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Autore: smookie97    09/06/2014    4 recensioni
“Non ti capita mai di pensare a come potrebbe essere differente o migliore la tua vita? Non so, a quante cose potresti fare se qualcuno ti offrisse una mano? A quanto potresti essere felice se qualcuno, ad un certo punto, provasse a salvarti? Ti è mai capitato di pensare semplicemente a cosa si provi, una volta risalito il baratro in cui sei inevitabilmente caduto? E quale sentimento possa attanagliarti il petto, quando, finalmente, ti rendi conto che ce l'hai fatta? Quando, sulle tue labbra compare un sorriso e ciò che ti circonda si rivela più interessante di quello che sembrava? Ti è mai capitato? Ci hai mai pensato?
***
"Sai, si vede che lo ami. Più della tua stessa vita “
"Da cosa?" Chiedo timidamente alla sconosciuta al mio fianco, con le guance rigate dalle lacrime e gli occhi gonfi.
"Dagli occhi. Lo guardi come se potesse cadere in pezzi da un momento all'altro. Lo guardi per salvarlo. E stanne pur certa. Quel tipo di amore non muore mai"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 2

 

Alcuni mesi dopo…

 

ELLYE’S POV

Neve. Neve. Neve. Ovunque mi giri, ovunque osservi, ovunque soffermi la mia attenzione, il mio sguardo si scontra con timidi fiocchi di neve che delicatamente toccano terra, formando un manto bianco e morbido, su cui noi londinesi passeggiamo lentamente in questa tranquilla mattina di Dicembre. Mi guardo intorno e osservo come la tipica atmosfera natalizia invada ogni piccola parte della mia cittadina, ogni piccola parte dell’animo della gente. Ogni piccolo spazio, ogni piccolo vuoto. Ogni piccola mancanza è colmata dalla bellezza e l’incanto del Natale. Risate ondeggiano in modo incessante nell’aria mattutina e ogni cosa sembra trovarsi perfettamente a suo posto. Ogni cosa. Ogni maledetta cosa, eccetto me.

Stretta nella mia giacca blu e seduta su una panchina nel più grande parco londinese, mi appresto ad osservarmi intorno timidamente e a sfregare le mie mani congelate tra di loro, con lo scopo di invadere il mio corpo di un po’ di calore. I miei capelli ribelli ostentano a venir fuori dal mio cappello a causa del vento che ci accompagna, ed ogni mio piccolo sbruffo, crea nell’aria una nuvoletta bianca. Le mie palpebre sono pesanti e i miei occhi sono contornati da un alone violaceo, segno delle mie lunghe notti trascorse in bianco a riversare lacrime e lacrime su di un vecchio cuscino macchiato di mascara. La separazione dei miei era stata per me una scoperta fin troppo scioccante, dalla quale non riuscivo a riprendermi in alcun modo. In nessun verso. E quella notte. Quella notte terribile e angosciante poi che avevo vissuto, continuava a tornarmi in mente ogni santa volta che il mio corpo chiedeva un minimo di riposo per restare in piedi. Per tale ragione avevo deciso semplicemente di fare a meno di dormire, ingozzandomi letteralmente di farmaci, che sapevo bene mi avrebbero distrutta lentamente e buttata al suolo senza via di scampo, prima o poi. Ma a me non importava. A loro non importava. A nessuno importava.

Tutti troppo impegnati a cercare di riprendere in mano la nostra situazione familiare e ricongiungere i pezzi che ormai sono andati persi del tutto. Come rendere giusto qualcosa che in realtà è sempre stato sbagliato?? Come fare? “Certe cose andrebbero morte e sepolte” come direbbe la mia professoressa di storia….

I miei pensieri finiscono per essere interrotti da un pugno di neve che giunge dritto dritto sul mio fianco sinistro. Esco dallo stato di trans in cui sono caduta a causa dei troppi pensieri ed alzo la testa lentamente, fino a questo momento tenuta fissa sulle vecchie scarpe di ginnastica, per poi affondare i miei occhi vuoti e passivi, in quelli azzurrissimi e pieni di vivacità di un bambino che mi fissa imperterrito con un sorrisetto furbo sulle labbra e le manine chiuse a pugno dietro la sua schiena. Dondola su sé stesso e le sue guanciotte, arrossate a causa del gelo di questo mese, mi inducono a sorridere timidamente. Probabilmente il rossore del suo viso è determinato anche dal fatto che, forse, si vergogni di parlare con me.

“Ti sei fatta male?” La sua voce da bambino mi porta a sorridere e ad avvicinarmi a lui per osservarlo meglio in viso, mentre vedo i suoi amichetti da lontano indicarlo e sogghignare alle sue spalle.

“No piccolo, non preoccuparti! E’ tutto apposto, stai tranquillo! Però state più attenti la prossima volta, va bene? Ci sono un sacco di vecchietti nei paraggi! Guarda un pò”

Sorrido ancora e gli faccio un occhiolino, mentre lui scoppia a ridere di cuore. I suoi occhi piccini si stringono, mentre sulla sua faccina compaiono lentamente due fossette, in cui mi piacerebbe affondare le mie dita sottili. Ha l’aria dolce e furba alla stesso tempo e i suoi capelli sbarazzini che fuoriescono dal berretto che indossa, lasciano intendere che sia un mitico biondino dall’aria peperina.

“Come ti chiami? Io sono Aaron.” La sua voce timida accompagna la sua manina avvolta da un guanto caldo, che è tesa verso di me. I suoi occhi luccicano e forse non è solo effetto delle decorazioni natalizie che riempiono e abbelliscono le strade londinesi.

“Aaron? Che bel nome che hai!! Io sono Ellye! Sei di Londra?” La conversazione ha preso ormai piede e Aaron sembra sempre più in confidenza con me, soprattutto, quando mi spiega di vivere in una campagna molto vicino alla bella capitale inglese e quando inizia a descrivermi la sua casetta e quel cagnolino che a lui piace tanto e che vorrebbe far riposare nel suo letto, proprio accanto a lui. Mi parla di suo fratello più grande e di sua mamma, che ha una pancia molto grande, secondo il suo pensiero, a causa del troppo cibo.

Rido sempre più forte alle sue affermazioni e quando lo vedo tirare dalla tasca dei suoi pantaloni una bustina di caramelle e porgermene un paio, chiedendomi se preferisca mangiare un elefante oppure un serpente e spiegandomi di riservare tutte le sue delizie a forma di leone per sé stesso, per divenire così il più forte tra tutti. Sposto qualche ciocca di capelli dietro le orecchie e continuo a parlare con il piccolo angioletto di fronte a me, che si è accomodato sulla panchina al mio fianco e che, contento e spensierato, morde piano piano le sue caramelle. E’ così felice. Così dolce. E innocente.

La nostra chiacchierata su quale animale sia il più veloce della savana è interrotta però dalla voce assordante di una donna, probabilmente sua madre, che lo richiama vicino a sé e che sostiene che per oggi basti giocare. Aaron salta subito dalla panchina, per poi affondare i suoi piccoli piedini nella neve fresca che imperterrita continua a cadere a piccoli fiocchi, regalando a tutta Londra un’aria ossessivamente romantica.

Mi si avvicina e mi lascia un delicato bacio sulla guancia, porgendomi in seguito una domanda che fa aumentare i battiti del mio cuore a dismisura e rende ancora maggiormente pesante (se possibile) il macigno che opprime il mio petto e che, durante la nostra conversazione, si era particolarmente alleggerito. Una domanda particolare. Rara. Una domanda insolita per un bimbo della sua età, ma terribilmente vera.

“Ellye, perché non sei felice?” Poche parole, pronunciate dalla bocca di un innocente bambino mi lasciano spiazzata. Terribilmente disorientata. Non so cosa controbattere ed un timido “tranquillo, va tutto bene. Sono solo un po’ stanca” abbandona le mie labbra screpolate a causa del freddo.

“Vai Aaron! La tua mamma ti aspetta! E grazie mille per queste buonissime caramelle e per la tua compagnia. Mi è piaciuto tanto conoscerti, piccolo” Sorrido, per poi dargli un buffetto su una guancia e alzare la mia mano tremolante a destra e sinistra per salutarlo.

Lo vedo allontanarsi, mentre continua a guardare indietro e ad urlare il mio nome, mentre dai miei occhi una lacrima salata scende lentamente per poi appoggiarsi timida sulla mia sciarpa colorata e fin troppo sottile per una stagione come questa. Ed ecco che la solitudine ritorna ad avvolgermi nuovamente, mentre osservo la figura di quell’ angioletto dissolversi piano piano.

“Grazie Aaron” penso. “Grazie davvero piccolino” Per poi lasciare le lacrime offuscare il mio viso completamente e cedere inesorabilmente nella disperazione più totale, come accaduto qualche ora fa. O meglio. Come accade sempre ormai.

 

HARRY’S POV

“Bene, direi che per oggi può bastare. Andate a farvi una doccia ragazzi” La voce di Luke che, dopo ore e ore di canzoni ci invita a riposarci, risuona in tutto il teatro in cui noi, i famosi e desiderati One Direction, stiamo provando i nostri nuovi pezzi, per l’imminente concerto di beneficenza che terremmo nel centro di Londra, in occasione del Natale. Donare i ricavati dello show ai bambini malati sarebbe davvero un’ottima idea, se il nostro amatissimo modest, non avesse intenzione di trattenere per sé la maggior parte dei guadagni per propri e strettamente personali interessi.

In realtà non riesco assolutamente a capacitarmi del fatto che egli sia il nostro dirigente o come altro volete considerarlo… Non riesco semplicemente a capacitarmi del fatto che possa occuparsi dei nostri affari e firmare contratti e roba simile al nostro posto. Non mi capacito del fatto che noi cinque siamo assolutamente concentrati nelle sue mani, che siamo sua unica fonte di sostenimento.

 Luke era un tipo diverso qualche tempo fa. Totalmente diverso. Ma si sa, certe cose finiscono inevitabilmente per prendere una strada sbagliata e …. .Pluff. Anche il buono scompare, ricoperto immancabilmente dal male. Ricordo ancora quando, due anni fa, varcò la soglia del nostro camerino, in seguito alla penultima tappa del Up All Night tour. Occhiali e cartellina tra le mani, mentre, probabilmente un po’ nervoso, ci comunicava la sua decisione di divenire il nostro “direttore”. E’ risaputo però: il tempo cambia la gente e i soldi lo fanno ancora di più, probabilmente. Ed ecco che, a distanza di qualche anno, una persona ormai irriconoscibile, ci dirige e ci sfrutta tutti a suo piacimento. Siamo divenuti ormai cinque insignificanti pedine nelle mani di un giocatore assetato di guadagno. Siamo ormai semplici carte da poker, anziché cantanti. Macchina di arricchimento per un viziato insoddisfatto dei propri averi.

Mi volto verso di lui e gli mando un’occhiataccia quando lo vedo sbruffare ed osservare il suo orologio da polso, per poi lanciare a terra con non curanza, i testi delle nostre nuove canzoni e prendere a sbraitare come è solito fare.

“Cazzo ragazzi! Maledizione, non ci siamo! Vi siete accorti di che spettacolo assolutamente ORRIBILE siete stati in grado di mettere in scena?? Cosa pensate, che la gente sprechi soldi per delle canzoni e cinque visini miserabili come i vostri? Nahh, se è così siete fuori strada! Sapete che c’è? Via guadagni carissimi ragazzi miei!” Il sangue mi ribolle nelle vene e vorrei tanto controbattere, se non fosse per Niall, che cerca di tenermi calmo e farmi ragionare. 

“Il contratto, Harry. Il contratto” mi ripete sottovoce. Già, quell’assurdo e maledetto contratto. Quel contratto che sta totalmente rovinando la mia più grande passione.

“Niall, non può dirci questo! Ma sentilo! Senti che gran pezzo di merda è!” Gesticolo nervoso mentre parlo con il mio amico e lui asseconda le mie parole, annuendo leggermente con la testa. Ed ecco che nuovamente Luke ci interrompe, spiegandoci cosa non quadra in quello che sta divenendo ormai il suo show.

“Louis, devi alzare di più la voce! Su, pensi di farcela?! Il pubblico avrà sicuramente difficoltà enormi a sentirti, e perderà la pazienza, andandosene via! Chi vorrebbe mai ascoltare un cantante del genere! E questo sai in cosa si traduce?? In offerte minori, mio caro Tommo!” Vedo Louis alzare gli occhi al cielo per poi sorseggiare la birra che Marie, la nostra segretaria, gli ha portato.

“Tu Niall, sei perfetto così! Non ho niente da dirti per la verità… Magari sorridi un po’ di più, va bene? Le ragazze lo amano! Impazziranno senza dubbio! E ciò cosa vuol dire’? Guadagni maggiori biondino! Tu Liam, memorizza meglio il testo della vostra nuova canzone, va bene?? La seconda strofa è abbastanza lunga e tu dimentichi spesso gli ultimi versi! Che figura faresti se scordassi tu stesso una tua composizione?? Una vergogna davvero! E i nostri profitti?? Sarebbero bassissimi! Zayn, muoversi! Muoversi! Sembri una statua!! Il pubblico vuole energia! Il pubblico pretende di scatenarsi. Adrenalina. Pura adrenalina. Eccitazione! Ci siamo chiariti?? Spero proprio di si!”

Zayn fissa Luke con occhi sbalorditi, quasi quanto Liam, che dal suo canto, afferra nelle proprie mani i testi delle canzoni che giacciono a terra. Vedo il suo sguardo scorrere sulle pagine ricoperte di parole e note fino a soffermarsi probabilmente sulla strofa indicatogli precedentemente da Luke. Niall, stufo della situazione e della ramanzina subita, si dirige verso il suo spogliatoio frettolosamente. Da ciò che ho avuto la possibilità di capire, stasera i suoi genitori arriveranno direttamente da Mullingar e lui ha una disperata voglia di sfruttare al massimo ogni minimo minuto passato in loro compagnia, dopo mesi e mesi.

Io invece sono seduto sulle scale di ferro battuto del palco, su cui sono stato accomodato tutta la durata delle prove e non accenno a spostarmi di un centimetro. Ebbene sì, anche oggi i One Direction hanno provato senza di me. Le urla di Luke non mi intimoriscono assolutamente e sebbene oggi sia stato costretto a subirmi tutta la sua predica, il mio volere di non cantare ha retto fino alla fine. In realtà, nelle ultime settimane, ho sempre rifiutato cantare. Ho rifiutato qualsiasi cosa che riguardasse il mondo dello spettacolo. Mi sono rifiutato di apparire in tv, di rilasciare interviste e piccolezze varie. E’ strano, ma è la realtà. Forse, e dico forse, sono un po’ stanco di essere semplicemente e banalmente l’Harry Styles degli One Direction. O meglio… Di essere il bamboccio riccio di Luke.

I miei pensieri vengono interrotti improvvisamente da quest’ultimo, che con fare molto autoritario, dopo aver chiesto a tutti coloro che collaborano dietro le quinte del nostro show in modo molto poco gentile di abbandonare il palco, mi raggiunge in un attimo a grandi falcate. “Toro infuriato in arrivo”, penso, per poi sorridere sotto i baffi.

“Ascoltami bene Harry. Ascoltami. Anche oggi hai saltato le prove, ti rendi conto?? Sono settimane ormai che la band sembra aver perso un componente! Per quanto hai ancora intenzione di non onorarci della tua illustrissima presenza, signorino??”

Ride falsamente, per poi riservarmi un’occhiataccia gelida. Se uno sguardo potrebbe uccidere, sarei già morto da un pezzo per colpa sua.

“Se la cavano benissimo da soli, Luke. Io non voglio farlo. E tu non mi obbligherai in nessun modo, chiaro? E non venirmi a dir…” Luke interrompe le mie parole gettando un urlo che rimbomba in tutto il palcoscenico. Non demorde, ed è ancora più agguerrito di prima. Ancora più arrabbiato ed infastidito con me, per lui un banale cantante viziato.

“Sei pazzo! Completamente e assolutamente pazzo! Sono settimane ormai che tutto il mondo ha perso tue notizie e la scusa di una pausa per riposare e di stanchezza fisica non reggerà ancora per molto, lo vuoi capire?? Ti vogliono Harry! Ti pretendono! Stai sprecando l’occasione della tua vita. Stai gettando via la possibilità di vivere nell’oro e nel lusso per tutto il resto della tua vita! Le fans si stancheranno Harry! Le vendite caleranno. Nessuno acquisterà più i biglietti dei concerti. Addio profitti! Addio guadagni! Addio lusso, lo capisci?? E tra qualche anno, nelle camerette di quelle milioni di stupidine, i tuoi poster saranno ricoperti da quelli di giovincelli che saranno meno coglioni di te e sapranno approfittare della fama per vivere come veri nobili!”

Le parole di Luke mi arrivano dritte in faccia come cazzotti e finiscono pian piano per mozzarmi il respiro.

“Tu non capisci cazzo! Non capisci maledettamente niente! Non me ne frega niente dei soldi, dei guadagni, dei profitti e del successo Luke! Io canto per passione, per divertimento. Canto perché solo in questo modo mi sento libero. Libero e vivo. Canto semplicemente perché voglio condividere il mio dono con altre persone. Io vivo di musica, non di guadagno, non capisci! Nè di ricchezza, né di lusso. Anche in una casa priva di corrente io sarei maledettamente felice... Perché avrei la musica con me. E se il tuo scopo è quello di sfruttare la mia voce per sperperare soldi senza freni, allora io rifiuto tutto Luke. Rifiuto la tv, le interviste, i paparazzi, lo show. Non voglio sfruttare le mie fans in questo modo. Non voglio indurle ad arricchirmi le tasche e non lo farò mai.” Sono sincero. Terribilmente sincero, mentre finalmente parlo al mio modest ed esprimo tutti i miei pensieri senza freni. In realtà ci sarebbero davvero molte altre cose da dire, ma preferisco risparmiare le frasi pesanti al prossimo scontro.

“Te ne pentirai caro Harry, te ne pentirai amaramente. E sappi che tutta questa situazione ti si ritorcerà contro in un modo che nemmeno ti aspetti. Se non sbaglio sei tu quello che un paio di mesi fa era su tutte le copertine dei giornali, etichettato come la star indisciplinata che affronta e ridicolizza David durante il suo show, di fronte un’America intera. Chissà… Sai, mi chiedo cos’altro potrebbero scrivere questi giornalisti… Cos’altro potrebbero affermare, portando la tua carriera all’apice del decollo… E poi?? Beh, il resto lascio immaginarlo a te… Da come ho visto, il cervello e la lingua lunga non ti mancano” Luke mi guarda fisso negli occhi mentre queste orribili frasi abbandonano le sue labbra e vengono elaborate difficoltosamente dal mio cervello. Mi sorride falsamente e mi dà le spalle, mentre scende le scale del palcoscenico, fischiettando una melodia terribile. Terribile quasi quanto lui. O forse peggio.

Una rabbia incontrollata riempie tutto il mio corpo e mi induce a stringere le mie mani in pugni così forti da rendere bianche le mie nocche. Sospiro pesantemente, per poi scuotere la testa a destra e sinistra e aggiustare i miei capelli ribelli, finiti sulla fronte. Stringo forte gli occhi e faccio per alzarmi quando una voce alle mie spalle mi blocca improvvisamente. Louis.

“Possiamo parlare, Harry? O sei ancora troppo arrabbiato?” Scuoto la testa e mi risiedo di nuovo, stringendomi un po’ di più su me stesso e lasciando un piccolo spazio al mio migliore amico, che, appena seduto, prende parola. “Che ti sta succedendo, amico?” Sussurra piano, per poi avviare definitivamente la nostra interessante conversazione.

 

ELLYE’S POV

Accellero il passo più che posso, osservando ansiosamente l’orario a caratteri cubitali sullo schermo del mio cellullare. E’ tardissimo, caspita. “Sono in ritardo per la cena! Stasera resterò a stomaco vuoto, lo sento!” penso, mentre passi frettolosi e affaticati sulla strada ricoperta di neve, sembrano allontanarmi sempre di più dal portone verde della mia villetta. “Trova una scusa efficace Ellye, forza… Bene, ragioniamo… Non potrei mai dirgli di essere stata tutto il giorno a girovagare per la strada e a bere caffè allo Starbucks. Non posso proprio! Né tantomeno potrei dirgli di aver trascorso tutto il pomeriggio a casa di Jessy. Si informerebbe e capirebbe che in realtà gli ho mentito” Sbruffo infastidita a causa del vento che mi scompiglia i capelli e delle macchine che continuano a suonarmi, incitandomi a spostarmi maggiormente dalla strada. “Biblioteca… Ma certo, la biblioteca Ellye! Ottima idea!” Sorrido tra me e me, soddisfatta di aver trovato una scusa plausibile con mio padre e dopo un paio di metri, giungo finalmente dinnanzi il portone di casa.

Rovisto nella mia borsa con la speranza di trovare il mio inseparabile mazzetto di chiavi, pregando di non averle dimenticate da qualche parte, per poi sospirare pesantemente quando il freddo metallo entra in contatto con le mie mani screpolate.

“Papà! Papà! Sono Ellye, aprimi!” busso e urlo forte, senza ricevere nemmeno una risposta. Osservo alle mie spalle e la macchina grigia metallizzata di mio padre è parcheggiata dinnanzi al nostro garage. Deve per forza essere in casa. A quest’ora dove potrebbe mai essere! Probabilmente starà facendo la doccia… Oppure avrà il volume della televisione troppo alto…Oppure…oppure sarà ubriaco fradicio, come accade sempre più spesso, Ellye. Un brivido mi percorre la schiena, mentre considero questa terribile probabilità ed ho quasi timore di varcare la soglia del portone di casa. In momenti come questo, ho imparato che è meglio stargli lontano. Sono agitata e incerta sul da farsi, ma il freddo pungente mi entra nella ossa sempre di più e i miei piedi sono ormai totalmente insensibili al tatto. Tremo, e osservando il cielo nuvoloso e buio di Londra, mi rendo conto di come piccoli fiocchi di neve inizino nuovamente a scendere candidi dal cielo. Di nuovo no!

Sono consapevole di non avere altra scelta e per tale ragione decido di entrare in casa e, magari, se mio padre si fosse presentato dinnanzi a me nelle vesti di un alcolizzato dei bassi quartieri, correre nella mia stanza e restarci fino all’indomani. “Eh no Ellye. Stasera niente cena” penso, per poi tirare su con il naso e non permettere alle lacrime di scendere sulle mie guance.

Giro le chiavi nella serratura e, intimorita dai miei presentimenti alquanto sinistri, mi accingo ad entrare in casa. Tremo, e non solo per il freddo. Non mi sento sicura. Ho paura. Una fottuta paura, anche se probabilmente non lo ammetterò mai. Cosa ti resta quando nemmeno nella tua casa ti senti al sicuro? Cosa ti resta, quando vivi perennemente nella paura? Cosa ti resta quando il timore governa la tua vita? Cosa ti resta quando ti senti perennemente morto?

“Sono a casa papà! Scusami per il ritardo! Ti prometto che non accadrà mai più! Ti prego, scusami scusami scu-“.  Appoggio in modo poco ordinato la mia giacca sulla sedia all’ingresso, per poi gettare i miei capelli lunghissimi dietro le spalle e pronunciare queste poche parole con un tono di voce talmente basso da rischiare di non essere sentita per nulla, quando dinnanzi ai miei occhi appare una delle mille cause principali della mia lenta rovina. Che grande faccia tosta!!

“Cosa ci fai qui, tu?” Velenosa. Quando osservo i suoi capelli biondi boccolosi e le sue ciglia finte, ricoperte da strati e strati doppi di mascara, è così che divento. Velenosa. E acida. Frustrata. Ossessivamente e maledettamente addolorata. E soprattutto velenosa.

“Fuori da casa mia! Fuori! Non voglio più vederti! Non sei assolutamente desiderata qui dentro. Questo non è il tuo posto, biondina. E non lo sarà mai! Tornatene ai tuoi night-club a strusciati addosso vecchietti arrapati, chiaro? Sparisci da qua, Allye… Davvero, vai via. Non ti voglio a casa.” Sono agitatissima. Grido, grido, grido senza nemmeno prendere fiato, ma il mio tono di voce finisce per abbassarsi inevitabilmente sempre di più, quando la vedo sorridere alle mie parole.

“Cara, piccola, ingenua, carina Ellye! Piccola bastardella! Non capisci che presto questa sarà anche casa mia?? Capisco quanto sia difficile accettarlo, ma ormai tuo padre ama ME! Dimentica i bei tempi passati… Dimentica la piccola famigliola felice. Dimentica i pancake della mattina e dimentica i compleanni passati tutti insieme… Non c’è più niente di tutto questo oggi! E per te sarà meglio accettarlo, piccola stronza. Altrimenti la tua sarà davvero una pessima fine! Proprio come quella di tua mamma. La povera Lilian, rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Che tristezza!”

Ride. Ride forte mentre la sua cattiveria pura giunge alle mie orecchie, facendo pizzicare i miei occhi grandi e sofferenti. Osserva lo smalto sulle sue unghie, probabilmente ancora non asciutto del tutto, e sbatte il suo piede a ritmo a terra. Chiama mio padre insistentemente e squittisce, mentre si dirige verso il grande divano in salotto, senza nemmeno attendere una risposta da parte mia. Conosce i miei punti deboli. E sa benissimo come, nonostante la mia lingua lunghissima, in certe situazioni non sia in grado di formulare un pensiero corretto e ribattere a tono.

E questa è una di quelle maledette situazioni…

I muscoli intorpiditi del mio corpo mi costringono a restare ferma sul mio posto, nonostante abbia voglia di correre lontano da questo inferno. Abbasso lo sguardo e faccio sì che i miei capelli, ormai liberi, possano nascondermi totalmente il viso. Come se potessi sparire. Sparire e non esistere più.

Un tonfo sordo e una risata isterica ed incontrollata mi fa sobbalzare, mentre, alzando lo sguardo, osservo mio padre scendere le scale della mia casa. Ha la camicia sbottonata e la cravatta molto molto allentata. I suoi jeans scuri sono macchiati dall’ alcool e qualche altro drink strano e particolare, mentre ai piedi non indossa le scarpe. Lo osservo piano e vedo come, nonostante le sue pessime e inguardabili condizioni, egli resti sempre per me il padre più bello del mondo…

Masochismo. Puro masochismo o chiamatelo come vi pare. Nonostante tutto e tutti, egli rimane sempre il mio adorato e terribile papà. Il mio angelo e il mio demone allo stesso tempo.

“Ellye! Gioia di papino! Ti sembra questa l’ora di tornare??” Ride forte e, a mezzo metro dal mio corpo, lo vedo puntare i suoi occhi chiari nei miei, identici. Non rispondo, abbassando il capo e stringendo gli occhi. Non potrei sopportare l’ennesimo livido anche stasera, mentre le parole di Allye risuonano ancora nelle mie orecchie, senza abbandonarmi minimamente… Una tragedia alla volta, vi prego.

“No no no tesoro. Così non va bene, hai capito? Ma stasera voglio essere buono, piccina. Allye, amore. Quando ci sei tu, sono fin troppo dolce con lei, sai? E questo non può accadere… Dammi un bacio, vieni qui!” Osservare mio padre baciare a fior di labbra quella serpe che l’ha raggiunto durante il nostro discorso, mi dà il voltastomaco e un senso di nausea finisce per avvolgermi completamente. Non sopporto più questa patetica scenetta. Non sopporto più questi due visi proprio dinnanzi a me. Faccio per scansarli e dirigermi in cucina, con l’intento di mettere qualcosa sotto i denti, quando i miei capelli mossi vengono afferrati saldamente dalle mani grosse e ruvide di mio padre. Stringo gli occhi e apro leggermente la bocca per la sorpresa. Non me lo aspettavo.

“Dove pensi di andare?! Stasera niente cena, Ellye! Fila in camera tua, tesorino! E non uscire per nessuna ragione al mondo… Io ed Allye siamo occupati e tu non distruggerai di certo i nostri piani. Cammina adesso! Sbrigati! Non voglio più né vederti, né sentirti, fino a domani mattina!” Una smorfia di dolore si allontana dalle mie labbra, quando i miei capelli vengono rilasciati dalla violenta presa di quello pseudo-papà con il quale sono costretta a convivere ogni giorno della mia maledetta vita. Cosa ho fatto di male cazzo? Eh?

Porto istintivamente le mie mani sulla mia folta chioma per accarezzare la parte dolorante della mia testa. Le lacrime, trattenute fino ad adesso, scendono copiosamente sul mio viso, mentre corro senza fermarmi mai, verso la mia stanza. Spalanco la porta con una violenza inaudita per poi sbatterla fortissimo alle mie spalle. Ho addirittura il timore che prima o poi potrebbe cedere, ma in questo momento poco importa. Getto la mia adorata borsa a terra in modo molto violento, incurante del fatto che dentro di essa ci siano il mio cellullare e il mio immancabile i-pad e che potrebbero rompersi, e la rabbia finisce per accecarmi completamente.

“Vi odio! Vi odio! Vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio!!” Urlo. Urlo con tutta la forza che ho nel corpo, senza riprendere fiato. E piango disperatamente. Stringo le mie mani a pugno e mi avvicino subito alla mia scrivania, gettando a terra tutto ciò che è sistemato su di esso, con una violenza mai vista prima. “Vi odio bastardi. Vi odio, vi odio, vi odio!” Continuo a ripetere incessantemente queste parole, mentre le mie mani infuocate finiscono sul mio viso e le mie unghie graffiano la mia faccia. Cosa dirò dei graffi nei prossimi giorni? In questo momento è certamente l’ultimo dei miei pensieri. “Vi odio, vi odio, vi odio dannati bastardi! Vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio!” Le mie mani finiscono sui miei capelli, che vengono stretti nel mio pugno e tirati leggermente. Mi dirigo verso il letto e sbatto sempre con maggior forza i miei pugni stretti, sulle sue soffici coperte azzurrine. Con un solo gesto della mano, getto a terra tutti i cuscini poggiati su di esso e successivamente anche le lenzuola finiscono per essere gettate al pavimento. “Vi odio a morte! Vi odio, vi odio, vi odio, vi odio, vi odio!” Mi dirigo verso il mio armadio, spalancandone furiosamente le ante e gettando dietro di me, ogni tipo di indumento che mi capita tra le mani.

Piango furiosamente. Ed urlo, urlo di rabbia, nonostante la mia voce sia ormai rauca e molto molto bassa. Un grido muto abbandona le mie labbra ormai violacee. Un grido muto che insordisce.

“Vi odio, ve lo giuro. Vi odio a morte. Vi odio talmente tanto che ho quasi paura di me stessa.” Sussurro tra me e me. Sono ormai senza forze. Non riesco quasi più a stare in piedi. Le gambe mi tremano maledettamente come mai prima d’ora e il mio respiro diviene fin troppo affannato. La vista mi si appanna e inizio a barcollare. Sono davvero senza forze.

Sbatto infine un’ulteriore volta l’anta del mio armadio e, incurante di questo grandissimo caos che sono stata in grado di creare nella mia stanza, mi dirigo pianissimo verso il mio comodino. Tremo forte e, dopo lunghi tentativi, riesco finalmente ad aprire la piccola scatolina di medicinali riposta al suo interno e contenente tante piccole pillole arancioni. Ne getto una nella mia mano, seguita da un’altra ed un’altra ancora, per poi farle scivolare subito giù per la mia gola. Mi appresto in seguito a dirigermi verso il mio grande e adorato specchio, giusto alla sinistra del mio armadio, e il mio aspetto riflesso è un altro pugno al cuore.

Avrei preferito realmente non osservarmi. Occhi sgranati ed iniettati di sangue, contornati da un alone violaceo disgustoso. Viso arrossato e graffiato. Labbra gonfie e screpolate. Capelli arruffati e privi di lucentezza. Corpo gracile e magrissimo. Mani tremanti.

Mi sento così strana. Così maledettamente strana. E così simile a lei… Così simile ad una “pazza”… Così simile a Lilian…  Così sbalorditivamente simile a mia madre…

Stringo per l’ennesima volta le mie palpebre tra di loro facendo sì che altre lacrime scendano lungo le mie guance, regalandomi una sensazione di disagio quando si soffermano sui graffi freschi freschi del mio viso, quando sento particolari lamenti provenire dal piano inferiore della mia villetta. Perché tutto questo? E perché tutto a me? Penso a ciò, mentre, lentamente, mi dirigo verso la porta della mia stanza, con lo scopo di udire meglio cosa stia accadendo giù. Ed ecco che il mio amato e spiccato senso masochista ritorna inevitabilmente a galla.

Schifo. Questo è ciò che provo. Schifo assoluto.

Rivolgo un ultimo sguardo alla mia stanza, che ormai non sembra nemmeno tale, bensì si avvicina maggiormente all’immaginario di un campo di battaglia, dopodichè la mia schiena tremante entra in contatto con il freddo legno della mia porta. Struscio contro di essa, fino ad adagiarmi piano piano a terra. Stringo con le mie braccia le mie gambe e appoggio lentamente il mio viso sulle mie ginocchia.

“Salvatemi, vi prego. Salvatemi da tutto questo, vi scongiuro. Io vi sto aspettando.” Penso, per poi socchiudere piano gli occhi, mentre i lamenti di mio padre e i battiti del mio cuore, mi accompagnano e mi cullano per tutta questa lunga, tragica e travagliata ennesima notte insonne.

 

HARRY’S POV

“Non so più come comportarmi mamma, davvero. Non so cosa fare. Non ho idea di come agire. E poi Luke sta architettando qualcosa, lo sento… Mi ha indirettamente informato di star lavorando per rovinare totalmente la mia immagine, portando la mia carriera alla sua completa fine. E io non posso stare a guardare mamma. Non posso proprio permetterglielo. Ho lavorato così tanto per arrivare fin qui. Va bene, va bene. Si, è tardi. Certo… Assolutamente si… Ti voglio bene anche io mamma. A domani!”

Sbruffo e sospiro forte, mentre mia madre mi dà la buonanotte a telefono, incitandomi ad andare a letto e recuperare il sonno perso a causa di tutti questi continui viaggi che la mia carriera come cantante mi obbliga a fare... Spengo il mio i-phone nuovo di zecca, per poi appoggiarlo sul comodino al mio fianco. L’aria condizionata di questo albergo è davvero molto forte e, nonostante Londra sia ricoperta di neve e fuori si misurino alcuni gradi sotto lo zero, questo caldo mi induce a togliere la maglietta del mio pigiama, lasciando nudo il mio busco scolpito e ricoperto di tatuaggi.

Mi stendo sul letto ed osservo il soffitto. Sento il getto dell’acqua provenire dal bagno, dove è rinchiuso Zayn ormai da una buona mezz’oretta e sento provenire al di fuori della camera, le incessanti risate di Liam e Niall, che sicuramente sono sul punto di far morire Louis dallo spavento. Sorrido piano, pensando a che bambini siano, nonostante abbiano ormai più di 20 anni e siano grandi e vaccinati.

Ultimamente invece, essere felice per me, sta divenendo una vera e propria impresa. Questa storia di Luke, del guadagno e della star “indisciplinata della tv”, si sta ormai trasformando in una situazione abbastanza fastidiosa per me. Sono stanco di tutto ciò. Essere famoso non doveva essere certamente una scocciatura, ed invece… La situazione si è ribaltata completamente a mio sfavore ed inizio a sentirmi una persona quasi… diversa.

Le parole di Luke sono ancora ben stampate nella mia testa e, ripensando alla situazione di stamattina, un senso di rabbia mi invade nuovamente. Ripensare alla sua risata e al suo viso soddisfatto per le mie future disgrazie, mi rende assolutamente furioso. Stringo le mani a pugno, come per controllare la rabbia in qualche modo e mi rialzo dal comodissimo letto su ci ero adagiato, iniziando a camminare convulsivamente per tutta l’immensa stanza dell’hotel in cui mi trovo. Stringo tra le mani i miei capelli e sbruffo, pensando ad una misera soluzione per risolvere questo enorme problema e non sottostare ancora a quell’indecente patto, che non mi permette di allontanare Luke da qui. Da noi. Da me.

Schifo. Questo è ciò che provo. Schifo assoluto.

“Salvatemi, vi prego. Salvatemi da questa orrenda situazione, vi scongiuro!” penso, per poi prendere a calci la mia valigia ai piedi del letto, incurante dei danni che ne sarebbero conseguiti.

“Vi sto aspettando cazzo!” sospiro ancora, mentre la paura di perdere tutto ciò che sono riuscito a costruire con tanta fatica fino ad ora, rende i miei occhi lucidi. “Vi sto aspettando!”

 

§

 

Semplicemente, ci sono legami destinati ad esistere. Contro ogni logica, contro ogni tempo, contro ogni distanza, contro ogni differenza. Esistono e basta. E ci sono delle persone fin troppo simili e differenti, per restare separate a lungo. Non credete anche voi?

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Saaaaalve a tutti!! Dopo molto molto molto molto tempo, eccomi qui, con un capitolo lunghissimo e ricco di colpi di scena per voi e per farmi perdonare! J Fortunatamente proprio oggi sono iniziare le vacanze (*----------*) e potrò aggiornare con maggiore velocità ;) Bene… Abbiamo avuto in questo capitolo una prospettiva più ampia della vita di questi due ragazzi… Ellye vive una situazione familiare terribile con suo padre alcolizzato e sua madre rinchiusa in un ospedale psichiatrico, a cui si aggiunge anche quella serpe di Allye. Oltre a ciò, lei parla di una misteriosa notte, traumatica per lei. Poi abbiamo Harry, anch’egli cimentato in una situazione di grande malessere, emotivo più che altro. Luke sfrutta gli One Direction solo ed esclusivamente per ottenere dei guadagni molto alti, e al nostro ricciolo ciò non va bene… Ma quanto è carino quando parla della musica e difende le sue fan?? *--* Stamattina non posso prolungarmi troppo in quanto mia mamma è alle mie calcagne (?) ahahaha e devo salutarvi.

Mi scuso ancora con voi per non essere stata molto veloce e vi prometto che in questi mesi le cose saranno molto molto diverse. Vi chiedo solo il favore DI ESSERE PIU’ ATTIVI E PARTECIPI, DI COMMENTARE IN MODO POSITIVO OPPURE NO LA MIA STORIA E DIRMI CHE COSA NE PENSATE DEL MIO LAVORO. Ci tengo molto! <3

Grazie infine alle mie adorate scrittrici che mi sostengono sempre e sono sempre al mio fianco…. Come ormai di rito, ringrazio la mia gemellina, che nonostante i miei periodi di buio (ahahaha) alla fine mi sopporta sempre ed è sempre pronta ad accogliermi con il suo calore e la sua pazzia! <3 G.R.A.Z.I.E. di esserci. E per essere tanto fantastica!

Beneeee…. Saluto, bacio tutte e scappo viaaa… Mi aspetto una pioggia di recensioni sulla mia storia!! E non sto scherzando ;)

Smookie97

 

  
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