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Autore: Calenzano    01/06/2014    1 recensioni
Keana, intellettuale del distretto 5, introversa e inquieta. Con tanta passione per i grandi ideali quanta sfiducia in sé stessa. E con il tacito desiderio di una sorella minore. Non certo il tributo ideale per i Giochi. Ma quando Capitol City va a colpire nel profondo, non può più permettersi di restare a guardare.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Infatti, quanto alla forza corporea,
il più debole ne ha a sufficienza per uccidere il più forte,
sia ricorrendo a una macchinazione segreta,
sia alleandosi con altri che corrono il suo stesso pericolo.

(T. Hobbes, “Leviatano”)

 

 

Sto vagando per le strade dell'arena come uno zombie. Uno zombie alcolizzato, visto la presenza della bottiglia di liquore. E in effetti in certi momenti barcollo come un'ubriaca, e mi devo appoggiare ai muri per non cadere. Dal fianco si irradiano in tutto il corpo ondate brucianti. Stringo forte nell'illusione di sentire meno male, come facevo da piccola dopo una caduta. Non ho il coraggio di guardare, mi costringo a pensare solo ad andare avanti. Il sole è alto, Codrina si sarà svegliata. Avrà visto il messaggio? Sarà arrabbiata? In ogni caso mi devo sbrigare.

Al malessere si aggiunge l'arsura, ho più volte la tentazione di stappare la bottiglia e mandar giù qualche sorso, ma me lo proibisco, questo alcol ci serve tutto. Al massimo potrò usarne un poco per disinfettare. Lentamente, costeggio il centro città, fino a lasciarmelo alle spalle.
Dài che manca poco. Ma mi devo fermare a riprendere fiato, e lo sguardo mi cade sulla ferita. La maglietta è strappata, e sebbene sul nero non si veda, i pantaloni grigi sono chiazzati di scuro. La pelle è slabbrata, e il sangue sembra inchiostro, lucido e pulsante. Mi gira la testa, e distolgo subito lo sguardo. Cerco di distrarmi riflettendo su quanto sia curiosamente ampio il divario tra il concetto di dolore e la sua sperimentazione tramite i sensi. Potrei scriverci su qualcosa di interessante, penso. Ma ben presto ogni elucubrazione mentale perde consistenza davanti alla sgradevole realtà: fa un male del diavolo. Mi sento sudare freddo per la paura, e se non si fermasse? Se continuasse a scorrere, portandosi via poco a poco le forze, fino a farmi spegnere come un cero? Cerco di scacciare questi pensieri, tamponando alla meglio la ferita. Oggettivamente non è profonda, anche se sanguina un bel po'. Rivedo le zanne luccicanti di saliva dell'Ibrido, e tiro su l'aria tra i denti per lo schifo. Un'altra paura mi assale, quella dell'infezione, della febbre, della morte lenta col sangue avvelenato. La curerò, mi dico confusamente, ora arrivo al cantiere e mi riposo, manca davvero poco.
Ma a un certo punto mi arrendo. Sento di non poter proseguire davvero oltre. Vedo un angolo di una casa crollata un po' riparato, e arranco fin là. Mi riposo un po', e poi proseguo, mi propongo. Più che sedermi frano bruscamente per terra, poi poso la bottiglia e mi lascio scivolare finché non vedo solo il cielo. Va un po' meglio, così distesa, anche se i detriti sotto di me pungono spigolosi. Spero che mio padre abbia avuto il buonsenso di tenere mia madre lontana dalla tv. Poco a poco le fitte si placano, e sfumano in un' invincibile spossatezza.

 

 

La luce è smorzata, sarà sera? Lotto contro il torpore, la testa pesante. Poi mi accorgo di non trovarmi più all'aperto. Sbatto gli occhi, ho la bocca impastata e una gran confusione in mente, e sul momento fatico a capire dove mi trovo. Poi riconosco i muri, con il mio “torno subito” che spicca ormai secco, e capisco di essere nel nostro riparo. “Codri!” Esclamo, la voce rauca, vedendola entrare. “Stai bene?” Mi chiede, in tono neutro.

Mi muovo e ho un sussulto, la pelle tira sgradevolmente sulla ferita. Scosto la maglietta, e, con mia grande sorpresa, lo squarcio è stato pulito e suturato anche se in modo un po' approssimativo, e ha un aspetto molto migliore. “Sì, ma come...?”

“Ti ho aiutato io a venire qui. Quando non ti ho visto sono uscita per cercarti, e ti ho trovata per la strada.” Ora che me lo dice, mi riaffiora qualche flash confuso, credevo fosse stato un sogno. “Ci hanno mandato una medicina.” Aggiunge, indicando una sorta di pomata rigenerante a effetto antibiotico, posata sopra lo zaino. Sul momento non capisco, chi ce l'ha mandata? Poi vedo in un angolo una scatola metallica collegata a un piccolo paracadute floscio, e capisco che Elder deve essersi data da fare con gli sponsor. “Ma i punti? Li hai messi tu?”

“Sì, mia mamma mi ha insegnato come fare.”

Ricordo che la madre di Codrina lavora come paramedico presso l'ospedale della nostra cittadina. E indovino che i genitori della mia amica non devono essere stati estranei a questo invio. “Grazie....” Le dico di cuore, con un vago senso di rimorso al pensiero che non siano benestanti come i miei. Lei annuisce, ma non sorride come al solito. “Quanto tempo è passato?” Le domando.

“Quasi due giorni.”

Accidenti, ho dormito un sacco, penso bevendo un po' d'acqua per scacciare il saporaccio. Per forza mi sento così frastornata. Poi noto delle confezioni di cibo. “E quelle?”

“Le ho prese nell'appartamento di Absinth. Tanto lei è un sacco che non si vede più.”

Ho un soprassalto, e non posso impedirmi di sbottare: “Cavolo, Codrina, ma sei matta?!? Dopo tutto quello che abbiamo detto, mi vai a correre un rischio così?” E, anche se non lo aggiungo, lo penso: per cosa diamine mi sono fatta fare questo sbrano, allora?

Lei si incupisce, e risponde, evitando il mio sguardo: “Anche tu avevi detto che non mi avresti più lasciata da sola, però l'hai fatto. Io avevo paura, non sapevo che fare, e avevo fame. Qualcosa dovevo pur fare, no?” E' la prima volta che la vedo arrabbiata, anche se lo mostra poco, e non posso fare a meno di pensare che ci risentiamo persino allo stesso modo. Pure io di regola trattengo la rabbia finché non esplode, lasciando trapelare solo una sorda irritazione.

Mi tiro su. “Senti, hai ragione. Ma devi capire che non l'ho fatto per il gusto dell'avventura in solitaria.” Mi avvicino, e la guardo diritta negli occhi. “Prima di quella promessa te ne ho fatta un'altra, ricordi? Di fare tutto il possibile per riportarti a casa. Per questo non ti ho detto niente. E perché ti voglio bene con tutto il cuore, e non riesco a sopportare di saperti in pericolo. Scusa.”

Lei rimane zitta, poi solleva gli occhi e annuisce. Ci metto un secondo a capire che mi ha già perdonata, è così dolce e gentile che non credo sappia serbare rancore. La abbraccio dalla parte del fianco sano, e aggiungo con affetto: “Mi butterei nel fuoco per risparmiarti un rischio, Codri.”
Lo dico a beneficio delle telecamere, ma so che è vero, e sento rimorso all'idea di averla lasciata nell'incertezza. Ha comunque dimostrato un sangue freddo invidiabile, penso.

“Allora, è morto qualcun altro in questi due giorni?” Chiedo invitandola a sedersi.

Lei scuote la testa, e così sfuma la speranza che i miei inseguitori siano incappati nell'Ibrido. ”Però è successa una cosa. Quel ragazzo del 4, il junior: l'ho visto andare dai Favoriti.”

Sbigottisco. “Non l'hanno fatto fuori?”

“No, anzi, li ho visti che parlavano.”

Mi si rizzano i capelli all'idea che sia andata così vicina ai Favoriti, ma taccio, e cerco di concentrarmi sulla notizia. “Quindi lui è dalla loro parte. Se l'accordo non comprende anche la sua senior...” Una in meno contro di me, ma uno in più contro Codrina.

Poi le racconto del mio blitz alla Cornucopia, e del piano Molotov. Gli occhi le si dilatano per lo stupore quando arrivo alla pantegana gigante.
“Bisognerà trovare il modo di arrivare a portata delle scorte. Dovremo aspettare che siano in giro per l'arena, sperando di non avere brutte sorprese.” Concludo. Ma quando mi alzo di nuovo e cammino, mi gira la testa. Sono ancora piuttosto debole, e mi chiedo come farò ad affrontare una nuova incursione. Tanto più che fuori il sole picchia come non mai, dobbiamo essere nelle ore più calde. E' giocoforza aspettare che la calura si smorzi. Per fortuna i viveri non ci mancano. Inizio a ripescare dalle tasche le confezioni ammaccate.

 

 

Più tardi, stiamo finendo di mangiare. “Fragole?” Offro, allungandole una vaschetta di quella che sembra una specie di gelatina di frutta, e sorrido al guizzo goloso nel suo sguardo. “Ti piacciono?” Domando incuriosita.

“Sì, un sacco!” Esclama contenta. “Sono il mio frutto preferito.”

Non lo sapevo. Mi fa piacere scoprire qualcosa di più di lei. Una sensazione improvvisa però mi disturba. Mi rendo conto di aver percepito qualcosa dall'esterno. Guardo Codrina, sembra non aver sentito niente. Ma poi il suono si ripete, e stavolta anche lei solleva lo sguardo. Qualunque cosa fosse, pareva piuttosto vicina.
Rapida, afferro lo zaino, e lei raccoglie il cibo e la bottiglia, quindi fa per muoversi verso il ballatoio. Ma io faccio immediatamente segno di no, lassù saremmo pure al sicuro, ma rischieremmo di restare intrappolate, e ci prenderebbero per fame. Ci approssimiamo alle scale, pronte a fuggire. La strada, nella luce abbacinante, pare vuota. Anche gli steli delle erbacce giallastre, cresciute nelle crepe dell'asfalto, sono perfettamente immobili. Poi però una figura arriva veloce, ansante, e riconosco la senior alta del 4. Si guarda intorno frenetica, sembra non sapere dove andare. Da dietro l'angolo uno scalpitìo annuncia la comparsa di Wolwerine, controllato come sempre, ed Hebi, che invece è su di giri come se ciò che sta accadendo non fosse altro che un grande, elettrizzante gioco. La ragazzona scatta e viene diritta verso di noi, ma dall'altra parte stanno sopraggiungendo Retia e il junior dell'1, insieme al loro nuovo alleato. Come immaginavamo, lui l'ha venduta ai Favoriti, in cambio di protezione. Deve essere orribile vedersi traditi così dal proprio compagno di distretto, e per un attimo mi balena il dilemma se aiutarla o meno. Il cuore mi spingerebbe a farlo, ma non posso ignorare che è una senior, e non possiamo uscire entrambe vive di qua. “Non puoi adottare tutti gli sfortunati dell'arena....” Mi sussurra la voce interiore, senza pietà. Sento lo stesso egoistico impulso di sopravvivenza che porta i miei concittadini a guardare altrove di fronte ai soprusi del regime, e anche se mi disgusta non riesco a vincerlo.

Non farei comunque in tempo, dato che la ragazza riesce ad entrare nel cantiere, ma viene rapidamente raggiunta e atterrata, poco sotto di noi. La sento supplicare terrorizzata i Favoriti, ma soprattutto il suo junior, che assiste immobile poco più in là. Retia si fa avanti determinata: “Vi siete divertiti abbastanza, stavolta tocca a me.” Fa cenno agli altri che la tengano ferma, ed estrae il pugnale.

Rapida, faccio cenno a Codrina, e ci allontaniamo dalla rampa di scale. Il nostro rifugio ormai non è più sicuro, dobbiamo allontanarci prima che finiscano, e venga loro in mente di guardarsi intorno. Ci dirigiamo silenziosamente verso la facciata opposta dell'edificio, per fortuna siamo solo al primo piano. Purtroppo non ci sono altre scale, e dobbiamo cercare un modo alternativo di scendere giù. Mentre scavalchiamo il davanzale di una finestra, dietro di noi si alzano le urla agghiaccianti della senior del 4. Non sembrano neppure qualcosa di umano. Cerco con tutte le forze di non pensare a cosa le stia facendo la mia avversaria, e seguo Codrina sul cornicione che corre lungo la facciata esterna. Rischio un nuovo capogiro, e devo stringermi al muro. Con cautela, un piede davanti all'altro, cerchiamo di raggiungere un ponteggio a qualche metro di distanza. Dall'altra parte, le grida arrivano sconnesse, sempre più deboli, ma non cessano, Retia non deve avere fretta. Con la pelle accapponata, arriviamo all'impalcatura dopo diversi minuti, e Codrina comincia a calarsi, quindi salta agilmente a terra. La imito, ma l'impatto con il terreno è una scarica elettrica al fianco dolorante, e mi sfugge un'esclamazione. Per fortuna il colpo di cannone la copre. Da una delle finestre del piano terra intravedo il tributo del 4, sempre fermo nello stesso punto, che distoglie lo sguardo dalla sagoma informe a terra, tra la rena insanguinata. Almeno ha il buon gusto di vergognarsi. Mi impongo di voltarmi, e raggiungo Codrina.
Insieme ci inoltriamo tra le macerie, e rallentiamo il passo solo una volta lontane. Di punto in bianco, Codrina si volge verso di me e mi si stringe, senza parlare né smettere di camminare. “Tranquilla.... E' passata.” Mormoro cingendole le spalle, ma lei si è già ripresa, almeno un po'. “Chissà come lo riaccoglieranno, quello del 4, se torna a casa.” Commento disgustata. Poi mi rendo conto di cosa ho detto, e mi affretto a correggermi. “Bene, adesso li sistemiamo noi. Visto che sono là, noi abbiamo il campo libero. Andiamo a preparargli il bentornato, dai." Esclamo agitando la bottiglia di liquore.




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E.N.P.
Con questa mi farò infamare dai fan del distretto 4. Nessun Odair è stato però sacrificato per realizzare questo capitolo.

Prego? Far fuori tributi va bene, ma questa arena è troppo tranquilla? Provvedo.



 

  
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