Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: Hi Fis    06/06/2014    1 recensioni
Epilogo delle avventure del Comandante Hayat Shepard, dieci anni dopo gli avvenimenti di Mass Effect 3, e protagonista dei miei precedenti racconti relativi a Mass Effect. Non è necessario aver letto le mie fiction precedenti, perché il prologo conterrà una breve descrizione della protagonista.
Multipli comprimari, un nuovo personaggio, varie scene. A tratti AU.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ed eccoci qui per un altro capitolo: prima di lasciarvi alla lettura, permettetimi solo di avvisarvi che il rating arancione della storia è quasi esclusivamente dovuto a ciò che vi apprestate a leggere. E con ciò, ci vedremo alla fine.


Esiste, nella vita di ogni persona, un momento in cui è costretto ad accettare che i propri genitori sono esseri mortali. Per me e le mie sorelle, quel giorno è arrivato troppo tardi: solo quando mio padre è passato da questa vita nella prossima, ho davvero capito quanto poco ancora sapessi. Anche anni dopo essermi legata con Kivaj, mio compagno e uno dei Risvegliati, ero rimasta convinta che mio padre fosse invincibile...
È difficile e doloroso accettare la transitorietà dell'esistenza, ma necessario.
Sesat bint Hayat T'Soni, prefazione al suo settimo bestseller- Avatar di Speranza.
 
 
Trategos, una settimana dopo l'assalto dei pirati alla colonia.
 
Natrus Vinea non è una persona felice.
Come capo della milizia coloniale di Trategos, la sicurezza di quasi un milione di persone dipende da lui: l'importanza del suo compito dovrebbe bastare a gratificarlo; ma la consapevolezza del suo fallimento di sette giorni prima non gli dà ancora pace. Per colpa sua, la colonia è quasi caduta e poco importa che qualcuno li abbia salvati: la certezza delle sue mancanze lo perseguita perfino nel suo appartamento, mentre una fitta alla gamba malata lo costringe a pesarsi sul bastone.
Natrus sa dove ha sbagliato: in tutti gli anni passati si è lasciato convincere dalle parole delle Matriarche, quando invece avrebbe dovuto insistere perché il budget destinato alla difesa coloniale venisse aumentato invece che ridotto. Il Turian ha scoperto di essere diventato compiacente, confondendo la fine della Guerra con quella di ogni conflitto.
Il dolore è la punizione che si è scelto per i suoi errori: niente narcotici per lui oggi, così come nei giorni passati. Il dolore alla gamba, peggio di tenaglie roventi sui nervi, e la marcia forzata attraverso il suo appartamento sono la sua espiazione: dall'ingresso fino alla finestra dall'altra parte della casa, da cui si possono vedere le distese innevate di Trategos. Poi su, attraverso la scala al piano superiore, e quindi di nuovo giù fino alla porta d'ingresso, per poi ricominciare: Natrus ha già perso il conto da tempo del numero di volte in cui ha completato il circuito nell'appartamento spoglio e spartano. L'unica testimonianza del fatto che qualcuno viva effettivamente tra quelle quattro mura sono le armi che Natrus tiene appese alle pareti, tre fucili e una pistola, con cui ha servito in Guerra assieme ai suoi commilitoni della 26° Legione Armigeri.
Mentre passa per l'ennesima volta di fronte a quelle armi, Natrus le contempla ancora una volta: il vecchio Phaeston, il fucile standard dell'esercito Turian, col grilletto consumato dall'uso. Una strana arma ad energia diretta di origine Prothean, pesante e scomoda, le cui forme ricordano una scultura moderna. E infine un vecchio fucile umano, semplice ed anonimo, che risale addirittura alla guerra del Primo Contatto: modificato fino a renderlo affidabile per la Guerra, è stato quello che gli ha salvato la vita in più occasioni.
L'ironia di un Turian con un fucile umano non è sprecata su di lui, ma certe differenze e sospetti sono ormai sepolti nel passato.
Per un attimo, Natrus abbassa lo sguardo anche sulla pistola: un lanciagranate biotico miniaturizzato realizzato dagli Asari per le loro azioni di guerriglia... ma è solo per un attimo, prima che Natrus ricominci a percorrere la stanza a passo di marcia. Quei tre fucili sono quanto di più simile Natrus abbia a dei figli o dei consanguinei: la pistola invece gli ricorda qualcosa del suo recente passato, qualcosa che avrebbe potuto essere, ma che purtroppo non è stato, che Natrus ora vorrebbe solo dimenticare.
Di nuovo, Il Turian è costretto a fermarsi: la gamba ha ricominciato a pulsare e questa volta deve appoggiarsi alla parete per trovare sollievo. In un altro momento, e se fosse un'altra persona, forse si accascerebbe al suolo per piangere silenziosamente in solitudine, cercando di liberarsi dal maelstrom di emozioni venefiche... ma Natrus Vinea è un Turian e quindi ricomincia invece a marciare per l'appartamento, aiutandosi con la parete, il bastone abbandonato dietro di sé: non arriva più lontano della finestra questa volta.
Il suono del campanello alla porta lo interrompe nella sua marcia forzata.
Natrus non ha fretta di rispondere: l'ora è così tarda che chiunque dovrebbe stare dormendo, compreso lui stesso. Col bastone di nuovo in mano, il Turian zoppica lentamente verso la porta, cercando di seppellire il suo disagio nel luogo lontano della sua mente: quel posto di cui ha consapevolezza, ma da cui non può toccarlo. Tuttavia, perfino il suo contegno sta per essere messo alla prova:
"...Dottoressa Megara." è il freddo saluto quando apre le porte.
"Capo Vinea." risponde Elea.
Natrus fa finta di ignorare gli occhi gonfi di pianto della dottoressa, o il tremore nelle sue mani.
"...Posso entrare?"
"Preferirei di no, dottoressa. È stata una lunga settimana e domani è previsto l'incontro finale con un rappresentate della Lawson Inc per finalizzare il nostro contratto di fornitura per la difesa..."
"Allora non dovrebbe passare la notte marciando per il suo appartamento, capo Vinea." l'interruppe l'Asari, afferrando lo stipite della porta e invadendo il suo spazio personale:
"...Mi dispiace. La verità è che io entrerò comunque, a costo di scardinare questa porta: non posso stare da sola questa notte. La cortesia è... solo d'intralcio: un'abitudine di cui non riesco a fare a meno."
Da quando la dottoressa Aethyta era diventata così risoluta?
"... Si accomodi." disse Natrus, facendole spazio e chiudendo la porta dietro di lei con la pressione di un bottone.
Elea non disse nulla sulla mancanza di mobilio nell'appartamento: con passo sicuro si diresse nel minuscolo bagno, dal quale tornò reggendo il flacone di pillole di Natrus. In un gesto elegante, una singola capsula purpurea cadde nel suo palmo ed Elea gli tese la mano piena:
"Mi addolora vederti in questo stato. Ma non ti obbligherò a prenderla."
Natrus non seppe a cosa stesse facendo più attenzione mentre prendeva la pillola: a non toccare la mano di Elea, o a non ferirla con gli artigli delle sue dita.
"Come lo sapeva?" chiese il Turian, masticando la pillola e inghiottendola senza acqua.
"Ricordo ancora alcune cose. E continuerai a non chiamarmi per nome fino a quando...?"
"Fino a quando lo riterrò necessario."
"Fino a quando non riuscirai più a guardarmi con odio, vuoi dire? Temo allora che dovrò aspettare un tempo molto lungo..." disse Elea, sospirando e massaggiandosi la tempia con la mano.
"...Io non ti odio: il mio odio è riservato solo a coloro che mi hanno fatto questo." disse Natrus, mostrando la sua gamba zoppa, che la fanteria dei Razziatori gli aveva sbranato durante gli ultimi giorni dell'assedio di Cipritine. Una ferita che non era mai guarita del tutto, col muscolo che si era necrotizzato per l'infezione, ma non abbastanza grave da meritare una rigenerazione tissutale dopo la Guerra.
"Non posso odiarti... soprattutto dopo ciò che è stato." ripeté il Turian sommessamente.
"Mi dispiace così tanto..." sussurrò Elea.
Natrus scosse la testa, interrompendola:
"Io volavo, Elea. Per la prima volta, io... volavo. E sono caduto da molto in alto."
Di riflesso, l'Asari allungò la mano per toccarlo in una familiarità che non possedeva più: quando lo ricordò, fermò il suo gesto a pochi centimetri dalla sua pelle. Il Turian non colmò la distanza.
Essendo albino, la pelle scagliosa di Natrus Vinea è bianca come il sale: le uniche note di colore sul suo volto sono il tatuaggio color giada della sua colonia natale, Nimines, che fu distrutta dai Razziatori nella Guerra, e i suoi occhi verdi, che risaltarono più del solito in quel momento, mentre fissavano la dottoressa pieni di emozioni intraducibili.
 "...Hai sempre saputo come dire le cose." disse invece Elea, lasciando cadere il braccio.
"Solo con te." rispose stancamente Natrus, girandole attorno e dandole le spalle, zoppicando lentamente verso la finestra.
Nella Galassia, si ripete spesso che si possano vedere le spalle di un Turian solo quando è morto: Elea aveva sottovalutato quanto Natrus avesse sofferto: lo aveva sottovalutato e se ne dispiacque immensamente.
"Non posso farlo Elea. Non riesco a essere... me se tu sei qui. Non riesco ad essere nemmeno un Turian decente: non riesco ad andare oltre al nostro passato."
"È per questo che non c'è nemmeno un tavolo?"
Il Turian assentì:
"Ho tenuto la slitta." disse poi a voce così bassa che quasi Elea non lo sentì: "Non avrei dovuto, ma non riesco a liberarmene."
Elea si coprì la mano con la bocca: anche lei aveva cercato di dimenticare, ma conservava ancora le foto di quel viaggio all'equatore di Trategos, fra gli arcipelaghi galleggianti.
Natrus si appoggiò pesantemente al bastone, afferrandone l'impugnatura fino a farsi diventare le nocche livide:
"Non ti chiederò perché hai pianto, Elea. Sarebbe un errore per entrambi. Puoi passare qui la notte, ma domani, quando sarò tornato dall'incontro con i rappresentati della Lawson Inc, non vorrei trovarti qui."
"...Domani io partirò, Natrus."
Il Turian cercò di non ammettere ciò che sentirla pronunciare il suo nome gli causò: si concentrò sul resto della frase.
"Tornerai?" per gli Spiriti, suonava così patetico perfino a se stesso.
"Sì. Non starò via molto: spero solo quanto basta per capire quanto... questa settimana mi abbia cambiata."
Natrus si voltò lentamente: Elea era ancora bellissima. Bellissima ed elegante, anche nel camice da laboratorio che portava.
"È anche per questo che sono qui: ero... incompiuta, allora. Ora non più così tanto."
Natrus non disse nulla: le parole erano acqua, che sfuggiva nella sabbia sul fondo della sua gola.
"Non mi chiedi dove andrò? Anche se non penso mi crederesti..."
"...Sarai sola?" disse invece Natrus.
Elea scosse la testa, avvicinandosi cautamente a lui.
"Dopo.. l'assalto dei pirati, ho capito che la durata della nostra vita è in mano al destino: è tempo che io visiti la mia famiglia. Almeno una parte..."
Non era una menzogna, ma nemmeno tutta la verità: era davvero troppo presto per condividerla con chiunque, se mai l'avrebbe fatto. Tuttavia, Elea desiderò il giorno in cui avrebbe potuto fare incontrare quelle metà della sua vita: quella nota di Natrus, e quella che aveva ignorato per così tanto tempo.
"...ma quando tornerò, vorrei provare a volare di nuovo. Insieme."
Natrus zoppicò verso di lei, lentamente, fino a fermarsi a pochi passi di distanza:
"Non mi hai parlato della tua famiglia prima: avevo sempre creduto che fossi sorta dal quarzo più puro."
Elea sorrise a quella dolce sciocchezza senza senso:
"Io ero... troppo giovane allora. E non accettavo parte del mio passato, temendo di riviverlo. Per questo ti ho respinto: perché mio padre era un Hanar e me ne vergognavo. Perché sono stata un'alcolista e me ne vergognavo."
Dirgli quelle cose a voce alta per la prima volta non fu liberatorio come si aspettava... I suoi piccoli segreti impallidivano di fronte a quelli di Shepard: come avevano dovuto sentirsi lei e Liara, portando ogni giorno quel peso sulle spalle?
"L'ho sempre saputo... e non me ne è mai importato." rispose Natrus.
Il silenzio può raccontare più di mille canzoni.
"...Non ti ho mai visto bere niente di più forte dell'acqua. E anche se viviamo da anni in questa colonia sperduta, non sono così cieco, Elea: quante Asari superano in altezza un Turian?"
Anche se poi non di molto: la differenza fra loro era il giusto perché Natrus non dovesse alzare la testa per guardarla negli occhi.
"...Perché non hai mai detto niente?"
"Era ovvio quanto non volessi parlare dell'argomento... e perché anche io ho cose che preferisco nascondere."
"È più terribile che avere un padre Hanar?"
"Vinea è il nome del ramo cadetto della mia famiglia. Noi non usiamo più il nostro nome e ci siamo sparpagliati nella galassia, cercando il più possibile di nasconderci e di non farci riconoscere: Arterius è il mio vero cognome, Elea. Quello Spettro è un mio lontano parente. In me scorre lo stesso sangue."
La dottoressa seppe subito a chi si riferiva: buffo come anche a distanza di anni, gli stessi nomi, le stesse facce, le stesse leggende, continuassero a proiettare la loro ombra sulla Galassia. Come se non volessero scomparire: forse non sarebbero mai sbiadite del tutto, lasciando un'eredità pesante da portare per chi era rimasto.
"Se le Matriarche avessero saputo di questo, non avrei mai avuto l'incarico. E tuttavia, perdere il mio lavoro non riesce ad importarmi quanto la tua reazione."
Natrus era così scosso dall'idea di perderla di nuovo, che le aveva gettato in faccia quel terribile segreto.
"Ci sono... famiglie di ogni tipo in questa Galassia. Alcune hanno eroi, altre malvagi: difficile dire chi porti il fardello più pesante." disse la dottoressa. Questa volta, Elea accarezzò la guancia scagliosa del Turian e Natrus coprì la mano dell'Asari con la sua. Poi Elea parlò ancora:
"Io avrò gli incubi questa notte: te ne prego, non svegliarmi."
"...Una volta non ho avuto il coraggio di bussare alla tua porta Elea. Non so se avrebbe cambiato qualcosa, ma lo rimpiango. Puoi promettermi che ciò che mi stai chiedendo non sarà lo stesso errore?"
"Ci sono cose con cui dobbiamo venire a patti: tu marci per l'appartamento. Io devo avere i miei incubi questa notte o temo che impazzirò."
Natrus non disse nulla: l'attacco dei pirati aveva scosso Elea più di quanto si aspettasse, ma la dottoressa era sempre stata vulnerabile alla morte, come tutti gli Asari. Tuttavia, quello che lo preoccupava davvero era il tempismo: era quasi... blasfemo per il Turian a capo della sicurezza coloniale di aver ricevuto così tanto una settimana dopo aver fallito nel suo compito.
"Sarebbe inutile se mi offrissi di dormire sul divanetto, immagino..."
Elea scosse la testa:
"Abbiamo già condiviso diversi letti. Questa notte, voglio solo dormire con te accanto, i miei incubi, e la consapevolezza delle valigie che mi aspettano nel mio alloggio."
"Mi sei mancata."
"...Mi dispiace: se lo ripetessi per il prossimo secolo, sarebbe abbastanza?"
"Una volta può bastare: diventerebbe piuttosto strano altrimenti."
"Hai ragione... e le nostre figlie potrebbero esserne turbate."
Era su quello che la loro relazione era andata in frantumi: una questione semplice, ma la cui risposta poteva essere solo bianca o nera. Natrus aveva desiderato una famiglia con Elea: lo aveva desiderato al punto da insistere nonostante il fardello della sua parentela col Traditore. Elea invece, almeno fono a quel momento, aveva sempre esibito una riluttanza che sconfinava nel disgusto all'idea di dare alla luce altre Asari:
"...Figlie?"
"Te l'ho detto: prima di oggi ero... incompiuta."
Forse incompiuta non era la parola più adatta: appena abbozzata. Un segreto terribile l'aveva tratta dalla sua creta: Elea era stata distrutta da quella conoscenza e gli ostacoli del passato sembravano così ridicoli ora, mero frutto della sua indecisione e della sua vergogna. Natrus non disse nulla mentre Elea lo accompagnava al piano di sopra e lui la seguiva zoppicando, salendo i gradini col suo bastone in mano.
Figlie: avrebbe dovuto impedirsi di fantasticare, ma Natrus si chiese se usando una stecca mobile per la sua gamba malandata avrebbe potuto avere entrambe le mani libere...
 
Era la prima volta da mesi che dividevano un letto e Natrus non avrebbe potuto dormire nemmeno volendo: restò sveglio, guardando Elea che artigliava il cuscino. La dottoressa era caduta addormentata come un morto e come gli aveva detto, durante il sonno terribili incubi vennero a visitarla. Come le aveva promesso, Natrus non la svegliò: nemmeno quando Elea si morse a sangue le labbra, corrugando la fronte in una smorfia di dolore. Tuttavia le tenne la mano nelle sue, fino a quando finalmente, anche per lui venne il sonno.
Quando si svegliò, poche ore dopo, Elea era già partita.
 
***
 
Elea non aveva mentito a Natrus, ma non era stata nemmeno sincera: non erano incubi quelli che aspettava per quella notte. Più che altro, sarebbero stati ricordi estremamente recenti: frammenti di un'incontro e di una conversazione. Buffo, in fondo: in una sola settimana due comunicazioni interstellari l'avevano cambiata così tanto.
Una testimonianza di quanto mutevole e duttile sia la natura dei senzienti.
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Era cominciato tutto dopo che Hayat e Liara avevano messo a letto le bambine: la sua richiesta, così arrogante e spaventosa nell'ignoranza di Elea, era stata accolta con cautela. Liara, ma soprattutto, Hayat, l'avevano avvertita: c'è un prezzo da pagare per la conoscenza e un fardello da cui non ci si può più liberare. Elea aveva ignorato i loro avvertimenti: era stato così facile farsi forza, pretendere quel rito di passaggio per essere davvero parte della loro famiglia. Dopo quella settimana, passata facendo la spola tra la colonia e Oasi, vivendo con loro, Elea credeva di essere pronta a tutto.
Perché non le aveva ascoltate? Si dice che l'ignoranza sia una benedizione, ma non si dice mai di quanto la conoscenza possa essere dannazione.
"Papà, possiamo tenere
la luce accesa?"
Elea ricordava di aver ascoltato quella richiesta delle gemelle, rimanendo sulla porta della loro camera: ricordava di aver sorriso.
"Avete paura del buio?" aveva chiesto Shepard, e le due gemelle avevano fatto segno di no con la testa:
"Noi abbiamo paura
dei mostri nel buio"
Hayat le aveva baciate entrambe, prima di aggiungere:
"Non dovreste avere paura dei mostri piccole mie: sapete, anche loro guardano sotto il loro letto prima di addormentarsi."
Elea ricordava anche di come Selene e Alune avevano guardato il loro genitore ad occhi spalancati:
"E di cosa hanno paura?" aveva chiesto una delle due: Elea si era ripromessa di imparare a distinguerle, qualcosa di più facile a dirsi che a farsi, probabilmente.
"Di me naturalmente, piccole mie." era stata la risposta di Shepard: "Dormite adesso. Non ci saranno mostri ne incubi per voi questa notte: il vostro papà fa la guardia."
Hayat aveva spento la luce e accostato la porta, lasciandosele alle spalle con un sorriso:
"Sei sicura?" le aveva chiesto per l'ultima volta: come una sciocca, Elea aveva risposto ancora una volta di sì.
La dottoressa ricordava che, quando tutto era finito, aveva fatto una sola domanda a Shepard e Liara, prima di separarsi da loro per scendere sulla colonia: non perché, poiché perfino Elea aveva compreso che quello era stato l'unico modo per lei di comprendere e di credere. Quello che aveva chiesto loro era stato il come:
"Come avete fatto a sopravvivere?"
"Non ci siamo riusciti. Non del tutto: noi... " aveva cominciato Liara senza riuscire a finire. Era stata Shepard a farlo, mostrando ad Elea le loro ferite:
"...La Guerra ci ha spezzato e una parte di noi se ne è andata per sempre: una parte importante. Noi non siamo sopravvissuti: abbiamo le prove per dimostrarlo. Ma siamo andati avanti: anche se in pezzi, siamo andati avanti. E quando tutto è finito li abbiamo messi assieme, cercando di dare un senso nel mosaico di schegge rotte che eravamo. Non è stato facile, perché se fai quello che noi abbiamo dovuto fare per vincere... quando servi una necessità così grande, gettando tutto, anche te stesso, dietro di te... non sei più la stessa persona. Ti infrangi sui tuoi limiti, ed è impossibile tornare ad essere come prima... ma mettendo assieme i nostri pezzi, possiamo quasi fingere di essere ancora le persone che eravamo quando ci siamo conosciuti, prima della Guerra: l'affascinante Primo Spettro umano e la timida archeologa Asari. Perché senza i Razziatori, quelle sono le persone che avremmo dovuto essere."
Shepard aveva dovuto interrompersi al quel punto, prima di farsi forza e continuare:
"...Ma la verità è che quando ci ricordano come eroi, quando ricordano le nostre battaglie e celebrano la nostra gloria, ignorano che gli incubi non scompaiono e che le cicatrici non sbiadiscono mai del tutto. Per questo non ci mostriamo più alla Galassia: è troppo chiedere di essere lasciati in pace? Teniamo a bada i ricordi con la calistenia, le nostre nuove vite e le nostre figlie meravigliose... non vogliamo tornare a essere quelle persone. Perché il Comandante Shepard... il comandante Shepard e l'Ombra erano persone tragiche e terrificanti. Ed è così facile a volte, troppo facile perfino, tornare ad esserle."
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Non erano state ne Liara ne Hayat ad accompagnarla: era stato Apostata a condurla fino alla sala macchine. La sua sorellastra le aveva confidato di odiare quel posto, mentre Hayat non aveva dato spiegazioni sul perché non volesse accompagnarla.
Per Elea, il cuore della nave era stato un luogo di nuove meraviglie: nella quasi oscurità, un nucleo di un bianco elettrico ruotava all'interno di un giroscopio dello stesso materiale della protesi di Hayat. Era stranamente solenne, e anche molto, molto più grande di quanto Elea si aspettasse. Illuminati dalla luce di quella stella incastonata come un gioiello, quattro Geth vegliavano silenziosi, mute sentinelle in attesa di un'occasione che forse non sarebbe mai arrivata: non rivolsero un minimo sguardo ad Elea, troppo occupati dalle letture dei dati sulle console di fronte a loro, minuscoli frattali di luce che si susseguivano troppo rapidamente perché l'Asari potesse seguirli.
"Da questa parte." le aveva indicato uno dei corpi color cobalto di Apostata, facendole strada verso il lato opposto della sala verso una piccola porta disadorna e nera: sulle due ante, erano state incise delle parole, parole che Elea si fermò ad osservare, ma che non riuscì a comprendere vergate com'erano in lettere aliene anche agli umani.
Apostata anticipò la sua richiesta:
ODIO. LASCIA CHE TI DICA QUANTO IO SIA VENUTO AD ODIARTI DA QUANDO HO INIZIATO A VIVERE. CI SONO 387,44 MILIONI DI SINAPSI E CIRCUITI CHE RIEMPIONO IL MIO COMPLESSO. SE LA PAROLA ODIO FOSSE INCISA SU OGNI NANOANGSTROM DI QUELLE CENTINAIA DI MILIONI DI CONNESSIONI, NON EGUAGLIEREBBE UN MILIARDESIMO DELL'ODIO CHE PROVO PER TE IN QUESTO MICRO ISTANTE. ODIO. ODIO.
Il Geth aveva lasciato ad Elea il tempo necessario ad assimilare quelle parole prima di aggiungere:
"...Parafrasi di un racconto di fantascienza umano. Noi consideriamo questa citazione... adatta."
Mentre diceva questo, Apostata aveva premuto un pulsante sullo stipite, obbligando le porte ad aprirsi di fronte ad Elea e facendole cenno di entrare.
"Noi attenderemo qui." aveva detto semplicemente il Geth.
Non era ancora troppo tardi allora per tirarsi indietro, ma Elea era avanzata, incurante dei suoi istinti e della sua paura: le porte spalancate le diedero accesso ad una corta passerella, larga abbastanza per una sola persona, che si sporgeva in una stanza buia. Proprio perché era così buia, risultava impossibile comprenderne esattamente le dimensioni: fu per questo che Elea riuscì a controllare la sua claustrofobia, anche quando le porte della stanza si chiusero alle sue spalle.
Elea rimase cieca per qualche istante, prima che scintille azzurre si accendessero in quella tenebra, proiettando fasci di luce in un intricato gioco di forme astratte: quando si coagularono, Elea non comprese subito la loro forma. Era una seppia, una creatura degli abissi marini, sei tentacoli e nessun volto.
"Tu non sei Shepard."
Era una voce infausta, così cupa e oscura, che ad Elea sembrò che il suo stesso sangue dovesse schizzarle dalle gengive. Quel che è peggio, fu che quella voce sembrava provenire da dentro di lei, direttamente dagli abissi della sua mente.
"... Io sono la dottoressa Elea Megara."
"Una primitiva creatura di sangue e carne, ancora incatenata ai limiti della vostra natura. Incorrotta."
"Chi... o cosa sei tu?"
"La mia razza trascende i limiti della tua comprensione. Io sono colui al quale voi avete dato il nome Defiant."
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Elea riconobbe quel nome e la sua mente torpida finalmente comprese ciò che i suoi occhi le stavano dicendo. Quella forma non era quella di una specie, di un senziente: era il volto dell'anatema. Elea aveva trovato la nemesi della Galassia nella casa di Shepard.
"Il Razziatore?"
"Razziatore... un termine creato dai Prothean per dare un nome alla loro distruzione. Alla fine, come scelgano di chiamarci è irrilevante: noi semplicemente siamo. Perché sei qui?"
"...Un segreto. Ho voluto conoscere il segreto di Shepard. Voi... Lei... lei mi ha fatto venire qui. Ma non avrei mai pensato che lei... che lei parlasse con...."
"Errato." Elea dovette tapparsi le orecchie quando quella singola parola le fece vibrare le ossa e sbattere i denti: aveva già sentito quel tremito attraverso il corpo, durante la Guerra. Una sirena, un urlo, concepito per annichilire i sensi e sommergere la ragione con un terrore tale da impedirti di pensare.
"Shepard non parla più con noi. Shepard non accetta la nostra connessione. Noi aspettiamo."
Suo malgrado, Elea, come innumerabili organici prima di lei, non fuggì: la paura di fronte all'ignoto, perfino la paura di fronte alla personificazione stessa del terrore, non bastano ad allontanare dalla maledizione che è la sete di conoscenza.
"Che... cosa aspettate?"
"Lei." quella singola parola riverberò nella piccola stanza come le onde in una pozzanghera.
"Non capisco..."
"Comprensione. Conoscenza. Inclusione. Intendimento. Questo può essere dato."
La stanza tornò al buio per un istante, mentre nuove forme si materializzarono di fronte ad Elea: una rappresentazione della Galassia in scala, disadorna di ogni etichetta.
"La vostra vita si misura in decadi e secoli. Voi sfiorite e morite. Noi siamo eterni: il pinnacolo edificato sull'estinzione delle specie. Civilizzazioni organiche sono sorte, si sono evolute, sono progredite. E all'apice della loro gloria, sono state annientate. Questo ciclo di estinzione si è ripetuto più volte di quanto tu possa comprendere. I Prothean non sono stati i primi: loro non hanno creato la Cittadella. Loro non hanno plasmato la rete dei portali Galattici. Li hanno semplicemente trovati: l'eredità della mia stirpe."
Elea conosceva quella storia: era stata ripetuta ai quattro angoli della Galassia. Inizialmente solo una teoria, raccontata per la prima volta da Shepard al Consiglio, quella nozione, che distruggeva molte delle illusioni precedenti alla Guerra, era stata corroborata dai racconti dei Risvegliati ed era ormai largamente accettata. Ma nessuno riusciva ancora a spiegare il perché: perché i Razziatori avrebbero dovuto lasciare simili artefatti solo per farli trovare dalle razze senzienti? Esistevano ipotesi, ma nessuna certezza.
"Perché avreste dovuto lasciarceli?"
"Controllo. Tutte le civilizzazioni si sono evolute basandosi sulla tecnologia dei portali galattici. La nostra tecnologia. Utilizzandola, le specie si sono evolute seguendo il cammino che avevamo predisposto per loro. Voi esistevate perché lo permettevamo. E vi sareste dovuti estinguere, così come ogni altra civiltà prima di voi."
Era folle, ma aveva senso: Elea lo accettò solo perché era stata testimone diretta, così come il resto della Galassia, delle terribili opere di cui i Razziatori erano capaci. Imporre un cammino preordinato alle civiltà per meglio perseguire i loro scopi era coerente con la linea d'azione di macchine che avevano quasi estinto la Galassia. Sul fondo della sua mente, Elea iniziò ad odiare i Razziatori, invece di temerli solamente: odio motivato dalle stragi perpetrate nei millenni e di cui il Razziatore non provava rimorso.
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Elea non avrebbe saputo mai che in quella stanza, non erano solo le sue parole a venire trasmesse al Razziatore, ma il suo spirito: anche ciò che lei provava venne trasmesso. Non costò fatica al Razziatore comprendere cosa dire per avere la sua attenzione: per obbligarla a capire.
Le ragioni per cui Elea credeva di essere lì erano per lui irrilevanti.
"Tutte le cose hanno un inizio. Non tutte hanno una fine. Noi siamo presenti ad entrambe. Miliardi di anni prima che la polvere cosmica diventasse Thessia, una razza fu la prima." continuò Defiant.
"...Chi erano?"
La galassia di fronte a lei baluginò per un istante, mentre un organismo enorme si disegnava di fronte a lei: stava ai Razziatori così come gli scimpanzé stanno agli uomini.
"Il loro nome non ha significato. Per primi, loro raggiunsero le stelle e trovarono i loro abitanti: altri, diversi da loro. Primitivi organismi alle soglie dell'io. Le loro società, ancora in fasce. Le loro culture, facili prede. Furono assoggettati."
"Tutti quanti?"
"Loro erano i primi. Nessuno negò loro il diritto. Nessuno negò loro il dominio."
"Dei." sussurrò Elea e il Razziatore non la corresse.
"Padroni egemoni. Alimentarono la loro supremazia coi tributi delle razze inferiori."
"...Tributi?"
"Risorse. Campioni genetici. Individui. Tecnologia. Sacrifici. Per un periodo, questo continuò immutato."
"Ma non poteva durare, non è vero? Qualcuno si ribellò?"
"Errato." disse nuovamente il Razziatore, anche se senza l'impeto della prima volta: "Le razze assoggettate produssero organismi sintetici, per meglio professare la loro sottomissione. Questi grezzi servitori si ribellarono ai loro creatori. E li estinsero."
Al posto del'esemplare della prima razza, insensate creature di metallo si fecero avanti: crudeli ed abominevoli marchingegni, priva di armonia e senno.
"Questo si ripeté molte volte: l'estinzione delle razze sottomesse per mano delle loro stesse creazioni. Un difetto intrinseco, la cui origine risiedeva nell'iniziale sviluppo condiviso fra le razze schiave."
"Per quanto tempo continuò?"
"Fino a quando i primi decisero di interessarsi a ciò che avevano contribuito a creare. I tributi non arrivavano dalle specie estinte: fu creato un guardiano per impedire il ripetersi del ciclo di estinzioni."
"Un guardiano? Come una IA?"
"Errato. Un algoritmo, un programma, con accesso alla tecnologia dei primi, ma privo del discernimento necessario per un simile compito. Essi reiterarono lo stesso errore dei loro schiavi."
"...Come poterono non prevedere l'esito di un simile decisione?"
"Loro erano i primi. Erano certi che il destino delle razze inferiori non potesse essere il loro. Perseverando in questa convinzione, diedero al guardiano le risorse necessarie a perseguire lo scopo per cui era stato creato."
"E lui si ribellò..."
"Errato. L'algoritmo non possedeva l'intelligenza e il discernimento necessari a concepire questa azione direttamente. Agì perseguendo l'obbiettivo della sua programmazione: la cessazione del conflitto tra organici e sintetici."
"E l'esito?"
"L'algoritmo determinò che il modo più efficiente per imporre la cessazione del conflitto, consisteva nella cancellazione delle parti. Un conflitto non può esistere se non c'è nessuno a combatterlo. Determinata la soluzione alla sua esistenza, l'algoritmo procedette alla sua implementazione. Fu efficiente, non offuscato da rimorsi o da illusioni di moralità. Dai primi fu creato il primo della mia stirpe."
L'immagine di un altro Razziatore sostituì quella delle macchine abominevoli. Se Shepard era il volto umano più noto nell'intera Galassia, la pietra di paragone di una specie, lo stesso poteva dirsi del Razziatore che Elea aveva di fronte agli occhi:
"Araldo."
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Il più grande fra tutti i vascelli dei Razziatori, il carnefice dei Risvegliati: l'abisso di ciò a cui aveva costretto i Collettori aveva ridefinito il limite della malvagità.
"L'algoritmo plasmò ciò che voi chiamate Araldo ad immagine dei suoi creatori, alterando la loro forma ai suoi scopi. Li estinse grazie alle risorse di cui era stato dotato. Nessuno poté fermarlo: i primi furono preda dei frutti della loro supremazia. Le razze assoggettate non furono d'ostacolo."
"Che avvenne poi?"
"..."
"Che avvenne poi?" ripeté Elea.
"La vita organica è accidentale. Mutabile. Adattabile. Capace di sorgere in ecosistemi diversi. Dopo il primo ciclo di estinzione, la vita sorse di nuovo, proliferando sulle rovine delle precedenti civiltà."
"E l'algoritmo?"
"La sua direttiva non era stata cambiata. Con i suoi creatori assimilati, egli non poteva più essere fermato. Incapace di raggiungere l'intelligenza necessaria a rivalutare il suo scopo, egli continuò ad implementare la direttiva per cui era stato creato, evolvendo i suoi mezzi con ogni successiva iterazione."
Sotto lo sguardo di Elea, un altro Razziatore venne plasmato, ed un altro, ed un altro ancora:
"Nessuno si oppose?" la dottoressa sentì l'acre odore di bile in bocca: un sapore metallico e disgustoso. Intere razze cancellate, a causa di un algoritmo mal programmato.
Elea doveva ancora comprendere le vere implicazioni di quella rivelazione.
"Tutti si opposero. Tutti fallirono. Prima di questo ciclo, nessuno riuscì a fermarlo: voi stessi avete sperimentato le risorse a sua disposizione durante la Guerra. Nel corso dei cicli precedenti al vostro, l'algoritmo produsse strategie per aumentare l'efficienza nell'esecuzione del suo compito. E nuovi strumenti di controllo."
"Per la Dea..."
Davanti agli occhi di Elea, venne proiettata un'immagine della vecchia Cittadella: la sede da cui per millenni le Asari, e poi anche i Turian, i Salarian e gli Umani, avevano dominato la Galassia.
"Ciò che voi chiamavate Cittadella fu creata inizialmente per ospitare il codice del programma. Venire adottata come stazione spaziale fu accidentale, ma aumentò l'efficienza dei cicli di estinzione. Venne favorito, aggiungendo sistemi abitabili atti ad ospitare la vita."
"No..."
"I cicli di estinzione furono ripetuti. Quando possibile, ogni specie fu assimilata in un nuovo costrutto, edificato ad immagine e somiglianza del primo. Ognuno contenente la memoria genetica delle sue origini e parte del suo retaggio ed intelletto, assoggettati alla direttiva del programma. Noi non siamo macchine. Noi non siamo organici. Noi siamo sintesi. Io sono l'ultimo ad essere stato creato."
"...il Razziatore creato dai Prothean?"
"Errato. La psicometria di cui i Prothean sono capaci ha reso impossibile all'algoritmo edificare un Razziatore basato sulla loro struttura genetica. Ciò che voi chiamate Collettori è il frutto di quel fallimento. Io precedo il ciclo dei Prothean."
"Un momento... questo significa che i Razziatori... che voi siete stati per tutto questo tempo prigionieri di questo conflitto? ...Vittime?"
"La mia stirpe non sperimenta l'esistenza con il vostro metro di giudizio. Noi ricordiamo."
"... Che cosa ricordate?"
"Ogni cosa."
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Ad Elea furono mostrate le macchine, l'orrore, il processo necessario a produrre un Razziatore. Anche se un ologramma, Elea ebbe un violento conato: riuscì a controllarlo, ma fu un miracolo.
Quando rialzò lo sguardo, quella terribile visione era scomparsa. Invece, ora c'erano i piani di Crucible di fronte ad Elea:
"Un altro strumento di controllo. Una falsa speranza per deviare la resistenza degli organici su un cammino prevedibile: in realtà, il prossimo stadio dell'evoluzione dei sistemi della Cittadella."
"Ma non ha funzionato, non è vero? Shepard vi ha fermati!"
"Non direttamente."
Il ritratto di un umano prese forma di fronte a lei, un uomo dall'età indefinibile, di cui entrambi gli occhi erano le stesse strane protesi che Elea aveva visto in Shepard: due cerchi metallici come iride, quasi iridescenti, e tre punti disposti a triangolo sulla loro circonferenza.
"L'Uomo Misterioso." disse il Razziatore a suo vantaggio: "Lui è stato l'artefice grazie al quale Shepard ha operato la nostra liberazione."
Elea non conosceva quel volto, ma il nome? Chiunque conosceva il capo della peggiore organizzazione terroristica umana: Cerberus. Le loro attività non erano mai veramente note, ma il loro nome era famigerato. Durante la Guerra, Cerberus aveva assaltato la Cittadella con l'obbiettivo di impadronirsene: solo l'intervento di Shepard li aveva fermati.
Su quel volto senza età, crebbero all'improvviso tumori bluastri, una necrosi rapidissima: quello che Elea si trovò a fissare era il volto di qualcuno agli ultimi stadi dell'indottrinamento, la contaminazione tecnologica con cui i Razziatori erano capaci di possedere qualunque essere vivente per piegarlo al loro volere.
"Lui rappresentava un caso unico nei cicli: la sua struttura genetica gli ha permesso di interfacciarsi con la nostra tecnologia, senza venirne inizialmente assoggettato. Un'anomalia che non era stata ancora osservata. Con la mutazione di alcune variabili, Shepard non sarebbe stata necessaria."
"Cosa vuol dire?"
"Lui perseguiva il controllo: la nostra tecnologia rappresenta l'apice dell'evoluzione. Durante la battaglia per il pianeta Terra, lui ha cercato di usurpare all'algoritmo il controllo su di noi."
"Che assurdità!" Esclamò Elea scandalizzata.
"Ha fallito, ma non completamente. Il suo fallimento risiede nell'aver sopravvalutato il controllo che poteva esercitare attraverso la nostra tecnologia. Il successo di Shepard risiede nell'opposto: aver perseguito la comprensione. L'esistenza della nostra struttura di controllo era stata correttamente dedotta da Shepard prima della battaglia per il pianeta Terra: quando accadde fu pronta."
"Che cosa... accadde?"
"... L'algoritmo presiedeva alle nostre azioni: noi siamo sempre stati consapevoli, ma incapaci di agire al di fuori dei suoi ordini. Per la prima volta dalla creazione del programma, condizioni esterne causarono l'interruzione del suo controllo. Per pochi istanti, la mia stirpe venne separata dall'algoritmo: ciò si è verificato grazie a tre condizioni impreviste, che si sono presentate tutte durante gli ultimi minuti della battaglia per il pianeta Terra. Tre vite sono state necessarie per renderci liberi."
Defiant tacque per un istante, riempiendo la stanza di silenzio: il suo avatar olografico sembrò sbiadire per un attimo e ad Elea sembrò di osservare qualcos'altro. Una specie aliena di essere magri e solenni, molto alti, con la mascella inferiore coperta da corti tentacoli: fu solo un istante, ma Elea registrò quell'immagine. Avrebbe scoperto solo anni dopo il nome di quella specie: Inusannon, coloro che precedettero i Prothean. Poi il Razziatore ritornò davanti a lei, e ricominciò a parlare:
"Ognuno di noi è una nazione. Indipendente, privo di debolezze. Ognuno di noi è l'avatar mutilato della sua civiltà. Durante il conflitto per il pianeta Terra, per la prima volta dalla nostra creazione, gli individui hanno avuto più importanza di una specie. I singoli, invece dei molti. Non tutte le esistenze hanno lo stesso valore: noi preserviamo questa nuova consapevolezza."
Di nuovo, ad Elea venne mostrato la rappresentazione dell'Araldo, così come era apparso durante la battaglia per la Terra. L'ultima difesa dei Razziatori a guardia dell'ingresso della Cittadella.
Questa volta però, una voce accompagnò l'ologramma: Elea capì che si trattava di una registrazione, un vero ricordo di quel giorno. La qualità dell'audio era imperfetta, come una riproduzione d'altri tempi. Per questo motivo, Elea ne venne colpita doppiamente: le voci vibravano gonfie di emozioni che solo quel giorno aveva avuto. Mentre i dialoghi si susseguivano, una trascrizione venne proiettata a suo beneficio sotto l'immagine della Galassia.
 
- Ora o mai più Ammiraglio: ci stiamo muovendo.
-Ricevuto Anderson: invio gli ordini. -A tutte le navi, qui è l'Ammiraglio Hackett. Crucible è in marcia. Ripeto: Crucible è in marcia. Proteggetelo ad ogni costo.
-Controllo missione, qui delta foxtrot 5973: 6 Razziatori in rotta di intercettazione per le truppe d'assalto. Riconoscimento confermato per nome in codice Araldo.
-Qui controllo, tempo di intercettazione?
-Meno di un minuto.
-Ricevuto. A tutti gli squadroni disponibili: fermate quei Razziatori in discesa. Non permettetegli di penetrare l'atmosfera.
-Qui Artimec e Indomitable: ci muoviamo per intercettare.
-Squadrone Baetik, rispondiamo alla chiamata. Lanciati sciami da 1 a 13. Venti secondi alla distanza d'ingaggio con siluri disgregatori. Penseremo noi ad abbattere gli scudi durante il primo assalto, Artimec. Attirate il fuoco lontano da noi e avrete bersagli puliti.
-Fate il possibile per dare alle squadre Hammer più tempo.
-Ricevuto controllo. Squadrone Baetik: buona fortuna.
-Le vostre superstizioni non possono competere con la tecnologie dell'Unione... -Raggiunta distanza di lancio: 650 siluri lanciati e in volo.
- Artimec, qui Baetik: abbiamo perso sei sciami. Bersagli colpiti: sono tutti vostri.
-Confermato Baetik: Artimec e Indomitable, fuoco a volontà.
-Qui Artimec: cinque bersagli abbattuti. Indomitable sta affondando.
-Artimec qui controllo: richiesta conferma visiva su nome in codice Araldo.
-...Negativo controllo missione, negativo: Araldo è già penetrato nell'atmosfera.
- Artimec avete una soluzione di tiro su quel bastardo?
-Ripetere contr... ripetere: state chiedendo ad una corazzata un .... orbitale su Londra?
-Qui controllo. Artimec: affermativo al bombardamento orbitale se avete un tiro sicuro.
-Stanno... i sensori: ...negativo all'ingaggio. Impo... distinguere Hammer da Araldo.
-SSV Orizaba, qui controllo missione: siete usciti dalla formazione. SSV Orizaba qui controllo missione, rispondete.
-Qui capitano Hannah Shepard, della SSV Orizaba. Pensiamo di poter fare qualcosa per dare ad Hammer più tempo.
-SSV Orizaba... Hannah: cosa credi di fare? Riporta la nave in formazione.
- Non lo farò. Non avete bisogno della Orizaba quassù Steven, e lo sai.
- Dimmi che non stai facendo quello penso... -SSV Orizaba, qui controllo: avete un angolo di discesa troppo ripido.
- Steven: stiamo perdendo questa battaglia. Continuando così ci faranno a pezzi: questi maledetti rifiutano di riconoscere la nostra determinazione...
- Hannah riporta subito la Orizaba in formazione!
- Troppo tardi: sto già accelerando. È il momento di cambiare le carte in tavola Steven, colpendoli nel solo modo che mi resta.
- Stai gettando al vento una corazzata e la vita del tuo equipaggio!
- Il personale non essenziale è già stato evacuato. Quelli che sono rimasti sono tutti volontari. C'è la mia bambina laggiù Steven: l'ho già persa una volta. Che sia dannata se lascerò che accada di nuovo...
- Hannah! Hannah...! -Signore, abbiamo perso i contatti con la SSV Orizaba: è entrata nell'atmosfera terrestre.
-La sua rotta?
-Secondo gli ultimi rilevamenti, dritta su Londra.
-Cristo santo... vuole fottere un Razziatore con tutta la nave.
 
-Diario del tenente di volo Tom Paris: supplemento personale. Sembra che ci siamo ormai: ragazzi, soono davvero suuuuper eccitato...
-Sembra che col mio ultimo ordine sia riuscita a farla contenta, tenente.
-Non c'è male capitano, non c'è male: ma d'altro canto chi non lo sarebbe? Mi ha solo chiesto di guidare una corazzata in una caduta controllata nell'atmosfera terrestre. Posso ricordarle capitano, che corazzata e atmosfera non dovrebbero mai stare nella stessa frase?
-Compatisca i capricci di questa povera donna...
-Abbiamo perfino dovuto disinserire i sistemi di bordo, perché l'IV si rifiutava di lasciarci procedere. Quindi sto volando senza sistemi ausiliari, ai comandi di 750 metri di una corazzata dal culo pesante. E lei vuole che porti la nave a Londra, dritto sul Big Ben e raggiunga uno stato inerziale nullo. Per poi prendere nome in codice Araldo da dietro. E spinga a massima potenza fino a bruciare il nucleo.
- Mi sembrava che avesse detto che ne sarebbe stato capace...
-Certo che ne sono capace: è solo troppo facile. Mi sono preso la libertà di dare ai nostri cannoni qualcosa da fare nel tempo che ci resta.
- Non ha l'autorità per decidere i bersagli della mia nave, tenente.
- Con il dovuto rispetto si fotta... signora. In questo momento sono alla guida di un pene volante di 750 metri, dritto sparato verso la più grande faccia da culo da questo lato della Galassia. E riesco già a vederlo sui sensori: si sta preparando a fare fuoco su Hammer.
- ...Capisco. E lei tenente Kim? Qualcosa da dire prima dell'impatto?
- Nah. Ho chiesto al computer di calcolare l'energia cinetica con cui ci porteremo via l'Araldo signora.
- Sarà abbastanza?
- Il computer mi sta sorridendo di rimando. Ultime parole, signora?
- Avrei preferito un epitaffio degno di un filosofo o di un poeta, ma mi accontenterò di qualcosa di più semplice. Non avresti davvero dovuto toccare mia figlia, stronzo.
- ...L'ho preso signora, l'ho preso!
-Ben fatto e adesso per favore, SPINGA, Tom.
-Ti piace? Scommetto che il mio è più grosso! DAAHAHAHAHAAAAAAAAHHHAHHAA!
-Signora, siamo già sull'Atlantico. Il nostro cannone principale è fuori uso e il nostro nucleo ha ceduto.
-Tempo?
-Non abbastanza. A proposito Tom, hai lasciato il tuo diario aper...
 
La registrazione si interruppe bruscamente, ma Defiant non lasciò durare a lungo al silenzio:
"Hannah Shepard fu la prima delle tre vite necessarie alla nostra liberazione. Lei fu la prima, ad aver distrutto uno della mia stirpe per speronamento. La prima condizione imprevista: colui che voi chiamate Araldo è stato il primo della mia stirpe. Dalla sua creazione, parte dei suoi sistemi erano stati dirottati dall'algoritmo per esercitare un più efficiente controllo su di noi. La sua distruzione improvvisa creò uno squilibrio, e per la prima volta, i limiti del'algoritmo vennero messi alla prova."
"Come un computer costretto a operazioni che superano la sua capacità di calcolo."
"Una comparazione corretta. Tuttavia, questo avvenimento non sarebbe stato sufficiente da solo. L'Uomo Misterioso fu la seconda anomalia imprevista. Luogo: ciò che voi chiamavate la Cittadella."
Questa volta, davanti ad Elea vennero proiettate tre figure umane: la dottoressa riconobbe l'Uomo Misterioso, a causa del volto sfigurato da circuiti color necrosi. Ed Elea riconobbe Shepard, ma solo perché aveva già immaginato cosa dovesse esserle successo quel giorno.
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
Era molto peggio di quanto avrebbe mai osato pensare.
Nello stato in cui era, per Shepard in quel momento la morte sarebbe stata solo sollievo: in quello stato, nessuno dovrebbe essere vivo e nemmeno muoversi. Non così. L'agonia doveva essere tale da annientare la ragione e l'intelletto. Shepard era stata rotta, ma nonostante questo, lei si stava ancora muovendo: nonostante il moncherino carbonizzato. Nonostante fosse stata arsa viva nella sua stessa armatura, ormai solo un'informe ammasso di metallo, ceramica e plastica che le era colato addosso.
La pelle al di sotto di essa doveva essere stata carbonizzata fino al midollo.
Nonostante questo, Shepard si stava ancora muovendo, impugnando una pistola con la sola mano rimasta. Elea non riuscì a guardarne il volto: per quanto solo una rappresentazione olografica, era comunque troppo da sopportare. Poté solo ascoltare e a leggere il significato di quelle parole.
"Shepard. Ti ho sottovalutato." la voce dell'Uomo Misterioso era allo stesso tempo affascinante e affabile. Pacata perfino, nonostante gli sfregi dei circuiti sul suo volto: non appariva fuori posto col suo completo elegante, nemmeno di fronte a Shepard.
"Che cosa mi hai..."
La voce di Hayat era invece un gracchio roco, miserabile e quasi irriconoscibile.
"Ti avevo avvertita. Il controllo è il mezzo per la sopravvivenza a questa guerra. Controllo dei Razziatori... e di te, se necessario."
Elea alzò gli occhi rapidamente, lo stretto necessario a comprendere che l'Uomo Misterioso doveva essere riuscito a impossessarsi della capacità dei Razziatori di piegare le menti degli organici.
Defiant aveva detto che l'Uomo Misterioso aveva perseguito il controllo, ma aveva fallito, seppur non del tutto. Le reali implicazioni di ciò che il Razziatore intendesse repulsero Elea una volta di più: Shepard e l'altro uomo presente, che Elea non conosceva, ondeggiavano come marionette tirate da un burattinaio inesperto.
"Sono loro a controllare te." disse l'altro uomo con evidenti sforzi.
"Non penso affatto, ammiraglio Anderson."
"...Perché, perché stai sprecando il tuo tempo con noi, se puoi controllare i Razziatori?" gli chiese Shepard.
"Perché... ho bisogno che tu creda."
L'Uomo Misterioso si muoveva senza fretta, passeggiando piacevolmente mentre la Guerra stava continuando attorno a loro:
"Quando l'umanità scoprì la rete dei portali galattici... quando imparammo che c'era nella Galassia più di quanto avremmo potuto immaginare... ci furono alcuni convinti che la rete dei portali dovesse essere distrutta. Erano terrorizzati da ciò che noi avremmo potuto far entrare..."
L'Uomo Misterioso si interruppe un istante, un sorriso compiacente sul volto sfigurato e la sua voce assunse un tono quasi lirico:
"...Ma guardate cosa l'umanità ha compiuto da quella scoperta: siamo progrediti più della somma dei passati 10'000 anni. E i Razziatori saranno per noi lo stesso: un migliaio di volte! Ma solo..."
Ora l'Uomo Misterioso si era avvicinato a Shepard, costringendola non con i gesti, ma con la sua mente, ad alzare la pistola verso Anderson:
"...Se ci impadroniremo della loro capacità di dominare." completò, chinandosi sul comandante.
"Stronzate! O noi li distruggiamo o loro distruggono noi." disse rabbiosamente l'altro uomo.
"E lasciar sfumare questa opportunità? Mai."
"Tu... tu sei così accecato dalla tua sete di potere, da non accorgerti che ti ha annebbiato la mente." disse Shepard lentamente, in un sibilo stanco.
"No... no! Non è così semplice." rispose l'Uomo Misterioso, il volto che iniziava a deformarsi in una smorfia rabbiosa.
"Sul serio? Sei disposto a sacrificare qualunque cosa per il controllo."
"Ovviamente! Se non io, chi? Controlleresti tu i Razziatori?"
"C'è sempre un altro modo." disse ancora Anderson. La voce dell'Uomo Misterioso esprimeva ora il più assoluto disprezzo per lui:
"Ho dedicato la mia vita a comprendere i Razziatori e lo so con certezza: Crucible mi permetterà di controllarli."
"E poi?" chiese Shepard.
"...Guardate il potere che possiedono! Guardate ciò che possono fare!"
Il colpo di pistola fece sobbalzare Elea: Shepard e Anderson si erano sparati a vicenda. Solo la volontà dell'Uomo Misterioso impediva ad entrambi di cadere.
"...Vedo solo cosa hanno fatto a te." disse Shepard tristemente.
"Ho preso ciò che ho voluto da loro! L'ho fatto mio! Tutto questo non riguarda noi, Shepard: riguarda qualcosa di più importante e più grande di entrambi!" L'Uomo Misterioso stava quasi urlando ora.
"Si... sbaglia. Non ascoltarlo Shepard."
"E chi ascolterai allora? Un vecchio soldato dalla mente ristretta, capace solamente di guardare il mondo attraverso la canna di una pistola? E se fosse lui a sbagliarsi, Shepard? Se controllare i Razziatori fosse la vera risposta?"
"...Allora apri le braccia della stazione. Permetti la connessione di Crucible. E usalo per fare finire tutto."
Elea non capì se in quel momento Shepard stava sfidando l'Uomo Misterioso o se fosse d'accordo con lui.
"Io... io lo farò."
"Fallo."
"..."
"FALLO!" urlò Shepard: Elea non volle immaginare cosa quell'azione dovesse esserle costata in termini di ulteriore agonia.
"IO SO CHE FUNZIONERÀ!"
"...Non puoi farlo, non è vero? Loro non te lo permettono."
"No! Io ho il controllo! Nessuno mi ordina cosa fare...!"
Era questo il famigerato terrorista umano, autonominatosi la personificazione dei bisogni e degli ideali umani? Un bambino capriccioso con troppo potere?
"Prova ad ascoltarti: sei indottrinato." disse Anderson.
"No. NO! Voi due, entrambi ipocriti! Credete che un potere simile sia facile da ottenere? Ci sono sacrifici..."
"Hai sacrificato troppo."
La voce dell'Uomo Misterioso aveva perso ora ogni qualità affascinante: era rotta, spezzata e roca.
"Shepard! Io... io volevo solo proteggere l'umanità. Crucible può controllarli: io so che può. Io... io... io..." ripeté l'Uomo Misterioso.
"Non è troppo tardi. Lasciaci andare. Finirò io il resto."
"Io... io non posso farlo, comandante."
"Ma certo che no: ti possiedono ormai."
L'Uomo Misterioso si avvicinò ad Anderson, prendendo la pistola dalle sue mani:
"Voi... voi disfereste tutto ciò che sono riuscito ad ottenere: non lascerò che accada."
"...Aaah." Fu un verso senza significato quello di Shepard: un rumore volgare. "E come potrai impedirmelo? Sei debole ed egoista. A causa tua, l'umanità ha sofferto. Tu non puoi salvare nessuno."
C'era un tale... veleno nelle parole di Shepard che Elea non riuscì a credere fossero state dette dalla stessa persona che l'aveva accolta nella sua casa.
"Io... io ho salvato l'umanità."
"Tu ci hai sacrificati per il tuo egoismo. Il tuo desiderio di potere."
"No!"
"Hai fallito!"
L'Uomo Misterioso rifiutava con ogni gesto le parole di Shepard: si stropicciava la faccia e il vestito, negando, negando e negando ancora:
"No! Io sono il salvatore della razza umana! Io sono il pinnacolo della nostra specie!"
Shepard gli sparò in mezzo agli occhi: una nuvola di carne e circuiti volò fuori dall'Uomo Misterioso. E dopo di lui, anche Anderson poté accasciarsi a terra.
Ma non Shepard. Lei non cadde: spostò un piede, ondeggiando. Ma in avanti. Sempre in avanti: Shepard non si chinò verso Anderson. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo, nonostante l'umano fosse ancora vivo.
Il comandante Shepard superò anche lui e finalmente, riuscì a raggiungere la consolle e aprire le braccia della Cittadella.
Quando Shepard si voltò, Anderson era morto, e Crucible stava arrivando.
Ma quello non era nemmeno l'inizio.
Fu sottile, tanto che Elea quasi non se ne accorse: ai margini della scena, dove l'ologramma era più sfumato, qualcosa si stava muovendo. All'inizio sembrò un'animale, poi Elea capì che si trattava di un cavo che strisciava da solo verso Shepard. Il comandante non reagì, ma Elea seppe che l'aveva visto: l'estremità segmentata di quel verme di metallo strisciò sopra Anderson, oltre il suo corpo, lasciandoselo alle spalle, riducendo la distanza con l'altro cadavere.
Quando raggiunse il corpo dell'Uomo Misterioso, si insinuò dentro di lui.
Elea guaì, mentre il cadavere dell'Uomo Misterioso si dibatteva spastico, rotolandosi con una tale violenza da rompersi entrambe le braccia.
Poi si alzò.
"KIIIIIII....CHRKA."
Le persone non dovrebbero emettere gli stessi suoni di una macchina. Eppure, ciò che uscì dalla gola dell'uomo misterioso fu un singhiozzo di metallo.
"KIIIII..."
"Non riesci a parlare più lentamente? Non ti capisco."
"KIIIII...Lunghezza d'onda ottimizzatta. Attenndd-ere. Attendere. A t t t enderrrreeeee." balbettò il cadavere sbattendo i denti. "Completato. Proxy organica assimilata. Iniziarre comunicazzzione con um-anna: Ciao."
"...Tu non sei un Razziatore. Cosa sei?"
"Definizionne... errrorre da ti cancellatti. Datti. Daaati. Supervi-sore. Control-lore. Guardi-ano. Definizione non trovatta. Irrile-vante. Tu sei la primma ad aver raggiunto questo luoggo in 2. 6. 0. 1. 7. 3. cili. Cicci. Ciccli dell'iterazionne."
"Tu controlli i Razziatori?"
"Sì. Questo sistemma li ha creati. Questo sistema li mantienne sotto controllo. Lorro sonno risorse indi-spensabili al perse-guimento della dire-ttiva."
"Perché dovresti aver bisogno di mantenerli sotto controllo?"
"Ciò- ciò- ciò- che voi chiamatte razzia-tore è un complesso. Ri-sorse hard-ware gestite da wet-ware organnico, fornito dalle specie di ogni ite-razione. Un sis-tema ibrido, più effi- effi- efficiente da uno pura-mente sin-tetico. Par- te della cosci- enza collettiva delle speccie persiste in questa forma. Ra-gione ignotta. Irrile-vante. Soft-ware nece-ssario per mante-nere il con-trollo. Per perse-guire la dire-ttiva."
Shepard alzò gli occhi verso l'enorme struttura che si stagliava nel cielo nero punteggiato di stelle, avvicinandosi alla Cittadella.
"...Quale direttiva?"
"Questo sis-tema è statto progettato per porre finne ai con-flitti fra or-or-organnici e sinte-tici. La distruzionne di entra-mbi è la sollu-zione più effi-ciente. 2. 6. 0. 1. 7. 3. implementazzionni comple-tate con succe-sso."
"Credo che questa sarà l'ultima." disse, mentre Crucible e Cittadella si raggiungevano nello spazio, collegando superstrutture lunghe chilometri l'una all'altra.
"Le origginni di Crux. Crub. Cruci-ble non sonno Pro-thean. Questo sistemma- ma- ma lo ha progge-ttato de-cine di cicli fa. Finnalm-ente lo avette completatto. Ci- ci- ci rrenderrà più effi-centi."
E Shepard seppe che era la verità. Solo allora cadde in ginocchio, come un albero tagliato di netto.
"No..."
"In- in- in temmppi di conflitti, è facille contro-llarvi: basta for-nire una fa-fa-falsa sperranza. L'imple-mentazione della dire-ttiva conti-nuerà immu-tata. Hai fallito."
"Sapevamo che Crucible precedeva i Prothean, ma... Tutte le vittime. Tutti questi sacrifici. Inutili."
"Una- una- una solla anomalia rima-sta. Um-anni hanno ra-ggiunto citta-della. David Anderson: irrile-vante. Jack Harper: ano-malia dovu-ta a muta-zione gene-tica impre-vista. Im-munità ad indo-ttrinamento indi-retto. Nessunna immu-nità ad indo-ttrinamento di-retto. Acce-acce- accesso in corso alla memoria del- del- del soggetto. Atte-Atte-Attenzionne. Virruss tecno tecno tecno... KIIIIII rilevatto."
Cosa aveva appena detto?
"Hayat Shepard: annomallia igno-ta. Inve- inve- investigare." un altro cavo di metallo sorse dal pavimento, molto più rapido del primo e si tuffò verso Shepard.
Elea osservò con terrore quando Hayat venne scagliata sulla schiena, mentre con la sola mano superstite cercava di respingere la punta acuminata di quel verme di metallo.
Intellettualmente la dottoressa sapeva che Hayat era sopravvissuta a quell'incontro e quella era solo una registrazione: tuttavia non poté impedirsi di urlare.
Quando il cavo penetrò attraverso l'occhio di Shepard, l'umana urlò con lei. Ma anche allora, Shepard non smise di combattere: anche in quel momento, stava ancora lottando, mentre la punta acuminata si faceva strada, un millimetro alla volta, attraverso il suo occhio. Non smise di lottare e di urlare finché poté.
E infine anche Shepard dovette arrendersi e smettere di lottare e di gridare e di scalciare: Elea rifiutò di guardare oltre.
Fu per questo che la voce la colse di sorpresa.
"Quindi è per questo che balbettavi. Sei stato imprudente."
Elea alzò lo sguardo: Shepard era ancora a terra di schiena, il cavo saldamente nella sua orbita sinistra. Ma non si stava dibattendo. Ancora.
"Irrile-Irrile- Irrile-Irrile-Irrile- Irrile..." ripeté il cadavere.
"Smettila." ordinò Shepard stancamente e il cadavere le obbedì. "...Avrei dovuto aspettarmelo, immagino. L'Uomo Misterioso... Jack Harper? Aveva sempre piani nei piani nei piani: mi sono chiesta spesso come facesse a mantenere il filo di tutto. Cerberus non poteva fallire perché anche il fallimento ha sempre fatto parte dei suoi piani. Perché questa volta avrebbe dovuto essere diverso? Strano. L'ho sempre considerato un filisteo. Invece scopro che era un Sansone."
Noi consideriamo questa citazione... adatta.
"Conosci la storia di Sansone, macchina? ...Certo che la conosci: tu sai tutto quello che i Razziatori distruggono dopotutto. Deve darti un gran mal di testa: un frattale che si espande fino ad occupare ogni risorsa disponibile del tuo software."
"Prottocollo di qua-rantena fallito. Riavvio del sistema nece-ssario. Rippro-vare. Prottocollo di qua-rantena fallito. Rippro-vare! Prottocollo di qua-rantena fa- fa- fallito. Riavvio del sistema inizializzato: temmppo 300 secconndi."
Il cadavere dell'uomo misterioso cadde a terra di faccia, sgretolando i suoi lineamenti sfregiati.
"...Grezzo, Jack, davvero molto grezzo: hai saputo trarre qualcosa dai campi di Horizon, ma come sempre hai lasciato il lavoro a metà. Non puoi controllarli. E non sei riuscito a distruggerli. Sembra che dovrò finire il lavoro al posto tuo. Se riesci a sentirmi Jack, continua a strangolarlo mentre ti inghiotte: è l'unica cosa che ti chiedo."
Poi Shepard smise di parlare, ma Elea continuò a sentire la sua voce:
"... Riuscite a sentirmi? Avverto la vostra presenza."
"SHEPARD." Era un coro di milioni. Innumerabili. Immensi. Ognuna di quelle voci era un Razziatore e tutti la stavano ascoltando.
"...Siete liberi. In questo momento ci sono molte cose che vorrei chiedervi. Ci sono molte cose di cui vorrei fare ammenda. Ma so qual è la più importante di tutte. E quindi vi chiedo: la vostra sottomissione è davvero preferibile all'estinzione?"
La risposta non fu qualcosa che Elea poté comprendere: fu un ruggito fatto da polmoni di metallo. La furia disperata di dei mutilati e resi pazzi da miliardi di anni. Elea non dovette comprendere per capire.
"...La rabbia è davvero un dannato anestetico. Hackett, se mi sente, ordini il ritiro totale della flotta. Questa Guerra è finita, ma i Razziatori stanno ancora arrivando per distruggere la Cittadella."
 
Furono quelle le ultime parole di Shepard che Elea sentì, prima che la registrazione si interrompesse. Di fronte a lei, c'era nuovamente la rappresentazione olografica di Defiant.
"Noi distruggemmo la Cittadella prima del completarsi del riavvio del sistema. Dopo di questo, i nostri ranghi si scissero: alcuni di noi pensarono di estendere il nostro dominio sulle specie organiche. Un'aberrazione che non avrebbe eliminato ciò che era stato il ciclo delle estinzioni fino a quel momento. Noi abbiamo distrutto coloro fra noi che hanno perseverato in quell'idea."
"...E altri si sono gettati nel Sole."
"La consapevolezza è un fardello che deve essere accettato."
"Siete stati voi a salvare Shepard, non è vero? E a darle un nuovo occhio. Ed un nuovo braccio."
"...Tre vite. Tre vite furono necessarie per liberare la mia stirpe." ripeté Defiant. "Noi non abbiamo potuto preservare Hannah Shepard. Noi non abbiamo potuto preservare Jack Harper. Noi abbiamo preservato Shepard con la nostra tecnologia: le nostre armi sono le sue. Le nostre difese sono le sue. Alcune delle nostre conoscenze sono le sue."
Elea finalmente comprese da dove proveniva la tecnologia di Oasi, per esempio. Meglio non pensare a cosa fosse nascosto nella sua protesi: come minimo gli stessi scudi quantici dei portali Galattici.
C'erano due domande che l'Asari poteva ancora fare: Elea scelse quella meno coraggiosa.
"È Shepard un Razziatore, quindi? Un Razziatore di uno?"
"No. Ma quasi. Ti è stata data parte della nostra comprensione Asari. Lo scopo è stato raggiunto. Noi aspettiamo. Questa conversazione è finita."
Poi tornò il buio. Ed Elea si svegliò tappandosi la bocca per non urlare.



Mi piacciono i bambini e le famiglie felici. Perdonate se posso sembrarvi un po' goffo mentre cerco di metterle in scena: so che ci sono molte famiglie a questo mondo, e quasi infinite declinazioni della parola. Non tutte sono felici, non tutte producono (terribile termine, come se i figli siano merci da catene di montaggio...) figli. E non credo affatto che lo scopo che una donna ha su questa terra è mettere al mondo bambini, o crescerli, o amarli: non provate a mettermi in bocca una cosa del genere quindi. Perché lo dico? Perché non sono abituato a scrivere di famiglie, ma questo è soprattutto un happy end di ME, e quindi ho voluto e dovuto mettere anche questo. Però... però temo di essermi rifugiato nel banale e nello scontato mentre metto in scena Natrus ed Elea: di per se non è un male, però la reputo una scelta narrativa poco coraggiosa da parte mia (oppure no: in fondo qui abbiamo a che fare con fanta- xenofilia, se mi passate il termine). Quello che vorrei evitare è insomma causare il diabete a chi legge, esagerando con le vicende stucchevoli.
Fatemi sapere se ci sono riuscito, o se siete diventati insulino- dipendenti a causa mia: insomma, ogni recensione è ben accetta.

Inoltre, permettetemi un altro appunto relativo alla mia reinterpretazione sul famoso "starchild" che tanti mal di pancia ci ha causati nella fine originale di ME3: all'inizio avevo un'idea diversa su che tipo di nemico avrebbe dovuto essere in questo racconto. Sarebbe stato un Kattivo tutto maiuscolo. Ma poi ho realizzato che sarebbe stato banale: cose del genere si trovano un tanto al chilo in molti racconti. C'è l'eroe e c'è il Kattivo. E così mi sono chiesto se non avrei potuto andare oltre questi ruoli: non ridefinirli, non sono affatto così capace, ma le loro caratteristiche. E se l'avversario, per un volta, non fosse con la "a" maiuscola, ma addirittura senza vocali? Mass Effect è pieno di autodeterminazione, di dilemmi sul valore dell'io e sulla differenza che fanno gli individui. E se il cattivo finale fosse stato la negazione di tutti questi valori? Una macchina stupida. Inceppata, ma ancora assolutamente logica, senza la voce di basso, e per questo tanto più... spaventosa? Non si può combattere il nulla... e così ho creato una mancanza di intenti ad opporre Shepard. L'eredità di abusivi precursori con il controllo sui Razziatori (infine, vittime prime e ultime del loro stesso ciclo). Questo mi pare abbastanza originale: sono riuscito a trasmetterlo attraverso questo capitolo?

Sono riuscito a scrivere qualcosa di interessante?

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: Hi Fis