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Autore: KikiShadow93    06/06/2014    12 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccola avvertenza: per evitarvi ricerche inutili, alla fine del capitolo ho messo un piccolo angolino dove ci saranno le traduzioni delle frasi in lingua straniera :)
Beh, detto questo... Buona lettura!

 
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«Io veramente non ti capisco!» sbotta per l'ennesima volta Akemi, cercando di ripararsi dalla pioggia battente grazie alla felpa sformata che sorprendentemente indossa «Me lo spieghi di nuovo?!»
Ace sbuffa esasperato, steso a peso morto sulla polena della nave, intento a fissare il cielo.
Non sa neanche lui da dove sia partita quella conversazione, come siano finiti a discuterne così animatamente, perché la sua grande amica si sia impuntata su questo argomento con tanto accanimento, ma ormai ci si trova dentro e tanto vale continuare.
«Come fai a non capirlo, dannazione?! Non ci vuole mica un genio!» sbraita Ace, cercando di non badare alle fastidiosissime gocce d'acqua che gli picchiettano ritmicamente sulla pelle calda «Io sono condannato ad un'esistenza dannata per colpa sua. Sono considerato il figlio del Demonio dal mio primo respiro... ho ucciso mia madre! Come posso non odiarlo?»
«Gol D. Roger era un grandissimo pirata, Ace. Probabilmente non ci sarà mai nessun altro come lui, neanche tra cent'anni! Come puoi non essere fiero di essere figlio suo? Come puoi dire di essere una specie di Demonio?» controbatte prontamente la corvina, calcandosi meglio il cappello arancione che l'amico le ha gentilmente prestato per coprirsi dalla pioggia «E comunque, tanto per essere pignoli, tu non hai ucciso volontariamente tua madre. Lei ti ha protetto finché ne ha avuto la possibilità perché ti amava immensamente, Ace. Il figlio del Demonio non avrebbe certo avuto un simile trattamento, non torvi?»
«Tu non capisci-»
«Prego?» lo guarda con aria di scherno, passandogli poi una mano tra i capelli bagnati, lasciandolo perplesso «Ace, io sono stata abbandonata in una cesta incatramata non appena sono venuta al mondo. Non so se lo hanno fatto per mettermi in salvo da qualcosa o più semplicemente perché non mi volevano, ma in ogni caso non ero desiderata.» afferma con tono sicuro, nascondendo alle perfezione il dolore che le sue stesse parole le provocano, come delle coltellate nello stomaco «Roger invece voleva esserci per te. Gli è dispiaciuto non poterti crescere, e lo sai pure tu. Sennò perché mai affidarti alle cure di Garp? Avrebbe potuto benissimo tenere la bocca chiusa e sbattersene, lo sai benissimo, invece voleva essere sicuro che un uomo di cui si fidava si prendesse cura di te e ti proteggesse. Non puoi odiarlo.» conclude con tono sicuro, sorridendogli nel modo più gentile che ha nel suo repertorio.
«Posso e lo faccio.» soffia in risposta Ace, facendole roteare gli occhi al cielo per la frustrazione.
«Testardo come un mulo, eh?» commenta sarcastica la corvina, decidendo di abbandonare quell'inutile discussione. In realtà si considera più che fortunata per non essere stata ridotta in cenere dopo aver nominato Roger, quindi è assai meglio per lei non tirare troppo la corda.
«È anche per questo che mi adori, mh?»
I due si guardano per un lungo istante dritto negli occhi, sorridendosi complici, per poi finire l'uno tra le braccia dell'altra in un gesto affettuoso.
Non c'è più niente di malizioso nei loro gesti. Certo, di tanto in tanto la battuta ci scappa, ma niente più di quello. Anche perché ormai il nostro caro secondo comandante sembra aver messo i suoi dolci occhietti d'ebano sulla rossa navigatrice del suo adorato fratellino.
Si vocifera, infatti, che presto o tardi avranno nuovi alleati al loro fianco, dopo che la notizia di questa momentanea cotta è venuta a galla.
«Ti adoro solo perché sei dolce e mi permetti di scappare non appena arriva il babbo!» scherza sorridendogli con aria furbetta Akemi, facendogli l'occhiolino.
Ace semplicemente stringe un braccio attorno alle sue spalle e poggia la testa sulla sua, ammirando il mare agitato di fronte a sé. Lo trova semplicemente magnifico, così furioso ed indomabile, proprio come loro.
«A proposito del babbo, sta arrivando. Meglio se mi dileguo!» afferma di punto in bianco Akemi, scattando in piedi come una molla e dirigendosi a grandi falcate verso il sottocoperta, più che decisa a continuare ad evitarlo come fa da una settimana, da quando è stata sgridata di fronte a tutti e pure picchiata.
«Prima o poi dovrete chiarirvi.» le urla dietro Ace, stufo di quell'assurda situazione.
«Scelgo poi!» urla di rimando la corvina, facendogli la linguaccia e sparendo subito dopo dal suo campo visivo.
'Che imbecille...' pensa sconsolato il secondo comandante, notando in lontananza una piccola imbarcazione simile al suo striker sfrecciare ad elevatissima velocità ed una chioma bionda e verde ondeggiare nel vento.

Ogni volta che mette piede nella propria stanza si sorprende sempre di più di quante cose abbia accumulato nel tempo e di quanto la sua pignoleria sia andata a farsi un giro, lontano, lontano.
Zampetta tra i vari oggetti abbandonati al suolo, cercando con tutta sé stessa di non smusarsi come una scema, mentre, allo stesso tempo, si sfila di dosso i vestiti ormai fradici.
Quando però si volta, riesce a trattenere a stento un urlo di sorpresa nel ritrovarsi di fonte Marco. Non si era minimamente resa conto del suo arrivo, troppo presa dai propri pensieri.
«Ehi!» lo saluta calorosamente, avvicinandolo con un grande sorriso in volto.
Quando però prova ad abbracciarlo e dargli il loro primo bacio della giornata, Marco le blocca con forza i polsi e l'allontana «Che è successo?»
L'uomo non le risponde, camminando per quel caos con sguardo concentrato e, si, furioso.
Non ce la fa più. Tutta quella situazione è diventata insostenibile per lui e non riesce davvero più a tenersi tutto dentro.
«Non ce la faccio.» soffia, puntando con odio l'enorme pupazzo che beffardo lo fissa a sua volta.
«Dimmi qual è il problema.» afferma con tono pacifico la minore, malgrado sia pienamente consapevole che il compagno è tutt'altro che tranquillo e che non basteranno due moine per farlo rabbonire.
«Voglio che tu smetta di essere tutta picci-picci con Ace! Non lo sopporto!» sbotta di colpo Marco, guardandola con ferocia.
Ha assistito da lontano alla loro chiacchierata, al loro abbraccio, ai loro sguardi, e questo è davvero troppo per lui. È vero, le aveva detto che se ne sarebbe fatto una ragione e che sarebbe sorvolato sulla faccenda, ma proprio non ci riesce.
«Come, scusa?» domanda titubante Akemi, guardandolo con aria smarrita.
Era convinta che andasse tutto bene tra loro, che non ci fossero problemi, invece a quanto pare si sbagliava.
«Non puoi starci, ok?! È difficile da capire per te?!»
«NON POSSO?!» ringhia snudando le zanne la minore, mentre dentro di lei qualcosa si riaccende di nuovo, sempre più forte e desideroso di uccidere.
Se la mente di Akemi non fosse così forte, se Týr non fosse tornato tanto potente da riuscire a trattenerlo nelle sue potenti spire, di Marco rimarrebbero solamente brandelli sanguinolenti sparsi per tutta la cabina.
«Esatto!»
«Tu sei completamente idiota, caro mio. Un vero e proprio deficiente.» sibila Akemi, afferrando a caso dei vestiti sparsi precedentemente a terra e cominciando a piegarli alla rinfusa, giusto per tenere la mente e, soprattutto, le mani occupate.
«Spiegami perché non posso più stare insieme a quello che in pratica è il mio migliore amico, forza.» afferma con tono arrogante, senza neanche degnarlo di uno sguardo.
Marco rimane in silenzio. La guarda semplicemente, osservandone i movimenti. Nota la mascella contratta per il nervoso, i movimenti quasi meccanici delle mani e delle braccia, il leggero tremolio delle dita.
Per un solo istante pensa di andarsene dalla sua stanza, di lasciarla stare e di lasciar cadere l'argomento, ma poi ci ripensa. Ci ripensa perché lui è Marco la Fenice, braccio destro dell'uomo più forte del mondo, e non può certo arrendersi di fronte ad un bel faccino.
«Dimmi cosa è successo a Dejima.» ordina con tono duro, incrociando le braccia al petto, senza mai staccare gli occhi dalla giovane immortale che adesso si è come pietrificata.
«Co- c- cosa?» balbetta Akemi, senza alzare gli occhi.
Poteva aspettarsi qualsiasi domanda, poteva pure aspettarsi uno schiaffo, ma non di certo una domanda tanto scomoda come quella.
Tra i due cala un profondo silenzio, interrotto solamente dai loro respiri colmi di rabbia.
«Dimmi cosa cazzo è successo a Dejima!» sbotta di colpo Marco, facendola trasalire.
I loro occhi si incrociano, si fissano in silenzio, provando a trasmettersi tutto quello che gli passa per la testa in quel momento.
Vorrebbe insultarla, Marco. Dirle che è una stronza per non averglielo detto, dirle che si è comportata come una puttana, come faceva la donna che tanto detesta, Bay. Ma non lo fa. Rimane in silenzio, ad ascoltare le mute suppliche di perdono da parte della compagna, ferito come forse non lo era mai stato.
Si dirige poi verso la porta, scansandola con un gesto brusco quando prova a prenderlo per un braccio.
La guarda giusto per un altro breve istante dritto negli occhi prima di andarsene, sibilando un appena udibile «Mi basta questo.»

«Ed è seriamente andato in bestia per una sciocchezza simile?!» sbotta Halta dopo aver ascoltato il racconto della sorella, non riuscendo più a trattenere le risate.
Smette di ridere solo quando si accorge dell'espressione desolata e confusa dell'amica, intenta a fissare fuori dall'oblò il caldo Sole che bacia il quieto mare.
«Probabilmente si è svegliato con la Luna di traverso.» ammette sperando di rallegrarla un poco, non riuscendo però a scorgere nessun cambiamento nell'espressione della corvina.
«Probabile.» risponde distrattamente, mentre gli angoli della sua bocca si piegano lievemente nel vedere il suo adorato corvo volteggiare allegro sopra l'acqua, probabilmente alla ricerca di qualcosa da mangiare. Non che loro lo lascino a stecchetto, sia chiaro, ma in quanto animale vagamente selvatico preferisce procurarselo da solo di tanto in tanto.
«Comunque c'è da ammetterlo: un uomo geloso della propria compagnia fa schiantare dalle risate!» afferma convinta Halta, alzandosi dal letto della compagna e cominciando a frugare tra le sue cose. Ormai, tanto, le due condividono tutto, quindi nessuna delle due si scandalizza minimamente se l'altra mette le mani nel proprio cassetto delle mutande.
«Izo è mai geloso?» le domanda realmente incuriosita Akemi, voltando finalmente la testa e trovandola con uno dei suoi cappelli larghi ben calcato in testa ed un foulard giallo al collo.
«Non gliene do motivo.» risponde distrattamente la maggiore, rigirandosi tra le mani un anello di mirabile fattura, con incastonato un grosso rubino a forma di goccia.
«Ma neanche io!» sbotta Akemi, buttandosi a sedere sul letto e sbuffando sonoramente per il nervoso.
«Lo so, Akemi. So che tu hai un rapporto speciale con Ace, un po' come quello che hai con me, ma prova a metterti nei panni di Marco, solo per un secondo: se tu vedessi la tua compagna che gioca spesso e volentieri con un bell'uomo con cui sospetti che ci sia stato qualcosa... come reagiresti?»
Le due si guardano a lungo negli occhi in completo silenzio. Akemi pensa attentamente alla domanda, s'immagina in quelle condizioni, e Halta invece sente un improvviso senso di onnipotenza invaderle ogni cellula di fronte alla sua espressione assorta.
«Hai ragione.» ammette infine Akemi, e quella sensazione di onnipotenza va alle stelle, portando la comandante sul punto di mettersi a ballare come una scimmia epilettica per la gioia di sentirle dire una cosa simile. In fondo non capita certo tutti i giorni che lei, Akemi, l'Angelo Demoniaco, dia ragione a qualcuno!
Si ricompone il più velocemente possibile, rimettendo gli oggetti della sorella a posto e prendendo il giornale che aveva precedentemente poggiato vicino alla porta «Per occuparti un po' la mente, ecco un articolo fresco, fresco.»
Gli porge il quotidiano, quasi sbattendole in faccia l'articolo che ha fatto tanto discutere gli uomini quella mattina, cercando nel frattempo di contenere quel senso di onnipotenza che sembra non volerla abbandonare neanche per un istante.
«Hanno colpito ancora?» domanda incuriosita Akemi, poggiandosi con le spalle al muro e cominciando a leggere con attenzioni.
«Dice di si, ma secondo me è impossibile che siano loro.» risponde ora più seria Halta, buttandosi a sedere sul letto dell'amica «Dimmi te.»
“Questo terribile massacro, che ha coinvolto diversi membri della tranquilla famiglia Rem, è stato compiuto in perfetto stile “Bàthory” per la sua ferocia. La figlia maggiore è stata trovata  riversa in una pozza di sangue al piano superiore dell'abitazione; sul suo cadavere, ci sono i segni di ben 47 coltellate, oltre a svariati segni di morsi. Il fidanzato della ragazza era invece in cucina al piano di sotto: è stato massacrato con violenti colpi alla testa. La terza vittima è il padre della famiglia, trovato legato con del nastro isolante ad una poltrona. L'uomo, un onesto mercante di 54 anni, è stato sgozzato con un coltello da cucina e in seguito gli sono stati asportati diversi organi vitali, messi poi in un recipiente di plastica.
L'assassino, il ventottenne Nara Zack, dopo aver confessato di essere lui il carnefice che da tempo dissemina la morte in giro per le varie isola della Rotta Maggiore, è stato catturato e condotto ad Impel Down, dove trascorrerà il resto della propria misera esistenza.”
Akemi legge quelle righe con attenzione, arricciando il naso di fronte alla sequenza di stronzate che il mondo intero prenderà per vere, sospirando scocciata di fronte alla foto del giovane. Un uomo come tanti, con i capelli rasati scuri, gli occhi allegri di un dolce verde prato ed una corporatura assai robusta di chi piace mangiare cioccolata e ciambelle dalla mattina alla sera.
'Il colpevole perfetto, non c'è che dire...' commenta sarcasticamente nella propria mente, alzando finalmente gli occhi sulla compagna.
«Wow, Halta! Stai diventando una vera detective!» afferma sorridendole allegra, buttando il giornale in giro per la stanza. È stufa, ormai, di dover leggere sempre le solite sciocchezze. Lei vuole la verità, vuole i veri colpevoli, non dei fanatici idioti che provano a simulare quei delitti per Dio solo sa quale ragione.
«Per quanto ancora hai intenzione di evitare il babbo?» le domanda a bruciapelo la comandante, facendola sbuffare per l'irritazione.
Non ha assolutamente voglia di affrontare l'argomento, ci sta troppo male.
«Non lo so...» risponde semplicemente, cercando di concentrarsi sul contenuto del suo armadio. Ormai ha così tanti vestiti che davvero non sa più che farsene.
«Sai, lui non lo ammetterà mai... ma gli manchi.» l'avverte la maggiore, giocherellando distrattamente con il ciondolo che le è stato regalato dall'amica. Non ne ha ancora capito la funzione, ma non se ne separerà mai.
«Anche a me manca.» ammette a malincuore Akemi, chinando la testa quasi in segno di resa.
«Allora fatti coraggio e vai a parlarci!» Halta scatta in piedi come una molla, entusiasta per quel grandissimo risultato ottenuto e, senza pensarci due volte, l'afferra con forza per un braccio e la trascina di peso fuori dalla cabina «Forza, ti accompagno!»

Edward Newgate non ha alcuna intenzione di cedere. Neanche l'ombra.
Lo stesso si può dire per Akemi, che da quindici minuti buoni se ne sta impalata di fronte a lui, a guardarlo dritto negli occhi in completo silenzio.
Per il resto della ciurma è già un bel passo avanti il fatto che tollerino di vedersi senza provare ad uccidersi, quindi ne sono entusiasti.
Halta, invece, si sta mangiando le unghie fino all'osso nell'attesa che uno dei due faccia la prima mossa e che quella faccenda idiota, che quel mutismo doloroso, cessi finalmente.
Ma nel momento esatto in cui la ragazza, dopo attenta riflessione e dopo aver deciso di poter mettere momentaneamente da parte l'orgoglio, apre la bocca, delle forti risate si levano in aria, accompagnate da un odore a lei sin troppo familiare.
«Che diavolo...?» mormora interdetta, camminando con passo incerto fino al parapetto, seguita da molti altri.
Abbassando lo sguardo, poi, sente nitidamente tutta la rabbia provata contro quell'odiosa scimmia farsi viva di nuovo, se non ancor più violenta.
«God ettermiddag!»
Una ragazza dagli splendenti capelli color dell'oro sbraccia in sua direzione, con un odiosissimo sorriso smagliante in volto, gli occhi color cielo pieni di sfida mista ad allegria sono puntati in quelli di ghiaccio della giovane immortale, memore del loro ultimo incontro.
«Chi sono?» le domanda Satch, adesso al fianco della compagna.
Guarda la piccola nave antica con cui navigano per quei pericolosi mari e non riesce a trattenere un sorriso strafottente.
'Dove pensano di andare con quella bagnarola?'
Si domanda, dando una gomitata a Fossa, giunto al suo fianco, che a sua volta non riesce a trattenere un sorriso di fronte all'evidente inesperienza di quei ragazzini.
Quello che entrambi i comandanti non sanno, però, è che quei ragazzini conoscono quei mari come le proprie tasche e che quella nave non ha mai perso un duello, neanche uno.
«È quella puttana che mi ha stesa tempo fa.» ringhia a denti stretti Akemi, piantando gli artigli nello spesso legno del parapetto della nave.
Il capitano, che nel frattempo ha ascoltato tutta la conversazione, si alza di scatto dal suo seggio e fa un passo in avanti con fare minaccioso, incenerendo con lo sguardo la biondina che a stento non gli ride in faccia.
Perché per Freya quello sarebbe uno scontro divertente. Certo, è consapevole che probabilmente perderebbe in un combattimento uno contro uno, ma darebbe così all'Imperatore un motivo valido per muovere guerra contro il fastidioso umano.
«Ci penso io.» sbotta l'uomo, avviandosi a grandi falcate verso il gruppo in cui si sono riuniti i suoi adorati figli, venendo però bloccato dalla figlia ribelle.
«No! Ti prego.» le zanne sono lasciate ben in vista, gli occhi fiammeggiano per il desiderio ardente di staccarle la testa con le proprie mani «È una questione tra me e lei.»
La guarda dall'alto della Moby, mentre il sangue le ribolle nelle vene di fronte al suo sfavillante sorriso strafottente.
Vuole vederla morta solo per questo affronto. Vuole il suo dolore, vuole che implori pietà, per poi finirla di fronte a quel gruppo di idioti di cui si è circondata.
Li osserva di sfuggita uno per uno: quello più vicino alla nemica è un ragazzo alto e dal fisico allenato, con i capelli di un dolce castano ramato e un viso allegro e, allo stesso tempo, maturo; dietro di lui ci sono un uomo dalla carnagione scura con dei lunghi dreadlock castani e dei vivaci occhi azzurri, affiancato da una donna dal corpo sinuoso, anch'ella dalla carnagione scura, con dei lunghissimi capelli neri e lucenti che tiene raccolti in una treccia laterale, con delle piume colorate ad adornarli. I suoi occhi, neri come la pece, saettano nervosamente da una persona all'altra, e il suo nervosismo è messo ancor più in risalto dal fatto che continua a torturarsi le mani.
«Endelig vi møtes igjen...» urla la bionda, poggiando i palmi delle mani sul parapetto della loro piccola imbarcazione «Jeg håper du er forbedret.» la sfotte subito dopo, ghignando strafottente. Perché Freya è sempre stata così, anche quando era mortale, e non ha mai provato, nella maniera più assoluta, a cambiare. Si piace troppo com'è per poterlo fare.
«Ikke provosere meg, bitch!» urla con ira Akemi, attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti.
Pure lei s'immobilizza, piantando gli artigli nel parapetto.
Il fatto che riuscisse a tradurre quello che diceva senza sforzo, come se tutti le avessero sempre parlato in quel modo, non lo aveva preso in considerazione, ma il fatto di riuscire a rispondere in quella lingua a lei sconosciuta la shocka a morte.
«Non temere, piccola. È la runa che hai sotto al seno. Si sta spezzando l'incantesimo che la tiene ferma, presto saprai tutto... probabilmente.» prova a rincuorarla Týr, senza successo. E come mai potrebbe, quando le due sono sul punto di staccarsi la testa a morsi da un momento all'altro?
«Disse ordene ikke befitting en ung dame.» sfotte ancora Freya, scostandosi una ciocca di capelli color dell'oro dietro l'orecchio, guardando poi la corvina come se fosse immondizia. Non le piace, per niente. L'idea che tra di loro, in fondo in fondo, ci sia qualcosa, la manda in bestia.
«Freya, har vi å gjøre.» prova ad intromettersi uno dei suoi compagni, facendo un mezzo passo in avanti.
Gli altri due sono pronti ad intervenire al primo segnale di allarme, mentre dentro pregano che l'amicizia che lega la bionda psicopatica al tenero Genma sia così forte da farla desistere dal volersi mettere in mostra come al solito.
«Faen ta deg!» gli urla contro la bionda, facendolo indietreggiare velocemente.
Si lascia scappare una risatina maligna, aggiustandosi nuovamente quei maledetti capelli perfetti che presto Akemi le strapperà per il nervoso.
«Vi har en konto ennå åpen ... rett, prinsesse?» afferma dopo qualche minuto di silenzio Freya, guardando l'avversaria con un misto di curiosità e malvagità pura.
«MI HAI STUFATA!» urla Akemi, furiosa come poche volte in vita sua, e, senza neanche rifletterci, si lancia giù dalla propria nave e atterra con grazia sul ponte malmesso della loro imbarcazione.
I tre alleati di Freya si siedono comodi per godersi lo spettacolo, pronti ad intervenire in caso di bisogno, mentre i compagni di Akemi sono pronti a sfasciare quella bagnarola e massacrare senza riguardo alcuno quei quattro idioti che hanno stupidamente pensato di poter dare loro fastidio.
Le due donne, nel frattempo, hanno cominciato a girarsi intorno, a studiarsi. Snudano le zanne affilate, stendono le dita frementi di dilaniare la carne dell'avversaria.
Freya la guarda con attenzione con i suoi occhi d'oro liquido, aspettando che faccia stupidamente la prima mossa come l'ultima volta che si sono battute, mentre Akemi fa lo stesso, studiando la sua fisionomia, cercando a distanza un punto debole, studiando uno stratagemma per poterla avvicinare a sufficienza da poterla graffiare e metterla K.O..
«La det være klart, kid, du kan ikke gjøre noe mot meg.» la sfotte di nuovo Freya, reclinando la testa di lato e guardandola con compassione. Come colpo di grazia, poi, si sfila i pugnali che tiene appesi ai fianchi e li butta a terra, togliendosi inoltre la protezione dal petto, come a voler mostrare di fronte a tutti che la ragazza che ha davanti vale meno di un insetto.
«Dette har alt å bevise!» le ringhia contro Akemi, ormai fuori di sé.
«AKEMI! CONCENTRATI, PUOI BATTERLA!» urla Ace dall'alto della Moby, pronto ad entrare in scena se la situazione dovesse degenerare.
A lui seguono altre mille voci, tutte che incitano la corvina a spaccarle il culo, a distruggere ogni cosa come solo lei è capace di fare, inconsapevoli di quanto la sua avversaria le sia nettamente superiore.
Freya, per un breve istante, alza gli occhi sulla ciurma pirata e il suo cuore sobbalza con forza nel suo petto formoso.
Lui è lì, più bello di come se lo era immaginato, con un odore dannatamente simile al suo. È lì e la vede, si è accorto di lei. La sua mente va temporaneamente in tilt, le sue guance si tingono di un lieve rosa per l'emozione di poterlo finalmente vedere dopo tanti anni.
Akemi colpisce per prima approfittando di quella distrazione e quasi la colpisce, ma Freya riusce a schivare senza sforzo. Perché Freya è allenata, è veloce e ben addestrata a scontri assai peggiori di quello, al contrario della giovane immortale che l'ha presa di mira.
Akemi si sbilancia in avanti e Freya contrattacca subito con un gancio ben assestato nello sterno, facendola accasciare a terra con il fiato corto per il dolore.
«Più impegno!» le urla nella sua mente Týr, più che consapevole delle capacità della biondina.
«Du har endelig lært... » afferma Freya sprezzante «... men du er for hissig.»
«Det var bare for å se om du var forsiktig.» si difende Akemi, arrampicandosi evidentemente sugli specchi. Non sa come reagire contro di lei e deve trovare una soluzione alla svelta.
Freya la guarda negli occhi e un ghigno le distende le labbra carnose dipinte di rosso  «Dette er ikke et spill, idiot.»
Akemi si rialza di scatto, confusa dal tifo che i suoi compagni fanno per lei e le risate sguainate dei compagni della pazza nemica.
I muscoli di entrambe fremono sotto la pelle, pronti ad essere messi sotto sforzo. È la loro natura, in fondo. Loro sono macchine di distruzione di massa, nate per dilaniare, per uccidere... per nutrirsi delle carcasse sanguinolenti dei nemici sconfitti.
Le avversarie scattano all'unisono: i corpi si aggrovigliano, nell'aria si odono gli schiocchi secchi dei pugni che spaccano la pelle, i gorgoglii e i lamenti, e l'odore di sangue denso si fa sempre più forte.
Freya, con un movimento ben calcolato, riesce a sottrarsi da quel groviglio e poi salta, ruota in aria, le afferra la testa e la sbatte violentemente a terra, lasciandola agonizzante con un denso rivolo di sangue che le cola dall'attaccatura dei capelli.
Gode nel vederla così, piccola ed indifesa, con il suo prezioso sangue che cola dalle ferite che le ha inferto. La fa sentire potente, invincibile.
L'afferra subito dopo per il collo, alzandola in malo modo da terra; la strattona con cattiveria, deridendola, per poi buttarla ai piedi di Genma, che in realtà vorrebbe davvero fermare quell'inutile massacro. Perché lui non è come Freya, non riesce a godere a pieno della violenza e, soprattutto, sa bene quanto quella situazione possa ritorcerglisi contro.
Akemi non ha intenzione di arrendersi. Non può, è più forte di lei. È come un qualcosa dentro di lei che le impone di continuare a combattere per quello che è suo, per i suoi compagni.
«Istinto di protezione nei confronti delle proprie prede. Tutto normale.» l'avverte Týr, senza però riuscire a deconcentrala «Ti converrebbe comunque smetterla. Freya ti ammazza.»
Alza per un breve istante gli occhi sul ragazzo che gentilmente le porge una mano per rialzarsi, guardandolo sbalordita: nei suoi occhi neri come la notte riesce a leggere una profonda gentilezza mista a compassione.
«Non ti faccio male...» le sussurra a mezza bocca, allungando ancora la mano verso di lei.
Akemi però non si lascia abbindolare dal suo sorriso dolce e con un gesto secco scansa la sua mano, rimettendosi in piedi da sola.
Poi, senza che abbia neanche il tempo di rendersene conto, tutto ricomincia: i corpi si aggrovigliano di nuovo, si sentono nuovamente lo schioccare dei pugni contro la pelle, le ossa rompersi e quel fortissimo odore di sangue.
Freya la sbatte di nuovo a terra, tenendole un piede sulla gola mentre i compagni dalla pelle scura le bloccano le braccia per non farle usare gli artigli.
Si abbassa al suo livello, Freya, tenendo la testa leggermente inclinata, con un dolce sorriso derisorio ad incresparle le labbra scarlatte.
«Jeg forventet mer fra deg.» si allontana di scatto, alzando lo sguardo fiero e vittorioso sui vari uomini affacciati dal parapetto dell'imponente nave, soffermando i propri sulla sua figura. Vorrebbe abbracciarlo, dirgli che lo proteggerà anche a costo della propria vita, ma si trattiene dal farlo. Si comprometterebbe troppo la sua reputazione, dopo tutto.
«Freya Lothbrock.» afferma di punto in bianco, abbassando finalmente gli occhi sulla giovane immortale che a fatica si rialza «Cerca il mio nome.» ordina subito dopo, guardandola dritto negli occhi.
Genma, stufo di quello stupido giochino “per la supremazia”, fa cenno ad uno degli alleati della ragazza di poter scendere sulla loro nave per poterla recuperare e subito Vista esegue, balzando agilmente sul legno consumato della piccola imbarcazione e aiutando la sorellina a rimettersi in piedi.
«Perché mai dovrei farlo?» soffia furente, incenerendo con lo sguardo l'avversaria.
«Perché potrebbe portare la luce laddove c'è solo oscurità.» risponde con ovvietà la maggiore, tornando a sistemarsi i capelli come se niente fosse successo, piazzandosi sulla polena come è solita fare «A presto, creatura... e guardati dalla Luna.»
Akemi viene riportata velocemente a bordo della Moby e molti uomini le si avvicinano per assicurarsi delle sue condizioni, se le ferite sono gravi o meno, per chiederle come facesse a conoscerla, ma Akemi rimane in silenzio.
È ferita nel profondo: non solo è stata sconfitta per la seconda volta, non solo l'ha risparmiata per la seconda volta, ma l'ha pure fatto di fronte alla sua intera famiglia.
Si sente debole, fragile, incapace di poter proteggere coloro che tanto ama da dei pericoli del genere. E questo non può assolutamente tollerarlo.
La nave avversaria spiega le vele, acquisendo sempre più velocità grazie al vento favorevole, ma, prima che si allontanino troppo, Freya li richiama a gran voce, guardandoli con aria di superiorità.
«Sta per abbattersi una terribile tempesta su tutti noi.» afferma a gran voce, sorridendo con aria enigmatica «Vi conviene stare all'erta.»
Detto questo, ordina semplicemente di mettersi ognuno al proprio posto e, assieme ai compagni d'armi, si mette a remare con forza per sbrigarsi a raggiungere la prossima meta, sparendo ad una velocità sorprendente dalla vista dei pirati del Bianco.
«Perché non hai voluto che intervenissimo? Potevamo batterla, insieme.» afferma con tono di rimprovero Satch, passandole una mano sulla testa con fare affettuoso.
La sua mano s'impregna velocemente di sangue e un forte dispiacere gli attanaglia il cuore. Si era ripromesso che non le sarebbe mai successo niente, che sarebbe stata al sicuro, invece sanguina di nuovo, è stata battuta, le hanno fatto male.
«Perché questa è una faccenda che non vi riguarda, Satch.» risponde acidamente la corvina, sforzandosi per rimettersi in piedi e non svenire come una sciocca. Dopo lo smacco subito, d'altra parte, dovrà lavorare parecchio prima di potersi ridire forte.
Alza timidamente lo sguardo su Halta, trattenendo a stento le lacrime per la rabbia crescente che sta provando.
«Mi accompagni in camera, per cortesia?» le domanda con tono duro, alzando appena la gamba destra, ricoperta di sangue. Sente che sia la tibia che il perone sono rotti in più parti, così come l'ulna e tre dita della mano sinistra.
Halta annuisce piano, avvicinandola velocemente e mettendole un braccio attorno alla vita per sorreggerla.
«Non sarebbe meglio l'infermeria?» le domanda apprensiva, evitando lo sguardo di tutti.
Perché Halta sa bene quanto questa sconfitta sia dura per la sorella, quanto il suo orgoglio sia ferito, quanto la rabbia e la delusione siano brucianti nel suo cuore. Lo sa e non vuole che nessuno l'avvicini, che nessuno osi guardarla con compassione.
«Mi riprenderò velocemente anche in camera mia.» soffia in risposta la corvina, tenendo sempre il capo chino «Devo solo dormire.»
«Come vuoi.»
Le due donne spariscono velocemente sottocoperta, lasciando i vari uomini sul ponte con aria sbigottita.
Il capitano non riesce a capacitarsi di quanto accaduto, e in cuor suo sente una profonda rabbia dilaniarlo. Vorrebbe uccidere quella biondina strafottente, prenderla a pugni con una forza tale da mischiarle tutte le ossa, ma non lo può fare.
Akemi, la sua preziosa e adorata bambina, ha ordinato a tutti loro di non toccarli, con una determinazione tale che lo ha sconcertato. Che fosse lei la donna che aveva incontrato sul suo cammino e che già l'aveva battuta lo aveva capito, ma non pensava che fosse davvero così forte come diceva.
'Ci ha voluti proteggere tutti quanti.' pensa rammaricato, non riuscendo comunque a capire cosa gli stia nascondendo di tanto grosso 'Siamo i pirati più temuti di questi mari... che pericolo potrebbe mai rappresentare una mocciosa per noi?'
L'enorme pirata non sa, però, quanto il gesto della ragazza sia stato importante per la loro sicurezza.
Certo, magari non sarebbero morti in molti, ma qualcuno si. Qualcuno sarebbe morto atrocemente, il cadavere probabilmente trascinato via per essere consumato in un secondo momento, e gli spietati assassini sarebbero svaniti nel niente prima ancora che potessero provare a contrattaccare.
Soltanto un uomo sull'imponente Moby Dick si è reso conto di quanto sia stato prezioso l'intervento di Akemi, e ancora continua a guardare il punto in cui il gruppo rivale è sparito con una certa paura: Marshall D. Teach.
Lui conobbe Freya più di trent'anni or sono, quando era ancora un bambinetto piccolo e indifeso. Lei invece era già la giovane donna che è, forte e bella, piena di fuoco negli occhi e nell'anima.
Se la ricorda bene, Teach. Ricorda come uccideva, con quanta violenza squartò alcuni suoi compagni di giochi sotto ai suoi occhi. Ricorda anche come lo colpì, facendolo sbalzare indietro e sbattere con violenza contro un muro, che subito cedette e crollò assieme al suo corpo.
Se lo ricorda bene, Teach, e ora desidera solamente ringraziare la folle compagna per il coraggio dimostrato.
 
 
Il dolce e accecante buio. Dio, quanto mi era mancato.
Týr? Týr, dove sei finito? Ho bisogno di te...
Sento freddo... un altro ricordo? Un altro frammento del suo tormentato passato?
Riconosco casa sua. La riconoscerei tra mille, con quel piccolo ruscello che vi scorre vicino, il cavallo grigio legato al palo, i grossi cani da guardia dal pelo folto.
L'energumeno seduto fuori, ad affilare la spada, deve essere suo padre. Non gli somiglia per niente: grasso, con pochi capelli ricci e lunghi, sporchi. Ha i lineamenti spigolosi, le mani tozze. Davvero non riesco a capire come possa aver concepito un figlio fisicamente meraviglioso come Týr.
«Fratellone!»
Avrà tredici anni, forse poco di più. Corre come un forsennato, eccitato oltre ogni limite.
I lunghi capelli neri ondeggiano nel vento gelido, la pelliccia bagnata dai piccoli fiocchi di neve lo appesantisce, ma non gli importa a giudicare da come corre.
Suo fratello esce di casa, un'enorme pelliccia nera sulle spalle e diverse armi di mirabile fattura appese ai fianchi: due asce affilate e una lunga spada, con un'impugnatura tanto bella da poterti abbagliare, con il pomolo a forma di testa di drago in metallo.
«Prendi il tuo cane, Týr!» gli ordina con tono duro, alzandosi il cappuccio per coprirsi il volto. Detesto non poterlo vedere!
«Frodi! Vieni bello!» urla il ragazzino, facendo così scattare in piedi un grosso cane nero, che lo segue come un'ombra.
Lo scenario si sposta di nuovo.
Sono in un'enorme foresta. Gli argentei raggi lunari filtrano con forza dalle cime degli alberi, l'aria è fredda ma sopportabile. Mi piace qui. C'è pace e un odore dolce nell'aria.
Mi volto non appena sento lo scoppiettare del fuoco e dei passi provenire dalle mie spalle. Il cane mi passa attraverso, senza potermi vedere. Ammetto che mi fa ancora un po' strano la sensazione di essere oltrepassata come aria.
I due fratelli sono sdraiati a terra, ricoperti di pellicce per proteggersi dal freddo. Il maggiore ne sta sistemando una con cura sul corpicino smilzo del fratello, passandogli poi con delicatezza la punta delle dita su uno zigomo.
«Sei pronto a ricevere il tuo bracciale e diventare un uomo?» gli domanda con tono dolce, facendolo sorridere pieno di gioia.
«Si!» risponde determinato Týr, allungando poi lo sguardo al cielo, osservando le poche stelle che riesce a scorgere dalle chiome degli alberi.
«E cosa fa un uomo?» gli domanda ora più serio il maggiore, issandosi su un gomito per poterlo guardare in volto. Sarò ripetitiva, ma detesto non riuscire a vederlo! C'è sempre qualcosa: la pelliccia, Týr, l'ombra, lui che mi da le spalle. Che palle!
«Combatte.» risponde con tono serio il minore, senza voltare lo sguardo verso l'adorato fratello maggiore.
«Poi?»
Týr pare pensarci per qualche istante, serio in volto, per poi voltarsi piano verso il fratello, sorridendo dolcemente «Si prende cura della sua famiglia.»
«Proprio così.» il suo tono è affettuoso, i suoi gesti protettivi e fraterni marcano ulteriormente l'amore che nutre nei suoi confronti, come il dolce bacio che gli deposita sulla fronte prima di stendersi «Adesso dormi, fratellino. Domani ti aspetta un grande giorno.»
I contorni si fanno sbiaditi, l'odore penetrante e dolce della natura che mi circonda svanisce velocemente, lasciando posto a quell'aria priva di qualsiasi cosa.
Tutto si fa nero, lasciandomi con l'amaro in bocca. Sono quei momenti pieni di dolcezza tra i due che mi fanno sentire bene, che mi consentono di rimanere tranquilla e in pace... che mi fanno capire che anche un mostro come Týr era capace di sentimenti umani e di infinita dolcezza.
«Perché mi hai mostrato questo?» domando al vuoto, consapevole che si aggira qui attorno a me come sempre. Perché so che lui non mi lascerà mai, che rimarrà sempre a vegliare su di me... che mi vorrà con sé fino alla fine dei giorni.
«Non lo so... è un bel ricordo, per me. Mi ha fatto piacere condividerlo con te.» risponde semplicemente, apparendo al mio fianco.
Qualcosa lo turba. I suoi bellissimi lineamenti sono contratti, i suoi occhi avvolti da un velo di preoccupazione.
«Grazie...» rispondo fingendo di non rendermene conto, provando subito a distrarlo dalle sue preoccupazioni «Perché sei stato chiamato “Týr”?»
Sorride appena, voltandosi finalmente verso di me «Perché sono nato poco prima di un'importantissima vittoria, che ha portato in seguito grandi ricchezze al mio popolo. È stato preso come un segno, così hanno deciso di onorare il grande Dio della guerra dandomi il suo nome.» mi spiega calmo, togliendomi una ciocca di capelli ribelle dagli occhi e spostandola piano dietro l'orecchio.
Mi guarda in modo strano. I suoi occhi di ghiaccio sono fissi nei miei, la sua mano ancora ferma sulla mia guancia. Trattiene il respiro.
Deglutisce poi a vuoto, abbassando di scatto lo sguardo, sforzandosi di sorridere «A mio fratello andò peggio!» aggiunge sarcastico, passandosi entrambe le mani nei capelli.
«Ah si?»
«Già. Mio padre tornò da una battuta di caccia quando nacque e portò come trofeo un enorme lupo nero... ti puoi immaginare come lo chiamò.» sorride divertito a quell'idea, camminando all'indietro per allontanarmi un poco.
Ogni tanto lo fa, mi scansa, come se avesse paura di bruciarsi stando a contatto con me. Dire che quest'uomo è difficile da decifrare è un eufemismo.
«Chi è Freya Lothbrook?» gli domando a bruciapelo, notando i suoi muscoli contrarsi all'improvviso.
Era questo che ti preoccupava, Týr? Era lei la tua paura?
«Una creatura molto potente. Un'immortale che ha guidato eserciti.» risponde con tono duro, guardandomi dritto negli occhi «Devi stare attenta, ragazzina. Presto tutto cambierà. Ti conviene far pace con la tua... famiglia.» aggiunge subito dopo, riabbassando lo sguardo prima di terminare la frase.
«Perché? Cosa accadrà?» non riesco a nascondere un velo di preoccupazione.
E come potrei? In fondo, se qualcosa riesce a preoccuparlo in questo modo, non deve certo essere una cosa da niente.
Si avvicina piano, prendendomi poi il viso tra le mani. Mi guarda con la stessa intensità di poco prima, mordendosi con forza il labbro inferiore per il nervoso «Verrà il giorno in cui sarai convinta di essere al sicuro, di essere felice, ma di colpo la tua gioia si trasformerà in cenere.» mi dà un lieve bacio sulla fronte, poggiandoci poi la sua e continuando a guardarmi quasi con rammarico «E allora saprai che il debito sarà stato pagato.»

 
 
La notte è silenziosamente calata, avvolgendo nel suo manto nero e minaccioso ogni cosa.
Ogni luce sulla nave è stata spenta per evitare di essere avvistati da nuovi nemici. Magari proprio gli stessi nemici che quel pomeriggio li hanno attaccati, stavolta con dei rinforzi.
Le guardie osservano il mare quieto dai propri appostamenti, vigili come poche altre volte.
Pure Marco sta di vedetta.
Da quando Akemi si è ritirata nella sua stanza, non è mai andato a farle visita. Non è passato neanche davanti alla sua stanza, ignorandola completamente.
Non vuole parlarle. È si in pena per lei, per le sue condizioni che, a quanto a sentito dire, sono finalmente stabili, ma soffre ancora troppo. Lo smacco subito quella mattina, quando gli ha confessato, seppur silenziosamente, di aver avuto un contatto non esattamente fraterno con Ace, non riesce a darsi pace.
Un lato del suo cuore la vuole ancora, la vuole solo per sé, sarebbe disposto a morire per la sua sicurezza, ma dall'altro lato sente una profonda rabbia divorarlo, un amaro senso di tradimento consumarlo lentamente.
È per questo che non vuole assolutamente andarla a trovare, che rimane con lo sguardo fisso sul mare.
Se le cose andranno meglio, se entrambi saranno dell'umore adatto, ne riparleranno l'indomani, da soli.
'È per questo che non dovevo impegnarmi con lei! Sarebbe stato tutto più semplice!'
Barbabianca giace nel suo letto, ignaro di quanto gli animi dei suoi adorati figli siano in tumulto. Si è reso conto ormai da tempo che qualcosa è cambiato tra di loro, ma non riesce a cogliere esattamente cosa.
Prima di andare a dormire, in ogni caso, si è ripromesso di parlare civilmente con Akemi l'indomani mattina, prima che il resto dell'equipaggio si riunisca per la colazione. In fondo, il loro inutile e muto litigio si è protratto sin troppo.
Nel frattempo, nella cabina del sedicesimo comandante, Halta si riveste velocemente, pronta ad andare a dare il cambio ad uno dei compagni di vedetta.
Izo la guarda con attenzione mentre, con frustrazione, la compagna di rimette la maglietta per la terza volta, masticando imprecazioni a mezza bocca.
«Mi dici cos'è che ti preoccupa tanto?» le domanda sbadigliando sonoramente, mettendosi a sedere e coprendosi le nudità con il candido lenzuolo.
«Niente, che dici? Sto bene.» farfuglia la comandante, cercando di sistemarsi alla meglio i capelli per non dare troppo nell'occhio. Certo, non è mai stata particolarmente femminile, anzi, non lo è mai stata, ma arrivare con i capelli scarruffati i vestiti in disordine potrebbe insospettire qualcuno.
«Ti conosco da anni, Halta. Mi accorgo se qualcosa ti turba.» risponde con aria assonnata il filibustiere, passandosi entrambe le pallide e affusolate mani tra i lucenti e scompigliati capelli corvini «Riguarda quello che ha detto quella tizia, vero?»
Halta rimane in silenzio per qualche istante, fissando il lento danzare della piccola candela che hanno acceso, per poi voltarsi verso il compagno. È seria in volto, quasi preoccupata «Oggi Teach mi sembrava preoccupato e volevo sapere perché, così sono andata a parlarci.»
«E...?»
«A quanto sembra Freya Lothbrook rase al suolo l'intera città in cui viveva da bambino, e non solo. Quella donna fece delle stragi inimmaginabili, a suo dire.» risponde sedendosi al suo fianco, tornando a guardare con attenzione la piccola fiamma della candela.
«È impossibile. Quella ragazza avrà si e no vent'anni, Teach ne ha quasi quaranta-»
«LO SO!» lo interrompe di colpo Halta, voltandosi verso di lui ed esprimendo con un solo sguardo tutte le sue preoccupazioni.
«Halta, cosa c'è? Parlami, per favore.» prende una mano nelle sue, Izo, guardandola con attenzione, cercando di capire cosa le passa per la testa.
«Akemi è cresciuta tutto in un colpo... ora non cresce più. Ha una forza mostruosa malgrado non faccia praticamente niente dalla mattina alla sera. L'Haki non funziona con lei, nessun tipo.» afferma con voce incerta la comandante, pensando attentamente alle parole su cui ha rimuginato nelle ultime ore, dopo la spinoza conversazione con Barbanera «Quella tipa a quanto sembra non è cambiata di una virgola in quarantanni, ha una forza sovrumana... e nessuno di noi si era accorto della loro presenza finché non ci hanno affiancati.»
«Proprio come succede con Akemi...» appunta Izo, cercando insistentemente gli occhi della compagna.
Tra i due cala il silenzio, interrotto solamente dai loro respiri.
Entrambi hanno capito, ma nessuno ha il coraggio di dire ad alta voce.
Solo Halta alla fine riesce a trovare il coraggio di aprire bocca e di pronunciare quelle angoscianti parole che cambieranno completamente il modo di vedere la loro adorata sorellina «È lei la tempesta, Izo. La tempesta che sta per abbattersi su di noi... è il mostro che vive dentro di lei.»
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Eccomi qui, dolci pulcuni! :3
Visto? Akemi ne prende come un polpo *w* e, cosa peggiore per una persona orgogliosa come lei, viene risparmiata >:) Non so perché, è la mia protagonista, l'ho creata e “perfezionata”, ma ci ho goduto veramente tanto! :D
Sono stufa di leggere delle dolci donzelle in difficoltà che al momento opportuno tirano fuori una forza mostruosa e sbaragliano tutti senza batter ciglio!
Lei ne prende e anche sode! Da una che, tra l'altro, non è che sia esattamente la prima in classifica in quanto a forza!
Visto che li “conoscete” (dopo nello special li conoscerete un pochino di più xD), comunque, vi do pure una traccia della classifica:
1)Imperatore
2)Peter Bàthory
3)Wulfric
4)Regina/Strega
5)Týr (è morto, si, ma in quel mondo era al top!)
6)Killian
7)Freki (assieme al fratello può salire di livello :P)
Ecco, loro sono davvero forti. Ma davvero davvero, roba da dire che il primo potrebbe uccidere anche il babbo se gli girassero le palle! XD (Lo so, in quel capitolo mi sputerete in faccia per la roba che la mia mente troppo fantasiosa è riuscita a partorire, ma non pensiamoci adesso!)
Cooomunque... a chi sta sulle palle Freya? A ME SI! :D L'ho creata e la detesto sul serio. Penso che la farò morire per una “giusta causa” e di conseguenza voi la adorerete -.- uffa.
Poooi... ah, si, quasi dimenticavo... MARCO GELOSO! Non so perché mi viene così spontaneo descriverlo in questo modo. Probabilmente è perché sono influenzata da fattori esterni, quali la gelosia di mio padre o quella del mio ragazzo o del mio migliore amico... BOH! Spero comunque che la cosa non vi dia troppo fastidio! :/
Comunque, bella gente, ho deciso di fare un piccolo cambiamento: non dovrete più aspettare così tanto per la prima svolta, ma bensì altri due capitoli. Ebbene si, voglio fare qualche taglio, sennò diventerebbe una cosa troppo lunga e, alla fine, noiosa e monotona. Quindi si, non dovrete più attendere tantissimo per il primo colpo di scena pesante! Dopo quello, poi, tutti i nodi verranno al pettine. Ma non penserete mica che dopo quello tutto rosa e fiori, vero? PROPRIO NO! Ci sarà un rapimento, torture, un'alleanza obbligatoria, personaggi che spuntano dal niente, una guerra cazzuta! ← si, se ci riesco!
Riesco a tenere ancora accesa la vostra curiosità? :3
Spero di non deludere mai le vostre aspettative! Grazie a voi mi sono affezionata sul serio a questa storia *w*
Un grazie di cuore va a Lucyvanplet93, KuRaMa faN, Aliaaara, Yellow Canadair, Chie_Haruka, Okami D Anima, Keyra Hanako D Hono, Monkey_D_Alyce, Law_Death, Portgas D SaRa, nemesis_inframe92 e ankoku per le magnifiche recensioni che mi hanno lasciato nel precedente capitolo!
Un grazie se lo meritano anche Aceko_san, ankoku, Asiietta, Caren96, Carmen988, Chie_Haruka, Dark_witch3, D_ann, erica0501, FemPhoe, giada1999, Incantatrice_Violeta, Jollyna, KuRaMa faN, Law_Death, Mitsuni, Monkey_D_Alyce, nemesis_inframe92, Okami D Anima, Portgas D SaRa, Portuguese D Ice, Rainbowrose, Scarlet_D_Rose, Shot93, Skull, SmyleCathy, SunshineKiki, Trafalgar Revy, TRAFALGAR_SARA, Yellow Canadair e ___Ace per aver messo la storia tra le preferite; Hinata Uchiha Arclight, Law_Death, naikechan, Okami D Anima, Portuguese D Ice, Shot93 e SunshineKiki per averla messa tra le ricordate; AceDPortogas, Aliaaara, anis12, Azzu___, Balalaika_, Breith, Chie_Haruka, eveeyu, evy88, Fhennel, girosolomina, Giuseppa89, GothicLolita96, iaki46, Ikki, LallaOrlando, Law_Death, leonedifuoco, Lucyvanplet93, Lunaix, mileace99, Portuguese D Ice, Puffetta96, Redangel19, rosy03, Shot93, SmyleCathy, SunshineKiki, SuperfanShiho, TheLadyVampire97, Trafalgar Revy, Travel_dream_love, valepassion95, Vidalita, Vivi y, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce, zorina98, _K a r i n, _Bianconiglio_, _cucciolotta_, _Lawliet e _miaoo_ per averla messa tra le seguite.
Un grazie anche a chi semplicemente legge gli aggiornamenti! :D
A presto, un bacione
Kiki
 
Angolo traduzione
•[Freya]God ettermiddag! → Buon pomeriggio!
•[Freya]Endelig vi møtes igjen... → Finalmente ci incontriamo di nuovo ...
•[Freya]Jeg håper du er forbedret. → Spero che tu sia migliorata.
ₒ[Akemi]Ikke provosere meg, bitch! → Non mi provocare, stronza!
•[Freya]Disse ordene ikke befitting en ung dame. → Queste parole non si addicono ad una giovane donna.
⌂[Genma]Freya, har vi å gjøre. → Freya, abbiamo da fare.
•[Freya]Faen ta deg! // Vi har en konto ennå åpen ... rett, prinsesse? → Vaffanculo! // Abbiamo ancora un conto aperto ... giusto, principessa?
•[Freya]La det være klart, kid, du kan ikke gjøre noe mot meg. → Cerchiamo di essere chiare, ragazza, non puoi fare nulla contro di me.
•[Freya]Du har endelig lært... → Hai finalmente imparato ...
•[Freya]...men du er for hissig. ...ma sei troppo frettolosa.
ₒ[Akemi]Det var bare for å se om du var forsiktig. → Era solo per vedere se eri attenta.
•[Freya]Dette er ikke et spill, idiot, → Questo non è un gioco, idiota
•[Freya]Jeg forventet mer fra deg. →Mi aspettavo di più da te. 

 
 
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Lui non è mai stato un tipo particolarmente impaziente.
Ha sempre aspettato che gli eventi volgessero a suo favore, studiando nel frattempo la tattica più adatta da adottare per vincere. Ma adesso non è così. La sua infinita pazienza si è esaurita tutto in un colpo, il suo temperamento tendenzialmente imparziale è andato completamente in frantumi e adesso si muove costantemente come un'anima in pena per il suo enorme maniero, impaziente di poter avere la creatura che tanto li sta facendo dannare finalmente sotto controllo.
In questo preciso istante, però, non è lei il suo problema, ma bensì l'enigmista psicopatico che ormai ha preso residenza in casa sua.
Mentre cammina con passo svelto e deciso per i lunghi corridoi del maniero, tutti decorati ed arredati in maniera impeccabile, nota in lontananza la figura ricurva di Killian, intento ad intagliare un uccellino in un pezzo di legno.
Lo avvicina affrettando il passo, senza riuscire ad attirare minimamente la sua attenzione. Rimane infatti accovacciato sul cornicione della finestra, con dei deboli raggi di Sole che gli illuminano il viso tormentato.
«Dov'è Wulfirc?» sbotta con voce rabbiosa, ringhiando sommessamente quando il ragazzo non solleva neanche gli occhi su di lui.
«Buon pomeriggio anche a te.» risponde con strafottenza, continuando ad intagliare con attenzione il legno chiaro «È nel laboratorio dell'ala sud. Giù, nelle vecchie cripte.» aggiunge distrattamente, soffiando via i trucioli in eccesso, sorridendo nel vedere il piccolo animale inanimato prendere una forma decente.
«Cosa è andato a fare?» gli domanda burbero l'Imperatore, facendolo sbuffare infastidito.
«Non ne ho idea.» risponde semplicemente, alzando finalmente gli occhi chiari e inchiodandoli in quelli del suo Signore, sorridendo sghembo nel mostrargli i palmi ustionati delle mani «So solo che molti di noi si sono dovuti rovinare le mani per fargli avere quello che voleva.»

Dal buio di quella lugubre stanza è visibile solo un quadrato di cielo, che si scorge dalla minuscola finestra con le sbarre.
L'occhio color cobalto dell'Imperatore scruta con attenzione ciò che lo circonda, notando quanto i suoi preziosi macchinari per l'estrazione e la creazione del “V” siano sempre perfetti e ben tenuti.
Nota anche un paio di occhi castani che scrutano il vuoto. Una ragazza, giovane, forse troppo per aver già scoperto i piaceri della carne, se ne sta rannicchiata in un angolo, con le gambe stese a terra, le ginocchia girate verso l'interno a toccarsi tra loro e i piedi spostati verso l'esterno, le braccia intrise di sangue abbandonate lunghi i fianchi, il corpo coperto soltanto da un semplice vestito bianco sporco. Ha un'espressione calma, lo sguardo fisso sul pavimento, l'aria di chi ormai ha perso completamente la speranza.
Sembra quasi una bambola tale che è la sua immobilità. Solo il leggero movimento del petto lascia capire che il suo cuore regge ancora.
Ma all'Imperatore non importa di lei. Se Wulfric vuole portarsi degli spuntini sul posto di lavoro, che lo faccia pure. L'importante è che non gli riduca casa ad un covo di cadaveri flatulenti.
Gli si avvicina tranquillo, osservando i vari pezzi di armature ancora non assemblate tra loro sul grosso piano da lavoro che si era fatto precedentemente costruire.
Perché Wulfric è un genio, lo è sempre stato. Basta solamente saperlo prendere per il suo verso, cosa non difficilissima in realtà.
«Cosa stai facendo?» domanda realmente incuriosito, soprattutto notando il suo sguardo completamente rapito dal proprio lavoro.
«Vibranio ricoperto d'argento. Incassi perfettamente il colpo, ne assorbi l'energia e nel frattempo l'avversario si ritrova con delle gravi ustioni addosso. O crepa direttamente per ingestione, nella migliore delle ipotesi.» spiega con una punta di soddisfazione nella voce Wulric, lanciando poi una veloce occhiata alla giovane donna che ha osato lamentarsi dal suo angolino.
«Vibranio?»
«È una rarissima lega metallica praticamente indistruttibile. Ci sto costruendo delle armature per tutti noi.» spiega tornando serio il Mietitore, mettendo sotto lo sguardo dell'Imperatore degli abbozzi che aveva precedentemente progettato «Si, anche per voi bestie. Ti dirò, quelle sono state particolarmente divertenti da progettare, ma hanno dato qualche rogna nell'assemblaggio. Non temere, comunque, consentono una perfetta libertà di movimento.»
«Per quale ragione staresti costruendo delle armature?» domanda l'uomo, osservando con attenzione i disegni che gli sono stati messi sotto gli occhi. Ogni volta che si trova a parlare con lui rimane sempre piacevolmente sorpreso da ciò che la sua brillante mente riesce a partorire.
«Non è chiaro?» domanda sarcasticamente, alzando giusto per un istante gli occhi di ghiaccio dal proprio operato «Se quello psicopatico è davvero in circolazione, presto si arriverà ad una nuova guerra.»
«La visione della vecchia può essere cambiata?» c'è una nota di preoccupazione adesso nella sua voce, e ciò non sfugge all'eccentrico uomo col cilindro.
«Non lo so. Andrò a farle visita non appena avrò finito alcune modifiche qui. Secondo il mio modesto parere, però, la risposta sarà affermativa.» risponde distrattamente, armeggiando con i vari oggetti che ha di fronte, ringhiando appena quando si brucia un polpastrello con un pezzetto di argento «Dà la caccia a noi tanto quanto la dà a lei. Sa bene, quel cane bastardo, che avere la creatura dalla sua parte gli darebbe un grande vantaggio su di noi.» aggiunge subito dopo, portandosi il dito leso tra le labbra sottili, distese in un sorriso diabolico.
«Allora vediamo di non dargli questo vantaggio.» ringhia in risposta l'Imperatore, girando sui tacchi, più che deciso a chiudersi nella sua stanza a rimuginare su altri metodi d'attacco.
«Un'ultima cosa.» lo richiama con disinteresse Wulfric, facendolo bloccare davanti alla porta «Astrid vuole vederti.»
«Per quale ragione?» domanda sbuffando il maggiore, passandosi una mano tra i capelli. L'ultima cosa di cui ha voglia in quel momento è un suo capriccio.
«E io che ne so? Va' e scoprilo da solo.»

Segue il suo dolce profumo per i lunghi corridoi del palazzo, arrivando finalmente di fronte alla tanto temuta stanza della Regina.
Si, temuta. Perché se c'è una sola cosa al mondo in grado di far tremare il terribile Imperatore è lei, Astrid Anwend, un tempo conosciuta come “la fanciulla dello scudo”, ora nota a tutti come la Regina degli Immortali, o la Strega. Per lui, in ogni caso, rimarrà sempre la Regina del suo Cuore.
Bussa lentamente alla porta, tenendo la testa china e trattenendo il respiro per l'attesa.
Dal loro ultimo colloquio non si sono più rivolti neanche uno sguardo, e il fatto che adesso voglia rivederlo lo manda completamente nel panico.
'Che voglia andarsene?'
Quando sente la voce vellutata della donna giungergli alle orecchie, apre debolmente la porta ed entra, non riuscendo a trovarla da nessuna parte.
«Mi avevi mandato a chiamare?» domanda a voce alta, cercandola con lo sguardo.
Quando poi, dopo aver sentito un fruscio alle sue spalle, si volta e la vede con una leggera vestaglia da notte di seta nera ad avvolgerle il corpo, sente distintamente il suo cuore dannato fargli una capriola nel petto.
«Ma cosa...?» continua a fissarla mentre chiude lentamente la porta e si attacca di nuovo alla bottiglia ormai finita di assenzio, sospirando frustrato.
«Ti ci è voluta una sbronza per arrivare ad una scelta?» si passa le mani tra i capelli castani, scompigliandoli ulteriormente.
Scioglie i lacci resistenti che tengono in piedi la sua corazza, si toglie la benda dall'occhio mancante, sistemandosi i capelli in modo che quella menomazione non sia evidente agli occhi della magnifica immortale che si sta lentamente denudando di fronte a lui.
«Soffrivo, tale era la mia brama di amore.» mormora con voce vellutata la donna, avvicinandolo con passo felpato, quasi stesse danzando «Il mio ventre era privo di risa.» aggiunge poi, posando i palmi delle mani pallide e apparentemente delicate sul torace muscoloso dell'uomo, sentendo così il battito frenetico del suo cuore.
«È questo quello che vuoi? Vuoi che ti faccia ridere?» le domanda sempre più vicino alle sue labbra, mentre si lascia spingere all'indietro, sempre più vicino al letto che più volte hanno condiviso.
«Adesso non voglio ridere...» mormora Astrid, spingendolo con più forza, fino a farlo cadere sul morbido materasso.
Si fa scivolare di dosso la preziosa vestaglia, mettendo così in mostra il corpo vellutato dalla pelle diafana, con tutte quelle forme che lo hanno sempre incantato.
Si siede a cavalcioni su di lui, prendendogli una mano e portandosela sul seno prosperoso, abbassandosi quel tanto che basta per sfiorare le sue labbra sottili.
«Voglio cavalcarti... come un toro selvaggio.» sussurra prima di leccargli il profilo della bocca con la punta della lingua, mentre l'eccitazione di entrambi sale fino alle stelle.
L'uomo l'afferra con forza per la vita sottile e ribalta la posizione, inginocchiandosi in mezzo alle sue gambe. Sfiora con la punta delle dita il suo addome perfetto, risalendo fin sul seno abbondante e pallido.
«È questo quello che vuoi?» le domanda con la voce resa roca dall'eccitazione, lasciando che la donna lo spogli con movimenti lenti e precisi.
«Si, mio Signore.» risponde sincera, artigliandogli i capelli e costringendolo ad abbassarsi di nuovo su di lei, a sovrastarla con la sua mole, con i suoi muscoli d'acciaio che gli tendono la pelle bronzea.
«E lo vorrai sempre?» le domanda ancora l'uomo, impedendole di baciarlo come sta provando disperatamente a fare.
«Si...»
Basta solo quella parola, detta con così tanta sincerità e carica di desiderio per farlo capitolare, per far crollare tutti quei muri che aveva faticosamente eretto per proteggersi.
La bacia con quanta più passione ha in corpo, stringendola convulsamente a sé come era solito fare, tirandole i capelli, lasciando che lo morda come e quanto vuole, fregandosene delle gocce di sangue che macchiano le lenzuola candide.
«Mi eri mancata... Astrid...» mormora tra un sospiro e l'altro, beandosi delle sue attenzioni da tempo solo sognate, del calore della pelle al contatto con la sua, dimenticandosi completamente di tutto il resto.
«Mi eri mancato pure tu...» ansima la donna, lasciando che la bocca vorace dell'uomo le torturi i seni, che la faccia sua, che la faccia urlare e sciogliere per il piacere che solo lui, in tantissimi anni, è mai riuscito a darle «...Fenrir.»



PS: ecco a voi i protagonisti dello special!
Beh, Wulfirc già lo conoscete (dolce pazzerello :3), mentre questa è Astrid: http://it.tinypic.com/r/2ed43yh/8
e questo è Fenrir: http://it.tinypic.com/r/6rimw5/8
Beh... che ne pensate? :/
  
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