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Autore: firephoenix    10/06/2014    2 recensioni
La storia si svolge in un passato non ben definito, dove ci sono nobili, schiavi e, cosa di non trascurabile rilevanza, vampiri.
Selene è una di loro, vive con la madre in una lugubre e sfarzosa dimora dove si ciba di schiavi che adora abbindolare prima di uccidere.
In questo mondo di sangue e perversione tutto può succedere.
Buona lettura :)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardavo fuori dalla finestra, i palmi appoggiati al vetro freddo e un po' appannato.
Osservavo il bosco, i segreti che celava e le ombre che si muovevano piano sotto il pallore della luna.
L'uomo stava parlando, dietro di me, sulla sedia di legno della stanza da letto della locanda. Era leggermente brillo, non era stato difficile abbindolarlo come facevo con tutti gli altri. L'avevo notato subito quando ero entrata nel caldo locale per sperimentare un nuovo metodo di caccia; forse era stato il fatto che era seduto da solo, i suoi capelli un po' trasandati o gli occhi folli a risvegliare la mia curiosità... comunque sia ero andata dritta da lui, lo avevo fatto bere e lo avevo portato in camera.
E adesso stava parlando e, per tutti gli strani casi assurdi della vita, ero interessata. È stato il primo uomo che avessi mai incontrato a conoscere i vampiri.
Non che sapesse per certo della loro esistenza, o che mi avesse scoperto, ma appena si era ubriacato un po' mi aveva iniziato a raccontare vecchie leggende, storie che gli narrava sua madre e che parlavano di antiche creature immortali che bevevano sangue per vivere. E così, incuriosita, invece di ucciderlo, lo stavo ascoltando. Che follia.
«E non è tutto!» continuò l'uomo quasi eccitato dalle sue stesse parole «Mio nonno mi raccontò una cosa quando ero molto piccolo: mi narrò di lupi, grossi, spaventosi lupi con occhi enormi che ululavano alla luna»
«Non è quello che i lupi fanno?» chiesi un po' scocciata. Forse era ora di ucciderlo e basta.
«Oh no! Non erano lupi normali!» urlò guardandomi con occhi spalancati attraverso il riflesso della finestra «Solo di notte...» prese poi a sussurrare «... di giorno erano uomini e donne»
Mi sforzai di non alzare gli occhi al cielo. Si come no: uomini lupo. Se esistessero lo saprei.
«Mi giurò di averne incontrato uno una notte!» tornò ad urlare «Ma non so se credergli. Io preferisco i succhiasangue»
Rabbrividii disgustata e mi voltai verso di lui. Che parola spregevole, mia madre l'avrebbe ucciso all'istante.
«È vampiri» dissi.
«Come?»
«Il loro nome» mi avvicinai «Non si chiamano “succhiasangue”, si chiamano “vampiri”» precisai e poi mi sedetti a cavalcioni su di lui. L'uomo rimase un po' interdetto, poi capì.
«Li conosci anche tu? Come lo sai?» chiese tutto preso. Io gli passai un indice sulle labbra.
«Ti svelerò un segreto» sussurrai al suo orecchio con voce maliziosa «Sai... le storie che ti raccontava tua madre, le donne e gli uomini immortali che si cibano di sangue e uccidono, traendone piacere...» gli leccai la guancia lentamente «...è tutto vero»
Lo sentii trasalire.
«Sorpresa!» esclamai, poi affondai i canini nel suo collo.

 

Con un onda d'urto tutto meno che umana sia io che Ian ci separammo e andammo a sbattere contro due pareti opposte della stanza, lasciando segni nel muro. Ansimavo a bocca aperta per effetto del suo sangue e mi toccavo il collo allibita.
«Mi hai morso!» sbraitai.
«Tu hai morso me!»
«Certo che ti ho morso sottospecie di escremento! Sono un vampiro!»
Lo vidi spalancare gli occhi zaffiro nell'ombra.
«Stavo per ucciderti!» continuai.
«No! Io stavo per ucciderti!» ringhiò poi lui rendendo la situazione quasi comica «Tu... tu avresti dovuto essere un'umana indifesa!»
«Oh mio dio» sbottai basita e, riprendendo la vestaglia da notte da terra, la misi davanti al mio corpo come se potesse proteggermi da ciò che stava succedendo. In tutta la mia intera vita non avrei mai e poi mai pensato che potessi incontrare un altra creatura che agisse come me. Esattamente come me.
«Quindi, di grazia, tu cosa fai?» gli chiesi trattenendo la rabbia «Ti fingi uno schiavo e uccidi le padrone di casa che ti ospitano?»
«Solo... no! Pensi che mi piaccia?»
«Ma che...» mi misi le mani tra i capelli «Sei completamente fuori di senno! Perchè mai non dovrebbe piacerti? Su quel tavolo» urlai indicando il bancone dove stavamo consumando qualche istante prima «non mi pareva che non ti piacesse
«Quello non ero io!» gridò alzandosi in piedi.
«E allora chi era?» a velocità folle arrivai fino all'altra parete e lo presi per la gola «Che cosa sei?» gli ringhiai in faccia.
«Non di certo un disgustoso vampiro» rispose con odio. Io risi di gusto.
«Non sei un disgustoso vampiro, ma non ti comporti tanto diversamente» dissi mostrando il suo morso sul mio collo, che andava ormai rimarginandosi. Notai che il suo si stava ricucendo più lentamente.
«Tu non sai cosa sono» sussurrò, poi con rabbia rovesciò la situazione e, stringendomi la gola, mi sbatté contro la parete «Non osare giudicarmi»
«Allora illuminami» lo provocai. Poi sentii dei passi.
L'agitazione, l'eccitazione e il sangue avevano reso più acuti i miei sensi: qualcuno stava scendendo le scale che portavano alle camere.
«Mia madre/Lilith» pronunciammo entrambi, guardandoci negli occhi. Deve aver sicuramente sentito le urla – pensai.
«Anche lei...?»
«Si» gli risposi. Anche lei era un vampiro, uno tra i più potenti.
«Io ti starei uccidendo secondo i suoi programmi»
«Ma è disgustoso. Vi dite tutto come se foste due verginelle eccitate?»
Alzai le spalle.
«Non ci resta che assecondare i suoi piani» dissi poi ammiccando. Ian strinse maggiormente la presa sulla mia gola.
«Non sarà così facile uccidermi»
«Non ti spaventare, cucciolo» ghignai «non morirai stasera... prima voglio sapere cosa sei»
«Selene!» la voce di mia madre era ormai vicina; a velocità da vampiro avvinghiai le mie gambe alla vita di Ian, facendo combaciare i nostri corpi nudi e perfetti e presi a baciarlo con foga, come se non ci fossimo mai interrotti. Lui afferrò il piano al volo e conficcò le sue unghie nella mia carne, sbattendomi contro il muro tanto forte da sembrare di volermi uccidere invece di baciarmi, come invece stava facendo.
Mia mamma fece capolino dalla porta della cucina con la faccia perplessa, la guardai male, riservandole uno sguardo accusatorio alla “adesso è proprio il momento sbagliato”. Lei sorrise, lanciò uno sguardo lascivo al fondoschiena di Ian e se ne andò. Appena uscita dalla porta, il moro si staccò subito da me, pulendosi la bocca col dorso della mano, come disgustato.
«Oh non fingere» dissi «Lo so che ti è piaciuto»
«Va al diavolo» mi insultò prima di andarsene.
«Ma io sono... il diavolo» sussurrai. Sapevo che mi avrebbe sentito lo stesso.

 

«Non l'hai ucciso!» mia madre era allibita.
«Non puoi capire. Lui è stato semplicemente perfetto... penso che lo terrò per un po' di tempo» le spiegai con tutta calma.
Era mattina presto, gli schiavi non si erano ancora alzati perciò io e mia madre eravamo sedute placidamente in giardino, ad un tavolino pregiato a guardarci negli occhi rossi, conversando amabilmente.
«Assurdo» fece lei con una mano sul petto a sottolineare il suo disappunto «penso di non averlo mai fatto in tutti i miei rispettabilissimi anni»
Sorrisi e mi scostai i capelli dalla spalla come a voler sentire la frescura della mattina, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla; con i vampiri non funziona. Corrucciando le sopracciglia ripensai al mio bacio con Ian lì in giardino, a quando avevo morso il suo labbro e bevuto il suo sangue, sentendo l'aria sulla pelle e l'erba fresca non tagliata solleticarmi le caviglie.
«È mai successo...» feci una pausa chiedendomi mentalmente cosa fosse la cosa giusta da chiederle.
«Cosa, cara?» mi spronò lei.
«È mai successo che un vampiro tornasse ad essere... vivo? Sai, umano»
«No» mi rispose lei, senza guardarmi negli occhi. Strano - mi trovai a pensare - Di solito non è così diretta nelle risposte.
Aspettai qualche secondo che mi chiedesse spiegazioni per quella domanda, ma lei non lo fece, così mi schiarii la voce e mi congedai, rientrando nella dimora.

 

Forse era stato sciocco chiederglielo, forse ero solo un po' paranoica, ma avevo pensato spesso a quello che era successo quando avevo bevuto il sangue di Ian. Le sensazioni che avevo provato, il colorito roseo della mia pelle, la sfumatura verde negli occhi, la cicatrice sulla mia mano e infine quello strano rimbombo nel mio petto, all'altezza del seno sinistro... rabbrividii. Non c'era altra spiegazione, per quanto incredibile e folle sembrasse, per un istante, anche solo una frazione di secondo, ero tornata umana.
I miei pensieri corsero inesorabilmente verso un anno prima, quando avevo compiuto diciassette anni, quando mia madre mi aveva trasformato rendendomi immortale al pieno della mia bellezza, come lei stessa aveva sostenuto. Ero vampiro dal appena dodici mesi e... trasalii. Come potevo non averci mai pensato prima... come potevo essere così cieca?
Era bastato una anno di immortalità, l'eccitazione di essere qualcosa di nuovo e di diverso, per farmi dimenticare che ero stata una ragazza prima, una normale ragazza che, come la natura vuole, era diventata donna a tutti gli effetti all'età di quattordici anni. Mi toccai il ventre. Erano dodici mesi che non avevo un ciclo e come me, anche mia madre avrebbe dovuto essere ferma da 253 anni, la sua età.
Come ha potuto concepirmi? Pensai mettendomi una mano davanti alla bocca.
Se fossi stata umana avrei vomitato.

 

Mi pulii nervosamente il mento sporco di sangue fresco, tingendo l'acqua delle grotte di rosso. Ero venuta a farmi un bagno veloce per schiarirmi le idee.
Avrei dovuto parlarne con mia madre prima o poi, mettere ordine tra la confusione che avevo in testa e sperare che si risolvesse tutto per il meglio. Magari mi stavo preoccupando per niente.
«E così è qui che vengono i vampiri a fare i loro sporchi affari?» la voce di Ian giunse alle mie spalle inaspettata. Mi girai, mantenendo il mento a livello dell'acqua.
«Vuoi unirti?» gli chiesi con malizia.
«Te l'ho detto: non sono un vampiro» fece lui guardandosi intorno.
«Coraggio...» dissi muovendo due dita verso di me per invitarlo ad entrare «Non mordo mica»
«Davvero molto divertente, ma adesso che so cosa sei non nutro più nessun interesse per te»
«Oh, nemmeno io per quello. Sono solo cortese con il mio ospite» dissi.
Ci guardammo per un po', persi nei nostri pensieri. Non potevo negare che fosse l'uomo più bello che avessi mai visto: un tentatore nascosto in un viso d'angelo con gli occhi blu.
«Dimmi cosa sei» sussurrai avvicinandomi a lui, camminando nel lago sotterraneo.
«Cosa ci guadagno?» mi chiede senza staccare gli occhi dai miei. Io continuo ad avanzare facendo scivolare piano il mio corpo nudo fuori dall'acqua, fino a trovarmi difronte a lui, con i capelli neri bagnati e le gocce che percorrevano le mie curve fino ai miei piedi e a quelli di Ian, a pochi centimetri da me.
«Sono molto brava a dare ricompense a chi le merita» dissi facendo passare una mano umida sul suo petto coperto dalla spessa camicia. In un attimo lui mi prese i polsi e mi sbatté contro la parete rocciosa della grotta.
«E io la merito?» mi sussurrò sulla bocca. Io gli passai la lingua sulle labbra spingendomi verso di lui.
«Assolutamente» riuscii a mormorare prima che lui si avventasse sulle mie labbra, baciandomi in un modo disgustosamente sensuale. Dopo qualche istante ci staccammo per prendere fiato e lui mormorò:
«Temo tu stia commettendo un errore di valutazione»
Corrucciai le sopracciglia.
«Dovrai tenerti la ricompensa» ghignò.
Poi, a velocità sovra umana, trafisse il mio stomaco con un paletto di legno, impalandomi alla parete.


Un solo rivolo di sangue scese lento dal mio ventre, mentre io fissavo disgustata Ian allontanarsi da me quel che bastava per rimirare la sua opera d'arte.
«Come hai osato? Verme schifoso, la pagherai per questo!» urlai fuori di me prima di piegarmi in due con un gemito di dolore.
«La tua mammina non ti ha mai spiegato l'effetto che ha il legno sulla vostra specie?» mi chiese ridendo. Io ringhiai e tentai di rimuovere il paletto; un dolore acuto mi straziò tanto da farmi urlare.
«Grandissimo figlio di puttana» lo insultai.
«Non sai quanto mi rammarica vederti così, ma dovevo essere sicuro che non causassi problemi» disse lui con un sorriso sadico.
Masticai degli insulti guardandolo con astio.
«Come fai a sapere così tante cose sui vampiri se non lo sei?» gli chiesi.
Lui alzò le spalle.
«Dimmi cosa diavolo sei una volta per tutte, maledizione!» urlai, tossendo sangue.
«Dampyr»
«Cosa?»
«È quello che sono: un dampyr» precisò. Poi, capendo che non avevo idea di cosa stesse parlando, rise «Sei sempre stata rinchiusa in questa casa tanto da ignorare qualsiasi cosa ci sia sotto i tuoi occhi, proprio come tutti gli uomini. Non puoi essere davvero così egoista da pensare che voi vampiri siate gli unici esseri soprannaturali in questo mondo»
Cercai di mantenere quel po' di dignità che mi rimaneva, non spalancando gli occhi.
«Cosa avete di diverso da noi?» chiesi comunque.
«Siamo bastardi»
«Oh quello lo avevo capito da sola»
«Non... in quel senso, stupida succhiasangue. Sono figlio di un vampiro e di una donna umana»
Trasalii.
«Com'è possibile?»
«È possibile che voi vampiri siete dei grandissimi bastardi malati. Mio padre ha messo incinta mia madre, ma non l'ha trasformata quindi è morta di parto» c'era un enorme rancore nella sua voce. Avrei voluto fargli milioni di domande, ma il palo di legno mi stava prosciugando le energie e, parlando, non volevo correre il rischio di sembrare troppo debole. Fortunatamente Ian continuò a spiegare:
«Esiste una sorta di setta che vive pacificamente per quelli come noi, figli bastardi di vampiri o di altre creature; sono cresciuto lì»
«Perchè mi hai attaccato allora?» mi morsi la lingua; non ero riuscita a trattenermi.
«Noi dampyr viviamo come esseri umani, nonostante siamo dotati di capacità simili alle vostre come i sensi più acuti o la velocità, ci cibiamo di cose normali e abbiamo un aspetto più naturale» disse indicandosi gli occhi che, al contrario di quelli dei vampiri, potevano essere di un altro colore oltre al rosso ed al nero. Poi continuò: «Tuttavia almeno una volta all'anno la maledizione tramandataci dai nostri padri si rileva e la sete di sangue si fa troppo forte per essere contenuta» Ian strinse la mascella, dal suo sguardo era facilmente intuibile come lui trovasse questo disgustoso.
«Una volta all'anno quindi» continuò «mi fingo uno schiavo e uccido una persona nelle dimore in cui mi ospitano. Ho provato a fermarmi, ma se mi spingo al limite mi ammalo e, con la febbre divento quasi un'altra persona: quella di stanotte»
Finalmente tutto aveva un senso.
«Adesso sai la mia storia. Sai quanto odio la tua razza. Sai che conosco tutti i vostri punti deboli» disse avvicinandosi a me e premendo sul palo di legno, facendomi urlare di dolore.
«Maledetto bastardo» ansimai.
«Sarai la prima persona che ucciderò con piacere, Selene. Dovresti esserne fiera»
«Sono solo sollevata» dissi sputandogli in faccia un po' del mio sangue «per un attimo ho pensato che fossi un orribile uomo lupo» risi, mentre lui si puliva il viso.
Una risata cristallina giunse dall'entrata della grotta. Mi voltai di scatto.
«Si dice licantropo» disse Isabell, la bionda che avevo visto parlare con Ian «e ti sei decisamente sbagliata: quella sono io»

 

 

 

Qui firephoenix!

Ta ta ta taaaan! Ma quanto mi piace finire i capitoli in questo modo sadico U.U
No, ok, a parte i miei deliri, che ne pensate?
Ditemi un po' i vostri dubbi e le vostre perplessità :) spero di non aver deluso nessuno per la storia di Ian!
Vi voglio bene <3
Alla prossimaaaaaaa :) 

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