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Autore: MarieAlex    09/06/2014    0 recensioni
Ivy è una giovane ballerina italo-americana di danza contemporanea. Vive a Los Angeles da quasi due anni e mezzo, mentre fa coppia fissa con Tom da uno. La loro sembra la classica favola rosa che tutte le ragazze sognano. Ivy ha tutto ciò che si può desiderare: una bella casa, un lavoro che la appassiona, un uomo fantastico che la ama. Quando però, una sera, il destino decide di far ritrovare nelle mani di Ivy un segreto incoffessabile, ogni sua certezza le crolla addosso. Il dolore e la rabbia che si impossessano della ragazza la faranno allontanare da quello che Ivy credeva essere il suo vero grande amore.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And now I need to know: is this real love? Or is it just madness keeping us afloat?

 

Los Angeles, notte fonda. Questa casa è troppo grande per una persona sola. Per un cuore che batte palpitante. Così grande da far crescere dentro chiunque ci abiti uno stato di inquietudine e solitudine che provocano nervosismo. Ho spento quasi tutte le luci, lasciando la casa nella penombra. Lo sto aspettando da ore in camera da letto, camminando nervosa, alzandomi, sedendomi, rigirandomi fra le mani il suo segreto. Sento l'auto entrare nel vialetto e spegnere i fari. È tornato. La radio non è accesa, i rumori sono secchi. Lo sento: chiude la portiera, si avvicina all'entrata, porta aperta e chiusa. È dentro. Prendo un grande respiro che mi fa vibrare tutta, fino alle viscere. Poi aspetto. Aspetto.

La porta della camera si apre, Tom -con la mano ancora appoggiata alla maniglia- emana il suo buonissimo profumo mischiato a quello dell'alcol e del fumo.

<< Bentornato >> gli rivolgo un sorrisetto sarcastico che mi scompare subito dal volto.

<< Ehi, piccola... >> fa per avvicinarsi, ma io mi alzo, accendo tutte le luci e stringo forte i pugni.

<< Divertito? >>

<< Ivy, lo so che è tardi... scusami, è che gli altri mi hanno trattenuto... >>

<< Sì, certo >> lo interrompo bruscamente.

Tom mi guarda sorpreso. << Tesoro, tutto bene? >>

<< Non lo so, dimmelo tu. >> lo guardo dritto negli occhi, con un'espressione tra il disgustato e l'incazzato.

<< Che cosa succede? >>

<< Questo >> pronuncio quell'ultima parola con tanta violenza da far tremare ogni singola lettera. Apro la mano destra dove tengo tra due dita una bustina di plastica. Con delle pillole dentro. Pillole, ovvero droga. E qualche residuo di polvere bianca. Tom diventa pallido all'istante.

<< Ecco che succede, Tom >>. Alla violenza delle mie parole cominciano a insinuarsi anche rabbia e odio per quel mondo che non pensavo potesse appartenere in modo così malato a Tom.

<< Oh. >>

<< Che cazzo è questa roba, eh? >>

<< Ivy, io... >>

<< Tu cosa? >>

<< Dove l'hai trovata?  >>

<< Stavo sistemando il casino che c'era in camera nostra, e fra le tue cose ho trovato questo. >> Getto sul tappeto la bustina trasparente. << Che ci fa quella merda in casa nostra? >>. Anche se questa casa enorme non l'ho mai sentita come mia.

<< Ti posso spiegare. >>

<< Sempre che tu non sia fatto anche in questo momento. >>

<< No, non lo sono. >>

Annuisco sarcasticamente. << Da quanto tempo ce l'hai? >>

<< Non molto... >> Tom risponde rimanendo sul vago.

<< Quanto cazzo di tempo?! >>

<< Un.. un mese. >>

Cristo. Mi passo una mano fra i capelli. Ora si spiegano diverse cose; in alcuni momenti era così euforico, poi invece ricadeva giù, il suo viso era più smunto del solito, le occhiaie più marcate.

Lui rimane a fissarmi, inerme.

<< Chi te l'ha data? >>, chiedo in tono fermo.

<< Un amico, non lo conosci... si chiama Phill. >>

Fra di noi cade il silenzio. Mi sposto vicino alla finestra per prendere aria, e lui cerca di fare lo stesso.

<< Non ti azzardare. >> Gli ringhio contro. << Stammi lontano. >>. Lo trucido con lo sguardo. Tom si ferma a un metro da me con l'aria di un cane bastonato.

<< Ivy, è un periodo difficile... hai visto anche tu quanto sono stressato... >>.

Oh wow, non credo alle mie orecchie. << Ah sì, certo, e per questo decidi di rovinarti con quella merda? Con la droga? Allora non ti è servita a niente l'overdose. >>

<< Non è vero. >> Ribatte in tono duro.

Alla fine, sbotto. << Cazzo, Tom! Perché? Cristo, non riesco a capire... proprio tu >>.

<< Io cosa? Sono esattamente come chiunque altro. >>

<< No, tu non sei come questa gente. >> Faccio un largo gesto delle mani, per indicare metaforicamente tutta Hollywood. << Tu sei intelligente e incredibilmente talentuoso. E sei l'uomo che amo. O che credevo di amare. >>

<< No... >>. Scuote la testa, la sua negazione sembra quasi una supplica. << Ho bisogno di te. >>

<< Oh, ti prego, risparmiati queste parole. Tom, cazzo, hai della droga con te da un mese e non me l'hai mai detto. Tu non hai idea di quanto tutto questo mi faccia schifo. >>

<< So di aver sbagliato... >>

<< Quante volte l'hai usata finora? >> chiedo.

<< Solo una... >>

<< Allora per fortuna che l'ho scoperto ora, altrimenti te la saresti fatta fuori tutta. >>

Tom abbassa lo sguardo.

<< Dimmi tutta la verità. >> Sempre che quella che dica sia davvero la verità. << Allora? >> incalzo. << Cos'è, ecstasy? Qualche altro tipo di droga...? >>

<< Sì, è ecstasy, e... >> sembra esitare. Si siede sulla poltrona, lo sguardo basso e i gomiti sulle ginocchia. << Prima c'era coca. >>

Strabuzzo gli occhi e mi rendo conto che un nodo comincia a formarmisi nello stomaco.

<< Ma non l'ho usata io, l'ha usata Phill, e poi ci ha messo dentro le bustine. >> si affretta a spiegare. Trascorrono alcuni minuti di silenzio, l'aria si fa sempre più irrespirabile.

<< Mi dispiace. >> Tom interrompe il silenzio con voce stanca e smorzata.

<< Tz... Sì, anche a me. >> Incrocio le braccia davanti al petto.

Tom riprende a parlare. << Ivy senti, lasciami spiegare. Non avrei dovuto farlo, lo so. Ma... siamo impegnatissimi con i nostri lavori, tutti e due. So che anche per te è difficile, soprattutto perché non sei abituata a vivere in una città come Los Angeles. >>

<< Se per “abituarsi” tu intendi cominciare a drogarsi, allora no, non mi ci abituerò mai. >>

<< No... >> si interrompe un attimo per leccarsi le labbra. << Non è quello... Ho fatto una cazzata. >>

<< Bella grossa. Da quando hai cominciato a prendere droghe, oltre a quella della bustina? >>

<< Due mesi... ma raramente, te lo assicuro! >> cerca di farsi perdonare in un modo o nell'altro, sta praticamente pendendo dalle mie labbra, cercando una qualche sentenza magnanima. Io prendo un lungo sospiro per prendere aria. Sento il nodo alla gola crescere, insieme alla nausea ora. E ho anche tanta voglia di piangere, è un peso troppo grande.

<< Devo andarmene da qui. >> Dico ad un certo punto. Comincio a prendere alcune mie cose e a metterle alla rinfusa dentro la borsa a tracolla.

<< No! >>. Tom si alza in piedi di scatto e mi si avvicina.

<< Che cazzo vuoi Tom, eh? Ti ho detto di non avvicinarti! Non me ne frega più nulla, ok? È da ore che aspetto il tuo ritorno con quella merda schifosa tra le mani, ed il solo pensiero che tu ne abbia davvero fatto uso mi fa schifo. Tu mi fai schifo! >>, gli sputo in faccia tutto il male che ho dentro mentre scendo velocemente le scale di marmo.

<< No, non te ne andare. >> Tom mi segue a rotta di collo. Io mi fermo sulla porta di casa, dandogli le spalle. Poi, lentamente, mi volto. Davanti a me vedo un Tom che ne giro di poche settimane è diventato un altro. Mi sembra di non conoscerlo più, e forse non l'ho mai conosciuto davvero.

<< Tom >> lo guardo ancora una volta n egli occhi. Ancora una volta con uno sguardo che è tutto, tranne che di perdono. << Io me ne vado. Adesso. E non ti voglio più vedere. >>

<< Oh no..  >>

<< Né sentire. >>

<< No no.. >>

<< Né sapere più niente >>

<< Ti prego, Ivy. >>

<< Di te. >>

<< NO... >>

<< E di tutto lo schifo che ti gira intorno. Di tutta la merda che sei e in cui vivi. Ah, e che consumi >>.

Tom sembra emettere qualche altro rantolio lamentoso, ma non lascio il tempo alle mie orecchie di sentire di nuovo la sua voce. Corro verso la mia auto, mi aggrappo alla maniglia e con tutta la forza che ho tiro forte, mi butto dentro l'auto e richiudo come a volermi separare davvero da tutta questa roba. Appoggio le mani sul volante dopo aver inserito la chiave, e... singhiozzi. Forti singhiozzi, accompagnati da grosse lacrime brucianti, mi scuotono il petto così violentemente che comincio a tremare. Mi porto una mano sulla fronte per poi asciugarmi le lacrime che vengono rimpiazzate da altre nuove. Devo andare via da questa casa, devo andare da Effie, lei mi aiuterà. Accendo il motore, ingrano la marcia e parto sgommando. Lei vive in una piccola casa vicino al mare, in una zona di L.A. poco frequentata. E in un attimo mi rendo conto, fra le lacrime, che voglio tornare a casa mia. Alla mia vera casa.

 

 

   
 
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