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Autore: Birra fredda    06/06/2014    2 recensioni
Aziel è un angelo sfuggito al Paradiso per il suo amore, un demone di nome Belial.
Un amore malato, una passione travolgente, due corpi, un'anima pura e una maledetta che convivono in una casa immersa nel verde delle colline abruzzesi.
Cosa ne sarà dell'amore quando le cose cominceranno a farsi più difficili e sarà ripresa la lotta tra le forze del male e le forze del bene?
Genere: Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fu l’odore del caffè che saliva dalla cucina a far svegliare l’angelo. Aprì prima un occhio e intravide la schiena nuda di Belial, poi aprì l’altro e si mise lentamente a sedere sentendo la testa vorticare come se si trovasse sopra le montagne russe.
Chissà dov’erano.
La stanza era tutta bianca, le pareti, le lenzuola, l’armadio stretto e lungo, il mobile di fianco al letto, il lampadario, le tende.
Aziel si lasciò ricadere all’indietro nel letto e si sforzò di ricordare quello che era successo la sera prima. Aveva ricordi fino al momento in cui Caliel lo aveva trascinato in un piccolo bagno angusto e sporco, poi il vuoto. Il vuoto assoluto fino a quel momento.
L’angelo si chiese quando fosse arrivato Belial e se era stato Caliel a prendere l’iniziativa di andare a chiamarlo o se era stato lui a richiederlo.
Si rese conto di indossare solo i boxer e la t-shirt che il demone aveva addosso il giorno precedente. Probabilmente si era anche vomitato addosso.
Chiuse gli occhi nell’intento di far smettere la testa di girare come non mai e cercò di rilassarsi. Non che fosse semplice rilassarsi dopo una sbronza con i fiocchi e i controfiocchi, con lo stomaco che gli urlava odio immenso e la testa che non la smetteva di turbinare.
Rimase per un po’ immobile in quella posizione, fino a che non udì Belial che si muoveva al suo fianco. Aprì piano gli occhi e lo vide che lo osservava a pancia in giù con un sopracciglio alzato.
“Buongiorno” borbottò l’angelo.
“Buongiorno a te, ubriacone” lo prese in giro il demone sfoderando un sorriso canzonatorio che gli mise in evidenza i canini appuntiti.
“Non c’è niente da ridere” si indispettì il biondo sentendosi immensamente piccolo e stupido. “Sto ancora male” aggiunse subito dopo.
Belial sospirò e si mise a sedere a gambe incrociate sul letto per potergli stare di fronte. “Ascoltami un po’ angioletto” gli disse seriamente, con una punta di severità nella voce. “Stai tranquillo a letto, io adesso scendo in cucina, vado a prenderti una camomilla e dei biscotti così ti riprendi un po’ e poi ci facciamo una bella chiacchierata.”
Aziel annuì diligentemente e lo osservò mentre si infilava i jeans e le scarpe si avvicinava alla porta della stanza.
“Bel” lo richiamò un secondo prima che l’altro posasse la mano sulla maniglia.
“Cosa?”
“Stai uscendo a petto nudo” lo informò l’angelo con una mezza risatina.
“È solo grazie a questi pettorali e a questi addominali se ieri sera ci hanno dato la stanza” rispose Belial beffardo, “non credo che alla padrona dell’hotel e alla cuoca dispiaccia rivederli.”
 
Finalmente Aziel si era ripreso. Belial lo aveva osservato in silenzio fare colazione, immergere i biscotti nella tazza fumante di camomilla, sorseggiare il liquido caldo con gli occhi bassi.
Adesso era arrivato il momento di parlare.
Avrebbero parlato della guerra solo quella mattina. Avrebbero parlato della guerra solo per concordare che non ne avrebbero discusso più.
“Stai meglio?” domandò il demone togliendo la tazza vuota da sopra il letto e posandola sul pavimento.
Aziel si appoggiò con le spalle contro il legno della testata del letto, distese le gambe e annuì. La testa si era finalmente fermata e anche se lo stomaco di tanto in tanto ruggiva ancora di rabbia, stava molto meglio.
“Voglio mettere in chiaro due cose prima che tu mi spieghi per bene per quale motivo ieri ti sei ubriacato” disse Belial sedendo accanto all’altro. “Primo: non voglio mai più che tu beva. E lo so che il corpo è tuo e decidi tu come trattarlo, ma sappiamo entrambi quanto ti faccia male e quindi voglio che tu mi prometta che non lo farai di nuovo in futuro, qualsiasi cosa dovesse accadere.”
L’angelo per un momento pensò che quella fosse l’ennesima imposizione da parte del demone, ma un secondo dopo un brivido gli partì dalla nuca per percorrere tutta la spina dorsale.
Belial gli stava vietando di bere per premura, per evitare che stesse male.
“Te lo prometto” disse Aziel con un filo di voce, ai limiti dello scoppiare a piangere per l’emozione.
“Secondo: non parliamo della guerra” continuò il moro. “Ne parleremo stamattina e poi basta” disse d’un fiato.
“Sono d’accordo” asserì Aziel. “E... voglio chiederti una cosa Bel.”
“Dimmi.”
Aziel prese un lungo respiro di aria e di coraggio. Fremette. “Se io e te dovessimo ritrovarci a lottare nel bel mezzo della battaglia, vorrei...”
Il demone si sporse verso di lui corrugando la fronte, l’angelo si morse il labbro inferiore.
“Vorresti...?”
“Vorrei che tu mi uccidessi.”
Belial rimase senza fiato per la sorpresa e spalancò gli occhi. Aprì la bocca per chiedergli perché, solo perché, nient’altro, ma la richiuse subito dopo.
Non disse nulla, il demone, non gli fece nessuna domanda e non gli disse che lo avrebbe fatto né che non lo avrebbe fatto.
Si sporse su di lui e lo abbracciò in silenzio, rendendosi conto che davvero, sul serio, ci sarebbe stata un guerra e loro due avrebbero combattuto sui due fronti opposti.
Erano stati divisi molte volte, dal destino e dalla storia, ma avevano sempre scacciato l’idea di una possibile divisione definitiva. Erano ormai una cosa sola, dopotutto.
Quando sciolsero l’abbraccio Aziel aveva gli occhi lucidi e uno strano sorriso commosso stampato sulla faccia. Belial non ci pensò un secondo di troppo a baciare quella labbra morbide.
Il demone si mise in ginocchio e cominciò ad accarezzare il corpo dell’amante con gesti infinitamente lenti, poi scese a baciargli il collo, le clavicole, gli prese le mani tra le sue e le strinse forte.
“Vuoi fare l’amore?” chiese l’angelo preparandosi a stendersi sul letto.
“No” rispose Belial in un soffio. “Vieni qui” disse allungandosi sul materasso e tirandosi dietro Aziel. “Stiamocene un po’ abbracciati sotto il lenzuolo” aggiunse.
Aziel pensò che forse il Paradiso doveva essere caduto dal cielo e doveva essere finito proprio lì dove si trovavano loro due.
Pensò che anche se il demone non gli aveva mai detto ti amo, in fin dei conti glielo aveva dimostrato molte volte.
E alla fine i gesti valgono molto più delle parole.
 
A rompere il silenzio fu Belial, che d’un tratto cominciò ad accarezzare i capelli di Aziel e disse: “Allora, ti va di dirmi cosa è successo con i tuoi amichetti?”
L’angelo sospirò e si mise comodo steso a pancia in giù e appoggiato sui gomiti per guardare il demone in faccia. “È successo che a un certo punto Michele ha detto che per noi sarebbe tutto più semplice nel caso avessimo conosciuto la strategia dei demoni, e tutti, all’unisono, si sono voltati verso di me” spiegò Aziel velocemente. “Io ho detto loro che io e te non avremo parlato di queste cose, della guerra, e ho messo in chiaro che non avrei cercato di cavarti delle informazioni. Allora mi hanno detto che stavo tradendo la mia famiglia e che ero un loro fratello e non mi riconoscevano più.”
Belial avvicinò un dito al volto dell’angelo e lasciò scivolare la punta del polpastrello dalla tempia fino al mento, lentamente, come una goccia d’acqua su un vetro che non vuole saperne nulla di scivolare via.
“Non ne vale la pena Azi” sussurrò il demone premendo appena il dito contro il mento dell’altro. “Non stare male per degli esseri che negli ultimi secoli ti hanno scaricato nel dimenticatoio e adesso vorrebbero approfittarsene della tua fragilità e della tua bontà.”
“Non glielo permetterò” assicurò Aziel con una sicurezza nella voce che li sorprese entrambi. “Mi sono già scaricato la frustrazione addosso, ora basta.”
Belial sorrise. Sentirlo parlare così lo rendeva assai fiero, se una cosa del genere fosse successa anche solo cinque secoli addietro, Aziel probabilmente avrebbe cercato di suicidarsi in ogni modo possibile.
“Mi piace sentirti dire queste cose” ammise il demone sottovoce.
Il moro ripensò alle parole di Caliel della sera prima, è troppo fragile, e pensò che era vero. Era troppo fottutamente vero. Ma era vero anche che Aziel era migliorato molto rispetto al passato.
Dopo un lungo momento di silenzio, l’angelo si decise a parlare.
“Belial” disse piano.
“Mh?”
“Non mi hai riposto” spiegò Aziel. “Prima, quando ti ho chiesto di uccidermi se in battaglia...”
Il demone gli spiaccicò una mano sulla bocca, tappandogliela all’improvviso. Aziel spalancò gli occhi, temendo che potesse essere stata una reazione provocata dal suo insistere su quel fatto.
Quando, però, si rese conto che l’attenzione di Belial non era rivolta a lui ma alla porta della stanza, si rilassò.
Rimasero immobili entrambi per qualche secondo, poi l’angelo cercò di biascicare qualcosa contro il palmo dell’amante che premeva contro le sue labbra.
“Zitto” lo ammonì il demone lanciandogli uno sguardo a metà tra l’irato e il circospetto. “Ho sentito dei rumori.”
Si guardarono per un attimo, poi Belial si alzò da letto stando attento a non far cigolare le molle sotto il materasso e camminò in punta di piedi fino alla porta, per poi spalancarla con un colpo secco.
Poiché non c’era nessuno, il demone si affacciò sul corridoio e vide due bambini sui dieci anni, un maschio e una femmina, correre via ridacchiando.














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Non so neanche se in ritardo o in anticipo, ma sono tornata! Sono più che felice che abbiate apprezzato tanto l'ultimo capitolo (tutto merito della pizza offerta, secondo me lol), questo ammetto che non mi piace moltissimo ma, con il periodo assurdo che ho passato a scuola, mi ci voleva proprio. Insomma, mi sono seduta davanti al pc e ho scritto scritto scritto per poi venire qui e pubblicarvi questa roba.
Un abbraccio a tutti voi,

Echelon_Sun

 
  
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