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Autore: alaskha    08/06/2014    5 recensioni
“Noi potremmo darvi un passaggio” disse Bradley.
“Ma che..?”intervenne James, basito.
Bradley non lo guardò neanche, ed Ashton prese in mano le redini.
“Dove state andando?”
“Di preciso, da nessuna parte” lo informò il riccio, mentre occhi azzurri si massaggiava teatralmente la fronte, scocciato.
“Perfetto, allora - si strinse nelle spalle Ash – tu che ne dici, Luke?”
“Non so, chi ci assicura che siano gente per bene? Insomma, quanti anni avranno.. 15, al massimo?” buttò lì Luke.
“Sono comunque più alto di te, assassino di furgoni” ribattè offeso James.
“È un pick – up” si difese Luke.
“Ti correggo, era un pick – up” gli tenne testa James, con un sorrisino beffardo.
“Smettetela” suggerii loro, mettendomi tra i due.
“Tu che ne dici, Cecilia?” mi mise in mezzo Bradley.
“Già, che ne pensi, Cece? - Ash mi si avvicinò – che abbiamo da perdere?”
Già, che avevamo da perdere?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James McVey, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4.

Little star



“Ma dove diavolo stiamo andando? – domandai spazientita, mentre seguivo James nel deserto messicano – ti sto odiando più del solito”
“La cosa è reciproca – replicò lui, mentre camminava davanti a me – ti stai lamentando più di quanto non lo faccia già in viaggio”
“Scusami se sto trascorrendo le mie giornate con cinque cretini senza senso dell’orientamento” ribattei, acida.
“Siamo sei, adesso è passato un po’ di tempo, dovresti smetterla di dimenticarti di Tristan”
“E chi ti dice che io mi sia dimenticata di Tris, e non di te?”
Si fermò, facendomi scontrare con il suo petto scolpito: era un palestra dipendente quel dannatissimo ragazzo.
“Ti piacerebbe che io ci credessi, vero?”
Le sue labbra erano troppo vicine al mio viso, per permettermi di mentire.
“Tanto”
“Fortunatamente non sono quel completo coglione che credi che io sia”
I suoi giri di congiuntivi ed il suo profumo mi stavano confondendo, e non poco.
“Non credo che tu sia un coglione”
“Lo so”
Ed improvvisamente mi si allontanò, riprendendo a camminare.
Rimasi a fissare le punte dei miei stivali, domandandomi dove fossi finita negli ultimi cinque minuti e perché cavolo il mio cervello mi avesse teso un tranello del genere.
“Non farlo mai più!” urlai, indispettita, camminando velocemente verso di lui e tirandolo per una delle sue ventottomila canottiere, così da farlo girare.
“Fare che cosa?”
Fece per avvicinarsi di nuovo, ma lo bloccai, tendendo una mano davanti a lui.
“Non avvicinarti, sai benissimo di cosa sto parlando, Mr. Congiuntivi e profumo di tutto ciò che c’è di buono e benedetto da Dio al mondo”
“Eh?” domandò lui, confuso.
Così io scossi la testa.
“Ignora l’ultima parte”
“Sarà meglio”
Rimanemmo a fissarci per almeno due minuti buoni, dopodiché mi accorsi che stavo nuovamente vagando in quel mondo parallelo dove James mi rendeva cosciente quanto una drogata cronica.
“Muoviti, che è tardi – improvvisai, spingendolo – Luke potrebbe venire a cercarci, e bada bene che sta progettando la tua morte da qualche giorno a questa parte e questo mi sembra il luogo adatto dove commettere un omicidio”
“Sei tu quella lenta – mi incolpò – vieni qui, ci metteremo di meno”
Mi afferrò la mano, intrecciando le sue dita alle mie e prendendo a camminare. Stavo bene di fianco a lui: sentivo il suo braccio sfiorare il mio, il suo profumo misto all’odore delle sigarette mi solleticava l’olfatto e le prime stelle stavano iniziando ad apparire chiare nel cielo.
“Siamo arrivati?”
“Cristo santo, Cece – imprecò – sì, siamo arrivati, contenta?”
“Scusa, non volevo farti arrabbiare” dissi, alzando le mani in segno di resa.
“Entra qui dentro e tappati la bocca per cinque minuti, ce la fai?”
“Stronzo” berciai, entrando nel locale che mi aveva indicato.
Lui mi mise la mano libera sulla spalla, avvicinando poi le sue labbra al mio orecchio.
“Ora puoi lasciarmela la mano”
Strabuzzai gli occhi, mollando la presa dalla sua mano ed arrossendo visibilmente.
“Brutto stupido idiota..”
Mi allontanai da lui insultandolo e guardando meglio il locale in cui mi aveva trascinata: “Encantada de verte”, recitava l’insegna. Era un posto tipico, su due piani, con musica latina, gente che cantava, beveva, ballava  e rideva. Eravamo d'altronde nella Bassa  California, no? Mi ci stavo abituando, ed anche affezionando, a quei luoghi. Lasciavo un pezzo di cuore in ogni località in cui ci fermavamo.
“James! Da quanto tempo!”
Smisi di fare la sentimentalona, quando sentii una voce stranamente americana senza ombra di accenti messicani urlare il nome di James.
“Ehi, Talitha – salutò lui la ragazza sui venticinque anni che aveva appena scavalcato il bancone del piano bar – è bello vederti, sei stupenda”
Ah bene, le faceva anche la corte adesso.
Avrei dovuto sbracciarmi e ricordargli la mia presenza nel locale?
Si abbracciarono, ed io mi sentii terribilmente di troppo: quella Talitha era davvero stupenda, con lunghe trecce nere ai capelli, occhi scuri perfettamente contornati da una linea leggera di matita e due gambe da fare invidia ad Harry Styles.
“Ti presento la persona più irritante e fastidiosa che io abbia mai incontrato nella mia vita” disse poi James.
“Conosco già Tristan” scherzò lei, facendomi ridere.
Chiunque insulti Tristan Evans è degno della mia simpatia.
James ridacchiò, per poi voltarsi verso di me. Gli occhi di Talitha mi squadrarono, ed io salutai incerta con la mano.
“Talitha, lei è Cecilia – fece gli onori James – Cece, questa è Talitha, la mia sorellastra”
Sorellastra?
“Però – convenne Talitha, avvicinandosi a me – gran bella ragazza, complimenti James e tanti cari auguri a te Cecilia, James ha proprio un bel caratteraccio e non ti concederà neanche una minima parte dei suoi pop – corn, quando andrete al cinema”
Volevo morire, che imbarazzo, mi aveva scambiata per la sua ragazza?
“Chiamami Cece ma..” feci per dirglielo, ma venni interrotta da lui.
“Cece non è la mia ragazza, io ed i ragazzi stiamo dando un passaggio a lei ed i suoi amici fino a Tijuana”
“Oh, scusate allora – disse Talitha, sorridendo – vuoi mangiare qualcosa, Cece? Il deserto mette fame, sedetevi pure dove volete e preparatevi a mangiare le migliori empanadas della vostra vita”
E così ci lasciò, sparendo in cucina.
“Vieni, seguimi”
Mi riafferrò la mano, ed insieme salimmo le scale, fino ad arrivare su di una grande terrazza, con piena vista sulle stelle e quello che doveva essere l’oceano.
“Wow, non avevamo ancora visto il mare!” strillai come una bambina, mentre mi accomodavo di fianco a James.
Lui si fermò a guardarmi, sorridendo.
“Bella vista, vero?” esordì.
Ed io annuii, sorridendo serenamente.
“Dove siamo, James? Dove mi hai portata?”
Lui si guardò intorno, stralunato.
“Era un ristorante l’ultima volta”
Così lo guardai male, combattendo contro l’istinto di tirargli un tovagliolo addosso.
“Non siamo più a Santa Isabel, vero?”
Lui scosse la testa.
“No”
“Siamo almeno ancora a Mexicali?”
“Certo – annuì – siamo ad Encantada”
“E che cos’è Encantada?” dissi, con la bocca piena di nachos ricoperti di salsa piccante.
“Un’isola”
“Wow, ed è bella?”
“Giudica tu - disse, allargando le braccia – mare, stelle, profumo di sale e notte giovane, cosa vuoi di più?”
Lo guardai incantata, smettendo di ruminare, così lui fece lo stesso, sorridendo.
“Ti propongo una cosa”
“Sono troppo giovane per sposarmi, scusa, non prenderla sul personale”
“Non fare la bambina ed ascoltami”
Sbuffai, davanti alla sua serietà.
“Che ne dici di lasciare le ostilità a Santa Isabel e goderci Encantada?”
Lo studiai per qualche secondo, mi allettava quella sua proposta, James preso singolarmente non era niente male: mi piaceva parlare con lui e passare del tempo insieme.
Mano nella mano.
Okay, mano nella mano magari no.
“Ci sto”
“Ci stai?”
“Quante altre volte te lo devo dire?”
“Okay, andata allora”
Mi porse la mano, ed io lo guardai scettica.
“Non ti innamorerai di me, vero?”
“Mi preoccuperei del problema inverso, in realtà”
Gli strinsi la mano, sorridendo beffardamente.
“Non c’è pericolo, sta’ tranquillo”
“Detesto interrompere un momento romantico – comparve Talitha, con due piatti stracolmi tra le mani – ma dovete proprio assaggiare queste, Fernando si è superato stavolta!”
“Talitha, noi non..”
“Sì, sì, lo so James – disse lei, con una mano sul fianco stretto e sensuale – voi non state insieme”
Fece finta di allungarsi il naso, per poi voltarci le spalle.
“Va’ al diavolo, sorellina! – gli urlò James, bonariamente – e salutami Fernando!”
“Chi è Fefnando?” dissi, con la bocca piena.
“Fernando è il marito di Talitha, Fefnando non lo conosco, spiacente”
Lo guardai male ed inghiottii il primo pezzo di empanada.
“Dio, quanto sono buone!” urlai, deliziata.
“Ti piacciono?” mi domandò James, compiaciuto.
“Da morire, prendine una e prova anche tu la pace dei sensi, voglio condividere questo momento con te”
James afferrò una delle dieci mila empanadas del piatto, intingendola poi nella salsa piccante dei nachos.
“Un segreto?”
“Assaggia”
E così feci, provando un orgasmo da cibo.
“Ti adoro”
Mi guardò eloquentemente.
“Siamo già passati al “Ti adoro”? Avevi promesso che non ti saresti innamorata di me” scherzò.
“Smettila di sperarci”
“E tu smettila di ingozzarti, sembra che non mangi da mesi”
“Solo perché sono una ragazza non significa che io debba nutrirmi solamente di aria ed acqua minerale senza grassi”
“L’acqua minerale è senza grassi, Cece – mi corresse lui – e già lo so, che non sei una qualunque, una come le altre”
“Come le altre?”
Lui annuì.
“Tu bevi più di me, dici sempre la cosa sbagliata, pratichi della pungente ironia a livello agonistico ed hai gli occhi più grandi che abbia mai visto”
Rimanemmo a guardarci in silenzio per qualche secondo, mentre qualcuno suonava una canzone in spagnolo, alla chitarra, intonandone le parole.
Dopodiché presi un sorso della mia coca cola con ghiaccio e limone.
“Tocca a me?”
“No, non voglio sapere quello che pensi di me”
“E perché? Potrei sorprenderti”
“Avanti, allora”
Mi sistemai sulla sedia e mi sporsi verso di lui, scostandomi una ciocca di capelli scuri dal viso.
“Pensavo che non avrei mai conosciuto un ragazzo più emblematico, idiota, lievemente bastardo, raramente dolce, con due labbra da far invidia agli angeli del paradiso ed il cielo negli occhi, di Luke – mi fermai, sollevando l’angolo sinistro delle labbra – ma poi Brad è sceso dal minivan ed ha detto a Con di chiamarti”
“Per il pick – up?”
“Per il pick – up” assentii.
“Bella collana” mi disse poi.
I nostri visi erano vicini, vicini alla candela accesa nel mezzo del tavolo, ed ardevano, ancora non so se per la fiamma davvero poco distane dalle nostre bocche, o se per qualcos’altro.
Mi guardai il ciondolo con la “C” di Cecilia che pendeva al mio collo, e lo strinsi tra l’indice ed il pollice.
“Ce l’ho da quando sono bambina”
Seguì qualche secondo, di silenzio.
“Solo una domanda”
“Sarebbe?”
“Come sono le labbra degli angeli del paradiso?”
Mi strinsi nelle spalle, accavallando le gambe.
“Meno belle delle tue, sicuramente”.
 
 
 
 
 
 
 
 
Passeggiare sulla sabbia fresca di Encantada è una delle cinque cose che consiglio di fare a chiunque, prima di morire.
“Si può sapere che razza di amici hai, tu? – disse James, interrompendo il suono dell’infrangersi delle onde del mare sul bagnasciuga – non possono essere tutti come quei due svitati fuori di testa”
“Luke ed Ash sono il male minore – ammisi - dovresti conoscere Harry e Niall, loro sì che ci vanno giù pesante”
“E chi sono?”
“Fanno parte del resto della truppa, con Louis, Zayn e Liam – lo misi al corrente – Louis è il più tranquillo, è calmo e pacato, ci fa sempre ragionare ed ha fatto mettere la testa a posto a Niall, questo glielo riconoscerò per sempre”
“Com’è che li hai conosciuti?”
“Questa è una domanda difficile” dissi, fermandomi.
Così lui fece lo stesso.
“Non ti ho chiesto una formula di fisica quantistica, ti ho solo chiesto come hai conosciuto i tuoi migliori amici”
“D’accordo” concessi, sedendomi a riva .
Fissai l’orizzonte, dove il mare sembrava finisse, ma lui continuava, all’infinito. Ero rapita da quell’immagine, ma sussultai quando sentii il fiato caldo di James e la sua mano sulla mia spalla.
“Ehi – disse, sedendosi affianco a me – puoi fidarti di me”
Lo guardai, per poi sorridere, riconoscente.
“Grazie”
“Se te la senti, ovviamente”
Annuii, convinta.
“Non è una storia che racconto al primo che passa – cominciai – ma si tratta di te”
Lui sorrise, inumidendosi il labbro inferiore.
“Quando ero piccola, e vedevo tutte quelle bambine con gli occhi come quelli della propria mamma, mi sentivo fuori posto – iniziai, giocando con i granelli di sabbia – perché io avevo gli occhi neri, grandi, appariscenti, e la mia mamma li aveva azzurri, di quell’azzurro chiaro che mette quasi soggezione”
“È la genetica Cece, non funziona sempre così”
“Lo so, ma non è questo – dissi – anche Liam ha gli occhi scuri, non come i miei, ma come papà, almeno”
Lui si voltò verso di me, aggrottando le sopracciglia, confuso.
“Che significa?”
“Significa che sono stata adottata, James – conclusi – non conosco i miei genitori, non li ho mai visti e probabilmente mai li vedrò ma, forse è meglio così, d'altronde sono loro che non mi hanno voluta”
“Non deve essere per forza così  - disse lui – magari non avevano la possibilità di mantenerti, magari erano una coppia di ragazzini innamorati ma non sufficientemente pronti a regalarti quel futuro che un qualsiasi genitore spererebbe per il proprio figlio”
Sorrisi, piena di gratitudine.
“No, è più semplice di così – dissi ancora, con un sorriso amaro sul viso – mamma e papà non me lo volevano dire, ma io gliel’ho estorto, ho così dannato loro l’anima che alla fine me l’hanno dovuto dire per forza”
“E cos’era?”
“Quello che pensavo, loro non mi volevano, ero solo un errore e volevano disfarsi di me, al più presto – ricordai con amarezza – ma per fortuna loro mi hanno accolta, mamma, papà, Liam, ed ho trovato migliori amici come Zayn, ed il resto dei ragazzi”
“Mi dispiace Cece”
“È per questo che faccio sempre la dura – sentii le lacrime pungermi gli occhi – perchè a volte mi sento solo un errore, come lo ero per i miei genitori biologici”
James si voltò verso di me.
“Guardarmi e smettila di piangere”
Mi asciugò le lacrime con le dita e mi scostò delle ciocche di capelli dal viso, guardandomi severamente.
“Non sei tu – mi disse, sinceramente – sono loro ad aver commesso un errore, privandosi di tutto questo”
“Tutto questo cosa?”
“Te, Cece, privandosi di te – mi ripetè, dolcemente – ma quale pazzo si farebbe scappare l’uragano Cecilia?”
Scoppiai a ridere, insieme a lui, e non trattenni la voglia di gettargli le braccia al collo. Mi strinse forte a sé, ed io mi sentii nel posto giusto, per la prima volta nella mia vita.
“Scusami se ti ho annoiato”
“Non l’hai fatto, ma smettila di piangere come una ragazzina, non riesco a guardarti così”
Sorrisi, guardando dritto davanti a me.
“Sei un’idiota” gli dissi, ridendo.
Lui si sdraiò sulla sabbia fresca di Encantada.
“Vieni qui”
Mi sdraiai accanto a lui, posando leggermene la testa sulla sua spalla e lasciando che il suo braccio mi cingesse la vita, ancorandomi al suo corpo.
“Belle le stelle, vero?” gli domandai.
Lui annuì, voltandosi verso di me. Occhi negli occhi, spalla contro spalla, respiri caldi a contatto e le nostre labbra a pochi centimetri di distanza.
Sentivo il calore di quella bocca sulla mia, ma sul più bello, James voltò il viso e tornò a guardare le stelle.
Così mi trovai lì, come una cretina, a fissare il suo petto che si alzava ed abbassava regolarmente, con gli occhi semichiusi e la faccia di un’ebete in ecstasy.
Scossi la testa, tornando ad appoggiarmi alla sua spalla.
“Non te lo saresti ricordato domani mattina, comunque”
Strinsi i denti e scossi la testa.
“Dannazione James, ti ho già chiesto scusa, ero sbronza, magari potevi evitare di farmi bere una bottiglia di tequila da sola”
“Ero sbronzo anche io”
Sbuffai, sembrava parecchio scocciato per quella storia. Beh, probabilmente, lo sarei stata anche io, insomma: se fosse stato lui a dimenticarsene, io ne sarei morta.
“Okay, d’accordo, scusa, va bene?”
“Non me ne faccio niente delle tue scuse”
“E quindi? Cosa dovrei fare? Condannarmi ad una settimana di digiuno? Sarebbe una punizione adeguata secondo te?”
“Due settimane”
Alzai la testa, per riuscire a guardarlo negli occhi, ed insieme scoppiammo a ridere.
“D’accordo, sei perdonata, non m’importa”
“Menomale”
Passammo qualche secondo in silenzio: abbracciati, sulla sabbia, con l’acqua salata del mare che di tanto in tanto solleticava i nostri piedi nudi e le stelle a vegliare su di noi.
“James..”
“Sì?”
“Perché la tua sorellastra vive ad Encantada?”
Lui sospirò, avevo toccato un argomento difficile.
“Talitha ed io ci siamo nati qui, Cece”
“Ah sì? Sei messicano?”
“Californiano - mi corresse – siamo nati a Santa Isabel ed abbiamo vissuto ad Encantada per tredici anni, dopodiché, la musica è cambiata”
Ricordai le sue stesse parole, di quando eravamo ancora ad Ensenada.
“È questa la storia che volevi raccontarmi?”
Lo sentii annuire, dopodiché continuò.
“A tredici anni ero bilingue, parlavo molto bene sia l’inglese che lo spagnolo – disse, fiero delle sue origini, con un bel sorriso sulle labbra – mamma è della Bassa California, di Tijuana, e papà è inglese, di Londra”
“Si sono conosciuti qui?”
“No – scosse la testa, giocando con la mia collana – a San Diego, come noi”
“Oh” valutai io, intelligentemente, sentendo una scarica di brividi percorrermi la pelle.
“Andava tutto bene, io, mio fratello, che all’ora era ancora piccolino, e Talitha, la prima figlia di mia madre che aveva avuto con un altro uomo, vivevamo a Santa Isabel, fino a che mio padre non ha tradito mia madre”
“Cosa? - domandai, confusa – aspetta un attimo, con chi ha avuto Talitha tua madre?”
“Con uno stronzo, Talitha me l’ha raccontata tante volte questa storia – disse, con amarezza, stringendomi un po’ di più a sé – ha messo incinta mamma quando lei aveva a malapena sedici anni e poi, quando l’ha saputo, è scappato, come un codardo”
“Perché non te l’ha raccontata tua madre, questa storia?”
“Non le piace parlarne”
“Perché tuo padre l’ha tradita?”
“Diceva che tanto era una puttana, che aveva avuto un figlio da un altro quando era solo una bambina e che quindi non aveva fatto nulla di male”
“Che stronzo – e poi ragionai che stavo parlando di suo padre – cioè, no, scusa, non intendevo..”
“No, è uno stronzo, niente scuse”
Annuii, mentre lui teneva lo sguardo fisso davanti a sé e la mascella serrata, dalla rabbia.
“Ehi..”
“Mia madre non se lo merita, è una donna buona, forte, la migliore che io conosca – mi fece sorridere – ti somiglia, sai? Avete gli stessi occhi grandi, come quelli di Talitha”
“Anche tu hai gli occhi grandi” gli feci notare.
“Già, dimentichi un solo piccolo dettaglio – si voltò verso di me, sorridente – i miei sono azzurri”
“E che sarà mai? - scherzai, per farlo ridere, ma poi tornai seria – mi dispiace James, davvero”
“Tranquilla, sarei dovuto restare con lei, appena ho potuto, sono partito per l’Inghilterra, a diciassette anni, con la mia chitarra e mio fratello”
“Quanti anni ha tuo fratello?”
“Nash ha tredici anni, all’ora ne aveva dieci”
“Hai fatto quello che era giusto per te: partire con tuo fratello e seguire i tuoi sogni, non hai fatto nulla di sbagliato”
“Non vedo l’ora di vederla, ancora”
“Dove vive lei?”
“Ora a Tijuana”
“La vedrai presto allora, me ne andrò io e troverai lei”
“Che ci andate a fare a Tijuana?”
“Vogliamo fermarci lì per qualche mese, in realtà”
“E perché?”
“Deve esserci per forza un perché? Voi viaggiate a briglia sciolta”
“Noi stiamo cercando l’ispirazione”
“E l’avete trovata?”
“Diciamo che sono a buon punto”
“Tu che fai nella band?”
“Il chitarrista”
“Oh – valutai – i chitarristi di solito non hanno una storia d’amore con la voce del gruppo? Scommetto che è Brad, il cantante”
“Sì, è lui – disse – è per questo che indossa tutte quelle magliette colorate, deve tenere alto il nostro onore di band indie”
Scoppiai a ridere, mentre lui mi guardava, quasi sognante.
“Perché mi guardi?”
“L’ispirazione, ricordi?”
“In una pazza che ride?”
“No, in una stella che tengo tra le braccia, dieci volte più bella di quelle che guardiamo da qui”
“Come mi hai chiamata?” chiesi, incredula, guardandolo negli occhi.
“Sei la mia stella”
Gli sorrisi, e lui fece lo stesso: lì non eravamo a Santa Isabel, ma ad Encantada, e le ostilità tra di noi sembravano non esistere. Eravamo in un mondo parallelo, in cui io ero la sua stella e lui il mio salvatore, tra le cui braccia riuscivo a sentirmi a casa.
“Perché non restate con noi a Tijuana, sai quanta ispirazione ci troveresti lì nelle bottiglie di tequila e nei rodeo?”
Lui rise, ed io tornai a sdraiarmi sulla sua spalla.
“Cece, ricordati che qui tu hai me e solo me, ma una volta tornati a Santa Isabel e, cosa più importante, a Londra, tu lì hai Luke”
“Che centra Luke?”
“State insieme, non è vero?”
“Che domanda del cazzo”
Feci per alzarmi, ma lui mi bloccò per il polso.
“Dove vai?”
“Ovunque, dove non si parli di Luke Hemmings”
“Perché non vuoi parlarne?”
“Non adesso, non con te, è troppo complicato”
“Prima o poi me ne dovrai parlare”
“Prima o poi non è adesso”
“Vuoi andartene e rovinare la serata?”
Sbuffai, e lui si sedette, affianco a me.
“No – scossi la testa – ma non farlo tu”
“Non io, stavamo parlando di Luke, mi pare”
“Luke non rovina niente”
“Non l’ho detto io”
Lo guardai male, stava cercando di confondermi un’altra volta.
“James, smettila, non mi rigirerai come una povera cretina solo perché hai due occhi che quando li guardi ti manca l’aria”
“Carina questa, potrei rubartela”
“E scrivere una canzone su te stesso? Sapevo che fossi un presuntuoso cronico, ma così mi sembra eccessivo anche per te”
Il suo sguardo eloquente mi fece ridacchiare.
“Voglio il copyright, comunque” conclusi.
“Parlami di tuo fratello” se ne uscì lui.
“Liam? – chiesi, retoricamente, così lui annuì, stendendo le gambe verso di me – oh beh, lui è fantastico ed io lo adoro, vive da un anno con il suo ragazzo, Zayn, uno dei ragazzi migliori che io abbia mai conosciuto”
“Non sapevo che tuo fratello fosse gay”
Annuii, domandandomi se fosse un omofobo.
“L’amore è amore – disse poi, leggendo il mio sguardo – non ho nessun tipo di problema con gli omosessuali, se è questo che ti stai chiedendo”
“No, io..”
“Hai così una bassa opinione di me, Cecilia?”
“No, James” dissi, ferma.
Il silenzio regnò per qualche secondo, dopodiché lui sospirò.
“Scusa”
“No, scusa tu, è vero, l’ho pensato – ammisi – ma per un nano secondo, un quarto di nano secondo, un ottavo di nano secondo..” continuai, mettendomi in ginocchio.
“D’accordo, d’accordo, sei perdonata – rise, lui – perché dobbiamo sempre litigare?”
“Non è divertente?”
Lui annuì, sorridendo dolcemente.
“Non riesco a prenderti sul serio, comunque”
“Ed io non riesco a reprimere la voglia di prenderti a schiaffi”
“Ma che ti ho fatto?”
“Un minuto prima sei dolce e mi dici che sono la tua stella, un minuto dopo fai lo stronzo e mi dici che non riesci a prendermi sul serio  - spiegai – ma sei bipolare, per caso?”
Lui scoppiò a ridere, ed io lo guardai stranita.
“Sì, lo sei” mi risposi da sola.
Dopodiché lui si alzò, pulendosi i jeans dalla sabbia e tendendomi la mano.
“Che fai? Perché ce ne andiamo?”
“Resterei qui altri due giorni senza mai spostarmi neanche di un centimetro – mi disse – ma sono le tre del mattino, e scommetto che a Santa Isabel Brad starà cercando di chiamare la polizia, impossibilitato dal fatto che i telefoni non prendano, e Luke ci starà aspettando con un macete”
“Cretino” berciai, mentre gli stringevo la mano e mi alzavo da terra.
Feci per incamminarmi, ma sentii le dita di James allacciarsi al mio polso, attirandomi a sé.
“E comunque, Cece – mi sussurrò sulle labbra – non lo dico tanto per dire, tu sei davvero la mia piccola stella”.






#highopers
ciao belle de casa :)
come state? la scuola è finita yeeeeeep
speriamo bene dai, che magari ci arrivo in quinta l'anno prossimo!
anyway, ecco il quarto capitolo..
eravate ansiose di sapere cosa fosse quella storia di James, ed eccovi accontentate.
cosa vi aspettate? interagiamo un pò dai, chedetemi qualcosa nelle recensioni! ahahaah
se volete seguirmi su twitter sono @venerhe, ricambio volentieri :)
vi amo ciao

scusate ma questa ve la devo dire: al posto di highopes ho scritto "HIGHOPERS"
hahahahaha siete voi le mie highopers <3
okay ciao.

 
  
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