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Autore: LondonRiver16    09/06/2014    6 recensioni
Adam si voltò verso di lui per poterlo guardare in faccia.
- Da cosa stai scappando, TJ? Noi due ci siamo sempre detti tutto, perché questa volta parlarmi ti risulta così difficile?
Per una manciata di secondi Tommy non fece altro che perdersi negli occhi del suo ragazzo, che quel giorno e con quel sole splendente erano di un irresistibile color acquamarina, quindi li abbandonò per sistemarsi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, fissare l’oceano che avevano di fronte e confessare tutto in un mormorio che per un soffio non si perse nel vento.
- Perché stavolta riguarda te.
(Seguito di "I'm gonna make this place your home")
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam Lambert, Nuovo personaggio, Tommy Joe Ratliff
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Home'
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Hola, chicas! Qué tal, todo bien?

Per prima cosa ringrazio dal profondo del mio cuoricino le meravigliose recensitrici dello scorso capitolo, ovvero: and soon the darkness_, kissky, Sunset_Lily ed Eclipse Of Flame ^o^

E un grazie anche a chiunque stia seguendo questa storia e le sue vicissitudini ^-^

La canzone di questo capitolo è una cover di My Life Would Suck Without You (Kelly Clarkson – in questo caso cantata da David Choi) Volevo una voce maschile, eheh.

Questo capitolo è lungherrimo, siete avvertite u_u

Buona lettura!

 



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Adam percorse a ritroso tutta la strada che avevano fatto posseduto da una collera e una violenza tali da cancellare ogni sensazione di amore leggero avvertita durante la passeggiata con Tommy. L’oceano, le onde, il sole e la spiaggia erano gli stessi che avevano contribuito a creare quell’atmosfera magica di appena un’ora prima, eppure quella che era iniziata come una giornata meravigliosa aveva finito per diventare da dimenticare e per il ventiduenne l’aspetto peggiore della situazione era non sentirsi in potere di fare nulla per aggiustare l’equilibrio appena infrantosi sotto i suoi occhi.

D’altronde, pensò, era lo stesso equilibrio che da qualche tempo si era fatto fragile seguendo il continuo incresparsi della relazione che condivideva con Tommy, dei suoi alti e bassi, della tendenza del più giovane della coppia ad allontanarlo sempre di più nonostante i continui sforzi dell’altro di stargli vicino, sorreggerlo, dare tutto se stesso in quel rapporto. O questo, almeno, era il punto di vista che Adam si incaponì ancora di più a sostenere mentre, bruciato dal sole, lasciava il lido per inerpicarsi a grandi falcate su per il sentiero e attraverso la pineta che ricopriva la collina.

Avrebbe tanto voluto riuscire a non pensare a Tommy, al modo in cui aveva bloccato il suo tentativo di andargli incontro per saperne di più su ciò che lo affliggeva, alle sue stupide pretese da immaturo, così da trovare un po’ di pace, cosicché la testa smettesse di ronzargli, ma la rabbia esplosa durante la lite e cresciuta mentre camminava da solo era ancora troppa per poter essere sedata e lo pervadeva tutto, non lasciandogli scampo. Nell’intimità del suo essere non riusciva a smettere di bestemmiare e se solamente ogni tanto permetteva a mezza parola di sfuggirgli dai denti, ogni singola goccia di veleno nei confronti del diciassettenne e della sua boria non mancava di inquinargli ancora di più il cuore, gonfiandolo di astio che non sapeva quando né come avrebbe sfogato. Era fuori di sé e marciare sbattendo furiosamente i piedi su un sentiero di porfido non si stava dimostrando una soluzione efficace.

Fu solo quando arrivò in vista delle pareti gialle dell’appartamento preso in affitto che si rese conto di quello che aveva fatto e si arrestò sul posto, gli occhi fissi nel vuoto.

Lo aveva lasciato lì. Aveva davvero lasciato su una spiaggia immensa un diciassettenne che non solo non era mai stato in quei posti, ma che innanzitutto era sotto la sua responsabilità. Strinse i pugni fino a farsi male e alzò gli occhi al cielo come in cerca di una scappatoia, ma certo non poteva sperare di mettere a tacere la propria coscienza e i sensi di colpa che gli stavano nascendo in cuore all’idea della fiducia accordatagli dagli O’Reilly semplicemente standosene lì a pregare che Tommy riuscisse ad arrangiarsi. Di scatto si voltò e tornò indietro, abbandonando la visione dell’appartamento per rimettersi a trottare giù per il sentiero. Poteva essere arrabbiato quanto voleva con Tommy, ma questo non toglieva che era responsabile della sua sicurezza, che i suoi genitori glielo avevano affidato senza temere, che anche se il loro rapporto era in crisi aveva il dovere di recuperarlo, fargli fare le valigie, rimetterlo in macchina e ricondurlo a Finchley. Magari senza rivolgergli la parola, però doveva riportarlo a casa prima di avere il diritto di sfogarsi prendendo a pugni il primo muro disponibile.

Inevitabilmente si trovò a ripercorrere per la terza volta lo stesso tratto di spiaggia. Dopo una mezz’ora, quando si ritrovò a pochi metri dal tronco d’albero biancastro che aveva fatto da sfondo alle dosi più forti che si fosse mai iniettato in vena e subito dopo alla paternale più implacabile con cui Kevin lo avesse mai torchiato, non fu troppo stupito nel trovarvi un posto deserto. Aveva immaginato che Tommy, furente almeno quanto lui, non se ne sarebbe stato lì fermo ad aspettare, ma avrebbe a sua volta sentito la necessità di allontanarsi, camminare, magari urlare per sfogare la frustrazione della litigata. Pur non comprendendo le sue ragioni, Adam conosceva bene il suo temperamento e perciò non fu con ansia che cominciò a perlustrare la spiaggia, a procedere fin molto oltre il punto in cui si erano fermati a parlare.

Una volta arrivato in fondo, però, fino a dove pareti di roccia impossibili da scalare si sostituivano al manto di fini granelli di sabbia, non trovandolo si accigliò. Allora tornò nuovamente indietro, solo per scoprire che la panchina naturale alla quale avevano appoggiato la schiena era ancora vacante, quindi si mise a correre nella direzione opposta, fino all’inizio della pineta e oltre, finché anche su quel lato la spiaggia terminò sotto i suoi occhi e il ventiduenne fu costretto a bloccarsi di fronte a un impenetrabile intrico di cespugli spinosi che sembravano estendersi per chilometri, almeno fino al villaggio. Di Tommy non c’era traccia.

Ma fu solo quando, ormai senza fiato per la corsa, riuscì a guadagnare di nuovo la cima della collina e il suo continuo chiamare a voce alta il nome del diciassettenne si rivelò inutile che il giovane cominciò a preoccuparsi sul serio.

Dov’era finito quel ragazzino? Aveva perlustrato ogni angolo di quella fottutissima spiaggia e della pineta senza alcun risultato, dove poteva essersi cacciato? Possibile che fosse scappato con altri obiettivi, che gli fosse successo qualcosa?

Adam si mosse prima che quelle domande gli facessero scoppiare il cuore e la testa. Abbandonata l’insulsa speranza che Tommy potesse rispondere al trentesimo richiamo, corse in casa, prese le chiavi della macchina e corse all’autovettura per poi mettersi a guidare a una velocità proibitiva sulla strada tutta tornanti che conduceva in paese. Quel poco di prudenza alla guida che ancora aveva la pazienza di dimostrare era tutta incentrata sul desiderio di scorgere Tommy sul ciglio della strada da un momento all’altro, dietro una curva, dietro un pino, e mettere fine a quell’ansia che a ogni minuto che passava si faceva più ingombrante e difficile da tenere a bada. Si sarebbe fermato inchiodando, lo avrebbe raggiunto, afferrato per le spalle e costretto a seguirlo, con le buone o con le cattive, e durante il viaggio di ritorno a casa gliene avrebbe cantate di tutti i colori per averlo fatto angosciare tanto. Ma il destino non gli venne incontro e l’auto arrivò in paese senza che il giovane incontrasse nessuno lungo la via.

Ormai incapace di pensare lucidamente, si affidò all’istinto, che per fortuna lo guidò fino alla strada principale che divideva in due il villaggio. Lì, incastrato fra due piccole casette color pastello da marinaio, a pochi metri dalla banchina su cui si scagliavano le onde dell’oceano, c’erano il pub stile irlandese dove Adam ricordava di aver trascorso qualche pomeriggio assieme a Kevin, durante quel piccolo stacco che si erano concessi prima di tornare alla vita reale quattro anni prima, e il minuscolo parcheggio riservato ai clienti.

Giunto lì, Adam era ormai in condizioni pietose per l’ansia. Tra un tentativo e il successivo si erano ormai fatte le otto e mezza di sera e durante il breve viaggio dall’appartamento al villaggio i pensieri riguardo a ciò che poteva essere capitato a Tommy non avevano fatto altro che incupirsi sempre di più, rendendo sempre più arduo il compito di concentrarsi sulla guida.

Quando, una volta saltato giù dall’auto, si precipitò dentro il pub di paese gestito da Terrie, il giovane era impolverato, sporco, sudato e stravolto, ma troppo preso dal batticuore per farci caso. Sbatté la porta d’entrata, trasformando l’altrimenti dolce scampanellio che annunciava ogni ingresso in un fracasso poco apprezzabile, troppo preso dalla propria inquietudine per fare attenzione ai particolari dettati dalle buone maniere, cosicché le persone che stavano lavorando dietro al bancone, così come i pochi clienti avanti con l’età riuniti attorno a un paio di tavolini con birre e mazzi di carte, si voltarono di scatto verso di lui per scrutare con espressioni più o meno incuriosite il forestiero appena arrivato.

- Buonasera!

La voce trillante era di Terrie, inconfondibile. Lei, con i suoi quasi settant’anni e una miopia incalzante, era solita accogliere ogni nuovo venuto con un saluto affabile e un sorriso e se Adam lo ricordava bene era perché, per quanto poco l’avesse frequentata, la sua personalità dinamica e aperta alla vita aveva sbalordito fin dal primo incontro il piccolo tossicodipendente che era stato.

Sbucando da dietro il bancone e avvicinandosi per distinguere meglio i tratti del suo viso, la donna lo riconobbe all’istante e allargò il sorriso e le braccia meditando un abbraccio.

- Oh, Adam, finalmente! Che gioia rivederti! – gorgheggiò, trotterellandogli incontro. Solo un attimo dopo si accorse che era senza fiato, che in volto era bianco come un lenzuolo, che sicuramente non aveva corso a perdifiato fin lì per una semplice visita di cortesia. – Ma, caro… che ti è successo?

Ad Adam bruciavano i polmoni. Non capiva perché, non aveva corso più di venti metri dal parcheggio a lì, ma d’altronde era da quando aveva cominciato a rendersi conto che non aveva la minima idea di dove fosse Tommy che il suo cuore aveva cominciato a battere all’impazzata, come se avesse sentito che c’era bisogno che più sangue affluisse ai muscoli, che il corpo doveva essere pronto a qualunque sforzo fosse stato necessario per recuperare quello sconsiderato del suo ragazzo. Deglutì, rinunciando all’aria per un secondo, così da ritrovare quel filo di voce indispensabile a rispondere a Terrie, che ora lo fissava stralunata attraverso i tondi occhialetti da vista.

- Avete visto un ragazzo biondo? – boccheggiò finalmente, lanciando un’occhiata agli avventori del locale prima di tornare agli occhi scuri della donna. - Più basso di me, magro… ha diciassette anni, è… è il mio ragazzo.

Dopo un piccolo sussulto di sorpresa Terrie scosse la testa, dispiaciuta, scambiandosi un’occhiata con gli altri presenti e ricavandone solo cenni negativi. - No, qui non…

- Oh, Dio!

Quelle tre parole erano state sufficienti perché Adam sentisse che tutto il mondo gli stava definitivamente precipitando addosso. La consapevolezza di non avere in mano nessun indizio per ritrovare Tommy, di non avere più nulla sotto controllo lo colpì a tradimento dritto allo stomaco, spezzandogli le gambe e facendolo crollare in ginocchio, il capo chino e gli occhi che bruciavano. Com’era arrivato a quel punto? Come aveva potuto essere così stupido da permettere che le cose degenerassero fino a quel punto?

Non trascorsero più di tre secondi, durante i quali non fece altro che scuotere la testa rassegnato, prima che il calore di una mano sulla spalla gli facesse alzare lo sguardo e incontrare il sorriso incoraggiante dell’anziana Terrie.

- Per prima cosa siediti e riprendi fiato – lo incoraggiò in tono basso e gentile, come per contrastare il suo. Insistette con quelle sue braccia fini, ma da donna che aveva lavorato una vita, finché il giovane non acconsentì a rialzarsi e a lasciarsi guidare fino al primo tavolino libero, laddove la donna lo invitò ad accomodarsi. - Mikey, sii gentile, porta ad Adam un bicchier d’acqua.

- Subito – annuì il nipote da dietro il bancone, provvedendo con una rapidità e una disponibilità tanto disarmanti che Adam cominciò quasi a sentirsi in imbarazzo.

- Ecco – annuì invece Terrie, perfettamente a suo agio mentre insisteva affinché Adam bevesse, come se stesse trattando con uno dei suoi innumerevoli nipotini. – Ora va già un po’ meglio, no?

- Sì... grazie – assentì il ventiduenne, posando il bicchiere svuotato sul ripiano di legno del tavolo per poi frizionarsi il viso con le mani, come per portare via almeno un po’ di fatica e angoscia. – Sì… perdonami se sono entrato così, Terrie, perdonami quello sfogo, ti prego… è che sono così preoccupato.

 A quelle parole lei reagì scuotendo fieramente la testa e facendo un cenno insofferente con la mano a mezz’aria, comprensiva al punto da apparire quasi infastidita dal suo preoccuparsi per quisquilie del genere.

- Starai scherzando, spero. Mille volte meglio un ventenne disperato che un ubriacone di mezz’età che viene a spaccarmi le bottiglie sul bancone! – esclamò, per poi tornare a chinarsi su Adam e posargli il palmo della mano sulla guancia, così da attirare su di sé il suo sguardo demoralizzato. – Ma ora spiegami bene cos’è successo, con calma, senza fretta. Che per quanto ne so la fretta peggiora solo le situazioni, ragazzo mio! – predicò, dandogli un buffetto affettuoso.

Adam annuì, un mezzo sorriso sorto a incrinare le sue insicurezze, quindi sospirò.

- Tommy… il mio ragazzo… - riprese, chiudendo gli occhi un attimo per riordinare le idee. - È scappato, non lo trovo più.

A quella rivelazione sia Terrie che suo nipote Michael aggrottarono le sopracciglia, mostrando ad Adam quanto le espressioni dei loro visi fossero in grado di annientare gli anni di differenza e rendere lapalissiano il legame parentale che li univa.

- Come sarebbe a dire che è scappato? – indagò subito Terrie, già un po’ più allarmata, e Adam non poté fare a meno di chinare lo sguardo sulle proprie scarpe piene di sabbia, sentendosi improvvisamente colpevole.

- Abbiamo litigato – ammise quindi, deglutendo. - Questo pomeriggio, in spiaggia. Abbiamo discusso, ci siamo urlati addosso e io… io l’ho lasciato lì – raccontò, per poi decidersi a incrociare di nuovo lo sguardo attento della proprietaria del pub. - Si è trattato solo di poco più di un’ora, perché poi mi sono pentito di averlo lasciato solo e sono tornato indietro, ma a quel punto non era più lì. È dalle sei che lo cerco e non ne ho ancora trovato traccia.

- Almeno conosce il posto? – intervenne a quel punto Michael.

- No – rispose Adam, scuotendo la testa e diventando, se possibile, ancora più cereo in volto. - Ed è anche arrabbiato, per cui non so in che guai potrebbe ficcarsi – meditò, per poi perdere la pazienza con se stesso e battersi una mano sulla gamba con rabbia. - Dio, sono stato un tale coglione! Se gli succede qualcosa, io…

In quel momento Terrie si dimostrò la più decisa. Una volta afferratagli la mano, sia per bloccare i suoi inutili scoppi di collera che per dargli una stretta che lo rassicurasse, lo ammonì con il tono di chi non ammette di venire smentito.

- Non devi dire così, assolutamente. Adesso mettiamo insieme tutte le nostre conoscenze e battiamo ogni buco dei dintorni, d’accordo? Vedrai che lo troveremo subito e che starà bene, ma per prima cosa è fondamentale che tu stia tranquillo.

Adam spalancò gli occhi, senza parole di fronte a tanta prontezza.

- Grazie… - mormorò, pieno di riconoscenza, ma a quel punto Terrie si era già voltata per rivolgersi direttamente al nipote, che attendeva istruzioni come da un sergente.

- Michael, datti da fare e mobilita i tuoi amici – ordinò la signora. - Io e Adam proviamo in direzione della riserva, voi pensate al paese e alla spiaggia.

Il ventenne annuì con coscienza, correndo subito al telefono dietro il bancone. - D’accordo, nonna.

- Cellulari accesi! – esclamò la donna, già pronta sulla porta dopo essersi velocemente infilata un giubbotto di cotone leggero ed essersi trascinata dietro Adam, che ancora faceva fatica a credere di essere incappato in una persona tanto disponibile quanto caparbia. – Il primo che ha notizie abbia la decenza di avvertire gli altri!

 

Dato che oramai fuori si era fatto buio, prima di dirigersi verso la riserva che costituiva la seconda bellezza naturale della località Terrie passò dal retro per procurare un paio di potenti torce elettriche, una delle quali venne affidata ad Adam. Ai brividi dovuti ai primi spifferi della sera si aggiunsero quelli che colpirono Adam al pensiero che Tommy fosse fuori solo, nel buio e senza nient’altro con cui coprirsi oltre alla maglietta dalle maniche corte e ai pantaloni lunghi fino al ginocchio che aveva indossato quel pomeriggio prima di uscire di casa. Se davvero non si trovava all’interno del paese, allora la probabilità che stesse pagando le conseguenze dell’avanzare della notte era troppo elevata per poterla ignorare.

Incitato da quel pensiero, il ventiduenne affrettò il passo e si affiancò a Terrie, la quale, nonostante l’età, avanzava rapida lungo le stradine strette della parte vecchia del paese, imboccando abilmente scorciatoie che doveva conoscere da quando era bambina e che ormai erano come mappe stampate nella sua mente acuta.

Si stavano indirizzando  verso il limite del paese e, sebbene la fine delle case fosse ormai visibile e le voci che si rincorrevano alle loro spalle costituissero la prova che Michael e i suoi amici si erano già messi al lavoro, Adam era più teso che mai. Se non avesse saputo perfettamente che Terrie non era nelle condizioni di farlo e che la sua guida gli sarebbe stata indispensabile, avrebbe ripreso a correre per raggiungere più rapidamente la riserva e urlare il nome di Tommy fino a consumarsi, fino a quando non lo avesse ritrovato. Il terrore che potesse essergli capitato qualcosa non era solo un macigno che gli pesava nel petto, ancorandolo a terra e mozzandogli il respiro, ma altresì una pressa che sembrava circondarlo da ogni lato e schiacciarlo, calpestarlo di più a ogni metro che percorreva, riducendo in pezzi la sua fiducia nelle parole di Terrie.

Vedrai che lo troveremo subito e che starà bene.

Ma chi poteva dirlo?

Avevano appena superato l’ultima abitazione, pur essendo ancora lontani dal cartello che segnava l’inizio della riserva naturale si erano inoltrati nell’oscurità più profonda e Adam si stava mordendo il labbro inferiore con troppa foga quando la voce di Terrie, premurosa ma tagliente come suo solito, attirò la sua attenzione.

- Senti, non è per farmi gli affari tuoi, ma…

Percependo il suo fiato corto, Adam si ripromise di rallentare ma continuò a camminare come se il bisogno di raggiungere l’unico luogo ancora inesplorato fungesse da calamita, quindi voltò il viso verso di lei.

- Cosa?

- Non so spiegarmi questa fuga, Adam. Non vi siete messi le mani addosso, vero? – domandò di getto la donna, senza ripensamenti, il profilo illuminato dal riflesso della torcia sul terreno sabbioso del sentiero su cui teneva gli occhi fissi per non rischiare che si perdessero.

Non c’era pudore nella sua voce, Terrie non sembrava nemmeno conoscere il significato della parola vergogna, e d’altronde Adam sospettava che quella fosse una delle caratteristiche che gli rendevano impossibile non sentirsi ispirato dalla sua personalità dirompente.

Dopo aver preso un respiro profondo, il ragazzo scosse la testa. - No, niente del genere.

- Un’incomprensione? – insistette allora lei, deviando leggermente a sinistra.

- Più o meno. In realtà…

- In realtà?

- Credo che ci siamo lasciati – bofonchiò Adam, gli occhi che fuggivano altrove.

Temeva di non essere ancora pronto a sostenere una conversazione del genere, sapeva che se solo si fosse permesso di interrogarsi troppo a fondo sulla questione della sua improvvisa separazione da Tommy sarebbe crollato per tutto ciò che quell’avvenimento avrebbe implicato: non vederlo più, venire dimenticato, rimanere solo. Proprio a causa di questo suo vivere nella paura delle conseguenze la risatina di Terrie lo scosse come un fulmine, facendogli voltare la testa di scatto verso la donna, in viso un’espressione sbigottita.

Impossibile. Se la stava davvero ridacchiando.

- Oh, caro, perdonami – lo pregò la donna quando ebbe riprese fiato, e sembrava davvero dispiaciuta di essersi lasciata andare in quel modo di fronte a lui dopo che le era stata svelata una situazione tanto delicata. - È che non sembri affatto sicuro di quello che dici.

Appena ripresosi dallo stupore, Adam scosse la testa nell’accorgersi che la donna non aveva tutti i torti.

- Forse perché non lo sono – confessò senza entusiasmo, seguendo meccanicamente le curve del sentiero. - È che è successo tutto così velocemente. Dal nulla ci siamo messi ad alzare la voce, siamo andati entrambi su tutte le furie e… o forse io sono andato su tutte le furie e un attimo dopo me ne stavo andando con lui che mi urlava dietro che non mi avrebbe cercato mai più. È stato orribile.

Ancora una volta, dopo quel frammento di confessione, Terrie lo prese in contropiede.

- Adam, respira.

- Eh?

- Respira – ribadì lei, fermandosi così di colpo che per un pelo il ventiduenne non le finì addosso, e girandosi per fronteggiarlo con quegli occhi fiammeggianti, l’emblema della matriarca in grado di risolvere ogni cruccio e zittire ogni capriccio. - Per l’amor di Dio, ragazzo, non te ne rendi conto? Non fate quarant’anni in due! Alla vostra età è più che normale darsi addosso con foga, con tutti quegli ormoni che vi schizzano qua e là per il corpo, e da che mondo è mondo mantenere in piedi una relazione stabile e a lungo termine è faticoso. Perché è quello che avete avuto fino a oggi, giusto? Una relazione lunga e senza scappatelle di sorta, ci scommetto.

Adam non aveva idea di come avesse fatto la donna a dedurre così tanto partendo solo dai pochi indizi che lui le aveva fornito riguardo alla sua storia con Tommy, ma si limitò ad annuire, bramoso di continuare ad ascoltare quelle parole che, per qualche inspiegabile motivo, riuscivano così bene nell’intento di rincuorarlo.

- Sì…

- A vent’anni si è meno stabili che mai anche da soli, figuriamoci in due – riprese la donna con la stessa enfasi trascinante. - Ma questo non vuol dire che questa sia la fine della vostra storia. Potete ancora parlare, sai? Fare pace.

Adam rimase a fissarla ancora per un paio di secondi, rapito, poi il ricordo della lite di qualche ora prima si impossessò di lui al punto da farlo ingobbire un poco, mentre l’amaro che aveva sentito sulla lingua quando Tommy gli aveva urlato addosso tornava a ripresentarsi alla bocca dello stomaco.

- Non lo so – scosse la testa, nuovamente intristito. - Gli ho detto delle cose tremende, cose che non gli avevo mai detto prima. E lui ha fatto lo stesso.

Ancora prima che potesse risentire l’eco di quelle parole, udì il sospiro spazientito dell’anziana e i suoi occhi celesti tornarono a incrociare quelli fermi e volitivi di lei.

- Senti, Adam – perseverò. - Non starò qui a dirti come rimediare, perché quello spetta a te e Tommy, ma lasciati spiegare una cosa – La torcia ora puntata ai loro piedi, alzò il braccio per mettere una mano sulla spalla di quel ragazzone alto trenta centimetri buoni più di lei e sfoggiò un sorriso materno capace di risollevare l’intero globo. - Alla vostra età, e perdonami se insisto su questo punto, si pensa di avere tutto il mondo sulle spalle. Ma quello che spesso voi giovani dimenticate è che avete anche tutte le energie necessarie per affrontare un tale peso – Improvvisamente gli afferrò la mano libera con forza, come a voler riportare in superficie quel vigore. – Energie sufficienti a creare e coltivare qualcosa di splendido come può essere un amore, energie sufficienti a distruggerlo… - Con indice e medio gli diede un colpetto sotto il mento, impedendogli di fuggire distogliendo ancora lo sguardo. - … ed energie sufficienti a ricominciare dalle ceneri di ciò che si è distrutto – concluse, risoluta.

Dopo averla fissata negli occhi per un paio di secondi, Adam si lasciò contagiare dal suo ottimismo e le labbra gli si piegarono in un sorriso appena accennato, ma sincero.

- Dovrei venire a trovarti più spesso, Terrie – decretò semplicemente, non trovando altro da aggiungere e ringraziandola con un cenno del capo, di modo che lei rise soddisfatta.

- Su questo non c’è dubbio! – affermò.

Subito dopo Adam scoprì che erano arrivati: a due passi da loro, se alzava la torcia, poteva vedere l’enorme cartellone che avvisava gli eventuali visitatori che stavano per inoltrarsi in una zona protetta, con le sue specie in via d’estinzione e i suoi divieti da rispettare. Uno dei quali era, neanche a dirlo, entrare nella riserva dopo il calare della sera.

- E ora diamoci da fare – annunciò in quel momento Terrie, interrompendo la sua lettura per precederlo oltre il confine del parco naturale. - Il tuo ragazzo è in questa riserva, mi ci gioco gli stivali da pioggia.

Trascorsero il quarto d’ora successivo a sgolarsi gridando il nome del diciassettenne, avanzando nella vasta riserva a una ventina di metri di distanza l’uno dall’altra, ma proseguendo nella stessa direzione per non rischiare di perdere di vista l’uno la luce della torcia dell’altra. Terrie era l’unica a conoscere pressoché a memoria tutti i sentieri che si snodavano all’interno dell’area, zigzagando fra piante mediterranee e buche che nascondevano sapientemente le tane degli animali, perciò ad Adam non restò che affidarsi a lei, alla sua conoscenza del posto e al suo senso dell’orientamento, e pensò solo a non smettere mai di chiamare Tommy.

La gola cominciava a bruciargli, ma il ventiduenne, incitato dal buio che si faceva sempre più fitto e dall’aria sempre più fredda, non aveva la minima intenzione di arrendersi. Con le gote che bruciavano e le mani che tremavano per la fatica, fece per urlare quel nome per quella che pensò essere la millesima volta, ma proprio in quel momento sentì una mano stringergli il braccio e trasalì, sgomento, prima di voltarsi e accorgersi che si trattava di Terrie e che la donna si stava premendo un dito sulle labbra per ingiungergli di fare silenzio.

- Zitto un attimo – bisbigliò, in allerta, gli occhi che guizzavano ovunque attorno a loro. – Mi è parso di sentire qualcosa.

Adam tacque e rimase immobile, trattenendo il respiro, e dopo pochi secondi lo sentì anche lui: un rantolo sordo, un gemito che in un primo momento gli fece accapponare la pelle all’idea che potessero essere andati incontro a un animale selvatico di quelli che scorrazzavano liberi per la riserva, ma poi capì che non poteva essere un animale. Un animale non avrebbe mai potuto gemere una richiesta d’aiuto.

- Tommy! – urlò allora a squarciagola, muovendo un paio di passi in avanti e trascinandosi dietro anche Terrie. – Tommy, dove sei?!

Non ci furono risposte chiare, ma se l’era aspettato. Tutto ciò che chiedeva era che quei deboli gemiti di dolore continuassero a intervallarsi al silenzio più completo della notte, così da dargli il tempo di intercettarli, seguirli, raggiungere la loro origine, e grazie a chissà quale creatura superiore lo fecero.

Se avesse capito subito da che punto arrivavano si sarebbe messo a correre, solo lui e la torcia, lasciando indietro Terrie per tornare a prenderla sulla via del ritorno, ma non fu ciò che accadde. Sebbene l’impazienza lo corrodesse da dentro, Adam fu obbligato ad avere la pazienza di muoversi pochi passi alla volta in quella che supponeva – supponeva e basta, perché l’assenza di luce e di punti di riferimento rendeva impossibile essere certi di qualsiasi cosa – essere la direzione giusta.

Gli sembrava fosse passata un’ora, e non solamente cinque minuti, quando finalmente entrò nel suo campo visivo.

Seduto sulla sabbia con la schiena malamente appoggiata a un tronco secco e tranciato a metà molto tempo addietro, Tommy apparve nel fascio di luce della sua torcia, che lo accecò e lo rese ancora più pallido di quanto sarebbe apparso alla luce del sole.

- Tommy! – esclamò Adam, atterrito ed enormemente sollevato allo stesso tempo, correndogli incontro.

Il ragazzo teneva una gamba lunga distesa di fronte a sé e si stava stringendo la destra piegata al petto, tremante, il che faceva pensare che dovesse essere passato del tempo dall’ultima volta che si era mosso di lì, abbastanza da fargli diventare le labbra blu per il freddo.

Adam si buttò in ginocchio accanto a lui e in una frazione di secondo perlustrò il suo intero corpo, scoprendo così i molteplici strappi sui jeans e i graffi su stinchi e polpacci, nonché un livido grande come una prugna e altrettanto bluastro all’altezza della caviglia destra.

- Cristo santo, che ti sei fatto? – proruppe allora, cercando i suoi occhi e notando solo allora che anche senza che la luce della torcia gli venisse puntata addosso rimanevano semichiusi, come le labbra che continuavano a emettere quella serie senza fine di piagnucolii.

Adam sbiancò per il panico che lo pervase, ma ancora prima che potesse pensare al peggio Terrie gli si affiancò e gli porse una borraccia spuntata da chissà dove. Il ventiduenne non si era neanche accorto che la donna aveva con sé uno zainetto da escursione.

- Dagli un po’ d’acqua – gli intimò, vedendo che Adam fissava il contenitore senza reagire. – Coraggio, è disidratato!

Scosso da quel rimprovero, Adam si riprese e obbedì all’istante. Mordendosi le labbra per trattenere l’agitazione, stappò la fiaschetta e l’avvicinò alle labbra di Tommy, aiutandolo a reclinare la testa all’indietro senza perdere l’equilibrio.

- Così, bravo – lo supportò Terrie, sovrintendendo all’intera operazione. – Bene così.

La provvidenziale borraccia conteneva acqua e zucchero, cosicché ben presto Adam poté vedere Tommy schiudere le palpebre lentamente sotto i suoi occhi e una risatina di sollievo gli solleticò le labbra tremanti, minacciando di farlo piangere. Dio, quanto aveva temuto per quelle iridi nocciola che ora vagavano, ancora perse ma sempre più vigili, dal suo volto a quello della donna accanto a lui.

- S-sto bene – farfugliò Tommy quando fu rinvenuto dal tutto, aggrappandosi al braccio di Terrie e agitandosi sul posto, come suo solito. - Sto bene… ah!

Un movimento poco prudente della gamba che aveva riportato la contusione fu sufficiente per fargli stringere palpebre e denti in un’espressione di dolore che sfociò in un singhiozzo e per fargli reclinare la testa all’indietro per l’improvvisa fitta di dolore. A quel punto Terrie, che aveva sul volto l’espressione di chi aveva visto abbastanza, si rialzò in piedi e si rivolse ad Adam con fare serio e determinato.

- Sbrighiamoci a portarlo al caldo. Poi potremo anche pensare a far vedere quella caviglia a qualcuno che se ne intende – stabilì, e Adam annuì con lo stesso fervore che aveva visto in Michael un’ora prima, ormai conscio della fiducia che quella donna senza ombra di dubbio meritava.

- Coraggio – esalò il ragazzo, chinandosi per sollevare Tommy, ma al minimo contatto con le sue mani il più piccolo si scostò con stizza. Anche non avendo la luce della pila elettrica puntata direttamente su di lui ad Adam non sfuggì l’occhiata di puro astio che gli lanciò.

- Non mi toccare – lo avvertì, la voce che vibrava di rancore oltre che di freddo, ma per quanto gli dispiacesse che avesse da soffrire Adam non si risparmiò dal lanciargli un’occhiata seccata.

- Be’, da solo che cosa pensi di fare?

- Quello che qualcuno mi ha detto di fare – lo bruciò Tommy, trattenendo a stento un urlo mentre con stupida ostinazione si appoggiava con una mano alla cima del tronco amputato e con uno sforzo immane si metteva in piedi da solo. - Mi arrangio, stronzo.

- Ehi ehi, signorino, il linguaggio! – intervenne a quel punto Terrie, tornando indietro di un paio di passi per sgridare Tommy, che diventò bordò sotto il cenno di ammonimento del suo indice. – Un po’ di rispetto per chi ha penato tanto per venire a recuperarti. E facci il favore, fatti aiutare di buon grado prima che arrivino un paio di cinghiali a peggiorare la situazione.

Probabilmente distratto da riflessioni varie riguardanti la possibile pericolosità dei cinghiali, Tommy non si accorse che Adam gli si era riavvicinato di soppiatto, cosicché quando il maggiore lo afferrò da dietro, riuscendo a sollevarlo in modo da avere un braccio incastrato sotto le sue ascelle e uno sotto l’incavo della ginocchia, lui se ne accorse troppo tardi per potersi opporre.

- Ehi! Mettimi giù! Ti ho detto che faccio da solo! – protestò a gran voce, ma Adam lo zittì senza riserve.

- Arriviamo a morire tutti prima che tu riesca a fare dieci metri in queste condizioni, perciò muto – gli impose con un ringhio, incamminandosi dietro Terrie e il cono di luce che, da quel punto di vista, sembrava emanare direttamente dal palmo della sua mano. - Razza d’incosciente – riprese dopo aver percorso pochi metri, fissando dritto davanti a sé. Ora che aveva ritrovato il ragazzo, ora che poteva stringerlo fra le braccia ed essere sicuro che stava relativamente bene, l’esigenza di vendicarsi per tutto quello che gli aveva fatto passare nelle ultime ore gli spinse le parole su per la gola con prepotenza. - Cosa ti è saltato in mente, eh? Avrebbe potuto succederti di tutto.

- Non sono stato io il primo a fare l’idiota.

Deciso a ignorare il suo sibilo ostile, Adam continuò a camminare, alzando una gamba oltremisura per scavalcare il cespuglio inaridito che a un certo punto gli sbarrò la strada.

- Pensavo avessi passato la fase del ragazzino nevrotico, ma a quanto pare mi sbagliavo – disse tra i denti, rafforzando la presa attorno al suo corpo col preciso intento di fargli sentire la minaccia che premeva, ma Tommy non si lasciò assoggettare così facilmente e rincarò senza timore.

- E io pensavo avessi passato la fase del rompicazzo, ma a quanto pare mi sbagliav-…

- Adesso basta, bambini, silenzio! – esplose a quel punto Terrie, bloccandosi sul sentiero e voltandosi verso di loro con uno scatto. Alla luce tiepida della prima modalità sulla quale Adam aveva impostato la propria torcia prima di incastrarsela nella cintura, lo sguardo della proprietaria del pub parve ardere di fuoco vivo e agli occhi di Adam e Tommy il dito che la donna sventolò nella loro direzione non apparve meno minaccioso. - Piantatela di insultarvi a vicenda o mi fermo qui in mezzo al nulla e prendo a sculaccioni tutti e due, intesi? Perché se tutto quello che avete da dirvi sono ingiurie e provocazioni, allora non voglio sentire una parola di più!

Dopo quella crisi di nervi che prometteva tempesta, Adam e Tommy fecero bene attenzione a tacere finché non furono di nuovo alle porte del villaggio. Una volta arrivati lì, Terrie li condusse a casa del genero, il padre di Michael nonché l’unico medico del paese, che rassicurò Tommy sul fatto che la sua caviglia sarebbe guarita in breve tempo, non essendo stata vittima di nulla più di una brutta botta i cui segni sarebbero spariti con qualche giorno di attesa e una buona pomata. Solamente quando l’uomo li lasciò e assieme a Terrie si spostò nella stanza attigua per procurargli l’unguento in questione e dell’antisettico per disinfettargli i tagli riportati sulle gambe come premio per aver camminato in mezzo ai rovi, finalmente i due ragazzi rimasero soli e il silenzio divenne graffiante.

Tommy era stato fatto stendere su una specie di lettino ambulatoriale e sorprendentemente, almeno per una volta, se ne stava fermo come gli era stato detto. Invece Adam, che comunque non lo aveva lasciato nemmeno per un attimo, sedeva sull’unica poltrona sfondata presente, a una distanza di due metri dal letto, le braccia incrociate e gli occhi divampanti fissi sul più piccolo, che solo da poco aveva smesso di tremare e che solo quando fu certo che nessuno li poteva sentire voltò il viso verso di lui.

Non si era ancora ripreso del tutto dalla scampagnata fuori orario, eppure Adam non riusciva a provare compassione per lui, non dopo quello che gli aveva fatto. Era stato ed era tuttora preoccupato a morte per quelle che avrebbero potuto essere le conseguenze di quella sortita notturna per la salute di Tommy, ma una cosa di cui era certo era che non provava compassione.

- Fammi indovinare – esordì a quel punto Tommy, sfidando con gli occhi la sua severità. - L’unico motivo per cui non mi tirerai un ceffone è che conosci la mia storia e quello che ho passato prima di approdare qui.

Adam sentì la rabbia ribollirgli nello stomaco a quella battuta e non poté impedirsi di essere vittima di uno scatto rabbioso che per un pelo non lo portò a scattare in piedi, come in procinto di aggredire il più giovane.

- Fossi in te non farei tanto il coglione o una sberla ti arriva sul serio – lo avvertì senza nemmeno una punta d’ironia, ma Tommy non si spaventò. O non lo diede a vedere.

- Fossi in te farei lo stesso – replicò invece, il respiro appena accelerato, gli occhi fissi sul ventiduenne e completamente privi dell’amore che li avevano fatti brillare fino al primo pomeriggio. - Smettila di credere di essere l’unico autorizzato a incazzarsi.

 

Dopo che si fu profuso in ringraziamenti a beneficio di Terrie e del dottore, dalle mani del quale prese il balsamo che Tommy avrebbe dovuto applicare sulla caviglia due volte al giorno, Adam portò il diciassettenne fino alla macchina, ignorando la rigidità con cui il ragazzo accolse il tocco delle sue mani e le sue braccia sotto al suo corpo, quindi guidò fino all’appartamento in cima alla collina senza proferire parola. Una volta arrivati al parcheggio, stufo di dover far violenza sia a se stesso che a Tommy insistendo per prenderlo in braccio, lo precedette in casa e lasciò che si arrangiasse, come desiderava. Il diciassettenne conquistò la porta dopo venti minuti e Adam lo sentì gemere per il dolore alla caviglia mentre si trascinava in corridoio per raggiungere la camera da letto.

Quando il maggiore uscì dal bagno e raggiunse la soglia della stanza, ancora illuminata dal lampadario a muro che aveva acceso appena arrivato, lo trovò già sotto le coperte, accoccolato sulla propria parte del letto con la schiena rivolta verso di lui. Dopo una rapida occhiata data alla stanza, Adam dedusse che si era tenuto addosso i propri vestiti e dal leggero sussultare del corpo sotto le coperte capì che non era stato soltanto a causa della fatica che gli sarebbe costata levarseli di dosso.

- Fai finta per farmi pena o stai davvero congelando? – domandò, sforzandosi di dare alla voce un tono neutro.

Dopotutto Tommy stava male, non aveva il diritto di approfittare della sua momentanea debolezza per rifarsi su di lui. Ma al risuonare delle sue parole nella stanza il più giovane allontanò coltri e lenzuola con uno scatto insofferente, si trascinò fino al ciglio del materasso e si mise seduto, le punte dei piedi che sfioravano appena il tiepido pavimento di parquet.

- Vado a cercarmi una borsa dell'acqua calda – mugugnò, facendo per alzarsi, ma Adam si affrettò a fermarlo.

- Niente affatto – sentenziò, raggiungendolo e riportandolo sdraiato sul materasso, per poi avvertirlo con un’occhiata intransigente di cosa sarebbe successo se avesse provato a obiettare. - Non ti lascerò fare neanche un passo in più oggi, non se ne parla.

L’espressione di Tommy impiegò meno di un secondo per passare dal disorientato al letale.

- E secondo Sua Signoria come...

Allora, ancora prima di lasciarlo finire, Adam si infilò nel letto accanto a lui, circondò con le braccia quel busto che mai prima era stato così teso sotto il suo tocco e lo strinse al proprio corpo bollente, strofinando con vigore le braccia di Tommy finché il ragazzo non smise di rabbrividire dal freddo. Non chiedeva che lo accettasse accanto a lui, voleva solamente che smettesse di tremare come un pulcino bagnato, perché altrimenti non avrebbe mai potuto togliersi dalla testa il bastardissimo dubbio che quello che era successo fosse stata tutta colpa sua.

La voce di Tommy lo colse impreparato dopo mille anni. Ferma, testarda, eppure ancora foriera di così tanta insicurezza.

- E magari dovrei anche ringraziarti? – stridette, rigido nel suo abbraccio forzato.

- Puoi anche startene zitto, per quanto mi riguarda – ribatté il più grande, gelido. - Anche se voglio evitare che tu muoia di freddo non significa che ti abbia perdonato tutto questo casino.

- Bene – replicò Tommy con altrettanta avversione. - Perché neanch'io ti ho perdonato.

Per qualche motivo quelle poche parole riuscirono ad avere su Adam un effetto molto più corrosivo di tutti i discorsi offensivi che lui e Tommy si erano tirati addosso quella sera, come se tirare in ballo l’impossibilità di perdonare avesse penetrato il velo di carta zucchero con cui il maggiore si era difeso fino a quel momento. Ferito nell’orgoglio e al cuore, si ritirò immediatamente dal corpo del diciassettenne col quale ventiquattr’ore prima aveva solo desiderato di poter fare l’amore e si mise seduto al lato del materasso, proprio come Tommy aveva fatto poco prima, ma perdendo tempo a frizionarsi gli occhi brucianti di stanchezza con pollice e indice, a stento nascondendo il proprio disagio. Davvero, non sapeva più cosa inventarsi per reggere quella situazione.

- Mestruato di un ragazzino – sussurrò, ormai incapace di trattenersi, e ciò bastò affinché Tommy saltasse a sedere a sua volta, il volto rosso di una collera mai veramente sopita.

- Sei solo uno stronzo ipocrita!

- Ma vaffanculo, Tommy!

Adam si voltò di scatto verso di lui e a stento, questa volta, riuscì a trattenere l’impulso di alzare il braccio e colpirlo con uno schiaffo in pieno viso. Il più piccolo se ne accorse, senza dubbio lesse i suoi occhi e i movimenti d’insofferenza con cui il braccio del ventiduenne venne tenuto forzatamente a posto, quindi portò il busto in avanti, sfidandolo apertamente.

- Vacci tu, visto che sei sempre stato tanto bravo con i culi altrui.

Adam avrebbe fatto di tutto per evitarlo, ma non ci riuscì, rimase a bocca aperta, immobile e inerme di fronte a quell’ultima accusa infondata. Fissò Tommy a lungo, non riuscendo a credere che avesse riportato in superficie un periodo così tormentato della sua vita solo per il piacere subdolo di poter rispondere a tono, ma infine dovette capitolare. L’aveva detto davvero e i suoi occhi lo confermavano, non si sarebbe rimangiato nulla.

Quando Adam si rimise in piedi le gambe vacillarono un poco sotto il suo peso. Non era certo stata quell’ultima frase a demolirlo, ma tutte le sconfitte subite in quella lunghissima e distruttiva giornata, e sinceramente il ragazzo non capiva come avesse fatto a rimanere tutto intero fino a quel momento.

- Me ne vado – esalò, gli occhi ora stanchissimi ancora fissi in quelli avvelenati di Tommy, la voce ridotta a un soffio esausto. - Prima di perdere la pazienza.

Si allontanò dal letto, pian piano raggiunse la porta. Udì il frusciare delle coperte e comprese che Tommy vi era tornato sotto, al riparo, ma ciò che fece male fu il commento acido con cui l’adolescente pretese di avere l’ultima parola in quella discussione.

- Alleluia.

Colpito al cuore, Adam si bloccò sulla soglia e lì indugiò un po’, qualche secondo, con le dita impegnate a marchiare lo stipite di legno della porta prima di voltarsi di nuovo verso il letto, deciso ad andare fino in fondo.

- Solo un'ultima cosa – volle dirgli, rivolgendosi al fagotto di trapunte sotto il quale Tommy era tornato a raccogliersi in posizione fetale, la nuca bionda diretta verso la porta e, Adam ci avrebbe scommesso la vita, gli occhi aperti fissi sul vetro della porta-finestra. - Voglio essere sicuro che tu ti renda conto dello spavento che mi hai fatto prendere. Non m'importa come la pensi, mi hai fatto morire, e sappi una cosa – continuò il maggiore, la voce e le labbra che tremavano senza che lui potesse farci niente.

Non voleva piangere, no. Non piangeva davanti a Tommy da quando… Aveva mai pianto davanti a Tommy?

- Fammi un altro scherzo del genere e non mi tratterrò – si costrinse ad andare avanti, permettendosi di tirare su col naso una volta sola, mentre il più giovane rimaneva immobile sotto le coltri che lo proteggevano così bene dal dolore, dall’amarezza, da tutta la delusione. - Ho creduto ti fosse successo qualcosa d'irreparabile, ho creduto di averti perso. Fammi un altro scherzo del genere e fanculo i traumi, fanculo tutto, ti prendo a botte, ci siamo capiti?

Prese fiato dopo quella frase, una boccata immensa di ossigeno, mentre Tommy, sotto le coperte, contraeva ogni muscolo come se lo avesse colpito sul serio. La voce gli si era incrinata nel dirlo, dopo mesi che non faceva che ripetere a se stesso e al mondo intero che avrebbe sempre e solo protetto quel ragazzo che altri avevano già picchiato infinite volte, ma non aveva la minima intenzione di ritirare ciò che aveva appena detto.

- Perché non puoi, davvero non puoi permetterti di farmi preoccupare fino a questo punto, ragazzino. Ti amo troppo...

La voce gli s’intrappolò sul fondo della gola, s’incastrò e minacciò di non uscire più. Poi, alla fine, bastò inghiottire un po’ di quel dolore per poter riprendere, il corpo ormai scosso da singhiozzi che stava facendo di tutto per tenere per sé, le guance bagnate di lacrime che il diciassettenne non aveva mai visto e a cui quella volta stava voltando le spalle. Un po’ per il suo comportamento, un po’ perché gli avvenimenti della giornata sarebbero bastati ad annientare nel corpo e nello spirito tre uomini, Adam dovette chiamare a sé tutte le proprie forze per concludere ciò che con tanto coraggio aveva iniziato.

- Ti amo troppo per sopportare tutto questo una seconda volta senza perdere la testa, okay? – dichiarò, mordendosi a sangue il labbro inferiore. - Mettilo in conto prima di lanciarti a capofitto nella prossima stronzata.

Chissà cosa si aspettava Tommy dopo quel discorso a cuore aperto. Qualsiasi cosa, forse, meno l’improvviso spegnersi della luce e il violento sbattere della porta che lo fece sussultare e fu come lo sparo d’inizio che diede il via al suo, di pianto. Lacrime silenziose e incessanti che non gli diedero pace per ore, nelle tenebre della notte, finché la fatica accumulata non ebbe la meglio sulla tristezza, facendolo scivolare lentamente in un sonno agitato.

 

Il mattino seguente Adam si svegliò all’alba. In realtà non si può dire che avesse realmente dormito, ossessionato da pensieri talmente bui che il suo cuore se ne era visto soffocare, ma verso le quattro e mezza del mattino era caduto in una sorta di leggero dormiveglia che almeno per un’ora e mezza aveva reso i suoi contatti con il mondo esterno labili come un sogno tessuto male, prima che i primissimi raggi del sole che entrarono dalla finestra e colpirono il divano lo svegliassero definitivamente, condannandolo ad alzarsi.

Senza pensare, lasciò l’appartamento e scese in paese. Fece una visita al bar e al panificio, ne approfittò per ringraziare chiunque avesse partecipato alle ricerche della notte passata oltre a coloro che con tanto candore e tanta cortesia si attardarono a chiedergli se il suo ragazzo stesse bene, quindi tornò all’auto e in collina.

Tommy era seduto sulla veranda appena fuori dalla porta-finestra della camera da letto, quella cosparsa di edera. Era seduto su un lato della piccola panchina in legno, quasi come se avesse voluto riservargli un posto al cinema, e aveva addosso un paio di pantaloni corti e una canottiera azzurra puliti, mentre i capelli bagnati dovevano profumare del suo shampoo orientale. Mentre Adam percorreva il giardino per raggiungerlo, il più piccolo non distolse gli occhi dalla sua figura nemmeno per un secondo e lo stesso, d’istinto, fece il più grande.

Adam si fermò a due passi da lui, la mano destra impegnata a reggere due cappuccini take-away, la sinistra che stringeva un sacchetto caldo e colpevole di emanare nell’aria un’irresistibile fragranza di croissant e cioccolato fuso, lo sguardo neutro. Quello di Tommy, notò, non era più cattivo. Durante la notte il veleno si era addolcito e ora in quelle iridi nocciola dalla magica dolcezza non restava che un’immensa malinconia.

- Sembra una colazione per due – commentò il diciassettenne quando il silenzio fra loro, interrotto solamente dal cinguettare degli uccelli che abitavano i pini attorno alla casa, si fece pressante, e Adam annuì meccanicamente, porgendogli i cappuccini affinché prendesse il suo.

- Ne ho abbastanza di essere in rotta con te.

- La situazione comincia a pesare, in effetti – concordò il più piccolo, accettando il contenitore di plastica prendendolo per la striscia di cartone, così da non ustionarsi, e abbassando lo sguardo a terra.

Per tutta risposta Adam andò a sedersi vicino a lui e sospirò, ma fu tutto meno che liberatorio. Erano solo all’inizio. La crisi era stata troppo brutale, feroce, la rappacificazione non avrebbe richiesto sforzi minori.

- Pace provvisoria? – suggerì, aprendo il sacchetto di croissant e adagiandolo sul tavolino per poi portare gli occhi limpidi a incrociare quelli ancora un poco spauriti di Tommy, che si umettò le labbra.

- Hm?

Adam respirò a fondo, capendo alla perfezione le paure del diciassettenne, perché erano anche le sue. Potevano uscirne? Non lo sapeva, non ne aveva idea. Ma l’unico aspetto di quella faccenda di cui era certo era che l’unica possibilità che avevano di riuscirci consisteva nello smettere di respingersi a vicenda.

- Parliamo? – propose, più serio che mai, congiungendo le mani in grembo e alzando le sopracciglia.

Tommy, che aveva cominciato a sorbire il cappuccino a sorsi piccoli e inesorabilmente lenti, lo tolse dalla bocca e se lo appoggiò su un ginocchio, prendendo tempo giocherellando con la fascia di cartone. Adam lo lasciò fare senza mettergli fretta. Poi, dopo una manciata di secondi, anche il più piccolo trovò il coraggio di affrontare quegli occhi color del cielo e annuì, sospirando.

- Parliamo.

 











Angolino dell’autrice

Okay, il capitolo è veramente, veramente eterno.

Forse avrei dovuto spezzarlo, ma ho voluto arrivare fino a questo punto perché ne avevo abbastanza di farvi soffrire all’idea di questi due ragazzuoli inca***ti l’uno con l’altro, ecco u_u *vogliatemi bene, pliz* *coscienza: ammetti che eri tu a non sopportare più questa situazione >_>* *sono fragile, lo ammetto ç_ç*

Spero che siate ancora tutte vive dopo queste 17 pagine, spero non mi vogliate male per questa cosa infinita, spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un pochino… e spero vi sia rimasta la forza di lasciarmi una recensioncina *occhi da cucciolo mode on*

Baci e alla prossima, bellezze glam!

Vostra affezionata,

 

a.




   
 
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