Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Rhona    04/06/2014    1 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
8. Hugo
 
 
 
 
La prima domenica di marzo la banda andò ad Argenteuil da Hugo. Portarono alcune cose da depositare e un po’ di regali –soldi e cianfrusaglie invendute-  per Hugo. Edouard ed André erano cresciuti con lui ed erano entrambi sicuri che avrebbe opposto resistenza: ma se André poteva sottrarre senza essere scoperto, perché non avrebbe dovuto saper fare il contrario?! André scese dalla carrozza con un mal di stomaco tremendo.  La strada era piuttosto accidentata: avevano allungato la via per stradicciole tortuose ed evitare di venire fermati dai saldati della guardia di Parigi. Scese barcollante e malfermo. Non vide Hugo arrivare e se ne pentì subito... «André! Come stai, amico mio!» gli stritolò le ossa nel suo abbraccio. Hugo, nonostante fosse di poco più grande di lui –aveva ventisette anni-, era molto più grasso. Perlomeno lo era da quando si era trasferito in campagna nella casa della sua bella moglie benestante. Lei, Ludivine, era una specie di nobile a quanto sapeva, non aveva mai approfondito: tacito dire che non sapesse nulla di quello che Hugo faceva per André e la banda.  «Starò bene quando mi lascerai, Hugo!» sussurrò soffocato. L’altro rise gioviale. «Edouard! Sei più magro: sempre a farti in quattro per gli altri, eh?» abbracciò anche lui. «Entrate in casa! Il pranzo è pronto.» cinse le spalle di André col braccio sinistro e quelle di Edouard col destro. «A Parigi fate la fame, ma qui si sta bene. Certo, c’è carestia, ma fra l’allevamento e i soldi ricavati ce la passiamo meglio della maggioranza.» spiegò «Per voi ho ucciso un maiale!» gli disse soddisfatto. Ad André fece piacere sapere che Hugo era ancora così legato a loro, ma si sentì in debito con lui; conoscendolo era sicuramente il maiale più grasso che aveva. Hugo abitava in un grande casale in campagna, diventato suo per matrimonio. André  trovò quella visione rassicurante, come un salto nell’infanzia, quando i Dubois lo portavano a vedere i campi ad Argenteuil. Costruito  in pietra, con l’edera che s’arrampicava fino al tetto e sette servi a mandarlo avanti, era costituito da tre piani: il piano terra con le stanze della servitù, le stalle, e una cantina. Al primo e al secondo piano vivevano Hugo, Ludivine, e i suoi due figli: Marie e Raphael, di quattro e due anni. Li fece accomodare in una stanza grande al primo piano, con un camino spento, una grande tavolata con piatti di ceramica rossa e  un gran vassoio con un maiale arrostito. Non vedeva così tanto cibo insieme su una tavola popolana da quando era stato al matrimonio di Michelle e Albert. Pierre di sedette allegro, Mathieu continuava a fissare con la coda dell’occhio Louise, Jules guardava il maiale con aria famelica. Edouard e André si sedettero di fronte ad Hugo e a sua moglie. Hugo aveva una gran chioma nero pece, riccia e talmente ingarbugliata che André non era mai riuscito a vedere l'amico pettinato... Era alto, né magro né grasso. Ludivine, al contrario, era una biondina pallida e magrissima. Bassa e con la tendenza a sottomettersi. Hugo era un tipo piuttosto vorace, ma fra un boccone e l’altro riusciva a parlare perfettamente: André non aveva mai capito come facesse...
«Allora: come vanno gli affari, André?» chiese a bocca piena.

«Piuttosto bene: c’è molta gente ansiosa di donare i suoi averi alla nostra associazione...» fece l’occhiolino.
«Ma io non parlavo di quegli affari!» sghignazzò gioviale «Parlo di te! Stai sempre a correre dietro alle donne, sciupafemmine?!» rise di gusto. André fissò il boccone che roteava da parte a parte nella bocca del commensale, pur di non pensare alla domanda. “Sì: il problema è che qualcuna ha cominciato a scappare...” pensò.  Madeleine, Madeleine, Madeleine... stava diventando un’ossessione. «Mi conosci, Hugo. Non credo smetterò mai! E non credo che loro smetteranno mai di correre dietro a me!» mentì spudoratamente. La verità era che si sentiva depresso. Era andato di nuovo a Versailles, facendosi vedere da Madeleine che attraversava il giardino. Indossava un cappello a tesa larga, una camicia pregiata con un busto in pelle rigida, i pantaloni  e degli stivali dello stesso colore del bustino; con ogni probabilità andava a cavallo. Purtroppo però aveva anche un frustino, appunto, e aveva ben pensato di usarlo per costringerlo ad andarsene. André non l’aveva presa sul serio e lei gli aveva fatto diventare una mano rossa ...col frustino... L’aveva spiata diverse volte a Versailles, senza farsi notare. Una volta l’aveva vista giocare a fazzoletto con altri nobili. Indossava un semplice abito bianco con dei nastri verde scuro che fasciavano il corpetto. I capelli sciolti le stavano molto meglio di quelle assurde acconciature. Li aveva ricci, vaporosi, gonfi e castani. Rideva, scherzava, sembrava piuttosto felice della vita che faceva; ma quando era sola sembrava triste, insoddisfatta. «Non cambi proprio mai!» esclamò Hugo e riprese a ridere. Non parlarono più di donne.  Il maiale finì presto, così come il vino che Hugo aveva incautamente posato vicino a Jean. Le donne -Louise compresa- presero i bambini per portarli a dormire nel primissimo pomeriggio. «Io sono vecchio per andare a dormire: tanto fra poco dormirò per sempre, a cosa serve riposarmi ora?!» Jean cominciò a ridere.
«Pierre, partitina?» chiese invitante Henri, tirando fuori il mazzo di carte dalla giacca.
Pierre rispose svogliato. «Non giocherò più a carte con te e Philippe insieme: siete dei bari.»
«Noi?» chiese sarcastico Philippe.
«Ma stai parlando di noi due?» chiese anche Henri.
«Facete solo finta tanto!A me non mi piace per niente quando mi pigliate in giro così, a me... oh!» sembrava un poppante quando cercava di spuntare una conversazione con qualcuno.
Poi Philippe si finse sorpreso: «Pierre, sei sicuro di star bene?» spalancò gli occhi «Vaneggi, dici cose senza senso. Parli e sbagli a parlare. Ed ora che guardo meglio hai anche delle strane macchioline nere sul collo.»
«Non prendermi in giro, idiota!»
Henri mise carne sul fuoco «No, no... È  vero.»
«Piantatela!»
«André, guarda!» gridò Edouard.
André finse: «O mio Dio! Ma cos’hai Pierre?»
«Nulla! Ma smettetela, non ho nulla!»
«Hai delle macchie nere, sempre di più...» si finse disperato Mathieu.
Gilbert intervenne funereo: «È  la peste...»
«Peste?» chiese impaurito Pierre. Ora ci stava credendo.
«Sì,» asserì Gilbert serioso. Poi si tradì e cominciò a sghignazzare «la peste degli idioti!» scoppiarono tutti a ridere. Pierre spinse Philippe per una spalla. «Che bastardi che siete...»
«Non siamo noi: sei tu che ci caschi, Pierre.» rispose Edouard.
«Un ratto, un ratto!» urlò Mathieu.
«Dove?» chiese disperato Pierre. Risero tutti nuovamente.
Jean accordò il violino e cominciò a suonare.
Henri e Philippe fecero diverse partite a carte contro Hugo ed Edouard. Più tardi si aggiunsero anche Gilbert e Pierre. Le donne restarono al piano superiore per parecchio tempo. André prese a passeggiare dapprima intorno alla casa, poi prese il largo verso i campi lasciati al pascolo. Mathieu venne con lui. Era piuttosto spazientito, evidentemente non vedeva l’ora che Michelle smettesse di fare il cane da guardia a Louise. André indicò un rudere in lontananza. «Quella casa è sempre stata disabitata: mi ricordo che quando i Dubois mi portavano qui finivamo sempre là dentro se pioveva.»  sorrise.
Mathieu non ascoltava molto. «Non sono in vena.» mormorò.
André gli sorrise. «Louise?»
Annuì. Sembrava sull’orlo del collasso. «Ma non è lei il problema.» le lacrime si affacciarono sui suoi occhi. «Michelle dice che lei è troppo piccola. Ma le ragazze nobili si sposano a quattordici anni. Ormai lei ne ha quasi quindici, André... »
«E tu quasi diciotto, Mathieu: è naturale che Michelle sia preoccupata per sua figlia.»
Mathieu lo guardò negli occhi, aprendo le braccia. «Ma non può neppure rilegarla in una stanza con una cintura di castità!»
André era piuttosto dubbioso: «Con Michelle come madre non ci metterei la mano sul fuoco...»
«Io mi torturo e tu scherzi...» sospirò. André gli passò il braccio sulla spalla. «Tieni duro ed aspetta: Louise penserà a sua madre.» Mathieu sorrise malinconico.
«Tu?»
«Io cosa?!»
«Non far finta di non capire: sono settimane che vai a Versailles con Edouard a fare non so cosa.» gli rivolse un’occhiata complice. «Chi è?»
«Madeleine...»
«Ancora quella?»  lo interruppe. «Complimenti: da un mese corri sempre dietro alla stessa, ti sei superato.» osservò.
«È che ancora non cede»
«“Tieni duro e aspetta.”» lo canzonò.
«Detta così sembra facile.» disse assorto. «Ma Madeleine non è affatto facile...»
«Mathieu!» chiamò Gilbert. «Pierre è impedito! Non può giocare a carte come si deve. Ci vieni tu a far coppia con me?»
André rise. «Ormai hanno capito che li frego tutti se gioco io! È  finita la pacchia.»
«Ma come fai?» gli chiese.
«Facile quando hai segnato ogni carta importante del mazzo con un simbolo...» sussurrò, girando i tacchi per tornare in dietro.
 
 
VERSAILLES
 




Marie Antoinette non aveva figli maschi. Peggio ancora, non aveva figli... Non che Louis non si applicasse, ma Antoinette credeva che lui non avesse mai... mai... si vergognava solo a pensarlo: suo marito non riusciva a provare piacere, ne conseguiva che non riuscisse a fecondarla. Oddio, cosa pensava?! Si era chiesta più volte se Fersen sarebbe riuscito a ... “no, basta con certi pensieri: sei una futura regina!” si disse. Ma ormai Louis, complice il fatto che sembrasse provare addirittura dolore nell’atto sessuale, riperdeva interesse per lei e si rifugiava di nuovo nella bottega del fabbro della reggia. Avrebbe tanto voluto che la guardasse di sottecchi, che le sorridesse di nuovo dolce o che desse almeno un accenno di amicizia. Forse credeva che il non provare piacere dipendesse da lei? «Sì, sono d’accordo.» asserì convinta a non sapeva quale affermazione, rivolta alla principessa Adelaide: ipocrita fino in fondo. Posò delicatamente la tazzina del tè sul piattino, che appoggiò a sua volta sul piccolo tavolino di madreperla. Accanto a lei c’era Madeleine, con un espressione rivelatrice sulla situazione: era annoiata ed infastidita. Erano due contro tre: era una lotta impari. «Ma a Parigi stanno tutti davvero impazzendo, indipendentemente da quello che facciamo noi qui.» disse la principessa Vittoria.
«Infatti!» concordò la sorella.
La principessa Sofia scosse la testa «Ci sono tanti di quei ladri, che... L’altro ieri il mio valletto è andato alla bottega di Rose Bertin a Parigi e per poco non gli rubavano anche i vestiti! Fortunatamente aveva già pagato il saldo. Non capisco perché debbano lamentarsi: Parigi è la città più bella di tutto il mondo, dovrebbero essere felici di vivere qui!»
Marie Antoinette si chiese perché il Buon Dio, nella Sua infinita sapienza,  avesse tripartito il cervello delle sorelle...
«Poi ci sono anche i ladri professionisti, ora:  la sapete questa,  Altezza?»  chiese Adelaide. Antoinette non rispose, sapeva che comunque avrebbe risposto Adelaide avrebbe fatto sfoggio della sua cultura sulla Parigi mondana e non.
«Avete sentito di quel mentecatto che se ne gira per i tetti con la sua banda?» le chiese Sofia.
«Quel... com’è che si chiama, Vittoria?» intervenne Adelaide.
Questa di fece avanti con il busto e spalancò gli occhi: «Monsieur Dubois!»
Madeleine si lasciò scivolare la tazza dalle mani. Toccò terra e si ruppe con un rumore che la infastidì. Madeleine sembrò agitata. Si chinò a terra a cogliere i pezzi.
«Tutto bene, Madeleine?» chiese sinceramente preoccupata.
Lei si affrettò a rispondere. «Sì,  non preoccupatevi!»
Le “Madames Tantes” si alzarono con calma. «Forse è meglio che riposiate, Madeleine.» sorrise Vittoria. Con i dovuti ossequi, lasciarono la sua presenza.
«Cos’avete, Madeleine?» chiese quando furono sole.
Lei cominciò a piangere, inginocchiata a terra.
«Io devo raccontarlo a qualcuno, Altezza. E mi dispiace doverlo dire proprio a voi che avete tanti pensieri, ma siete l’unica di cui io mi possa fidare!» cominciò esasperata.
«Parlate.» la esortò dolcemente, battendole la mano sulla spalla per tranquillizzarla.
«Quella domenica sera di gennaio, all’Opera...» iniziò, parlando sottovoce.
«Sì, c’era anche Dubois, l’abbiamo visto tutti.» la interruppe.
«Si, lo so: ma voi ricordate l’uomo che mi chiese di ballare? Voi mi spingeste contro di lui.» Antoinette annuì. «Quell’uomo si è presentato semplicemente come André. Ma poi, mentre eravamo sulla balconata... mi ha detto... ha detto che il suo mestiere era di rubare ai ricchi per dare ai poveri, poi ha detto di essere Dubois. Poco dopo l’ho incontrato sullo scalone e mi ha salutato dicendomi che ci saremmo rivisti...» singhiozzò, ma poi si riprese «La settimana dopo me lo sono ritrovata nella vostra stanza, mentre vi portavo il libro di Rousseau, mi ha chiesto di parlare. Io non ho voluto e alla fine mi sono messa a gridare e se n’è andato. Poco tempo dopo l’ho sorpreso a spiarmi da dietro un albero, quel giovedì che avevamo deciso di andare a cavallo. L’ho cacciato via col frustino, ma continuo  a vederlo spuntare fuori dagli alberi qualche volta. Mi sento il suo sguardo sulla pelle, quando sono qui, quando sono a casa mia, quando passeggio o faccio il bagno o quando...» scoppiò in lacrime. Marie Antoinette l’abbracciò. Lei continuò a parlare. «Oggi mi sono fatta accompagnare a Alain finché non ho incontrato la Lamballe. Io non ce la faccio più... Non l’ho detto a nessuno perché ho paura che lui possa...  Quell’uomo attraversa i muri, Altezza: io non so come faccia a non essere visto! Voglio solo che sparisca dalla mia vita e che quest’orribile sensazione se ne vada via con lui...» calmò il respirò.
Non credeva che le attenzione amorose che avrebbe tanto desiderato da parte di Louis, potessero far tanto male.
 
 


 
ARGENTEUIL
 


«Usa queste!» Hugo gli consegnò delle maschere bianche, dal naso lungo e piuttosto losche e pittoresche «Il padre di Ludivine le ha prese da un fabbricante di maschere a Venezia. Sono d’ottima fattura; ideali per una strana banda di ladri. Devi ammetterlo: sono suggestive.»
André le osservò. «Già, lo sono sicuramente.» alzò gli occhi verso l’amico. «Grazie di tutto Hugo.»
L’amico gli sorrise. «Di nulla, André.» Per un attimo Hugo si perse a fissarlo, mentre André maneggiava le maschere bianche.
«Mi ricordi Francis Dubois, anche se non era tuo padre.» osservò.
André sospirò e sorrise.
«Perché lo fai?» chiese di punto in bianco.
André gli rivolse uno sguardo significativo. «Tutti si chiedono sempre perché io faccia il ladro. Dovrò pur passare il tempo anch’io, no?»
«No. André se lo fai per cercare i tuoi ge...»
André non voleva sentire altro. «Non voglio sentirmi dire da un altro che è impossibile: non è facile, questo non significa che non sia possibile. Io posso. Magari qualcuno ha visto o sentito qualcosa a proposito di...»
«Di una cameriera che ha partorito un bastardo?» domandò retoricamente. «Sei figlio di un generale, questo è quanto più puoi pretendere di sapere a parer mio. Sai quanti generali ci sono a Parigi, o in tutta la Francia?»
Un’idea si accese in André. «Dovrebbero essere tutti segnati nei registri di corte, vero?»
Hugo sorrise e scosse la testa: sapeva che se André si fissava su qualcosa, questa cosa sarebbe stata fatta. «Sì, ma solo qualcuno che lavori o che viva a Versailles può avere accesso completo a quei registri. Ti basterebbe avere un servitore come infiltrato.» Henri e Philippe distrassero Hugo e chiamandolo per un'altra mano a carte. 

«Ma io conosco molto più di un servitore a Versailles...» sussurrò senza che nessuno lo sentisse.




 
NOTE:
Ok, ho dovuto ritoccare un paio di cose per la trama ma eccoci qui! Anche il prossimo capitolo è in scrittura, non credo che aspetterete troppo, anche perché è un capitolo piuttosto interessante da un certo punto di vista... Il rating l’ho abbassato al giallo dato che per la parte un po’ più violenta e piccante bisognerà aspettare un po’.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Rhona