CAPITOLO
2
Alcuni
mesi dopo…
ELLYE’S
POV
Neve.
Neve. Neve. Ovunque mi giri, ovunque osservi, ovunque soffermi la mia
attenzione, il mio sguardo si scontra con timidi fiocchi di neve che
delicatamente toccano terra, formando un manto bianco e morbido, su cui
noi
londinesi passeggiamo lentamente in questa tranquilla mattina di
Dicembre. Mi
guardo intorno e osservo come la tipica atmosfera natalizia invada ogni
piccola
parte della mia cittadina, ogni piccola parte dell’animo
della gente. Ogni
piccolo spazio, ogni piccolo vuoto. Ogni piccola mancanza è
colmata dalla
bellezza e l’incanto del Natale. Risate ondeggiano in modo
incessante nell’aria
mattutina e ogni cosa sembra trovarsi perfettamente a suo posto. Ogni
cosa. Ogni
maledetta cosa, eccetto me.
Stretta
nella mia giacca blu e seduta su una panchina nel più grande
parco londinese,
mi appresto ad osservarmi intorno timidamente e a sfregare le mie mani
congelate tra di loro, con lo scopo di invadere il mio corpo di un
po’ di
calore. I miei capelli ribelli ostentano a venir fuori dal mio cappello
a causa
del vento che ci accompagna, ed ogni mio piccolo sbruffo, crea
nell’aria una
nuvoletta bianca. Le mie palpebre sono pesanti e i miei occhi sono
contornati
da un alone violaceo, segno delle mie lunghe notti trascorse in bianco
a
riversare lacrime e lacrime su di un vecchio cuscino macchiato di
mascara. La
separazione dei miei era stata per me una scoperta fin troppo
scioccante, dalla
quale non riuscivo a riprendermi in alcun modo. In nessun verso. E
quella
notte. Quella notte terribile e angosciante poi che avevo vissuto,
continuava a
tornarmi in mente ogni santa volta che il mio corpo chiedeva un minimo
di riposo
per restare in piedi. Per tale ragione avevo deciso semplicemente di
fare a
meno di dormire, ingozzandomi letteralmente di farmaci, che sapevo bene
mi
avrebbero distrutta lentamente e buttata al suolo senza via di scampo,
prima o
poi. Ma a me non importava. A loro non importava. A nessuno importava.
Tutti
troppo impegnati a cercare di riprendere in mano la nostra situazione
familiare
e ricongiungere i pezzi che ormai sono andati persi del tutto. Come
rendere
giusto qualcosa che in realtà è sempre stato
sbagliato?? Come fare? “Certe cose
andrebbero morte e sepolte” come direbbe la mia professoressa
di storia….
I
miei pensieri finiscono per essere interrotti da un pugno di neve che
giunge
dritto dritto sul mio fianco sinistro. Esco dallo stato di trans in cui
sono
caduta a causa dei troppi pensieri ed alzo la testa lentamente, fino a
questo
momento tenuta fissa sulle vecchie scarpe di ginnastica, per poi
affondare i
miei occhi vuoti e passivi, in quelli azzurrissimi e pieni di
vivacità di un
bambino che mi fissa imperterrito con un sorrisetto furbo sulle labbra
e le manine
chiuse a pugno dietro la sua schiena. Dondola su sé stesso e
le sue guanciotte,
arrossate a causa del gelo di questo mese, mi inducono a sorridere
timidamente.
Probabilmente il rossore del suo viso è determinato anche
dal fatto che, forse,
si vergogni di parlare con me.
“Ti
sei fatta male?” La sua voce da bambino mi porta a sorridere
e ad avvicinarmi a
lui per osservarlo meglio in viso, mentre vedo i suoi amichetti da
lontano
indicarlo e sogghignare alle sue spalle.
“No
piccolo, non preoccuparti! E’ tutto apposto, stai tranquillo!
Però state più
attenti la prossima volta, va bene? Ci sono un sacco di vecchietti nei
paraggi!
Guarda un pò”
Sorrido
ancora e gli faccio un occhiolino, mentre lui scoppia a ridere di
cuore. I suoi
occhi piccini si stringono, mentre sulla sua faccina compaiono
lentamente due
fossette, in cui mi piacerebbe affondare le mie dita sottili. Ha
l’aria dolce e
furba alla stesso tempo e i suoi capelli sbarazzini che fuoriescono dal
berretto
che indossa, lasciano intendere che sia un mitico biondino
dall’aria peperina.
“Come
ti chiami? Io sono Aaron.” La sua voce timida accompagna la
sua manina avvolta
da un guanto caldo, che è tesa verso di me. I suoi occhi
luccicano e forse non
è solo effetto delle decorazioni natalizie che riempiono e
abbelliscono le
strade londinesi.
“Aaron?
Che bel nome che hai!! Io sono Ellye! Sei di Londra?” La
conversazione ha preso
ormai piede e Aaron sembra sempre più in confidenza con me,
soprattutto, quando
mi spiega di vivere in una campagna molto vicino alla bella capitale
inglese e
quando inizia a descrivermi la sua casetta e quel cagnolino che a lui
piace
tanto e che vorrebbe far riposare nel suo letto, proprio accanto a lui.
Mi
parla di suo fratello più grande e di sua mamma, che ha una
pancia molto
grande, secondo il suo pensiero, a causa del troppo cibo.
Rido
sempre più forte alle sue affermazioni e quando lo vedo
tirare dalla tasca dei
suoi pantaloni una bustina di caramelle e porgermene un paio,
chiedendomi se
preferisca mangiare un elefante oppure un serpente e spiegandomi di
riservare
tutte le sue delizie a forma di leone per sé stesso, per
divenire così il più
forte tra tutti. Sposto qualche ciocca di capelli dietro le orecchie e
continuo
a parlare con il piccolo angioletto di fronte a me, che si è
accomodato sulla
panchina al mio fianco e che, contento e spensierato, morde piano piano
le sue
caramelle. E’ così felice. Così dolce.
E innocente.
La
nostra chiacchierata su quale animale sia il più veloce
della savana è interrotta
però dalla voce assordante di una donna, probabilmente sua
madre, che lo
richiama vicino a sé e che sostiene che per oggi basti
giocare. Aaron salta
subito dalla panchina, per poi affondare i suoi piccoli piedini nella
neve
fresca che imperterrita continua a cadere a piccoli fiocchi, regalando
a tutta
Londra un’aria ossessivamente romantica.
Mi
si avvicina e mi lascia un delicato bacio sulla guancia, porgendomi in
seguito
una domanda che fa aumentare i battiti del mio cuore a dismisura e
rende ancora
maggiormente pesante (se possibile) il macigno che opprime il mio petto
e che,
durante la nostra conversazione, si era particolarmente alleggerito.
Una
domanda particolare. Rara. Una domanda insolita per un bimbo della sua
età, ma
terribilmente vera.
“Ellye,
perché non sei felice?” Poche parole, pronunciate
dalla bocca di un innocente bambino
mi lasciano spiazzata. Terribilmente disorientata. Non so cosa
controbattere ed
un timido “tranquillo, va tutto bene. Sono solo un
po’ stanca” abbandona le mie
labbra screpolate a causa del freddo.
“Vai
Aaron! La tua mamma ti aspetta! E grazie mille per queste buonissime
caramelle
e per la tua compagnia. Mi è piaciuto tanto conoscerti,
piccolo” Sorrido, per
poi dargli un buffetto su una guancia e alzare la mia mano tremolante a
destra
e sinistra per salutarlo.
Lo
vedo allontanarsi, mentre continua a guardare indietro e ad urlare il
mio nome,
mentre dai miei occhi una lacrima salata scende lentamente per poi
appoggiarsi
timida sulla mia sciarpa colorata e fin troppo sottile per una stagione
come
questa. Ed ecco che la solitudine ritorna ad avvolgermi nuovamente,
mentre
osservo la figura di quell’ angioletto dissolversi piano
piano.
“Grazie
Aaron” penso. “Grazie davvero piccolino”
Per poi lasciare le lacrime offuscare
il mio viso completamente e cedere inesorabilmente nella disperazione
più
totale, come accaduto qualche ora fa. O meglio. Come accade sempre
ormai.
HARRY’S
POV
“Bene,
direi che per oggi può bastare. Andate a farvi una doccia
ragazzi” La voce di
Luke che, dopo ore e ore di canzoni ci invita a riposarci, risuona in
tutto il
teatro in cui noi, i famosi e desiderati One Direction, stiamo provando
i
nostri nuovi pezzi, per l’imminente concerto di beneficenza
che terremmo nel
centro di Londra, in occasione del Natale. Donare i ricavati dello show
ai
bambini malati sarebbe davvero un’ottima idea, se il nostro
amatissimo modest,
non avesse intenzione di trattenere per sé la maggior parte
dei guadagni per
propri e strettamente personali interessi.
In
realtà non riesco assolutamente a capacitarmi del fatto che
egli sia il nostro
dirigente o come altro volete considerarlo… Non riesco
semplicemente a
capacitarmi del fatto che possa occuparsi dei nostri affari e firmare
contratti
e roba simile al nostro posto. Non mi capacito del fatto che noi cinque
siamo
assolutamente concentrati nelle sue mani, che siamo sua unica fonte di
sostenimento.
Luke era un tipo diverso
qualche tempo fa.
Totalmente diverso. Ma si sa, certe cose finiscono inevitabilmente per
prendere
una strada sbagliata e …. .Pluff. Anche il buono scompare,
ricoperto
immancabilmente dal male. Ricordo ancora quando, due anni fa,
varcò la soglia
del nostro camerino, in seguito alla penultima tappa del Up All Night
tour. Occhiali
e cartellina tra le mani, mentre, probabilmente un po’
nervoso, ci comunicava
la sua decisione di divenire il nostro “direttore”.
E’ risaputo però: il tempo
cambia la gente e i soldi lo fanno ancora di più,
probabilmente. Ed ecco che, a
distanza di qualche anno, una persona ormai irriconoscibile, ci dirige
e ci
sfrutta tutti a suo piacimento. Siamo divenuti ormai cinque
insignificanti
pedine nelle mani di un giocatore assetato di guadagno. Siamo ormai
semplici
carte da poker, anziché cantanti. Macchina di arricchimento
per un viziato insoddisfatto
dei propri averi.
Mi
volto verso di lui e gli mando un’occhiataccia quando lo vedo
sbruffare ed
osservare il suo orologio da polso, per poi lanciare a terra con non
curanza, i
testi delle nostre nuove canzoni e prendere a sbraitare come
è solito fare.
“Cazzo
ragazzi! Maledizione, non ci siamo! Vi siete accorti di che spettacolo
assolutamente ORRIBILE siete stati in grado di mettere in scena?? Cosa
pensate,
che la gente sprechi soldi per delle canzoni e cinque visini miserabili
come i
vostri? Nahh, se è così siete fuori strada!
Sapete che c’è? Via guadagni
carissimi ragazzi miei!” Il sangue mi ribolle nelle vene e
vorrei tanto
controbattere, se non fosse per Niall, che cerca di tenermi calmo e
farmi
ragionare.
“Il
contratto, Harry. Il contratto” mi ripete sottovoce.
Già, quell’assurdo e
maledetto contratto. Quel contratto che sta totalmente rovinando la mia
più
grande passione.
“Niall,
non può dirci questo! Ma sentilo! Senti che gran pezzo di
merda è!” Gesticolo
nervoso mentre parlo con il mio amico e lui asseconda le mie parole,
annuendo
leggermente con la testa. Ed ecco che nuovamente Luke ci interrompe,
spiegandoci cosa non quadra in quello che sta divenendo ormai il suo
show.
“Louis,
devi alzare di più la voce! Su, pensi di farcela?! Il
pubblico avrà sicuramente
difficoltà enormi a sentirti, e perderà la
pazienza, andandosene via! Chi
vorrebbe mai ascoltare un cantante del genere! E questo sai in cosa si
traduce?? In offerte minori, mio caro Tommo!” Vedo Louis
alzare gli occhi al
cielo per poi sorseggiare la birra che Marie, la nostra segretaria, gli
ha
portato.
“Tu
Niall, sei perfetto così! Non ho niente da dirti per la
verità… Magari sorridi
un po’ di più, va bene? Le ragazze lo amano!
Impazziranno senza dubbio! E ciò
cosa vuol dire’? Guadagni maggiori biondino! Tu Liam,
memorizza meglio il testo
della vostra nuova canzone, va bene?? La seconda strofa è
abbastanza lunga e tu
dimentichi spesso gli ultimi versi! Che figura faresti se scordassi tu
stesso
una tua composizione?? Una vergogna davvero! E i nostri profitti??
Sarebbero
bassissimi! Zayn, muoversi! Muoversi! Sembri una statua!! Il pubblico
vuole
energia! Il pubblico pretende di scatenarsi. Adrenalina. Pura
adrenalina.
Eccitazione! Ci siamo chiariti?? Spero proprio di si!”
Zayn
fissa Luke con occhi sbalorditi, quasi quanto Liam, che dal suo canto,
afferra
nelle proprie mani i testi delle canzoni che giacciono a terra. Vedo il
suo
sguardo scorrere sulle pagine ricoperte di parole e note fino a
soffermarsi
probabilmente sulla strofa indicatogli precedentemente da Luke. Niall,
stufo
della situazione e della ramanzina subita, si dirige verso il suo
spogliatoio
frettolosamente. Da ciò che ho avuto la
possibilità di capire, stasera i suoi
genitori arriveranno direttamente da Mullingar e lui ha una disperata
voglia di
sfruttare al massimo ogni minimo minuto passato in loro compagnia, dopo
mesi e
mesi.
Io
invece sono seduto sulle scale di ferro battuto del palco, su cui sono
stato
accomodato tutta la durata delle prove e non accenno a spostarmi di un
centimetro. Ebbene sì, anche oggi i One Direction hanno
provato senza di me. Le
urla di Luke non mi intimoriscono assolutamente e sebbene oggi sia
stato
costretto a subirmi tutta la sua predica, il mio volere di non cantare
ha retto
fino alla fine. In realtà, nelle ultime settimane, ho sempre
rifiutato cantare.
Ho rifiutato qualsiasi cosa che riguardasse il mondo dello spettacolo.
Mi sono
rifiutato di apparire in tv, di rilasciare interviste e piccolezze
varie. E’
strano, ma è la realtà. Forse, e dico forse, sono
un po’ stanco di essere
semplicemente e banalmente l’Harry Styles degli One
Direction. O meglio… Di
essere il bamboccio riccio di Luke.
I
miei pensieri vengono interrotti improvvisamente da
quest’ultimo, che con fare
molto autoritario, dopo aver chiesto a tutti coloro che collaborano
dietro le
quinte del nostro show in modo molto poco gentile di abbandonare il
palco, mi
raggiunge in un attimo a grandi falcate. “Toro infuriato in
arrivo”, penso, per
poi sorridere sotto i baffi.
“Ascoltami
bene Harry. Ascoltami. Anche oggi hai saltato le prove, ti rendi
conto?? Sono
settimane ormai che la band sembra aver perso un componente! Per quanto
hai
ancora intenzione di non onorarci della tua illustrissima presenza,
signorino??”
Ride
falsamente, per poi riservarmi un’occhiataccia gelida. Se uno
sguardo potrebbe
uccidere, sarei già morto da un pezzo per colpa sua.
“Se
la cavano benissimo da soli, Luke. Io non voglio farlo. E tu non mi
obbligherai
in nessun modo, chiaro? E non venirmi a dir…” Luke
interrompe le mie parole
gettando un urlo che rimbomba in tutto il palcoscenico. Non demorde, ed
è
ancora più agguerrito di prima. Ancora più
arrabbiato ed infastidito con me,
per lui un banale cantante viziato.
“Sei
pazzo! Completamente e assolutamente pazzo! Sono settimane ormai che
tutto il
mondo ha perso tue notizie e la scusa di una pausa per riposare e di
stanchezza
fisica non reggerà ancora per molto, lo vuoi capire?? Ti
vogliono Harry! Ti
pretendono! Stai sprecando l’occasione della tua vita. Stai
gettando via la
possibilità di vivere nell’oro e nel lusso per
tutto il resto della tua vita!
Le fans si stancheranno Harry! Le vendite caleranno. Nessuno
acquisterà più i
biglietti dei concerti. Addio profitti! Addio guadagni! Addio lusso, lo
capisci?? E tra qualche anno, nelle camerette di quelle milioni di
stupidine, i
tuoi poster saranno ricoperti da quelli di giovincelli che saranno meno
coglioni di te e sapranno approfittare della fama per vivere come veri
nobili!”
Le
parole di Luke mi arrivano dritte in faccia come cazzotti e finiscono
pian
piano per mozzarmi il respiro.
“Tu
non capisci cazzo! Non capisci maledettamente niente! Non me ne frega
niente
dei soldi, dei guadagni, dei profitti e del successo Luke! Io canto per
passione, per divertimento. Canto perché solo in questo modo
mi sento libero. Libero
e vivo. Canto semplicemente perché voglio condividere il mio
dono con altre
persone. Io vivo di musica, non di guadagno, non capisci! Nè
di ricchezza, né
di lusso. Anche in una casa priva di corrente io sarei maledettamente
felice...
Perché avrei la musica con me. E se il tuo scopo
è quello di sfruttare la mia
voce per sperperare soldi senza freni, allora io rifiuto tutto Luke.
Rifiuto la
tv, le interviste, i paparazzi, lo show. Non voglio sfruttare le mie
fans in questo
modo. Non voglio indurle ad arricchirmi le tasche e non lo
farò mai.” Sono
sincero. Terribilmente sincero, mentre finalmente parlo al mio modest
ed
esprimo tutti i miei pensieri senza freni. In realtà ci
sarebbero davvero molte
altre cose da dire, ma preferisco risparmiare le frasi pesanti al
prossimo
scontro.
“Te
ne pentirai caro Harry, te ne pentirai amaramente. E sappi che tutta
questa
situazione ti si ritorcerà contro in un modo che nemmeno ti
aspetti. Se non
sbaglio sei tu quello che un paio di mesi fa era su tutte le copertine
dei
giornali, etichettato come la star indisciplinata che affronta e
ridicolizza
David durante il suo show, di fronte un’America intera.
Chissà… Sai, mi chiedo
cos’altro potrebbero scrivere questi giornalisti…
Cos’altro potrebbero
affermare, portando la tua carriera all’apice del
decollo… E poi?? Beh, il resto
lascio immaginarlo a te… Da come ho visto, il cervello e la
lingua lunga non ti
mancano” Luke mi guarda fisso negli occhi mentre queste
orribili frasi
abbandonano le sue labbra e vengono elaborate difficoltosamente dal mio
cervello. Mi sorride falsamente e mi dà le spalle, mentre
scende le scale del
palcoscenico, fischiettando una melodia terribile. Terribile quasi
quanto lui.
O forse peggio.
Una
rabbia incontrollata riempie tutto il mio corpo e mi induce a stringere
le mie
mani in pugni così forti da rendere bianche le mie nocche.
Sospiro
pesantemente, per poi scuotere la testa a destra e sinistra e
aggiustare i miei
capelli ribelli, finiti sulla fronte. Stringo forte gli occhi e faccio
per
alzarmi quando una voce alle mie spalle mi blocca improvvisamente.
Louis.
“Possiamo
parlare, Harry? O sei ancora troppo arrabbiato?” Scuoto la
testa e mi risiedo
di nuovo, stringendomi un po’ di più su me stesso
e lasciando un piccolo spazio
al mio migliore amico, che, appena seduto, prende parola.
“Che ti sta
succedendo, amico?” Sussurra piano, per poi avviare
definitivamente la nostra
interessante conversazione.
ELLYE’S
POV
Accellero
il passo più che posso, osservando ansiosamente
l’orario a caratteri cubitali
sullo schermo del mio cellullare. E’ tardissimo, caspita.
“Sono in ritardo per
la cena! Stasera resterò a stomaco vuoto, lo
sento!” penso, mentre passi
frettolosi e affaticati sulla strada ricoperta di neve, sembrano
allontanarmi
sempre di più dal portone verde della mia villetta.
“Trova una scusa efficace
Ellye, forza… Bene, ragioniamo… Non potrei mai
dirgli di essere stata tutto il
giorno a girovagare per la strada e a bere caffè allo
Starbucks. Non posso
proprio! Né tantomeno potrei dirgli di aver trascorso tutto
il pomeriggio a
casa di Jessy. Si informerebbe e capirebbe che in realtà gli
ho mentito”
Sbruffo infastidita a causa del vento che mi scompiglia i capelli e
delle
macchine che continuano a suonarmi, incitandomi a spostarmi
maggiormente dalla
strada. “Biblioteca… Ma certo, la biblioteca
Ellye! Ottima idea!” Sorrido tra
me e me, soddisfatta di aver trovato una scusa plausibile con mio padre
e dopo
un paio di metri, giungo finalmente dinnanzi il portone di casa.
Rovisto
nella mia borsa con la speranza di trovare il mio inseparabile mazzetto
di
chiavi, pregando di non averle dimenticate da qualche parte, per poi
sospirare
pesantemente quando il freddo metallo entra in contatto con le mie mani
screpolate.
“Papà!
Papà! Sono Ellye, aprimi!” busso e urlo forte,
senza ricevere nemmeno una
risposta. Osservo alle mie spalle e la macchina grigia metallizzata di
mio padre
è parcheggiata dinnanzi al nostro garage. Deve per forza
essere in casa. A
quest’ora dove potrebbe mai essere! Probabilmente
starà facendo la doccia…
Oppure avrà il volume della televisione troppo
alto…Oppure…oppure sarà ubriaco
fradicio, come accade sempre più spesso, Ellye. Un brivido
mi percorre la
schiena, mentre considero questa terribile probabilità ed ho
quasi timore di
varcare la soglia del portone di casa. In momenti come questo, ho
imparato che è
meglio stargli lontano. Sono agitata e incerta sul da farsi, ma il
freddo
pungente mi entra nella ossa sempre di più e i miei piedi
sono ormai totalmente
insensibili al tatto. Tremo, e osservando il cielo nuvoloso e buio di
Londra,
mi rendo conto di come piccoli fiocchi di neve inizino nuovamente a
scendere
candidi dal cielo. Di nuovo no!
Sono
consapevole di non avere altra scelta e per tale ragione decido di
entrare in
casa e, magari, se mio padre si fosse presentato dinnanzi a me nelle
vesti di
un alcolizzato dei bassi quartieri, correre nella mia stanza e restarci
fino all’indomani.
“Eh no Ellye. Stasera niente cena” penso, per poi
tirare su con il naso e non
permettere alle lacrime di scendere sulle mie guance.
Giro
le chiavi nella serratura e, intimorita dai miei presentimenti alquanto
sinistri, mi accingo ad entrare in casa. Tremo, e non solo per il
freddo. Non
mi sento sicura. Ho paura. Una fottuta paura, anche se probabilmente
non lo
ammetterò mai. Cosa ti resta quando nemmeno nella tua casa
ti senti al sicuro?
Cosa ti resta, quando vivi perennemente nella paura? Cosa ti resta
quando il
timore governa la tua vita? Cosa ti resta quando ti senti perennemente
morto?
“Sono
a casa papà! Scusami per il ritardo! Ti prometto che non
accadrà mai più! Ti
prego, scusami scusami scu-“.
Appoggio
in modo poco ordinato la mia giacca sulla sedia all’ingresso,
per poi gettare i
miei capelli lunghissimi dietro le spalle e pronunciare queste poche
parole con
un tono di voce talmente basso da rischiare di non essere sentita per
nulla,
quando dinnanzi ai miei occhi appare una delle mille cause principali
della mia
lenta rovina. Che grande faccia tosta!!
“Cosa
ci fai qui, tu?” Velenosa. Quando osservo i suoi capelli
biondi boccolosi e le
sue ciglia finte, ricoperte da strati e strati doppi di mascara,
è così che
divento. Velenosa. E acida. Frustrata. Ossessivamente e maledettamente
addolorata. E soprattutto velenosa.
“Fuori
da casa mia! Fuori! Non voglio più vederti! Non sei
assolutamente desiderata
qui dentro. Questo non è il tuo posto, biondina. E non lo
sarà mai! Tornatene
ai tuoi night-club a strusciati addosso vecchietti arrapati, chiaro?
Sparisci
da qua, Allye… Davvero, vai via. Non ti voglio a
casa.” Sono agitatissima. Grido,
grido, grido senza nemmeno prendere fiato, ma il mio tono di voce
finisce per
abbassarsi inevitabilmente sempre di più, quando la vedo
sorridere alle mie
parole.
“Cara,
piccola, ingenua, carina Ellye! Piccola bastardella! Non capisci che
presto
questa sarà anche casa mia?? Capisco quanto sia difficile
accettarlo, ma ormai
tuo padre ama ME! Dimentica i bei tempi passati… Dimentica
la piccola
famigliola felice. Dimentica i pancake della mattina e dimentica i
compleanni
passati tutti insieme… Non c’è
più niente di tutto questo oggi! E per te sarà
meglio accettarlo, piccola stronza. Altrimenti la tua sarà
davvero una pessima
fine! Proprio come quella di tua mamma. La povera Lilian, rinchiusa in
un
ospedale psichiatrico. Che tristezza!”
Ride.
Ride forte mentre la sua cattiveria pura giunge alle mie orecchie,
facendo
pizzicare i miei occhi grandi e sofferenti. Osserva lo smalto sulle sue
unghie,
probabilmente ancora non asciutto del tutto, e sbatte il suo piede a
ritmo a
terra. Chiama mio padre insistentemente e squittisce, mentre si dirige
verso il
grande divano in salotto, senza nemmeno attendere una risposta da parte
mia.
Conosce i miei punti deboli. E sa benissimo come, nonostante la mia
lingua
lunghissima, in certe situazioni non sia in grado di formulare un
pensiero
corretto e ribattere a tono.
E
questa è una di quelle maledette situazioni…
I
muscoli intorpiditi del mio corpo mi costringono a restare ferma sul
mio posto,
nonostante abbia voglia di correre lontano da questo inferno. Abbasso
lo
sguardo e faccio sì che i miei capelli, ormai liberi,
possano nascondermi
totalmente il viso. Come se potessi sparire. Sparire e non esistere
più.
Un
tonfo sordo e una risata isterica ed incontrollata mi fa sobbalzare,
mentre,
alzando lo sguardo, osservo mio padre scendere le scale della mia casa.
Ha la
camicia sbottonata e la cravatta molto molto allentata. I suoi jeans
scuri sono
macchiati dall’ alcool e qualche altro drink strano e
particolare, mentre ai
piedi non indossa le scarpe. Lo osservo piano e vedo come, nonostante
le sue
pessime e inguardabili condizioni, egli resti sempre per me il padre
più bello
del mondo…
Masochismo.
Puro masochismo o chiamatelo come vi pare. Nonostante tutto e tutti,
egli
rimane sempre il mio adorato e terribile papà. Il mio angelo
e il mio demone
allo stesso tempo.
“Ellye!
Gioia di papino! Ti sembra questa l’ora di
tornare??” Ride forte e, a mezzo
metro dal mio corpo, lo vedo puntare i suoi occhi chiari nei miei,
identici.
Non rispondo, abbassando il capo e stringendo gli occhi. Non potrei
sopportare
l’ennesimo livido anche stasera, mentre le parole di Allye
risuonano ancora
nelle mie orecchie, senza abbandonarmi minimamente… Una
tragedia alla volta, vi
prego.
“No
no no tesoro. Così non va bene, hai capito? Ma stasera
voglio essere buono,
piccina. Allye, amore. Quando ci sei tu, sono fin troppo dolce con lei,
sai? E
questo non può accadere… Dammi un bacio, vieni
qui!” Osservare mio padre
baciare a fior di labbra quella serpe che l’ha raggiunto
durante il nostro
discorso, mi dà il voltastomaco e un senso di nausea finisce
per avvolgermi
completamente. Non sopporto più questa patetica scenetta.
Non sopporto più
questi due visi proprio dinnanzi a me. Faccio per scansarli e dirigermi
in
cucina, con l’intento di mettere qualcosa sotto i denti,
quando i miei capelli mossi
vengono afferrati saldamente dalle mani grosse e ruvide di mio padre.
Stringo
gli occhi e apro leggermente la bocca per la sorpresa. Non me lo
aspettavo.
“Dove
pensi di andare?! Stasera niente cena, Ellye! Fila in camera tua,
tesorino! E
non uscire per nessuna ragione al mondo… Io ed Allye siamo
occupati e tu non
distruggerai di certo i nostri piani. Cammina adesso! Sbrigati! Non
voglio più né
vederti, né sentirti, fino a domani mattina!” Una
smorfia di dolore si
allontana dalle mie labbra, quando i miei capelli vengono rilasciati
dalla
violenta presa di quello pseudo-papà con il quale sono
costretta a convivere
ogni giorno della mia maledetta vita. Cosa ho fatto di male cazzo? Eh?
Porto
istintivamente le mie mani sulla mia folta chioma per accarezzare la
parte
dolorante della mia testa. Le lacrime, trattenute fino ad adesso,
scendono
copiosamente sul mio viso, mentre corro senza fermarmi mai, verso la
mia
stanza. Spalanco la porta con una violenza inaudita per poi sbatterla
fortissimo alle mie spalle. Ho addirittura il timore che prima o poi
potrebbe
cedere, ma in questo momento poco importa. Getto la mia adorata borsa a
terra
in modo molto violento, incurante del fatto che dentro di essa ci siano
il mio
cellullare e il mio immancabile i-pad e che potrebbero rompersi, e la
rabbia
finisce per accecarmi completamente.
“Vi
odio! Vi odio! Vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi
odio!!”
Urlo. Urlo con tutta la forza che ho nel corpo, senza riprendere fiato.
E
piango disperatamente. Stringo le mie mani a pugno e mi avvicino subito
alla
mia scrivania, gettando a terra tutto ciò che è
sistemato su di esso, con una
violenza mai vista prima. “Vi odio bastardi. Vi odio, vi
odio, vi odio!”
Continuo a ripetere incessantemente queste parole, mentre le mie mani
infuocate
finiscono sul mio viso e le mie unghie graffiano la mia faccia. Cosa
dirò dei
graffi nei prossimi giorni? In questo momento è certamente
l’ultimo dei miei
pensieri. “Vi odio, vi odio, vi odio dannati bastardi! Vi
odio, vi odio, vi
odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio!” Le mie mani
finiscono sui miei
capelli, che vengono stretti nel mio pugno e tirati leggermente. Mi
dirigo
verso il letto e sbatto sempre con maggior forza i miei pugni stretti,
sulle
sue soffici coperte azzurrine. Con un solo gesto della mano, getto a
terra
tutti i cuscini poggiati su di esso e successivamente anche le lenzuola
finiscono per essere gettate al pavimento. “Vi odio a morte!
Vi odio, vi odio,
vi odio, vi odio, vi odio!” Mi dirigo verso il mio armadio,
spalancandone
furiosamente le ante e gettando dietro di me, ogni tipo di indumento
che mi
capita tra le mani.
Piango
furiosamente. Ed urlo, urlo di rabbia, nonostante la mia voce sia ormai
rauca e
molto molto bassa. Un grido muto abbandona le mie labbra ormai
violacee. Un
grido muto che insordisce.
“Vi
odio, ve lo giuro. Vi odio a morte. Vi odio talmente tanto che ho quasi
paura
di me stessa.” Sussurro tra me e me. Sono ormai senza forze.
Non riesco quasi
più a stare in piedi. Le gambe mi tremano maledettamente
come mai prima d’ora e
il mio respiro diviene fin troppo affannato. La vista mi si appanna e
inizio a
barcollare. Sono davvero senza forze.
Sbatto
infine un’ulteriore volta l’anta del mio armadio e,
incurante di questo
grandissimo caos che sono stata in grado di creare nella mia stanza, mi
dirigo
pianissimo verso il mio comodino. Tremo forte e, dopo lunghi tentativi,
riesco
finalmente ad aprire la piccola scatolina di medicinali riposta al suo
interno
e contenente tante piccole pillole arancioni. Ne getto una nella mia
mano,
seguita da un’altra ed un’altra ancora, per poi
farle scivolare subito giù per
la mia gola. Mi appresto in seguito a dirigermi verso il mio grande e
adorato
specchio, giusto alla sinistra del mio armadio, e il mio aspetto
riflesso è un
altro pugno al cuore.
Avrei
preferito realmente non osservarmi. Occhi sgranati ed iniettati di
sangue,
contornati da un alone violaceo disgustoso. Viso arrossato e graffiato.
Labbra
gonfie e screpolate. Capelli arruffati e privi di lucentezza. Corpo
gracile e
magrissimo. Mani tremanti.
Mi
sento così strana. Così maledettamente strana. E
così simile a lei… Così simile
ad una “pazza”… Così simile a
Lilian… Così
sbalorditivamente simile a mia madre…
Stringo
per l’ennesima volta le mie palpebre tra di loro facendo
sì che altre lacrime
scendano lungo le mie guance, regalandomi una sensazione di disagio
quando si
soffermano sui graffi freschi freschi del mio viso, quando sento
particolari lamenti
provenire dal piano inferiore della mia villetta. Perché
tutto questo? E perché
tutto a me? Penso a ciò, mentre, lentamente, mi dirigo verso
la porta della mia
stanza, con lo scopo di udire meglio cosa stia accadendo
giù. Ed ecco che il
mio amato e spiccato senso masochista ritorna inevitabilmente a galla.
Schifo.
Questo è ciò che provo. Schifo assoluto.
Rivolgo
un ultimo sguardo alla mia stanza, che ormai non sembra nemmeno tale,
bensì si
avvicina maggiormente all’immaginario di un campo di
battaglia, dopodichè la
mia schiena tremante entra in contatto con il freddo legno della mia
porta.
Struscio contro di essa, fino ad adagiarmi piano piano a terra. Stringo
con le
mie braccia le mie gambe e appoggio lentamente il mio viso sulle mie
ginocchia.
“Salvatemi,
vi prego. Salvatemi da tutto questo, vi scongiuro. Io vi sto
aspettando.”
Penso, per poi socchiudere piano gli occhi, mentre i lamenti di mio
padre e i
battiti del mio cuore, mi accompagnano e mi cullano per tutta questa
lunga,
tragica e travagliata ennesima notte insonne.
HARRY’S
POV
“Non
so più come comportarmi mamma, davvero. Non so cosa fare.
Non ho idea di come
agire. E poi Luke sta architettando qualcosa, lo sento… Mi
ha indirettamente
informato di star lavorando per rovinare totalmente la mia immagine,
portando
la mia carriera alla sua completa fine. E io non posso stare a guardare
mamma.
Non posso proprio permetterglielo. Ho lavorato così tanto
per arrivare fin qui.
Va bene, va bene. Si, è tardi. Certo…
Assolutamente si… Ti voglio bene anche io
mamma. A domani!”
Sbruffo
e sospiro forte, mentre mia madre mi dà la buonanotte a
telefono, incitandomi
ad andare a letto e recuperare il sonno perso a causa di tutti questi
continui
viaggi che la mia carriera come cantante mi obbliga a fare... Spengo il
mio
i-phone nuovo di zecca, per poi appoggiarlo sul comodino al mio fianco.
L’aria
condizionata di questo albergo è davvero molto forte e,
nonostante Londra sia
ricoperta di neve e fuori si misurino alcuni gradi sotto lo zero,
questo caldo
mi induce a togliere la maglietta del mio pigiama, lasciando nudo il
mio busco
scolpito e ricoperto di tatuaggi.
Mi
stendo sul letto ed osservo il soffitto. Sento il getto
dell’acqua provenire
dal bagno, dove è rinchiuso Zayn ormai da una buona
mezz’oretta e sento provenire
al di fuori della camera, le incessanti risate di Liam e Niall, che
sicuramente
sono sul punto di far morire Louis dallo spavento. Sorrido piano,
pensando a
che bambini siano, nonostante abbiano ormai più di 20 anni e
siano grandi e
vaccinati.
Ultimamente
invece, essere felice per me, sta divenendo una vera e propria impresa.
Questa
storia di Luke, del guadagno e della star “indisciplinata
della tv”, si sta
ormai trasformando in una situazione abbastanza fastidiosa per me. Sono
stanco
di tutto ciò. Essere famoso non doveva essere certamente una
scocciatura, ed
invece… La situazione si è ribaltata
completamente a mio sfavore ed inizio a
sentirmi una persona quasi… diversa.
Le
parole di Luke sono ancora ben stampate nella mia testa e, ripensando
alla
situazione di stamattina, un senso di rabbia mi invade nuovamente.
Ripensare
alla sua risata e al suo viso soddisfatto per le mie future disgrazie,
mi rende
assolutamente furioso. Stringo le mani a pugno, come per controllare la
rabbia
in qualche modo e mi rialzo dal comodissimo letto su ci ero adagiato,
iniziando
a camminare convulsivamente per tutta l’immensa stanza
dell’hotel in cui mi
trovo. Stringo tra le mani i miei capelli e sbruffo, pensando ad una
misera
soluzione per risolvere questo enorme problema e non sottostare ancora
a
quell’indecente patto, che non mi permette di allontanare
Luke da qui. Da noi.
Da me.
Schifo.
Questo è ciò che provo. Schifo assoluto.
“Salvatemi,
vi prego. Salvatemi da questa orrenda situazione, vi
scongiuro!” penso, per poi
prendere a calci la mia valigia ai piedi del letto, incurante dei danni
che ne
sarebbero conseguiti.
“Vi
sto aspettando cazzo!” sospiro ancora, mentre la paura di
perdere tutto ciò che
sono riuscito a costruire con tanta fatica fino ad ora, rende i miei
occhi
lucidi. “Vi sto aspettando!”
§
Semplicemente,
ci sono legami destinati ad esistere. Contro ogni logica, contro ogni
tempo,
contro ogni distanza, contro ogni differenza. Esistono e basta. E ci
sono delle
persone fin troppo simili e differenti, per restare separate a lungo.
Non
credete anche voi?
ANGOLO
AUTRICE:
Saaaaalve
a tutti!! Dopo molto molto molto molto tempo, eccomi qui, con un
capitolo
lunghissimo e ricco di colpi di scena per voi e per farmi perdonare! J
Fortunatamente proprio oggi sono iniziare le
vacanze (*----------*) e potrò aggiornare con maggiore
velocità ;) Bene…
Abbiamo avuto in questo capitolo una prospettiva più ampia
della vita di questi
due ragazzi… Ellye vive una situazione familiare terribile
con suo padre
alcolizzato e sua madre rinchiusa in un ospedale psichiatrico, a cui si
aggiunge anche quella serpe di Allye. Oltre a ciò, lei parla
di una misteriosa
notte, traumatica per lei. Poi abbiamo Harry, anch’egli
cimentato in una
situazione di grande malessere, emotivo più che altro. Luke
sfrutta gli One Direction
solo ed esclusivamente per ottenere dei guadagni molto alti, e al
nostro
ricciolo ciò non va bene… Ma quanto è
carino quando parla della musica e
difende le sue fan?? *--* Stamattina non posso prolungarmi troppo in
quanto mia
mamma è alle mie calcagne (?) ahahaha e devo salutarvi.
Mi
scuso ancora con voi per non essere stata molto veloce e vi prometto
che in
questi mesi le cose saranno molto molto diverse. Vi chiedo solo il
favore DI
ESSERE PIU’ ATTIVI E PARTECIPI, DI COMMENTARE IN MODO
POSITIVO OPPURE NO LA MIA
STORIA E DIRMI CHE COSA NE PENSATE DEL MIO LAVORO. Ci tengo molto!
<3
Grazie
infine alle mie adorate scrittrici che mi sostengono sempre e sono
sempre al
mio fianco…. Come ormai di rito, ringrazio la mia gemellina,
che nonostante i
miei periodi di buio (ahahaha) alla fine mi sopporta sempre ed
è sempre pronta
ad accogliermi con il suo calore e la sua pazzia! <3
G.R.A.Z.I.E. di
esserci. E per essere tanto fantastica!
Beneeee….
Saluto, bacio tutte e scappo viaaa… Mi aspetto una pioggia
di recensioni sulla
mia storia!! E non sto scherzando ;)
Smookie97