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Autore: Prinzesschen    10/06/2014    3 recensioni
Sospesa tra amore e odio, tra presente e passato, Jales Carter è una giovane Auror che combatte tra le fila dell'Ordine della Fenice. Una storia di amore e di amicizia, un viaggio indietro nel tempo e un intreccio di vite e di anime destinate a separarsi.
*
-Tremi per il freddo o per la paura, Carter?- chiese con tono derisorio Sirius Black accostandosi a me con la sua scopa. –Lo dico sempre che dovresti restare a casa a cucinare insieme alla signora Weasley.
Sentii la rabbia salire e repressi l’istinto di afferrare la bacchetta e schiantarlo. Nonostante la palese ed immotivata sfiducia che quell’irritante esemplare di maschio bianco latitante mostrava nei miei confronti, ero una delle più giovani e promettenti Auror della storia.
-Non ti conviene, Black, ne approfitterei di certo per avvelenarti!
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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time after time sei

Time after time

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6- Oh, I confess I’ve lost control,
I've let my guard down,
I've let the truth out.

 

-Che è quel sorrisone, J.? Hai finalmente preso un Accettabile in Pozioni?
Neanche le battutine sulla mia totale incapacità con il calderone turbarono il mio stato di beatitudine.
-No. Indovina!
Tonks, che quel giorno sfoggiava una impressionante chioma azzurra, mi guardò, curiosa, cercando di immaginare cosa avesse potuto causare il sorriso beota che regnava incontrastato sul mio viso.
Era raro che mi sentissi davvero felice, soprattutto per motivi banali come quello che colorava i miei pensieri in quel momento ma forse non ero poi così diversa dalle altre ragazze, tutte dolcezze e moine.
A quel pensiero dovevo essere arrossita perché Dora mi puntò contro un dito. –Ah ah! Riguarda Phil Brynnes!
-Mi ha baciata!- quella frase uscì dalle mie labbra come un urletto stridulo e cominciai a saltellare sul posto, in brodo di giuggiole. Avevo dovuto aspettare tutta la mattina per raccontarlo alla mia migliore amica che essendo una Tassorosso non sempre seguiva i miei stessi corsi alla stessa ora ed era stata una fatica immane resistere alla tentazione di mandarle un gufo da un’aula all’altra.
-Quando?!
-Ieri sera! Mi ha riaccompagnata al Dormitorio e… mi ha augurato la buonanotte con quelle sue meravigliose labbra! Dora tu non hai idea! E’ il ragazzo più intelligente e.. brillante e.. affascinante che io abbia mai conosciuto!
Avendo ancora solo 13 anni non era esattamente un gran riconoscimento ma qualcosa mi diceva che non avrei mai incontrato un ragazzo altrettanto fantastico.

Mi riscossi dai miei pensieri, mentre, seduta su una poltrona della Sala Comune, mi perdevo nei ricordi della mia adolescenza, quando nonostante le prove cui la vita mi aveva sottoposta, almeno l’amore sembrava una cosa semplice. Non che lo fosse stato mai davvero, per me. Ero la classica persona che si innamorava dell’idea, che costruiva aspettative su aspettative che le invadevano il cuore in modo incontrollabile mentre da fuori apparivo sempre trattenuta, restia a mostrarmi davvero interessata a qualcuno.
Le troppe delusioni, da Phil Brynnes in poi, mi avevano resa anche tremendamente scettica e avevano peggiorato notevolmente la mia apparenza anaffettiva. Avrei voluto un ragazzo che mi sapesse prendere, veramente brillante ed intelligente e non costruito come avevo poi scoperto essere quel Phil di cui ormai ricordavo a malapena la fisionomia.
Per uno come Sirius, a quei tempi, avrei di certo perso la testa.
Sospirai, affranta. Quando eravamo rientrati in Sala Comune insieme, dopo aver finito di scontare la nostra punizione, gli altri che si aspettavano urla e percosse si stupirono della nostra tranquillità e non notarono, per fortuna, i miei occhi rossi per le lacrime trattenute.
Mi concessero una sorta di riabilitazione sociale e Sirius sembrava tornato quello di sempre, pronto a prendermi in giro e a rispondere a tono alle mie frecciatine.
La sua storia con la Kroeg era durata poco più di una settimana, dopo quell’episodio, durante la quale lui si era reso conto di quanto diversi fossero e dell’abisso che, intellettualmente parlando, li separava. Per questi e per altri a noi oscuri motivi aveva deciso di troncare definitivamente, provocando la disperazione della ragazzina che però, già qualche giorno dopo, aveva trovato qualcuno disposto a consolarla.
Mi chiesi dove fossero finiti i miei amici e mi convinsi a risorgere dal torpore che si era impossessato di me rendendo atroce anche solo l’idea di aprire un libro per fingere di studiare cose che già sapevo a memoria.
Erano tutti molto preoccupati per i MAGO mentre non solo per quel che mi riguardava non avrebbero avuto alcuna validità, come Silente si era premurato di comunicarmi, ma di certo non sarebbero stati peggiori dei test di abilitazione alla professione che il Ministero rifilava ai poveri ex studenti.
Mi diedi una spinta con le gambe che avevo tenuto sospese ciondoloni oltre il bracciolo della poltrona ed uscii dalla Sala Comune con l’intenzione di fare una passeggiata e prendere un po’ d’aria.
Remus e Lily erano sicuramente chiusi in biblioteca a studiare e James doveva essersi unito a loro, incapace di stare lontano dalla sua ragazza per più di un quarto d’ora, Peter era in assoluto l’ultimo dei miei pensieri anche se tendeva a guadagnare quota nella lista delle mie preoccupazioni: cercavo di trascorrere con lui giusto il tempo che riservavamo alle passeggiate in comitiva evitando di trovarmici da sola e costretta a rifiutare i suoi insistenti inviti ad Hogsmeade.
Non mi piaceva affatto né lui né il mago che sarebbe diventato e per di più, considerato il fragile equilibrio dei miei rapporti con Sirius, non avrei potuto accettare di uscire con lui neanche per indurlo a smettere di chiedermelo.
Inspirai forte l’aria di quel freddo febbraio sentendola  scorrermi fino ai polmoni e tornare indietro, causandomi brividi lungo tutto il corpo che cercai di reprimere stringendomi nella grossa sciarpa rossa e gialla.
Camminai per un po’ lungo la riva del lago e poi costeggiai la foresta proibita, concentrandomi suoi suoni che le creature che la popolavano emettevano senza sosta e stupendomi di quanto il mio coraggio fosse aumentato negli ultimi anni.
Quando frequentavo Hogwarts anche solo volgere lo sguardo a quegli alberi scuri mi metteva i brividi ma inevitabilmente quando convivi con il rischio e con la morte neanche la creatura peggiore della foresta può spaventarti più così tanto.
Sentii un fruscio tra le foglie di un cespuglio poco distante da me e una mano corse ad afferrare la bacchetta, più per abitudine che per reale timore.
Mi voltai lentamente e constatai che dietro quel cespuglio sembrava non esserci proprio nulla, probabilmente qualche dispettoso Doxy della foresta.
Qualcosa di umido mi sfiorò la mano facendomi sobbalzare e scattai qualche metro indietro, presa alla sprovvista quando vidi un grosso cane nero dal pelo lungo e folto che mi guardava, poco distante, con la testa inclinata come a chiedersi cosa mi fosse preso.
Adoravo gli animali e prima che la mia mente potesse fare alcun collegamento mi avvicinai, tendendo le mani ed accarezzandolo, sotto il muso e le orecchie.
-E tu che cosa ci fai, qui?
Mentre pronunciavo quelle parole i miei occhi incrociarono quelli dell’animale e dovetti trattenere un’esclamazione che di certo mi avrebbe smascherata.
Sirius mi fissava con quei suoi particolari occhi grigi, scodinzolando e dando colpetti giocosi con il muso alla mia mano che aveva smesso di accarezzarlo.
La sua versione canina che conoscevo, nonostante fosse capitato molto raramente di trovarmici a contatto, era più malandata e adulta, quello sembrava poco più che un cucciolo, le orecchie stavano tirate indietro, in segno di sottomissione mentre le mie dita affondavano nel pelo morbido e scuro come la notte.
-Sei davvero un bel cagnolino.- mi limitai a dire, sorridente, sperando che non cogliesse la mia ironia e capisse che l’avevo riconosciuto. In teoria non avrei dovuto sapere della vera natura dei Malandrini e se mi fossi tradita avrei vanificato mesi di fatica.
Mi sedetti a gambe incrociate e lui mi si fece più vicino, leccandomi delicatamente il mento, dolce e sicuro di sembrare solo un tenero cagnolino indifeso.
Quanto avrei voluto prenderlo in giro, in quel momento! Continuavano a venirmi in mente battute di ogni sorta che minuto dopo minuto soffocavo, insieme alle risate.
Smisi per un attimo di accarezzarlo e in risposta mi afferrò la mano tra i denti, senza stringere e guardandomi con aria di sfida.
-Hai proprio una bella faccia tosta, tu!
Non si poteva resistere a quella prepotenza tanto dolce che risultava ai miei occhi sempre meno fastidiosa, cane o umano che fosse.
-Adesso devo andare, ma tornerò a trovarti presto.
Gli feci un occhiolino mentre mi guardava allontanarmi e passo dopo passo aspettai che il suo corrispondente umano mi affiancasse, prevedibilmente.
-Carter!
Mi trattenni a stento dallo scoppiare a ridere e indossai la mia più credibile espressione sorpresa.
-Black! Che ci fai qui?
Non lo vedevo così allegro e soddisfatto da quella sera sotto il vischio, sembrava di ritorno da un appuntamento galante e questo mi fece sorridere ancora di più. Era sbagliato, lo era tremendamente, ma dopotutto lui non sapeva che ero a conoscenza del suo segreto.
-Facevo una passeggiata!- mentì stringendosi nelle spalle e portandosi poi le braccia dietro la nuca con aria rilassata.
-Dalla tua faccia si direbbe che fossi con una ragazza.. – azzardai, quasi casualmente.
La classica risata bassa che lo caratterizzava scivolò fuori dalle sue labbra, sincera.
-Diciamo di si.
-La conosco?
-Può darsi.


Erano giorni che vedevo Remus parecchio inquieto ed ero quasi certa che non si trattasse solo degli esami in vista: era pallido e le occhiaie gli scavavano il viso come ogni volta che si avvicinava la luna piena. Avrei voluto rassicurarlo ma era l’ennesima delle tante cose che non mi era concesso fare.
Sembrava sempre sul punto di rivelarmi qualcosa ma alla fine si allontanava con scuse una meno probabile dell’altra, inconsapevole del fatto che sapevo benissimo cosa volesse dirmi.
Non riuscivo ad immaginare quanto potesse essere difficile per un ragazzo di diciassette anni portare un fardello simile, mentire e rinchiudersi dietro un albero assassino come un animale pericoloso in una gabbia.
-Jales, devo parlarti. Siediti.
Eravamo soli in un’aula vuota e Remus e aveva un’espressione terribilmente ansiosa stampata sul viso mentre camminava avanti e indietro per tutto il perimetro della stanza.
-Calmati, Rem. Respira. – invece di sedermi mi ero avvicinata a lui e lo avevo afferrato per le spalle, facendolo stare fermo.-Vai, sono tutta orecchie.
-Quello che ti dirò potrebbe allontanarti ma non ritengo giusto che tu sia l’unica a non saperlo. Insomma, anche Lily lo sa e.. io credo che sia giusto che.. diamine! E’ così difficile, per la barba di Merlino!
Non l’avevo mai visto così sconvolto, neanche sommando gli anni di amicizia del tempo al quale appartenevo.
Stava sudando freddo e i capelli erano più scompigliati e trascurati del solito, continuava a passarsi le mani sul viso in modo compulsivo e presi persino in considerazione l’idea di lanciargli un Petrificus Totalus, tale era l’ansia che mi stava trasmettendo.
-Non mi allontanerò da te, Remus. Ti voglio bene, sono tua amica cosa..
-Sono un lupo mannaro.- sputò tra i denti prima di voltarsi e darmi le spalle.-Io.. sono un lupo mannaro da quando ero bambino, sono stato morso, sai.. una sorta di vendetta contro mio padre e..
Quando sentì le mie braccia stringerlo si bloccò, stupito.
-Non hai.. paura?
-No, Remus. Non ho paura. Tu sei sempre tu, qualsiasi sia la creatura in cui ti trasformi con la luna piena. Sei una persona meravigliosa e lo sarai sempre.- lo rassicurai, sincera, sapendo esattamente ciò che dicevo.
Sarebbe diventato il mio mentore, la mia guida, una delle poche persone di cui mi fidassi davvero. E non ero tipo da sprecare la mia fiducia.
Mi strinse a sua volta, sorpreso e ancora molto teso per via di quella confessione e della mia insperata calma riguardo una questione tanto spinosa.
Lo sentii rilassarsi e mi scostai un po’, per guardarlo in viso. La maschera di angoscia che aveva indossato fino a qualche istante prima sembrava scomparsa e un timido sorriso ne aveva preso il posto.
-Grazie.
-Per cosa, Zanna Bianca?
Rise per la mia battuta e mi posò una mano sulla spalla.
-Ci sarò sempre per te, Jales. Sei una vera amica.
Mai parole suonarono più vere alle mie orecchie e al mio cuore.
Un improvviso e deciso bussare ci fece separare e qualche istante dopo Sirius fece capolino oltre la porta, guardandoci sospettoso e lievemente infastidito.
-Lunastorta! Fai tanto il mago per bene e poi ti apparti con Carter nelle aule vuote. Non c’è più mondo.
Per niente preoccupato di essere di troppo e perso il piglio diffidente di qualche istante prima, avanzò verso di noi, con le braccia incrociate e l’aria sorniona di chi sapeva perfettamente che nonostante le apparenze non c’era assolutamente niente di equivoco in quella situazione.
-Ebbene si, Black. Ci hai beccati.. Rem, di’ qualcosa!- esortai il mio amico tirandogli la manica della divisa. –Avremmo comunque dovuto uscire allo scoperto prima o poi, no?
L’espressione sul volto del ragazzo mutò come se avesse davvero creduto alle mie parole e gli occhi grigi aumentarono notevolmente di diametro rischiando di schizzare fuori dalle orbite.
-Ehm si, Jay, hai ragione. Noi..
Remus e le bugie che non riguardavano la sua natura di licantropo viaggiavano su due vie parallele, destinate a non incontrarsi mai e finalmente Sirius si rilassò.
-Sei il solito, Lunastorta, non sei affatto credibile. E poi sarebbe stata dura per te amare una donna perdutamente innamorata del tuo migliore amico!
Altrettanto divertito Remus si rivolse a me, puntandosi le mani sui fianchi per niente deluso dal fallimento di quello scherzo. Probabilmente prendeva troppo sul serio la strana alchimia che legava Sirius e me per intromettersi in qualsiasi modo.
-Sei innamorata di James? E quando pensavi di dirmelo?
Risi di cuore vedendo Sirius accigliarsi e avvicinarsi minaccioso all’amico. –Hey! Questa maledetta strega ti sta traviando, eri un amico fedele e sincero prima che arrivasse lei!
-E quindi la colpa sarebbe mia, Black?- mi posizionai in mezzo a loro fronteggiando Sirius e rivolgendogli uno sguardo malizioso.-E poi chi sarebbe innamorata di te? Credo di essermi persa un passaggio.
-Tu, tesoro. Cerchi di resistere al mio fascino ma sei irrimediabilmente attratta da me.- rispose con fare teatrale circondandomi la vita con le braccia.
-Mi piacerebbe restare ad assistere a questa patetica scenetta ma ho una lezione di Antiche Rune che mi aspetta. Con il vostro permesso!
Remus ci superò scuotendo il capo, sconcertato e lievemente imbarazzato del nostro continuo flirtare ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.
-Dove eravamo rimasti?- chiese fingendosi pensieroso.-Ah si! Al tuo imperituro amore per il sottoscritto.
Non avevo nessuna voglia di divincolarmi dal suo abbraccio, la sua presa era gentile e allo stesso tempo possessiva ma non per questo opprimente, anzi. Le sue mani su di me avevano sempre un effetto rasserenante e sembrava quasi che i nostri corpi si incastrassero alla perfezione. Ovviamente, però, non potevo concedergli una simile soddisfazione e dargliela vinta così posai le mani sul suo petto, tendendomi verso di lui.
-Potresti avere ragione, Sirius.- miagolai sottolineando il suo nome, che raramente usavo quando mi rivolgevo direttamente a lui, e con le labbra arrivai ad un soffio dalle sue che automaticamente si schiusero come se avesse voluto dire qualcosa che però tenne per sé; le mani che aveva tenuto fino a quel momento incrociate dietro la mia schiena si distesero ed una di esse salì ad afferrare delicatamente una ciocca di capelli che strofinò tra le dita procurandomi una scarica di brividi e rischiando di volgere a suo vantaggio quella dubbia situazione che avevo contribuito a creare.
Vidi le sue palpebre abbassarsi e i suoi occhi rivolgersi languidi nella direzione dei miei mentre inclinava impercettibilmente il capo verso la spalla, pronto ad un bacio che però non arrivò.
-..ma non ne sono proprio sicura.- chiarii tirandomi indietro mentre con una lieve pressione delle mani ancora posate sul suo petto lo allontanavo da me scuotendo il capo ed incurvando le labbra in un ghigno dispettoso.
Strinse un pugno, consapevole del fatto che gliel’avevo fatta per l’ennesima volta ma dovette riprendersi molto velocemente perché pochi istanti dopo le sue mani erano attorno al mio viso e lo riportavano vicinissimo al suo cancellando la mia espressione vittoriosa.
Il suo fiato mi sfiorava la pelle del viso e i suoi occhi affondavano nei miei. –Sappiamo entrambi come stanno le cose, Jay, gioca quanto vuoi. Mi basta guardarti negli occhi per vedere la verità.
Indossando l’espressione vittoriosa che mi aveva sottratto mi sfiorò una guancia con le labbra per poi superarmi ed uscire dall’aula.
-Ci vediamo in Sala Comune, Carter!


-Bene ragazzi, oggi approfondiremo l’argomento delle maledizioni senza perdono.- disse il nostro insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure e tutti i ragazzi cominciarono ad emettere versi di stupore mentre io mi ritrovai a rabbrividire.
Le conoscevo bene, quelle. Chi lavorava al Ministero sapeva meglio di chiunque altro quanto fossero atroci e meschine e quanto pateticamente malvagi si dovesse essere per farvi ricorso.
-Non è un caso che vigano misure tanto restrittive riguardo le tre maledizioni per eccellenza. Imperius, Cruciatus e Avada Kedavra. La prima produce il controllo della mente e del corpo, la seconda è la più atroce arma di tortura, può persino portare alla follia mentre la terza.. la terza, per definizione, non perdona. Confido che non sia la prima volta che ne sentite parlare nonostante siano state inserite nei programmi dell’ultimo anno e per la prossima volta vorrei che faceste delle ricerche, vi dividerete in coppie e vi documenterete riguardo gli eventi più importanti che hanno visto maghi oscuri più o meno importanti fruire di tali abietti mezzi.
Impiegò il resto della lezione raccontandoci qualche episodio e spiegando per filo e per segno le dinamiche della maledizione Imperius, la meno immediata ma altrettanto temibile.
-Bene, prima di andare vi dividerò in coppie per le ricerche, dunque vediamo..
Mi dissociai mentalmente in attesa di sentir pronunciare il mio nome ma quando ciò avvenne desiderai sbattermi la testa contro ogni papabile superficie piana nel raggio di miglia.
-Signorina Carter lei farà coppia con il signor Minus.
Il diretto interessato, qualche posto più avanti, si voltò peggiorando la già tragica situazione con una strizzatina d’occhio.
Prima di tornare a disperarmi per la mia tragica sorte un dettaglio catturò la mia attenzione: Peter stava guardando con aria di sfida Sirius che ricambiava lo sguardo, incattivito.
-Qualche problema, Felpato?- gli chiese, una volta afferrati i libri, affiancandosi al banco al quale era seduto.
-Assolutamente, Codaliscia. Perché?
Se la domanda non fosse risultata già abbastanza retorica di per sé, il ragazzo chiarì il concetto alzandosi e guadagnandosi la porta così velocemente da evitare persino James che stava per raggiungerlo.
-E’ un bel guaio. – mi sussurrò Lily stringendosi i libri al petto.
-Credi sia davvero per me?- chiesi, avvilita, mentre Peter mi aspettava sulla porta.
-Si, Jay ma.. lasciali perdere. Sono stupide rivalità maschili che non devono minimamente importarti.
Poco convinta dalle parole della mia amica mi avvicinai al mio compagno di studio e ci accordammo per vederci in biblioteca quello stesso pomeriggio. Via il dente via il dolore.


Mi incamminai verso la biblioteca cinque minuti dopo l’ora prefissata e questo mi costrinse ad accelerare il passo più che potevo.
Sfrecciavo tra gli studenti con facilità ma quando voltai l’angolo la collisione fu inevitabile.
-Severus, scusami!- gli porsi la mano, mortificata, dopo essermi rialzata velocemente.
-Che cavolo..Carter! L’impatto con il nottetempo sarebbe stato meno disastroso.
Antipatia firmata Serpeverde, un classico che superava le epoche e le generazioni.
-Come stai?- ne approfittai per fare un po’ di conversazione. Negli ultimi tempi sembrava essersi volatilizzato e le uniche volte che si mostrava in giro era in compagnia di quei viscidi individui che si ostinava a definire amici.
-Alla grande, ti ringrazio.
Era più nervoso del solito e fece per allontanarsi ma c’era una domanda che premeva per uscire dalle mie labbra martellandomi il cervello troppo forte per ignorarla.
-Sev!
Si voltò, spazientito.
-Che vuoi ancora?
Mi guardai intorno, circospetta, per poi avvicinarmi a lui e fronteggiarlo. –L’altro giorno ti ho.. sentito parlare con Rosier e..
-Che cazzo fai, Carter? Mi segui? Devi starne fuori maledizione tu non sai cosa..- si costrinse ad abbassare la voce.
Era furente ma non mi spaventava affatto la sua reazione, ero molto più preoccupata per quel poteva succedere.
-Lily, Severus. Che cosa intende farle Rosier? O riguarda.. tutti noi?- mi riferivo a noi Mezzosangue, consapevole di quanto i Mangiamorte ci odiassero, essendomi scontrata faccia a faccia troppe volte con il loro astio.
-L’ho obliviato. Non farà proprio nulla. Vattene o oblivierò anche te e..vedi di tenere la bocca chiusa.
Restai lì, in mezzo al corridoio con le braccia abbandonate lungo i fianchi e una rassicurante sensazione di sollievo prima di ricordarmi che ero in ritardo per l’incontro con Peter e costringermi a riprendere a correre.


Sfogliammo libri per tutto il pomeriggio e cercai di collocare mentalmente gli episodi di cui ero a conoscenza o dei quali ero stata tristemente spettatrice in modo da poterli riportare come fatti di cronaca non documentata e Peter sembrava ogni volta più colpito, guardandomi con occhi ammirati.
-Sei straordinaria, tu. Come fai a sapere tutte queste cose?
-Seguo un sacco di cronaca.-risposi temendo di avere esagerato ma per fortuna lui non approfondì.
-Non credo di avere mai conosciuto una ragazza come te, Jales.
Sospirai, era proprio arrivato il tempo di essere chiara ed esplicita, ero stufa della situazione che si era creata tra lui e Sirius e cominciavo un po’ a sentirmi un oggetto, un trofeo conteso tra di loro.
-Peter senti io non.. non voglio rovinare la nostra amicizia- parecchio ipocrita a definirla tale ma ci voleva tatto in certe cose – ma non sono interessata a te in quel senso e spero tu possa..
Non mi diede il tempo di terminare il mio discorso che schiacciò le sue labbra sulle mie che non si schiusero neanche per un attimo, neanche mentre, presa alla sprovvista, mi ero ritrovata inerme con le sue mani attorno al viso.
-Peter! Porca miseria!- sbottai seccata ma vidi il suo sguardo soddisfatto puntato dietro le mie spalle e mi voltai, raggelata.
Sirius camminava a grandi passi verso l’uscita della biblioteca con l’espressione ferita e arrabbiata di chi era stato appena tradito dalla ragazza alla quale si era legato e da uno dei sui migliori amici.
-Sirius!- lo chiamai senza pensarci per poi afferrare la borsa con i libri e seguirlo fuori.
Mi guardai intorno ma di lui sembrava non esserci traccia. Scandagliai ogni angolo del primo piano e poi tornai alla Sala Comune, sperando di trovarlo.
-Maledizione!
Quello stupido era saltato a conclusioni affrettate ed io ero ancora più stupida, in preda a quell’insolito sconforto e alla voglia di giustificarmi per qualcosa che non solo non avevo fatto ma per la quale non avrebbe neanche avuto il diritto di arrabbiarsi.
Che pretese poteva avanzare su di me? Ero stata chiara, non potevo stare con lui, non potevo desiderarlo al mio fianco così profondamente come in cuor mio continuavo a fare e sentii lo stomaco stringersi in una morsa quasi dolorosa.
Mi stavo rovinando con le mie stesse mani.
Uscii fuori dal castello, nonostante si fosse ormai fatto tardi e non ci fosse più nessuno.
Provai a scaricare la rabbia camminando in lungo e in largo, con la testa piena di pensieri confusi e contraddittori quando in lontananza vidi una macchia nera. Un cane. Presi a correre velocemente in quella direzione fino a trovarmi sola e nel buio più totale davanti al cancello del campo di Quidditch.
-Non dovresti passeggiare sola di notte.
Quella voce mi suonava tremendamente familiare.
-Gira a largo, Rosier.
Ghignò, avvicinandosi lento e viscido come una serpe.
-Fossi in te porterei più rispetto, sporca Mezzosangue.
-A te? Meglio Mezzosangue che Mezzocervello.
Ero riuscita a levargli quel ghigno fastidioso dalla faccia ma anche a farlo arrabbiare; non volevo uno scontro, non volevo dovergli fare del male. Ne avevo le capacità, era solo un ragazzo, ma avrei dovuto rendere conto a troppa gente dopo averlo fatto.
-Come osi, puttanella?
Rosier doveva essere abbonato ai pugni in faccia perché non appena finì di pronunciare quella sgradevole frase, un pugno chiuso era piombato dritto dritto sul suo naso, all’improvviso.
-Black! Il difensore di coloro che insozzano l’aria che respiriamo. Tuo fratello cerca continuamente di dimenticare che nelle vostre vene scorre lo stesso sangue.- biascicò il Serpreverse mentre il sangue colava copioso dalle narici.
-Sparisci.
Rosier tirò fuori la bacchetta e la puntò contro Sirius che scuro in volto si difendeva, pieno di rabbia per troppe ragioni.
Senza alcun preavviso il giovane Mangiamorte si voltò verso di me. –Cruc..
-Stupeficium!
L’incantesimo di Sirius lo colpì appena in tempo, pochi secondi e la maledizione sulla quale mi ero documentata per il tutto il pomeriggio, ironia della sorte, mi avrebbe colta impreparata.


Rosier era svenuto e Sirius ed io, nel più totale silenzio, lo trascinammo fino al castello, nell’ufficio del Preside.
Rinvenne giusto in tempo per sentire Silente avvertirlo che provvedimenti molto seri sarebbero stati presi e che un atto del genere avrebbe probabilmente comportato l’espulsione dalla scuola.
A Grifondoro furono tolti cinquanta punti per la nostra gita notturna senza permesso e fummo rimandati dritti al nostro Dormitorio.
Ero abituata agli scontri ma paradossalmente non ero mai stata tanto in pericolo. Avevo abbassato la guardia facendo affidamento sul fatto che infondo Rosier era ancora uno studente e non avrebbe mai usato incantesimi del genere ma, evidentemente, mi ero sbagliata di grosso.
Silente mi aveva lanciato occhiate di palese disapprovazione per tutto il tempo e non aveva fatto cenno alla giratempo neanche quando, prima di uscire anche io dal suo studio, gli avevo rivolto uno sguardo implorante.
Volevo tornare a casa. Volevo tornare a lottare contro il male che conoscevo e soprattutto non volevo più lottare contro me stessa.
Sirius ed io camminavamo fianco a fianco, scendendo le scale della Torre Nord senza rivolgerci la parola e sentivo addosso il peso dei suoi pensieri, della sua delusione.
-Sirius.
Si bloccò, restando di spalle. Dopotutto era già qualcosa.
-Sirius, guardami.
Si voltò e mi puntò addosso uno sguardo serio ed ostinato. –Avrebbe dovuto esserci Peter a salvarti la pelle, Carter.
-Non dire sciocchezze.
-Sciocchezze? Alla fine c’è riuscito e tu hai il tuo cucciolo da compagnia, buon per voi.
-Ma ti senti?- sbottai aprendo le braccia e fissandolo sconcertata.- Come puoi pensarlo?
-Non lo penso, l’ho visto. Evidentemente sono io il problema, è con me che non vuoi..
-Sirius, smettila di fare il bambino e ascoltami.- lo bloccai, severa, e non gli permisi di replicare, lanciandogli un’occhiataccia appena aprì la bocca per rispondere a tono.-Peter mi ha presa alla sprovvista, gli stavo dicendo che non poteva esserci nulla di più che un’amicizia tra me e lui e quello a cui hai assistito è stato l’ennesimo dispetto a tuo uso e consumo. Deve averti visto e ha pensato bene di farti arrabbiare.
Mi guardò, indeciso se credermi oppure no, intenso come sempre e come sarebbe sempre stato e geloso come non l’avevo mai visto.
-Quando.. quando vi ho visti baciarvi è stato come un pugno nello stomaco. Io non lo so che mi succede, Jales, credimi. Sono mesi che non riesco a cacciarti via dalla mia testa, ho provato ad odiarti e persino ad esserti amico ma sai una cosa? Non ci riesco! E vorrei poter evitare che chiunque altro ti sfiori o ti baci ma non ho alcun titolo per farlo perché per te è difficile.- sottolineò l’ultima parola con acidità.
-Non ne hai idea e..
-E non mi importa!- era sempre più vicino e mentre diceva quelle parole sentii le sue mani stringersi attorno alla vita e spingermi finchè le mie spalle non toccarono il muro.
-Sirius..
Abbassò il capo e strofinò il naso contro la pelle del collo, nel punto in cui ero più sensibile provocandomi incontrollabili scariche di elettricità che si diffondevano in ogni centimetro del mio corpo mentre mi aggrappavo con le mani al muro.
Con una mano mi accarezzò lo schiena, mentre l’altra correva lungo la mia gamba che come fosse stata dotata di vita propria si sollevò per facilitare la sua carezza.
Mi baciò il mento e poi indugiò sulle labbra socchiuse rischiando di farmi impazzire.
Non avevo mai desiderato tanto qualcuno, prima di quel momento, e fu probabilmente per quel motivo che la mia mano affondò nei suoi capelli scuri e le dita cercarono i ricci appena accennati.
Mi schiacciò contro il muro con tutto il suo corpo mentre finalmente le sue labbra raggiungevano le mie modellandosi su di esse come se fossero state fatte per combaciare alla perfezione.
Era un bacio famelico, urgente, molto diverso da quello delicato e misurato della notte di Natale.
Scese a baciarmi il collo, trattenendo il respiro, come se la sua vita dipendesse da me, dal contatto con la mia pelle.
-Dimmi che sei solo mia.- sussurrò sulla mia pelle, roco e sensuale.
Boccheggiai mentre la sua mano che prima mi accarezzava la schiena saliva lungo la mia pancia, audace.
-Dimmelo, Jales.- non aveva mai pronunciato il mio nome in quel modo, nessuno l’aveva mai fatto. Ed io mi persi.
-Sono tua.

Song: Control - Garbage

Artwork: JeyCholties

  
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