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Autore: TheVirginQueen    10/06/2014    1 recensioni
Elisabeth e Robin si conoscono sin da bambini. Il loro rapporto muta, mantenendosi sempre forte dalla fanciullezza sino all'età adulta. Il regno dei Tudor è la cornice di questa storia, la regina Elisabetta I ne è la protagonista, la storia di un amore mai compiuto ne è l'intreccio.
Si tratta di uno scorcio sull'umanità di un grande personaggio storico ed un umile tentativo di delinearne il profilo psicologico, mettendo in rilievo gli aspetti della vita privata della protagonista, piuttosto che i fatti storici per cui ella è nota. L'amore tra Elisabeth e Duddley è un fatto storicamente accertato. Qui si prova a dargli forma, immaginando i sentimenti e le contraddizioni in cui esso è sbocciato e maturato.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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L’indomani la notizia dello scandalo che aveva colpito la figlia della Boleyn si era diffusa già a corte. Tutti puntarono il dito nei confronti della ragazza che giudicarono intrigante e impudica al pari della madre. Nessuno seppe di preciso come fu andata, ma tutti erano pronti a raccontare, farcendo di particolari piccanti e totalmente falsi una storia che avevano udito solo di sfuggita da qualcuno disinformato quanto loro.
 
Quando Robert, terminata la cavalcata mattutina, rientrò a castello, dove si trovava in quei giorni assieme a suo padre e ai suoi fratelli, udì da qualcuno il nome della principessa e nascostosi dietro una porta si mise in ascolto.
 
-Ha solo quattordici anni ed è già come sua madre.
-Il diavolo ha in corpo. È una strega. Sedurre il patrigno poi, dopo che la nostra regina è stata così clemente nei suoi confronti.
-Capirai come sua madre ha stregato il nostro buon Re Henry, essa ha saputo lavorarsi bene il marito della regina. È solo una ragazzina intrigante, non hai visto come cammina, non hai visto quel suo sguardo che non teme nulla. Cosa diventerà, quale uomo avrà l’ardire di sposare una così…
 
E poi ancora mille altre parole. Infamie su infamie. C’è chi era certo che la principessa aspettasse già un figlio di Thomas e giurava di aver notato una rotondità sul suo ventre. Altri presero a millantare un tentativo di seduzione da parte di Elisabeth nei confronti del piccolo re. L’incesto era infatti il reato di cui era accusata sua madre e pareva naturale che anch’ella avesse ereditata la stessa natura malvagia.
 
Robert se ne stava zitto, nel suo nascondiglio. I pugni chiusi, un sudore freddo gli copriva la pelle. Voleva urlare che non era vero, voleva difenderla dalle accuse, ma non ne fu capace. Non ne fu capace essenzialmente perché sentendo quei racconti scabrosi iniziò anche lui a credere nella natura perversa della sua piccola amica.
 
Provò gelosia nei confronti del seduttore, che era adulto, attraente e di certo l’aveva posseduta, diversamente da come aveva saputo fare lui. Provò disgusto nei confronti di lei che lo aveva respinto fingendosi pura e adesso era sulla bocca di tutti come la peggiore sgualdrina. Provò rabbia nei confronti di se stesso, per non averla saputa difendere dalla sua natura peccatrice, lei che era la cosa più preziosa per lui e per non essere stato all’altezza di poterla amare come un uomo.
 
Con questa tempesta di sentimenti nel cuore il ragazzo uscì dal suo nascondiglio, e senza paura di essere visto tornò indietro verso le stalle. Sellò un cavallo e andò da lei.
 
In attesa di essere trasferita in un’altra dimora la principessa era chiusa nelle sue stanze. Seduta su una poltrona era immobile mentre osservava il volto che gli era caro in quel portaritratti che portava appeso al collo. Lui la sua unica speranza, la sua ancora di salvezza.
 
Temeva della sua reputazione e ancora di più temeva che lui l’avesse saputo.
 
Lui la trovò seduta, coi lunghi e rossi capelli sciolti, sparsi sulla figura alta e minuta, avvolta nel velluto nero. Il capo abbassato sulla miniatura, gli occhi sporgenti asciutti e rossi dopo il pianto. Le mani nervose giocavano con la catena.
Le labbra sottili erano livide e articolavano silenziose preghiere, che nessuno poteva udire.
Vedendola in quello stato lui vacillò. Poi fattosi coraggio entrò nella stanza.
Lei sollevò gli occhi rossi e la furia di lui la investì.
 
-Come hai potuto mentirmi in questo modo. Dicevi di amarmi e poi…la colpa è mia e solo mia, che ti ho scelto ben conoscendo la tua intima natura…
Urlò queste parole con odio e senza riflettere sul loro significato. Se ne pentì non appena le ebbe pronunciate, ma allora fu troppo tardi.
 
La sua intima natura era per Elisabeth quella della stessa bambina che sull’albero sognava un mondo diverso. Lei non ne conosceva un’altra ma sapeva benissimo a cosa lui voleva riferirsi. Dopo l’ostilità muta e severa del padre, l’odio cieco della sorella, l’allontanamento della matrigna e il tentativo di violenza da parte del marito di lei, ora si vedeva costretta a subire l’umiliazione più grande. Essere paragonata alla perversa madre dal ragazzo che lei amava su tutti. L’unico che la conosceva talmente a fondo da non poter dubitare mai.
 
Il dolore fece spazio alla rabbia. Si alzò in piedi e afferrato il gioiello con cui stava giocherellando poc’anzi se lo strappò con violenza dal collo, recidendo la sottile catena e scaraventandolo ai piedi di lui, mandando in mille pezzi il vetro sottile che proteggeva il ritratto.
 Scosso dalle assurdità che erano uscite dalla propria bocca lui provò ad avvicinarsi a lei per scusarsi ma lei lo investì con una rabbia adulta che lei stessa non conosceva.
-Vai via. Stai lontano da me. L’unico tradimento che mi uccide e il tuo. Come puoi credere…come puoi dire…vattene…ti prego sparisci…
 
Lui, non seppe nemmeno perché, si chinò a raccogliere il gioiello e poi scappò via confuso, correndo verso il palazzo. Calde lacrime gli riempirono gli occhi. Pianse di pentimento e di amore verso di lei come un bambino.
 
Lei dal canto suo giurò a se stessa e a Dio che non lo avrebbe mai più rivisto e soprattutto che non lo avrebbe mai sposato. E non potendolo odiare per troppo amore da quel giorno prese a dimenticarlo piano piano.
   
 
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