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Autore: Hotaru_Tomoe    29/12/2004    1 recensioni
Dopo la morte di Kanan, Hakkai è convinto di non poter più avvicinare qualcuno, nè aiutarlo.
Un draghetto bianco maltrattato dal suo padrone gli farà cambiare idea.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sha Gojio, Cho Hakkai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hakkai credeva che Gojyo sarebbe stato via almeno fino alla mattina dopo, ma si sbagliava: sul tavolo erano posati due bicchieri, uno dei quali aveva una macchia di rossetto sul bordo. [A quanto pare ha avuto una serata migliore della mia… beh, non che ci voglia molto…] si autocommiserò il ragazzo. In quel momento la porta della camera di Gojyo si aprì ed il rosso ne uscì con una biondina platinata letteralmente appesa al braccio “Ehi Hakkai, iniziavo a preoccuparmi. Mh? Ma sei ferito!”
“Oh, non preoccuparti Gojyo, sono solo andato a sbattere.” E portò i bicchieri in cucina.
“Mmh…” rispose il demone [Sei una frana a raccontare bugie, lo sai Hakkai?]
“Gojyo, devo tornare al lavoro, o il padrone si infurierà.”
“Se alza la voce contro una bella ragazza come te, chiamami ed io correrò da te.”
La ragazza rise “Sì, sì, scommetto che lo dici a tutte quelle che porti a letto.”
“Come sei crudele! Non è vero.” Protestò Gojyo, accompagnandola alla porta.
“E scommetto anche che domani mattina non ricorderai neanche più come mi chiamo.” Disse in tono civettuolo.
Gojyo sorrise con indulgenza, poi abbracciò la ragazza teneramente, con dolcezza. La trattenne così per un po’ e poi la baciò sulla punta del naso “Grazie per stasera, è stato bellissimo.”
Hakkai era rimasto a fissare la scena sulla porta della cucina: Gojyo poteva anche essere un inaffidabile dongiovanni, ma doveva avere qualcosa, perché le donne non si arrabbiavano mai con lui, anche se lo vedevano con qualcun’altra o lui non le chiamava, anche se prometteva di farlo [Lo invidio. In questo momento lo invidio tanto; perché lui è capace di stringere a sé gli altri. Anche se solo per un breve istante, anche se è una cosa effimera e passeggera, lui riesce ad abbracciare e a trasmette calore. Io invec…] i suoi pensieri furono interrotti da un intenso bruciore sulla sua tempia “AHIA!” protestò Hakkai.
“Scusa, non sono un’infermiera professionista, accontentati.”
Era così immerso nei suoi pensieri che non si era reso conto di nulla: che Gojyo era andato in bagno, aveva preso alcol e cotone ed ora lo stava medicando. “Spero che tu non sia così distratto anche quando attraversi la strada, perché in quel caso bende e cerotti non basterebbero.”
“Gomen ne. Ti do sempre tanto da fare.”
Gojyo ripulì accuratamente la ferita del suo amico e ci applicò una grossa garza. “Ehi, quando vai da Sanzo a riscuotere la ricompensa, fatti rimborsare anche questo!” scherzò.
“Mhpf! Non sarebbe affatto corretto.”
“Tu ti preoccupi troppo dei dettagli. E finisci per perdere di vista le cose essenziali. Dovresti cercare di lasciarti andare di più.”
“Non posso.”
“Perché?”
“Perché sicuramente mi verrebbe la tentazione di stringere a me qualcuno – la sua mente ritornò al piccolo draghetto bianco – e questo non posso più farlo, ormai. Le mie mani sono sporche di sangue.”
Gojyo si accese una sigaretta “Non capisco di che diavolo stai parlando. Io mi stavo riferendo ai soldi che ci deve Sanzo per il nostro lavoretto.”
“Oh.” Hakkai si voltò verso di lui un po’ stupito e lo fu ancora di più nel vedere che il rosso sorrideva maliziosamente “Per lo meno sono riuscito a farti sputare il rospo. Non fa bene tenersi tutto dentro. Adesso va un po’ meglio, giusto?”
Il demone dagli occhi verdi arrossì imbarazzato “Veramente no, mi sento come se mi avessi battuto a poker!” Si mosse per prendere un posacenere, ma Gojyo lo bloccò, mostrandogli il cotone con cui aveva appena ripulito la sua ferita. “Hakkai, il sangue viene via facilmente. Più facilmente di quel che pensi. Solo che se non ci provi, non lo saprai mai.” Detto questo, gli augurò la buonanotte e tornò a dormire.
[Gojyo. Io vorrei provare, ma…]
Kanan…
l’immagine di lei dietro alle sbarre della prigione, con il coltello in mano. Quell’immagine era troppo forte, troppo persistente. Quell’immagine era sangue, dolore e morte. “Non posso superare tutto questo. Non è possibile.” Mormorò in direzione della camera di Gojyo.
Eppure lì sul tavolo c’era un batuffolo di cotone, con del sangue lavato via.
“Se non ci provi…”
[Io vorrei davvero, ma sarebbe inutile, già lo so.]
“Se non ci provi…” le parole del suo amico lo inseguirono finchè non si addormentò.

Il mattino seguente Hakkai fu svegliato all’improvviso da un fragore di stoviglie in frantumi, seguito da diverse espressioni molto colorite. Immaginando più o meno cosa poteva essere successo, si alzò e andò in cucina. Gojyo, armato di ramazza, stava cercando di rimediare a quel piccolo disastro, ma ci metteva troppa forza e i cocci danzavano qua e là sul pavimento. “Dovresti cercare di radunarli, non di spargerli ulteriormente.”
“Sfotti, sfotti.” Disse Gojyo a denti stretti.
Hakkai raccolse i pezzi più grossi “Potevi venire a svegliarmi, avrei preparato io la colazione.”
“E perché? Non sei mica il mio cameriere. Abitiamo insieme ed è giusto dividere i compiti.”
“Gojyo…” il mezzodemone era voltato di spalle ed Hakkai non poteva leggere la sua espressione. Dalla sera prima era strano… stava cercando di dirgli qualcosa? A modo suo voleva consolarlo, fargli sentire che non era solo? L’idea quasi lo commosse [Arigatou.] pensò dentro di sè.
“Uhm, questo era l’unico servizio buono della colazione.”
“No, questo era l’unico servizio e basta.” Osservò Hakkai.
“Vabbè, quel che è fatto è fatto. Andiamo a comprarne uno nuovo. Ci sono delle bancarelle fuori paese e so che ripartono oggi. Sicuramente faranno dei buoni prezzi.”
“Le bancarelle…?” Hakkai non aveva molta voglia di tornarci.
“Sì. Dai, sbrigati o non faremo in tempo.”
“Ma…”
Gojyo lo afferrò per un gomito “So essere testardo anch’io quando mi ci metto.” Disse con un sorriso.
“Vedo.”

I piccoli carri stavano sgombrando, ma i due riuscirono ugualmente a trovare quel che stavano cercando. Tornando indietro Hakkai si trovò faccia a faccia con il padrone del draghetto “Oh lei. Si è dato una calmata?”
“Hakkai, chi è questo tipo?” chiese Gojyo.
“No, niente…”
“Beh – proseguì il domatore – se è venuto per il drago, la informo che è troppo tardi. L’ho già venduto.”
Il demone dagli occhi verdi ebbe un sussulto. In fondo al cuore, andando lì aveva covato la speranza di rivedere ancora quel dolce animaletto e forse… anche fare qualcosa per lui… “Venduto? A chi?” “A un tale che abita qui. Si chiama Kungan… o qualcosa di simile. Non che me ne freghi qualcosa, in verità.”
“Kangèn.” Lo corresse Gojyo.
“Tu lo conosci?” chiese Hakkai.
“A modo suo è abbastanza noto. E’ un demone, dice di essere un mago e prepara intrugli strani e pozioni. Se ha comprato un drago, sicuramente lo vuole uccidere e ricavarne delle medicine. Ma perché ti interessa? …. Hakkai…?” Il rosso guardò l’amico visibilmente preoccupato: fissava il vuoto e stava tremando da capo a piedi. Gli passò un braccio sulle spalle e provò a smuoverlo, ma il ragazzo era rigido come un pezzo di legno.
“Avevi ragione tu, sai? Non ho fatto nulla… e le cose sono andate male comunque… provare non mi sarebbe costato nulla, ma…”
“Smettila di dire scemenze! – lo rimproverò aspramente Gojyo – So dove abita quel tizio, forse siamo ancora in tempo. Ma se stai qui a rimuginare e piangerti addosso, le cose andranno esattamente come allora.” Il mezzodemone capì di essere stato crudele, ad evocare così brutalmente la morte di Kanan, purtroppo era l’unico modo per risvegliare il ragazzo dal torpore e farlo reagire. Comunque ricordò a se stesso di chiedere sinceramente scusa ad Hakkai, una volta sistemata quella faccenda.
“Hai ragione Gojyo. Andiamo.”

Qualche minuto dopo i due bussavano alla porta di Kangèn.
“Il negozio ora è chiuso – rispose una voce dall’interno – tornate più tardi.”
“La prego, questa è un’emergenza, ci apra!” Hakkai continuava a bussare.
“Ma che insistenza! – il demone si decise ad aprire la porta – Allora, che volete?”
“So che stamattina ha comprato un piccolo drago bianco. Le chiedo di venderlo a me: sono pronto a pagarglielo il doppio o il triplo, faccia lei il prezzo.”
Il demone scoppiò a ridere “Tu sei tutto scemo! Chissà quando mi capiterà di nuovo l’occasione di avere materia prima così pregiata per le mie medicine, non è una questione di soldi.”
“Quel drago è un essere vivente!” urlò Hakkai.
“Non più – rispose Kangèn in tono crudele – lo stavo giusto dissanguando e credo che ormai sia… EHI!!!”
Hakkai lo spinse da parte con violenza, proiettandolo contro il muro, poi corse in casa alla ricerca dell’animale. “Brutto…” Kangèn fece per rialzarsi, ma la mezzaluna dello shakujo di Gojyo si piantò nella parete a un millimetro dal suo orecchio destro “Consiglio gratuito – disse il mezzodemone – ti consiglio di restare dove sei, altrimenti avrai un gran bisogno delle tue medicine.”
Nella stanza più interna, legato ad un tavolo, giaceva il piccolo draghetto, con un bisturi conficcato nella gola. Il suo sangue scorreva lungo una canalina, per raccogliersi in un secchiello: non ce n’era ancora molto. Hakkai tolse con delicatezza il bisturi, l’animale aprì faticosamente gli occhi, lo riconobbe e tentò di alzare la testa “No, no – disse il Hakkai con dolcezza – sei troppo debole. Non preoccuparti, ora ti curerò.” Il ragazzo concentrò la sua energia spirituale nella mano e poi la posò sul collo del draghetto, guardando con sollievo la ferita che si rimarginava velocemente. Poi sciolse le cinghie “Ecco fatto.” L’animaletto restò alcuni secondi in quella posizione, poi si alzò, quasi incredulo di non essere trattenuto da gabbie o catene. Sbatacchiò le ali e iniziò a volare “Kyyuuuuu.” Il suo tono era molto soddisfatto.
“Tutto bene qui?” chiese Gojyo, entrando nella stanza.
“Sì.”
“Quindi questa volta hai fatto in tempo.”
“…… direi di sì”
“Non penserete di cavarvela così?” Kangèn entrò nel laboratorio come una furia, scagliando lame acuminate dalle unghie. Gojyo si parò con lo shakujo, Hakkai afferrò il drago, che era sulla traiettoria dei micidiali coltelli e lo spostò. Contemporaneamente lanciò il suo ki contro il demone che si dissolse all’istante.
“Che idiota…” commentò Gojyo.
I due uscirono, seguiti dal piccolo drago. Hakkai si voltò a guardarlo e gli parlò “Ora sei libero. Ma sta più attento in futuro, ci sono uomini molto crudeli a questo mondo. Ora va’.”
Ma il drago non dava segno di volersi allontanare da lui.
“Ti ho detto che sei libero, nessuno più ti obbliga a restare in mezzo agli umani.”
Per tutta risposta il piccolo volò contro Hakkai e si arrotolò attorno al suo collo, pigolando dolcemente. “Ma… ma…” Possibile? Dopo tutto quello che aveva passato, quella bestiola aveva ancora fiducia nelle persone, ancora cercava la loro compagnia, il loro affetto?
Allora era possibile tentare da capo?
Sì, vero?
“Vedi Hakkai – disse Gojyo, inspirando fumo dalla sua sigaretta – tu puoi anche aver deciso che non vuoi più stringere a te nessuno, ma a quanto pare non puoi impedire agli altri di stringersi a te.”
Gojyo, Sanzo, Goku, ed ora quel piccolo, dolce draghetto. Tutte persone che, senza che lui lo chiedesse o lo volesse, si erano insinuate nella sua solitudine. E che pareva non volessero andare via.
Per fortuna.
Perché attraverso loro, Hakkai sentiva pian piano la vita rifluire dentro sé.
Hakkai accarezzò il draghetto sulla testa “No, pare proprio di no. Però… posso portarlo a casa, a te non da fastidio?”
“Mi pare di avertelo già detto, quella è anche casa tua adesso. Se io ci porto le mie donne, non vedo perché tu non possa portarti un drago volante.”
“Kyu Kyu!” approvò l’animale.
“Gojyo… arigatou.” Questa volta riuscì a dirglielo.
E finalmente, dopo diversi giorni, Gojyo vide il bellissimo e sincero sorriso di Hakkai. E forse, d’ora in poi, l’avrebbe visto più spesso.
“Dovresti dargli un nome.” Suggerì il mezzodemone.
“Kyu!”
“Mmh, che ne dici di Hakuryu? Ti piace?”
Il draghetto per tutta risposta gli leccò la guancia “No, fermo, mi fai il solletico!”
“Ehi, direi proprio che gli piace. Senti, portiamolo a fargli conoscere anche Sanzo e Goku.” “Però il tempio di Choan è lontano…”
Hakuryu, udite quelle parole si alzò dalla spalla di Hakkai, si posizionò davanti a loro e puf! si trasformò, con loro meraviglia, in una jeep.
“Oh!” esclamarono in coro. Hakuryu mise in moto il motore e Hakkai si sedette al posto di guida “Sei davvero molto gentile, ti ringrazio. Gojyo, ho un solo dubbio: non credo sia permesso introdurre animali al tempio di Choan.”
“E’ proprio per questo che ci andiamo, così Sanzo si infuria!” gli rispose Gojyo, facendogli l’occhiolino.
Hakkai si mise a ridere di cuore “E poi sarei io quello con il brutto carattere!”
“Speriamo che alla scimmia non venga voglia di mangiarlo.”
“Piii! Piii!” protestò Hakuryu.
“Buono, buono – Hakkai battè una mano sul cruscotto – nessuno ti farà più del male. Io avrò cura di te.
Io ti proteggerò.” Concluse in tono deciso.



NOTE:
1 = il dokko è un oggetto sacro simile ad un manubrio.

Spero che Hakkai non risulti ooc, non vorrei mi fosse venuto fuori troppo depresso.
La cosa che mi lascia più insoddisfatta di questa fiction è il titolo, ma non ho trovato nulla di meglio: qualcosa come “Hakkai e Hakuryu” mi sembrava troppo banale.
La piccola parentesi di Sanzo e Goku è molto stupida, lo so! Il fatto è che non ho avuto modo di inserirli nella storia, però una fiction su Saiyuki non è una fiction su Saiyuki senza Sanzo che minaccia di morte qualcuno, vi pare? ^__^
   
 
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