Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Mela Shapley    03/06/2014    2 recensioni
Marzo, 1943: la Camera dei Segreti libera per la prima volta i suoi orrori, e mentre il panico dilaga alcuni studenti di Hogwarts rimangono vittima di misteriose pietrificazioni. Ma quello di Salazar Serpeverde potrebbe non essere l'unico mostro a vivere nel castello...
Dalla storia:
I suoi occhi ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene del suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Ringhiava minacciosamente, mettendo in evidenza i denti innaturalmente allungati e appuntiti.
[…]
“Cosa sei?”, balbettò.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”
Genere: Drammatico, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IX - verbena.





Dal capitolo precedente:

“Louis? Stai bene?”
La voce di Flora suonava disperata, e Katerina seppe con assoluta certezza che, come lei, nemmeno Louis riusciva a resistere alla presenza di così tanto sangue intorno a loro. Vide Flora girarsi improvvisamente verso di lei e prendere atto a occhi sgranati di ciò che era comparso sul suo viso; cercò di voltarsi, ma era troppo tardi.
“Katerina?!”
Concentrandosi sul suo respiro e raccogliendo le forze, si spostò velocemente a fianco di Louis, lo afferrò per un braccio e lo tirò indietro con lei, lontano dalla pozza di sangue. Louis respirava a fatica ed era piegato su se stesso, i suoi denti allungati ben visibili nella luce delle torce. Gli appoggiò una mano sulla schiena, non avendo idea di cosa fare per aiutarlo.
Flora invece rimase dov’era. La vide gettare un’occhiata spaventata prima al corpo in corridoio e poi di nuovo verso di loro, come se non sapesse cosa fare. Fece un passo nella loro direzione.
“Ragazzi,” disse con voce sottile. Katerina non distolse lo sguardo da lei, ma la sua bocca era priva di parole. A qualche metro dal lago di sangue sentiva che il suo volto stava finalmente ritornando normale. Continuando a osservarla, si rese conto di quale fu l’esatto momento in cui Flora mise insieme i pezzi e ricostruì la verità.
“Vampiri?”, la udì sussurrare, la voce carica di orrore inespresso.

 
* * *


Flora fece qualche passo indietro, uno sguardo terrorizzato sul viso. La luce delle torce si rifletteva crudelmente sulla pozza di sangue in corridoio, mentre il corpo dello studente ferito restava inesorabilmente immobile. Non era morto, si rese conto con sollievo Katerina; udiva perfettamente i battiti del suo cuore, anche se il significato del loro progressivo indebolimento era fin troppo chiaro. Non potevano permettersi di perdere tempo.
 
“Flora,” iniziò con urgenza Katerina, ma l’altra non le diede la possibilità di continuare.
“Voi due siete vampiri!”, esclamò con voce leggermente isterica.
La vide gettare un’occhiata angosciata a Louis, che stava cercando di riprendersi dall’intossicante odore di sangue. La mano di Katerina era ancora appoggiata lievemente sulla schiena del ragazzo, ma sembrava che lui non potesse – o non volesse – ancora muoversi.
Flora,” la richiamò lei in tono fermo. La ragazza sussultò. “Per favore, ascoltami.”
“Siete stati voi ad attaccare tutte quelle persone?”
Quelle parole spaventate lasciarono Katerina a bocca aperta, mozzandole il fiato. Quindi era questo che si sarebbero chiesti tutti, se mai li avessero scoperti? Se persino la persona a loro più vicina credeva plausibile quell’ipotesi assurda non avevano tante possibilità di dimostrare la loro innocenza.
“No,” si affrettò a dire, alzando le mani con fare pacificatore. Non fu una buona idea: troppo tardi realizzò che erano ancora intrise di sangue. Sentì Flora emettere un gemito e le riabbassò subito. “Devi credermi, non siamo stati noi. Non c’entriamo nulla con questa storia.”
“Ma voi siete vampiri.”
Si limitò ad annuire, mentre il viso dell’altra si contraeva in una smorfia di sfiducia.
 
Katerina aprì nuovamente la bocca per parlare, per dire qualunque cosa che potesse convincere Flora che loro non erano il nemico, quando udì un movimento accanto a sé. Louis si era rimesso in piedi, i vestiti completamente impolverati e uno sguardo teso sul viso.
“Flora,” la chiamò lui. Aveva un’aria vulnerabile che lei non gli aveva mai visto prima. Il ragazzo fece un passo verso Flora, che però si tirò velocemente indietro aumentando la distanza tra loro.
“Non osare avvicinarti,” esclamò la ragazza rabbiosamente. Il volto di Louis si contrasse in un’espressione sofferta che durò solo qualche istante prima di essere nascosta da una maschera impassibile, e Katerina si sentì stringere il cuore.
 
C’era solo una cosa che potevano fare, e il battito sempre più lento del ragazzo ferito le indicava chiaramente che andava fatta subito.
 
Perciò, mentre Flora distoglieva brevemente lo sguardo da loro per osservare con ansia il corpo a terra, Katerina toccò lievemente il braccio di Louis e gli sussurrò piano:
“Dobbiamo soggiogarla prima che arrivi qualcuno.”
Louis si irrigidì, continuando a fissare dritto davanti a sè, ma non diede altro segno di averla sentita.
Katerina si avvicinò lentamente a Flora, alzando nuovamente le mani quando l’altra fece per allontanarsi.
“Non voglio farti del male,” le disse per placarla. “E il ragazzo è ancora vivo.”
“A me non sembra. Come lo sai?”, chiese la ragazza sospettosa.
“Sento battere il suo cuore,” ammise. “Ma dobbiamo fare qualcosa il prima possibile.”
Mise gentilmente ma con fermezza una mano sulla spalla di Flora, per impedirle di allontanarsi. L’altra sussultò, ma non cercò di divincolarsi.
“Louis,” lo chiamò Katerina in tono piatto. Il ragazzo era ancora fermo dove l’aveva lasciato. “Se non lo fai tu, lo farò io.”
“Fare cosa?”, esclamò Flora, spaventata. Katerina sperò che non si mettesse a gridare, perché in tal caso sarebbe stata costretta a Schiantarla, e non sapeva se Louis gliel’avrebbe mai perdonato.
 
Fortunatamente, in quel momento Louis decise di avvicinarsi. Si fermò a due passi di distanza dalla sua ragazza, lanciando un breve sguardo indecifrabile alla mano che Katerina le teneva sulla spalla.
“Flora, lascia che ti spieghi,” ritentò con gli occhi grigi pieni di urgenza, ma l’altra lo stroncò subito.
“No, Louis. No, questo no.”
La voce di lei era piena di paura e di tristezza, ma non c’era davvero tempo per raccontarle tutto e pregarla di mantenere il loro segreto.
Louis,” sibilò Katerina, continuando a tenere ferma la ragazza. Lui annuì rapidamente e guardò Flora dritto negli occhi.
Dimentica quello che hai visto,” iniziò a soggiogarla.
Con enorme stupore di entrambi, Flora si divincolò in modo talmente improvviso che Katerina quasi perse la presa. Furiosa, l’afferrò anche con l’altra mano, costringendola a fermarsi.
“Louis, avanti, concentrati!”
“Non capisco, dovrebbe funzionare,” fece il ragazzo, stupefatto. “Flora, guardami.”
Katerina notò che le pupille della ragazza non si erano dilatate, segno che il soggiogamento non era avvenuto. La fece velocemente ruotare verso di lei e la fissò negli occhi a sua volta.
Dimentica,” disse solo. Niente. Non accadeva nulla.
“Cosa mi state facendo?”, gridò Flora scoppiando a piangere.
Louis si voltò verso Katerina, e lei ricambiò sconvolta il suo sguardo spaventato.
 
Il ragazzo tenne lo sguardo fisso su di lei, mordendosi un labbro come se stesse pensando intensamente. Katerina sperò che arrivasse presto ad una soluzione, perché lei non aveva la più pallida idea del motivo per cui il soggiogamento non avesse avuto effetto.
“Flora, tesoro, ascoltami. Hai preso della verbena ultimamente?”, le chiese Louis improvvisamente, sforzandosi in modo visibile di parlare in tono calmo.
“Verbena? No! Perché avrei dovuto?,” singhiozzò la ragazza, la lacrime che le rigavano le guance.
“Penso che sia la verbena,” disse lui velocemente, di nuovo rivolto a Katerina. “E’ l’unica cosa che rende completamente immuni al soggiogamento di un vampiro. E non è esattamente una cosa che assumi per caso. Qualcuno deve avergliela data.”
“Cosa facciamo?”, gli chiese, senza fiato. Louis scosse la testa, confuso. Katerina abbassò la voce, in modo che solo lui potesse sentirla.
“Louis, se lei parla, siamo finiti. Ci uccideranno. Dobbiamo pur fare qualcosa. Si tratta di scegliere: o lei, o noi.”
Louis le lanciò un’occhiata stupefatta, dopodiché si girò e si rivolse a Flora, appoggiandole le mani sulle spalle in modo rassicurante. La guardò intensamente negli occhi, ma stavolta non c’era traccia di malia nella sua voce.
“Flora, mi dispiace. Non volevo che andasse così. Ma devi credermi: io e Katerina non c’entriamo affatto con tutto questo. E’ vero, siamo vampiri: abbiamo nascosto la nostra vera natura per evitare che la gente ci cacciasse. Ma non siamo mostri.”
“Sta arrivando qualcuno,” sussurrò Katerina, udendo l’inconfondibile suono di passi veloci in lontananza.
“Fidati di me,” continuò l’altro con urgenza, mentre Flora lo guardava senza parlare, un’espressione scioccata sul viso pallido e le lacrime congelate sulle guance. “Per favore, fidati. Dei vampiri non potrebbero in alcun modo aver pietrificato quelle persone. E non possiamo nemmeno aver fatto questo disastro, perché eravamo di fianco a te. Flora, ti prego, non dire a nessuno quello che siamo. Se lo fai ci uccideranno.”
Le accarezzò i riccioli biondi. La ragazza continuò a tacere.
Louis sembrò in procinto di aggiungere qualcos’altro, ma ormai non c’era più tempo: dall’angolo più vicino sbucarono le figure di tre professori.
 
 
* * *
 
 
Albus Silente, Horace Lumacorno e Galatea Merrythought corsero trafelati verso di loro e iniziarono subito ad agitare le bacchette per stabilizzare il muro con degli incantesimi. La professoressa di Difesa si piegò sulle ginocchia centenarie per osservare da vicino il ragazzo a terra.
“E’ vivo,” annunciò. “Ma non per molto. Lo porto subito in Infermeria,” e dopo quelle parole, caricò il corpo su una barella comparsa da nulla e marciò via con passo insolitamente arzillo.
Albus Silente si girò lentamente a osservare con uno sguardo penetrante i tre ragazzi rimasti. Dovevano avere un’aria terribile, si rese conto Katerina: lei con le mani e i polsi chiazzati di sangue, Louis livido di  polvere e Flora con l’aria vacua di chi ha appena visto la morte in faccia.
“State bene? Cos’è successo qui?”
Visto che i due Prefetti non sembravano aver intenzione di aprire bocca, fu Katerina a rispondere.
“Flora e Louis mi stavano accompagnando alla mia Sala Comune, quando improvvisamente il muro dietro di noi è come esploso. Credo che quel ragazzo fosse poco più indietro di noi. Deve essere stato colpito in pieno.”
Non l’aveva visto, ma aveva sentito qualcuno camminare alle loro spalle. Non ci aveva dato troppo peso: a quell’ora, molti studenti tornavano ai propri Dormitori.
“Non avete notato cosa ha provocato l’esplosione?”
“No, signore,” rispose rispettosamente. Con la coda dell’occhio, vide Louis scuotere la testa.
“Quanto accaduto è molto grave,” intervenne Lumacorno con aria preoccupata. “E’ senza dubbio un evento doloso. Il responsabile doveva essere nei paraggi per lanciare un incantesimo del genere,” proseguì, guardandoli con una punta di sospetto.
“Non è stato nessuno di noi, signore,” ribatté finalmente Louis.
“Certo, certo. Non intendevo...”, borbottò il professore di Pozioni, senza terminare la frase.
“Miss Hopkins, si sente bene? C’è qualcosa che vuole aggiungere?”, chiese improvvisamente Silente, scrutando con attenzione il volto di Flora bagnato dalle lacrime.
La ragazza era piedi tra Katerina e Louis. Mentre entrambi si voltavano a guardarla, si scambiarono un veloce sguardo nervoso. Katerina non sapeva dire se Silente se ne fosse accorto.
“No, signore. Sono solo un po’ sconvolta,” disse alla fine Flora, dopo una breve esitazione. Katerina cercò di mascherare il sospiro di sollievo che minacciava di uscire. Forse dopotutto Flora aveva deciso di non denunciarli.
 
La mezz’ora successiva trascorse come un lampo. I due professori fecero qualche altra domanda, si assicurarono che non fossero feriti e li mandarono in Infermeria, per poi apprestarsi a ripulire la polvere e il sangue a terra. Nel giro di qualche minuto, il corridoio era tornato come nuovo. Katerina tenne lo sguardo inchiodato a terra, con la strana sensazione che la magia di Hogwarts stesse cercando di riparare non solo la realtà ma anche le pietre insanguinate fissate nei suoi ricordi.
Dopo aver ricevuto il permesso di allontanarsi, i tre ragazzi si guardarono bene dal dirigersi davvero in Infermeria. Andarono invece verso i Sotterranei, per accompagnare Flora alla sua Sala Comune. Il tragitto fu silenzioso, carico di disagio e di ansiosa aspettativa. Dopo un tempo che parve infinito Katerina cominciò a riconoscere i corridoi che portavano verso la Sala Comune di Tassorosso, e come di comune accordo si fermarono di botto in una zona riparata vicino all’arazzo di un mago con in mano una tartaruga.
“Grazie per non aver detto niente,” disse Louis a Flora, con voce bassa per non farsi udire da voci indiscrete. Non c’era nessuno nei dintorni – l’udito sensibile dei due vampiri lo confermava – ma non sarebbe stato prudente sentirsi troppo al sicuro, non quando qualche forza sconosciuta aveva appena cercato di farli saltare in aria senza che se ne rendessero conto.
Flora teneva lo sguardo basso e dava le spalle alla parete. Louis le stava direttamente bloccando il passaggio, anche se cercava di far apparire la sua posa meno minacciosa possibile; non si poteva però dire che avesse successo. Dato che la ragazza si limitava a scuotere la testa, Katerina chiese discretamente a Louis:
“Vuoi che me ne vada, così le puoi parlare in privato?”
Il ragazzo le lanciò una sguardo indecifrabile.
“No, resta,” le disse. Quando si voltò di nuovo verso Flora, lei aveva alzato il viso e lo stava guardando duramente negli occhi.
“Non posso credere che siate davvero - quelle cose,” sussurrò nervosamente Flora, facendo oscillare lo sguardo tra loro due. “E’ ridicolo. Louis, stiamo insieme da cinque mesi. E’ stata tutta una bugia? Prima avete tentato di controllarmi la mente, l’ho capito,” continuò sprezzante. “Ho mai fatto qualcosa di mia spontanea volontà?”
“Non ti ho mai costretta a fare niente,” le rispose Louis con urgenza. “Non era una bugia, Flora.”
“Ti sei nutrito del mio sangue?”
Louis sospirò. Per un folle momento Katerina sperò che le mentisse, che coprisse la verità per non far arrabbiare Flora più del necessario.
“Due volte,” rispose invece il ragazzo. “Una prima di metterci assieme, e una dopo.”
Flora scosse violentemente la testa, furiosa.
“Sei un bugiardo, e un traditore. Non posso credere di essermi fidata di te. Da quanto tempo sei un vampiro? Dimmi la verità.”
“Da quest’estate.”
“E lei?”, chiese Flora con un cenno del capo verso Katerina.
“Un paio di mesi. L’ho presa per nutrirmi, come con te. Ma qualcosa è andato storto e si è trasformata.”
“E’ così per colpa tua?”, fece incredula. Si rivolse a Katerina. “Lo sapevo che c’era qualcosa di strano in te, eri troppo tranquilla.”
Katerina si mordicchiò un labbro, e le disse in tono conciliatore:
“Hai tutte le ragioni per essere arrabbiata, Flora, ma se non ti abbiamo detto la verità è stato solo per proteggerci. Se la scuola scoprisse cosa siamo saremmo spacciati. Vogliamo solo vivere una vita normale.”
“Una vita normale?”, rispose l’altra, col tono di chi non credeva che la loro vita sarebbe mai potuta essere anche solo lontanamente classificabile con quel termine. “E nel frattempo andate in giro a bere il sangue di gente innocente, giocando con la fiducia delle persone per poi aggredirle alle spalle? Tu per prima ci hai rimesso, Katerina. Sei diventata un vampiro per colpa di Louis.”
“Se non fosse stato per lui sarei morta,” ribatté Katerina. “E’ una lunga storia. Flora, per favore, non faremo niente, ma tu non dire a nessuno quello che hai visto.”
Flora li osservò per bene, prima e uno e poi l’altro, riflettendo con un’espressione calcolatrice negli occhi.
“Non lo racconterò a nessuno,” disse alla fine. “Tanto nessuno mi crederebbe. Ma se scoprirò che avrete fatto ancora del male a qualcuno andrò dritta dal Preside.”
E con quello, si fece spazio tra loro due e se ne andò senza guardarsi indietro.
 
 
* * *
 
 
Louis e Katerina rimasero da soli, silenziosi e immobili, a guardarla prima allontanarsi e poi sparire dentro la sua Sala Comune.
“Com’è possibile che sia successo un disastro così in fretta?”, borbottò Katerina. “Pensi che ci tradirà?”
“Non lo so. Conoscendola, non avrebbe promesso di mantenere il segreto se non avesse avuto sul serio intenzione di farlo.”
“Magari proprio in questo momento sta rivelando tutto agli altri Tassorosso,” fece lei mordendosi un labbro. Louis si girò di scatto a fronteggiarla. Ora che lo guardava bene in viso, sembrava furioso.
“E a te che diavolo prende? ‘O lei, o noi’? Hai davvero cercato di convincermi a ucciderla per tapparle la bocca?”
“Non necessariamente ucciderla,” commentò Katerina sulla difensiva. Louis scosse la testa, incredulo.
“E’ difficile cercare di convincere qualcuno che non siamo dei mostri se tu te ne salti su con discorsi del genere,” sbottò. “Per Merlino, non aveva nemmeno tirato fuori la bacchetta. Ma che ti prende? Da quando sei così crudele? Due mesi fa quasi scoppiavi in lacrime ogni volta si parlava di mordere qualcuno, e adesso proponi un omicidio come se niente fosse!”
Katerina lo fissò, sentendo montare la rabbia.
Io sarei crudele? Il giorno in cui ci siamo conosciuti tu hai minacciato di uccidermi se avessi messo a rischio il tuo segreto. E’ la stessa identica situazione!”
“Invece no, perché tu non sei Flora!”
Katerina aprì la bocca per parlare, ma non trovò parole per replicare a quell’affermazione. Il cervello apparentemente le era andato in corto circuito, perché si stava addirittura dimenticando di farla respirare.
Anche Louis si era bloccato, quasi come se fosse rimasto sorpreso dalle sue stesse parole. Vide passare un’ombra sul suo viso – era rammarico?
“Quello che intendevo dire,” ricominciò, parlando a voce più bassa senza mai staccare gli occhi dai suoi, “è che ormai era troppo tardi per te. Ti stavi già trasformando in un vampiro, e non potevo fare niente per impedirlo. So bene quello che ti ho detto, Katerina, ma non ti avrei mai uccisa. Ti ho detto quelle cose solo per spaventarti.”
Katerina annuì, mentre una voce interiore le diceva che in fondo l’aveva capito già molto tempo prima. Si massaggiò una tempia, cercando di riprendersi. Non sapeva spiegarsi perché le parole di Louis l’avessero ferita; dopotutto aveva perfettamente ragione. Lei non era Flora, non era la ragazza che Louis voleva proteggere – anche da lei, se fosse stato necessario. Doveva essere stata la stanchezza, nonché l’ansia per tutto quello che era accaduto quella sera, a farla sragionare.
Aveva davvero, per alcuni brevi eterni secondi, desiderato che Flora morisse pur di difendere il loro segreto?
“Hai ragione,” disse alla fine. “Non avrei dovuto nemmeno pensarci. Non so cosa mi sia preso. Immagino sia stata la paura di farci scoprire.”
“Fai attenzione, perché la prossima volta potresti non limitarti a pensare. Il nostro è un genere di vita che corrompe,” le rispose Louis. Il suo tono era gentile, ma la guardava ancora un po’ a disagio.
Katerina annuì, e cambiò frettolosamente discorso.
“Cos’hai detto prima della verbena? Pensi davvero che qualcuno gliel’abbia data di nascosto per impedirci di soggiogarla?”, gli chiese.
“Sì, credo di sì. Non può essere una coincidenza. L’esplosione, tutto quel sangue a terra, noi che ci facciamo scoprire, l’impossibilità di far dimenticare tutto a Flora –“
“Qualcuno sa di noi,” concluse Katerina spalancando gli occhi. Louis annuì piano.
“E ha voluto mandarci un messaggio.”
 
L’idea la lasciò senza fiato.
“Pensi che dovremmo andarcene? Scappare?”, gli chiese stancamente, mentre osservava la tartaruga disegnata sull’arazzo. Aveva occhi stranamente luminosi. Intorno a lei, sentiva le fredde mura in pietra incombere minacciosamente su di loro.
“Forse,” rispose lui. “Non lo so. Sarebbe la cosa più sicura da fare.”
“Ma non vuoi,” completò lei. Il ragazzo annuì. “Nemmeno io. L’unico modo in cui desidero andarmene da qui è con un diploma in mano. Voglio scoprire chi diavolo c’è dietro tutto questo. E voglio anche sapere chi mi ha uccisa, e perché.”
Louis la guardò attentamente.
“Sì, anche io voglio infilare su un palo la testa di chi ci ha fatto questo scherzetto. Deve trattarsi del nostro amico Erede di Serpeverde. Siamo sempre stati attenti a nasconderci, e lui – o lei - è l’unico che potrebbe avere avuto la possibilità di sapere di noi.”
Il ragazzo fissò un punto dietro le spalle di Katerina.
“Non so quando l’abbia presa e in che quantità, ma la verbena cesserà di fare il suo effetto in uno o due giorni. Dopo di allora potremo soggiogare Flora e farle dimenticare quello che ha scoperto. E’ troppo pericoloso lasciarle la memoria, e ormai è arrivato il momento di lasciarla andare. Se solo l’avessi fatto prima non sarebbe mai stata coinvolta nell’esplosione. Non era questo che avevo in mente quando pensavo a come avrei potuto rompere con lei, ma è andata così,” sospirò.
Lei non disse nulla, ma si limitò a fargli un sorriso triste. La stava guardando ancora un po’ a disagio, come se temesse di dire la cosa sbagliata; poi, improvvisamente, le afferrò una mano tra le sue. Lei non se l’aspettava, e sentì un brivido di sorpresa correrle su per la schiena.
“Katerina,” le disse Louis con intensità. “Promettimi che al primo accenno di pericolo ce ne andremo da scuola. Non resterò qui per essere sottoposto a una caccia al vampiro, e tu verrai con me.”
Lei annuì e ricambiò la stretta.
 
 
* * *
 
 
Quella stessa sera, quando Katerina rimise piede nella Torre, trovò ad attenderla decine di volti pallidi e spaventati. Molti di essi fissarono lo sguardo su di lei, ma la maggior parte sembrò non notarla nemmeno, come se fosse stata invisibile. Rimase sulla porta a guardarsi intorno con aria sperduta, fino a che non si sentì prendere per mano e trascinare verso le poltrone.
Era Matilda; e la sua mano era calda, e le stava gentilmente sussurrando parole incomprensibili, e nella Sala c’erano dei ragazzini che piangevano.
Ci hanno detto dell’esplosione, Come stai?, le stava dicendo Matilda,  Ma c’è dell’altro, e poi Katerina capì come mai l’intera Torre di Corvonero era in lutto.
 
Era la prova che collegava l’Erede di Serpeverde all’attentato del corridoio al settimo piano, disse qualcuno; era ridicolo pensare che nella stessa sera ci fossero stati ben due incidenti separati. Il secondo attacco era inequivocabilmente collegato alla Camera dei Segreti, ergo doveva esserlo anche l’esplosione.
La vittima, le dissero, era una Corvonero del quarto anno; sopra il suo cadavere freddo, ritrovato in un bagno al secondo piano, campeggiava in rosso la scritta ‘Per la gloria dell’Erede di Serpeverde’.
Si chiamava Mirtilla.
Katerina guardò intorno a sé i suoi compagni di Casa sconvolti, e sentì qualcuno dall’altro capo della stanza sussurrare a un vicino che sì, Mirtilla era stata la prima a morire a causa della Sindrome, ma chissà quanti ne sarebbero seguiti.
Non è stata la prima, pensò amaramente Katerina. E forse non sarebbe nemmeno stata l’ultima.
 
Il solo pensiero la faceva infuriare.
Era ingiusto, si disse mentre restava seduta su una delle poltrone della Sala Comune, a testa china. Erano trascorse un paio d’ore da quando era rientrata, ma la stanza circolare era ancora colma di persone sedute come lei, o in piedi, o appoggiate ai muri. I Corvonero erano tutti lì, meno la compagna che era tragicamente venuta a mancare. Il silenzio totale era rotto solamente dalle parole che fluivano dalla bocca di una dei Prefetti del settimo anno, e dai singhiozzi di alcune delle ragazze più giovani. Quando il Prefetto faceva una pausa per decidere come proseguire il suo difficile discorso, si udiva solo il vento scuotere la torre, e nient’altro.
Katerina non stava ascoltando. Che importanza aveva? Sapeva benissimo cosa il Prefetto avrebbe detto, e per la maggior parte sarebbero state solo falsità. Mirtilla non era una ragazza benvoluta; era presa di mira da molti studenti per la sua aria ingenua, per i suoi occhiali, per il modo in cui tirava su il naso quando gli altri la facevano piangere. Era terribile, a ripensarci adesso. Molti, dentro quella stanza, stavano cercando di combattere contro i sensi di colpa, chiedendosi se le cose sarebbero potute andare diversamente se loro l’avessero trattata meglio. Finché era in vita non era mai importato, ma Mirtilla era una di loro, e adesso era morta.
Katerina non aveva mai scambiato più di due parole con lei, ma sapeva che non si era mai integrata, come lo sapevano tutti gli altri. Avrebbe potuto intervenire, avrebbe dovuto. Ma soprattutto avrebbe dovuto fare qualcosa, qualunque cosa, per impedire che qualcun altro venisse ucciso dopo che lei stessa era morta.
Lei era stata la prima vittima, e il Fato o chi per lui le aveva dato la straordinaria possibilità di essere ancora lì per raccontarlo. Contrariamente ad ogni logica, era caduta a terra morta e si era rialzata da vampira. Le era stata data una seconda vita. Cosa aveva fatto lei per meritarsela? Cos’aveva lei che Mirtilla non aveva?
Si rendeva conto solo in quel momento di aver ricevuto la responsabilità di fermare quella serie di attacchi, e di aver fallito. Peggio, non aveva neanche provato. Quel discorso funebre ne era la triste prova.
 
Katerina appoggiò il mento sulla mano e guardò fuori dalle ampie vetrate della Torre, mentre le parole fluivano e fluivano nell’aria; le stelle erano luminose. Si chiese distrattamente cosa sarebbe accaduto se quella fatidica sera lei fosse morta e basta, invece di trasformarsi in vampiro. Le avrebbero tenuto un piccolo elogio funebre come quello che stavano ora dedicando a Mirtilla? La scena sarebbe stata identica, con tutti i Corvonero riuniti nella Sala ad ascoltare in silenzio? E cosa avrebbero detto di lei? Ci sarebbe stato, nella folla, qualcuno sufficientemente triste da chiedersi cosa avrebbe potuto fare per evitare la sua morte? Forse qualcuno dei Corvonero sì. Al di fuori della Torre, Louis non l’avrebbe mai conosciuta, e quindi non avrebbe versato alcuna lacrima per lei. Tom sarebbe rimasto sconvolto dalla morte improvvisa di una sua compagna di classe, ma nulla di più. A sua zia Agatha si sarebbe spezzato il cuore.
Anche Mirtilla doveva avere genitori, amici, parenti fuori da quella Torre che l’avrebbero dolorosamente pianta. E le persone con cui in futuro Mirtilla avrebbe legato se quel giorno non fosse morta – i suoi Louis, i suoi Tom - non avrebbero mai più avuto la possibilità di conoscerla.
Se solo Katerina avesse fatto qualcosa.
 
Continuò a pensarci anche dopo essere andata a letto, stesa immobile sul materasso senza il minimo accenno di sonno. Non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione di essere venuta meno ad un’importante responsabilità; era una sensazione dolorosa che le martellava rabbiosamente il cuore.
Si mise ad ascoltare i rumori della stanza, come spesso faceva prima di dormire. Tre respiri, tre distinti battiti cardiaci. Le sue compagne sembravano profondamente addormentate. Tenendo per abitudine una mano sul petto, fece scorrere lo sguardo sulle vivide tende blu scuro, sui ricami color bronzo, sulle ombre che sembravano soffocarla. Non sarebbe mai riuscita a prendere sonno, decise. Cercando di non fare rumore, scivolò fuori dal letto e si diresse verso il bagno, afferrando i suoi vestiti lungo il tragitto. Si cambiò velocemente e uscì dalla stanza, scendendo le scale che portavano in Sala Comune.
“Dove stai andando?”
Katerina sussultò e si girò di scatto. Dietro di lei, sulla cima delle scale, c’era Abigail, con i capelli biondi raccolti in una treccia e il pigiama. Evidentemente nemmeno lei era riuscita ad addormentarsi, e Katerina, immersa com’era nei suoi pensieri, non se n’era resa conto.

La ragazza la scrutava con sguardo indagatore.
“Stai uscendo, vero?”, le fece in tono accusatore. Katerina sospirò.
“Non riuscivo a dormire. Volevo solo fare due passi per schiarirmi le idee,” le rispose in tono conciliatore, pregandola silenziosamente di tornare a dormire e lasciarla in pace. Abigail la guardò incredula.
“Alle tre di notte?” Scese le scale per portarsi davanti a lei. “Che diavolo ti salta in mente? E’ pericoloso. Rischi di essere sorpresa da un professore, o, ancora peggio, da quello che ha -” improvvisamente serrò le labbra e i suoi occhi si scurirono.
“Starò attenta. Con un Incanto di Disillusione non mi vedrà nessuno,” fece Katerina a disagio, per riempire il silenzio che seguì. L’altra spalancò gli occhi.
“Ne sei capace?”
Katerina annuì, rendendosi conto troppo tardi che sarebbe stato meglio tenere quel dettaglio per sé. Era stato Louis a insegnarle come Disilludersi, ovviamente, ma non faceva esattamente parte del bagaglio scolastico di una studentessa del suo anno.
Abigail alzò le braccia, esterrefatta.
“Non è la prima volta che esci di soppiatto la notte, vero?”
“Abigail…”
“Ma cosa ti prende?”, la interruppe la ragazza. Il suo tono era mortalmente serio, gli occhi lampeggiavano, e Katerina pensò improvvisamente che era la seconda volta nel giro di poche ore che si sentiva rivolgere quella stessa domanda. “Da qualche tempo non sei più tu. Non stai più con noi, sparisci sempre. Hai cominciato a frequentare non uno, ma due ragazzi allo stesso tempo,” fece, con aria di disapprovazione. “Lo so, Henry ti dà solo ripetizioni. Come no, basta guardarvi per capire che c’è qualcosa di più. Pensavo fossimo amiche, Katerina. Devi dirmi se c’è qualcosa che non va, altrimenti non posso aiutarti.”
Katerina non sapeva cosa dire. Non pensava che Abigail avesse percepito che qualcosa in lei era cambiato; non pensava nemmeno che le interessasse, a dirla tutta. Quell’improvviso sfoggio di preoccupazione era totalmente inaspettato.
Considerò l’idea di soggiogarla per costringerla a dimenticare quell’episodio e lasciarla stare, ma non sarebbe stato giusto. Non aveva alcun diritto di giocare con la sua mente in quel modo, quando tutto quello che stava facendo era dimostrare che teneva a lei.
Sentì le parole ‘Hai ragione, non sono più io. Il fatto è che sono morta e sono diventata un vampiro’ formarsi sulla punta della lingua. Sarebbe stato facile, davvero facile, pronunciarle e poi aspettare trepidante la reazione. In un lampo, davanti ai suoi occhi si materializzò il ricordo recente del viso sconvolto di Flora quando aveva scoperto la verità, poche ore prima. Non pensava che Abigail l’avrebbe presa così male, tutto sommato. Aveva sempre un’aria così imperturbabile.
“Non so cosa mi succeda,” le rispose invece. “Ma mi dispiace che tu sia preoccupata. Sono sempre io, Abbie.”
“Speriamo,” commentò la bionda scrutandola. “Vuoi ancora uscire?”
Katerina esitò. Quello che veramente voleva era parlare con qualcuno di ciò che le passava per la mente. Voleva vedere Louis, perché era l’unico con cui potesse liberamente farlo. Ma Louis a quell’ora era probabilmente nella sua Sala Comune, e lei non aveva alcun modo per contattarlo. Improvvisamente nella testa le risuonò la sua voce tagliente che le diceva “Tu non sei Flora!”, e cercò invano di scacciarla.
Cos’avrebbe fatto se fosse uscita dalla Torre? Si immaginò a camminare senza meta per il castello vuoto, invisibile agli occhi di tutti, sola.
“Credo che resterò qui a leggere,” rispose alla fine, indicando con un gesto le ampie librerie della Sala Comune. Abigail emise quello che le parve un sospiro sollevato.
“Ti faccio compagnia,” le disse, e insieme andarono a sedersi sulle loro poltrone preferite.




 
Note dell'Autrice: anche questo capitolo ha subito violenti rimaneggiamenti e lunghe torture, poverino. Spero ne sia valsa la pena.
Tom Riddle chiede umilmente perdono per la sua assenza, ma da quanto ho capito era troppo indaffarato ad agitare acque e a tessere trame nell'ombra per fare un'apparizione.
Grazie per aver letto fino a qui, e non dimenticatevi di fatemi sapere la vostra opinione sulla storia.
Alla prossima.
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Mela Shapley