Il progenitore
dello shamisen era il sangen (o san
xian in cinese)
e proveniva dall'Asia
centrale. Esso presentava una cassa
rotondeggiante ricoperta di
pelle di serpente ed
aveva tre corde che venivano pizzicate dalle dita e veniva
utilizzato nella musica per il teatro e come accompagnamento di ballate
popolari.
(da Wikipedia.org)
ANGOLO
AUTORE
Questa storia è tratta da una
leggenda popolare giapponese, della quale ho modificato alcune parti
aggiungendo pensieri, particolari e descrizioni.
Spero vi sia piaciuta!
Buona settimana zonami!
Baci
Place