Time after time
6- Oh, I confess I’ve lost control,
I've let my guard down,
I've let the truth out.
-Che è quel sorrisone, J.? Hai finalmente preso un Accettabile in Pozioni?
Neanche le battutine sulla mia totale incapacità con il calderone turbarono il mio stato di beatitudine.
-No. Indovina!
Tonks, che quel giorno sfoggiava una
impressionante chioma azzurra, mi guardò, curiosa, cercando di
immaginare cosa avesse potuto causare il sorriso beota che regnava
incontrastato sul mio viso.
Era raro che mi sentissi davvero
felice, soprattutto per motivi banali come quello che colorava i miei
pensieri in quel momento ma forse non ero poi così diversa dalle
altre ragazze, tutte dolcezze e moine.
A quel pensiero dovevo essere arrossita perché Dora mi puntò contro un dito. –Ah ah! Riguarda Phil Brynnes!
-Mi ha baciata!- quella frase
uscì dalle mie labbra come un urletto stridulo e cominciai a
saltellare sul posto, in brodo di giuggiole. Avevo dovuto aspettare
tutta la mattina per raccontarlo alla mia migliore amica che essendo
una Tassorosso non sempre seguiva i miei stessi corsi alla stessa ora
ed era stata una fatica immane resistere alla tentazione di mandarle un
gufo da un’aula all’altra.
-Quando?!
-Ieri sera! Mi ha riaccompagnata al
Dormitorio e… mi ha augurato la buonanotte con quelle sue
meravigliose labbra! Dora tu non hai idea! E’ il ragazzo
più intelligente e.. brillante e.. affascinante che io abbia mai
conosciuto!
Avendo ancora solo 13 anni non era
esattamente un gran riconoscimento ma qualcosa mi diceva che non avrei
mai incontrato un ragazzo altrettanto fantastico.
Mi riscossi dai miei pensieri, mentre, seduta su una poltrona della
Sala Comune, mi perdevo nei ricordi della mia adolescenza, quando
nonostante le prove cui la vita mi aveva sottoposta, almeno
l’amore sembrava una cosa semplice. Non che lo fosse stato mai
davvero, per me. Ero la classica persona che si innamorava
dell’idea, che costruiva aspettative su aspettative che le
invadevano il cuore in modo incontrollabile mentre da fuori apparivo
sempre trattenuta, restia a mostrarmi davvero interessata a qualcuno.
Le troppe delusioni, da Phil Brynnes in poi, mi avevano resa anche
tremendamente scettica e avevano peggiorato notevolmente la mia
apparenza anaffettiva. Avrei voluto un ragazzo che mi sapesse prendere,
veramente brillante ed intelligente e non costruito come avevo poi
scoperto essere quel Phil di cui ormai ricordavo a malapena la
fisionomia.
Per uno come Sirius, a quei tempi, avrei di certo perso la testa.
Sospirai, affranta. Quando eravamo rientrati in Sala Comune insieme,
dopo aver finito di scontare la nostra punizione, gli altri che si
aspettavano urla e percosse si stupirono della nostra
tranquillità e non notarono, per fortuna, i miei occhi rossi per
le lacrime trattenute.
Mi concessero una sorta di riabilitazione sociale e Sirius sembrava
tornato quello di sempre, pronto a prendermi in giro e a rispondere a
tono alle mie frecciatine.
La sua storia con la Kroeg era durata poco più di una settimana,
dopo quell’episodio, durante la quale lui si era reso conto di
quanto diversi fossero e dell’abisso che, intellettualmente
parlando, li separava. Per questi e per altri a noi oscuri motivi aveva
deciso di troncare definitivamente, provocando la disperazione della
ragazzina che però, già qualche giorno dopo, aveva
trovato qualcuno disposto a consolarla.
Mi chiesi dove fossero finiti i miei amici e mi convinsi a risorgere
dal torpore che si era impossessato di me rendendo atroce anche solo
l’idea di aprire un libro per fingere di studiare cose che
già sapevo a memoria.
Erano tutti molto preoccupati per i MAGO mentre non solo per quel che
mi riguardava non avrebbero avuto alcuna validità, come Silente
si era premurato di comunicarmi, ma di certo non sarebbero stati
peggiori dei test di abilitazione alla professione che il Ministero
rifilava ai poveri ex studenti.
Mi diedi una spinta con le gambe che avevo tenuto sospese ciondoloni
oltre il bracciolo della poltrona ed uscii dalla Sala Comune con
l’intenzione di fare una passeggiata e prendere un po’
d’aria.
Remus e Lily erano sicuramente chiusi in biblioteca a studiare e James
doveva essersi unito a loro, incapace di stare lontano dalla sua
ragazza per più di un quarto d’ora, Peter era in assoluto
l’ultimo dei miei pensieri anche se tendeva a guadagnare quota
nella lista delle mie preoccupazioni: cercavo di trascorrere con lui
giusto il tempo che riservavamo alle passeggiate in comitiva evitando
di trovarmici da sola e costretta a rifiutare i suoi insistenti inviti
ad Hogsmeade.
Non mi piaceva affatto né lui né il mago che sarebbe
diventato e per di più, considerato il fragile equilibrio dei
miei rapporti con Sirius, non avrei potuto accettare di uscire con lui
neanche per indurlo a smettere di chiedermelo.
Inspirai forte l’aria di quel freddo febbraio sentendola
scorrermi fino ai polmoni e tornare indietro, causandomi brividi lungo
tutto il corpo che cercai di reprimere stringendomi nella grossa
sciarpa rossa e gialla.
Camminai per un po’ lungo la riva del lago e poi costeggiai la
foresta proibita, concentrandomi suoi suoni che le creature che la
popolavano emettevano senza sosta e stupendomi di quanto il mio
coraggio fosse aumentato negli ultimi anni.
Quando frequentavo Hogwarts anche solo volgere lo sguardo a quegli
alberi scuri mi metteva i brividi ma inevitabilmente quando convivi con
il rischio e con la morte neanche la creatura peggiore della foresta
può spaventarti più così tanto.
Sentii un fruscio tra le foglie di un cespuglio poco distante da me e
una mano corse ad afferrare la bacchetta, più per abitudine che
per reale timore.
Mi voltai lentamente e constatai che dietro quel cespuglio sembrava non
esserci proprio nulla, probabilmente qualche dispettoso Doxy della
foresta.
Qualcosa di umido mi sfiorò la mano facendomi sobbalzare e
scattai qualche metro indietro, presa alla sprovvista quando vidi un
grosso cane nero dal pelo lungo e folto che mi guardava, poco distante,
con la testa inclinata come a chiedersi cosa mi fosse preso.
Adoravo gli animali e prima che la mia mente potesse fare alcun
collegamento mi avvicinai, tendendo le mani ed accarezzandolo, sotto il
muso e le orecchie.
-E tu che cosa ci fai, qui?
Mentre pronunciavo quelle parole i miei occhi incrociarono quelli
dell’animale e dovetti trattenere un’esclamazione che di
certo mi avrebbe smascherata.
Sirius mi fissava con quei suoi particolari occhi grigi, scodinzolando
e dando colpetti giocosi con il muso alla mia mano che aveva smesso di
accarezzarlo.
La sua versione canina che conoscevo, nonostante fosse capitato molto
raramente di trovarmici a contatto, era più malandata e adulta,
quello sembrava poco più che un cucciolo, le orecchie stavano
tirate indietro, in segno di sottomissione mentre le mie dita
affondavano nel pelo morbido e scuro come la notte.
-Sei davvero un bel cagnolino.- mi limitai a dire, sorridente, sperando
che non cogliesse la mia ironia e capisse che l’avevo
riconosciuto. In teoria non avrei dovuto sapere della vera natura dei
Malandrini e se mi fossi tradita avrei vanificato mesi di fatica.
Mi sedetti a gambe incrociate e lui mi si fece più vicino,
leccandomi delicatamente il mento, dolce e sicuro di sembrare solo un
tenero cagnolino indifeso.
Quanto avrei voluto prenderlo in giro, in quel momento! Continuavano a
venirmi in mente battute di ogni sorta che minuto dopo minuto
soffocavo, insieme alle risate.
Smisi per un attimo di accarezzarlo e in risposta mi afferrò la
mano tra i denti, senza stringere e guardandomi con aria di sfida.
-Hai proprio una bella faccia tosta, tu!
Non si poteva resistere a quella prepotenza tanto dolce che risultava
ai miei occhi sempre meno fastidiosa, cane o umano che fosse.
-Adesso devo andare, ma tornerò a trovarti presto.
Gli feci un occhiolino mentre mi guardava allontanarmi e passo dopo
passo aspettai che il suo corrispondente umano mi affiancasse,
prevedibilmente.
-Carter!
Mi trattenni a stento dallo scoppiare a ridere e indossai la mia più credibile espressione sorpresa.
-Black! Che ci fai qui?
Non lo vedevo così allegro e soddisfatto da quella sera sotto il
vischio, sembrava di ritorno da un appuntamento galante e questo mi
fece sorridere ancora di più. Era sbagliato, lo era
tremendamente, ma dopotutto lui non sapeva che ero a conoscenza del suo
segreto.
-Facevo una passeggiata!- mentì stringendosi nelle spalle e portandosi poi le braccia dietro la nuca con aria rilassata.
-Dalla tua faccia si direbbe che fossi con una ragazza.. – azzardai, quasi casualmente.
La classica risata bassa che lo caratterizzava scivolò fuori dalle sue labbra, sincera.
-Diciamo di si.
-La conosco?
-Può darsi.
Erano giorni che vedevo Remus parecchio inquieto ed ero quasi certa che
non si trattasse solo degli esami in vista: era pallido e le occhiaie
gli scavavano il viso come ogni volta che si avvicinava la luna piena.
Avrei voluto rassicurarlo ma era l’ennesima delle tante cose che
non mi era concesso fare.
Sembrava sempre sul punto di rivelarmi qualcosa ma alla fine si
allontanava con scuse una meno probabile dell’altra,
inconsapevole del fatto che sapevo benissimo cosa volesse dirmi.
Non riuscivo ad immaginare quanto potesse essere difficile per un
ragazzo di diciassette anni portare un fardello simile, mentire e
rinchiudersi dietro un albero assassino come un animale pericoloso in
una gabbia.
-Jales, devo parlarti. Siediti.
Eravamo soli in un’aula vuota e Remus e aveva
un’espressione terribilmente ansiosa stampata sul viso mentre
camminava avanti e indietro per tutto il perimetro della stanza.
-Calmati, Rem. Respira. – invece di sedermi mi ero avvicinata a
lui e lo avevo afferrato per le spalle, facendolo stare fermo.-Vai,
sono tutta orecchie.
-Quello che ti dirò potrebbe allontanarti ma non ritengo giusto
che tu sia l’unica a non saperlo. Insomma, anche Lily lo sa e..
io credo che sia giusto che.. diamine! E’ così difficile,
per la barba di Merlino!
Non l’avevo mai visto così sconvolto, neanche sommando gli anni di amicizia del tempo al quale appartenevo.
Stava sudando freddo e i capelli erano più scompigliati e
trascurati del solito, continuava a passarsi le mani sul viso in modo
compulsivo e presi persino in considerazione l’idea di lanciargli
un Petrificus Totalus, tale era l’ansia che mi stava trasmettendo.
-Non mi allontanerò da te, Remus. Ti voglio bene, sono tua amica cosa..
-Sono un lupo mannaro.- sputò tra i denti prima di voltarsi e
darmi le spalle.-Io.. sono un lupo mannaro da quando ero bambino, sono
stato morso, sai.. una sorta di vendetta contro mio padre e..
Quando sentì le mie braccia stringerlo si bloccò, stupito.
-Non hai.. paura?
-No, Remus. Non ho paura. Tu sei sempre tu, qualsiasi sia la creatura
in cui ti trasformi con la luna piena. Sei una persona meravigliosa e
lo sarai sempre.- lo rassicurai, sincera, sapendo esattamente
ciò che dicevo.
Sarebbe diventato il mio mentore, la mia guida, una delle poche persone
di cui mi fidassi davvero. E non ero tipo da sprecare la mia fiducia.
Mi strinse a sua volta, sorpreso e ancora molto teso per via di quella
confessione e della mia insperata calma riguardo una questione tanto
spinosa.
Lo sentii rilassarsi e mi scostai un po’, per guardarlo in viso.
La maschera di angoscia che aveva indossato fino a qualche istante
prima sembrava scomparsa e un timido sorriso ne aveva preso il posto.
-Grazie.
-Per cosa, Zanna Bianca?
Rise per la mia battuta e mi posò una mano sulla spalla.
-Ci sarò sempre per te, Jales. Sei una vera amica.
Mai parole suonarono più vere alle mie orecchie e al mio cuore.
Un improvviso e deciso bussare ci fece separare e qualche istante dopo
Sirius fece capolino oltre la porta, guardandoci sospettoso e
lievemente infastidito.
-Lunastorta! Fai tanto il mago per bene e poi ti apparti con Carter nelle aule vuote. Non c’è più mondo.
Per niente preoccupato di essere di troppo e perso il piglio diffidente
di qualche istante prima, avanzò verso di noi, con le braccia
incrociate e l’aria sorniona di chi sapeva perfettamente che
nonostante le apparenze non c’era assolutamente niente di
equivoco in quella situazione.
-Ebbene si, Black. Ci hai beccati.. Rem, di’ qualcosa!- esortai
il mio amico tirandogli la manica della divisa. –Avremmo comunque
dovuto uscire allo scoperto prima o poi, no?
L’espressione sul volto del ragazzo mutò come se avesse
davvero creduto alle mie parole e gli occhi grigi aumentarono
notevolmente di diametro rischiando di schizzare fuori dalle orbite.
-Ehm si, Jay, hai ragione. Noi..
Remus e le bugie che non riguardavano la sua natura di licantropo
viaggiavano su due vie parallele, destinate a non incontrarsi mai e
finalmente Sirius si rilassò.
-Sei il solito, Lunastorta, non sei affatto credibile. E poi sarebbe
stata dura per te amare una donna perdutamente innamorata del tuo
migliore amico!
Altrettanto divertito Remus si rivolse a me, puntandosi le mani sui
fianchi per niente deluso dal fallimento di quello scherzo.
Probabilmente prendeva troppo sul serio la strana alchimia che legava
Sirius e me per intromettersi in qualsiasi modo.
-Sei innamorata di James? E quando pensavi di dirmelo?
Risi di cuore vedendo Sirius accigliarsi e avvicinarsi minaccioso
all’amico. –Hey! Questa maledetta strega ti sta traviando,
eri un amico fedele e sincero prima che arrivasse lei!
-E quindi la colpa sarebbe mia, Black?- mi posizionai in mezzo a loro
fronteggiando Sirius e rivolgendogli uno sguardo malizioso.-E poi chi
sarebbe innamorata di te? Credo di essermi persa un passaggio.
-Tu, tesoro. Cerchi di resistere al mio fascino ma sei
irrimediabilmente attratta da me.- rispose con fare teatrale
circondandomi la vita con le braccia.
-Mi piacerebbe restare ad assistere a questa patetica scenetta ma ho
una lezione di Antiche Rune che mi aspetta. Con il vostro permesso!
Remus ci superò scuotendo il capo, sconcertato e lievemente
imbarazzato del nostro continuo flirtare ed uscì chiudendosi la
porta alle spalle.
-Dove eravamo rimasti?- chiese fingendosi pensieroso.-Ah si! Al tuo imperituro amore per il sottoscritto.
Non avevo nessuna voglia di divincolarmi dal suo abbraccio, la sua
presa era gentile e allo stesso tempo possessiva ma non per questo
opprimente, anzi. Le sue mani su di me avevano sempre un effetto
rasserenante e sembrava quasi che i nostri corpi si incastrassero alla
perfezione. Ovviamente, però, non potevo concedergli una simile
soddisfazione e dargliela vinta così posai le mani sul suo
petto, tendendomi verso di lui.
-Potresti avere ragione, Sirius.- miagolai sottolineando il suo nome,
che raramente usavo quando mi rivolgevo direttamente a lui, e con le
labbra arrivai ad un soffio dalle sue che automaticamente si schiusero
come se avesse voluto dire qualcosa che però tenne per
sé; le mani che aveva tenuto fino a quel momento incrociate
dietro la mia schiena si distesero ed una di esse salì ad
afferrare delicatamente una ciocca di capelli che strofinò tra
le dita procurandomi una scarica di brividi e rischiando di volgere a
suo vantaggio quella dubbia situazione che avevo contribuito a creare.
Vidi le sue palpebre abbassarsi e i suoi occhi rivolgersi languidi
nella direzione dei miei mentre inclinava impercettibilmente il capo
verso la spalla, pronto ad un bacio che però non arrivò.
-..ma non ne sono proprio sicura.- chiarii tirandomi indietro mentre
con una lieve pressione delle mani ancora posate sul suo petto lo
allontanavo da me scuotendo il capo ed incurvando le labbra in un
ghigno dispettoso.
Strinse un pugno, consapevole del fatto che gliel’avevo fatta per
l’ennesima volta ma dovette riprendersi molto velocemente
perché pochi istanti dopo le sue mani erano attorno al mio viso
e lo riportavano vicinissimo al suo cancellando la mia espressione
vittoriosa.
Il suo fiato mi sfiorava la pelle del viso e i suoi occhi affondavano
nei miei. –Sappiamo entrambi come stanno le cose, Jay, gioca
quanto vuoi. Mi basta guardarti negli occhi per vedere la verità.
Indossando l’espressione vittoriosa che mi aveva sottratto mi
sfiorò una guancia con le labbra per poi superarmi ed uscire
dall’aula.
-Ci vediamo in Sala Comune, Carter!
-Bene ragazzi, oggi approfondiremo l’argomento delle maledizioni
senza perdono.- disse il nostro insegnante di Difesa Contro le Arti
Oscure e tutti i ragazzi cominciarono ad emettere versi di stupore
mentre io mi ritrovai a rabbrividire.
Le conoscevo bene, quelle. Chi lavorava al Ministero sapeva meglio di
chiunque altro quanto fossero atroci e meschine e quanto pateticamente
malvagi si dovesse essere per farvi ricorso.
-Non è un caso che vigano misure tanto restrittive riguardo le
tre maledizioni per eccellenza. Imperius, Cruciatus e Avada Kedavra. La
prima produce il controllo della mente e del corpo, la seconda è
la più atroce arma di tortura, può persino portare alla
follia mentre la terza.. la terza, per definizione, non perdona.
Confido che non sia la prima volta che ne sentite parlare nonostante
siano state inserite nei programmi dell’ultimo anno e per la
prossima volta vorrei che faceste delle ricerche, vi dividerete in
coppie e vi documenterete riguardo gli eventi più importanti che
hanno visto maghi oscuri più o meno importanti fruire di tali
abietti mezzi.
Impiegò il resto della lezione raccontandoci qualche episodio e
spiegando per filo e per segno le dinamiche della maledizione Imperius,
la meno immediata ma altrettanto temibile.
-Bene, prima di andare vi dividerò in coppie per le ricerche, dunque vediamo..
Mi dissociai mentalmente in attesa di sentir pronunciare il mio nome ma
quando ciò avvenne desiderai sbattermi la testa contro ogni
papabile superficie piana nel raggio di miglia.
-Signorina Carter lei farà coppia con il signor Minus.
Il diretto interessato, qualche posto più avanti, si
voltò peggiorando la già tragica situazione con una
strizzatina d’occhio.
Prima di tornare a disperarmi per la mia tragica sorte un dettaglio
catturò la mia attenzione: Peter stava guardando con aria di
sfida Sirius che ricambiava lo sguardo, incattivito.
-Qualche problema, Felpato?- gli chiese, una volta afferrati i libri, affiancandosi al banco al quale era seduto.
-Assolutamente, Codaliscia. Perché?
Se la domanda non fosse risultata già abbastanza retorica di per
sé, il ragazzo chiarì il concetto alzandosi e
guadagnandosi la porta così velocemente da evitare persino James
che stava per raggiungerlo.
-E’ un bel guaio. – mi sussurrò Lily stringendosi i libri al petto.
-Credi sia davvero per me?- chiesi, avvilita, mentre Peter mi aspettava sulla porta.
-Si, Jay ma.. lasciali perdere. Sono stupide rivalità maschili che non devono minimamente importarti.
Poco convinta dalle parole della mia amica mi avvicinai al mio compagno
di studio e ci accordammo per vederci in biblioteca quello stesso
pomeriggio. Via il dente via il dolore.
Mi incamminai verso la biblioteca cinque minuti dopo l’ora
prefissata e questo mi costrinse ad accelerare il passo più che
potevo.
Sfrecciavo tra gli studenti con facilità ma quando voltai l’angolo la collisione fu inevitabile.
-Severus, scusami!- gli porsi la mano, mortificata, dopo essermi rialzata velocemente.
-Che cavolo..Carter! L’impatto con il nottetempo sarebbe stato meno disastroso.
Antipatia firmata Serpeverde, un classico che superava le epoche e le generazioni.
-Come stai?- ne approfittai per fare un po’ di conversazione.
Negli ultimi tempi sembrava essersi volatilizzato e le uniche volte che
si mostrava in giro era in compagnia di quei viscidi individui che si
ostinava a definire amici.
-Alla grande, ti ringrazio.
Era più nervoso del solito e fece per allontanarsi ma
c’era una domanda che premeva per uscire dalle mie labbra
martellandomi il cervello troppo forte per ignorarla.
-Sev!
Si voltò, spazientito.
-Che vuoi ancora?
Mi guardai intorno, circospetta, per poi avvicinarmi a lui e
fronteggiarlo. –L’altro giorno ti ho.. sentito parlare con
Rosier e..
-Che cazzo fai, Carter? Mi segui? Devi starne fuori maledizione tu non sai cosa..- si costrinse ad abbassare la voce.
Era furente ma non mi spaventava affatto la sua reazione, ero molto più preoccupata per quel poteva succedere.
-Lily, Severus. Che cosa intende farle Rosier? O riguarda.. tutti noi?-
mi riferivo a noi Mezzosangue, consapevole di quanto i Mangiamorte ci
odiassero, essendomi scontrata faccia a faccia troppe volte con il loro
astio.
-L’ho obliviato. Non farà proprio nulla. Vattene o oblivierò anche te e..vedi di tenere la bocca chiusa.
Restai lì, in mezzo al corridoio con le braccia abbandonate
lungo i fianchi e una rassicurante sensazione di sollievo prima di
ricordarmi che ero in ritardo per l’incontro con Peter e
costringermi a riprendere a correre.
Sfogliammo libri per tutto il pomeriggio e cercai di collocare
mentalmente gli episodi di cui ero a conoscenza o dei quali ero stata
tristemente spettatrice in modo da poterli riportare come fatti di
cronaca non documentata e Peter sembrava ogni volta più colpito,
guardandomi con occhi ammirati.
-Sei straordinaria, tu. Come fai a sapere tutte queste cose?
-Seguo un sacco di cronaca.-risposi temendo di avere esagerato ma per fortuna lui non approfondì.
-Non credo di avere mai conosciuto una ragazza come te, Jales.
Sospirai, era proprio arrivato il tempo di essere chiara ed esplicita,
ero stufa della situazione che si era creata tra lui e Sirius e
cominciavo un po’ a sentirmi un oggetto, un trofeo conteso tra di
loro.
-Peter senti io non.. non voglio rovinare la nostra amicizia- parecchio
ipocrita a definirla tale ma ci voleva tatto in certe cose – ma
non sono interessata a te in quel senso e spero tu possa..
Non mi diede il tempo di terminare il mio discorso che schiacciò
le sue labbra sulle mie che non si schiusero neanche per un attimo,
neanche mentre, presa alla sprovvista, mi ero ritrovata inerme con le
sue mani attorno al viso.
-Peter! Porca miseria!- sbottai seccata ma vidi il suo sguardo soddisfatto puntato dietro le mie spalle e mi voltai, raggelata.
Sirius camminava a grandi passi verso l’uscita della biblioteca
con l’espressione ferita e arrabbiata di chi era stato appena
tradito dalla ragazza alla quale si era legato e da uno dei sui
migliori amici.
-Sirius!- lo chiamai senza pensarci per poi afferrare la borsa con i libri e seguirlo fuori.
Mi guardai intorno ma di lui sembrava non esserci traccia. Scandagliai
ogni angolo del primo piano e poi tornai alla Sala Comune, sperando di
trovarlo.
-Maledizione!
Quello stupido era saltato a conclusioni affrettate ed io ero ancora
più stupida, in preda a quell’insolito sconforto e alla
voglia di giustificarmi per qualcosa che non solo non avevo fatto ma
per la quale non avrebbe neanche avuto il diritto di arrabbiarsi.
Che pretese poteva avanzare su di me? Ero stata chiara, non potevo
stare con lui, non potevo desiderarlo al mio fianco così
profondamente come in cuor mio continuavo a fare e sentii lo stomaco
stringersi in una morsa quasi dolorosa.
Mi stavo rovinando con le mie stesse mani.
Uscii fuori dal castello, nonostante si fosse ormai fatto tardi e non ci fosse più nessuno.
Provai a scaricare la rabbia camminando in lungo e in largo, con la
testa piena di pensieri confusi e contraddittori quando in lontananza
vidi una macchia nera. Un cane. Presi a correre velocemente in quella
direzione fino a trovarmi sola e nel buio più totale davanti al
cancello del campo di Quidditch.
-Non dovresti passeggiare sola di notte.
Quella voce mi suonava tremendamente familiare.
-Gira a largo, Rosier.
Ghignò, avvicinandosi lento e viscido come una serpe.
-Fossi in te porterei più rispetto, sporca Mezzosangue.
-A te? Meglio Mezzosangue che Mezzocervello.
Ero riuscita a levargli quel ghigno fastidioso dalla faccia ma anche a
farlo arrabbiare; non volevo uno scontro, non volevo dovergli fare del
male. Ne avevo le capacità, era solo un ragazzo, ma avrei dovuto
rendere conto a troppa gente dopo averlo fatto.
-Come osi, puttanella?
Rosier doveva essere abbonato ai pugni in faccia perché non
appena finì di pronunciare quella sgradevole frase, un pugno
chiuso era piombato dritto dritto sul suo naso, all’improvviso.
-Black! Il difensore di coloro che insozzano l’aria che
respiriamo. Tuo fratello cerca continuamente di dimenticare che nelle
vostre vene scorre lo stesso sangue.- biascicò il Serpreverse
mentre il sangue colava copioso dalle narici.
-Sparisci.
Rosier tirò fuori la bacchetta e la puntò contro Sirius
che scuro in volto si difendeva, pieno di rabbia per troppe ragioni.
Senza alcun preavviso il giovane Mangiamorte si voltò verso di me. –Cruc..
-Stupeficium!
L’incantesimo di Sirius lo colpì appena in tempo, pochi
secondi e la maledizione sulla quale mi ero documentata per il tutto il
pomeriggio, ironia della sorte, mi avrebbe colta impreparata.
Rosier era svenuto e Sirius ed io, nel più totale silenzio, lo
trascinammo fino al castello, nell’ufficio del Preside.
Rinvenne giusto in tempo per sentire Silente avvertirlo che
provvedimenti molto seri sarebbero stati presi e che un atto del genere
avrebbe probabilmente comportato l’espulsione dalla scuola.
A Grifondoro furono tolti cinquanta punti per la nostra gita notturna
senza permesso e fummo rimandati dritti al nostro Dormitorio.
Ero abituata agli scontri ma paradossalmente non ero mai stata tanto in
pericolo. Avevo abbassato la guardia facendo affidamento sul fatto che
infondo Rosier era ancora uno studente e non avrebbe mai usato
incantesimi del genere ma, evidentemente, mi ero sbagliata di grosso.
Silente mi aveva lanciato occhiate di palese disapprovazione per tutto
il tempo e non aveva fatto cenno alla giratempo neanche quando, prima
di uscire anche io dal suo studio, gli avevo rivolto uno sguardo
implorante.
Volevo tornare a casa. Volevo tornare a lottare contro il male che
conoscevo e soprattutto non volevo più lottare contro me stessa.
Sirius ed io camminavamo fianco a fianco, scendendo le scale della
Torre Nord senza rivolgerci la parola e sentivo addosso il peso dei
suoi pensieri, della sua delusione.
-Sirius.
Si bloccò, restando di spalle. Dopotutto era già qualcosa.
-Sirius, guardami.
Si voltò e mi puntò addosso uno sguardo serio ed
ostinato. –Avrebbe dovuto esserci Peter a salvarti la pelle,
Carter.
-Non dire sciocchezze.
-Sciocchezze? Alla fine c’è riuscito e tu hai il tuo cucciolo da compagnia, buon per voi.
-Ma ti senti?- sbottai aprendo le braccia e fissandolo sconcertata.- Come puoi pensarlo?
-Non lo penso, l’ho visto. Evidentemente sono io il problema, è con me che non vuoi..
-Sirius, smettila di fare il bambino e ascoltami.- lo bloccai, severa,
e non gli permisi di replicare, lanciandogli un’occhiataccia
appena aprì la bocca per rispondere a tono.-Peter mi ha presa
alla sprovvista, gli stavo dicendo che non poteva esserci nulla di
più che un’amicizia tra me e lui e quello a cui hai
assistito è stato l’ennesimo dispetto a tuo uso e consumo.
Deve averti visto e ha pensato bene di farti arrabbiare.
Mi guardò, indeciso se credermi oppure no, intenso come sempre e
come sarebbe sempre stato e geloso come non l’avevo mai visto.
-Quando.. quando vi ho visti baciarvi è stato come un pugno
nello stomaco. Io non lo so che mi succede, Jales, credimi. Sono mesi
che non riesco a cacciarti via dalla mia testa, ho provato ad odiarti e
persino ad esserti amico ma sai una cosa? Non ci riesco! E vorrei poter
evitare che chiunque altro ti sfiori o ti baci ma non ho alcun titolo
per farlo perché per te è difficile.- sottolineò l’ultima parola con acidità.
-Non ne hai idea e..
-E non mi importa!- era sempre più vicino e mentre diceva quelle
parole sentii le sue mani stringersi attorno alla vita e spingermi
finchè le mie spalle non toccarono il muro.
-Sirius..
Abbassò il capo e strofinò il naso contro la pelle del
collo, nel punto in cui ero più sensibile provocandomi
incontrollabili scariche di elettricità che si diffondevano in
ogni centimetro del mio corpo mentre mi aggrappavo con le mani al muro.
Con una mano mi accarezzò lo schiena, mentre l’altra
correva lungo la mia gamba che come fosse stata dotata di vita propria
si sollevò per facilitare la sua carezza.
Mi baciò il mento e poi indugiò sulle labbra socchiuse rischiando di farmi impazzire.
Non avevo mai desiderato tanto qualcuno, prima di quel momento, e fu
probabilmente per quel motivo che la mia mano affondò nei suoi
capelli scuri e le dita cercarono i ricci appena accennati.
Mi schiacciò contro il muro con tutto il suo corpo mentre
finalmente le sue labbra raggiungevano le mie modellandosi su di esse
come se fossero state fatte per combaciare alla perfezione.
Era un bacio famelico, urgente, molto diverso da quello delicato e misurato della notte di Natale.
Scese a baciarmi il collo, trattenendo il respiro, come se la sua vita dipendesse da me, dal contatto con la mia pelle.
-Dimmi che sei solo mia.- sussurrò sulla mia pelle, roco e sensuale.
Boccheggiai mentre la sua mano che prima mi accarezzava la schiena saliva lungo la mia pancia, audace.
-Dimmelo, Jales.- non aveva mai pronunciato il mio nome in quel modo, nessuno l’aveva mai fatto. Ed io mi persi.
-Sono tua.
Song: Control - Garbage
Artwork: JeyCholties