MIDORI MIKAN.
MIDORI= verde.
MIKAN= madarino.
MIDORI MIKAN= mandarino verde.
Mandarino verde.
Verde= Zoro.
Mandarino= Nami.
Mandarino verde= Zoro & Nami.
Zoro & Nami.
Zoro= si perde sempre.
Nami= è una navigattrice.
Zoro & Nami= coppia perfetta.
Il ragionamento fila, e perchè tu non fili a visitare il MIDORI MIKAN?!?!?!?
JUUCHI FUYU: LA
LEGGENDA DELLA
SPADA MALEDETTA
Ancora
un’ora di viaggio, e avrebbero finalmente raggiunto la
prossima isola.
Non
era
solito attendere con ansia lo sbarco, come faceva invece il suo
capitano:
preferiva continuare a dormire, allenarsi, o fare qualunque cosa stesse
facendo, in attesa di ricevere ordini per ammainare le vele o gettare
l’ancora.
Per
lui
un’avventura valeva l’altra, viveva alla giornata
senza aspettarsi nulla.
Quella
volta, però, la voglia di raggiungere al più
presto la meta si era insidiata in
lui, soprattutto dopo ciò che Robin aveva raccontato loro di
quell’isola.
Non
era
difficile pensare il perché fosse tanto preso, dal momento
che c’erano solo due
cose che lo interessavano da vicino: le spade e l’alcol.
Per
il secondo
non faceva preferenze, qualsiasi cosa avesse anche solo un retrogusto
liquoroso
scendeva lungo la sua gola come un fiume in piena; dalle spade, invece,
voleva
solo il meglio.
Non
poteva
permettersi di maneggiare armi mediocri, perché la forza che
esercitava nel
loro utilizzo le avrebbe spezzate come oggetti di terracotta.
Lo
stesso
valeva per il materiale con cui si prendeva cura delle sue spade: erano
lame di
pregevole fattura, pertanto necessitavano di prodotti che fossero
altrettanto
qualitativi.
Non
che gli
servissero delle spade nuove, quelle che aveva erano perfette per lui e
in
ottimo stato, ma l’idea di poter anche solo tenere fra le
mani armi così rare e
ben fatte, di sentire la forza del loro spirito scorrere lungo il suo
braccio
come sangue nelle vene, lo riempiva di desiderio.
Da
quanto
Robin aveva raccontato, le lame di quell’isola vantavano nomi
di illustri
fabbri, fra cui anche Masamune e Muramasa, conosciuti da ogni
spadaccino che si
rispettasse.
Aveva
sentito parlare di loro, ma voleva conoscere molto di più in
merito alle loro
armi.
Sorrise
fra
sé e sé, pregustandosi in anteprima il piacere di
immergersi in un mondo che
per lui rappresentava tutto, l’essenza stessa del suo essere.
-
Ti vedo piuttosto felice e pimpante
oggi…Alla parola “spade” sei andato in
estasi?-
La
voce
cristallina e dal tono ironico della navigatrice lo distrasse da quei
pensieri.
Voltò
leggermente il capo per guardarla: la brezza del mare le scompigliava i
capelli
ribelli, creando un gioco di luci e ombre sul suo volto che, nonostante
l’età
matura, ricordava ancora quello di una bambina.
Slanciata,
formosa, perfetta.
Per
lui Nami
era come una spada rara, qualcosa che poter anche solo toccare ti
riempiva di
un benessere imparagonabile.
Ma
lui non
si sarebbe mai permesso di toccarla, perché il suo rispetto
era più grande
anche del desiderio.
E,
inoltre,
Nami non era sua.
Non
che
fosse di nessun altro, ma non apparteneva nemmeno a lui.
Se
non si
decideva a dirle quello che provava, difficilmente lo sarebbe stata.
Ma
c’erano
troppe cose in ballo…
La
sua
amicizia con lei, che non sarebbe più stata la stessa se
anche Nami non avesse
ricambiato quei sentimenti.
Il
suo
orgoglio, che era peggio di un muro di pietra da abbattere.
La
reazione
dei loro compagni, che forse non sarebbe stata delle migliori.
E,
in cima a
tutto, il suo sogno, che richiedeva la rinuncia ad ogni tipo di
“distrazione”.
Ne
aveva
fatti tanti di sacrifici nella vita, senza mai pentirsene,
perché vedere
realizzato il sogno di Kuina era lo scopo della sua vita; ora,
però, si trovava
di fronte a quello più duro che gli fosse mai capitato:
rinunciare a qualcuno
che amava.
Nami
non
avrebbe mai accettato di venire dopo i suoi obiettivi, e in parte aveva
ragione.
Accettare
di
avere una relazione significava dover dedicare parte del proprio tempo
alla
persona amata.
Ci
aveva
pensato molto durante i due anni di separazione, quando il desiderio di
sapere
se fosse al sicuro gli tormentava l’animo, e nel momento in
cui l’aveva
rivista, ancora più bella e donna, era diventato una
costante fissa.
Voleva
realizzare a tutti i costi il suo sogno, ma dopo tutti gli sforzi che
faceva
per perseguirlo si meritava anche di essere felice.
Spadaccino
e
uomo combattevano senza sosta, ognuno desideroso di far prevalere le
sue ragioni.
-
Zoro? Sei fra noi?- lo
richiamò di
nuovo, non avendo ottenuto risposta alla sua domanda.
-
Sì…stavo solo
pensando…- rispose infine,
sospirando.
-
Alle spade dell’isola immagino!-
arricciò le labbra, assumendo l’espressione di chi
non ne può più di sentire
sempre le stesse solfe.
-
A quelle e ad altre cose…-
restò vago.
-
Ad esempio? Ai soldi che non hai per
comprartele?- lo punzecchiò.
Battibeccare.
Era
il loro
unico metodo per comunicare, per potersi dire
“anch’io ti voglio bene”.
Non
era
l’unico ad essere orgoglioso, lo sapeva bene.
Ma
prendeva
quei momenti come se fossero baci che rubava segretamente alla rossa.
-
Non ho bisogno di comprarle, ho già
quelle
che mi servono-
-
Sì, ma potrebbero rompersi, e delle
spade di
scorta potrebbero sempre venire utili…-
-
Non si romperanno, sono spade ottime-
precisò con orgoglio, come un vero samurai fiero delle sue
fedeli compagne.
-
Giusto, le tue donne non si
toccano…-
ironizzò.
-
Sei gelosa per caso?-
ghignò, accettando
quell’ennesimo scontro.
-
Gelosa?! E di che?! Non ci tengo ad essere
maltrattata dalle tue rozze manone! Sono un fiore delicato, io!-
si indicò
con superbia.
-
Immaginavo…-
tornò a voltarsi verso il
mare.
Vero,
Nami
era decisamente un fiore.
Più
precisamente una rosa, una rosa rossa come la passione che le ardeva
nel petto.
E
come tutte
le rose, anche lei aveva le spine, necessarie a proteggersi da chiunque
l’avesse anche solo voluta sfiorare.
Lui
ci aveva
provato, con quella domanda, e aveva finito per pungersi.
Non
faceva
male, ma dava comunque fastidio.
Gli
era
sembrato di percepire una nota di gelosia nel tono della sua voce,
quando si
era messa a parlare di quanto le spade fossero importanti per lui; per
questo
aveva osato scavare più a fondo, nel tentativo di
comprendere se anche lei
provasse dei sentimenti nei suoi confronti.
Tutto
quello
che aveva ottenuto, però, era stata la conferma di quello
che da sempre
pensava: per Nami lui era solo un grosso buzzurro incapace di trattare
con le
dovute maniere una donna.
Non
poteva
certo darle torto, lui stesso sapeva in cuor suo di essere negato per
qualsiasi
gesto d’affetto e di galanteria; tuttavia, anche un uomo
rozzo educato solo a
tagliuzzare tutto ciò che incontrava poteva essere
rispettoso.
E
lui di
rispetto alle donne ne portava più che a se stesso.
Perché
lei
non riusciva a vederlo?
Perché
non
guardava al di là dell’apparenza?
Davvero
in
tutti quegli anni passati insieme non aveva trovato una sola cosa di
lui che le
piacesse?
In
quel
caso, il non volerle rivelare ciò che provava era la scelta
migliore.
-
Zoro…?- lo
richiamò.
-
Mmmh?- si voltò
nuovamente, con fare
distratto.
-
Tutto bene?- chiese, con una leggera
preoccupazione dipinta sul volto.
-
Sì, perché me lo chiedi?-
alzò un
sopracciglio, non afferrando il senso di quella domanda.
-
Hai fatto una faccia strana quando ti ho
risposto…come se ti fossi offeso. Insomma, non è
da te, tu non ti offendi certo
per un battibecco. Noi ci parliamo sempre così, no?-
Cercava
una
spiegazione, Nami.
E
lui non
sapeva dargliela.
O
meglio, sapeva
il perché l’espressione sul suo volto era mutata,
ma non poteva di certo
dirglielo.
Si
maledisse
mentalmente per quell’errore: lui, che non lasciava trapelare
nemmeno il dolore
più grande dal suo occhio solitario color della pece, si era
fatto sorprendere
mentre si concedeva il lusso di mostrarsi finalmente
“umano”.
Non
lo
avrebbe fatto mai più, a costo di sovraccaricare il suo
demone interiore,
quello che raccoglieva tutto ciò che non poteva essere
esternato e lo tramutava
in desiderio di fare a fettine qualunque cosa.
-
Non ho fatto proprio nessuna faccia. Come
dici tu non me la prendo di certo per le tue parole, non mi interessa
l’opinione che una mocciosa ha di me!-
cercò di apparire il più freddo
possibile.
-
Figuriamoci! Dovevo essermi sbagliata per
forza! Un cafone come te non ha la sensibilità per
offendersi!- arricciò il
naso, incrociando le braccia sotto al seno - Te
la prenderesti di più se offendessero le tue amate spade!-
pronunciò quelle parole quasi con disprezzo.
Non
era mai
riuscito a capire il perché, ma in ogni discorso che
facevano lei non perdeva
occasione per lanciare frecciatine alla sua passione per
l’arte della spada.
Era
come se
ci fosse qualcosa legato a quell’argomento che le creasse
fastidio…
Ma
cosa
poteva essere?
Non
importava
in quel momento.
Era
già
abbastanza seccato per la scarsa considerazione che aveva di lui, ma
che
attaccasse per l’ennesima volta le sue armi, questo non lo
poteva accettare.
La
goccia
che aveva fatto traboccare il vaso.
-
Mi spieghi perché ti danno tanto
fastidio le
mie spade?!- si infervorò, guardandola storto - Anche tu hai una passione, ma io non vengo di certo
a dirti che le tue
cartine sono scarabocchi o una perdita di tempo! Impara a portare
rispetto per
le passioni degli altri!- l’ammonì
severo.
Non
si era
reso conto del tono che aveva usato.
Forse,
le
stesse parole dette da un altro sarebbero state meno dure, ma la sua
voce
profonda e baritonale conferiva loro più freddezza di quanta
potessero averne.
Avrebbe
spaventato anche un gigante con quella voce.
Tuttavia,
non aveva intenzione di scusarsi, perché sapeva di aver
ragione.
Era
giusto
che Nami capisse che nonostante lui fosse una roccia, certe cose gli
facevano
comunque male.
La
vide
starsene lì, con gli occhi sbarrati per la sua reazione
inaspettata e la bocca
leggermente dischiusa, immobile come una statua.
-
Io…- provò ad
articolare una frase,
senza successo.
-
TERRA IN VISTAAAAAAAAA!!!-
l’esclamazione di Usopp interruppe quell’atmosfera
pesante che si era creata.
La
guardò
mentre si allontanava a testa bassa, come una bambina che era appena
stata
sgridata.
Ecco,
le
aveva appena dimostrato di non essere nient’altro che un
buzzurro.
Si
era
meritata un rimprovero, inutile negarlo, ma forse poteva esprimersi in
modo più
civile, senza sembrare una grossa bestia pronta ad attaccare.
Però,
in
fondo, lui era anche questo: una bestia.
Aveva
sempre
pensato che fosse quello il motivo principale per cui Nami non lo
avesse mai
visto come un possibile compagno di vita, perché a nessuno
piacevano le bestie.
-
Bene. Proseguiamo dritto fino a quando non
saremo prossimi alla costa; poi prepariamoci a virare di ottanta gradi
e a
raggiungere l’insenatura che si trova a est
dell’isola. Nasconderemo lì la
Sunny- spiegò.
Nelle
sue
parole non c’era enfasi.
Sembrava
un
discorso vuoto.
La
passione
che metteva di solito nel dare ordini e nel svolgere il suo ruolo di
navigatore
sembrava averla abbandonata.
E
la colpa
era sua.
Sospirò,
distogliendo lo sguardo da lei e puntandolo sull’isola che
tanto desiderava visitare.
Nami
non
sarebbe mai stata la sua donna.
Doveva
dimenticarsi di lei.
Concentrarsi
sulle spade lo avrebbe aiutato a non pensarci.
Quelle
spade
che Nami odiava tanto, sarebbero state la sua salvezza.
Forse...
ANGOLO
AUTORE
Sì,
lo so
che è l’ennesima long che inizio quando ne avrei
altre da finire, ma su quelle
sono davvero in blocco…
Spero
comunque di avervi incuriositi, anche se il vero nodo centrale della
storia
(ovvero la spada maledetta che viene citata nel titolo)
verrà sviluppato nei
prossimi capitoli.
Avverto
che
il rating potrebbe cambiare durante il corso della storia.
Il
disegno
che vedete sopra l’ho realizzato io, perciò vi
chiedo cortesemente di non
prenderlo e spacciarlo per vostro o metterlo su siti particolari senza
il mio
permesso. Se per caso lo volete prendere per farci qualcosa, vi prego
di
contattarmi e di chiedere, e vi darò il permesso di cui
necessitate.
Grazie
a
tutti!
Baci
Place