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Autore: Euphemia    02/06/2014    1 recensioni
Halloween, la notte degli spiriti. Qual è il modo migliore per festeggiarlo, oltre al classico porta a porta “Dolcetto e Scherzetto”? Un rituale per bambini che, di certo, ai nostri ormai “grandi” Ash, Paul, Drew, Gary e Barry non si adatterebbe per nulla. Dunque cosa c’è di meglio che una prova di coraggio al cimitero di Lavandonia, per festeggiare la notte dedicata alla paura? Tra spaventi, terrori, lapidi, ombre notturne e un pizzico di comicità riusciranno i nostri protagonisti a superare indenni la notte di Halloween più spaventosa che mai?
~
[Dal 6° Capitolo]
"I ragazzi si voltarono verso colui che aveva parlato: un uomo sulla sessantina con un bastone e un paio di occhiali era dietro di loro, e li osservava con sguardo severo.
“Oddio, ci hanno beccati!” esclamò Barry, facendosi prendere dal panico. “Presto, correte! Fingetevi morti!”"
[...]
"“D’accordo. Ma solo perché sei il nipote di Samuel Oak.”
“Che raccomandato…” commentò Ash con un sorrisetto meschino.
“Zitto, cretino!” esclamò Gary con le guance arrossate."
~
[Pokéshipping; Ikarishipping; Contestshipping; Royalshipping; accenni Egoshipping.]
{Avvertenze: per "un pizzico di comicità" non intendevo davvero "un pizzico". Sarà una cosa molto... altamente demenziale.}
Genere: Comico, Demenziale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Barry, Drew, Gary, Paul | Coppie: Ash/Misty, Drew/Vera
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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A trip to the cemetery

in a Halloween night

 


#Parte seconda. 


A Celestopoli vi era, contrariamente che a Lavandonia, aria di festa: vi erano innumerevoli bambini travestiti da mostri, streghe o Pokémon spettro che scorrazzavano per tutta la città raccogliendo dolci dalle case e facendo scherzi alle persone che non regalavano loro nulla. Le voci di questi fanciulli, assieme a quelle dei ragazzi più grandi che si divertivano a passeggiare e a stare insieme e in più a quelle degli adulti che semplicemente chiacchieravano tra loro, risuonavano per le strade, rendendo la città più viva, quella sera. E così, l’aria pungente di quel giorno era in contrasto con l’atmosfera tutt’altro che triste e malinconica.
“Dolcetto o scherzetto?”
Tre bambini avevano bussato all’ennesima porta per poter riscuotere la loro dose di caramelle e cioccolatini: l’uno era vestito da Pikachu, l’altro da fantasma e l’altra ancora da streghetta, che teneva stretto tra le braccia il suo Banette. I primi due avevano allungato in direzione della padrona di casa, che aveva appena aperto, due zucche vuote, all’interno delle quali vi erano dolci leccornie di tutti i tipi, dai leccalecca alle caramelle gommose; era chiaro che volessero che la proprietaria di quella porta contribuisse a riempire le zucche sborsando di tasca propria altri dolcetti.
La giovane, aperta la porta per la dodicesima volta quella sera, li guardava con un sorriso, ma era palese che fosse leggermente seccata da quella storia che si stava ripetendo di continuo. Ma, dopotutto, erano bambini; non poteva di certo mandarli a quel paese come invece avrebbe fatto con qualcun altro – ed ogni riferimento al corvino era puramente casuale.
Aveva dei bei capelli arancioni legati con un elastico blu in un codino rivolto verso l’alto e degli occhi meravigliosi che brillavano come due smeraldi. Il viso era delicato, grazioso come pochi, con una pelle candida, soffice e pulita come la neve pura d’alta montagna. Non era troppo alta, doveva almeno raggiungere il metro e sessantacinque; inoltre, indossava dei pantaloncini di jeans e un maglione giallo fin troppo grande per la sua taglia, oltre che delle scarpe rosse da ginnastica.
“Sì, sì, dolcetto,” fece sorridente, scaraventando una miriade di dolcetti nelle zucche dei bambini.
“Grazie!” risposero questi in coro e, dopo che questi si furono allontanati, chiuse la porta sbuffando, ritornando poi nel salotto dove l’attendevano le altre sue amiche.
La casa di Misty era una delle più eleganti che c’erano, a Celestopoli, e il salotto era l’esatta rappresentazione della raffinatezza della sua famiglia: il pavimento era un parquet di legno pregiato, sopra cui vi era un tappeto dalle mille decorazioni in stile barocco. Le pareti erano ricoperte di una carta da parati secentesca, abbellite poi anche da innumerevoli quadri rappresentanti paesaggi o soggetti umani. Su un mobiletto di legno di quercia, regalatole dal professor Oak in persona, vi erano, in cornici d’argento, le foto della rossa da bambina, delle sue sorelle, di lei e di Ash insieme. Sulla mensola proprio sopra, invece, si stagliavano i molteplici trofei che Daisy, Lily e Violet avevano vinto durante innumerevoli gare di bellezza; e Misty era fiera di tenere, accanto ad essi, i suoi, di trofei, vinti durante molteplici gare Pokémon a cui aveva partecipato dopo che Ash era partito per Hoenn, diversi anni prima.
Nel centro del salotto vi era un tavolino in vetro basso, in mezzo al quale vi era un pizzo bianco e, sopra di esso, un vaso pieno zeppo di fiori di margherite, viole, gigli e papaveri. Attorno ad essi, su tre lati, vi erano ben tre divani in stoffa azzurrina, su cui poggiavano elegantissimi cuscini ricamati a mano con temi floreali.
Infine, un camino di marmo bianco decorato in stile barocco, all’angolo, completava la bellezza di quella stanza.
La ragazza rientrò nel salotto buttando il sacchetto di caramelle sul divano di destra e sedendosi poco più distante. Le sue tre amiche la osservavano, in attesa di continuare la loro bellissima serata all’insegna di pettegolezzi e racconti. Erano tutte e tre sedute: una, sul divano di sinistra, aveva dei capelli castani che arrivavano poco più sopra delle spalle e dei grossi occhi marroni; le altre due, invece, sedute vicine sul divano del centro, avevano l’una capelli color nocciola dalla forma particolare e occhi chiari e brillanti come due zaffiri; l’altra, invece, lunghi e setosi capelli blu ed occhi profondi dal colore delle profondità dell’oceano.
“Scusatemi, ragazze...” Fece sbuffando. “Purtroppo questa sera sarà sempre così. Non vorrei ritrovarmi la casa riempita di uova marce, dato che poi pulire spetterebbe a me in quanto “le mie sorelle non si vorrebbero mai spezzare le unghie con un lavoro così sporco”. Ahh, che mi tocca fare per quelle streghe...”
“Non preoccuparti, Misty!” rispose Lucinda con un grande sorriso sulle labbra. “Non è mica colpa tua!”
“Eh, ma intanto quelle tre teste di Oddish se ne stanno tutte belle a fare il solarium!”
“Uuuh, il solarium? Ma pure io voglio farlo!”
“Ma sai quanto costa?” intervenne Vera portandosi una mano alla bocca.
“E poi è più bella l’abbronzatura naturale!” asserì Elena con un cenno della mano. “Ma, a proposito di solarium... Ma lo sapete che una volta ho beccato Barry farsi le lampade?”
Le altre tre ragazze fecero una faccia stupita, con un sospiro che voleva indicare sorpresa.
“Nooo...” fece la blu, incredula. “Ti prego, racconta!”
La castana si mise una mano sulla guancia, accarezzandosela; dopodiché ridacchiò, ripensando a quella scena che, in un ricordo, doveva essere stata abbastanza divertente. Sapeva che non avrebbe dovuto parlare su una cosa talmente imbarazzante, però l’avrebbe fatto lo stesso per ripicca, perché, come tutte le altre lì presenti, era indignata per l’ignobile comportamento dei ragazzi, e in particolar modo di Barry.
“Stavo tornando a casa dall’allenamento con Grovyle,” cominciò a raccontare con un ghigno sul volto. “quando mi trovai a passare davanti all’abitazione di Barry. Pensai di fargli una sorpresa e di andarlo a trovare, già che c’ero, così bussai alla porta.”
“Sembra un vero e proprio racconto dell’orrore!” la interruppe Lucinda posandosi un dito sulle labbra.
“In un certo senso lo è...” rispose convinta Misty, incrociando le braccia. “Insomma, ma non ti pare un obbrobrio un maschio che si fa le lampade? Senza offesa, eh!”
“Continua, continua!” Vera era talmente curiosa di sentire il seguito che batté le mani e i piedi più volte, con le orecchie tese, per essere attentissima a ogni singola parola.
Dal canto suo, la castana si schiarì la voce, piegandosi in avanti con il busto e scrutando minuziosamente i visi silenziosi e incuriositi delle tre amiche.
“Nessuno venne ad aprirmi.” Continuò con un sussurro. “Pensai che fosse fuori casa. Forse, era andato ad allenarsi, forse era andato a riscuotere il pagamento delle sue solite multe da qualcuno. Me ne sarei andata, se non mi fossi accidentalmente poggiata sulla maniglia della porta, accorgendomi che questa fosse stranamente aperta.”
Un minuto di silenzio seguì quelle parole; la suspense che Elena aveva creato le servì per osservare ogni minimo dettaglio delle espressioni facciali delle tre. Se già sembravano sorprese allora, pensò, sarebbe stata proprio curiosa di vedere le loro reazioni quando sarebbe arrivata alla fine del racconto dell’orrore, la storia più scandalosa di quell’Halloween. Prese un profondo respiro, prima di continuare a narrare i fatti a cui personalmente aveva assistito del tempo prima.
“Entrai in casa sua, con al seguito il mio Grovyle. Chiamai un paio di volte il nome di Barry, ma niente: lui non rispondeva. Non sembrava un avvenimento del tutto normale, considerando che, ogni qualvolta qualcuno bussi alla porta, Barry fa sempre molta attenzione a chiedere la parola d’ordine, prima di aprire.”
“Aspetta, aspetta...” Il racconto fu interrotto per un attimo da Misty, la quale aveva aggrottato un sopracciglio, leggermente interdetta dall’affermazione della castana. “Hai detto... Parola d’ordine?”
“Esattamente.”
“Tipo... Tipo quando i bambini costruiscono le basi segrete e...”
Questa volta non fu un silenzio di suspense, quello che seguì, ma un silenzio imbarazzante. Nessuna delle quattro ragazze sapeva cosa dire, tra cui neanche la stessa fidanzata del giovane. Le altre te, specialmente la rossa, si chiedevano come avesse potuto mettersi insieme a un individuo tanto folle. Una sera gliel’avevano domandato; ma lei, di tutta risposta, aveva sempre cominciato a parlare di quanto fosse iperattivo – accompagnando il racconto con un paio di insulti “affettuosi” –, certo, ma di quanto fosse altrettanto adorabile.  La tenerezza era difficile da comprendere sia per Misty, sia per Vera, sia per Lucinda, che lo conosceva da tempo; de gustibus, avevano concordato tutte e tre con fugaci sguardi d’intesa. Dal canto suo, Elena poteva esserne attratta quanto voleva; ma quando subiva un torto da parte sua, s’indispettiva talmente tanto da combinare un disastro, anche involontario, per l’offesa ricevuta. Quella volta, stava raccontando un episodio altamente imbarazzante; se lo meritava, pensava. Se lo meritava, per averle mentito sul fatto che sarebbe andato a comprarle un dolce regalo a Smeraldopoli e non sarebbe potuto stare con lei per l’intera serata per questo motivo, invece di dirle la verità sulla sua escursione al cimitero. Ovviamente, appena tornato, si sarebbe dovuto fare perdonare con un regalo vero, stavolta.
“E... quale sarebbe questa... Parola d’ordine?” continuò Misty, neanche lei sicura di volerla conoscere.
Un veloce sguardo della castana passò nuovamente sui visi delle tre. Dopodiché, si guardò attorno, come se stesse verificando che nessuno potesse ascoltarle.
“Promettetemi di non dirla a nessuno.” fece, con un sussurro a malapena percettibile.
“Noi?” disse Lucinda. “Noi, secondo te, lo diremmo a qualcuno? Proprio noi, che siamo le tue best?”
“Guarda che ci adombriamo, Elena. Sai?” Vera continuò la frase, scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
“...Dannazione, Elena, è solo la parola d’ordine di un pirla!” Misty allargò le braccia.
“Va bene, va bene... Tenetevi pronte, perché lo dirò solo una volta.”
Le labbra della castana si mossero lentamente per scandire le parole, quasi impercettibili, per quanto il tono di voce era basso. Le altre tre restarono in un silenzio tombale, pur di riuscire ad ascoltare ciò che la giovane Allenatrice stava pronunciando.
“Barry è figo.”
“Ah beh, questione di punti di vista.” La rossa si grattò la nuca. “Allora. ‘Sta parola?”
“...Era questa.”
L’espressione sconcertata di Misty era letteralmente indescrivibile. Non poteva credere che quel che aveva appena udito fosse coincidente alla realtà; a malapena faceva fatica ad accettare il fatto che una persona a parer suo così squilibrata esistesse sul serio. Non poté trattenere la bocca chiusa, che pian piano si aprì, sempre più grande, lasciando sul suo viso una pura espressione di incredulità.
“Non ci posso credere...” sussurrò Vera, anche lei leggermente sconcertata – ma non quanto Misty.
“Sì, ma... Avete promesso di non dirlo a nessuno! Altrimenti poi mi rompe le palle con le sue multe!”
“Fidati di noi!” esclamò Lucinda, che voleva sentire il resto della storia. “Continua!”
“Sono salita al piano di sopra.” La castana riprese il suo racconto, appoggiandosi stavolta allo schienale del sofficissimo divano. “Era tutto in ombra, sembrava che la casa fosse davvero vuota. Stavo per andarmene, richiudendo la porta – e, naturalmente, avrei avvertito Barry – quando una luce che filtrava da sotto una porta attirò la mia attenzione. Mi sono avvicinata, l’ho aperta e...”
Con uno scatto, Elena si adagiò in avanti, battendo le mani per scaricare la tensione che aveva accumulato sulle compagne durante il suo racconto. “Lui era lì, in boxer, in un macchinario assurdo tutto illuminato, in una posa che ricordava quella di un... Un ninja! E non esagero!
Si posò le mani sulle guance, imitando l’espressione facciale simile a quella del soggetto del noto quadro “L’Urlo”, conservato nella capitale della regione di Kalos.
“Dev’essere stata una visione agghiacciante...” asserì la rossa, rabbrividendo. “Se io vedessi Ash in uno stato del genere... Non so, credo che mi metterei a urlare.”
“Per fortuna so che Paul non farebbe mai una cosa di questo tipo...” Lucinda sospirò, quasi appagata da quel suo pensiero tranquillizzante.
Vera, intanto, rimaneva in silenzio, non sapendo cosa aggiungere a ciò che le compagne avevano detto. Il racconto dell’amica era stato pressoché sconcertante, non c’erano dubbi; chissà cosa avrebbe fatto lei, se fosse stata al suo posto. Fortunatamente, Drew non era quel tipo di ragazzo – a dir la verità difficile da trovare – che era Barry; se però quest’ultimo si faceva le lampade – cosa decisamente bizzarra –, Drew era un individuo estremamente vanitoso. Ciò implicava un eccesso di superbia sia per quel che riguardava il suo carattere sia per quel che riguardava il suo aspetto fisico: difatti, non poteva fare a meno di guardarsi come minimo quindici volte al giorno allo specchio. Per non parlare del tempo che impiegava per aggiustarsi: per assurdo, era Vera quella a doverlo continuamente aspettare sotto casa in attesa che fosse pronto per uscire. Credeva che questo lato del verdolino potesse risultare strano, se raccontato a qualcuno: ma l’avvenimento che Elena aveva narrato era riuscito a farle rendere conto della perfetta normalità di Drew, in confronto.
“Ma, a proposito di ragazzi...” la voce di Vera risuonò cristallina tra gli squittii delle altre tre, che ancora discutevano sulla faccenda ‘Barry e le lampade’. “Ancora non riesco a capacitarmi delle loro bugie!”
“Guarda, non dirlo a me...” sospirò la rossa, incrociando le braccia in segno di disapprovazione.  “Quel fesso di Ash ha davvero pensato che mi sarei bevuta la scusa “dell’incarico che doveva necessariamente svolgere questa sera per sua madre”... Perché io sono nata ieri, eh.”
“Almeno a voi hanno detto qualcosa!” piagnucolò la bluetta, sbattendo i pugni sul divano. “Paul non mi ha detto niente di niente!”
“Che ti aspetti da un emo?”
“Ancora con questa storia? Non è un emo! Ti pare che io mi metterei mai con un emo?”
“Intanto l’hai fatto...”
“Suvvia, suvvia, ragazze. Non litighiamo!” intervenne Elena con un cenno della mano, tentando di ristabilire la tranquillità all’interno del salotto. “Non vorrete mica farvi rovinare la serata – ancora una volta – per colpa di quegli ingrati!”
“Certo che no!” un coretto di voci bianche si alzò diffondendosi nella casa, seguito poi da un piccolo risolino di tutte e quattro.
“Molto bene.” Sul volto della castana si fece spazio un largo sorriso – che tentava invano di nascondere la voglia di dare un cazzotto a qualcuno. “E adesso, facciamo qualcosa! Tipo burraco. Bella roba, il burraco. Me l’ha insegnato il professor Oak.”
Improvvisamente gli occhi smeraldini di Misty, illuminati precedente di una misteriosa luce, si fissarono in quelli marroni dell’Allenatrice, socchiudendosi molto lentamente in fessure talmente sottili che Elena non riusciva a capire se riuscisse davvero a vederla attraverso le palpebre o meno.
“...Ma riesci a vedermi?” la castana scosse una mano da destra a sinistra. “...Te l’ha insegnato Brock, questo trucco?”
No.”
“Non te l’ha insegnato lui?”
“Il no era per l’altra cosa.”
“...Ma...”
“Elena. No.”
“...Ma è burraco, è divertente...”
No.”
“...Misty, sei crudele.”
“Ma andiamo, Elena! Non vorresti anche tu...”
La rossa aprì nuovamente gli occhi, scrutando i volti delle tre amiche, incuriosite dalla proposta intuitivamente allettante della giovane  Capopalestra. Unì le mani facendo combaciare con delicatezza le punte delle dita e sorrise; non era un sorriso recante gioia, no. Si trattava di un ghigno tendente al maligno, e le tre amiche lo conoscevano molto bene.
“...vendetta, contro quei vermi? Una vendetta che va oltre il segreto delle lampade di Barry. Una vendetta... Dolce.”
Misty poté chiaramente vedere il volto di Lucinda illuminarsi, mentre univa le mani intrecciando forte le dita tra loro.
“Io ci sto!” affermò la bluetta, persuasa.
“Idem!” Vera fu convinta da quelle parole e applaudì due volte, curiosa di conoscere il piano dell’amica.
“Sono dei vostri. Così avrò l’occasione di picchiare Barry.” Il sorriso sulle labbra della castana era sinceramente inquietante.
“No, no, Elena,” la ammonì la Coordinatrice di Sinnoh. “ricorda: la vendetta è un piatto che va servito freddo!”
“No,” intervenne Misty. “la vendetta è un piatto che va spaccato in fronte ad Ash. Statemi a sentire... Questo sarà il nostro piano...”
 
~ ° ~
 
Barry credeva di aver visto davvero di tutto, nei suoi innumerevoli viaggi in giro per il mondo; aveva visto tantissime creature tutte diverse, da quelle più piccole e apparentemente indifese a quelle più grosse e spaventose. Aveva attraversato sconfinate valli e osservato con i suoi occhi paesaggi talmente estesi da non poterne vedere la fine, montagne altissime dalle punte così aguzze che gli mettevano i brividi, oceani così vasti che gli era impossibile pensare a un eventuale arrivo sulla terraferma nel giro di solo poche ore. Aveva affrontato parecchie difficoltà, ma aveva sempre tenuto la testa alta, con quella solita grinta che lo caratterizzava; non gli era certo facile dimenticare tutte quelle disastrose e pericolose avventure che quasi gli avevano provocato ossa rotte e contusioni inguaribili – e soprattutto, non poteva certo scordarsi di tutte le sue multe disseminate ai secondo lui “colpevoli” di tali pericoli.
Aveva visto tutto, insomma; ma mai, mai una creatura come quella che i suoi occhi arancioni – completamente spalancati – stavano fissando.
Era dietro di lui, grande e grosso; il pelo scuro, che si confondeva con il paesaggio notturno del cimitero, era folto e ispido – talmente tanto che Barry poteva sentire che i peli che sfioravano il suo braccio gli pungevano la pelle. La bocca, fornita di denti più aguzzi delle punte di quelle montagne che il ragazzo aveva visto durante i suoi viaggi, era vicina al suo collo: un fiato gelido, quello che fuoriusciva dalla sua bocca, ancor di più dell’aria che tirava a Nevepoli durante le giornate invernali.
Ma la cosa che più atterriva il biondino erano quegli occhi rossi che lo guardavano nei suoi: occhi penetranti, piccoli, tremendamente spaventosi. Barry poté subito comprendere quel che quello sguardo feroce trasmetteva; e, certamente, non si trattava di benevolenza. 
Un po’ di bava viscida e maleodorante cadde sulla sua manica; ironia della sorte, fu proprio quella la “goccia” che fece traboccare il vaso. 
L’urlo di Barry, così assordante e stridulo, fu la testimonianza dell’infinita riserva d’aria che il multatore avesse nei polmoni. Si alzò di scatto, indietreggiò mettendo impulsivamente le mani di fronte a sé per potersi difendere da eventuali attacchi di quell’essere così terrificante. Era talmente spaventato e impaziente di volersi allontanare da lì che, facendo frenetici passi indietro, non si accorse dello zaino che intralciava la sua fuga, e cadde all’indietro, sbattendo il coccige contro il suolo – che era tutto tranne che morbido. Una smorfia di dolore passò sul suo viso arrossato solo per qualche secondo, prima  di riprendere a urlare dalla paura verso quello che era la creatura più mostruosa che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Voleva alzarsi e scappare via, ma il dolore al fondoschiena glielo impediva; indietreggiò sul suolo strisciando, senza distogliere lo sguardo da quel mostro, attento ad ogni suo singolo movimento. Ringhiava, quella creatura, come avrebbe fatto un Houndoom a cui fosse stato tolto l’osso; ma in confronto – e su questo non c’era alcuna ombra di dubbio – il Pokémon Ombra era un mansueto cagnolino.
Ripresosi dallo shock iniziale qualche secondo dopo, cominciò a strillare verso i suoi compagni chiedendo aiuto, ma solo dopo si accorse delle urla che accompagnavano le sue. Si voltò solo un attimo e poté vedere di sfuggita la situazione dietro di lui: Paul era in piedi ed era indietreggiato di qualche passo, con le mani di fronte a lui in attesa di qualche agguato, e tratteneva il respiro, senza emettere alcun tipo di rumore, mentre osservava a bocca aperta e con un’espressione incredula la scena che gli si parava davanti. Gary era accanto a lui, ma, a differenza sua, non se ne stava zitto, bensì, gesticolando nervosamente, cercava di urlare qualcosa al biondino – qualcosa che non poteva udire, a causa delle sue stesse così assordanti grida. Anche lui, però, era visibilmente spaventato. Aveva poi visto per una frazione di secondo Ash, che, ancora con il bastone con la salsiccia in mano, aveva preso la rincorsa urlando come un forsennato ed era andato a rifugiarsi dietro a un albero poco più lontano, aggrappandosi al tronco e alla corteccia con le unghie.
Barry lo avrebbe multato in seguito, per non averlo neanche minimamente soccorso da quel mostro; ma in quel momento, le multe occupavano un posto più basso rispetto alla salvezza, nella scala delle sue priorità.
“Oddio, oddio, ti prego,” cominciò a balbettare, con il fiato che a malapena gli usciva dalla gola. “ti prego, vattene via, VATTENE!”
Agitò le mani freneticamente, per poter comunicare al mostro di andarsene via; quello, però, di tutta risposta, ruggì ferocemente e iniziò ad avvicinarsi al biondo, mostrandogli i canini aguzzi e la bocca bavosa. Fu quando il mostro, con una  zampa, gli afferrò un piede che Barry cominciò a temere seriamente per la sua vita, aggrappandosi con quanta più forza aveva alla terra, per evitare di farsi trascinare via dalla violenza della creatura. Questa tirava con così tanto vigore che era quasi impossibile per il biondo poter evitare di essere trainato chissà dove; divincolarsi dalla sua presa era altrettanto impossibile, data la rigida e ferrea presa sulla caviglia tremante del giovane.
Il pensiero della sua fine gli attraversò la mente, che riprese a ricordare gli eventi più disparati della sua vita: il suo primo Pokémon, la battaglia alla Lega contro Paul, i suoi allenamenti successivi, le infinite multe, il giorno in cui incontrò Elena, le crisi isteriche che aveva per la maggior parte del tempo, la battaglia contro suo padre, Palmer. Per un attimo ebbe la vista accecata da queste visioni, mentre l’altra zampa artigliata del mostro gli afferrava la maglietta e con uno strattone lo portò proprio di fronte a sé, ringhiandogli in faccia con più potenza.
Barry non poté fermare le lacrime, mentre cercava invano di allontanarsi e di liberarsi dalla stretta della creatura. Tirava pugni, calci, non se ne stava buono neanche un secondo; non voleva morire. Non in quel momento, non così, non da solo
“A... Aiuto... Papà...” sussurrò, venendo nuovamente a contatto con quegli occhi rossi spaventosi.
Un minuto di silenzio ristabilì per poco la quiete, finché una grassa risata non la distrusse nuovamente, facendo voltare tutti verso la sua fonte.
Gary non riusciva a smettere di ridere, di fronte a quella scena così melodrammatica. Si piegò in due, trattenendosi entrambe le mani sulla pancia, mentre continuava a dar sfogo alle sue risate. Sul viso arrossato era dipinta una smorfia di eccessiva ilarità, la quale, a quanto pare, era così tanta da far nascere copiose lacrime negli occhi del giovane.
Nel contempo, gli altri lo fissavano increduli e parecchio disorientati, dando ogni tanto un’occhiata anche a quell’ammasso di pelo che aveva smesso di ruggire e di esercitare forza sul corpo del povero Barry.
La creatura era rimasta immobile, ma avanzò un piccolo sorrisetto su quello che sarebbe dovuto essere il suo terrificante muso. Cominciò a sghignazzare assieme al castano, mollando la presa sulla caviglia del biondino, che, come d’impulso, la ritrasse e si allontanò strisciando, ancora atterrito dall’imponente figura pelosa e dallo shock subìto. I suoi occhi arancioni, spalancati come mai lo erano stati, guardavano i dintorni con orrore e confusione; non riusciva a capire più un accidenti, di quel che stava accadendo. Si limitò solamente ad asciugare le lacrime con la manica della maglietta, in un primo momento; poi, però, sentendo Gary ridere a crepapelle e quel mostro sogghignare, si riprese e guardò tutti i presenti, compresi Paul e Ash, a quanto pare spaesati quanto lui.
“Che- Che cosa significa?!” urlò, stringendo i pugni. “Perché stai ridendo? Perché state ridendo?!”
La domanda del biondo non trovò risposta se non qualche momento dopo, quando Gary fu nuovamente in grado di parlare – o quasi, dato che sembrava non riuscisse a smettere di sbellicarsi.
“Ah, Barry...” cominciò, con le parole interrotte dalle risate. “Ecco, vedi... Diciamo... Diciamo che sei stato trollato alla grande!”
Le lacrime ritornarono a sgorgare dagli occhi azzurrini del castano, il quale, non appena terminata la frase, scoppiò nuovamente a ridere, come non mai. Nel contempo indicò un cespuglio lì vicino, da dietro il quale, dopo qualche instante, spuntò un individuo dalla chioma verde e dalla faccia fin troppo famigliare: anche Drew, come Gary, non faceva che ridere, ma con una nota di eleganza in più. Sotto lo sguardo incredulo di Barry, Ash e Paul, il verde si avvicinò alla creatura pelosa e gli posò una mano sul dorso, mentre con l’altra afferrò una Poké Ball dalla cintura.
“Ma che...?! Drew! Che cavolo ci facevi dietro quel cespuglio?! Perché hai in mano una Poké Ball? Perché stai accarezzando quel coso? Perché quel coso sorride?!”
Drew volse lo sguardo  a Barry, accompagnandolo con un ghigno divertito.
“Il solito maleducato...” sospirò, allontanando la mano dal pelo di quell’essere non ben definito dai poveri tre confusi del gruppo. “‘quel coso’ ha un nome, sai? La tua mancanza di tatto è fin troppo evidente.”
Barry avrebbe voluto gridargli contro qualcosa, e anche pesantemente, viste le circostanze in cui poco prima era stato messo; tuttavia, prima che potesse proferire parola, il verde lo precedette con uno schiocco di dita.
“Ora ritrasformati, Ditto. E non offenderti per le parole di quel cafone.”
Ditto?!”
Ash e Barry non avevano potuto non esclamare il nome del Pokémon, una volta sentito pronunciare dalla voce di Drew. In un baleno, il mostro si illuminò di una tenue luce e modificò la sua forma, rimpicciolendosi sempre di più, fino a diventare una piccola macchia viola informe. Il Ditto pronunciò il suo verso e riprese a sghignazzare, alla vista della faccia a dir poco ridicola del biondo.
“Buon Arceus, è veramente un Ditto!” esclamò Ash, mentre si avvicinava al gruppo e tirava un morso al wurstel infilzato nel bastoncino che teneva in mano.
“La tua perspicacia mi sorprende sempre, Ketchum.” Ghignò il nipote del Professor Oak al corvino. “Comunque vedo che la paura non ti ha tolto l’appetito... Ma credo che quello non se ne andrà mai. Proprio non riesco a capire come abbia fatto uno splendore come Misty a mettersi con uno come te...”
 Il castano continuò a sganasciarsi, mentre faceva segno al Ditto di avvicinarsi a lui e a Drew di passargli la Poké Ball. Di tutta risposta, il corvino, indispettitosi, strinse i pugni e inarcò le sopracciglia con fare indignato.
“Sta’ zitto, Gary! Sei solo invidioso perché Misty manco ti guarda. E ti rode!”
Il castano bloccò di colpo le risate; si voltò in direzione di Ash, prima con una faccia più seria del solito, e poi con un meraviglioso ghigno sulle labbra. Si avvicinò al corvino molto lentamente, per poi fermarsi proprio di fronte a lui, mentre lo guardava dall’alto in basso con i suoi penetranti occhi color ghiaccio.
“Ancora un po’ e si renderà conto di quanto tu sia spregevole, Ketchum. E poi vedi come verrà correndo da me! Perché io sono Gary Oak. E sono un figo, a differenza tua che sei un mangione!”
“Io non sono un mangione!”
Così dicendo, Ash sputò accidentalmente un piccolo pezzo di salsiccia sulla maglietta di Gary, il quale, schifato, se la levò di dosso con un rapido gesto della mano.
“Ma che schifo! Ketchum! Contieniti, per grazia divina! Ma ti hanno insegnato l’educazione? O tuo padre era proprio come te? Uno Swinub?”
“Non ti permettere!”
“Tuo padre era uno Swinub!”
ZITTI!”
La voce stridula di Barry fece smettere il litigio tra i due storici rivali e fece voltare tutti verso la sua direzione.
Il multatore fissava i compagni uno a uno con uno sguardo carico di collera e quasi sembrava voler ringhiare a ciascuno dei presenti, ugualmente a un Poochyena a cui avevano tirato la coda. Stringeva i denti e i pugni come se volesse trattenere la sua rabbia, ma per poco, dato il carattere tremendamente isterico  che lo contraddistingueva. Difatti, qualche attimo dopo, si alzò in piedi di scatto, come se sotto il suo di dietro ci fosse stata una molla, e cominciò ad additare a turno tutti quanti, mentre si spolmonava tirando fuori tutto e di più.
“Come avete osato?! Come?! A me, poi! Il grande Barry Thunder! Io vi multo! Prendermi in giro in questa maniera! Stavo per avere un collasso! E poi le cure mediche chi me le pagava, eh?! EH?! Vi multo, capito?! VI MULTO! Vi faccio una multa così salata che non riuscirete mai a saldarla, nemmeno se mi trovate il relitto del Titanic! VI MULTO TUTTI!”
“Quanto la fai lunga, Thunder...” fece Gary, chinandosi a raccogliere il Ditto da terra.
“Zitto tu! Che non hai neanche la ragazza!”
“Vai a fare in culo, Thunder!”
“Questo linguaggio scurrile ti aiuterà solo ad aumentare il prezzo della multa, antipatico! Ah, e il Ditto non è escluso dal pagamento! Sono adombrato anche con lui!”
“Questo Ditto ha più fegato di te...” intervenne Drew.
Il verde si scostò una ciocca di capelli, prima di passare con un elegante gesto la Poké Ball del Mutante  a Gary, il quale l’afferrò al volo e l’avvicinò a Ditto, dopo averlo accarezzato un po’ sulla testa.
“Tranquillo, Ditto.” Sussurrò con un sorriso, mentre lo riponeva nella Poké Ball. “Tornerai dal nonno sano e salvo. Senza che questo scemo ti mischi la sua idiozia.”
“Zitti, zitti!” esclamò il biondino agitando i pugni per aria. “Ash! Multo anche te!”
“Perché?! Io non c’entravo niente!”
“Tu ti sei rifugiato dietro l’albero invece di soccorrermi!”
“E Paul, allora?”
“Paul è troppo figo per essere multato!”
Il viola, dal canto suo, aveva osservato impassibile tutta la scena. Quando si era accorto della messa in scena da parte di Drew e Gary, non aveva potuto far altro che pensare alla stupidità di tutta quella situazione. Adesso che vedeva Barry urlare come un dannato le sue abituali cose insensate, il pensiero dell’idiozia si fece sempre più forte. Come al solito, il multatore si stava dimostrando il consueto fesso.
“I soliti idioti...” Non poté che mormorare, con un profondo sospiro.
“Ad ogni modo...” riprese Drew, attirando l’attenzione di tutti. “Se magari Barry ha finito di fare le sue solite multe...”
“Guardate che vi devo ancora dare i foglietti.”
“Bene, dicevo. Mentre organizzavo lo scherzo per lo stupido Barry, mi sono addentrato un po’ più in là nel cimitero. E ho trovato qualcosa che potrebbe interessarvi parecchio...” 
Il verde scoccò uno sguardo a Gary, che tutt’a un tratto si illuminò. Dopo aver riposto la Poké Ball nella borsa, congiunse entrambe le mani e si avvicinò a Drew di qualche passo.
“Vorresti dire...” cominciò. “Vorresti dire che... L’hai trovata?”
Drew annuì e incrociò le braccia, dopodiché indicò, con un piccolo movimento della testa, la direzione verso cui Gary avrebbe dovuto procedere se avesse voluto vedere ciò che il verde aveva precedentemente scoperto.
“Certo. Ne sono più che sicuro. È proprio lì...”
“Cos’è, un altro scherzo?!” sbuffò il biondino, che non stava capendo assolutamente nulla della conversazione tra i due.
Non appena le parole di Barry giunsero all’orecchio di Gary, quest’ultimo si voltò, sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisetti – un suo vanto, a dirla tutta, che attirava tantissime ragazze, ma non l’unica che davvero gli interessava.
“Oh no, caro Thunder... Gli scherzi sono finiti.”
Il castano passò il suo sguardo su Barry, Ash e Paul, poi osservò la direzione che Drew gli aveva indicato. Era emozionato, all’idea di poter contemplare con i suoi occhi qualcosa per la quale aveva passato intere giornate a fare ricerche di ogni tipo; inoltre, finalmente avrebbe potuto osservare chiaramente se la leggenda che suo nonno gli raccontava da piccolo fosse verità o menzogna. Gary si passò la lingua sulle labbra, prima di incrociare le braccia e di completare quello che aveva da dire.
“Ciò di cui parla Drew è il motivo per cui noi stanotte siamo qui.”





Angolo zuccheroso di Euphy ~

Salve, gente!
Sì. Lo so che non aggiornavo da Ottobre... Colpa della scuola. Ho abbandonato EFP per un po’, in effetti... Ho solo aggiornato un po’ Enemies, ma nulla di più. Mi dispiace tanto tanto. *si prostra ai piedi dei lettori e degli autori*
Che poi ci si mette pure il modem che si sta pian piano distruggendo con un virus del piffero e che quindi non posso usare, ma ok. Vai così, Euphy. Convinta.
Comunque. Mi scuso ancora per essere in questo spaventosissimo ritardo. Spero di avere tempo quest’estate per rimediare... E spero soprattutto di poter continuare a scrivere questa FanFiction con tranquillità, senza rotture di palle... Perché ci tengo proprio tanto, è una delle Fic che mi piacciono di più, tra quelle che ho scritto. <3
A proposito del capitolo! Mi è uscito più lungo del solito... Pensavo di poterlo fare più corto, e invece è venuto ben dieci pagine di Word. Oh God... Spero non sia stato un mattone pesante da digerire!
Ho finalmente inserito le ragazze... Ho cercato di renderle il meglio possibile. Pensate che ho fatto un enorme sforzo anche per la mia OC, per mantenerla IC. Sì, perché sono così tanto una frana da essere anche capace di far andare un mio OC OOC. Sarà il periodo del cambio di stagione che mi fa stare così rinco...
Mi sono divertita un sacco con Misty, e poi... Quella cosa delle lampade non so da dove mi è uscita, sinceramente. È stato un momento di sclero spaventoso, ahahah
Spero che la mia OC possa essere apprezzata, in qualche modo. So perfettamente di non aver avuto occasione per presentarla un po’ di più, così da poter far comprendere meglio il carattere al lettore, però... Insomma, ce l’ho messa tutta davvero tanto. È la prima volta che faccio apparire un mio OC in una mia FanFiction pubblicata. E questo è il mio primo OC che ha una vita di... tipo sei o sette anni, quindi, ripeto, ci tengo tanto tanto. <3
A parte ciò... Anche con i ragazzi mi sono impegnata molto a renderli IC. Nel primo capitolo, la cara Giandra mi aveva effettivamente segnalato Drew, che mi era venuto un po’ OOC – e lo riconosco; per me Drew è un parto. Non so perché, lui è il più difficile da rendere IC, per me. Però in questo capitolo mi sono messa sotto e ho tentato di farlo IC, quindi... A voi i pareri e i consigli!
Inutile dire che pure con loro, comunque, mi sono divertita e ho sclerato assai. “Tuo padre era uno Swinub” non so da dove mi è venuta, sono scoppiata a ridere come una deficiente, ahahah
Però sono stata troppo stronza con Gary, dai. Mi è dispiaciuto troppo. Non ha la ragazza, eheheheheh (Manco tu ce l’hai un fidanzato, quindi taci. n.d.Gary) (Stai zitto. n.d. Euphy)
E... Mi sa tanto che questa long verrà un po’ più lunghetta di tre capitoli. Non riesco a fare tutto nel prossimo capitolo... E ho già in progetto che sarà un bel po’ più corto, di questo. Altrimenti, che cavolo, uno si rompe a leggere cose così lunghe!
E niente, pure quest’angolino dell’autrice sta diventando una stanza *badabum tss* (no Euphy, no) e mi ritiro.
A voi commenti e consigli! Se volete segnalarmi qualcosa, io son qui ad ascoltarvi. Perché è grazie a voi se riesco a migliorare. <3
Alla prossima,
Euphy <3
  
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