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Autore: Fragolina84    04/06/2014    1 recensioni
Sequel di "I belong to you"
"Non posso smettere di essere Iron Man perché il mio compito è proteggervi"
Il palladio gli sta avvelenando il sangue e l'America è di nuovo sotto attacco terroristico. Iron Man dovrà cercare la Chiave del Domani per salvare se stesso e le persone che ama.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Victoria ora sa tutta la verità:
ed ecco che torna il nostro Nick Fury.
Alcuni dialoghi, così come alcune scene descritte qui sotto, sono tratti dal film,
anche se leggermente modificati per adattarsi alla mia storia
(è un vero peccato che non ci sia stato posto per la splendida battuta
"Signorino! Devo pregarti di uscire dalla ciambella!" che sicuramente ricorderete!).
Buona lettura!

E grazie infinite a chi sta seguendo il mio lavoro lasciandomi i propri commenti.

 

«Tu hai fatto cosa?» chiese Tony, il tono di voce tagliente come un laser.
«Ho conosciuto il direttore Fury alla presentazione di Luna Blu. Lui sapeva di te, sapeva dei tuoi “problemi” e mi ha dato il suo biglietto da visita. Dopo che sei svenuto, non riuscivamo a svegliarti e ho deciso di chiamarlo».
«Non sono l’unico che ha dei segreti allora» mormorò.
«Ehi, io non ti ho nascosto che il palladio mi stava avvelenando il sangue» replicò, ma sapeva che come scusa era piuttosto labile.
«Signore, che devo fare con lo S.H.I.E.L.D.?» chiese di nuovo Jarvis.
«Falli atterrare» rispose Tony, tenendo lo sguardo fisso negli occhi di Victoria.
«Mi dispiace, Tony» disse lei quando non riuscì più a sostenerne lo sguardo.
Tony sospirò. «La colpa è solo mia. Avrei dovuto gestire tutto in maniera diversa». Le circondò le spalle con il braccio. «Andiamo di sopra».
Happy e Gary li avevano raggiunti in salotto e si posizionarono ai lati dei due, pronti ad intervenire in caso di bisogno.
Nick Fury entrò, seguito da altre due persone. Il primo era un uomo di mezza età, un po’ stempiato, vestito in pantaloni e giacca neri, camicia bianca e cravatta nera. Sembrava un impiegato di banca, ma lo sguardo diretto e la linea decisa della mascella lo classificavano come un agente dello S.H.I.E.L.D.
L’altra era una donna. Aveva i capelli rossi e gli occhi verdi. Indossava un’aderente tuta nera che lasciava ben poco all’immaginazione, con un cinturone agganciato in vita. Sulla spalla sinistra Victoria vide lo stemma dell’organizzazione.
Fury indossava lo stesso lungo impermeabile di pelle nera che aveva alla biblioteca, le cui falde sbatterono come un vessillo quando si avvicinò a Tony.
«Cerca di non fare confusione, se mi svegli la bambina che dorme al piano di sopra, toccherà a te farla addormentare» attaccò Tony, ma l’altro non si scompose.
«Tony» disse a mo’ di saluto, girandosi poi verso Victoria. «Grazie per avermi chiamato».
«Già, si è trattato di un malinteso» intervenne Tony. «Ora è tutto a posto. Ci dispiace di avervi fatto venire fin qui, ma è tutto ok».
«Lasciate che vi presenti l’agente Phil Coulson» disse Fury senza badare minimamente a Tony e indicando l’uomo alla sua sinistra e ignorando del tutto la ragazza con i capelli rossi che si era avvicinata alla vetrata che dava sull’oceano e guardava fuori.
Tony si girò a guardare cosa stesse facendo e nel movimento scoprì il collo, mostrando i segni violacei che stavano risalendo fin sotto l’orecchio.
«Non promette nulla di buono» disse Fury, osservandoli.
«Sono stato peggio» replicò Tony.
La ragazza si avvicinò.
«Vi presento l’agente Romanoff» disse Fury.
«Sono un’ombra dello S.H.I.E.L.D.» disse con voce bassa e roca. «Quando si è ammalato, il direttore Fury mi ha assegnato a lei».
Tony girò lo sguardo verso Happy. Non proferì parola, ma quell’occhiata diceva: ne parliamo più tardi: se la ragazza gli era stata addosso tutto quel tempo e nessuno se n’era accorto, avevano un problema di sicurezza. Poi gli fece un cenno con il capo e congedò lui e Gary che uscirono dalla stanza.
Senza chiedere il permesso, Fury sedette sul divano mentre Coulson e la Romanoff rimasero in piedi. Tony e Victoria sedettero dall’altro lato rispetto a Fury.
«Sei stato molto impegnato» riprese Fury. «Hai nominato quella ragazza amministratore delegato, hai dato via tutte le tue cose. Se io non sapessi come stanno le cose…» ma Tony lo interruppe.
«Non sai come stanno».
Fury inarcò un sopracciglio e rimase zitto.
«Che cosa volete?» chiese Tony, lanciando un’occhiata verso Natasha che non si era mossa.
«Che cosa vogliamo noi?» domandò Fury in tono esasperato. «No, no, che cosa vuoi tu. Che cosa vuoi tu da me, visto che tu sei diventato un problema. Un problema che io, a questo punto, devo gestire. E ti vorrei ricordare che tu non sei il centro del mio universo, ho problemi ben più importanti da risolvere giù nel sudovest».
Tony era infastidito: non era abituato a sentirsi parlare in quel modo. All’improvviso Fury schioccò le dita. Né Tony né tantomeno Victoria avevano visto l’agente Romanoff muoversi ma ecco che la ragazza di materializzò a fianco di Tony e lo colpì al collo con qualcosa.
Tony sussultò lanciando un gemito, mentre Natasha sedeva al suo fianco.
«Oddio» imprecò «volete rubarmi un rene e venderlo?»
Natasha gli girò la testa verso di sé.
«Che cosa mi avete fatto?» domandò Tony e, sotto gli occhi stupefatti di Victoria, i segni sul collo regredirono fino a scomparire sotto la camicia.
«Abbiamo fatto qualcosa per te» spiegò Fury. «Ti placherà i sintomi, è biossido di litio. Vogliamo farti tornare al lavoro».
«Stai bene, Tony?» domandò Victoria e lui annuì. Poi si rivolse di nuovo a Fury: «Datemene un paio di confezioni e tornerò come nuovo».
«Non è una cura, riduce solo i sintomi» intervenne Natasha.
«Rimediare completamente non sarà facile» commentò Fury.
«Lo so, me ne intendo di queste cose» disse Tony con un mezzo sorriso sarcastico. «Sto cercando un elemento che possa rimpiazzare il palladio. Ho provato qualunque combinazione, ogni permutazione di tutti gli elementi noti».
«Beh, vorrei avvisarti che non le hai provate tutte» replicò Nick e schioccò le dita all’indirizzo di Coulson. L’uomo si voltò e uscì.
«Quella cosa che hai in mezzo al torace è basata su una tecnologia incompleta» affermò Fury, riportando su di sé l’attenzione.
«No, era completa. Era… non è stata molto efficace finché non l’ho miniaturizzata e installata nel mio…»
«No» lo interruppe Fury, cosa che a Tony dava fastidio ma che sopportò senza fiatare. «Howard disse che il reattore Arc era un trampolino per qualcosa di più grande, l’inizio di una corsa allo sviluppo di energie alternative che avrebbe offuscato quella agli armamenti». Victoria guardava il marito che sembrava perplesso di fronte alle parole di Fury e al suo sostenere di conoscere suo padre. «Si trattava di qualcosa di grosso» proseguì l’uomo «una cosa talmente enorme che a confronto il reattore nucleare sarebbe sembrato una pila ricaricabile».
Tony strinse la mano di Victoria; poi si alzò e raggiunse il mobile bar, versandosi uno scotch. «Qualcuno prende qualcosa?» domandò ma nessuno gli rispose. Con il bicchiere di liquore ambrato in mano tornò a sedere accanto alla moglie.
Bevve un sorso e guardò Fury negli occhi: «Hai detto che non le ho provate tutte. Che cosa intendevi dire? Che cosa non avrei provato?»
«Lui disse che tu eri l’unica persona con i mezzi e la conoscenza per portarlo a compimento» disse Fury, riferendosi di nuovo al padre di Tony.
«Ha detto così?» chiese Tony. Era piuttosto evidente che non credeva ad una sola parola che usciva dalla bocca del direttore dello S.H.I.E.L.D.
Fury mugugnò il suo assenso. «Sei tu quell’uomo? Sei tu? Perché, se fossi tu, saresti in grado di risolvere l’enigma del tuo cuore» concluse, tenendosi verso Tony.
Tony tacque, poi scosse la testa. «Non so come ti procuri le informazioni, ma lui non era un mio grande fan».
«Che ricordo hai di tuo padre?»
«Era freddo. Era calcolatore. Non mi ha mai detto ti voglio bene, non mi ha mai detto che mi stimava. Quindi per me non è facile digerire che lui abbia detto ad altri che il futuro dipende da me e che sono l’unico in grado. Tutto questo non mi quadra. Parliamo di un uomo il cui giorno più bello fu quando mi spedì in collegio». Tony bevve un altro sorso di whisky e si appoggiò allo schienale.
«Questo non è vero» obiettò Fury.
«È chiaro che conoscevi mio padre meglio di me, allora»
«In effetti è così. Era uno dei membri fondatori dello S.H.I.E.L.D.» disse, gettando uno sguardo all’orologio che aveva al polso.
In quel momento Coulson rientrò, reggendo una cassa. La posò accanto a Fury che si alzò.
«Che succede?» chiese Tony, alzandosi in piedi a sua volta.
«Ora devo andare».
«Fermo, fermo, fermo!» esclamò Tony. «Che cos’è?» domandò poi, indicando la cassetta.
«Va bene, è tutto a posto, ok?»
«No, non è a posto».
«Te ne occupi tu, d’accordo?»
«Occuparmi di cosa? Non lo so di cosa devo occuparmi».
Victoria seguiva quello scambio sentendo la tensione montare in suo marito. Gli sfiorò la mano con la propria, facendogli sentire che era vicina, che lo sosteneva. Le spalle persero un po’ di rigidità e lui le strinse la mano.
Fury si rivolse a Victoria. «Lei dovrebbe andarsene, allontanarsi da Tony. Per la sua sicurezza e per fare in modo che lui si concentri come dovrebbe». Ma non aveva ancora terminato di parlare che già Victoria scuoteva la testa.
«No. Io non me ne vado».
«Mi creda» disse Fury, «è meglio per tutti».
«Siamo già stati separati e non ci fa bene. Ed Elizabeth ha bisogno di suo padre» replicò Victoria, alzando la voce.
Tony fissava la cassetta. C’era stampigliato sopra “Proprietà di Howard Stark”.
«Tesoro, mi secca, ma credo che Fury abbia ragione». Lei aprì la bocca per protestare, ma Tony la bloccò. «Nemmeno io so spiegarti perché, ma sento che ho bisogno di stare da solo».
Lei ci pensò su un po’, poi sospirò. «Va bene. Se pensi che sia meglio».
«Tu devi fare la presentazione di Luna Blu a New York, giusto?» affermò Tony. «Sarai così impegnata che non ti accorgerai nemmeno della mia assenza e quando tornerai sarò tutto nuovo». Sorvolò sul fatto che, quando fosse tornata, avrebbe potuto essere troppo tardi. Allontanare Victoria non era una cattiva idea: non voleva che fosse presente nel caso in cui… non voleva pensarci.
Quando gli agenti dello S.H.I.E.L.D. si congedarono, Victoria disse che sarebbe andata a fare una doccia mentre Tony raccolse la cassetta e scese nel seminterrato. La posò sulla scrivania, accarezzando con le dita il nome di suo padre inciso sul coperchio.
La sua mano si fermò sulla cerniera di chiusura in modo quasi involontario.
«No, non oggi» disse a se stesso, ritirando la mano. Aveva bisogno di Victoria e, considerato anche che stavano per separarsi – solo temporaneamente, sperava – ne aveva bisogno subito.
Salì le scale fino in camera da letto. Sentiva l’acqua scrosciare nel bagno, dietro la porta chiusa. La camicia di Victoria era posata sul loro letto e lui la prese e l’avvicinò al viso. Era impregnata del profumo di lei, così intenso che avvertì un’acuta fitta di desiderio.
Lasciò cadere la camicetta della moglie ed entrò in bagno. I vetri della cabina doccia erano appannati dal vapore, ma riusciva a vederla in trasparenza. Gli voltava le spalle e non lo aveva sentito. Si passò le mani sui capelli bagnati, poi le appoggiò sul muro di fronte a sé e rimase sotto il doccione, immobile.
Tony gettò via scarpe e calze e aprì la porta della doccia. Victoria sussultò e si voltò di scatto.
«Tony, mi hai spaventata» sussurrò, portandosi una mano al petto come a voler rallentare il sobbalzo del suo cuore. L’uomo entrò nella doccia e la baciò.
L’acqua calda gli scorse lungo il corpo, inzuppando la camicia e i jeans, ma a Tony non importava di nulla che non fosse il corpo sodo e nudo a cui si stringeva. La spinse con irruenza contro la parete piastrellata, baciandola con tutta la passione accumulata in quei lunghi giorni di forzata astinenza.
Gli bastò sfiorarle le labbra con la lingua e lei aprì la bocca, lasciandolo entrare. La voleva più di qualsiasi altra cosa avesse mai desiderato in vita sua, ancor più della prima volta. Fu preso da una sorta di frenesia, come se quella fosse l’ultima volta che stavano insieme e cercò di non pensare a quanto fosse vicino alla verità quel pensiero appena formulato.
Victoria gli infilò le mani tra i capelli fradici, inarcandosi per appoggiarsi a lui e sentendo la sua eccitazione trattenuta dai jeans. L’uomo abbassò il capo e la baciò sul collo, sentendo sulla lingua il sapore di vaniglia e spezie del suo bagnodoccia.
«Tony!» sussurrò lei. «Rallenta, per favore» ansimò.
Lui alzò la testa, fissandola negli occhi. Aveva lo sguardo vacuo, le pupille dilatate dal desiderio. Victoria sentì l’eccitazione montare dal basso ventre e diffondersi come fuoco liquido nelle vene.
«Non parlare» disse con voce talmente arrochita da non sembrare nemmeno la sua. Le mise una mano sul collo, spingendola di nuovo contro il muro e impossessandosi della sua bocca.
Victoria fu contagiata dalla sua urgenza. Afferrò la camicia dallo scollo e tirò: i bottoni si strapparono, tintinnando contro i vetri della doccia e finendo a terra. Si incollò a lui, il seno nudo che scivolava sul suo petto mentre si baciavano o, per meglio dire, si divoravano a vicenda.
La donna, stordita da quell’assalto, non capì come avesse fatto lui a liberarsi dei jeans e dei boxer ma all’improvviso fu nudo anche Tony. Le circondò la vita con un braccio e la sollevò, bloccandola fra sé e il muro della doccia, mentre Victoria gli allacciava le caviglie dietro la schiena e si sosteneva aggrappandosi alle sue spalle.
L’atmosfera era talmente rovente che fu affare di poco, ma la passione li lasciò devastati come se fosse passato su di loro un uragano. Tony la mise giù con delicatezza, ma non lasciò che si spostasse. Posò il palmo della mano sulle piastrelle mentre con l’altro braccio le circondava ancora la vita e chinò la testa su di lei, depositandole una scia di delicati baci nell’incavo del collo e sulla spalla.
Entrambi ansimavano come dopo un allenamento intensivo in palestra. Victoria gli accarezzò i fianchi, risalendo lungo la schiena, sentendo sotto le dita le cicatrici che lui aveva sul dorso, danni riportati nelle battaglie sostenute nei panni di Ironman.
«Non so cosa mi sia preso» si scusò Tony.
«Vuoi un consiglio, Stark? Non scusarti quando fai sesso in questo modo con una donna» ridacchiò Victoria e anche lui si unì alla sua risata. Poi si fece serio e la guardò negli occhi.
«Ti amo, Vicky. Perdonami se non ti ho detto nulla della mia situazione».
Victoria lo baciò sulle labbra con delicatezza, bloccando le sue parole. «Ora basta, Tony. Non ha senso tormentarsi così. Ciò che è stato, è stato e non cambierà neanche se continuiamo a rivangarlo»
«Hai ragione» disse, cercando di nuovo la sua bocca per baciarla.
«Signora, Zoey ha bisogno di lei» la avvisò Jarvis.
«Vado subito, Jay».
La donna uscì dalla doccia e si avvolse in un soffice accappatoio. Sulla porta del bagno, si girò a guardarlo.
«Mi aspetti a letto?» chiese e quando lui annuì, Victoria uscì.
Una volta che ebbe finito di allattare la bambina e l’ebbe rimessa nel suo lettino, tornò in camera, ma Tony stava già dormendo. Indossava solo i boxer ed era supino, un braccio dietro la testa. Victoria gli spostò delicatamente il braccio e Tony non si mosse nemmeno.
Grazie al biossido di litio, i segni sul petto si erano attenuati ma non erano spariti del tutto, quasi per ricordare loro che la questione non era per nulla risolta.
Victoria aggirò il letto e si coricò al suo fianco. Tony solitamente aveva il sonno leggero eppure non diede cenno di averla sentita. Sicuramente erano mesi che non dormiva bene e ora l’aver condiviso con lei quel peso che gli gravava sull’anima l’aveva tranquillizzato, tanto che non si mosse nemmeno quando lei gli si raggomitolò addosso.
Gli appoggiò la testa sulla spalla e si addormentò.
  
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