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Autore: SereNian08    08/06/2014    14 recensioni
Può l'amore non essere abbastanza? Ian e Nina non sono più insieme. Dopo una storia di tre anni...Si sono separati. Hanno scelto di intraprendere strade diverse... Strade che li portano lontani. Da loro stessi, da casa, da tutto quello che avevano insieme. I giornali parlano di una proposta di matrimonio rifiutata, di un impegno che non si è voluto prendere, di nuove relazioni...Ma nessuno conosce realmente al verità. Impegnati sui set dei loro rispettivi film, in giro per il mondo, o semplicemente in vacanza con gli amici...Mettendo continenti e mari fra di loro, evitando di vedersi per quasi due mesi, sembrano felici e tranquilli.Ma è fin troppo semplice in questo modo. L'inizio delle riprese della quinta stagione di The Vampire Diaries è vicino. E i due saranno costretti a rivedersi... Come reagiranno quando si troveranno di nuovo faccia a faccia? Cosa succederà quando gli occhi "da cerbiatta" di Nina incontreranno quelli di ghiaccio di Ian? Può un amore come il loro, essere finito in così poco tempo? O basterà una piccola scintilla, per riportarli l'una tra le braccia dell'altro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                  Unconditionally.
                                                                                               

 

Oh no, did I get too close?
Oh, did I almost see what’s really on the inside?
All your insecurities
All the dirty laundry
Never made me blink one time

Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally

Come just as you are to me
Don’t need apologies
Know that you are a worthy
I take your bad days with your good
Walk through this storm I would
I’d do it all because I love you, I love you

     

POV Nina. 

2009

<< Allora? >>  

Gli occhi cangianti di mia madre mi fissano incuriositi, da dietro il bicchiere trasparente. Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio e accavallo le gambe sotto il tavolo. Quando ritorno a guardarla mi lancia un sorrisetto consapevole. Sospiro, alzando gli occhi al cielo. 

<< Allora cosa? >>  

Fa un cenno con la testa alla sua sinistra, indicando Ian, impegnato con un paio di fan che lo hanno fermato al volo mentre ordinava da bere al bancone. Cerco di non soffermarmi troppo sulla figura del mio bel collega, e ritorno a prestare attenzione a mia madre. 

<< Non c’è niente da dire. >> 

Annuncio a bassa voce, per paura che questa conversazione per niente adatta alla situazione, arrivi alle orecchie di Ian. Mia madre si sporge verso di me, inclinando leggermente la testa, lasciando ricadere sulla spalla i capelli color caramello. Piccole rughette le incorniciano gli zigomi rosei e gli angli delle labbra. 

<< Bambina mia, non sono nata ieri. Ho visto il modo in cui lo guardi. >> 

Lancio una terza occhiata a Ian per valutare se è ancora impegnato. Non rispondo all’affermazione di mia madre, mi limito a spostare lo sguardo e sorridere lievemente. Lei sospira, e posa il bicchiere sul tavolino. 

<< Tesoro, voglio solo dirti che ho conosciuto diversi uomini come lui nella mia vita e… >> 

<< No. Nessuno è come lui… >> 

Dico di rimando, senza pensarci, continuando a fissarlo da lontano, anche se mi ero imposta di non pronunciarmi più di tanto. Quando mi rendo conto del peso delle mie parole ritorno ad incrociare gli occhi dolci di mia madre, e automaticamente sento il sangue fluirmi sul viso. Scuoto la testa lievemente. 

<< Si, ok? Sono completamente affascinata da lui… Io… Non riesco nemmeno a spiegare l’effetto che mi fa. Ma è una cosa mia. E’ impegnato, e io sono impegnata. E’ un mio collega, e ti ho detto quanto voglio evitare le relazioni sul lavoro… Noi, siamo amici.  >>  

Lei allunga una mano, e stringe la mia posata sul tavolo. 

<< Molte volte non possiamo controllare certe cose. Soprattutto le questioni di cuore. Ma ascoltami quando ti dico che anche lui ti guarda in modo speciale. Capisco come ti senti… Ma ricordarti che sei giovane, mentre lui è già un uomo. Potrebbe renderti la persona più felice del mondo…Oppure finirai per esserne… >> 

Giriamo entrambe lo sguardo verso Ian, ancora impegnato con una piccola fan. Lui si abbassa leggermente e le prende la mano per baciargliela.  Quando alza lo sguardo, si gira per cercare i miei occhi, e sorride. Sento ancora gli occhi di mia madre scrutarmi attentamente, ma non finisce la frase. Si limita a sorseggiare il suo drink con un sorrisetto preoccupato sul viso. Ma posso sentirla, nella mia testa, la parola finale del suo discorso. 

‘Finirai per esserne distrutta’. 


Non avevo mai considerato seriamente quella conversazione, ma adesso, mentre lui è qui, davanti a me, con espressione neutra a dirmi che non mi ama più, mi torna stranamente in mente. ‘Distrutta’. Aspetto l’ondata di dolore. Aspetto che lo stomaco mi si chiuda all’improvviso, e che il petto inizi a farmi male. Aspetto le lacrime e i singhiozzi che mi faranno mancare il respiro. Vorrei chiudere gli occhi per prepararmi meglio, ma non accade nulla. Non sento nulla. Mi lascio cullare da questa sensazione, dalla mia mente vuota. Dura un attimo, un battito di ciglia, e sono di nuovo di fronte a lui. Ma ormai, Ian non mi guarda più. I suoi occhi si, fissano i miei, ma non mi sta realmente guardando. La sua mano si alza per sfiorarmi il viso. Mi aggiusta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, un gesto familiare, che adesso risulta così meccanico e inadatto. Vorrei dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non mi viene in mente nulla. E inizio a chiedermi fino a quando durerà questa sensazione di annullamento.


POV. Ian.

Posso vederlo, il suo mondo che cade a pezzi. Insieme al mio. Le sue palpebre tremano leggermente. Le pupille diventano due cerchietti neri infiniti che continuano a dilatarsi. Non piange. Non parla. Resta a fissarmi, inerme. E poi, all’improvviso, sorride. O almeno, cerca di sorridere. 

<< E’ finita tempo fa… Dovevamo solo essere sinceri. >> 

Dice, alla fine. Ed è quasi peggio di una pugnalata nello stomaco. Alzo le spalle, e continuo la mia piccola recita personale. 

<< Adesso possiamo mettere in pratica quello che stiamo dicendo da tanto. Essere colleghi e volerci bene nonostante tutto. >> 

Sorride ancora. E non c’è ombra di tristezza nei suoi occhi. 

<< Si, hai ragione. >> 

Le rispondo. E ogni parte del mio corpo è spinta verso di lei. Non so come, ma mi ritrovo ad abbracciarla. Le sue braccia lunghe mi cingono il collo, mentre le mie restano sulla sua vita sottile. C’è il suo profumo mischiato al mio, insieme ai suoi capelli che mi solleticano il viso. E vorrei che questo abbraccio durasse in eterno, ma in realtà dura solo pochi attimi. Si stacca da me bruscamente, come a voler dire ‘Basta, vai via. Per oggi è abbastanza’. E io capisco. Quando mi volto per raggiungere l’uscita, penso che sono ancora in tempo. In tempo per tornare indietro, e per dirle che comunque ci sarò sempre. Ma non avrebbe senso, e sarebbe inutile, così mi limito ad uscire e lasciarla da sola, ancora una volta.  


2013 

<< Non lasciarmi da sola, ti prego. Mi annoio da morire. >> 

Nina si aggrappa al mio braccio, cacciando fuori il labbro inferiore, mettendo il broncio come una bambina splendida e capricciosa. Intorno a noi c’è un via vai frenetico, sono tutti impegnati a finire di allestire il set, la finta strada di New York, dove Damon e Elena dovranno passeggiare. Mi giro completamente verso di lei, seduta sul muretto con le gambe che non toccano terra. Le bacio piano le labbra, sfiorandole il collo con le dita. 

<< Vieni con me, andiamo a prendere qualcosa da mangiare mentre aspettiamo. >> 

Lei in risposta mi stringe ancora di più, e alza gli occhi al cielo. 

<< Sono troppo stanca per muovermi. Vai, ti aspetto qui. >> 

Allenta la presa e mentre la guardo, mi viene l’idea. Le faccio segno di aggrapparsi alla mia schiena, e lei non se lo fa ripetere due volte. Mi sale sulle spalle, con le gambe strette intorno ai miei fianchi, e le mie mani sotto le sue cosce. Ridacchia nel mio orecchio mentre si sistema e mi avvolge con le braccia. 

<< Posso partire signorina? >> 

 << Dipende da dove mi vuoi portare. >> 

Mi risponde, continuando a ridere. Cammino con lei sulle spalle, ciondolando leggermente, tra la folla di costumisti e assistenti ai lavori che ci sorridono ad ogni passo. 

<< Ti porterò ovunque vorrai. >> 

Dico con fare poetico, mentre si stringe ancora di più a me. 

<< Mi accontento di un posto pieno di patatine fritte. >>

<< Perfetto. Patatine siano allora. >>

Camminiamo ancora un po’, fino ad arrivare al lato est del set, dove di solito possiamo sederci a mangiare. Poco più in là, notiamo Claire seduta sulla sua sedia di scena,con un contenitore di carta sulle ginocchia.

<< Guarda lì! Una ladra di patatine! >> 

L’indice di Nina indica Claire, che alza di scatto la testa sorpresa dalle urla. Appena ci mette a fuoco, scoppia a ridere anche lei. Tira indietro i lunghi capelli biondi e inclina leggermente la testa in una smorfia divertita. 

<< Non vedevo certe cose dai tempi del liceo. >> 

Ci accusa guardandoci e continuando a sorridere in quel modo dolce che di solito ci accompagna quando siamo tutti insieme. 

<< Siete davvero... >> 

Ma non finisce la frase, perché Nina salta giù dalla mia schiena e saltella verso di lei. Prende una sedia al volo e la mette accanto alla sua, così da poterle rubare indisturbata le patatine. Iniziano a prendersi a spallate e a ridacchiare sotto voce nel classico linguaggio delle ragazza che a volte capisco e a volte mi è incomprensibile. La scenetta dura qualche minuto, fino a quando Jake non arriva con aria trafelata e il cappellino storto sulla testa, dicendo che Julie vuole parlare con Claire. La nostra bionda amica alza gli occhi al cielo e cede del tutto le patatine alla mia fortunata ragazza, prima di avviarsi verso il boss. Prendo il suo posto accanto a Nina, e resto per qualche secondo a fissarla, un po’ incantato, un po’ divertito, mentre mordicchia le patatine con gusto. 

<< Claire sembrava stranamente tesa.. >>  

Dice tra una patatina e l’altra. 

<< Beh, con tutta questa storia dello spin-off, ci credo. Siamo tutti un po’ nervosi. >>  

Prima che lei possa controbattere, veniamo interrotti dal suono insistente del mio cellulare. Mi alzo al volo per prenderlo dalla tasca posteriore dei pantaloni, dove avevo dimenticato di averlo. Il nome di Bryn lampeggia sullo schermo. Rispondo al volo. 

<< Ehi amico! >> 

<< E’ Bryn >> 

Mimo con le labbra a Nina che mi sorride annuendo. Presto attenzione alle parole del mio amico, mi parla di una serata per organizzare e dare il via al nuovo progetto su cui stiamo lavorando. 

<< Perfetto. Si, certo. Ci sarò. A sabato allora. >> 

Quando rialzo lo sguardo su Nina, noto i suoi occhi ostili e leggermente tristi. 

<< Avevi detto che questo week-end saremmo andati a trovare mia madre.. >>  

Resto per qualche secondo in silenzio, stranamente, cercando di ponderare le parole adatte per scusarmi. Avevo completamente dimenticato questo particolare. Lei si alza scuotendo la testa, e si accinge a superarmi, ma la fermo prima che si allontani. 

<< Ehi, ehi… Mi dispiace, ok? Ma è una cosa importante. Ti ho parlato di questo progetto e tu potresti..  >> 

Si gira con un sorriso finto, di circostanza, ironico. 

<< Potrei venire con te giusto? Come al solito. >>  

Incrocia le braccia sul petto, mentre le accarezzo le spalle e le braccia. 

<< Potresti venire e fare tanto shopping a New York… >> 

Le dico per indorarle la pillola, per convincerla. Si scosta dalla mia presa. 

<< Nina… E’ importante. >> 

<< Sembra che qualsiasi cosa, ultimamente, sia più importante di me. >> 

Scuoto la testa e mi avvicino di più a lei. 

<< Sai che non è così.. >> 

Alza una mano, a volermi zittire. 

<< Ti devo dividere con il mondo, l’ho messo in conto tempo fa, ne sono consapevole. Ma la cosa che più mi ferisce è con quanta facilità mi metti da parte. Ed ero proprio davanti ai tuoi occhi. >>  

E io non trovo le parole per risponderle. Io, che ne sono sempre pieno. Io, che riesco a gestire qualsiasi situazione, tranne lei. Cerco un contatto, cerco i suoi occhi, ma si tira via…
 


<< Ehi amico? Mi stai ascoltando? >>  

La voce di Paul mi fa ritornare al presente, e cerco di prestargli attenzione. Si rigira il cappellino sulla fronte, portando la visiera all’indietro. Gli do una pacca sulla spalla e lo stringo per bene. 

<< Ho capito fratello, non preoccuparti. Andrà benissimo. Ti stai preparando da tanto, e questa è la tua occasione. Avrai tutto il mio appoggio. Hai già saputo quando inizierai? >> 

Annuisce leggermente imbarazzato. 

<< Poco più di una settimana, se restiamo nei tempi normali per questa puntata. Ma, sei sicuro di stare bene? Sei pallido. E tu non sei mai pallido. >> 

Trattengo un sorriso d’occasione. 

<< Sono solo stremato. Andare a dormire tutti i giorni alle quattro del mattino non è per niente salutare. >> 

<< Soprattutto se passi il giorno a combattere contro una ragazza dagli occhi scuri, giusto? >> 

Mi sorride alzando un sopracciglio.  

<< Beccato. >> 

Ammetto, quasi sconfitto. 

<< Hai letto il copione del mio episodio? >> 

<< No, non ne ho ancora avuto il tempo. Perché? >> 

Allunga un braccio per stringermi la spalla. 

<< Ti conviene leggerlo. Non sarà facile. O forse, lo sarà fin troppo. >> 


POV. Nina. 

Il silenzio di questa casa è assordante, e la tv accesa e i miagolii di Lynx non servono a molto. Affondo i piedi nudi sotto il cuscino del divano e mi tiro fin sopra le spalle la coperta in pile che accompagna da un po’ di tempo le mie serate. All’improvviso mi pento di non aver accettato l’invito di Michael e gli altri per il bowling in centro, seguito da un locale aperto fino a tardi. Ma oggi è  una di quelle giornate in cui, nemmeno un triplo drink riuscirebbe a distrarmi. Lascio divagare i pensieri mentre una vecchia replica dell’Ellen Show illumina la stanza. Il mio sguardo si sofferma sul corridoio, e sulla porta in fondo chiusa ormai da diverso tempo. Mi alzo lentamente, stringendomi la coperta intorno al corpo, scivolo sul legno freddo fino ad arrivare davanti alla porta in legno. Lynx mi segue silenziosa, come se la sua missione fosse quella di proteggermi e di tenermi compagnia. Sfioro il pomello freddo, indecisa sul da farsi, ma prima di poter pensarci meglio, la porta è aperta. Cigola piano, proiettando sul pavimento una striscia di luce. La prima cosa che percepisco, è il Suo odore, chiaro e distinto, così diverso dal profumo che regna nelle altre camere. In questa stanza il tempo sembra essersi fermato. Attraverso piano la camera, senza accendere la luce, lasciando solo il leggero chiarore della luna che penetra dalle tapparelle abbassate, illuminando la scrivania leggermente impolverata, e gli scaffali in parte vuoti. Pensavo che niente in questa casa sarebbe mai cambiato, pensavo che con il tempo si sarebbero aggiunte ancora più cose nostre, non sue o mie, semplicemente nostre. Cose che avremmo comprato insieme. Ma non ne abbiamo avuto il tempo. E poi la noto, in un angolo. Una vecchia chitarra scheggiata. L’unica che ha lasciato qui. Mi inclino leggermente per sfiorarne le corde e far uscire quel suono familiare che mi riporta alla mente vecchi ricordi. Ricordi in cui c’è lui, seduto su questa poltrona intento a far suonare queste corde con la stessa delicatezza con cui sfiorava il mio corpo. E c’erano le sue mani, lunghe e affusolate che riuscivano a far sembrare seducente anche una cosa apparentemente così semplice. Sorrido ripensando a tutte le volte in cui l’ho supplicato di insegnarmi almeno le basi, e a tutte le volte in cui, alla fine, sono finita a sfiorare i suoi capelli scompigliati, o le sue braccia così forti, invece delle corde tese sotto le sue dita. Lynx mi si struscia contro la caviglia, richiedendo la mia attenzione, e lascio che questi ricordi scivolino via, così come sono arrivati. Ritorno in salotto e riprendo posizione sul divano, sperando che un colpo di sonno mi prenda all’improvviso. Ma non accade. Afferro il cellulare per controllare l’ora, ma prima che possa pensarci meglio, le mie dita stanno già cercando un nome tra i contatti in rubrica. Scorro velocemente, fino ad arrivare al suo. Nessuna foto di riconoscimento, solo uno schermo nero con un numero e un nome. E’ questo quello che è diventato? Un semplice nome su uno schermo. Sono quasi le due di notte e tutto quello che riesco a fare, è pensare a lui. Ed è un secondo. Il tempo di visualizzare il suo viso davanti ai miei occhi, il tempo di sfiorare il tasto di chiamata, il tempo di uno squillo. Secondo squillo. Terzo squillo. Quarto squillo. Sono le due di notte, perché non risponde? Quinto squillo. Forse sta dormendo. Sesto squillo. Stacca. 

‘Ehi, qui è Ian, non posso rispondervi adesso, ma lasciate un messaggio’. 

Si è anche degnato di inserire un messaggio personalizzato. Questa è forse la prima volta che non risponde ad una mia chiamata nel cuore della notte. E lo immagino, disteso in un letto, impegnato con un’altra donna, impegnato a baciarla e sfiorarla come ha baciato e sfiorato me appena qualche settimana fa, sopra una scrivania, davanti a tre telecamere diverse, cercando di ricacciare dentro la voglia di strapparci i vestiti di dosso. Ed eccola, l’ondata di dolore che ho covato in questi giorni.  Che ho ignorato mentre mi sorrideva sul set, mentre lo sentivo parlare, mentre lavoravamo fianco a fianco con le sue parole che mi risuonavano nella mente. Eccola, farsi avanti e scuotermi il petto, e logorarmi dall’interno.  Passa qualche attimo in cui resto sospesa tra il dolore e il ‘perché l’ho chiamato?’, ma non trovo riposta. Mi alzo velocemente e spengo la tv, prendo tra le braccia Lynx e vado in camera da letto. Scosto le coperte e mi distendo sul lato sinistro. Mi stringo contro Lynx per prenderne il calore. I minuti scorrono lentamente, e sembra tutto fin troppo immobile. E altrettanto lentamente, scivolo in un dolce dormiveglia… Varie immagini mi passano per la mente, ma non riesco a capire se sono vecchi ricordi o sogni nuovi. E forse passano ore o solo pochi minuti. E forse sento il cellulare suonare in lontananza, ma non ci penso. Resto solo aggrappata alla sensazione di averlo accanto. Il suo braccio mi avvolge la vita, le sue labbra mi sfiorano la fronte. Posso quasi sentire il suo respiro solleticarmi i capelli. E con queste sensazioni, e l’immagine di lui accanto a me, scivolo in un sonno tranquillo.  


POV. Ian. 

Le sfioro ancora i capelli, fino a quando non si addormenta profondamente. La mascherina nera che usa di solito è abbandonata sul comodino accanto al letto. Le ciglia scure le sfiorano gli zigomi morbidi, e le labbra sono piegate in un broncio accennato. Mi muovo lentamente, cercando di non far rumore, di non disturbarla. Lynx mi segue silenziosamente in cucina. E’ tutto perfettamente in ordine, pulito e tirato a lucido. Resto sospeso tra il bancone e il divano, non sapendo cosa fare. Se andare via, o restare ancora. Se tornare in quella camera e svegliarla, o chiudermi la porta principale alle spalle, lentamente, senza farmi vedere. Lynx mi fissa dal cuscino del divano, interrogativa. Forse si chiede cosa ci faccio qui, proprio come me lo sto chiedendo io. Potrei sedermi e spiegarle tutto. Spiegarle che mentre ero sotto la doccia, alle due di notte, dopo aver passato la serata con una bellissima donna dai capelli color mogano, il cellulare ha iniziato a squillare con una suoneria particolare. Potrei dirle che mi sono fiondato fuori quasi scivolando sul pavimento in legno, ma non ho fatto in tempo a rispondere. Potrei dirle che ho provato a richiamare la sua bellissima mamma tante volte, senza ottenere risposte, e che quindi a quel punto sono saltato in macchina afferrando le chiavi di questa casa, per capire cosa poteva averla spinta a chiamarmi. E così sono arrivato qui, per trovarla rannicchiata nel nostro letto, mentre cercava di buttarsi tra le braccia di Morfeo senza troppi risultati. E adesso mi sento come un ex fidanzato apprensivo, sciocco e sentimentale, bloccato in una casa che sente ancora totalmente sua. E alla fine capisco che questa è una descrizione che mi sta a pennello. Sentimentale, apprensivo e sciocco. Sorrido passandomi le mani tra i capelli. Sono le tre passate, non ho chiuso occhio, e fra due ore dovrei essere sul set. Mi decido a riprendere le chiavi, ma prima di poter arrivare alla porta, noto quella del mio ufficio leggermente aperta. Senza pensarci mi dirigo in quella direzione. La scrivania è ancora piena di fogli e moduli legati alla ISF. E’ rimasto tutto come prima, come se non me ne fossi mai andato. La mia vecchia chitarra è posata accanto alla poltrona. Mi avvicino esitante e la sollevo da terra, mentre sprofondo nell’imbottitura morbida. Sfioro piano le corde, strimpellando una melodia di una vecchia canzone degli anni ottanta che ascoltavo spesso. Le note sono basse e accennate, come se avessero paura di uscire fuori. Piego la testa di lato, ed è proprio facendo questo movimento, che la noto. Nina è sulla porta, in pantaloncini e maglietta, con una mano poggiata allo stipite in legno. I capelli scuri le ricadono sulle spalle magre, lunghi e scompigliati. Non sembra sorpresa nel vedermi, ne particolarmente felice o infastidita. Con una lentezza disarmante, come se il tempo stesse scorrendo in maniera differente, faccio per posare la chitarra al suo posto.. 

<< Non smettere.. >>  

La sua voce dolce interrompe le mie intenzioni. Si scosta dalla porta e si avvicina, quasi in punta di piedi. 

<< Lo sai che mi piace ascoltare. >> 

Vorrei farle spazio sulla poltrona. Vorrei piegare le gambe in modo da farla sistemare vicino a me, ma non mi sposto di un centimetro, e lei non da segno di voler riprendere il suo abituale posto. Con un movimento fluido e veloce, quel tipo di movimento che fa intendere quanto si prende cura del suo corpo con lo yoga, incrocia le gambe e si siede sul pavimento, poco lontano da me. Si sposta i capelli tutti da un lato, lasciandole scoperto il collo lungo. La maglietta larga le cade sulla spalla, scoprendole la clavicola e la curva del seno. Non distolgo lo sguardo, e lei non distoglie il suo. Mi fa un piccolo cenno, incitandomi a continuare. 

<< Mi hai chiamato… >> 

Le dico, mentre le mie dita si muovono sulle corde tese.  Annuisce impercettibilmente. 

<< Non chiedermi perché. Non ne ho idea. >> 

Non alzo gli occhi dalla chitarra. Lascio che la consapevolezza aleggi tra di noi, insieme alle note, fino a quando la canzone finisce. Quando incrocio il suo sguardo, noto quel particolare. Quella luce familiare. Quello scintillio d’amore e passione che precedono una catastrofe. 

<< Dovresti tornare a letto. >> 

Le dico, posando la chitarra contro il muro, alzandomi dalla poltrona. 

<< E io devo andare. Fra un paio d’ore devo essere sul set. >> 

Lei non da segno di volersi muovere. 

<< Perché sei venuto qui? >> 

Mi chiede all’improvviso, proprio mentre sto per raggiungere la porta. La guardo da sopra la spalla. Noto gli angoli della sua bocca leggermente abbassati, come se fosse sul punto di voler piangere. 

<< Mi hai chiamato. >> 

Ripeto, come se fosse la spiegazione più semplice e ovvia del mondo. Abbassa la testa, passandosi una mano sotto lo zigomo. Forse per scacciare una lacrima capricciosa. 

<< Si, l’ho fatto… Sembra proprio che non possa farne a meno. Scusami. >> 

Trattiene un sorriso triste. 

<< E io non posso fare a meno raggiungerti. Non scusarti. >> 

Questa volta sorridiamo entrambi. 

<< Pensi che passerà mai? Questa sensazione. Il voler comunque.. >> 

Lascia la frase in sospeso.  

<< Stare l’uno accanto all’altra? >> 

Annuisce, e io sospiro, alzando gli occhi al cielo. Scrutando un soffitto bianco in cerca di risposte che non arriveranno. 

<< Non lo so. Quello che proviamo… Non si tratta di qualcosa di programmato. Di voluto. Non dipende da noi. E’ incondizionato. >>  

Ed è la parola perfetta. Senza condizioni. Non da segno di volersi alzare, o avvicinarsi. Sembra quasi voglia restare inchiodata al pavimento. E capisco perché. Mi ritornano in mente le frasi di Elena. Se mi avvicino troppo, sarà impossibile dividerci.  

<< Beh.. io vado. >> 

Dico infine, già con un piede nel salotto. 

<< Ian? >> 

Mi volto di nuovo. 

<< Pensavo che stessi sognando. Prima, quando mi sono addormentata. Pensavo fosse un sogno. Non è strano?  >> 

<< Avresti preferito che lo fosse? >> 

Inclina la testa, soppesando le parole da dire. 

<< Forse si. In quel caso, sarebbe stato molto più facile lasciarti andare. >>  

Vorrei tornare sui miei passi. Vorrei afferrarla delicatamente per quelle spalle e stringerla a me. Ma mi limito a guardarla accennando un sorriso. 

<< Con il tempo, sarà sempre più facile. >>  

E quasi mi pento di queste parole. Non voglio che il tempo ci divida. Non voglio diventare solo un ricordo. Non voglio che lei diventi solo il mio passato. Faccio per aggiungere qualcosa, ma annuisce convinta. Si aggrappa all’idea di potermi superare. Di poterci superare. E vorrei avere la sua incrollabile fiducia, la convinzione che prima o poi, questa sensazione di vuoto passerà o sarà facile da colmare con qualcun altro. 

<< Ci vediamo più tardi. >> 

Aggiungo prima di varcare la porta. E lei non mi ferma. Non più ormai.  



POV Nina. 

<< Quindi, Damon muore. Muore davvero. >> 

Alzo gli occhi al cielo, e continuo a sfogliare il copione. 

<< Si, Kat. Lo sappiamo da mesi e mesi, su. Muori anche tu. >>  

Trattiene un sorriso splendente e mi da una leggera spinta.  

<< Ma ormai per me è diventata un’abitudine. Stiamo parlando di Damon! >> 

Alzo le spalle, e mi sistemo meglio sulla poltroncina della sala ricreazione. 

<< Ci siamo passati quasi tutti. Toccava anche a lui. >> 

Lei alza la testa e guarda oltre le mie spalle. 

<< Eccolo che arriva. >>  

Sento la sua voce, prima di vederlo passare. 

<< No, Kim. Certo che ho intenzione di partecipare… No. Non importa. Facciamo come abbiamo programmato. No, non lo so. Ho le Convention in Europa. Ma si… >>  

Sta discutendo al telefono, come al solito. Ci passa accanto velocemente, facendo un cenno di saluto, e sparisce oltre il corridoio che porta ai camerini. Ritorno con la testa sul copione, cercando di frenare i sentimenti contrastanti che affiorano ogni volta che me lo ritrovo accanto. Gli ultimi due mesi sono stati tranquilli. Fuori dal set non ci siamo mai visti, e in scena abbiamo dato il meglio di noi, tra sguardi pieni di parole non dette e sorrisi accennati. Ci siamo divertiti, abbiamo parlato normalmente, ma abbiamo anche cercato di ridurre al minimo il tempo da passare insieme, per rendere le cose più semplici. Leggo le ultime due pagine, l’addio di Damon a Elena. 

<< Neens? >> 

Kat mi richiama, e quando alzo gli occhi dai fogli, so che li vedrà pieni di lacrime. Sbatto un paio di volte le palpebre, cercando di ricacciarle dentro. Ogni volta che mi ritrovo a leggere queste parole, mi ritrovo anche nella stessa condizione emotiva. 

<< E’ così brutto? >> 

Le passo il copione senza dire una parola. Quando finisce di leggere, anche i suoi occhi sono leggermente lucidi. 

<< Non sarà semplice. >> 

Sorrido scostandomi i capelli dal viso. 

<< Non è mai semplice. >> 


Katy continua ad andare avanti e indietro per sistemarmi il trucco, i capelli, i vestiti. 

<< Dovrai sopportarmi ancora per poco.. >> 

Mi dice, mentre tira via un filetto invisibile dalla giacca nera. Le accarezzo un braccio. 

<< Sei stata fantastica quest’anno. Grazie per esserti presa cura di me, di Elena e di Katherine. >> 

I suoI occhi verdi mi fissano dolcemente. 

<< E non dimenticarti di Amara! >> 

<< Giusto! >> 

Scoppiamo entrambe a ridere. 

<< No, ferma. Ferma! Non ridere! >> 

Ma tutta la tensione accumulata oggi si scioglie in questo modo. Continuiamo a ridere fino a quando Chris ci richiama all’attenzione. Katy strizza l’occhio e scappa via, andando incontro a Ian intento ad avvicinarsi velocemente sulla postazione prefissata. Il mio collega mi lancia un sorrisetto e alza gli occhi al cielo mentre si lascia sistemare il trucco e i capelli.  Respiro piano, e cerco di concentrarmi il più possibile. 

<< Ian, qualche passo in avanti per favore. >> 

Gli urlano da dietro le telecamere. Deve essere ‘a portata di bacio’, come diceva Julie. Mentre si avvicina distolgo gli occhi dai suoi, fin troppo trasparenti e chiari con questo tipo di luce. Con tutto questo verde intorno a noi. In tv risulteranno più incredibili del solito. 

<< Tutto ok? >> 

Mi chiede, quasi sottovoce. Come se la domanda dovesse restare solo tra noi due ‘Tutto bene?’ 
‘Stai bene?’ 
‘E’ tutto ok?’ 

Avrò sentito queste frasi decine di volte, in questi mesi, da parte sua. Non un semplice ‘Come stai?’ 
I ‘come stai’ hanno bisogno di risposte più complicate, articolate. Mentre al ‘tutto ok’ basta annuire con convinzione. Ed è quello che faccio, per l’ennesima volta. Annuisco con convinzione, buttandogli anche un sorriso sincero. 

<< Siete pronti? >> 

Facciamo cenno di si a Chris. 

<< Perfetto. Silenzio sul set. Scena dodici, episodio finale. Motore e… Azione! >>

<< Ehi, tornerò da te. Te lo prometto. >>  

Inclino la testa e trattengo il respiro, prima di aggrapparmi al suo collo per premere le mie labbra contro le sue. Sono morbide, calde e familiari. Passa qualche attimo e mi stacco da lui, e ancora con gli occhi chiusi sento le battute finali della scena. 

<< Te lo prometto. >>  

Quando riapro gli occhi, ritrovo il suo sguardo luminoso, la sua bocca più rossa, la linea perfetta della mascella, gli zigomi rosati, e un ciuffetto di capelli neri a coprirgli la fronte. Restiamo a fissarci per un attimo, prima di sentire lo STOP di Chris. 

<< Ragazzi, penso che dobbiamo ripetere la parte iniziale. Questa era perfetta, vi voglio altrettanto concentrati nelle prime battute. >> 

<< D’accordo. Da dove precisamente?  >> 

Risponde lui per entrambi mentre ci scostiamo leggermente. 

<< Dalla quarta battuta. ‘Vedi un futuro con me’. >> 

Sono quasi tentata di alzare gli occhi al cielo. Tra tante scene girate in questi mesi, tra tante parole tremendamente inerenti alla nostra situazione sentimentale, questa è di certo una delle più difficili. Ma da brava professionista, non lascio trasparire il mio disagio, o il mio disappunto nel dover pronunciare determinate parole con il suo sguardo puntato addosso. 

<< MOTORE.. E AZIONE! >> 

Ritorno con le mani sul suo collo, stringendolo e avvicinando il suo viso al mio. 

<< Damon, vedi un futuro con me? Perché è tutto quello che io vedo. >>  

Mi guarda per un secondo, trattenendo un sorriso sbilenco e dolce. 

<< Elena, l’ho visto dal primo momento in cui ho posato gli occhi su di te. >>  

Restiamo a fissarci per qualche secondo ricco di tensione emotiva, prima di sentire lo STOP di Chris e il chiacchiericcio di tutti i presenti riprendere normalmente. I nostri sguardi si sciolgono in quel preciso istante, e entrambi ci allontaniamo discretamente. Mi allontano con calma, chiacchierando con gli addetti ai macchinari di scena e ai costumi. Julia mi sorride comprensiva, come se avesse capito il mio disagio nel recitare determinate scene. In questo posto tutti sanno tutto. Di me, di Ian. Hanno assistito all’evolversi della nostra storia dalle prime file, e a volte mi chiedo cosa vedano oggi. Due ex che si trattano con rispetto? Due persone che hanno smesso di amarsi e sono andati avanti? Vorrei provare a vedere e capire con i loro occhi. I miei si ostinano a voler restare chiusi. 


POV. Ian.

<< Ultimo giorno. Non mi sembra vero. Quest’anno è volato. >>  

<< A me non è sembrato particolarmente veloce.. >> 

Rispondo, cercando di aprire qualche mail prima delle riprese. 

<< Forse perché tu avevi qualcosa da cui scappare, tra riunioni, ISF e cose varie. Non ti sei proprio fatto vedere in giro. >> 

Paul si stiracchia all’indietro, dondolandosi sulla sedia in precario equilibrio, sorridendomi ironicamente, ha il telefono attaccato. Mi basterebbe sporgermi un minimo per farlo vacillare quel tanto che basta da farlo finire a faccia in giù. E Phoebe dall’altro lato si farebbe prendere dall’ansia pensando al suo eroe con i capelli in disordine. Ma prima che possa anche solo pensare di attuare il mio piano, Michael sfreccia davanti a noi inseguito al volo da Zach intendo a lanciargli qualcosa. Schivo al volo una palla di fili appallottolati. C’è il caos più totale. L’adrenalina è alle stelle e tutti parlano a voce alta dei programmi per le imminenti vacanze. Mi alzo velocemente guardandomi intorno alla ricerca del caricabatterie per l’iPhone ormai sotto il 4% di alimentazione, quando ricordo di averlo lasciato nella roulotte. Esco all’esterno, camminando sull’acciottolato, pensando che magari riuscirò ad avere il tempo di leggere i documenti che mi ha spedito Kim questa mattina. Proprio mentre sto per girare e entrare nello spiazzo, sento la sua risata. Forte, squillante, graffiata, con quei versetti di fondo che mi hanno sempre messo una grande allegria. La vedo, accanto alla sua roulotte, intenta a guardare il cellulare che sta porgendo a Malarkey. Ridono entrambi. Lei gli poggia una mano sulla spalla e si tira i capelli all’indietro. Lui la guarda per un secondo e poi torna a fissare lo schermo. Resto imbambolato a fissarli per qualche attimo. Vedo Kat che si unisce a loro, e vedo Nina mostrarle il telefono nello stesso modo. Scoppia subito a ridere anche lei. Incuriosito sono quasi tentato di farmi avanti e attirare la loro attenzione per sapere cosa c’è di così divertente. Infastidito penso che sarei stato io il primo a cui avrebbe mostrato… qualsiasi cosa stia mostrando. Quasi mi sento sciocco, sbagliato e fuori posto. Muovo un passo verso la mia porticina bianca, quando un bruciore fortissimo mi attraversa la gola e il petto. Quasi mi aggrappo alla scaletta di ferro, tossendo forte, così forte da lasciar cadere il cellulare sulla ghiaia sotto di me. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, mentre sento la gola come graffiata da carta vetrata. Proprio in quel momento una mano familiare mi accarezza la schiena, cercando di farmi sollevare, mentre con l’altra mi porge una bottiglina d’acqua. 

<< Prendi, bevi. Su, forza. Respira. >> 

I suoi grandi occhi nocciola sono fissi nei miei. C’è un velo di preoccupazione sul suo viso, mentre mi stringe il braccio con più forza del necessario. Bevo avidamente, lasciando che il liquido fresco spenga l’incendio nel mio petto. 

<< Ehi, amico… Ti senti bene? >> 

Quando rialzo lo sguardo, noto l’espressione incupita del mio nuovo compagno di bevute. Prendo un bel respiro e ritorno in posizione eretta, ostentando uno dei miei sorrisetti migliori. 

<< Ma si fratello, è tutto ok. >> 

Sia lui che Kat annuiscono ancora leggermente preoccupati, prima di guardare Nina. Non so cosa vedono, visto che mi da le spalle. Ma entrambi sembrano irrigidirsi ancora di più. Vorrei sfiorarle la schiena per farla girare, ma alla fine mi limito a ringraziarla, salutarli, recuperare il cellulare e salire le scale con un unico saltello chiudendomi la porticina bianca alle spalle. Sento la ghiaia scricchiolare sotto i loro passi mentre si allontanano. Prendo il pc da sopra il tavolino e lo porto con me sul divanetto in pelle poggiandolo sulle gambe. Reclino la testa all’indietro, ancora leggermente scosso dall’attacco di poco prima. Proprio in quel momento la porta si spalanca e si richiude dietro di lei. Nina entra senza chiedere permesso, non l’ha mai fatto del resto. Questo posto, come il mio camerino, come la mia sedia di scena, come qualsiasi altra cosa mi appartenga, è sempre stata anche di sua proprietà. Ha le braccia incrociate sul petto e uno sguardo che ho visto fin troppe volte. Cerco di ignorarla e ritornare al computer, perché già so come finirà questa conversazione. Con urla e cose rinfacciate. Abbiamo perso la capacità di saper parlare senza urlarci qualcosa contro quando c’è questa tensione nell’aria. Si avvicina velocemente e con uno scatto secco chiude lo schermo del pc. 

<< Guardami. >>

Guardarla. Come se non lo facessi tutto il dannato giorno. Tutto il tempo in cui mi è vicina. Alzo gli occhi per incrociare il suo sguardo. Ferito, deluso, arrabbiato. Come se tutti i sentimenti negativi di questo mondo fossero racchiusi in questi cerchietti scuri. Mi si stringe lo stomaco. 

<< Hai intenzione di trascurarti fino a questo punto? >>  

Sibila a labbra strette.

<< Melodrammatica come sempre. >> 

Rispondo, alzandomi per schivare il suo sguardo accusatorio. Mi rendo conto che non posso andare da nessuna parte. La roulotte è fin troppo piccola. 

<< Eri viola, Ian. Letteralmente. Non riuscivi quasi a respirare. >> 

Irrigidisco la mascella. 

<< Era solo un po’ di tosse, Nina. Mi succede sempre in questo periodo. >> 

Mi afferra una spalla per farmi girare verso di lei. 

<< Hai sempre qualcosa che non va. Non ti vedo totalmente bene, da non so più quanto tempo ormai. Pensi di essere così invincibile? Beh, notizia flash Ian. Non lo sei! Sei un dannato essere umano e dovresti ricordarlo. >> 

Mi divincolo dalla sua presa. 

<< Sono un uomo. So badare a me stesso. >> 

Si avvicina di più, quasi mettendomi con le spalle al muro. 

<< Non è vero. E’ questo il punto, Ian… Sai badare al mondo, ai tuoi progetti e a tutte le stronzate che vai blaterando giorno per giorno. Ma non a te stesso! E non sopporto di vederti in questo modo! Non pensi più ad altro. Ho permesso che tutto questo distruggesse il nostro rapporto, ma non voglio che distrugga anche te! Affogherai nel tuo ego smisurato, nei tuoi impegni, nelle tue responsabilità, e non ne uscirai più fuori. Perderai di vista le cose realmente importanti e non potrai tornare indietro! >>  

Il discorso ha preso la piega che mi aspettavo. Respira velocemente con gli occhi umidi e la faccia determinata di chi crede realmente in quello che sta dicendo. 

<< Hai scelto di tirartene fuori tempo fa. Non sono più affari tuoi. >> 

E so che è la risposta peggiore che potessi darle. Scuote la testa e trattiene un sorriso ironico. 

<< Bob mi ha chiamata, l’altro giorno. Ha detto che avete dei problemi. Cha avete litigato... >> 

Si avvicina ancora di più. 

<< Tu mi hai insegnato a non strafare con questa vita. Mi hai insegnato a restare con i piedi per terra quando ero solo una ragazzina immersa in un mondo totalmente nuovo. Mi hai insegnato tutto perché ci sei già passato. E io adesso sono qui a ricordartelo. E saranno sempre affari miei. Non provare, nemmeno per un secondo, a sminuire tutto quello che c’è stato. Non te lo permetto, Ian. >>  

Resto a fissarla, senza dir nulla. Cosa potrei risponderle? Che ha ragione ma che non voglio cambiare? Che non ho intenzione di deludere nessuno e devo per forza impegnarmi al massimo?  Sono cose che già sa. Cose che non ha mai accettato. Forse dovrei aggiungere che la sua mancanza amplifica tutto ancora di più. Che da quando non ho lei accanto è molto più difficile lasciarmi andare e riprendere fiato. Alla fine mi decido a risponderle. 

<< Non sto sminuendo nulla. Ma è la mia vita. E ho deciso di viverla in questo modo. Prendo tutti i lati positivi, e accetto quelli negativi. E’ così che funziona. Ho accettato le sconfitte. E ho accettato la cosa peggiore di tutte: perdere te. Per mesi ti ho incolpata e ti ho ferita. Ti ho trascurata e ti ho lasciata andare. Il resto, non è nulla in confronto. Posso sopportare qualche linea di febbre. Posso sopportare qualche litigata con mio fratello e può sopportarlo anche lui. Come tua madre può sopportare le nostre scelte, anche se continua a chiamarmi. Lei pensa ancora che io mi prenda cura di te. E mio fratello… Lui pensa che dovresti tornare a prenderti cura di me. Per tenermi con i piedi per terra. Ma non funziona così, giusto? >> 

Sgrana gli occhi quel poco per basta per farmi capire che le parole l’hanno colpita più di quanto vorrebbe dare a vedere. Annuisce in silenzio e indietreggia verso la porta. Quando è ormai sulla soglia, con un piede sullo scalino in ferro, la richiamo. 

<< Nina… >> 

Si volta leggermente. Attende. 

<< Chi si prende cura di te, ora? >> 

Chi si prende cura di te ora che non ci sono più io a farlo? Questa è la reale domanda che vorrei porle. Lei alza le spalle, e i suoi occhi sembrano risucchiarmi, tanto sono profondi e imperscrutabili. 

<< Io. Io mi prendo cura di me stessa. Non ho bisogno di nessun’altro. Per questo penso, che dovresti imparare a farlo anche tu. Dici di essere un uomo… Inizia a comportarti come tale. >>  

E con questa battuta, esce di scena, lasciandomi da solo in una roulotte troppo stretta con un mare di ricordi a sommergermi. 


Gennaio 2013. 

Stanco, spossato e quasi privo di forze mi lascio scivolare sull’enorme letto al centro della camera. I muscoli delle braccia mi fanno male, e sento la testa pesante, mentre tutti  i suoni risultano ovattati e confusi. Sento la porta di casa aprirsi e richiudersi. Sento i passi di Nina risuonare, come se fosse molto più lontana di quanto realmente è. Qualche attimo dopo entra in camera, e le basta un secondo per capire. E’ una scena che ha già visto diverse volte. Si avvicina velocemente al letto, e senza nemmeno proferire una parola, mi tasta la fronte con le labbra, sfiorandomi il viso. Delicatamente. Il suo profumo familiare mi fa sorridere nonostante il lancinante dolore alla testa. 

<< Hai la febbre. >> 

Dichiara, alla fine, quasi come se fosse una sentenza. Con la voce leggermente incrinata, priva di qualsiasi tenerezza. E’ preoccupata. E arrabbiata.  

<< Sarà solo qualche linea in più, piccola. >> 

Le mie parole cadono nello spazio vuoto che mette tra di noi mentre mi da le spalle. Siamo entrambi abituati a tralasciare la nostra salute la maggior parte delle volte. O almeno, io lo sono molto più di lei. Prendiamo vitamine e integratori per mantenerci in forma e dormiamo poche ore a notte. Per colpa del lavoro, dei vari impegni, del poco tempo a disposizione. In una vita del genere bisogna pur rinunciare a qualcosa. Ma lei è sempre stata dell’idea che io rinunci a troppe cose. Ritorna poco dopo con un bicchiere d’acqua e delle compresse. Posa tutto sul comodino accanto a me. E quasi non mi guarda mentre si allontana da letto per avvicinarsi alle ante dell’armadio. Alza le braccia per raccogliere i capelli in una crocchia arruffata. Le punte le sfiorano la nuca. Resto quasi incantato a fissarla. Si sfila la maglietta dalla testa con aria assorta. La luce le sfiora il corpo leggermente abbronzato. E mentre la guardo spogliarsi mi rendo conto che è passato del tempo dall’ultima volta in cui mi sono goduto questo spettacolo quotidiano. Non ricordo davvero l’ultima volta in cui sono tornato a casa ad un orario decente, un orario in cui non fosse già nel letto ad attendermi. Un orario che ci permettesse di passare la serata insieme come una coppia normale. I sensi di colpa mi assalgono uno ad uno mentre si aggira per la camera, tenendo gli occhi lontani da me. Sembra stanca, irrigidita, come se non volesse far trasparire le sue reali emozioni. Chiudo gli occhi per quello che mi sembra un secondo, ma quando li riapro è grazie alle sue labbra di nuovo poggiate sulla mia fronte. Sono fresche e appena socchiuse. Mi sorride teneramente questa volta, e si siede accanto a me. 

<< La febbre sta scendendo. >> 

Sembra sollevata, più tranquilla. Sembra così piccola nel suo pigiama scozzese, ed emana un odore piacevole di bagnoschiuma da doccia appena fatta. Le prendo la mano, per intrecciare le nostre dita e sentire il suo palmo fresco contro il mio più caldo. 

<< Scusami. >>  

Le dico. E spero che capisca che mi sto scusando per tutto. 

<< E’ successo qualcosa? >>  

Chiede, curiosa, preoccupata. 

<< Niente di cui tu ti debba preoccupare, piccola. Davvero. >> 

Mi stringe di più la mano e poi la lascia del tutto. 

<< Quando si tratta di questioni importanti, mi lasci sempre fuori. Lo capisco, sai? Quando c’è qualcosa che non va. Lo capisco da come ti comporti, dal modo in cui irrigidisci la mascella quando parli a telefono. Vorrei… Vorrei che tu mi dicessi cosa succede. >> 
Le faccio segno di stendersi accanto a me, scostando le coperte dal suo lato del letto. Non se lo fa ripetere due volte. Come una bambina bellissima gattona fino ai cuscini, e si infila sotto le coperte vicino a me. Si gira sul fianco per guardarmi meglio, e io faccio altrettanto.  

<< Ci sono problemi con la cessione del terreno per il santuario. Volevo iniziare i lavori entro l’inizio dell’anno prossimo ma… Sembra che non se ne potrà fare niente fino al 2015. La cosa mi infastidisce.  >> 

Mi sfiora il viso con la mano, gioca con i miei capelli. 

<< Visto? Non era niente di così importante. >>  

Sottolineo. Si avvicina ancora di più, intreccia le gambe alle mie, mi passa un braccio intorno alla vita per stingersi a me. 

<< E’ importante per te. So quanto è importante per te, davvero. Ma tutto questo… Ti sta togliendo le forze. Sei stremato, sempre. Costantemente. Fai finta che vada tutto bene ma… Si vede che sei stanco. Non voglio nemmeno mettere in mezzo il fatto che praticamente ci vediamo solo sul set ma… Sono preoccupata. Per te. Non per il santuario o per il mondo. Ma per te. E so che a volte posso sembrare… >> 

Poso un dito sulle sue labbra, per poi sostituirlo con le mie. La bacio piano, poggiando la fronte contro la sua. 

<< Va bene così. Cercherò di non strafare troppo. Te lo prometto. E ti prometto che ci prenderemo quella meritata vacanza in Italia di cui parliamo da sempre. >> 

Mi passa le mani dietro la nuca. Sorride eccitata. 

<< Non vedo l’ora! Roma, Milano… Firenze!>> 

Mi bacia di nuovo per qualche secondo e poi ritorna seria, concentrata. 

<< Mi prenderò cura di te.  >> 

Lo dice guardandomi negli occhi, con una determinazione e una dolcezza che riescono a tranquillizzarmi. E quasi mi sento piccolo e al sicuro tra le sue braccia, con il suo viso accanto al mio. Le sorrido di nuovo, prima di scivolare di nuovo in un sonno che sa di lei e del suo profumo.
 
 
E poi sono di nuovo in questa roulotte, con le sue parole che mi ronzano nella testa. Parole che cerco di scacciare via in ogni modo. Prendo al volo il cellulare, compongo il numero di Kim senza pensarci. 

<< Ehi, sono io. Si tutto ok. Ascolta… Hai presente quel progetto di cui mi avevi parlato sull’isola Necker? Accetta. Si, non preoccuparti. Ce la facciamo. Non ho intenzione di fermarmi un secondo. Perfetto, da domani inizia la nostra estate. >> 


POV. Nina. 

Giugno. 

Mi sveglio quasi di soprassalto, in un letto che non è il mio. Mi guardo intorno, confusa, cercando di mettere a fuoco il posto in cui mi trovo. Nella tipica spossatezza notturna, noto le luci della città che attraversano la grande finestra, e ricordo di essere a Londra. Mi rigiro in un letto decisamente troppo bianco, troppo morbido, troppo grande, cercando di riprendere sonno. Ripercorro mentalmente le ultime settimane, le tappe che stanno costeggiando questa estate, le riprese del film finite da poco. Prendo al volo il cellulare da sopra il comodino. Otto notifiche su twitter. Messaggi di amiche e amici in vacanza, fotografie simili a cartoline di luoghi che ho avuto la fortuna di vedere dal vivo. E spunta dal nulla, la sua foto. 

‘Ambasciatore Delle Nazioni Unite per la tutela dell’ambiente’. 

Ha una maglietta azzurro cielo dell’UNEP, il mare dietro di lui, il solito sorriso stanco, ma gli occhi brillanti di felicità. Alza il pugno verso il cielo. Come il più bel supereroe ecologico moderno. E mi si stringe lo stomaco in un moto d’orgoglio e felicità. E mi si stringe di nuovo per la rabbia e la tristezza. Vorrei scrivergli qualcosa pubblicamente, ma so che si scatenerebbe un putiferio che è meglio evitare. Così apro la pagina degli sms. Ci penso qualche secondo di troppo. E tante alternative mi balzano in testa.

Vorrei iniziare con un: 

‘Stronzo, ti odio fino alla luna e ritorno.’  prendendo spunto da Taylor Swift. 

‘Stronzo, invece di incontrarti con mia madre ad Avignone, potevi aspettarmi per salutare, per vedermi, per farmi capire che ti frega ancora qualcosa’. 

‘Stronzo, spero che tutto lo champagne che stai bevendo in questi giorni ti mandi così fuori di testa da farti andare a letto con una bionda insignificante e slavata che dimenticherai il giorno dopo’. 

‘Stronzo, nessuna ti sopporterà mai quanto ti ho sopportato io’. 

‘Stronzo, solo io potevo essere così cogliona da pensare di poter essere abbastanza’. 

‘Stronzo, spero che un granchio ti mordi quel culo perfetto che ti ritrovi’. 

‘Stronzo, ti amo. Mi manchi. Torna da me.’  


Ma il messaggio che parte dal mio cellulare è semplice e diretto. 

‘Congratulazioni Ambasciatore’

Lo lancio sul letto, poco lontano da me, e mi rigiro per cercare di prendere realmente sonno. Passa qualche secondo e sento un ‘bip bip’. E quasi non posso credere che mi stia rispondendo. Ma poi noto il numero, e vedo che non è il suo. Apro lo stesso il messaggio. 

Vorrei che tu fossi qui.’
                                   Ian.


 
  
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